Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 38
June 15, 2014
Appunti di scrittura #1: Scrivo come scrivo
Il punto con la scrittura è che tutto ciò che scriviamo, sia esso un racconto, un romanzo o un articolo, in realtà non è altro che un canale, un veicolo attraverso cui un messaggio (il testo) viaggia dalla sorgente (chi scrive) alla destinazione (chi legge), rischiando in continuazione di perdersi andando a scontrarsi con i molteplici ostacoli che gli si frappongono lungo la strada. Il problema sulla resa del messaggio, la sua efficacia, il modo in cui viene elaborato e accolto, può essere scomposto in due sotto-problemi, analizzando prima il mittente e poi il destinatario.
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Partiamo dall’inizio. Il contenuto di informazione è una grandezza definita come inversamente proporzionale alla probabilità dell’evento a cui è associata. Per estensione, possiamo intuire che l’importanza di un’informazione è tanto maggiore quanto minore è la sua familiarità con la nostra esperienza. Ma, ancora più intuitivamente, quanto meno un concetto (un’idea, un’immagine, una formulazione) è popolare tanta più fatica richiede al destinatario per decodificarla e comprenderla. Chi scrive non dovrebbe mai dimenticare questa semplice regola, ma al contrario dovrebbe continuare a tenderla d’occhio: le imprese più audaci vanno agevolate, opportunamente costruite per poter centrare il bersaglio e scongiurare il rischio di smarrimento nell’oblio delle velleità.
Come se non bastasse, nessuno di noi è un’isola. Supponiamo per comodità di analisi di avere almeno superato il primo scoglio; altre opportunità di intrattenimento competono con la lettura, promettendo una soddisfazione più immediata: serie televisive, film, videogiochi, e chi più ne ha… Ma consideriamo pure che ci sia un lettore, all’altro capo del canale, disposto a ricevere il nostro segnale. Viviamo comunque tutti costantemente immersi in un oceano di interferenze: il mondo intorno a noi è pieno di stimoli e disturbi, e in maniera analoga il nostro cervello non dorme mai, ma elabora in continuazione processi cognitivi potenzialmente in conflitto con l’attività della lettura, che per effetto dei tempi si è fatta sempre più frammentata. In autobus o sul treno, a casa o nel parco, ogni libro deve vedersela con decine o centinaia – nel caso migliore – di fonti di rumore che fanno di tutto per distrarre il lettore: le voci della folla, la spesa da fare, le bollette da pagare, una e-mail da leggere, un appuntamento da ricordare, una mansione da portare a termine. Come fare per vincere questa concorrenza? Sempre la teoria dell’informazione ci fornisce la nozione di codifica di canale: è il modo in cui si protegge il messaggio dal rumore, minimizzando l’equivocazione, ovvero il rischio di perdita dell’informazione. Intuitivamente, riduciamo la densità dell’informazione, introducendo ridondanza a scopo di controllo.
Possibili soluzioni di base concesse a chi scrive:
creare personaggi interessanti, con cui sia facile empatizzare (sia in termini positivi che negativi);
costruire scenari appassionanti, capaci di innescare nel lettore il senso avventuroso dell’esplorazione e della scoperta;
congegnare un intreccio coinvolgente, con cui irretire l’attenzione di chi legge (non solo attraverso la trama, ma anche attraverso il montaggio temporale dell’azione).
Sono i consigli da cui inizia ogni manuale o corso di scrittura, e sono suggerimenti di semplice buon senso: come è facile comprendere, lavorano tutti sul coinvolgimento emotivo del lettore, massimizzando la capacità di avvincerlo al testo. A un livello più avanzato, con l’esperienza, chi scrive finisce per aggiungere altri strumenti alla propria cassetta. Tra quelli a cui ricorro più di frequente posso menzionare:
modulazioni del ritmo: il cambio di passo che combina scene più concitate ad altre più riflessive;
variazioni del registro narrativo: l’operazione mimetica per cui lo stile viene tagliato sulle caratteristiche del personaggio che agisce in scena (ma anche l’inclusione di inserti non strettamente narrativi, come digressioni, estratti meta-narrativi, etc.);
alternanza del punto di vista: orchestrando i diversi personaggi per far progredire la trama;
anticipazione: seminando indizi da ricomporre in schemi significativi ai fini della storia;
Sono solo alcuni spunti, e ciascuno di essi si porta dietro la sua tara di rischi e controindicazioni. Sta alla sensibilità di chi scrive saper individuare la combinazione giusta, ma credo che basti questa veloce panoramica per dare un’idea della complessità del compito: anche se l’efficacia massima è l’obiettivo, a volte si possono tollerare dei compromessi (per esempio il sacrificio dell’immediatezza a favore della resa stilistica oppure di una soluzione particolare). Ma per riuscire nel compito non si può prescindere dalla padronanza del mestiere. Alla fine, per rischiare un paragone cinematografico, più che uno sceneggiatore solo nella sua stanza, un autore è un regista/sceneggiatore che sappia fare anche il direttore della fotografia, del montaggio e della musica. E se è vero che sono molteplici le variabili su cui può agire in autonomia, operando quello che potremmo definire un fine tuning, è anche vero che esercitare il pieno controllo su tutti questi parametri richiede delle scelte, e di fronte a questa complessità le scelte implicano la dolorosa consapevolezza di perdersi probabilmente l’occasione di dire ciò che si vuole in una maniera migliore.
Ma proprio per questo, in fin dei conti, è dall’esercizio sul campo che nascono le opportunità. Perché le soluzioni che ci vengono in mente in fase di pianificazione e che poi scartiamo a vantaggio di altre considerate – a torto o ragione – più adatte allo scopo, possono tornarci utili per il futuro. Anzi, in alcuni casi possono diventare la spinta principale che porta alla nascita di un nuovo progetto.
(fine prima parte – continua)
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June 13, 2014
Corpi segnalati (2)
Corpi spenti è in edicola ormai da dieci giorni e la sequenza di segnalazioni si allunga. Questa volta è stato il turno di Fantascienza.com, il portale italiano della fantascienza, che ringrazio attraverso le persone del direttore Silvio Sosio e del caporedattore Giampaolo Rai:
La Napoli del 2061 immaginata da Giovanni De Matteo è sempre una metropoli di stridenti contrasti. Innovazioni tecnologiche e degrado si mescolano in un insieme assediato dal kipple, la cintura di spazzatura semi-senziente che circonda la città. A peggiorare le cose un difficile momento politico. L’unità d’Italia è a rischio: trame non chiare si stanno compiendo e non sembrano preludere a nulla di buono.
Del libro, attraverso un servizio sulla presentazione tenuta a Bellaria lo scorso maggio, si è parlato anche su La Zona Morta grazie alla cronaca meticolosa e puntuale dell’amico Filippo Radogna:
“Il romanzo – ha fatto presente De Matteo – è un future noir nel quale la trovata fantascientifica è più di un pretesto e svolge un ruolo funzionale alla trama. Si tratta appunto della facoltà, concessa dall’avanzamento della tecnologia e delle conoscenze umane nel campo neurocognitivo, di passare allo scanner la memoria dei morti. Nel romanzo – ha quindi proseguito – si avverte l’influsso del cyberpunk e la stessa trovata fantascientifica dell’indagine psicografica, che ho pensato come metafora delle conseguenze rivoluzionarie di un’ipotetica Singolarità Tecnologica, ha una forte connotazione post-cyberpunk, con qualcosa di più delle sfumature post-human. Proprio dall’amalgama di questa eterogeneità culturale emerge il carattere più connettivista del romanzo”.
Dopo questo gioco ricorsivo di citazioni, torniamo in orbita thriller. Anche Thriller Café, tra i più seguiti e attenti blog dedicati alla letteratura poliziesca, in tutte le sue sfumature dal giallo al nero, ha segnalato Corpi spenti sulle sue pagine. Grazie a Giuseppe Pastore.
E infine torniamo a Thriller Magazine, che proprio oggi ospita un mio intervento sulle contaminazioni tra i generi, nel quale – ancora una volta grazie a Lucius Etruscus che mi ha suggerito l’argomento - prendo spunto dalla natura del romanzo per parlare delle affinità elettive tra crime e science fiction. Buona lettura!
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June 10, 2014
Corpi segnalati
La settimana si apre con una tripla segnalazione. La prima è all’insegna del brivido su Thriller Magazine, che annuncia l’uscita di Corpi spenti dedicando al romanzo la notizia di apertura (a firma di Lucius Etruscus, che ringrazio per l’attenzione prestata al libro e per le lusinghiere parole nei confronti del predecessore Sezione π²).
La seconda su Booksblog, dove Monica Cruciani, alias AyeshaKru, traccia un meticoloso identikit del sottoscritto, passando ai raggi X le mie due uscite di giugno: oltre a Corpi spenti, infatti, c’è anche la ristampa digitale de Il lungo ritorno di Grigorij Volkolak per Robotica.it.
E per finire una recensione flash di Daniele Barbieri, di cui riporto un estratto:
Siamo nel Sud di un’Italia federale, dalle parti del 2061, bicentenario dell’Unità. La terza guerra mondiale è alle spalle, meno catastrofica del prevedibile ma il mondo fa comunque schifo. La «Pi quadro» è una polizia speciale – dopo 11 anni in via di smantellamento? – «psicografica» capace di recuperare (in parte) ricordi e informazioni dai morti. E su questi «necromanti» più non vi dirò. Con un buon ritmo Giovanni De Matteo ci guida nelle toste indagini dell’ispettore capo Corrado Virgili, detto Guzza, di Vincenzo Briganti e di altri sbirri quasi super: fra droghe «ad assimilazione ultrarapida», mafie russe, il «regressionismo» del reverendo Giona Fleischer,«soldati universali», cadaveri ibernati e molto altro. Difetti? Come nel precedente romanzo vi è qualche eccesso di stereotipi ma per chi ama il cyberpunk e i suoi cugini è lettura obbligata.
Per farmi infine perdonare la svista su Miles Davis (che a pag. 76 viene accidentalmente sostituito da un ultracorpo proveniente da un universo parallelo), faccio pubblica ammenda e mi congedo con questo brano:
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June 5, 2014
Urania 1607
June 4, 2014
Corpi spenti
Il giorno è arrivato! Da oggi potete trovare in edicola Corpi spenti: un distillato purissimo di angoscia urbana post-cyberpunk da centellinare con cura. Il volume cartaceo targato “Urania” sarà disponibile per tutto il mese di giugno, a richiesta dal vostro edicolante di fiducia. L’edizione digitale del romanzo resterà inoltre disponibile al download sui principali store on-line: Amazon, BookRepublic, IBS, inMondadori, LaFeltrinelli, a seconda dei vostri gusti e delle vostre adesioni ideologiche. In attesa della copertina del volume, eccovi intanto la copertina proprio dell’e-book, a firma di Franco Brambilla:
La quarta:
Nel 2049 sono cominciate le operazioni della Sezione Investigativa Speciale di Polizia Psicografica, un gruppo di agenti che possono estrarre informazioni dai morti, recuperandone la memoria. Sono i necromanti e il loro uomo di punta, Vincenzo Briganti, ha risolto nel 2059 il caso battezzato ufficiosamente Post Mortem (ma pubblicato su “Urania” come Sezione π²). Ora siamo nel 2061, anno del bicentenario dell’Unità italiana, e la Bassitalia sta per secedere dal resto del paese “come una coda di lucertola”. Sulla manovra gravano pesanti ipoteche, perché qualcuno pensa di trasformare il Territorio Autonomo del Mezzogiorno in una vera e propria riserva di caccia per i signori della nuova società feudale. Briganti e i suoi colleghi avranno poco meno di un mese per scoprire tutti gli intrighi ed evitare che il Territorio si trasformi in un ghetto tecnologico per schiavi del lavoro… o molto peggio.
E per darvi un’idea del guaio in cui state andando a cacciarvi, eccovi un estratto in esclusiva:
– I nostri corpi hanno bisogno di cure. Attenzioni particolari.
– Oltre a quelle dei frelk, vuoi dire.
– Siamo perfette ma delicate. Necessitiamo di cure ricostituenti, nel vero senso dell’espressione. Così, ogni diciotto mesi ci sottoponiamo ai trattamenti biochimici della Ksenja. L’hansa ha un contratto di servizio con i loro laboratori. Il prezzo della perfezione è un deperimento accelerato dei tessuti. Ci facciamo ripulire periodicamente dalle scorie indotte dagli effetti collaterali della neutralizzazione e dall’esposizione prolungata ai raggi cosmici.
Le spaziali erano figlie del loro tempo e rappresentavano la prima modifica biologica applicata su scala industriale al corpo delle persone. Lo scopo era dei più nobili: la conquista della frontiera spaziale. La missione meritava quel sacrificio e l’hansa, l’ente aerospaziale preposto allo sfruttamento commerciale dell’alta atmosfera e dello spazio prossimo alla Terra, era ben lieto di pagare il prezzo necessario alle volontarie che, previo l’assenso o per decisione dei genitori o dei tutori legali, sceglievano di sottoporsi al trattamento per la neutralizzazione. Un corpo bloccato agli albori della pubertà e la deroga dal diritto di procreare formavano il prezzo imposto alle ragazze per sposare il sogno dello spazio.
Le spaziali crescevano, invecchiavano, ma il loro corpo non maturava al punto di esprimere appieno i caratteri sessuali. Per questo erano chiamate anche “angeli”. Angeli spaziali. E, come cominciava a realizzare Guzza, accomunate da questa esperienza formavano una sorta di sorellanza.
– Sarà, ma non siete poi così perfette come pretendete di essere, se dovete venire a spurgarvi delle vostre scorie in questo buco in culo al pianeta Terra.
– Resistiamo, capo – disse la biondina, con tono inappellabile. – Non ci è concesso di più. Cosa si può dire di voi?
PS: Come se non bastasse, da ieri è disponibile in e-book per l’etichetta Robotica.it di Delos Digital anche il racconto Il lungo ritorno di Grigorij Volkolak, già pubblicato da Robot un paio di anni fa e nominato tra i finalisti al Premio Italia 2013. Come Corpi spenti, il titolo è disponibile per il download sul Delos Store, su Amazon, su BookRepublic, su IBS, su inMondadori o su LaFeltrinelli, per citare qualche store on-line, in base ai vostri gusti e alle vostre convinzioni politico-religiose. Avremo modo di riparlarne con calma.
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June 2, 2014
Corpi spenti: input #11
Corpi spenti è un libro che si chiude sulla prospettiva di un abisso cosmico. Oltre al noir, alla spy-story, alla fantascienza di derivazione cyberpunk, alle suggestioni post-human, abbiamo anche un richiamo alla più classica fantascienza spaziale. Poche pagine, che però dovrebbero bastare per dare un’idea della complessità dello scenario di questo mondo, dietro le quinte di ciò che vediamo in scena. E che forse potrebbero tornare a essere esplorate, con maggiore accuratezza, nel futuro.
A questo proposito trovo paradigmatica la seguente battuta estratta da Angeli spezzati di Richard K. Morgan:
«Ci pensi, Kovacs. Stiamo bevendo caffè così lontano dalla Terra che le sarebbe difficile distinguere il Sole nel cielo notturno. Siamo stati portati qui da un vento che soffia in una dimensione che non possiamo né vedere né toccare. Immagazzinati come sogni nella mente di una macchina che pensa in modo tanto più evoluto dei nostri cervelli che potrebbe persino portare il nome di dio. Siamo risorti in corpi che non sono i nostri, cresciuti in un giardino segreto lontano dal corpo di ogni donna mortale. Sono questi i fatti della nostra esistenza, Kovacs. Mi dica, in cosa sono diversi, o meno mistici, della fede che esista un regno dove i morti vivono in compagnia di esseri talmente al di là di noi da essere costretti a chiamarli dei?»
Oggi si chiude questo ciclo di articoli che ci ha tenuto compagnia nelle ultime due settimane. Corpi spenti si appresta ad atterrare in edicola e in versione e-book su Amazon e sugli altri store on-line, dove potrete facilmente recuperare la vostra copia (il volume cartaceo di Urania, vi ricordo, resterà disponibile fino a fine mese). Se ne avrete voglia potrete passare da queste parti per farmi avere la vostra opinione sul libro.
Ci leggiamo nel futuro.
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June 1, 2014
Corpi spenti: input #10
Edward Hopper e Albert Watson rappresentano il contraltare iperrealistico dell’estetica fantastica di Beksinski.
Nei quadri di Hopper il soggetto umano si riduce a un mero pretesto per suggerire una storia, una situazione, che spesso abbraccia i luoghi (la città come la campagna, New York come il paesaggio rurale del New England) e li riguarda più strettamente di quanto non faccia con le persone. Le figure, spesso sgraziate, ancora più spesso anonime, servono quasi a ricordarci chi sia il vero protagonista della tela: al posto degli uomini e delle donne che Hopper dipinge potrebbe esserci chiunque di noi. E la discrezione dell’artista è tale da far sembrare la loro presenza una coincidenza in un determinato punto dello spazio e del tempo. Tutti sembrano congelati nell’attimo eterno di un’attesa che potrebbe non finire mai. E intorno a loro si dispiega un universo fatto di milioni di storie che sappiamo essere identiche senza nemmeno vederle, immerse in una natura distaccata (anche i tramonti di Hopper, lungi dalla quiete, sembrano portare con i contrasti turneriani di luce e di ombre presagi più sinistri di quanto saremmo disposti a tollerare) o in una città aliena (ridotta alla verticalità delle superfici e attraversata secondo le fughe prospettiche delle ferrovie sopraelevate).

Edward Hopper, Nighthawks (1942)
Watson riprende la lezione iperrealista di Hopper e nei suoi panorami notturni o crepuscolari, nelle stanze d’albergo di Las Vegas, nelle celebrità e nelle muse fetish che si lasciano catturare dal suo obiettivo, codifica una dimensione nuova e criptica, in un rincorrersi di suggestioni che rievocano il surrealismo tanto caro a J.G. Ballard. Consiglio la lettura di questo brano di Watson, utile riflessione sulla tecnica e l’esperienza che si può tranquillamente estendere al di là dei confini della fotografia:
Sperimento e mi muovo in molte direzioni diverse, non solo perché sento di poterlo fare ma perché amo questo eclettismo della visione. In un periodo difficile per me, negli anni Settanta e forse anche nei primi anni Ottanta, mi sono molto impegnato a cercare di risolvere una serie di possibili questioni tecniche legate alla fotografia non tanto perché fossi affascinato dalla tecnica, ma perché sentivo un’urgente necessità di sviluppare determinate possibilità creative che avevo chiare in mente e, come sempre in fotografia, riesci a realizzare meglio le cose che vuoi se hai un’eccellente padronanza tecnica. Saper fare: questo è importante; come saper dominare tutti gli aspetti. Quando sei stato fotografo per molto tempo, impari ad utilizzare soluzioni diverse, strade diverse, chiavi e percorsi alternativi, non soltanto dal punto di vista tecnico, ma anche creativo ed emotivo. Se hai un problema particolare da risolvere, puoi far riferimento alla tua esperienza passata e da lì scegliere. Questo rende la tua vita più semplice. Certo, non si smette mai di imparare e più diventi bravo tecnicamente, più il tuo metodo di lavoro diventa fluido. Possiedi un’esperienza emotiva e creativa e quando ti serve, puoi usarla.

Albert Watson, Jellyfish Tank Series Mandalay Bay, Las Vegas
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May 31, 2014
Corpi spenti: input #9
Altri tre film, non di fantascienza.
Da Heat – La sfida, capolavoro poliziesco di Michael Mann del 1995: la precisione del meccanismo drammatico e il realismo dell’indagine.
Da Nemico Pubblico di Tony Scott (1998): la costruzione di momenti clou, con situazioni che fungono da punti di svolta della trama.
Da La promessa dell’assassino di David Cronenberg (2007): le dinamiche della mafia russa Vor V Zakone. Soprattutto in relazione a Sulle ali della notte.
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May 30, 2014
Corpi spenti: input #8
Un libro e un racconto. Per il tracciamento dei container trasportati via mare e lo scenario da guerra di spie in cui il Mediterraneo sta scivolando in Corpi spenti, ho derivato lo spunto di partenza da Guerreros di William Gibson.
Un altro debito importante è verso Samuel R. Delany (non è la prima volta, non sarà l’ultima) e il suo Sì, e Gomorra. A distanza di 47 anni dalla prima pubblicazione gli scenari delineati nel racconto, con le sottoculture urbane che fioriscono intorno allo sfruttamento sessuale degli spaziali in licenza, continuano a risultare una metafora insuperabile, soprattutto come rappresentazione delle alternative di utilizzo che la strada riesce sempre a trovare per le ricadute del progresso.
Uno dei punti-chiave del romanzo è la colonizzazione spaziale. Il che potrebbe sembrare paradossale, per un future noir che si svolge interamente per le strade di una metropoli e nei suoi bassifondi. Ma la Nuova Frontiera incombe sui personaggi e sulle loro storie. Tra i principali spunti che ho voluto approfondire nel libro c’è appunto l’approccio dell’umanità allo spazio: il modo in cui ci si arriva, il modo in cui la conquista dello spazio ci cambia. L’outer space si riversa nell’inner space, e come insegna J.G. Ballard il terreno di battaglia sono prima di tutto la nostra psiche e i nostri corpi.
Tre parole-chiave per l’approccio alla tecnologia in Corpi spenti: nichilismo, alienazione, paranoia.
Immagini via Exonauts.
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May 29, 2014
Corpi spenti: input #7
Inizialmente avevo pensato di adottare uno schema narrativo simile a Strange Days che fungesse da colonna dorsale per Corpi spenti. Il proposito mi è servito solo in parte, ma mi è tornato utile ricordarmi del film quando ho dovuto coinvolgere la Pi-Quadro in un’indagine legata al circuito degli snuff movie.
L’influsso di Strange Days si compenetra con quello del Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, specie per quanto attiene l’introduzione di un antagonista. Il male può declinarsi in infinite variazioni e Nolan ce lo ricorda nelle figure del Joker e soprattutto di Harvey Dent. Dalla sua uscita in sala avevo avuto modo di rivedere il film altre tre o quattro volte prima di mettermi al lavoro sul romanzo: abbastanza per cambiare idea rispetto alle impressioni che mi aveva lasciato la prima visione in sala. Abbastanza da capire che con la gestione narrativa della trama Nolan ha invece fatto un gran lavoro. Rendere consequenziali e concatenati gli elementi di partenza non era facile e una visione congiunta di Batman Begins e The Dark Knight aiuta a comprendere la prospettiva nella sua completezza, cogliendo la bontà e la riuscita dei suoi sforzi.
Poi, ovviamente, c’è la figura del Trickster, di cui parlavo anche in questa intervista:
In ambito letterario, forse il Trickster ha avuto la sua più efficace incarnazione nel Joker, la nemesi di Batman. Al di là della seduzione del male, quello che affascina di questo personaggio (magistralmente interpretato nella trasposizione cinematografica di Christopher Nolan da Heath Ledger) è la sua familiarità con le storie. Nei fumetti, ha un aneddoto per ogni situazione. E nel film si diverte a cambiare la storia del proprio personaggio più di una volta, riportando una versione diversa in base all’interlocutore proprio per produrre su di lui una maggior presa. Non è forse quello che cerca di fare ogni scrittore? Ottenere il massimo coinvolgimento del lettore richiede più di un pizzico di intraprendenza.
Inoltre il rapporto tra Joker e Dent nel film sembra riprodurre le dinamiche di contagio/infezione tramite cui si diffondono i memi. Estremamente istruttivo da studiare, a partire da scene come questa.
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