Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 42

April 8, 2013

The long slow goodbye of El Bonko

Per parafrasare il titolo di una canzone dei Queens of the Stone Age. La notizia sta facendo il giro della rete da qualche giorno, ma vista la sua natura “anticipatrice” non scadrà finché l’evento che annuncia non si sarà compiuto. E purtroppo, l’evento che annuncia non è per niente lieto: il pluripremiato, poliedrico, visionario, scrittore scozzese Iain M. Banks (raramente come nel suo caso l’iperaggettivazione si rivela limitata per esprimere la portata dell’opera di un autore) ha annunciato sulle pagine web del suo editore di avere ancora pochi mesi da vivere, a causa di un cancro allo stadio terminale.



La notizia è subito rimbalzata in lungo e in largo attraverso il cyberspazio, ripresa da Locus, io9, Tor.com e per l’Italia da Fantascienza.com. Essendo giunta a ridosso del 1° aprile, confesso di aver a lungo sperato che si trattasse di un macabro scherzo. E invece, come sappiamo, gli scherzi più macabri riesce sempre a giocarceli la vita.


Per puro caso e con la complicità dell’enciclopedica antologia dedicata da Piergiorgio Nicolazzini al Cyberpunk nelle Grandi Opere dell’Editrice Nord, Banks è stato uno dei primissimi autori di SF contemporanea che abbia letto. E l’annuncio mi ha raggiunto solo qualche giorno dopo aver attaccato la lettura de L’Impero di Azad (The Player of Games), il secondo capitolo della sua portentosa serie dedicata alla Cultura. Per una panoramica sul suo universo letterario, rivolgetevi pure alle sue note oppure alla selezione curata da Annalee Newitz per io9, che giustamente ricorda l’importanza di Banks nell’aver definito temi e prospettive entrate nel canone del genere: le civiltà postumane, l’interazione con le IA, la colonizzazione spaziale.



Ecco, se è vero che gli autori si lasciano dietro il corpus delle proprie opere, a duratura memoria del loro passaggio su questo pianeta, è altrettanto vero che bastano a volte pochi istanti per percepire la profondità umana di persona. Ho avuto la fortuna di incontrare Banks a Verona, qualche anno fa, quando insieme con Iguana Jo lo intervistammo per le pagine di Robot. E in quell’occasione davvero fortunata, saltato l’abboccamento per una Deepcon/Italcon che con la sua presenza avrebbe potuto rivelarsi memorabile, Banks riversò sulla platea aneddoti e retroscena del suo ciclo più famoso, tra i più ambiziosi affreschi mai tentati dalla fantascienza.


Magari si trova nelle vicinanze qualche Unità Generale di Contatto dal nome improbabile, come Arbitraria oppure Comportamento Flessibile, e qualche agente della Cultura ha già ricevuto l’incarico di tradurlo a bordo e riparare il suo corpo biologico. Ma se anche un giorno dovessi incontrare un tal Sun-Earther Iain El Bonko Banks of North Queensferry su un remoto Orbitale, e nonostante tutti i suoi libri che mi restano ancora da leggere, il senso di perdita è già forte. Con la sua dipartita, il mondo della fantascienza, ma non solo, sarà decisamente più povero.



I lettori che volessero lasciargli un messaggio, possono farlo tramite il sito web attivato a questo scopo: Banksophilia: Friends of Iain Banks. Quale modo migliore per tributare un omaggio a uno degli autori più influenti e rappresentativi del nostro immaginario contemporaneo?


[Foto di Iguana Jo, via Flickr. Dettagli dalle illustrazioni di Mark Salwowski per le copertine di Consider Phlebas e Excession.]

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 08, 2013 06:56

March 30, 2013

Codice morto: i luoghi

Codice morto si svolge interamente in terre ignote ai più. La parte “realistica” si dipana in Basilicata, Terra incognita per molti, affezionati implicitamente all’idea divenuta proverbiale che “Cristo si è fermato a Eboli” (titolo di uno dei due capolavori letterari legati a queste terre, che dobbiamo al piemontese Carlo Levi, mandato al confino ad Aliano dal governo fascista; l’altro, per inciso, è l’affresco storico sul brigantaggio di Raffaele Nigro, I fuochi del Basento). Quindi, perché proseguire proprio noi?



Ma invece, perché no?


In effetti, la Basilicata è al massimo una terra di transito, lambita dall’eterna incompiuta A3 Salerno-Reggio Calabria che proprio nei 30 km lucani conosce uno dei suoi tratti più “movimentati”. Per il resto, poche località rinomate (Maratea sulla costa tirrenica per il turismo balneare, Metaponto e gli altri scavi lungo la costa ionica per il turismo archeologico e negli ultimi anni il rilancio di Matera come meta di pellegrinaggio accidentalmente ispirato dalla discussa Passione di Cristo secondo Mel Gibson, che dall’alto dei suoi 600 milioni di dollari di incasso dal 2004 detiene il primato di film vietato ai minori di maggior successo nella storia del cinema), e tantissimi siti di pregio ma poco valorizzati. La natura per lo più incontaminata, i paesaggi selvaggi, le colonie della Magna Grecia e i castelli medievali (molti dei quali legati al nome dell’Imperatore Federico II), i musei e le feste a tema storico, mantengono una risonanza prevalentemente locale e difficilmente riescono a superare i confini regionali.



D’altro canto, la Basilicata vive di un isolamento ormai millenario, e chi la conosce è talmente abituato alle sue innumerevoli ma segrete bellezze da non prestarci nemmeno più attenzione. Si tendono a dare per scontati i motivi di interesse, annegandoli nella palta del grigiore quotidiano. Siamo pur sempre in una delle regioni più povere d’Italia, dal peso politico irrilevante (58 abitanti/km² e a malapena mezzo milione di elettori), costretta a fare i conti con la crisi anche quando il resto del Paese conosce il boom. Una terra di emigrati (per Rocco e i suoi fratelli Luchino Visconti fu ispirato dal poeta lucano Rocco Scotellaro, che volle omaggiare fin dal titolo), di delitti che restano impregnati di mistero anche quando vengono infine risolti, di meraviglie di cui nessuno ha mai sentito parlare.



Anche dopo la scoperta dei giacimenti di idrocarburi della Val d’Agri, la più grande riserva dell’Europa continentale, da cui proviene il 74% della produzione nazionale di petrolio, la situazione economica della regione è rimasta depressa. Finché i modelli di sviluppo saranno basati sulla classica concessione di sfruttamento delle risorse naturali, dieci siti come Tempa Rossa non basteranno a risollevare le sorti del territorio. Anzi, l’unica ricaduta che conoscerà la Basilicata sarà quella dei prodotti di scarto dei processi di estrazione e lavorazione delle fonti fossili.



Per questo, oltre che per la conformazione del territorio, ho sempre trovato istintivo e naturale il parallelo tra la Basilicata e il West Virginia cantato con sguardo lucido da Breece D’J Pancake. Dall’altro versante degli Appalachi proviene invece l’ispirazione principale per il risvolto “transrealistico” della novella, che si svolge in una dimensione parallela, rarefatta, dalla natura non-euclidea, che all’improvviso e senza che ne siano mai state comprese le cause ha fatto irruzione tra le montagne. La Zona di Esclusione, affidata al monitoraggio e al controllo di un ente governativo dopo una guerra lampo risoltasi in una completa disfatta, obbedisce esclusivamente alle leggi caotiche di un ordine che sfugge alla comprensione umana. L’idea viene direttamente da Michael Marshall Smith e dal Gap in cui si incrociano le storie dei protagonisti di Ricambi (Spares, 1996), un magistrale future noir che contamina hard-boiled, fantascienza e horror, ma può essere fatta risalire senza troppi sforzi ai fratelli Strugatzki e al loro Picnic sul ciglio della strada (1972), che servì da ispirazione per il film di culto Stalker di Andreij Tarkovskij (1979).


La Zona non compare qui per la prima volta nella mia scrittura: altre sue declinazioni erano nei racconti Nella Zona (in Revenant) e Codice Arrowhead (il mio precedente e-book, per i tipi digitali di 40k Books). In maniera molto ma molto vaga, alune idee (l’effetto trainspotting, l’ambientazione lucana) richiamano uno dei miei primissimi racconti (a guardare il mio archivio dovrebbe essere il quarto che scrissi), risalente al 2004 e da allora mai più aggiornato: L’ultima fermata. Una sua traccia-fantasma può ancora capitarvi tra i piedi lungo i sentieri eterei della rete, ma non so se vi convenga.


La Zona è la trasfigurazione di tutti i non-luoghi, di tutti i non-tempi, di tutte le possibilità non realizzate distorte da uno specchio deformante che ne amplifica le perversioni.



Ed è quaggiù che viene spedito il Maresciallo Rocco Mancini per la sua ultima missione, che diventerà per lui l’opportunità di sciogliere alcuni nodi irrisolti del suo passato, e ricucire nella trama del tempo i fili del futuro.


Riferimenti:


• Potete acquistare Codice Arrowhead e Codice morto direttamente su Amazon. Se vorrete farmi avere i vostri commenti, questo blog è il posto giusto.


• Nelle foto: il castello normanno-federiciano di Melfi (LiberaMentAle) e l’osservatorio astronomico di Anzi (Michele Santarsiere).

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 30, 2013 08:13

March 23, 2013

Codice morto

Kipple Officina Libraria annuncia sul suo blog l’uscita di Codice morto, il mio nuovo e-book. Un racconto sì nuovo, ma la cui genesi in effetti mi ha accompagnato praticamente attraverso tutti gli ultimi anni. Se non ricordo male, infatti, la prima stesura risale al 2006. Quella che approda negli store on-line in questi giorni è in realtà una versione del tutto rinnovata, ampiamente riveduta, che condivide con quel testo solo lo spunto di partenza e poco più. Il racconto si è infatti sviluppato, articolato, stratificato, grazie ai consigli di diversi amici e professionisti del settore, e agli stimoli che si andavano accumulando nel frattempo.


Mi riprometto di parlarvene presto più diffusamente. Intanto, mi piace pensare che l’attesa sia servita a far maturare i frutti. E forse questo è un po’ un periodo di raccolta, visto che dopo l’audiobook di Orfani della connessione (che a quanto pare sta andando molto bene, avendo raccolto consensi unanimi nei feedback dei clienti dell’iTunes Store: en passant, devo ringraziare tutto lo staff di LA Case, per avermi permesso di finire nella stessa vetrina con i libri di - tra gli altri - Iain Banks e David Mitchell, cliccare qui per credere), sono in arrivo altre novità, dal fronte elettronico ma anche da quello cartaceo.


Tornando a Codice morto, al di là degli omaggi espliciti palesati nel testo, mi preme ringraziare ancora una volta Alan D. Altieri: forte e determinante è stata la sua influenza su questo racconto, che si è amalgamata con le suggestioni di diversi altri maestri, Michael Marshall Smith in primis. Grazie a Marco Moschini, paziente e meticoloso autore della fantastica copertina che potete ammirare qua sopra in anteprima. E grazie a tutto lo staff di Kipple per aver deciso di puntare su questo lavoro. E adesso, naturalmente, grazie a tutti quelli tra voi che decideranno di investire il loro tempo nella sua lettura.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 23, 2013 11:36

March 13, 2013

Memorie di un vecchio cyborg

Il post in cui ieri Zoon ricordava i suoi primi 10 anni di blogging mi ha scaraventato ancora una volta in una corsa in discesa lungo la spirale del tempo. Il suo inizio anticipò (e propiziò) anche il mio inizio come blogger, visto che dopo un mese circa dall’apertura di Cybergoth mi reclutò per le sue pagine, rendendo il blog un incubatore di suggestioni e idee ancora embrionali, ma che presto sarebbero maturate e deflagrate dando origine al movimento variegato, multiforme ed eterogeneo che sarebbe diventato il connettivismo.


Adesso ricordo quella intensa stagione pre-connettivista con molta nostalgia. Mi piace parlare di nostalgia del futuro, per rendere il senso di quei giorni di attività febbrile, di frenesia creativa, in cui le nostre rispettive noosfere, i nostri background culturali, i nostri immaginari di riferimento entravano in contatto e cominciavano a interagire tra loro e con le suggestioni che quotidianamente provenivano da una blogosfera ancora giovane, acerba, ma vitale… niente a che vedere insomma con lo scenario di romana desolazione che si estende davanti a noi da qualche anno a questa parte.


Ma guardare in prospettiva a quel periodo mette come sempre in risalto le potenzialità del futuro: guardare alla strada che è stata percorsa in questi 10 anni infonde nelle gambe l’energia per affrontarne altri 100. Quindi spilliamo una bella birra densa e corposa per questo traguardo e diamo una controllata al motore a improbabilità, alle pompe a disordine elastico e a tutta quella congerie di servomeccanismi che ci hanno portati fin qua. E’ tempo di rimettersi in marcia. Con un sincero augurio e un ringraziamento obbligato. Alla salute di Zoon!


Cybergoth è morto… Lunga vita a Cybergoth!

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 13, 2013 00:20

February 7, 2013

Looper





La mia recensione: sulle pagine di Boiling Point.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 07, 2013 00:46

February 3, 2013

Grand Centennial Station


Il 2 febbraio 1913 veniva inaugurato il Grand Central Terminal di New York, la più grande e forse la più famosa stazione al mondo, benché si sia ormai da tempo lasciata alle spalle il suo periodo di gloria. Immortalata in innumerevoli lavori, basti pensare al cinema, all’inizio del rocambolesco viaggio di De Niro e Grodin in Prima di mezzanotte o alle sequenze finali di Carlito’s Way di Brian De Palma, ma anche a tanti film di fantascienza: Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Hackers, Unbreakable, Men In Black. Proprio un film di fantascienza sembra coglierne al meglio lo spirito di luogo di passaggio, emblematico di tutte le stazioni ferroviarie, quasi che il GCT, comunemente detta anche Grand Central Station, ne rappresenti una sorta di archetipo, di idea primigenia: penso a K-PAX di Iain Softley (2001), tratto dai libri di Gene Brewer, con Kevin Spacey nel ruolo di prot, un presunto visitatore alieno sbarcato da K-PAX direttamente a New York dopo aver attraversato lo spazio su un raggio di luce.



Ma la Grand Central Station racchiude nelle sue pietre secolari anche un altro spirito, cioè quello di autentica “città nella città”, che in qualche modo echeggia nell’atmosfera di un fumetto eccellente, Terminal City di Dean Motter e Michael Lark, nelle sue architetture deco, nel sogno di un secolo parallelo che racchiude tutte le prospettive immaginifiche degli anni ‘30 e ‘40. E quella di una Terminal City è stata proprio l’idea alla base dello sviluppo della stazione, prima del graduale, inesorabile declino. Decisivo nella progressiva espansione verso ovest (già nel 1869 un treno a vapore poteva percorrere i 4.600 km da New York a San Francisco in soli 4 giorni), il treno non gode da tempo più dei favori delle masse. Negli anni del boom, il trasporto privato ha progressivamente soppiantato quello pubblico e sulle tratte a lunga percorrenza, l’unico che resta tecnicamente di esclusivo appannaggio del mezzo pubblico, l’aereo gode del vantaggio dei tempi di volo sul treno, in particolare per quanto concerne i trasferimenti su distanze continentali. Le stazioni americane, come dimostrano innumerevoli casi, sono un po’ un monumento a uno sviluppo mancato: il trasporto ferroviario resta competitivo per le merci, ma per il servizio viaggiatori il treno è usato quasi esclusivamente dai commuters, dal popolo dei pendolari; per i viaggiatori su lunghe distanze resta invece una comodità per amanti dell’avventura o per i privilegiati non legati alla dittatura del tempo.



Ma la Stazione Centrale di New York continua a richiamare ogni anno milioni di turisti (21,8, secondo una stima del 2012) interessati a contemplarne gli spazi e i monumenti annessi. Estesa su 19 ettari di superficie, servita da oltre 50 km di binari, il GCT è mosso da ingranaggi antichi che pulsano secondo le cadenze in un cuore a orologeria.



La crisi restituirà forse alle ferrovie una parte dell’appeal perduto nel corso dei decenni. Nel frattempo quest’anno sarà ricco di eventi organizzati per celebrare il primo secolo di vita della più famosa delle stazioni di New York e del mondo. E chissà che non sia di buon auspicio per le numerose cattedrali nel deserto disseminate lungo i binari d’America, a partire dalla Michigan Central Station di Detroit, simbolo suo malgrado dell’american acropolis per eccellenza.



[Immagini tratte da Repubblica.it]

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 03, 2013 15:00

February 1, 2013

Orizzonti alieni

Quali mondi aspettano i nostri coloni alla fine della lunga traversata della notte siderale? Digital Drew Space Art raccoglie su Flickr una suggestiva galleria di orizzonti alieni. Qui di seguito qualche campione:



Altair vista da un suo possibile pianeta.



Il sistema binario di Alpha Coronae Borealis.



Il sistema binario di Mizar A, visto da un suo pianeta geologicamente attivo.



Achernar e la sua piccola compagna.



Rasalgethi (la gigante rossa) e il sistema binario che le orbita attorno.


E per consultare il database dei pianeti extra-solari finora scoperti, vi rimando al NASA Exoplanet Archive o, per chi volesse consultare una risorsa web in italiano, al ramo nostrano dell’Extrasolar Planets Encyclopaedia.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 01, 2013 15:00

January 31, 2013

Ultime da San Narciso

Ho finito da poco la seconda rilettura integrale de L’incanto del lotto 49 (la prima della nuova, efficacissima e illuminante traduzione di Massimo Bocchiola) e il recluso della letteratura americana, il divo sfuggente che sublima la propria assenza in una presenza costante, capace di aleggiare su ogni discorso sulla frontiera contemporanea dell’immaginario, Thomas Pynchon se non si fosse capito, torna a invadere il mio piccolo settore di realtà.



Lo fa con una gragnuola di notizie che lo riguardano e che oggi - dopo la lettura del bell’articolo di Tommaso Pincio che correda su La Lettura, inserto letterario domenicale del Corriere della Sera, una mappa psichedelica della genesi de L’arcobaleno della gravità - ho pensato di raccogliere in una sorta di avviso ai naviganti.


Prima news di attualità: il 27 febbraio prossimo, con un giorno di anticipo rispetto al quarantesimo anniversario della prima edizione USA, Rizzoli darà alle stampe una nuova edizione celebrativa de L’arcobaleno della gravità. Non è dato sapere se si tratti di un’edizione deluxe (magari corredata di qualche extra - è chiedere troppo, vero?) o di una semplice ristampa dell’economica ancora in circolazione, ma chi è interessato tenga d’occhio gli scaffali delle librerie.



Seconda news: i lettori che già hanno abbracciato il digitale possono intanto trovare in lingua inglese il catalogo completo delle opere di Pynchon in formato elettronico. Dallo scorso anno, con una campagna di lancio virale di cui ci parla Viviana Lisanti su Finzioni Magazine, la Penguin ha infatti ripubblicato integralmente la sua opera omnia per il mercato dell’e-book.


Terza news: il prossimo romanzo del nostro è invece atteso per l’autunno (plausibilmente in Italia lo vedremo quindi nel 2014, se si conferma la tradizione che negli ultimi anni vuole l’editoria nostrana particolarmente attenta alle nuove uscite pynchoniane) e si intitolerà Bleeding Edge. Nient’altro è dato sapere al momento, ma questo non deve sorprenderci: magari, come accaduto per Against the Day (quando Pynchon caricò personalmente una sua sinossi del romanzo su Amazon) e per Inherent Vice (con un booktrailer ufficiale raccontato dalla voce fuori campo di Pynchon in persona), sarà lo stesso autore ad avvertirci e condividere con noi ciò che è necessario, quando verrà il momento.



Quarta botta, per chiudere in bellezza: Paul Thomas Anderson, regista che scoprii grazie alla sua opera d’esordio Sydney (1996), un noir rarefatto con un cast che di lì a poco sarebbe diventato stellare (Samuel L. Jackson, Gwyneth Paltrow, Philip Seymour Hoffman) capitanato da un intenso Philip Baker Hall, è al lavoro sullo script di Inherent Vice, confermando così le voci che davano il libro come il primo per il quale Pynchon avesse accettato di cedere i diritti cinematografici. Difficile in effetti immaginare un autore più adatto di Anderson per rendere la complessità e l’ironia di un’opera pynchoniana: forse potrebbero avere qualche chance i Fratelli Coen, ma Anderson ha ammesso di essere un fan di Pynchon fin dall’adolescenza e questo gli fa guadagnare sicuramente dei punti di vantaggio. Contrariamente a quanto affermava solo la scorsa estate, sembrerebbe che il regista californiano sia al lavoro sulla sceneggiatura direttamente con Pynchon, e noi miseri mortali possiamo solo immaginare come possa essere confrontarsi quotidianamente con il più grande scrittore vivente per tradurre in immagini le sue visioni folgoranti. Notizia dell’ultim’ora: la Annapurna Pictures ha raggiunto un accordo con Joaquin Phoenix, fresco con Anderson del successo di The Master, per impersonare il ruolo di Doc Sportello. Phoenix rimpiazza Robert Downey Jr, che si è dissociato dalla produzione per ragioni non ancora trapelate e che personalmente avrei visto perfetto per il ruolo del detective fricchettone di Thomas Pynchon, ma non può certo dirsi una seconda scelta, data la considerazione che ha di lui il regista californiano.


Anderson spera di poter cominciare le riprese quest’anno. E noi teniamo le dita incrociate per lui.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 31, 2013 15:00

January 29, 2013

La sindrome dello spazio perduto e i potenziali antidoti in fase di elaborazione

Nello spirito delle celebrazioni per i 125 anni dalla sua fondazione, il National Geographic sta dedicando quest’anno grande attenzione alle nuove frontiere dell’esplorazione. Negli scenari prospettati, non poteva mancare la frontiera più alta e vasta di tutte: lo spazio.



Per quanto ancora remote, le prospettive di un volo interstellare, di spedizioni alla scoperta di nuovi mondi, non sono più così irrealistiche come solo fino a pochi anni fa avrebbe potuto sembrare. In effetti in molti - anche tra gli appassionati di fantascienza - covano la disillusione dello spazio. Leggendo ciò che scriveva Silvio Sosio la scorsa estate sul numero 66 di Robot, nell’editoriale (come sempre ricco di spunti) che prendeva le mosse dalla scomparsa di Ray Bradbury, mi è venuto di pensare a una sorta di sindrome. Per troppo tempo abbiamo consentito che lo spazio fosse nient’altro che argomento di propaganda politica (ricordate gli scudi spaziali e le guerre stellari dell’era reaganiana?) e dopo gli anni dei proclami e delle vuote promesse dell’era Bush Jr abbiamo lasciato che il sogno della frontiera spaziale venisse soffocato dalle contingenze della quotidianità, con il carico da 11 della crisi esplosa sul finire dello scorso decennio. E ormai abbiamo smarrito quell’automatismo che naturalmente si innescava quando prendevamo in mano un libro di fantascienza e - qualunque fosse il suo contenuto - l’immaginazione correva pavlovianamente agli scenari di colonie spaziali, stazioni orbitali, terraforming e viaggi interplanetari. Memore di Bradbury e della nostalgia del futuro che pervade le sue opere più strettamente sci-fi, potremmo dare a questo disagio il nome di sindrome dello spazio perduto: troppe promesse disilluse hanno alimentato nel tempo questa naturale diffidenza, pronta a evolvere in cinico disinganno.


Per fortuna, gli scienziati e gli ingegneri dell’industria aerospaziale sembrano aver preservato negli anni il fuoco dell’impresa. E così, per quanto si parli ancora di tecnologie di là da venire, di tecniche che - allo stato attuale delle nostre conoscenze - richiederanno qualche centinaio d’anni per portarci al più vicino sistema planetario extra-solare, se non altro se ne parla. La NASA, pur attraversando una fase di appannamento, porta avanti la ricerca nei suoi laboratori: vele solari, fusione nucleare e, nei suoi gruppi di lavoro più avanzati ed esoterici, antimateria e propulsione di Alcubierre. Difficile stimare quanto tempo ci vorrà perché queste linee di sviluppo si traducano in progetti economicamente e/o tecnicamente fattibili, ma esistono iniziative audaci come l’arca generazionale 100 Years Starship, lanciata in un piano congiunto da DARPA e NASA, su cui argomenta Giulio Prisco su KurzweilAI (venendo ripreso e rilanciato nientemeno che da io9). E fa bene Prisco a mettere in evidenza le ricadute di un eventuale programma volto a coniugare - in ottica di abbattimento costi e massimizzazione dell’efficienza - viaggi interstellari e mind uploading.


Perché se da un lato conforta l’interesse che sembra riaccendersi intorno alla Frontiera del Terzo Millennio, dall’altro è vero che molte conquiste del progresso a partire dal rush tecnologico del XX secolo possono essere fatte ricadere nell’ambito delle self-fulfilling prophecy. E se a giustificare un’impresa si aggiunge, oltre alla convinzione nella stessa impresa, anche il beneficio delle potenziali ricadute collaterali, la posta in gioco diventa ancora più ambita. Prisco cita le neuroscienze, la teoria dell’informazione e la speranza di vita, ma svincolandoci dal mind uploading per pensare alla tecnica di volo spaziale possiamo aggiungere alla lista genetica, ecologia, energetica e ingegneria dei sistemi. E allora è evidente che quando parliamo di volo spaziale pensiamo soprattutto a come il futuro potrebbe essere plasmato dalla curva del progresso su cui ci andiamo ormai da tempo arrampicando, su una parete che di anno in anno si fa sempre più ripida. E pensiamo quindi alla complessità degli scenari che ci attendono.


Dopotutto trovo irrealistico pensare che questo pianeta non sia destinato a diventare, prima o poi, troppo piccolo per reggere il peso della subspeciazione dell’umanità e dei suoi artefatti più evoluti. E - naturalmente - dei rispettivi sogni.



Le immagini che corredano il post sono opera di Stephan Martiniere, già artista dell’anno per Robot nel 2009.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 29, 2013 15:00

January 27, 2013

La mappa di Internet


Un team di informatici russi ha messo a punto una mappa interattiva della rete, tracciando a fine 2011 la posizione relativa - in base alla lingua e ai contenuti linkati - di 350.000 siti da 196 diversi paesi. La mappa è navigabile a questo indirizzo. Mentre, se volete, potete saltare direttamente qui per verificare la posizione di Fantascienza.com.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 27, 2013 15:00