Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 44
November 26, 2012
Skyfall
E alla fine - come anticipato - recensione fu. Su Fantascienza.com.
November 22, 2012
A Sense of Britishness
Nell’ultima avventura di 007, l’agente segreto con l’hobby della resurrezione, proviamo a fotografare un po’ di istantanee di connessioni solitamente estranee al canone del personaggio, qui valorizzato al massimo dal lavoro di Sam Mendes e Daniel Craig.
Al cospetto del quadro di William Turner La valorosa Téméraire (1839), eletto da un sondaggio della BBC nel 2005 “greatest painting in Britain“.
I versi recitati da M (Judy Dench) nel corso dell’udienza davanti al ministro degli Interni sono tratti dall’Ulysses di Alfred Tennyson (1833):
Tho’ much is taken, much abides; and tho’
We are not now that strength which in old days
Moved earth and heaven, that which we are, we are;
One equal temper of heroic hearts,
Made weak by time and fate, but strong in will
To strive, to seek, to find, and not to yield.
Altre minutiae artistiche potete trovarle sul blog di Nathan Abels.
November 18, 2012
Gunkanjima
Non senza una certa sorpresa ho ritrovato Gunkanjima, l’isola-fortezza di cui parlavamo tempo fa, nelle sequenze centrali di Skyfall. Del film riparleremo con maggiore attenzione sui suoi molti spunti narrativi, ma adesso mi premeva segnalare questa occorrenza, che vede Hashima (toponimo ufficiale dell’isola) tornare sul grande schermo, conferendo alle scene che vi sono ambientate (il primo incontro/scontro tra Bond ovvero Daniel Craig e il villain di turno, Silva/Thiago Rodriguez ovvero Javier Bardem) il carico della sua atmosfera di disfacimento.
Tra i ruderi di cemento, i vicoli deserti, le rovine di una civiltà industriale tanto distante da apparirci ormai preistorica (se non proprio “aliena”), il regista Sam Mendes riesce a cogliere magistralmente il senso di soffocamento che deve incutere ancora oggi il sito, al punto da rafforzare l’incredulità davanti all’idea che per quasi un secolo questo scoglio in mezzo all’oceano è stato la casa improbabile di migliaia di persone, inquadrate nei ranghi della manodopera della Mitsubishi, attiva nell’estrazione del carbone dalle cave di questa e delle isole vicine.
Il film vale davvero la pena di essere visto, per cui se non l’avete ancora fatto correte al cinema. Quanto a Gunkanjima, vi segnalo un reportage dal blog Gakuranman.
November 17, 2012
Argo: A Cosmic Conflagration
La storia di come il progetto abortito per una grandiosa epica cinematografica di fantascienza salvò la vita a sei funzionari dell’ambasciata statunitense a Teheran, durante la crisi degli ostaggi in Iran che si protrasse per 444 giorni dal 4 novembre 1979 al 20 gennaio 1981, è al centro dell’ultimo film di Ben Affleck, prodotto da George Clooney e Grant Heslov (lo stesso team produttivo artefice di Good Luck, and Good Night), con un cast di caratteristi eccezionali, da Alan Arkin (che recita nel ruolo di un immaginario produttore off-Hollywood, l’unico tra i personaggi principali a non essere modellato su una persona realmente esistita) a Bryan Cranston, passando per John Goodman. Il film è Argo, nelle sale dall’8 novembre scorso, e prende il titolo dall’operazione della CIA ideata e condotta sul campo da Tony Mendez, specialista in esfiltrazioni, insignito dal Presidente Jimmy Carter proprio per questa missione dell’Intelligence Star. Lo script originale di Chris Terrio prende le mosse da un articolo di Joshuah Bearman del 2007, pubblicato da Wired: How the CIA Usede a Fake Sci-Fi Flick to Rescue Americans From Tehran.
La storia dietro il film che avrebbe dovuto cavalcare l’onda di Star Wars, portando sul grande schermo le visioni spettacolari (e in forte odore di postumanesimo) di Roger Zelazny, autore nel 1968 del romanzo premio Hugo Lord of Light (qui da noi Signore della Luce), è invece raccontata da DJ Pangburn su Boing Boing in un articolo che vi consiglio di leggere. Il progetto dell’adattamento cinematografico del capolavoro di Zelazny, fortemente voluto dallo sceneggiatore Barry Ira Geller, coinvolse pesi massimi del calibro di John Chambers (specialista del trucco vincitore dell’Oscar per Il Pianeta delle Scimmie, a cui Goodman presta i suoi chili e la sua bravura in Argo), Ray Bradbury (che non ha bisogno di presentazioni), Paolo Soleri (l’architetto teorizzatore del concetto di arcologia, invalso nell’immaginario di SF a partire dagli anni ‘80) e Buckminster Fuller (altro grande ispiratore del nostro immaginario fantascientifico, ideatore tra le altre cose dei primi progetti di cupole geodetiche). La visione di Geller era grandiosa: dopo aver acquistato i diritti del libro, avrebbe voluto farne un film da 50 milioni di dollari e convertire poi i set in un grandioso parco a tema alle porte di Denver, nella città di Aurora balzata la scorsa estate tristemente agli onori delle cronache per altro: Science Fiction Land (sulla cui storia è in realizzazione anche un documentario a firma di Judd Ehrlich). Per il suo progetto, Geller coinvolse anche Jack Kirby, che realizzò gli sketch che potete ammirare qui (purtroppo, immagino per questioni legate ai diritti, quelli che si vedono nel film sono stati ricreati ad hoc, e conservano poco dell’impatto originario delle tavole del maestro), prima che il tutto naufragasse tra sospetti di frode e corruzione.
Come scrive Pangburn (che si è occupato a più riprese della vicenda) su Boing Boing, riprendendo la testimonianza di Ehrlich:
“Barry was this kid from the Bronx, who from a very young age was obsessed with comic books and science fiction, and would just read everything,” said Ehrlich. “Zelazny’s Lord of Light was a huge book that came out in 1967. And Barry wanted to adapt it. I think it spoke to him on a number of levels. A big part of the book is putting technology back into the hands of the people, and taking it out of the hands of the few. And through technology we could attain power.”
Anyone who has read Lord of Light will note that it is, at heart, a story of shifting identities—the identities of people who constantly assume new avatars. As Ehrlich sees it, it’s no surprise that it would appeal to Geller.
“There’s also a story of reinvention in Lord of Light. People change bodies,” says Ehrlich. “Barry has constantly reinvented himself. He’s worn a lot of different masks through his life. This comes out in a much more literal sense when the CIA and Mendez—literal masters of disguise—get involved in the Argo ploy.”
A resuscitare il film ci pensò dunque la CIA, che sotto copertura e per soli 10.000 dollari si assicurò i diritti ed entrò nel business di Hollywood, spacciando agli iraniani l’oppio di un’epica sci-fi che valse la liberazione dei sei funzionari intrappolati a Teheran.
Geller, insieme al resto del mondo, avrebbe saputo dell’uso che era stato fatto del suo copione solo nel 1997, dopo che Clinton declassificò l’operazione Argo, e si venne a sapere tutta la verità dietro la missione segreta più fantascientifica nella storia dei servizi.
Notizia dei giorni scorsi è che Ehrlich è riuscito a raccogliere attraverso Kickstarter i fondi necessari per finanziare il suo documentario. Sull’accuratezza del film di Affleck, vi rimando a questo documentatissimo articolo di David Haglund. Per saperne di più, vi consiglio infine questa intervista a Tony Mendez in persona, su YouTube.
November 14, 2012
La guida galattica su Europa SF
Francesco Verso ha avuto la bontà di tradurre e proporre all’European Science Fiction Portal la mia guida galattica per non connettivisti, depurandola di tutti gli spunti polemici inutili al succo del discorso che mi sforzavo di tracciare attraverso la mia sequenza di post. La prima puntata, che raggruppa questi due articoli, è on-line a questo indirizzo, e io ringrazio Francesco e i curatori del portale per l’attenzione che hanno riservato alle mie riflessioni sulle specificità della fantascienza, in campo cinematografico e letterario.
Sempre su Europa SF, nei giorni scorsi è uscita anche un’intervista ad Arielle Saiber (autrice del fondamentale Flying Saucers Would Never Land in Lucca: The Fiction of Italian Science Fiction, saggio apparso qualche mese fa sul California Italian Studies Journal), che getta luce sui suoi progetti futuri e sui suoi studi sulla fantascienza italiana. Nell’intervista, la professoressa Saiber ha avanzato considerazioni che mi strappano un ulteriore ringraziamento.
November 13, 2012
Acchiappanuvole
Non so quanto fosse voluto il riferimento, ma ieri sera ascoltando Nichi Vendola che si definiva “acchiappanuvole” mi si è chiuso un circuito neurale che ha subito evocato la figura di Wilhelm Reich (nonché la canzone di Kate Bush dedicata alla figura del controverso scienziato - Cloudbusting - e lo splendido video che ne trasse Terry Gilliam). Al di là delle citazioni volontarie o non intenzionali, mi sembra che ci sia solo una persona alle nostre latitudini in grado di prospettare un futuro in cui mi piacerebbe vivere, un po’ come in America ha fatto - con le dovute proporzioni - il giustamente rieletto presidente Barack Obama, e questa persona è Vendola. E anche per questo, tra le tante altre cose, alle primarie voterò per lui.
November 11, 2012
Olonomico: le connessioni empatiche di Sandro Battisti
Come annunciato dall’autore e dall’editor sui rispettivi blog (HyperHouse e False Percezioni) è uscito da pochi giorni Olonomico, ultima fatica di Sandro Battisti, un romanzo che riprende le complesse e imperscrutabili trame dell’Impero Connettivo. Per maggiori informazioni, rimando alla pagina ufficiale sul sito di CiEsse Edizioni, costantemente aggiornata. Qui di seguito riporto la quarta di copertina del libro, disponibile per la collana Silver curata da Luigi Milani sia in una elegantissima edizione cartacea che in e-book DRM free.
Nel cosiddetto Impero Connettivo – uno Stato modellato sull’esempio dell’Impero Romano, il cui dominio si estende sia sullo spazio sia nel tempo – l’imperatore Totka_II e il suo alto funzionario Sillax continuano a progettare espansioni territoriali e temporali. Le loro nuove mire si concentrano su un territorio dove i giovani Lycia e Storm interagiscono caoticamente con uno strano personaggio che si nasconde dietro movimenti apparentemente incomprensibili.
L’Impero, governato da una stirpe di alieni semieterni, causa prima dell’umanità e poi della postumanità, è davvero così florido? Che cosa accadrà, quando i percorsi di tutti i personaggi del romanzo s’incontreranno, e utilizzeranno tutti i continuum con cui verranno in comunicazione? Una splendida metropoli, asettica e algida li attende…
Sandro mi ha chiesto molto generosamente di contribuire a questa sua ultima uscita con una prefazione, inclusa nell’edizione in distribuzione insieme a una visionaria e scanzonata postfazione di Marco Milani, pubblicata su HyperNext in concomitanza con questo mio intervento. Sperando di far cosa gradita a tutti voi e soprattutto di invogliarvi alla lettura del testo, che merita davvero la vostra attenzione, pubblico qui il mio contributo, dal titolo:
Le connessioni empatiche di Sandro Battisti con i mondi perduti e gli infiniti mondi possibili futuri
Il libro che stringete tra le mani – o, per meglio dire, che state visualizzando sul vostro lettore elettronico – è un evento. Se non ho sbagliato a fare i conti, è il primo romanzo solista di Sandro Battisti che non sia un’autopubblicazione. Non il primo in assoluto, giungendo a compimento di un percorso che vede l’autore attivo sul fronte della scrittura da moltissimi anni, e da almeno un decennio in maniera assidua e ininterrotta. Ma questo non dovrebbe stupirvi, se già lo conoscete: la scrittura di Battisti pone seri problemi a ogni tentativo di classificazione, ma se possiamo individuare un’attitudine dominante nell’autore, questa molto probabilmente ci vede tutti concordi sulla sua familiarità con la controtendenza.
Mentre gli altri si affannavano nella ricerca di un editore, lui si accontentava di avere i suoi racconti e i suoi romanzi pubblicati sul web, liberamente accessibili ai lettori. Ora che l’e-book ha cominciato ad alimentare con la possibilità dell’autopubblicazione i sogni “autoriali” di molti (con una larga sovrapposizione con il gruppo di cui sopra), lui stringe sempre di più i rapporti con il mondo editoriale. È anche in questo atteggiamento, che si contraddistingue per la grande umiltà nell’approccio alla scrittura, che passa la differenza tra l’amatoriale e il professionismo.
In fondo, da sempre Battisti è prima di tutto un pioniere. Tra i primissimi blogger italiani, divulgatore di una fantascienza che ha il suo nucleo nel postumano, al contempo poeta, musicofilo, e soprattutto sperimentatore. La sua prosa vive di queste suggestioni: tesissima, spesso si frantuma per effetto delle forze a cui è sottoposta, come nei frammenti che costituiscono le unità modulari della sua scrittura sui blog (prima cybergoth.splinder.com, dallo scorso anno hyperhouse.wordpress.com); ma nelle parti descrittive riesce anche a evocare panorami incantevolmente disumani, che mi ricordano le visioni sconcertanti del J.G. Ballard catastrofico: a differenza del grandissimo maestro inglese dell’inner space, tuttavia, non è il mondo esterno a connotarsi di attributi biologici ed emotivi, quanto piuttosto il paesaggio interno dei personaggi a darsi le caratteristiche del non-biologico. La scrittura di Battisti si fa quasi portatrice di un’inversione controllata del processo, tra l’interno e l’esterno, tra ciò che è vivo e caduco e ciò che invece appartiene al mondo delle forme persistenti, indistruttibili.
Anche su questa dialettica si fonda Olonomico, che vede il ritorno in scena dell’imperatore Totka_II, sovrano extraterrestre di un dominio che si estende sul tempo oltre che sullo spazio, e del suo funzionario Sillax, già protagonisti di numerose altre opere di Battisti, lunghe o brevi, da solo o in coppia con Marco Milani (Ptaxghu-6, Edizioni Diversa Sintonia, 2010). Il loro rapporto quasi simbiotico viene sviscerato in questo lavoro, che getta nuova luce sui rispettivi caratteri, e li vede interagire con un nemico che è prima di tutto una minaccia eterea, sfuggente, ma allo stesso tempo potentissima, in grado di rappresentare un pericolo per il regno stesso del Nephilim. L’Impero Connettivo si accinge a entrare in una nuova epoca, oppure sarà solo il tempo del suo tracollo finale? Pedine in questo scontro per il potere sono dei semplici esseri umani – anzi, scusate, postumani – che vivono le loro vite e nel frattempo risentono degli influssi delle dimensioni superiori in cui la lotta si svolge. Il tradimento e il senso di colpa sono i sentimenti, molto umani, che li ossessionano e che alimentano il conflitto nei loro rapporti.
Leggere Olonomico è soprattutto un’esperienza. In alcuni passaggi sembra di essere al cospetto delle invenzioni lisergiche di William S. Burroughs, con la sua guerra tra bande di criminali intergalattici che interferiscono con le vite quotidiane di comuni esseri umani. In altri si percepisce l’ombra di Philip K. Dick, delle sue realtà incapsulate in un gioco di matrioske, della generale, inesorabile illusione del reale, o del mondo che ci appare tale. E su tutto regna l’eterna contrapposizione tra controllo e libertà, tra un sistema congegnato per opprimere ogni slancio individuale e ricondurlo all’omologazione, inquadrata di un ordine calato dall’alto, e la spinta individuale verso il pieno dominio della propria dimensione personale. In questa dinamica è facile incastrare le visioni di un mondo disumano, alieno, mosso da una crudeltà spesso inenarrabile, e l’aspirazione a una dimensione antica, sincera, e allo stesso tempo rinnovata, al passo con tempi sempre più veloci, come derivazioni (distorsioni o evocazioni) del prototipo di ogni grande civiltà e organizzazione complessa che da sempre per Battisti si configura con l’Antica Roma. Un mondo perduto si rispecchia in innumerevoli mondi futuri possibili, non tutti ugualmente auspicabili. Di fronte a questo ventaglio di opportunità, ognuno deve farsi carico della responsabilità della scelta.
Spero che basti questa manciata di righe per dare un’idea della complessità del mondo letterario di Battisti, che in questa tappa si arricchisce di nuove sfumature. Ma se così non fosse, posso consolarmi al pensiero che provvederanno le pagine che seguono a convincervi della bontà delle mie impressioni. Dopo, a lettura terminata, sono disposto a scommettere che anche per voi, come per me, contemplare un fiume scorrere lento e solenne in fondo a un’ampia vallata oppure le fronde degli alberi muoversi nel vento diventerà un’esperienza del tutto nuova, capace di rievocare la vivida essenza crepuscolare delle immagini di Battisti come per effetto di una irrevocabile connessione empatica. È il prodotto di una scrittura sapiente, il risultato di anni di pratica che hanno reso affilata un’abilità innata. È tutto qui, pura essenza connettivista condensata in parole e immagini.
Non c’è altro. E d’altro canto non servirebbe: nessun lettore potrebbe chiedere di più.
Giovanni De Matteo
Bologna, 28 Luglio 2012
Sandro Battisti durante un reading situazionista a Milano (giugno 2011),
per celebrare l’affermazione di Next al Premio Italia. Alle sue spalle incombe
lo spettro vigile di Lukha B. Kremo, in una sua precedente incarnazione
anagrafica. Foto di Emanuele Manco.
November 2, 2012
Ancora sul connettivismo, una postilla
Saprete ormai quanto disapprovi la parola “connettivismo“, in favore della più veritiera personalizzazione al plurale - connettivisti - che trovo maggiormente veritiera e rispettosa della pluralità di voci del movimento, sintomatica della sua ricchezza generale e capace di valorizzare le individualità che lo popolano. Il movimento è come l’alveo di un fiume, che resterebbe vuoto senza le tante gocce d’acqua che danno vita alla corrente. Senza questo flusso di singolarità, il fiume non esisterebbe: sarebbe solo un letto disseccato, una distesa inaridita di pietre e di sabbia.
Però in questo caso voglio adottare il termine in riferimento al movimento, all’incubatore in cui tutti noi ci muoviamo, di volta in volta e a seconda dei casi come scrittori, poeti, critici, studiosi, artisti, operatori, perché voglio parlare del modo in cui tutti noi ci rapportiamo ad esso. Nel tempo - sono trascorsi quasi 8 anni dalla sua costituzione ufficiale - il connettivismo è cresciuto, ha ampliato i suoi orizzonti, si è arricchito, è maturato. Lo ha fatto perché le persone che si riconoscono nel progetto sono maturate e perché altre persone si sono aggiunte apportando il loro contributo nell’interesse generale e in favore di un ritorno personale.
Il movimento è ancora fluido, anzi magmatico, talora ribolle di turbolenze e vortici, e questo è un bene: è un indice della sua vitalità e finché la corrente procede verso il fronte del futuro non si può che esserne soddisfatti.
La nostra tre-giorni romana mi ha stimolato una serie di riflessioni che vorrei condividere con tutti. Le riassumo in tre punti principali, su cui mi piacerebbe confrontarmi con chi al connettivismo si sente ancora di potere e volere fornire un apporto.
1. Credo che sia venuto il tempo per superare la dicitura “padri fondatori” e ogni rimando che possa essere ricondotto a una qualche forma di liturgia (estremizzo l’immagine per rendere meglio il concetto, non me ne vogliate). Intendiamoci, l’accezione con cui l’espressione viene adottata denota stima, rispetto, affetto, e non posso che esserne grato a chiunque decida di usarla. Ma magari non tutti riescono a cogliere al volo anche l’ironia sottintesa, la complicità che ci vede tutti - fondatori, associati, aggregati, compagni di strada, e chi più ne ha… - cooperare fianco a fianco, a uno stadio paritetico, alla riuscita del progetto generale e dei progetti particolari che di volta in volta siamo chiamati a mettere in piedi (si tratti di un’antologia, di una rivista, di un sito, di una convention, o di qualsiasi altra cosa vogliate). Forse, se proprio non possiamo rinunciare a una denotazione per chi ha innescato il congegno connettivista, si potrebbe parlare di iniziatori, piuttosto che di “padri fondatori”. Dopotutto è un termine dalla connotazione più neutrale, quasi asettica, e non implica - nemmeno per sbaglio - una forma precostituita di gerarchia. Non so se Sandro Battisti e Marco Milani sono d’accordo con me, mi piacerebbe ricevere un feedback anche da loro. Personalmente non mi dispiacerebbe nemmeno vedere andare definitivamente in soffitta il manifesto, e posso dirlo essendone il principale responsabile: non sarebbe più interessante sentire Sandro Battisti, Marco Moretti, Domenico Mastrapasqua, Lukha B. Kremo e gli altri recitare i loro ultimi lavori, piuttosto che riascoltare ogni volta un documento ormai mediamente più vecchio della maggior parte dei lavori connettivisti?
2. Il movimento non dovrebbe mai smettere di aprirsi verso l’esterno. Mi piacerebbe che sempre più connettivisti cogliessero le varie occasioni offerte dal panorama del fandom fantascientifico italiano (le diverse convention organizzate ogni anno, le diverse riviste cartacee e on-line in attività, i diversi progetti antologici che raggruppano gli autori della comunità SF) come un’opportunità per interfacciarsi con il resto del mondo là fuori, una chance per scavalcare i recinti, e anche i pregiudizi che tanto spesso ci troviamo a scontare sulla nostra pelle.
3. Abbiamo fatto i conti con il passato, si diceva nei giorni scorsi. Ci siamo confrontati con la maggior parte dei filoni artistici e culturali che ci sono serviti da ispirazione per elaborare questa esperienza. Adesso possiamo concentrare meglio le nostre forze sui nostri lavori presenti e futuri: scriviamo - racconti, romanzi, articoli, poesie - e lavoriamo sui nostri progetti - riviste, siti, film, trasmissioni radiofoniche, podcast - per portarli avanti e offrire agli scettici materiale su cui pensare, materiale da commentare, materiale da analizzare. Solo così terremo il fianco al riparo dalle critiche troppo facili - e fin troppo scontate - che ancora ci vengono mosse con innocenza, ignorando i trascorsi. Solo così produrremo una vera accelerazione nella crescita del movimento e un avanzamento verso un nuovo stadio, da cui poterci dare un nuovo obiettivo.
A voi la linea. Hasta siempre, compañeros!
[Immagine: illustrazione di Israele Leal.]
PS: Non posso non riportare qui i collegamenti ai rispettivi resoconti della Next-Fest redatti da Sandro Battisti e Francesco Verso, in cui mi sembra di riscontrare una comunione di fondo - fatti i dovuti distinguo - con gli intenti espressi in questo post.
October 31, 2012
La guida galattica per non-connettivisti /3 - I connettivisti e le rotte del futuro
Quale sarà il futuro dei connettivisti e più in generale quello della fantascienza? Riprendendo il motto che ha accompagnato la Next-Fest, esplicito omaggio all’insostituibile Vittorio Curtoni, dove stiamo volando?
Nessuno può dirlo, però possiamo provare a tracciare delle rotte. E tra le rotte in corso di esplorazione ce n’è almeno una nuova, che sta andando progressivamente ad aggiungersi alle due ormai consolidate, storiche. La prima era l’attitudine alla commistione tra i generi, e il futuro ci vedrà sempre più attivi sui terreni di confine della fantascienza, nel tentativo di spingere il movimento a fare i conti con gli angoli più remoti e bizzarri del fantastico, ma non solo. La seconda era la propensione a declinare la nostra prospettiva artistica secondo un paradigma multimediale: narrativa, poesia, arti grafiche, cortometraggi, un numero crescente di approcci alla televisione e al cinema. A queste strade se ne va ora ad accostare una terza. Lukha B. Kremo, insieme a Marco Milani uno dei grandi assenti alla con (e a entrambi va il nostro abbraccio), ha coniato per questa un’etichetta che trovo di notevole impatto: nextstream. È il tentativo di operare un “ripotenziamento” della fantascienza e del fantastico, dall’esterno: agendo sul campo del mainstream, sulle orme di numerosi autori che ci hanno preceduti, da Thomas Pynchon e i postmoderni a Haruki Murakami, passando per Kurt Vonnegut, J.G. Ballard, Jorge Luis Borges, Italo Calvino e l’elenco sarebbe davvero troppo lungo per citarli tutti. Lavorare un po’ per sottrazione, come dicevo a proposito delle divergenze/affinità tra cinema e letteratura di fantascienza, invece che per accumulo. Alleggerirsi, insomma, per correre più veloci, e arrivare più lontani. Ed espandere la frontiera, inglobando nuovi settori nello spazio d’influenza che ci è familiare.
Esempi di mainstream fantascientifico se ne trovano in abbondanza soprattutto al di fuori della letteratura, d’altro canto. Si pensi al cinema di fantascienza, nel suo complesso, dove la fantascienza ha preservato nel corso del tempo la propria vocazione popolare – laddove nella letteratura si faceva sempre più specialistica. Oppure, in una certa misura, anche alla televisione, alla capacità di far presa sull’immaginario dello spettatore non specializzato che ha arriso al successo di serie come Star Trek (e in questa sede penso oltre alla serie classica e a The Next Generation, in particolare a Deep Space Nine), a Babylon 5, a Battlestar Galactica; e, da questa parte dell’oceano, alla ben più che longeva, ormai pressoché mitologica, Doctor Who, a Torchwood e a un altro capolavoro della BBC, Life on Mars. Ma penso anche al fumetto: dalla scuola sudamericana di Hector Oesterheld, Alberto Breccia e Juan Giménez (non solo lo splendido Eternauta, ma anche Perramus e gioielli di inusitata potenza espressiva, come i racconti di Quarto potere), agli Humanoïdes Associés della bande dessinée, Philippe Druillet, Moebius, Enki Bilal, fino ad Alan Moore, Warren Ellis, e al nuovo fumetto supereroistico e new weird americano (alcuni nomi su tutti: Jeph Loeb, J. Micheal Straczynski e Mike Mignola). Tutti validissimi modelli per sperimentare nuove espressioni per la scrittura di genere e proseguire, a mio parere, sulla falsariga di quanto svolge da sempre Sergio “Alan D.” Altieri, ospite d’onore in telepresenza alla Next-Fest.
Non dovremmo nemmeno dimenticare l’importanza della letteratura young adult, di quelli che un tempo erano chiamati juveniles, come occasione di reclutamento di nuove leve dall’unico bacino che può andare a incrementare le file dei lettori: il vivaio delle giovani e soprattutto giovanissime generazioni, ci ricordava Proietti, meriterebbe una maggiore considerazione. E gli autori possono aiutare l’editoria a maturare la sensibilità giusta.
Dell’editoria elettronica hanno parlato Sandro Battisti (il suo Olonomico è uscito prima in e-book che in cartaceo) e Dario Tonani (stessa esperienza, con il caso editoriale del 2011 Mondo9), supportati dai rispettivi editor Luigi Milani e Salvatore Proietti, Giovanni Agnoloni con il suo Sentieri di notte in uscita per entrambi i mercati, quello tradizionale e quello elettronico, e infine Francesco Verso nel suo particolareggiato panel sull’evoluzione del settore dell’e-book. La nuova stagione del libro elettronico in cui stiamo entrando sembra davvero promettente, sicuramente troppo stuzzicante per lasciarsela scappare. Ci si sta schiudendo davanti un intero nuovo universo di possibilità, in cui potremo ridefinire i confini stessi di quella che chiamiamo narrativa oppure, più ambiziosamente, letteratura. Non credo che i libri di carta diventeranno una rarità, ma sono convinto che il libro elettronico plasmerà una nuova consapevolezza nei lettori e modificherà la nostra stessa percezione della parola scritta, specialmente per quanto riguarda l’esperienza della lettura.
È da qui che possiamo partire. Nessuno ci costringe. Ma è un’opportunità. Sta a noi giocarcela. Insieme a chi vorrà reggere il gioco.
Per aspera ad astra.
(3 - fine)
Puntate precedenti:
• La guida galattica per non-connettivisti /0
• La guida galattica per non-connettivisti /1 - La fantascienza dei due mondi: cinema e letteratura
• La guida galattica per non-connettivisti /2 - L’immaginario non-fantascientifico e tutto il resto
October 30, 2012
La guida galattica per non-connettivisti /2 - L’immaginario non-fantascientifico e tutto il resto
In quanto connettivisti, a partire dagli esordi, ci siamo sforzati di tracciare le connessioni segrete che attraversano l’immaginario, mappando le autostrade neurali della realtà, fino a mettere in pratica un’opera di sintesi. Ci siamo prefissi di usare la fantascienza come filtro per guardare il complesso paesaggio tecnologico in mutamento in cui siamo immersi, per esplorare le risorse e le contraddizioni umane esaltate dalla spinta del progresso.
La tendenza alla contaminazione tra i generi ci ha inimicati molti puristi appassionati di fantascienza. Il tentativo sperimentale di recuperare tradizioni sepolte (ma se davvero lo erano, gli assassini dovevano essere stati tanto maldestri o semplicemente tratti in inganno, visto che nelle rispettive bare i presunti cadaveri continuavano a dimenarsi nel sonno), come le avanguardie storiche, dai futuristi ai crepuscolari, fino al surrealismo e alla poesia ermetica, valutato con curiosità da molti appassionati di fantascienza, ci ha d’altro canto inimicato quanti dall’esterno guardavano alla fantascienza come a uno spazio di evasione,crogiolandosi sulla bellezza delle etichette e nell’idea della supposta tenuta stagna dei confini. La sperimentazione sul linguaggio, gli sforzi di coniugare estrapolazioni scientifiche e tecnologiche con una sensibilità umanista, è quello che talvolta ha messo d’accordo tutti sulla difficoltà di leggerci. La vera cosa che però sembra infastidire la gente, è l’impossibilità di classificarci: troppo fantascientifici, o troppo poco; ora troppo protesi verso il futuro, ora troppo rispettosi verso il passato; ora innovatori, ora preservatori (non uso a caso questo termine, tornando con la memoria alle vertiginose pagine della Matrice Spezzata) delle esperienze storiche. Dopotutto così si rischia di voler dire tutto e il contrario di tutto, senza in fin dei conti riuscire a dire nulla… giusto?
Sbagliato.
Ci hanno imposto che la semplicità è un valore, e non voglio arrivare a dire che è stato solo uno dei tanti punti su cui hanno lavorato per poterci ingabbiare negli schemi dell’ordine costituito. Siete tutti troppo intelligenti per capirlo da soli. Eppure la complessità è qualcosa che spaventa, che genera come reazione istintiva l’avversione. E noi che con la teoria del caos pretendiamo di imbastire la colazione dei campioni, noi che ci dilettiamo di equazioni e di elucubrazioni, di matematica e di fisica quantistica, cogliendone a volte consapevolmente e altre anche solo istintivamente la bellezza intrinseca (e sull’estetica dei numeri e della geometria ci si è soffermati nel corso del panel “Orizzonti matematici e abissi quantistici”, sabato pomeriggio, grazie alle intuizioni di Emmanuele Pilia e Roberto Furlani e alla sapiente conduzione del moderatore Emanuele Manco), noi che dibattiamo di paradigma olografico e menti olonomiche, noi, da astrusi connettivisti quali siamo, pretendiamo proprio di esplorare la complessità! Nulla di meno popolare, come si diceva anche nel panel di domenica mattina dedicato al futuro della scrittura fantascientifica.
Altrove le sfumature sono valorizzate, specie se sono più di cinquanta: si pensi alle continue compenetrazioni, su scale infinite e fino a un dettaglio frattale, delle angosce distopiche e degli slanci utopistici di Iain M. Banks, evocato da Salvatore Proietti. Qui da noi, invece, chi si è azzardato a valorizzare in termini letterari l’immaginario scientifico (si pensi a Italo Calvino e Primo Levi) è stato stigmatizzato dai suoi pur autorevolissimi (e in altri casi anche decisamente lungimiranti) colleghi, bollato come refrattario alla vera essenza della letteratura.
Che bisogno avevamo di accostare entità tanto remote come la fantascienza e il crepuscolarismo, il futurismo e la matematica, la transarchitettura e il weird, la realtà aumentata e la poesia? Possiamo esser sembrati pretenziosi, ma non siamo alla ricerca di una qualche forma di glorificazione, e chi ha inteso questa tre giorni come puramente celebrativa non ha colto lo spirito della manifestazione. Se così è stato, ovviamente gli organizzatori hanno la loro quota di responsabilità, ma il palinsesto parla per noi: i momenti di recupero storico sono stati impostati soprattutto come occasioni di approfondimento e bilanciati dalle presentazioni dei nostri ultimi lavori in uscita o in corso di sviluppo (in campo editoriale ma anche cinematografico e televisivo); e non è mancato lo spazio per il confronto, con panel interi (e di indiscutibile successo) dedicati alle declinazioni della fantascienza nei diversi media (oltre al citato panel conclusivo, vale la pena ricordare quello enciclopedico sull’immaginario fantascientifico tenuto da Salvatore Proietti, Lanfranco Fabriani, Emanuele Manco e Flora Staglianò). I due momenti di maggior richiamo, l’intervento di Bruce Sterling e il dibattito finale sul cinema, sono stati anche quelli in cui i connettivisti si sono “ritratti”, lasciando la scena agli “esterni”: un precursore e dei possibili nuovi compagni di strada. Ed è un peccato, certo, che proprio al momento della chiusura e in occasione di gran parte dell’ultimo evento in cartello, i connettivisti che avevano assicurato una presenza continua e il loro ininterrotto apporto alla discussione per tutta la durata della Next-Fest, fossero ormai già dovuti partire. D’altro canto, a giustificazione di questa presunta “diserzione di massa”, va detto che per quanto baricentrica sia Roma, le ferrovie e le linee aeree non hanno ancora maturato l’efficienza del teletrasporto, e a malincuore fin dal primo pomeriggio di domenica subivamo tutti il richiamo alle nostre vite “aliene” – o meglio, per dirla con quel vecchio saggio poco citato dai connettivisti che fu Isaac Asimov, al nostro “mondo al di fuori della realtà”.
Per tornare al punto, resto convinto che dalla giustapposizione degli elementi scaturiscano nuove prospettive, e nei chiaroscuri risaltino meglio le sfumature della luce così come pure la tenebra. Nel 1968 proprio Calvino invitava a “vivere anche il quotidiano nei termini più lontani“. Dopotutto, nei più remoti orizzonti postumani esplorati dai connettivisti, serpeggia sempre una umanissima e malinconica vena di poesia, che non è nient’altro – parafrasando il compianto Ray Bradbury, magnifica figura di confine tra il cinema e la fantascienza – se non la nostalgia dei futuri possibili, dei futuri che avrebbero potuto essere e non sono stati, dei futuri già perduti.
(2 - segue)
Puntate precedenti:
• La guida galattica per non-connettivisti /0
• La guida galattica per non-connettivisti /1 - La fantascienza dei due mondi: cinema e letteratura