Alessio Brugnoli's Blog, page 201
May 15, 2017
Cross the Streets
Come molti ricordano, ogni volta che mi impegno in qualche progetto di street art, salta fuori intellettualoide o presunto grande artista locale, che comincia a brontolare, alzando il ditino e obiettando, con fare simile al dottor Balanzone, sul fatto i murales poco hanno a che fare con il Centro Storico, in generale, e con l’Esquilino, in particolare.
E ogni volta mi metto le mani nei capelli, dinanzi alla loro abissale ignoranza: mi tocca sempre ricordare loro come uno dei primi esperimenti di riqualificazione urbana tramite street art al mondo fu realizzato a Tor di Nona
[image error]
Oppure come il murale di Mauro Sgarbi, non fosse il primo progetto per decorare la facciata dell’ex Caserma Sani e come in passato, la street art fosse presente nel Nuovo Mercato Esquilino…
[image error]
O che a Roma, oltre ai lavori di Keith Haring, tra le prime vittime dell’ideologia del decoro che vorrebbe desertificare il Centro Storico, per renderlo un resort per radical Chic, vi fu la prima mostra mondiale dedicata al graffitismo. O il fatto che l’Urbe una delle capitali del writing internazionale. In nessun’altra città al mondo, infatti, le metropolitane e i treni del sistema ferroviario urbano sono stati dipinti con la stessa continuità – quasi trent’anni – della Città Eterna.
Tutto fiato sprecato… Per cui, più che perdere tempo con chi non vuol sentire, consiglio loro di farsi una passeggiata al Macro, per visitare la mostra Cross the Streets, per chiarirsi le idee sul tema.
Mostra ben fatta, ma con qualche limite, ma si sa, io sono un brontolone: da una parte, allontanando la street art dal muro, inteso come dimensione politica della comunità di cui essa è espressione e con cui dialoga, si rischia di ridurla a pura decorazione.
Al contempo, concentrandosi sul writing, si è messo in ombra l’esperienza di quelle fucine di sperimentazione che sono i Centri Sociali, in cui la Street Art, da contestazione del Sistema, si è trasformata in strumento per riscriverlo in una dimensione umana e partecipata.
Esperienza tra l’altro ben raccontata nel libro LA STREET ART ROMANA ATTRAVERSO I CENTRI DI AGGREGAZIONE SOCIALI di Valentino Bonacquisti, pubblicato da Edizioni Il Galeone
P.S. Piccola nota a margine: a giugno, con Mauro Sgarbi, si riprende il progetto di riqualificazione di Via Giolitti… A breve news..
May 14, 2017
Oltre il Futuro
[image error]
Ieri sera, vado in una libreria, per fare relatore alla presentazione del fumetto di Mauro Sgarbi Lee Sergic e la genesi contesa. Mi siedo, mi guardo intorno e mi rendo conto tutti i presenti conoscono vita, morte e miracoli dell’autore.
Nel retrocranio una vocina mi suggerisce che fare le solite, banali domande, chi sei, che fai, perché hai disegnato questo, più che inutile, è ridicolo… Così, più per gioco, che per altro, partendo dal nostro rapporto con i fumetti, cominciamo a saltare di palo in frasca… A fine chiacchierata, perché è stata questo, più che una presentazione, ispirati dall’esperienza di Gullermo Luna, abbiamo cominciato a (s)ragionare sulle potenziali applicazioni della realtà aumentata al fumetto e alla street art.
Entrambi questi media hanno una semantica ben definita, legata, nel caso del fumetto, alla possibilità di sintetizzare in un unico colpo d’occhio la sequenzialità di un blocco narrativo, e nella street art, nel congelare provvisoriamento nel Tempo e nello Spazio l’immaginario dell’artista, rendendolo un palinsesto per l’azione degli agenti atmosferici e le interpolazioni altrui: aggiungere un metatesto visivo, che ne rompe i confini che ne definiscono l’identità, li rende un qualcosa di diverso..
Un nuovo linguaggio, che sta muovendo i primi passi, di cui però è difficile immaginare esiti e potenzialità, perché esula i nostri bias cognitivi…
Io e Mauro possiamo immaginare un Esquilino pieno di graffiti e murales interattivi, alla Blade Runner, ma più di così, non possiamo fare: saranno i nativi digitali a comprendere e sviluppare in pieno le potenzialità del nuovo media…
Perché ogni generazione ha il suo compito: il nostro è stato di costruire un ponte tra passato e futuro e di seminare… Altri raccoglieranno…
La label K_Noir in diretta sul gruppo Facebook del Club G.Ho.S.T.
Lunedì sera alle 21.00 andrà in onda sul gruppo FaceBookHorror GHoST, del glorioso e sempre in prima linea Club G.Ho.S.T. dell’inossidabile Massimo Ferrara, una diretta per la presentazione della linea editoriale della collana K_Noir di KippleOfficinaLibraria. Saranno presenti per la redazione Kipple Ksenja Laginja e Sandro Battisti: non mancate!
May 13, 2017
Piccolo è bello
Quando noi pensiamo alle esplorazioni spaziali, molto spesso, a causa dei romanzi e dei film di fantascienza, siamo abituati a pensare che questa avverrà tramite enormi astronavi, in cui generazioni e generazioni di coloni vagheranno nel cosmo, alla ricerca di pianeti abitabili.
In realtà, vi è un ipotesi alternativa, basata sul principio del piccolo è bello, ossia nel mandare in giro nel cosmo tanti nanobot… Ipotesi non tanto peregrina, per i seguenti motivi:
Le nanomacchine sono molto più semplici ed economiche da costruire di una grande astronave. Tramite loro è possibile implementare una strategia analoga a quella riproduttiva dei pesci: se ne possono in giro per l’Universo milioni, tanto, per quanto ci possano esserci sfighe a decimarle, qualcuno arriverà sempre alla meta o scoprirà qualcosa
Essendo piccole, sono più facili da accelerare a velocità che siano frazioni di quelle della luce, anche usando per esempio delle vele solari.
Tuttavia, quest’idea è sempre rimasta nel vago, finché un annetto fa, quattro mattacchioni come Freeman Dyson, Stephen Hawking, Yuri Milner, ex fisico e miliardario russo, arricchitosi grazie alle sue scommesse su Facebook, Twitter e Spotify e Mark Zuckerberg, hanno deciso di provarla a realizzarla nel concreto lanciando il progetto Breakthrough Starshot, che ipotizza di esplorare con un approccio di questo tipo Proxima Centauri b, il pianeta pianeta extrasolare in orbita nella zona abitabile della nana rossa Proxima Centauri (componente C del sistema Alfa Centauri che si trova nella costellazione del Centauro), quello con il terzo ESI (indice di similarità terrestre) più alto tra tutti gli esopianeti conosciuti (0,87), dietro solo a TRAPPIST-1 d (0,90) e Kepler-438 b (0,88).
Il concept prevede, infatti, l’uso di queste tre tecnologie per creare un nanocraft. Piccolo quanto un francobollo, un cosiddetto StarChip è in grado di portare con sé fotocamere, equipaggiamento di navigazione e trasmissione dati, propulsore e batterie. Sempre attaccato ad una vela spaziale, detta LightSail.
“Questo è l’approccio alla ‘Silicon Valley’ del volo spaziale”,
spiega Yuri Milner,
“potendo essere prodotto in massa al costo di uno smartphone.”
La spinta per viaggiare ad altissime velocità arriverebbe da numerosi raggi laser emessi dalla Terra. Installando una serie di antenne, si unirebbero tutti i raggi per creare un potente laser diretto sulla LightSail. Alimentata in questo modo, secondo Hawking la nano-navicella riuscirebbe a raggiungere il 20% della velocità della luce, in modo che in circa 20 anni, qualcuno di questi nanobot possa raggiungere tale pianeta e trasmettere le informazioni scientifiche.
I problemi però sono soprattutto dal punto di vista ingegneristico:
Si tratta di costruire una sonda di circa un grammo, che al contempo abbia sufficiente capacità computazionale per raccogliere, elaborare e trasmettere informazioni utili agli scienziati;
Manca ancora un materiale adatto per la costruzione delle vele solari, che deve essere leggero, dello spessore di pochi atomi, robusto e resistente al calore;
Trovare un modo di costruire un laser, per dare la spinta iniziale, della potenza di 100 gigawatt, capace al contempo di concentrare il raggio entro 0,3 millisecondi d’arco.
Forse un paio di anni fa, avrei definito la sfida impossibile, ma con l’avvicinarsi della singolarità, sono sempre più ottimista..
Bestie, uomini o dèi: i culti alieni di H. P. Lovecraft
(immagine: John Coulthart, “The Call of Cthulhu”)
La presenza di tematiche mitico-religiose nell’opera del “Poe cosmico” – come lo definì Jacques Bergier – è d’interesse non solo da un punto di vista letterario, ma anche rispetto al rapporto tra la modernità e questo tipo di saperi. Come ormai noto anche ai non “addetti ai lavori”, Howard Phillips Lovecraft si definiva un «assoluto materialista e meccanicista» [1] persuaso che il mondo fosse la somma matematica di impulsi fisici retti dal caso e derubricando le aspirazioni umane a mere fantasie. Eppure, dietro a questa professione di fede – alla quale troppi si sono fermati, interrogando il Solitario di Providence – si cela ben altro. Ad esempio, il fatto che egli avesse studiato e quindi ben conoscesse gli antichi miti d’Occidente, greco-romani ma anche germanici e norreni. Ebbene, in che rapporto stanno questi interessi con la sua visione del mondo?…
View original post 2.211 altre parole
La guerra dei mondi diventerà una mini-serie TV ambientata in epoca vittoriana
La Guerra dei Mondi, uno dei romanzi più noti del grandissimo autore britannico H.G. Wells, diventerà una mini-serie TV ambientata in epoca vittoriana. La serie ordinata dalla BBC sarà composta da tre episodi e verrà prodotta nel 2018. Scopo della serie sarà quello di essere il più possibile fedele al romanzo. Lo sceneggiatore Peter Harness, che ha già scritto per la popolarissima serie TV Doctor Who, ha dichiarato:
“Mi sento incredibilmente fortunato a scrivere La guerra dei mondi, e a portare distruzione tra le contee di casa nostra all’alba del XX secolo. Il libro di Wells è la base per tutta la fantascienza moderna e come tutti i migliori sci-fi, riesce a celare al suo interno sorprendenti analisi su ciò che significa essere un essere umano.”
E ha aggiunto:
“Spero di seguire le orme del grande uomo facendo una serie terrificante che riesca ad essere emotiva, piena di personaggi interessanti…
View original post 10 altre parole
May 12, 2017
Oltre il test di Turing ?
[image error]
Come molti sanno, sono affascinato dal Test di Turing, tanto da usarlo come tema conduttore di una mostra che in illo tempore curai a Milano, che per i pochi che non lo conoscessero, è il criterio suggerito dal buon Alan Turing, da cui ho tratto ispirazione per uno dei personaggio del mio romanzo Il Canto Oscuro, nell’articolo Computing machinery and intelligence, apparso nel 1950 sulla rivista Mind, per identificare la capacità di un computer di pensare.
Nell’articolo Turing prende spunto da un gioco, chiamato “gioco dell’imitazione”, a tre partecipanti: un uomo A, una donna B, e una terza persona C. Quest’ultimo è tenuto separato dagli altri due e tramite una serie di domande deve stabilire qual è l’uomo e quale la donna. Dal canto loro anche A e B hanno dei compiti: A deve ingannare C e portarlo a fare un’identificazione errata, mentre B deve aiutarlo. Affinché C non possa disporre di alcun indizio (come l’analisi della grafia o della voce), le risposte alle domande di C devono essere dattiloscritte o similarmente trasmesse.
Il test di Turing si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A. Se la percentuale di volte in cui C indovina chi sia l’uomo e chi la donna è simile prima e dopo la sostituzione di A con la macchina, allora la macchina stessa dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che – in questa situazione – sarebbe indistinguibile da un essere umano.
Test che negli anni è stato contestato diverse volte, penso all’ argomentazioni di John Searl della stanza cinese nell’articolo Minds, Brains and Programs (Menti, cervelli e programmi), pubblicato nel 1980 dalla rivista scientifica Behavioral and Brain Sciences
Si supponga che, nel futuro, si possa costruire un computer che si comporti come se capisse il cinese. In altre parole, il computer prenderebbe dei simboli cinesi in ingresso, eseguirebbe un programma e produrrebbe altri simboli cinesi in uscita. Si supponga che il comportamento di questo computer sia così convincente da poter facilmente superare il test di Turing. In altre parole, il computer possa convincere un uomo che parla correttamente cinese (per esempio un cinese) di parlare con un altro uomo che parla correttamente cinese, mentre in realtà sta parlando con un calcolatore. A tutte le domande dell’umano il computer risponderebbe appropriatamente, in modo che l’umano si convinca di parlare con un altro umano che parla correttamente cinese. I sostenitori dell’intelligenza artificiale forte concludono che il computer capisce la lingua cinese, come farebbe una persona, in quanto non c’è nessuna differenza tra il comportamento della macchina e di un uomo che conosce il cinese.
Ora, Searle chiede di supporre che lui si sieda all’interno del calcolatore. In altre parole, egli si immagina in una piccola stanza (la stanza cinese) con un libro contenente la versione in inglese del programma utilizzato dal computer e carta e penna in abbondanza. Searle potrebbe ricevere scritte in cinese attraverso una finestra di ingresso, elaborarle seguendo le istruzioni del programma, e produrre altri simboli cinesi in uscita, in modo identico a quanto faceva il calcolatore. Searle fa notare che egli non capisce i simboli cinesi. Quindi la sua mancanza di comprensione dimostra che il calcolatore non può comprendere il cinese, poiché esso è nella sua stessa situazione. Il calcolatore è un semplice manipolatore di simboli, esattamente come lo è lui nella stanza cinese – e quindi i calcolatori non capiscono quello che stanno dicendo tanto quanto lui.
In cui si evidenzia la necessità di non confondere la manipolazione simbolica forte, potenzialmente possibile con l’attuali capacità computazionali, e che di fatto è la base di parecchi chatbot, con l’intelligenza artificiale.
Test di Turing che inoltre presuppone la validità diversi assiomi, ossia che:
L’IA fosse equipollente a quella umana;
L’IA fosse empatica, ossia riuscisse o volesse comunicare con noi;
La conversazione sia frutto di pensiero cosciente e non di giochi linguistici;
Non vi fossero trucchi o inganni.
Nel caso di Eugene Goostman, ad esempio, il chatbot che nel 2014 in teoria l’avrebbe superato, non sono stati rispettati, poichè, presentando il programma come un tredicenne con ritardi mentali e cognitivi, si sono alterate le aspettative e la capacità di giudizio dell’interlocutore.
In ogni modo, però tale test, al di là delle considerazioni filosofiche, pone a mio avviso una serie di questioni.
E’ lecito ridurre all’empatia, la capacità di comunicare, l’intelligenza ? Provo a fare un esperimento mentale: se sottoponessimo un soggetto autistico al test di Turing, potrebbe non superarlo. Questo implica il fatto che non sia intelligente ?
I cetacei sono mammiferi altrettanto intelligenti dei primati superiori: eppure abbiamo difficoltà non dico a comunicare con loro, ma a comprenderli, perché sono evoluti in un contesto diverso dal nostro, rendendo non correlabile al nostro il loro universo simbolico. Ciò sarebbe ancora più spinto per un’IA. Paradossalmente, potrebbe già esistere e non saremmo in grado di riconoscerla
Essendo il risultato del test vincolato dalla controparte umana e dalla sua condizione contingente e soggettiva, può avere valore universale ? Ossia se il programma supera n volte il test, è deducibile che lo superi anche la volta n+1 esima ? E se non lo fa, ritorna allo status di non IA ?
Dubbi che oltre al sottoscritto, stanno venendo a diversi ricercatori, tanto da portare alla ricerca di soluzioni alternative, sintetizzate da Gary Marcus nell’articolo Sono Umano, pubblicato questo mese su Le Scienze.
Le possibili alternative al test di Turing tradizionale potrebbero essere: il test degli schemi di Winograd, i tradizionali test scolastici, l’integrazione dei test di Turing con attività pratiche e il cosidetto I-Athlon.
Il test sugli schemi di Winograd, che secondo me è il più probante, è legato alla capacità dell’IA di risolvere quelli che Wittgenstein chiamava giochi linguistici, con tutte le loro ambiguità semantiche, che possono essere risolte non con l’analisi simbolica, ma con il ragionamento euristico.
Il vantaggio di tali test è che sono a prova di Google, ossia non risolvibile con un approccio a forza bruta, con un bot semantico che fa ricerche sul web, ma che sono difficili, lato umano, da costruire e che ovviamente, descrivono proprietà settoriali dell’intelligenza…
I test scolastici al contrario, dovrebbero essere più versatili e misurare più caratteristiche associate all’intelligenza, però sono affrontabili con un approccio a forza bruta, con i motori di ricerca: approccio che ad oggi è ancora complesso, Watson, la tanto decantata IA di IBM, non ha superato i test di quarta elementare, però, con l’aumento esponenziale della capacità computazionale, potrebbe essere fattibile a breve.
L’associare un test di Turing a prove pratiche, come ad esempio montare una libreria dell’Ikea, chiedendo all’IA di spiegare il procedimento, oltre ad essere utile solo per i robot, poichè sulle realtà virtuali è facile barare, avrebbe gli stessi limiti di soggettività di giudizio del test tradizionale.
Limite che sarebbe superato dall’I-Athlon, un test di Turing, in cui i giudici sarebbero altre IA, invece che gli umani e in cui il test verbale con una serie di prove standard di analisi di algoritmi, che però potrebbe portare al paradosso, degno di un romanzo di fantascienza, in cui le decisioni delle Intelligenze Artificiali potrebbero essere non comprensibili per noi umani, ossia generalizzando il problema, ben noto a chi lavora con le reti neurali, della cosiddetta “Scatola nera”
May 11, 2017
La Tomba del Gladiatore: una scoperta che non finisce mai
Nel 2008 si gridò al miracolo. In una zona del tutto periferica, lungo la Via Flaminia un paio di chilometri prima di Saxa Rubra, a sette metri di profondit
Sorgente: La Tomba del Gladiatore: una scoperta che non finisce mai
Street Art alla scuola Guattari
[image error]
Conoscevo poco Simonetta Salacone e su tante cose la pensavamo in maniera diversa; ma due grandi cose le invidiavo: la forza di credere nell’Utopia e la volontà di realizzarla nel Concreto, in una scuola in cui nessuno fosse stato escluso e in cui tutti avrebbero avuto la possibilità di valorizzare le proprie doti.
Una scuola capace di insegnare non solo l’eresia e il dover essere visionari, ma soprattutto l’impegno concreto. E data la qualità dei suoi studenti, ognuno dei quali, nel suo piccolo, lotta, per citare Calvino, per
cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio
Dinanzi alla tragedia di questi giorni, Simonetta non sarebbe stata solo costernata, come è facile farlo, sui social media, o avrebbe cercato di elucubrare sulle cause prime dei problemi, ma si sarebbe rimboccata le maniche, per cercare di trovare una soluzione concreta al disagio e alla marginalità.
Per ricordare Simonetta e fare in modo che la sua lezione continui a essere vitale e a portare frutti, sui muri della sua scuola Guattari, è stato realizzato un murale, grazie al progetto URBAN AREA – A Scena Aperta 2017, del a.DNA collective, ispirato al cortometraggio d’animazione “Sikame” prodotto e diretto dallo studio “El Buen Arbol” di Granada (Spagna) fondato da El Niño De Las Pinturas e Lucas Carrillo.
In tale progetto, Mirko Pierri, direttore artistico di a.DNA, per l’occasione propone a El Niño De Las Pinturas, famoso in tutto il mondo per i suoi graffiti, di intraprendere un viaggio nelle periferie della Capitale, portando Sikame, la bambina protagonista del cortometraggio, in cinque quartieri dove incontrerà cinque autori romani che le racconteranno le borgate nelle quali si fermerà. Ogni incontro si tradurrà in un murale dipinto da El Niño De Las Pinturas, a testimoniare il passaggio di Sikame: una bambina dall’anima d’oro che scoprirà ed illuminerà le storie e l’essenza delle periferie romane.
Nel caso di Villa De Sanctis, il cantore di questo spazio urbano sarà Militant A degli Assalti Frontali, con una poesia dedicata a Simonetta…
Ora, per raccogliere i fondi per finanziare questa opera, venerdì 12 Maggio 2017, dalle ore 20, si terrà presso il Fusolab di via della Bella Villa 94 la cena di sottoscrizione un Murales per la scuola (15 euro adulti, gratis bimbi)
P.S. Tra le tanti eventi della serata, oltre a qualche boiata detta dal sottoscritto sulla Street Art, potrebbe esserci la sorpresa del duo Giacomo Jones ed Emanuela Cinà
May 10, 2017
ESQUILINO – L’ARTE IN PIAZZA Di Emma Granier – Le petit Journal
[image error]
Qualsiasi aneddoto possiate sentire sulla mia ignoranza linguistica, non ci credete: la realtà è assai peggiore. Al massimo, grazie alla paziente scuola di Li er Barista, riesco a pronunciare con opportuna enfasi, alcune parolacce, che immagino assai volgari, viste le espressioni degli ingegneri Huawei e ZTE, in cantonese e mandarino..
Per cui, quando mi hanno chiesto la traduzione in Italiano dell’articolo di Emma Granier, ho fischiettato con aria indifferente…
Grazie però al Coro di Piazza Vittorio, questa traduzione è arrivata… Per cui, ne do giusta visibilità
ESQUILINO – L’ARTE IN PIAZZA Di Emma Granier – Le petit Journal
Intorno a piazza Vittorio Emanuele, sul colle Esquilino, abbondano le iniziative dei cittadini per ridare vita e bellezza alle strade del quartiere. Associazioni e comitati sono cresciuti per promuovere creazione artistica multiculturale e così rinforzare i legami sociali.
Questo quartiere popolare è stato, nel corso del ventesimo secolo, e continua a esserlo
oggi, il luogo di accoglienza di differenti ondate di immigrazione che toccano l’Italia. Luogo di vita multiculturale, dunque, dove convivono differenti comunità, l’Esquilino è un quartiere alla ricerca di un’identità, di un terreno comune che sarà condiviso e condivisibile da tutti i suoi abitanti.
Sul modello della socialità mediterranea, la musica e la danza diventano il fondamento della cultura comune e riuniscono tutti i gruppi sociali sulle grandi piazze. Qui, è Piazza Vittorio che diviene teatro per queste iniziative.
In un clima collaborativo, i residenti del quartiere hanno dato vita a diverse associazioni e comitati per promuovere la pratica artistica all’interno del quartiere.
Filippo D’Ascola che si occupa della associazione Danze di Piazza Vittorio, ci spiega come questa scuola di danza aperta a tutti possa ricreare il legame sociale. Ad ogni sessione di danza si crea un nuovo gruppo, nuovi incontri arricchiscono amicizie esistenti e tutto ciò contribuisce alla costruzione di una struttura di riferimento per queste persone.
“Piazza Vittorio”, come la gente del posto la chiama, dà anche il suo nome a un gruppo di coristi (il Coro di Piazza Vittorio) guidato dal dinamico Giuseppe Puopolo. Tutti vivono nelle strade circostanti e si ritrovano il martedì e giovedì sera a cantare in una calda atmosfera.
Oltre alla danza e alla musica, i comitati dell’Esquilino lavorano su più livelli al miglioramento del loro quartiere.
Anche la Street art è parte di queste iniziative. Ne sono un bell’esempio i murales di Mauro Sgarbi su via Giovanni Giolitti lungo le pareti della Stazione Termini. Lo stesso Iman del quartiere ha partecipato alla realizzazione dei dipinti. Visibili da tutti nella quotidianità del quartiere, questi muri dipinti sono manifestazioni concrete di questa espressione artistica collettiva.
Infine, l’arte può anche agire come arma di difesa contro i pregiudizi e le persecuzioni sociali. Chi danza o chi canta è una persona senza etichette, che esprime la pienezza del suo essere attraverso valori artistici e non più solo di appartenenza sociale, ci dice Emanuela Cinà musicologa e corista nel Coro di Piazza Vittorio.
Lei e il suo compagno Alessio Brugnoli (autore del blog Il Canto Oscuro) sono membri attivi delle molte iniziative che fanno rivivere le strade dell’Esquilino. Le loro azioni si realizzano trasversalmente attraverso le reti sociali; potete seguirli visitando la pagina facebook Sei dell’Esquilino se e il gruppo Residenti in Piazza Vittorio – Roma – Social Street.
P.S. per i più curiosi, questo è il livello del mio francese
E quello del mio inglese, che ha causato un paio di esaurimenti nervosi a un paio di prof, è ancora peggiore
Alessio Brugnoli's Blog

