Iaia Guardo's Blog, page 131

November 17, 2014

Banana Chip Chocolate Cake con crema al caramello



Ingredienti per una tortiera di circa 20 cm


230 grammi di farina, 100 grammi di zucchero, 120 ml di latte, 1 uovo, 8 grammi di lievito, 60 grammi di burro freddo, 170 grammi di gocce di cioccolato, 1 banana non troppo matura, il succo di un limone e un pizzico di sale, una generosa quantità di cannella a seconda dei gusti.


In una ciotolina sbatti per bene uovo, cannella e latte. In un’altra ciotola più capiente mescola farina setacciata, zucchero, lievito e sale. Aggiungi qui il burro e poi il latte-uovo-cannella. Lavora con un robot da cucina fino a quando il burro non si è amalgamato per bene. Aggiungi quindi la banana leggermente schiacciata con il succo di limone e infine le gocce di cioccolato. Non è un composto che deve necessariamente seguire dei passaggi precisi e non deve essere lavorato molto. Nella superficie aggiungi delle fettine di banana (io le ho fatte scaldare con un po’ di burro e cannella in padella per “friggerle” e renderle un po’ “chip”).  Imburra e infarina una teglia e poi versa il composto a 180 già caldo per 20 minuti circa. Controlla con lo stecchino di legno. Quando è asciutto tira fuori e lascia raffreddare.


Crema al caramello


60 grammi di burro, 50 grammi di zucchero, 300 grammi di latte condensato, 35 grammi di cioccolato fondente almeno al 55 per cento, 2 cucchiai abbondanti di sciroppo d’acero.


Metti il burro e lo zucchero in un pentolino. A fiamma bassa lascia sciogliere lentamente sempre mescolando fin quando lo zucchero non si è completamente fuso. Aggiungi il latte condensato continuando a mescolare per almeno 5-6 minuti e sempre tenendo la fiamma molto dolce. Togli dal fuoco e solo allora metti cioccolato e sciroppo d’acero. Mescola per bene ancora ottenendo così una deliziosa crema che si può conservare in frigo a patto che venga avvolta nella pellicola a contatto con la crema stessa.




A me quando si dice/scrive “per i pomeriggi tra amiche a parlare, ridere, scherzare mentre ci si racconta e confida” viene in mente solo una domanda: MA QUANDO? Ma davvero esiste un mondo in cui delle amiche tutte belle sistemate si appostano intorno a un tavolo passandosi tovagliolini ricamati, cucchiaini della nonna e impilano piattini vintage scompagnati? Ma una volta l’anno posso pure crederci e alle fortunate va in assoluto la mia ammirazione. Ritagliarsi un momento del genere, francamente mi è impossibile. E’ già tanto che riesca a fingere attraverso l’obiettivo un’apparente serenità. Organizzare un evento del genere richiede sicuramente molto tempo, perché diciamocelo tolte le ricette, che nel mio caso specifico sarebbero l’ultimo dei miei problemi, dovrei organizzarmi con degli spostamenti di centinaia e centinaia di chilometri. Non ho amiche con cui parlerei, riderei, scherzerei e mi confiderei nel raggio di ottocento chilometri minimo. “Rinunciare” ai  diversi lavori e progetti per un momento del genere con loro altroché se lo farei. Ma pure un mese di seguito. Farlo per un momento così, giusto per trascorrere un pomeriggio a pavoneggiarsi con tutto il corredino della nonna, e per di più non con amiche di quelle proprio a-m-i-c-h-e.


Però come una psicopatica posso fingere, eh. A quel punto pure io posso mangiarmi la torta con il caramello dove c’è il burro. Posso davvero fare di tutto. E poi c’è iMessage; che non è affatto triste. E’ una grande opportunità e nulla di più. Di sentirsi vicine potendo immaginare cene, pranzi e tè ricchi di ricami e cucchiaini. Questa deliziosa torta è perfetta per un momento del genere, vero o presunto tale, ma anche per una colazione. Non è necessaria assolutamente la crema perché rimane comunque morbida e di fattura già ricca senza bisogno di esasperarne ancora più il sapore. Male però non fa. Cremina tra l’altro che si riconferma vincente e che avevo proposto durante la preparazione della torta con il latte caldo dell’amata Cri (che se ti sei perso e ti fa piacere trovi cliccando qui).


Sto “smaltendo” le ultime ricette (non è vero dai, alcune me le trascinerò fino a Gennaio come sempre) prima di cominciare veramente con gli addobbi natalizi. Qui fervono i preparativi seriamente (leggi: finalmente) e tra trambusti, decisioni e dubbi ne rimane sempre uno. Come fosse un ronzio sordo. Che penetra. Fino all’esaurimento nervoso:


ma con Koi riuscirà l’albero di Natale a restare quantomeno decoroso? Nessuno mi risponda e nel caso finga, per piacere. E’ già Lunedì. Aggiungere altro dolore non è una cosa francamente sopportabile.


Ci vediamo alle 18:18 per un’altra Ricetta?




Curiosità:


la tazza mi è stata regalata dalla Nonna Angela qualche settimana fa e fa parte di un servizio che ha acquistato quando è nata la mia mamma.


L’alzata (su Instagram me lo hanno chiesto in tantissimi) è di H&M Home. Sì, ha pure la sezione home e pure online; la fine insomma.



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Published on November 17, 2014 03:12

November 16, 2014

“Ma tu che prepari sempre dolci e cose buone ma sei così complicata: cosa mangi?” Ecco la Risposta.

Come accade per i Fermatempo da Instagram, che riassumono in maniera random pasticci e momenti, ecco anche quelli dal mio account Miii Che Fame;  sintetizzano un po’ il Diario Alimentare che pubblico insieme alla meravigliosa comunità che si è creata e di cui vorrei parlare nello specifico ben presto. Se non sai su cosa stia vaneggiando e ti sei per caso incuriosito puoi scoprire qualcosa in più cliccando qui (ti aspettiamo!). Sono ovviamente la più incostante. In più con i dieci giorni della settimana stroncata dal colpo della strega pubblicare gallette di riso o mais e tè proprio non mi pareva il caso. Confesso, che non pubblicare-interagire-curiosare nei piatti delle mie amiche, è stato triste anzichenò. Ma Rimediamo subito e ripartiamo più attive che mai, ecco.


(No. Non sono ancora guarita perché ovviamente non appena mi sono messa in piedi ho cucinatolavoratodisegnatosforzatotutto. E non dico di essere punto e a capo. Ma punto e virgola, sicuro. Cosa sto dicendo?)



Segui Miii Che Fame e tutta la Comunità che la compone qui su Instagram se ti fa piacere.
Qui su Facebook.
E dal 2015 il Sito. Una grande sorpresa in arrivo.


Shirataki con pesto di avocado e basilico, lime
Insalata + Semi=Felicità
Colazioni
Barbabietola con yogurt di soia e cumino. Tofu con salsa di soia
Salsiccia vegetale, Tofu con verdure e carpaccio di lupini
Chocotea. La cosa più buona del mondo
Banane, mandorle e latte. E si comincia!
Tofu con basilico e Tofu al pomodoro
Mele essiccate. Corri da Tiger
Zucca a ogni ora
Provato il
Infusi a ogni ora.
Amiche e tisane
Un
Le colazioni di quando sono felice
Foto 08-11-14 18 22 40
Ho detto sì eccome a Valsoia
Vermicelli di riso con wakame, Tofu e salsa di soia
Sushi vegano preparato dal Nippo
Spaghetti di Zucchine con Avocado
Vermicelli di Riso con Gommasio e avocado
Cavoletti di Bruxelles con avocado, gommasio, salsa di soia e sesamo nero
Altro che zucchero!
Riso Shirataki con avocado , wakame e sesamo
Letture e spuntini
Infusi mon amour
Bacche di Goji sempre presenti
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Published on November 16, 2014 08:27

November 15, 2014

Vermicelli di Riso con salsa di Soia, Tofu e Wakame



Porta a ebollizione l’acqua. Versa i vermicelli e cuoci per il tempo indicato sulla confezione, generalmente dai sei agli otto minuti (alcuni meno). Questo se hai fretta, perché altrimenti potrebbero cuocere direttamente nel dashi (la ricetta la trovi qui insieme a tante altre). Se non hai tempo o voglia di preparare il dashi puoi fare anche un ricco brodino vegetale e cuocere dentro anche pezzetti di tofu, che si insaporiranno, con alga wakame. O nori, perché no.


Comunque vada sarà un piatto gustosissimo. Se più o meno brodoso lo decidi tu. Perché potresti pure scolarli per bene lasciando giusto un pochino di brodo. Servi con salsa di soia, quanto basta per appagare il tuo palato e se ti piace una grattugiatina fresca di zenzero sopra.




In questi giorni ho un po’ trascurato Miii che Fame e non ho ticchettato la terza puntata della Rubrica “Mangia s(tr)ano” ma da davvero pochissime ore posso accennare a compiere giusto qualche timido passetto. Non ho visto Koi per quattro giorni, perché d’accordo che ho ceduto ed entra nello studio e nel living attiguo alla cucina, ma alla zona notte non sono ancora arrivata e dubito fortemente che accadrà. Quando mi ha rivisto credevo si fosse, nel frattempo, trasformata in un canguro australiano perché le orecchie volanti hanno quasi sfiorato i led del controsoffitto. Una danza sinuosa atta a muovere tutto il posteriore, che manco i movimenti della danza del ventre potrebbero mai competere, eseguita con scrupolosa cura e incredibile professionalità. Credo di aver pianto diciotto minuti ininterrotti mugugnando frasi del tipo quantomiseimancatafigliamiaadorata. Perché la tragedia, a parte punture-medicine-dolori-tristezza nel dovermi fermare quando non potevo assolutamente, è stata francamente solo una: quella di non poterla vedere. E’ entrata, per nostra incuria, solo una volta nella zona notte Koi. E’ riuscita a fare in meno di quindici secondi uno sterminio perché in preda alla felicità di scoprire un nuovo luogo magico si è riuscita a ficcare in bocca di tutto: dalla macchinetta del caffè (chi è che non ce l’ha nella cabina armadio del resto?) a tutte le mie pantofole, alla console, ai comodini e pure credo un divano. Conoscendo la sua incontenibile iperattività nel dimostrare amore si temeva che potesse spaccarmi la colonna vertebrale, insomma.



Da un po’ di tempo sono una fan accanita dei vermicelli di riso. Fosse per me li spalmerei in faccia. Anzi a ben pensarci essendo benefici per il corpo devo provare se riescono a sconfiggere le occhiaie croniche. Forse avrei dovuto fare impacchi di vermicelli di riso nella zona sotto lombare, altro che Muscoril! Scaldano l’anima e il cuore, e con il tofu e la salsa di soia in questa preparazione semplicissima dalle mille varianti diventano un must assoluto di tutte le stagioni. Quelli di soia sono buoni, per carità, ma per me il riso ha quel quid vincente su tutto. Anche lessi e semplicemente serviti con scorza di limone mi piacciono. Mi piace arrolarli, appallottolarli e spiaccicarmeli con incuria in faccia. Sono divertenti. Saziano.  E fanno pure molto bene quindi?


Una tonnellata per questo week end dovrebbe bastarmi, grazie. Al massimo due.



Curiosità





La ciotolina e la preziosissima bottiglia con pregiato sake provengono dal Giappone




Le bacchette le ho acquistate da Tiger




Il “vaso” dei fiori è una bottiglia di salsa




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Published on November 15, 2014 03:12

November 14, 2014

Ultime Fermatempo da Instagram

Se ti fa piacere seguirmi su instagram mi trovi come Maghettastreghetta


http://instagram.com/maghettastreghetta/



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Published on November 14, 2014 23:00

La Cheesecake Moykeil: all’acqua di rose con pistacchi e datteri



Ingredienti:



300 grammi di biscotti secchi (speziati, meglio)
50 grammi di mandorle tritate
30 grammi di pistacchi tritati
150 grammi di burro

Ripieno:



250 grammi di mascarpone
200 grammi di formaggio fresco cremoso
400 grammi di latte condensato
80 grammi di zucchero
6 fogli di gelatina
160 ml di panna leggermente montata
80 ml di acqua di rose
qualche goccia di colorante alimentare rosa (facoltativo. Mi ricordava il  lokum)
30 semi di cardamomo

Unisci i biscotti sbriciolati (nel sacchetto o nel robot) insieme alle mandorle e ai pistacchi. Unisci il burro sciolto a bagnomaria o nel microonde (senza farlo cuocere). Ottenuta la base per la cheesecake sistemala sul fondo della teglia a cerniera facendo pressione con il dorso di una forchetta. Puoi decidere se fare solo la base o anche le pareti laterali. Lascia riposare in frigo mentre prepari il ripieno.


Schiaccia i semi di cardamomo infilandoli in un sacchetto e colpendoli o adoperando un mortaio. Togli le parti più esterne e dure e tieni da parte i semini neri riducendoli ancora con colpi ben assestati. Adopera eventualmente un colino per filtrare maggiormente.


Ammolla i fogli di gelatina in acqua ghiacciata. In una ciotola capiente lavora il mascarpone, il formaggio cremoso e il latte condensato aiutandoti con le fruste elettriche. Aggiungi lo zucchero fino a ottenere un composto cremoso e leggero. In un pentolino scalda il latte condensato con l’acqua di rose e aggiungi la polvere di cardamomo. Fai cuocere a fuoco dolcissimo fino a quando si è ridotto di poco più della metà e poi lascialo raffreddare. Strizza i fogli di gelatina e aggiungili al latte condensato speziato. Una volta sciolti gira per bene e incorpora tutto alla base di formaggio aggiungendo se ti va qualche goccia di colorante rosa. Versa il ripieno sulla base che hai tolto dal frigo e se vuoi abbonda ancora con un altro po’ di polvere di pistacchi. Fai riposare in frigo per almeno quattro ore prima di servire, meglio se tutta la notte. Per la decorazione adopera cosa preferisci. I datteri, le mandorle e i pistacchi sono perfetti ma largo sfogo alla fantasia.



Non ricordo che anno fosse ma so che Moykeil lo conosco dai tempi di Faccia da Gioconda. Non ve ne è più traccia sul web semplicemente perché il tutto era ospitato sulla piattaforma, ormai offline, di Splinder. Fortuna vuole che ne abbia conservato i file perché semmai dovessi avere la fortuna immensa di star seduta davanti a quel famigerato “camino con i nipoti intorno” questi click saranno tra i ricordi più importanti (e certamente divertenti e sognanti) della mia esistenza. Si trattava di sostituire il proprio facciotto con quello della gioconda. Da quel momento non ci sono mai state tantissime interazioni tra di noi, ma una costanza senza tempo: sempre. Come accade con i bimbi che conosci all’asilo. Non te li dimentichi più. Fai giochi più complessi con altri alle elementari, poi le prime cotte alle medie e scorribande al liceo ma quando ti fermi. Solo un attimo. Pensi a quei momenti vissuti all’asilo. Di cui ricordi ben poco, ma non puoi fare a meno di pensare che fossero i più veri, delicati e belli. Guardando le foto di Moykeil è lapalissiano che si tratti di un artista e in diverse forme eccelle in tutte (poi oggi per linkare i diversi profili scopro il suo curriculum e per poco mi piglia un infarto. Ma ritornando al punto “amico dell’asilo” posso pure continuare ad avere un’interazione con lui come ho sempre fatto: ovvero delirante e sconclusionata ).


Quest’estate ha raccontato la mia Sicilia attraverso una sequenza di scatti commoventi (che si possono vedere sul profilo Instagram). La magia arriva ancor più quando si ha la possibilità di vedergli fermare il tempo nelle sue terre, nei suoi colori e tradizioni. E’ lì che proprio rimani abbagliato come se ti stesse arrivando contromano a velocità non troppo moderata qualcosa. Niente di pericoloso, eh. Solo una stella cometa, che sa di sogno, addosso.



Non incontro mai nessuno. Faccio sempre fatica. Sono timida. Insicura. Blablablabla ma quest’estate quando si è progettato di vederci durante le ultime tappe del suo Tour siculo, sarò onesta, mi sono detta che no. All’amico dell’asilo non si può proprio negare un abbraccio anche perché, confesso, l’avevo sempre desiderato in cuor mio. Poi uno spiacevolissimo contrattempo purtroppo ha dovuto farlo rientrare a Roma e si è posticipata la carrambata. Ero già lì tutta armata di prodotti siculi per accoglierlo quanto meno degnamente in Trinacria. Dal suo percorso visivo di viaggio avevo già intuito che con il cibo stava andando piuttosto bene e che come tutti i forestieri temeva che il fegato scoppiasse felice in preda agli spasmi di arancini, pane e panelle, granite e tutto il repertorio leggerissimo della cucina siciliana. Ho ancora il pacchetto che dovevo dargli qui (perché sono la solita ritardataria). Ho ancora quell’abbraccio qui. Ma nel frattempo, giusto perché non voglio commettere l’errore di trascurare gli amici che poi si ricordano davanti a quel famoso caminetto, volevo dedicare questa cheesecake a Mohamed.


Perché quando ho aperto l’acqua di rose e i datteri mi è arrivata quella stella addosso. Mi è venuto in mente lui, un’immagine di un gatto bianco peloso arrotolato nel lavandino e di papà che mi compra il quaderno sacro di Bodrum (che è poi dove comincia tutto questo) mentre mi racconta dei suoi viaggi e di tutte le meraviglie che solo il Medio Oriente porta con sé. Papà seduto su un tappeto a bere tè. Papà e io tra i mercatini delle spezie.


Come nelle magie. Come nelle fiabe. Di due bimbi diversi lontani, ma forse non troppo, che guardano la stessa luna con uno spirito infantile sognando in grande e che alla fine riusciranno a mangiare insieme una fetta di torta. Ricca e abbondante con una cospicua manciata di datteri e pistacchi.  Senza sapere chi sono veramente. Ma in fondo, esattamente sì.


 La Torta Moykeil è servita. Su un tappeto volante.


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Published on November 14, 2014 05:44

November 13, 2014

Cheesecake Cannolo – Orgoglio siculo mode on




Per la base:



350 grammi di cialde di cannoli
100 grammi di burro (e sono già esagerati. Valutate bene al tatto perché ricordo che le cialde sono già belle che fritte, ecco. Aggiungete il burro pian pianino e regolatevi. L’impasto deve essere sì umido ma non esageratamente)
20 grammi di pistacchio tritato (anche un po’ di mandorle tostate leggermente salate ci starebbero bene)

Per il ripieno:



500 grammi di ricotta di pecora freschissima
300 ml di panna leggermente montata (con lo sbattitore elettrico. Non a neve mi raccomando. Giusto un minutino e più di giri di frusta)
3 uova piuttosto grandi
50 grammi di canditi
230 grammi di zucchero semolato bianco (per far sì che si senta proprio scricchiolare sotto i denti ma non è che a velo o di canna vadano male, anzi)
la scorza di un limone non trattato grattugiata per benino senza la parte bianca amara
una manciata generosa di gocce di cioccolato fondente se piacciono per una decorazione finale ancora più ricca (in questa versione ho messo solo i canditi)

Riduci in polvere le cialde di cannoli; sia con il mixer che chiusi in un sacchetto e colpiti da un mattarello poco importa. Fai fondere il burro nel microonde o nel pentolino senza raggiungere la cottura. Versa in un recipiente la polvere delle cialde e mischiala al burro fuso. Aggiungi i pistacchi ridotti in polvere. Metti il composto come base nella tortiera (22 centimetri sono perfetti anche per fare i laterali) imburrata e con il dorso del cucchiaio pressa per bene rendendo omogeneo tutto e risalendo lungo i bordi in modo che questa cheesecake risulti con le pareti laterali (coreografiche e pronte a raccogliere ancor meglio il delizioso ripieno).


Lavora la ricotta di pecora con lo zucchero aiutandoti con uno sbattitore elettrico fino a renderla crema. Aggiungi poi con l’aiuto di una spatola la panna semi montata con movimenti dall’alto verso il basso. Aggiungi le uova una alla volta fino a ottenere un composto liscio. Unisci infine i canditi e le gocce di cioccolato se vuoi (o conservale per dopo quando le metterai in superficie). Versa il ripieno sulla base e inforna a 170 già caldo per 55 minuti circa finché la cheesecake non si sia completamente solidificata. Quando la sforni non preoccuparti se all’apparenza risulta essere ancora molto molle. Deve necessariamente solidificare. Devi farla raffreddare completamente senza muoverla troppo e poi metterla in frigo almeno quattro ore prima di toglierla dalla teglia a cerniera.


Servila e gioisci.



Ho fatto outing  ma non è che ce ne fosse  un gran bisogno perché l’avrebbe intuito anche il meno scaltro di tutti i tempi:  la Cheesecake è la mia ultima perversione in fatto di preparazioni culinarie. Guardando le cialde dei cannoli (che non compro mai, inciso, ma che stazionavano in dispensa non ricordo neanche io bene perché) è stato automatico e spontaneo pensare che sarebbero stati una base perfetta per una siculcheesecake goduriosissima. Del resto giammai se ne potrebbe fare un altro uso e imbottirli è impensabile. Meglio ustionarsi tutto il pomeriggio e avere due cialde quasi perfette (si fa per dire) che adoperare quelle confezionate (mamma dice che non le ha prese lei ma chi altri?). Questa è la prima versione (cotta perché ne seguirà una anche “cruda”) ergo in fase di sperimentazione. Risultato molto apprezzato ma si può fare sicuramente di meglio. La severissima giuria l’ha decretata di una generosità imbarazzante. Mamma ne è rimasta sconvolta e non fa che ripetere (oltre al “ma a Natale il Casatiello lo facciamo vero? Mica bisogna aspettare Pasqua!): quando la rifai quella cosa al cannolo buonissima?


La cheesecake da oggi e per sempre sarà: “quella cosa”. Quante cose vi sto insegnando, eh?


(per scrivere queste quattro righe ci sono stata solo: nove ore. Sono ancora immobile a letto ma non demordo. E francamente si deve pur partire ufficialmente con il Natale, no? E che ci faccio con le millemila ricette preparate per novembre? Avevo fatto tante di “quelle cose”!) 


(una battuta degna di overdose da Muscoril. Addio. Non ce la farò)









Altre versioni?



Cheesecake al tofu e Mirtilli 
Cheesecake in formato barretta, cioccolatosissima
Cheesecake fredda allo yogurt e zenzero su base di biscotto speziato e mandorla con melagrana
Cheesecake al mango (videoricetta)
Cheesecake fredda al cioccolato in cocotte
Cheesecake fredda al cioccolato con granella di amaretti
Brownies Cheesecake (sì una cheesecake in formato brownies o viceversa)
Cheesecake di fragole in cocotte
Cheesecake al tè matcha
Cheesecake ai mirtilli gluten free
Cheesecake alla zucca
Cheesecake al forno classica con i Digestive
Cheesecake al cioccolato coulant
Kie Lime Pie cheèunacheesecakeva
Cheesecake al cocco (e i segreti per una Cheesecake perfetta)
Cheesecake al forno con le barrette al caramello
Cheesecake al cioccolato e zenzero
Cheesecake meringata al limone
Cheesecake strapiena di cioccolato
Cheesecake con Nutella e mandorle
Cheeesecake con i Bounty

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Published on November 13, 2014 08:30

November 11, 2014

Una Cheesecake al Limone o una Meringa? Ma facciamo tutte e due, va


 Per la base:



350 grammi di biscotti secchi
150 grammi di burro

Lemon cheese: 1 limone, 100 grammi di zucchero, 50 grammi di burro, 1 uovo, un pizzico di sale : grattugia la scorza di un limone non trattato biologico. Spremi il succo e filtralo. Mescola il burro a temperatura ambiente con lo zucchero e il sale. In un pentolino a bagnomaria fai andare il burro con lo zucchero, l’uovo, il succo di limone e il pizzico di sale fino a quando non ottieni una cremina. Aggiungi eventualmente un pizzico di maizena ma senza esagerare.


Per il ripieno:



300 grammi di formaggio cremoso
250 grammi di mascarpone
150 ml di panna
100 grammi di zucchero
la scorza di due limoni non trattati biologici
6 fogli di gelatina


Per la copertura di meringa:



150 grammi di albumi
3 albumi
4-5 cucchiai di acqua

Riduci in polvere i biscotti; sia con il mixer che chiusi in un sacchetto e colpiti da un mattarello poco importa. Fai fondere il burro nel microonde o nel pentolino senza raggiungere la cottura. Versa in un recipiente la polvere di biscotti e mischiala al burro fuso e 3-4 generosi cucchai di lemon curd- lemon cheese. Metti il composto come base nella tortiera imburrata e con il dorso del cucchiaio pressa per bene rendendo omogeneo tutto e risalendo lungo i bordi in modo che questa cheesecake risulti con le pareti laterali (coreografiche e pronte a raccogliere ancor meglio il delizioso ripieno)


Ammolla la gelatina nei fogli di acqua. Lavora il formaggio, il mascarpone, la panna e lo zucchero in un recipiente fino a ottenere un composto chiaro e cremoso e poi unisci la scorza. In un pentolino metti 50 ml di acqua e il succo di limone e lascia che arrivi a ebollizione. Togli la gelatina dall’acqua e strizzala e uniscila poi al succo di limone nel pentolino fin quando tutti i fogli  saranno ben sciolti. Lascia raffreddare il succo di limone e aggiungilo al composto di formaggio. lavoralo un altro po’ e poi versalo sulla base che hai conservato in frigo. Lascia riposare la torta tutta la notte  e poi procedi alla meringata.


Scalda lo zucchero e l’acqua per ottenere lo sciroppo. Fai sciogliere lo zucchero nell’acqua e aspetta che raggiunga l’ebollizione. Monta a neve fermissima gli albumi e versa lo zucchero sciolto ancora caldo sempre continuando a montare e facendo attenzione agli schizzi ( come in tutte le preparazioni classiche delle meringhe  e dei macaron per capirci). Una volta raggiunto un composto setoso liscio e bianchissimo (lavora il tutto almeno 12-15 minuti) metti la crema in una sacca da pasticciere e forma dei ciuffetti piuttosto alti. Se possiedi il cannello ancora meglio altrimenti per qualche minuto adopera il grill (a 250-275)  del forno per fare dorare la superficie (30- 45 secondi massimo. Guardala! Quando si sta leggermente dorando tirala fuori immediatamente). Conserva per altre cinque sei ore prima di servire.



Sono stata tre giorni assente la settimana scorsa, ma sul web pesano come fossero settimane (per voi è stata una liberazione, lo ben so).Uno dei tanti motivi l’ho reso pubblico sulla mia pagina facebook (qui) in un momento che definirlo instabile dal punto di vista emotivo è poco. Dopo l’invio, non mi vergogno a dirlo, me ne sono pentita amaramente. Sensazione passata appena qualche secondo dopo  la vostra valanga di abbracci, solidarietà, incoraggiamenti è arrivata. Non mi sono del tutto ripresa, complice anche un incredibile colpo della strega che mi ha fatto trascorrere un lungo week end con le sembianze di Igor . Gobba? Quale Gobba? Strafatta di efferalgan, incerottata e urlante ho pero’ avuto modo di fermarmi forzatamente (quando nessuno mi guardava tentavo di far foto, aggirarandomi di soppiatto ma puntualmente venivo intercettata. Credo proprio che Koi sia una spia e che comunichi attraverso microfoni nascosti con il Nippo e la mamma monitorando ogni mia mossa. Mossa per altro a rallentatore accompagnata da urletti e lamenti).


Queste quarantotto ore di nullafacenza hanno fatto sì che potessi ciarlare allegramente con la mia Cri , organizzando un Natale scoppiettante e ricco di sorprese incredibili. La nostra Bibi, infatti, ha intenzione di far esplodere il web con tantissime mirabolanti novità ; mi ha altresì coinvolto in diversi progetti culinari che francamente non vedo l’ora di eseguire. Fossi anche piegata come la Strega di Biancaneve, nella casa allagata in orario extra ufficio (ergo la notte).





Di questa cheesecake meringata ho impresso ancora lo sguardo di chi l’ha mangiata; bene o male lo stesso. Si può riassumere sinteticamente in: occhi fuori dalle orbite. E’ piaciuta moltissimo per la freschezza e per quel contrasto acre e zuccheroso del limone e della meringa. Essendo scenografica nonostante la facilità dell’esecuzione e della composizione stessa, si presta a diventare  protagonista della tavola. Anche in particolar modo in quelle festive che ci accingiamo ad allestire.


Chiunque la preparerà deve tenersi ben pronto a ricevere una bella scorpacciata di complimenti (bramo una vesione con pupazzetti di neve sopra le nuvole di meringa).


Non mi ero mai appassionata così tanto alle cheesecake come ho avuto opportunità di sottolineare qualche giorno fa. Le ho nettamente rivalutate anche dal punto di vista estetico, che diciamocelo prima trovavo uhm. Un po’. Un po’ cheap, anche se non mi sovviene davvero il termine adatto. Ce ne sono diversi ma non tutti opportuni. Dovrei coniarlo. Lo metto in agenda.


Come se fosse un dolce veloce che fanno quelli che non sanno fare dolci . Come se fosse un finto dolce che volesse apparire di grande fattura. Come se fosse lo scimmiottamento di un’elaborazione. Come se. Devo coniarlo, lo prometto. Un abbaglio colossale, alla fine. E non sono una che in questi contesti cambia facilmente idea, per altro. E’ diventata una smania, adesso, la mia quella di voler provare qualsiasi variazione. Mi sono ritrovata a prendere appunti come una novella Dottor Frenkenstein delle creature ibride (e pericolose immagino) di  cheesecake plasmate a tiramisù e panna. Di Cheesecake in matrimonio con brownies marmorizzati. E di molto altro. Sarà che l’efferlgam 500 mg provochi allucinazioni?


E della Cheesecake tiramisù con una sorta di croque en bouche di macaron sopra posso parlarne?  Ho uno schizzo psicotico che è apparso sul mio quaderno di appunti mentre guardavo Uomini e Donne . Il trono over mi da sempre molta ispirazioni. Capita già da un po’ di tempo  che disegni torte. Immaginandomi pianeti di zucchero. E che poi mi metta in testa di trasformarli davvero sul piano da cucina.



Non essendo esperta di dolci. Non avendo competenza nel campo ed essendo francamente una che pasticcia alla meno peggio la vedo dura;  considerando poi che la Pasticceria sia la matematica della cucina ed io stia alla matematica come Uomini e Donne alla Cultura. Beh.


Ma l’importante è crederci. Volerlo. Quantomeno provarci. Perché alla fine provarci è anche un po’ riuscirci no?


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Published on November 11, 2014 03:12

November 10, 2014

Mangiar S(tr)ano: I Grassi. Gli olii, i semi e i condimenti. E cenni sulla frutta secca


E dopo il primo puntatone sui maledetti Carboidrati, ovvero Cereali e Leguminose (che se ti sei perso puoi leggere cliccando qui): gli stamaledettissimi grassi odiosi e odiati! (devo calmarmi perché se parto così alla fine mi viene un bell’infarto)


Il termine olio si riferisce comunemente/unicamente all’olio di oliva, ovvero al ricavato dalla spremitura dei frutti dell’olivo mentre poi questo termine è stato esteso a tutti i tipi di grasso che si trovano allo stato liquido come anche olio di mais, olio di semi, olio di girasoli eccetera (un po’ come il latte? sì). L’olio vegetale è un grasso ricavato principalmente da noci e semi oleosi da parti di una pianta, come sommità fiorite, fiori, fogli frutti, radici e rizomi (fonte wikipedia). Gli olii hanno diversi impieghi e trattamenti soprattutto per renderli adatti all’alimentazione umana. Giusto per un’infarinata generale senza addentrarci nei meandri degli infinite trasformazioni chimiche/idrogenizzazioni/lavorazioni bisogna sapere innanzitutto che:



I grassi di origine vegetale sono alimenti fondamentalo per fornire energia, regolare la funzione ormonale e consentire l’utilizzo e l’assimilazione di alcune vitamine.



Sull’olio (soprattutto di oliva) se ne dicono di ogni. Alzo le mani e faccio immediatamenta outing dicendo che io sono la cretina che non ne fa uso da cinque anni (SBAGLIANDO). Retaggio della dieta di cui ho parlato sin troppo e del fatto che il primo dottore che mi ha seguito aveva totalmente eliminato dalla mia dieta: carboidrati di ogni tipo, olio di oliva e sale (non siamo qui per giudicare la poca professionalità e andiamo avanti. Rimane comunque una “mia colpa” perché pur soffrendo di un disturbo alimentare e riconoscendo lo spazio ho continuato -e continuo- per/da anni ad avere quest’ossessione sulla quale adesso sto molto lavorando). La prima leggenda metropolitana che aleggia è che:



l’olio di oliva a crudo fa dimagrire
l’olio di oliva in cottura fa ingrassare

(dove me la sbatto la testa? Spiego questa cosa almeno tre volte a settimane all’irriducibile Nandina che continua imperterrita a farne un uso spropositato credendo che a crudo possa berne tre litri al dì)



Premesso nuovamente che nessun elemento “è capace di far dimagrire” (ma è lo sport, le sane abitudine e tutto il resto che ormai a memoria snoccioliamo come una nenia, un po’ tutti), l’olio a crudo è meglio in quanto i grassi vegetali sono molecole instabili che degenerano con l’aumento della temperatura. Questo cosa significa? Prima di tutto che MAI bisogna aggiungere l’olio crudo durante una cottura. Capita, soprattutto con le melanzane che è la prima cosa che mi viene in mente in quanto ne trattengono durante la frittura una quantità spropositata, che finendo l’olio durante la cottura venga nuovamente aggiunto in modo incurante. Gesto sbagliatissimo. L’olio “dovrebbe” (sottolineato) mantenere una temperatura costante durante la cottura e non essere alterato ulteriormente. Superato il punto di fumo si produce nell’olio, quindi anche nel cibo che lo contiene/che sta cuocendo, una sostanza altamente tossica che in primo luogo colpisce l’organo più sensibile e strettamente correlato all’alimentazione: il fegato. In stretta correlazione alla temperatura c’è quindi la possibilità di scegliere anche olii con spremitura a freddo che hanno senso di esistere anche e soprattutto per servire da condimento come olio a crudo giustappunto e non per cottura.


Friggere in olio di oliva è un altro dei punti cardine che si dibattono insieme al condimento a crudo. Perché?


I grassi a temperature elevate subiscono fenomeni di ossidazioni accelerati e in stretta correlazione a quanto ticchettato prima risulta “pericoloso” con l’andar del tempo e l’assunzione giornaliera. L’olio extravergine d’oliva reagisce, al contrario degli altri olii, in modo molto più stabile perché in principal modo ricco di sostanze antiossidanti. I fattori:


livello della temperatura – superficie esposta all’aria – durata del tempo di cottura


sono fondamentali (la superficie esposta all’aria è importante per via della superficie in aumento tra l’olio e l’ossigeno atmosferico in una serie di concatenamenti chimici che santocielo chiamatemi il mio professore di liceo adesso!). E’ interessante sapere come ogni olio abbia proprio uno specifico livello di tolleranza alle diverse temperature (che sono poi quelli definiti: punti di fumo). Ci sta venendo l’immagine di quei vasconi da McDonald con tantissimo olio (di dubbia provenienza) di color bruciaticcio? Bene. Terrorizziamoci pure tutti insieme.


Le fritture prolungate e ad alte temperature formano l’acrilammide che è un composto con altissimo effetto carcinogenico (ricerche eseguite su animali) presumibilmente pure per l’essere umano.


Punto di fumo dell’olio extra vergine d’oliva: 210 gradi circa, che è appunto un punto di fumo elevato “perfetto” per eventuali (e saltuarie) fritture. Usare l’olio extra vergine in cottura quindi significa far minor danni possibili alla propria salute.




Punto di fumo dell’olio di girasole: 130 gradi
Punto di fumo dell’olio di soia: 130 gradi
Punto di fumo dell’olio di arachide: 180 gradi
Punto di fumo dell’olio di mais: 160 gradi
Punto di fumo dell’olio di cocco: poco meno di 180 gradi
Punto di fumo dell’olio di palma (su questo poi facciamo un tragico capitolo a parte): 240 gradi
Burro e strutto: 260 gradi

Ma se mi voglio friggere una bella melanzana per farmi la parmigiana che devo fare? Sono candidato all’esplosione del fegato? No. Ma ogni giorno la parmigiana non va bene e poi:



Mai superare i 180 gradi per far sì che siano difficili le alterazioni e quindi le conseguenze. Avere una friggitrice con termostato sarebbe cosa buona e giusta per questi peccati di gola consentiti ma con parsimonia; altrimenti munirsi di un bel termometro da cucina che male non fa.
Assorbire sempre l’olio in eccesso poggiando l’alimento ancora ben caldo e appena tolto dal fuoco su carta assorbente cercando di tamponare quanto più possibile.
Non salare in cottura ma solo dopo aver tolto l’alimento dal fuoco perché l’operazione “ci butto un pochino di sale mentre sfrigola” accelera solo i processi di alterazione intervenendo nell’acqua contenuta all’interno dell’alimento stesso.
Non adoperare per più di una volta l’olio e conservarlo al buio perché la luce ne altera le proprietà.

Il vino invecchia e l’olio no. Conservatelo bene. Al buio e rigorosamente nella latta o nel vetro. Evitare la bottiglia di plastica è cosa buona e giusta.


Olio extra vergine di oliva



Olio di Oliva vergine, per l’estrazione è ammesso il calore ma la temperatura non deve causare alterazioni all’olio stesso e quindi non superare i 27 gradi. Se è un prodotto derivato da spremiture a freddo tanto meglio perché sono i migliori indiscutibilmente. Per conferire la denominazione “extra vergine” si devono superare diversi strettissimi parametri. L’olio extra vergine d’oliva, se adoperato nelle quantità normali che possono equivalere a circa due cucchiai di olio al giorno nel caso di dieta di mantenimento, rimane indiscutibilmente il miglior prodotto per condimento a freddo, in cottura e frittura. Olio migliore non esiste.

Di olio vergine, senza extra, ultimamente se ne vedono poco in giro e non si sa se la cosa sia inquietante perché ormai sono tutti extra (uhm) o perché il bombardamento mediatico-web abbia inculcato a tal punto da farlo scomparire (doppio uhm). In realtà l’olio semplicemente vergine è un olio ottenuto dalle olive mediante processo meccanico e quindi nessuna paranoia sulla temperatura dei 27 gradi e nessuna spremitura a freddo. Un’azione meccanica e basta.



Olio di sansa di oliva – un surrogato dell’olio di oliva da eliminare sotto ogni fronte.
Olio di girasole – per via della ricchezza di acido linoelico viene reputato ideale per essere aggiunto a crudo sulle pietanze mentre invece sconsigliato per la frittura in quanto facilmente alterabile in temperatura.
Olio di mais – adoperato con parsimonia è perfetto  a crudo, ricco di vitamina E.
Olio di arachide – definito simile all’olio di oliva, è abbastanza stabile alle alte temperature e viene reputato adatto per le fritture.
Olio di colza – contiene l’acido erucico, dannoso per l’organismo.
Olio di soia – ricco di acidi grassi polinsaturi, adatto per condire e cucinare, ma non indicato per friggere. Farò un capitolo a parte.
Olio di cocco (posso dire che per me rimane perfetto soltanto per struccarmi e per farmi impacchi ai capelli o qualcuno mi arresta?). Inferiore all’olio extra vergine di oliva (chiaramente) e a quelli di mais, girasole e arachidi, non è (come dei tutti d’altronde) un olio pericoloso se usato con parsimonia ma preferibilmente da non utilizzare in cottura.
Olio di palma – paragonabile come proprietà all’olio di cocco, è da un po’ di tempo messo sotto inchiesta (per questo dicevo che forse è meglio fare proprio un capitolo a parte). E’ sicuramente l’olio più economico e per questo di larghissimo utilizzo soprattutto nei prodotti industriali e di largo consumo (ahimè). Basta dare un’occhiata a quell’inquietante etichetta “olio vegetale” senza specifica (mai prendere un prodotto di tal tipo. E’ bene farsela alla larga perché è un po’ come scrivere “carne di animale”. E che animale? lontra? pinguino o ornitorinco?). E’ pieno di grassi saturi e, argomento a parte: non ecologico in quanto per la sua produzione vi sono ingenti costi ambientali.
Olio di semi di lino – ricco di omega3 e omega6, è un eccellente integratore alimentare.
Olio di sesamo – ricco di acido oleico e acido linoleico, oltre a sali minerali e vitamine.
Olio di vinaccioli – si deteriora molto in cottura e sviluppa un acido pericolosissimo per il fegato che va a colpire anche arterie e sistema nervoso.
Olio di germe di grano – perfetto se usato con parsimonia e a crudo.

Riassumendo: Ma l’olio fa bene o NOOOOOOOOOOO?



Sì. In moderate quantità e sempre di qualità eccelsa. Preferite sempre l’olio extra vergine di oliva. Concedetevi delle fritture una tantum quando siete certi di chi frigge (se non siete voi) e con quali prodotti. Conservate l’olio in maniera adeguata. E se proprio le patatine del McDonald vi fanno gola (o come si dice nel catanese: il cuore vi fa nicchi nicchi; su questo farò un puntatone a parte perché adoro spiegare poesie linguistiche di tal tipo) prendetene giusto un po’ una volta ogni dieci anni e non dovrebbero far male (facciamo venti e non se ne parla più?).


Ma gli altri condimenti che si possono adoperare?


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Una piccolissima infarinatura (o meglio oliata? Ok la smetto) sull’olio e le diverse tipologie ora ce l’abbiamo e più confuse che mai possiamo proseguire adesso con un argomento che mi tocca più da vicino rispetto al precedente, perché se ci fosse una malattia dichiarata dalla medicina generale con questa sintomatologia io ne soffrirei gravemente:


individuo paranoico convintosi di non doversi nutrire di alcun tipo di olio e che ha deliberatamente scelto di fare, una tantum in periodi di psicopatia conclamata, abuso di semi oleosi quali lino-girasole-zucca-sesamo tramite scorpacciate copiose rendendoli anche e solo esclusivamente proprio pasto o cena.


Mi piacciono i semi. Ne farei abuso (e l’ho fatto con conseguenze catastrofiche che i più sagaci potranno intuire senza che neanche accenni a imbarazzanti argomenti) e mangerei pranzo-cena-pranzo-cena solo quelli. Dentro una ciotolina capiente con succo di limone e sale. A cucchiaiate. A grandi cucchiaiate (ah ecco che rispunta il mio inesistente equilibrio!).


I semi fanno bene tanto quanto tre noci e tre mandorle al mattino (intendo chili? purtroppo no) e sono fidi alleati per insalate e per renderci sazie, in salute e diciamocelo senza tanto girarci intorno: felici. Piccoli scrigni di vitamine e sostanze nutritive, posseggono ahimè un valore energetico altissimo e in pochi grammi contengono sostanze che solitamente scarseggiano nell’alimentazione vegana. Mesi fa ero già venuta allo scoperto chiacchierando (e blaterando soprattutto) circa i semi di Chia (che trovi qui ma se metti nel campo ricerca: semi di chia, vien fuori altro e ancora molto altro) ma oggi vorrei proprio dichiarare pubblicamente questa mia psicopatia da semi. Al NaturaSì o in qualsiasi negozio fisico-online che io bazzichi non resisto e riempio il carrello di una quantità vergognosa di semi. Mi rendo conto che i prezzi sono altissimi quasiallimitedelvergognoso e che molte marche bio esagerano parecchio (si può risparmiare online, però) ma è un investimento per la propria salute e futuro.


“Grazie” anche al larghissimo consumo (moda) di sushi uno dei semi dalle proprietà più importanti è tornato alla ribalta, ovvero i semi di sesamo (che a Catania si dice: ciciulena. Non è un nome adorabile? Mi dia due panini con la ciciulena!). Fosse per me il sesamo lo metterei pure sull’anguria. Ah no. Ce lo metto. Vediamo giusto qualche semino dalle infinite proprietà che non deve assolutamente mancare nella nostra alimentazione? Bene.



(le foto dei semi vengono dal mio-nostro Account Miiichefame dove siamo ormai un’allegra comunità di psicopatiche adepte dei semi)


Ci sono classi di vitamine e proteine fondamentali nei semi oleosi per chi segue una dieta vegetariana, ancor più vegana. I semi oleosi sono una valida alternativa a molti integratori di cui si fa spesso abuso (io non riesco a fare più un’insalata senza semi, che diventa piatto unico a patto di bilanciare bene tutti gli alimenti).



Semi di sesamo: sono una fonte di energia incredibile (io stessa dopo qualche cucchiaiata sono pronta per partire verso il Kilimangiaro o più semplicemente per affrontare Koi, che richiede bene o male lo stesso sforzo, forse ancor di più). Magnesio, ferro, fosforo e calcio in grandissima quantità per la “piccolezza” del semino, se vogliamo. Posseggono vitamine del gruppo B e sono perfetti per la prevenzione dell’osteoporosi. I semi di sesamo sono spesso qualificati come veri e propri sostituti dei latticini e possiedono proprietà che rinforzano il sistema immunitario. Ovviamente gli orientali arrivano sempre ben prima di noi. Guarda un po’ fino al secolo scorso non facevano uso di latticini (mentre adesso la larga distribuzione ha annientato per certi versi la loro millenaria intolleranza a questi) e per di più condiscono da sempre con il buonissimo gomasio ovvero una miscela di semi di sesamo tostati e sale pari a 10-20 parti di sesamo e una-due parti di sale. Il gomasio è un condimento che dopo averlo provato per la prima volta, anche arricchito da erbe aromatiche o alghe, difficilmente si può dimenticare. E’ amore a primo assaggio e per sempre. Il Tahin, sotto forma di crema o pasta, è molto adoperato nella cucina orientale ma anche vegana e macrobiotica, perfetto per essere spalmato sul pane al posto del burro e per comporre tartine, dessert, creme e delizie culinarie sane e senza grassi nocivi. Semi di sesamo tutta la vita! (a me piace da impazzire soprattutto quello nero. Una vera perversione che mi porta a controllare la dispensa sempre. Se non c’è il sesamo nero che mi fa impazzire con avocado e lime in insalata sono capace di arrivare a piangere. E pure battere i piedini. Sono senza decoro, lo so).
Semi di canapa (li adoro!): non sono generalmente elencati nei semi oleosi ma si deve fare per forza un appunto. Sono elementi proteici e contengono aminoacidi essenziali per la sintesi delle proteine. Dall’elevato apporto proteico, rafforzano il sistema immunitario e sono strapieni di acido linoleico e alfalinoleico, quindi perfetti per il funzionamento dei muscoli e per la regolazione delle attività metaboliche. Possiedono in larga misura diverse vitamine e soprattutto la E che svolge un’azione antiossidante. Sono perfetti contro il colesterolo e per curare asma, sinusiti, tracheiti e pure artrosi. Una manna dal cielo insomma! Oltre a essere perfetti, come tutti gli altri semi, per condire insalate ma anche cereali-muesli da insalata e yogurt sia di derivato animale che non, i semi di canapa sono perfetti per la preparazione del pane e dei grissini. Quindi da utilizzare sia cotti che crudi e anche all’interno del seitan cui danno un gusto davvero prezioso come anche al tofu.
Semi di zucca: (la calia a Catania! Ne mangio da quando sono bimba e mi piace pure la buccia. Ok la smetto). Ricchi di minerali, zinco, selenio e vitamina E, sono unici nel loro genere (oltre a essere buoni da impazzire sia nelle insalate che nella preparazione del pane). I semi di zucca sono anche “medicali” perfetti per l’ingrossamento della prostata e per combattere disturbi femminili legati sempre all’apparato riproduttivo come infiammazioni e cistiti. I semi di zucca tostati sono talmente buoni che le patatine e gli snack industriali diventeranno un triste ricordo. Al cinema provate ad andare con un bel sacchetto di semi di zucca. Altro che schifezze e pop corn di dubbia provenienza! (sì mi calmo e non faccio uscire la parte più antipatica di me, uff)
Semi di lino: perfetti per chi soffre di stitichezza in quanto altamente oleosi, emollienti e protettivi per tutto l’apparato digerente. Preziosi portatori di acidi grassi e omega 3 e 6, i semi di lino sono davvero, come dicevo, degli scrigni pieni di tesori di salute. I semi di lino, così come l’olio, sono tra le più importanti fonti vegetali di omega 3. A differenza però dell’olio, i semi si conservano meglio e se triturati e ridotti in polvere diventano fidi alleati anche nelle preparazioni raw (e qua pure un altro bel capitolo a parte dove chiederemo consulenza a Ombretta). A me piacciono tantissimo in mix con i semi di chia che vendono già in un bel pacchettino in tutti i negozi biologici che riporta proprio la scritta: omega 3 ricchissimi.
Semi di chia: giusto per non ripetersi clicca qui che c’è proprio un capitolo a parte qualora ti interessasse.
Semi di papavero (non oleoso): Ne ho parlato diversi anni fa qui e sempre a questo link si trovano pure due-tre ricettine interessanti. Dall’alto contenuto di calcio e vitamina E, sono proprio un calmante naturale per il sistema nervoso. E infatti già dal titolo del mio vecchio post se ne capisce il motivo. Arricchiscono prodotti da forno ma non solo quelli perché i semi di papavero sono perfetti soprattutto per insaporire anche piatti di pesce. Un condimento salutare e ricco di grassi sani e proteine. E’ dimostrato che oltre a rilassare il sistema nervoso combattono lo stress quindi un bel cucchiaione abbondante di semi di papavero dove piace di più, essendo tra l’altro anche molto buoni al gusto, male non fa. Tutt’altro.
Pinoli: semi del pino contenuti nella pigna e fra tutti i frutti i più oleosi e ricchi di proteine pari al 31 per cento. Cinquanta per cento di grassi ma poco calorico rispetto a quello che si potrebbe pensare, anche questo seme è ricco di vitamine e minerali e tonifica il sistema nervoso.
Pistacchi: (il frutto è una drupa con un endocarpo ovale a guscio sottile e duro contenente il seme chiamato comunemente pistacchio) frutto del pistacchio, pianta originaria della siria e della Mesopotomia. Il pistacchio in sé non è salato. Ora lo so che sto dicendo un’ovvietà ma a quanto pare non è per tutti così. Chi si trova davanti al pistacchio originale di Bronte mi guarda e mi dice “ma è un pistacchio questo?”. In molti sono appassionati di questi prodotti “da banco” ma gustandoli al naturale ci si rende conto di quanto davvero siano buoni e quanto poi facciano bene alla salute, a patto che vengano ingeriti in quantità ridotte in quanto pieni di grassi. Buoni sì ma pur sempre grassi. Si aggirano intorno alle seicento calorie per cento grammi; che non è un dettaglio trascurabile quando si ha una busta di plastica piena da far fuori dal peso di due chili, ecco (la prima io *disse fischiettando).
Semi di girasole: (tra i miei preferiti) sono quelli (evvivailcielo!) con il più basso contenuto calorico ma hanno una serie di proteine, grassi e carboidrati da far impallidire qualsiasi altro seme. Esistono in diverse varietà e sono tutte incredibilmente buone. Per fare il pane, per condire l’insalata e pure da sgranocchiare così (anche col sale sì) sono perfetti e bilanciati per una dieta corretta e per chi si ama! Prendetene a pacchi e fateli fuori, santocielo! Potenti antistress e amici del cuore, sono alla base della dieta vegetariana e soprattutto vegana.

Ocio (avevo sempre sognato di dirlo!) però alle calorie perché d’accordo che i semi fanno bene e blablabla ma hanno un altissimo contenuto calorico (dovrei ricordarmene anche io quando apro la bocca e mi infilo un pacchetto da 300 grammi tutto in un colpo manco fosse uno sciottino (come si scrive sciottino? mi piace così, ho deciso) di tequila bumbum (sempre scritto così).


Qualche esempio?


Indicativamente sempre per cento grammi



Semi di Zucca: 510 Kcal
Semi di Girasole: 560 Kcal
Semi di Sesamo: 570 Kcal

E comunque è sempre un bene avere a portata di mano la Bibbia online delle Calorie che trovi cliccando qui.


E qui ora comincia il calvario: La confusione tra Semi e Frutta Secca (ci sono stata anni ma ora ho capito. Non è vero! Non ho capito nienteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee).



La Frutta secca: frutti che attraverso un processo di essiccazione naturale, e quindi al sole o con speciali essiccatori, vengono privati della maggior parte dell’acqua. L’espressione “frutta secca” fa intendere comunemente che si tratti di noci, mandorle etc (wikipedia-fonte) ma in realtà non sono frutti ma semi.


Nocciola (la nocciola è il frutto del nocciolo) – noi mangiamo il frutto
Noce (è il seme della noce. Tutto insieme è una drupa, quindi un frutto. Noi mangiamo l’interno quindi il seme. Un po’ come il pistacchio)
Mandorla (la mandorla è il seme commestibile del mandorlo)
Anacardi (è una parte del frutto e non propriamente un seme)
Arachidi (seme contenuto in un baccello indeiscente, cioè che non si apre)

Ok non ce la posso fare.


Sono quei tipi di frutti che, attraverso un processo di essiccazione naturale (al sole) o con speciali essiccatori, vengono privati della maggior parte dell’acqua. Tuttavia con l’espressione “frutta secca” si intendono comunemente noci, mandorle, ecc., che in realtà non sono frutti ma semi. Numerosi frutti e semi si prestano a essere preparati sotto forma di frutta secca, il che permette loro di essere conservati ben al di là del normale periodo di conservazione. Questo procedimento può riguardare frutti sia interi, sia tagliati a pezzi, a cubetti o anche macinati.





Da Wikipedia alla voce Frutta Secca: 




Albicocca secca (Prunus armeniaca)
Anacardio (Anacardium sp.), senza guscio, salato, tostato
Ananas secco (Ananas comosus)
Arachidi (Arachis hypogaea), con guscio, intera, tostata
Banana secca
Castagna pelata secca
Ciliegia secca
Dattero secco
Fico secco
Kiwi secco
Mandorla (Prunus dulcis), con e senza guscio
Mango secco
Mela secca
Melone secco
Mirtillo secco (Vaccinium vv.), nero e rosso
Nocciola (Corylus avellana), con e senza guscio
Noce (Juglans), con e senza guscio
Noce del Brasile (Bertholletia excelsa) con e senza guscio
Noce di cocco (Cocos nucifera), con e senza guscio
Noce macadamia (Macadamia integrifolia), con e senza guscio
Noce pecan (Carya illinoinensis), con e senza guscio
Papaya secca
Pera secca
Pesca secca (Prunus persica)
Pinolo (Pinaceae)
Pistacchio (Pistacia vera), tostato e salato con guscio
Prugna secca
Scorze di agrumi secchi (Citrus vv.)
Uva secca
Zenzero secco

 


Siamo confusi abbastanza? Certamente sì. Con la storia del frutto-seme sono già andata in coma neuronale. Le alternative ai condimenti “classici” e “comuni” direi di accantonarli per un prossimo puntatone di approfondimento e supporto a questo perché sto ancora vaneggiando su semi-frutto-differenze-canapa-strobilo e. Mi serve un (litro di) caffè. Con dentro quattro cucchiai di semi di papavero che lava via lo stress (quattro cucchiai di trecento grammi cadauno per cominciare).


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Published on November 10, 2014 03:12

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Iaia Guardo
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