Alessio Brugnoli's Blog, page 199

May 25, 2017

10 e 11 giugno: la Street Art torna a Via Giolitti

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Desertum fecerunt et pacem appellaverunt


Un motto del Movimento Studentesco, che potrebbe descrivere al meglio la posizione di alcuni intellettuali dei I Municipio: rendere il Centro Storico di Roma un guscio vuoto, cancellando feste e tradizioni e vietando ogni forma d’arte di strada, disumanizzare i poveri e i deboli, alzare barriere.


Posizione che le Danze di Piazza Vittorio, nate dall’idea di un gruppo di amici, uniti dall’amore per l’Esquilino, per la musica e le danze popolari, hanno sempre combattuto; per loro, il Centro Storico è uno spazio vivo, in cui fare conoscere e condividere la bellezza e la dignità di culture differenti, che si arricchiscono a vicenda, in una nuova e più ampia armonia.


Le armi di questa battaglia sono i linguaggi universali, comuni a ogni uomo: la Musica, la Danza e l’Arte.


Negli ultimi anni, infatti, le Danze di Piazza Vittorio hanno affiancato agli incontri, ai laboratori e alle sonate in piazza,  una serie di iniziative di Street Art all’Esquilino, per rendere più vivibili con la bellezza gli spazi urbani del Rione, spesso dimenticati dalle istituzioni e dai suoi abitanti.


Iniziative che, in collaborazione con la Casa dei Diritti Sociali,  hanno reso una porzione degradata di via Giolitti un museo a cielo aperto, grazie ad artisti del calibro di Mauro Sgarbi e di Beetroot.


Grazie alla collaborazione con l’AGS CoRiME, con il grande murale Diversità Elemento di Vita, un’opera di Mauro Sgarbi diventata uno dei simboli del Rione, e con le installazioni dell’artista Leonella Masella, le Fontane di Marc’Antonio e Cleopatra, le Danze di Piazza Vittorio hanno poi reso il Nuovo Mercato Esquilino uno dei punti di riferimento dell’Urban Art capitolina.


Il 10 e 11 giugno questa storia si arricchirà di un capitolo, ritornando nel luogo da dove è cominciata, in via Giolitti 225, dove Mauro Sgarbi dipingerà un nuovo murale, che renderà onore a uno degli uomini simbolo del Rione, che con semplicità, ogni giorno ne incarna i valori e ne tiene viva la memoria.


E la mattina dell’undici giugno, le Danze di Piazza Vittorio celebreranno questo atto d’amore e di creatività con uno spettacolo di musica e ballo, per racchiudere in un unico abbraccio di note tutti i popoli dell’Esquilino.


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Published on May 25, 2017 00:55

May 24, 2017

Chi s’ è arrubbata ‘a monnezza de Roma ? (Parte III)


 


La potenza dei miti è nella capacità di veicolare messaggi differenti e opposti, a secondo di chi li narra e li ascolta, percéè parlano all’eterno bambino nascosto nel cuore di ognuno, alle sue paure, ai suoi sogni e ai suoi stupori.


Per questo i cari mazzamurelli, trascrizione cristiana dei Lari, che nell’Urbe divennero una paradoia di una chiesa troppo invadente, per scrittori più dotati e famosi del sottoscritto sono uno strumento per mostrare il terrore e il mistero nascosti dietro un’apparente normalità


Il sottoscritto, nella sua aurea mediocrità, si limita a pensarla come Cecchi


il mazzamurello con i suoi capricci e le sue monellerie, non è che un travestimento comico dello spirito cosmico


Parte III


Me ne ero quasi scordato, dei deliri di zia Olga, quando una sera, dopo la solita cena con Giacomo, mi scordai una bottiglia aperta e smezzata di susumaniello sul tavolo…   Così, in piena notte, fui svegliato da una vocina acuta e stonata, che, inframmezzando tutto con colossali rutti, cantava


Passava ‘n giorno un frate, e ‘na regazza


J’annette a domannà si che ora era;


Ma er frate dritto, che capì la guazza,


De botto j’arispose a ‘sta magnera:


“Si ‘sta tunica de pezza


Fusse bronzo, che bellezza:


A bella mora,


Adesso sentiressi sbatte l’ora!


A bella mora,


Adesso sentiressi sbatte l’ora!


Rischiai un coccolone per la paura. Volevo nascondermi sotto le coperte, però, dopo un poco, mi venne un dubbio. Per quanto potessi essere vigliacco, di certo non dovevo avere timore di un ladruncolo, che era evidente fosse ubriaco come una zucca.


Per cui mio presi coraggio, mi infilai le ciabatte e la vestaglia e in silenzio, quatto quatto, andai in corridoio; mi avvicinai alla libreria, a tentoni,  trovai e presi il tomo più voluminoso: era una copia de Il Capitale di Karl Marx. L’avevo comprato ai tempi dell’Università, per fare colpo su una tipa che distribuiva il giornale Lotta Comunista. Tentativo vano, dopo pochi mesi si fidanzò con un pariolino, il cui papà era deputato per il partito delle finte liberalizzazioni.


Rassicurato dall’avere questo librone tra le mani, mi recai in cucina, per tirarlo in capo al ladro disturbatore del mio sonno; in caso di danni gravi, mi sarei appellato al fatto che la colluttazione, senza ombra di dubbio, fosse avvenuta dopo il tramonto.


Così, mi fui prossimo al secondo infarto della nottata: dinanzi a me, seduto sopra il sacco dell’immondizia e abbracciato alla bottiglia di vino, vi era un fraticello, bassino, mi arrivava al ginocchio, con il viso tanto raggrinzito da somigliare a una prugna secca e con in capo un tricorno di un rosso cardinalizio. Per accertarmi che non fosse un’illusione, attirare la sua attenzione e farlo smette di cantare, gli lanciai Il Capitale, prendendolo in pieno e facendogli cadere il cappello.


Il tipino tacque di colpo e cominciò a piangere con dei lacrimoni che avrebbero riempito il sottovaso dei miei peperoncini.


Mi venne istintivo porgergli un fazzoletto di carta


“Su, su coso, dai non fare così… Scusami, non volevo”.


L’esseruccio prese il fazzoletto, si soffiò il naso in maniera alquanto rumorosa, rischiando di svegliare l’intera Viale Manzoni, e assunse un’espressione offesa, puntandomi con il suo indice.


“Screanzato ! Ma che modi sono questi ! Non si tratta così un onesto lavoratore !”.


Mi grattai la fronte.


“Ehm, lavoratore…”.


“Sì, addetto 123213 alla sostenibilità ambientale, per servirla…”.


“Fammi capire, sei al servizio dell’AMA ? Ti passa lo stipendio la sindaca ?”.


Il suo sguardo mi fece sentire un idiota…  D’altra parte, non che sino a quel momenti mi stessi comportando in maniera intelligente, ma alle tre di mattina, non è che potessi fare di meglio.


“AMA? No, di messere Ballardo, Arcibasileus della magia, Iipparca delle truppe vaporose e Gran Catapano a ingranaggi  !!! Che poi,  di eventuali accordi con i vostri governanti, non sono mica tenuto a saperlo”.


Provai a fare mente locale…  A cena avevo solo mangiato, bevuto il giusto e non fumato sostanze strane…  Mi diedi un paio di pizzichi. Ero sveglio… Possibile che Giacomo mi avesse fatto qualche scherzo cretino, infilandomi nel piatto una di quelle nuove droghe sintetiche ? O se invece avessi esagerato con la noce moscata ?


“Tu non esisti !” –  gridai a squarciagola, attirandomi così il perenne odio dei vicini.


Per tutta risposta, il piccoletto mi tirò un nocciolo di pesca,  forse per vendicarsi della mia precedente iniziativa e prendendomi in piena fronte, commentò


“Non esisterai tu e tutti quelli della tribù tua… Ma come ti permetti ! Io non esisto ! Sei proprio uno screanzato. A proposito, potrei riavere il mio cappello ? Mi sento nudo, senza… Oppure vuoi dell’oro, in cambio ? Oro buono, mica quella fregatura che appioppano i nostri cugini irlandesi”.


Raccolsi il tricorno a terra e glielo porsi.  Il coso si sbrigò a rimetterselo in testa con fare altezzoso, si gonfiò il petto e guardò con curiosità la mia arma impropria. Con fatica, sollevò Il Capitale e con tanta, tanta cautela, cominciò  a sfogliarlo, per leggere ad alta voce


La ricchezza delle società, nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico, si presenta come una «immensa raccolta di merci» e la singola merce appare come sua forma elementare. Quindi iniziamo la nostra indagine con l’analisi della merce.


“Cos’è ? Un giallo ? E’ interessante?”.


All’improvviso, feci due più due ed ebbi un’illuminazione.


“Saresti un mazzamurello, vero ?”.


“No, una giraffa… Ma certo che sei proprio scemo ! Che altro potrei essere ?”.


“Un addetto alla sostenibilità ambientale ?”.


“Ma ti si è incantato il cervello ? Prendo la tua immondizia, perché Baillardo, da grande alchimista  che è, la deve utilizzare per il suo Magnum Opus, seguendo i dettami scritti nella Porta Alchemica da Massimiliano Savelli Palombara … A proposito, sai che ore sono ?”.


Guardai l’orologio.


“Le tre e ventisette…”.


Il mazzamurello cominciò a saltare come un canguro, sbraitando


“Poffare poffarissimo! È tardi! È tardi!”.


Cercai di calmarlo.


“Abbassa la voce, sveglierai tutto il vicinato… E al piano di sopra abita una vedova acida e isterica…  Non voglio una sua scenata, domani mattina”.


Il folletto cominciò a girare su se stesso, come una trottola.


“Sono in ritardo! In arciritardissimo!”.


E sulla parete della mia cucina, tra il lavello e i fornelli, si aprì un portale luminoso. Il mazzamurello vi si tuffò e io, da imbecille quale sono, gli corsi dietro.


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Published on May 24, 2017 01:59

Torna Vaporosamente !

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Scherzando, ogni tanto dico che dovrei prendere a randellate in capo il buon Roberto Cera: in verità, per le sole che gli mollo, lui avrebbe tutto il diritto di fare altrettanto.


In ogni caso, Roberto merita un posto d’onore, nel variegato mondo dello steampunk italiano: per l’energia che ci mette nell’organizzare eventi di ogni tipo, cosa per cui, per esperienza diretta, ci vuole un cuore e un fegato di riserva e perché a differenza di tanti altri è convinto come il retrofuturismo non sia solo un’occasione come tante per pavoneggiarsi come cosplayer, ma un potente strumento culturale per comprendere il nostro presente.


Per cui gli rendo onore e pur latitando anche in questa edizione, invito gli amici torinesi a partecipare al suo Vaporosamente.


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Published on May 24, 2017 01:17

L’evoluzione del concetto di vela a propulsione laser

Il tredicesimo cavaliere 2.0


FOCAL Genta JBIS Landis Matloff Quasat vela irradiata Vulpetti Worden la vela a propulsione laser (vela irradiata)




Se state seguendo su queste pagine e altrove le idee alla base del progetto Breakthrough Starshot  avrete capito che si tratta di qualcosa di molto piccolo da un lato e molto grande da un altro. Una missione con una vela a propulsione laser (vela irradiata) impiegherebbe una vela di 4 metri per lato – più piccola rispetto a progetti precedenti – spinta da un’enorme batteria di laser, sincronizzati tra loro, installata a Terra. La batteria è progettata per misurare circa 1 km per lato e incorporerebbe degli emettitori laser che, lavorando in perfetta sincronia, produrrebbero quello che Pete Worden ha descritto alle di Palo Alto come una sorta di “vento laser” da 50 gigawatts di potenza. Worden, ex direttore dell’Ames Research Center della NASA, è l’attuale direttore esecutivo del Breakthrough Starshot.



Cosi come per la vela così per il carico. Non avremo…

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Published on May 24, 2017 00:08

May 23, 2017

Il Papa Re e i vaccini

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Una battuta che mi piace sempre fare è:


“La Storia certo non si ripete, ma chi non la studia è condannato a replicare sempre gli stessi errori”


Frase che, sembra strano, può essere applicata anche alla polemica relativa alla legge sui vaccini: proviamo a tornare indietro di due secoli, ai tempi del Papa Re…


Il racconto comincia un personaggio alquanto originale: Monaldo Leopardi. Chi si appisolava alle lezioni di letteratura italiana alle Superiori, forse si ricorda del papà di Giacomo, descritto come biblofilo codino, incapace di gestire le finanze famigliari.


Ritratto corretto, ma parziale; i professori d’italiano spesso dimenticano di raccontare l’altro lato della sua personalità: un esaltato , quasi futurista, sostenitore della tecnologia e delle sue applicazioni concrete.


Voleva riempire lo Stato Pontificio di ferrovie e macchine a vapore, costrinse a nerbate sul sedere i suoi contadini a coltivare le patate e la canapa e fu un’innovatore nel campo della sanità pubblica


Saputo nel 1802 della scoperta di Jenner, dopo uno scambio epistolare con lo scienziato, si fece mandare da Milano un campione del vaccino contro il vaiolo, lo inoculò ai suoi tre

piccoli, Giacomo di quattro anni, Carlo di tre e Paolina di due, usati   in pratica come cavie, tenendo traccia nei suoi appunti dei risultati dell’esperimento.


Visto l’esito positivo, costrinse a vaccinarsi l’intera Recanati e fece opera di lobbiyng presso il Papa Re, affinchè tale profilassi fosse resa obbligatoria. Tanto ruppe le scatole, che il 20 giugno 1822 Pio VII emise un decretale che accoglieva le richieste di Monaldo.


Per fare un esempio, il Regno di Sardegna prese un provvedimento analogo solo nel 1859. Però, per motivi diversi, l’obbligatorietà della vaccinazione non fu gradita a un variegato schieramento politico, che andava dal Cardinal Rivarola ai carbonari.


E per abolirla, il popolino fu sobillato con una serie di voci infondate, basati su presunti studi di scienziati prussiani e inglesi: che il vaccino favorisse la diffusione del colera, che rendesse tardi di mente e impotenti.


Tanto fu la campagna stampa e le relative proteste, che Leone XII, il 15 settembre 1824, tolse tale obbligo, specificando però


Rimane obbligo a Medici e Chirurgi condotti di eseguirla gratuitamente [la vaccinazione antivaiolosa], a quanti vogliano prevalersene, essendo questa la cura ed il preservativo di una malattia alla quale, come a tutte le altre, essi hanno l’obbligo di riparare


Essendo gli italiani quelli che sono, nonostante fosse gratis, per le chiacchiere sulla pericolosità della vaccinazione, i popolani se ne tennero ben lontani: così caddero come mosche nelle epidemie del 1828 e del 1835…


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Published on May 23, 2017 03:22

Aglien, il divertente omaggio italiano al capolavoro di Ridley Scott

KippleBlog




Agliennasce dalla passione di Andrea Camerini, regista di Piombino, classe ’73, nonché disegnatore satirico. Ed è proprio l’umorismo a non mancare in questa simpatica pellicola, chiamata non a caso Aglien, che il 5 maggio arriverà in DVD, distribuito in Italia da CG Entertainment. Camerini, per realizzare il film, ha ricostruito tutti gli elementi del set nella cantina di casa sua. Il sogno di Camerini? Mostrare Agliena Ridley Scott. Nel frattempo la pellicola si è già guadagnata il MIFF al Milano FIlm Festival. Seguono sinossi e trailer.



Tu’ Mader, il  computer di bordo dell’astronave NOSTRONZO si attiva e sveglia dall’ipersonno l’equipaggio che riposa da anni nei tubi criogeni, perché ha ricevuto un messaggio alieno proveniente dal pianeta LI0586. Una volta atterrati, gli sventurati astronauti scopriranno che il messaggio di aiuto si rivelerà essere una minaccia.






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Published on May 23, 2017 02:17

May 22, 2017

Chi s’ è arrubbata ‘a monnezza de Roma ? (Parte II)


 


Anni fa, un mio amico, editore di fantascienza, mi disse che non avrei mai avuto successo, perché mettevo troppa politica nei miei romanzi e racconti; forse ha ragione, ma non ne posso fare a meno.


Mettiamola così, sono un vecchio residuato bellico degli anni Settanta, che pensa come la scrittura, anche la più disimpegnata e superficiale, sia politica: perchè prende atto delle follie e delle contraddizioni del Reale e tenta di cambiarle con la Parola.


Per questo mi illudo di essere come il Cirano di Guccini.


Venite pure avanti, voi con il naso corto,

signori imbellettati, io più non vi sopporto,

infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio

perché con questa spada vi uccido quando voglio


Prima di smettere con le mie chiacchiere e lasciarvi alla seconda parte del racconto, piccola nota a margine, a uso dei miei parenti: zia Olga non ha strani scheletri nell’armadio, solo mi piaceva celebrare così la sua indomabile energia


Parte II


Dopo un paio di settimane, la situazione stava diventando ridicola: non si poteva gettare una cartaccia, un torso di mela, una buccia di banana nella spazzatura, che appena si girava lo sguardo, questa scompariva nel nulla. I sindacati dell’AMA, all’inizio felici, per la riduzione del lavoro, cominciarono a brontolare preoccupati, temendo impatti sull’occupazione.


Il Movimento si lamentò, accusando il governo degli Stati Uniti di un complotto, per screditare l’amministrazione capitolina; un attivista dell’Esquilino disse di aver visto agenti della CIA rubare i suoi sacchi della raccolta differenziata.


Dopo una colluttazione, raccontava, in cui le spie americane avevano avuto la peggio, queste avevano confessato che la monnezza romana fosse una preziosa materia prima per vari usi:  le scie chimiche, i  vaccini ed enormi asteroidi artificiali in orbita attorno alla Terra, su cui  Washington avrebbe piazzato delle armi a microonde, per ridurre il nostro pianeta a parco giochi per i rettiliani.


L’ambasciata di via Veneto dovette scrivere una smentita ufficiale, in cui si affermava che, per la nuova direttiva governativa buy american, per qualsiasi uso, proprio o improprio, dell’immondizia, si dovesse utilizzare esclusivamente materia prima statunitense.


Un altro militante del movimento, che millantava di essere un grande pittore, ma, traversata via Giolitti, era sconosciuto ai più, diede colpa ai pappagalli. Secondo lui, era tutto un complotto di tali pennuti, che stavano utilizzando la monnezza romana per costruire dei pesantissimi nidi, che avrebbero sradicato tutti gli alberi dell’Amazzonia. Fatto questo, i diabolici volatili avrebbero ricattato l’ONU, i Savi di Sion e  il Club Bilderberg, per ottenere il dominio globale.


Il segretario del partito che una volta sosteneva l’indipendenza della Padania, disse che era tutta colpa degli immigrati clandestini:  il che diede il la a una manifestazione di un movimento di estrema destra, che bloccò i tram a via Napoleone III, al grido


Monnezza agli italiani


Una politicante del I Municipio, usa a cambiare più casacche di partito che vestiti, diede la colpa alla luce dei LED: così un paio di associazioni del rione Monti, quattro persone, sei cani e otto gatti, organizzarono una fiaccolata di protesta, che ebbe un’opportuna visibilità sui media. Su un paio di siti sovranisti, fu dato il merito della rinnovata pulizia romana al presidente della Russia, il quale né smentì, né confermò.


La maggior parte dei quiriti, però, applicando l’antico detto


Io so’ meticcio e de ‘st’affari nun me impiccio


invece si limitò a prendere atto della situazione, senza porsi eccessive domande…  Tanto, finché dura, fa verdura.


Questa era la situazione, quando andai a trovare zia Olghetta: una centenaria vispa, vestita come una figlia dei fiori, che abitava a Garbatella, ottima pasticciera e grande consumatrice di metanfetamina.  Tanto, alla sua veneranda età, nessuno poteva spedirla a Rebibbia. E lei ne approfittava impunemente, avendo messo su, nella sua soffitta, un laboratorio chimico che avrebbe provocato l’invidia di Walter White.


C’era la fila, per comprare il suo shabu…  Non che ne approfittassi: al massimo, quando ero ragazzo, avevo fumato qualche canna, smettendo dopo una pessima esperienza con la salvia divinorum. Però zia era la matriarca della mia famiglia, l’unica sorella vivente del mio bisnonno, e conoscendo il resto del parentado, la meno disfunzionale. Mi piaceva parlare con lei, sorseggiando tè alla menta e mangiando tiramisù, con i suoi tre gatti,  Chandra, Hanumat e Kubera, che mi facevano le fusa.


Non ricordo come, ma un pomeriggio cominciammo, come  tutti i romani, a parlare della monnezza.


“Zia, forse la colpa è di qualche strano esperimento che stanno facendo al Cern di Ginevra…  Così mi raccontava un amico, la cui fidanzata ha un cugino, che vive vicino al laboratorio del Gran Sasso. Qualcosa sui neutrini e sulla materia oscura… Hanno creato migliaia di microscopici buchi neri nei secchioni e nelle pattumiere dei romani, per alimentare il big bang in un universo parallelo”.


Zia Olga scosse il capo.


“No, sono stati i mazzamurelli !”.


“Chi ?”.


“Sono degli spiriti dispettosi, che appaiono come omini brutti e pelosi, con una tonachina color tabacco, scalzi e un cappellino da vescovo in testa… Loro sono tanto dispettosi e sospetto che stiano architettando qualche tiro barbino a loro vantaggio o a servizio del gran mago Pietro Baillardo…”.


“Zia, secondo te posso credere a una sciocchezza del genere ?”.


“Nipote mio, io li ho visti…”.


Per rispetto dei suoi capelli bianchi non attaccai a ridere, né le consigliai di andare piano, con le pasticchine colorate che ingeriva a tutto spiano. Mi limitai ad annuire, commentando con


“Davvero ?”.


“Sì, sì un paio di sere fa… Se vuoi farlo anche tu, infila dei sassolini nelle tue pantofole, la notte, oppure lascia una bottiglia di vino in giro, ma di quello buono…  Ai mazzamurelli piace bere, ma reggono poco l’alcool… E mi raccomando, se vuoi convincerli a parlare, togli loro il cappello”.


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Published on May 22, 2017 01:06

May 21, 2017

Two Frustrations With the Data Science Industry

Nathan Brixius


I saw some serious BS about data science on LinkedIn last night. This is nothing new, but this time I couldn’t help myself. I went on a small rant:



I don’t give a shit if you call yourself a data scientist, an analyst, a machine learning practitioner, an operations research specialist, a data engineer, a modeler, a statistician, a code poet, or a squirrel. I don’t care if you have a PhD, if you went to MIT or a community college, if you were born on a farm or in a city, or if Andrew Ng DMs you for tips. I want to know what you can do, if you can share, if you can learn, if you can listen, and if you can stand for what is right even if it’s unpopular. If we’re good there, the rest we can figure out together.



I must have tapped into…


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Published on May 21, 2017 23:37

22 – 28 maggio 2017 Esquilino Legge “Festival di letture nei giardini”

Esquilino's Weblog


22 – 28 maggio 2017



Esquilino Legge



7 autori lungo la trama verde del Rione




Festival di letture  nei giardini


Il programma



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Published on May 21, 2017 23:33

Il Cantiere d’Assisi Parte I

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Alle Medie, quando mi parlarono in fretta e furia degli affreschi delle Storie di San Francesco ad Assisi, mi raccontarono come fossero tutte opera di Giotto. Al Liceo, quando fu trattato lo stesso argomento, mi raccontarono come questi affreschi fossero stati dipinti dal cosiddetto Maestro di Isacco, che la maggior parte degli studiosi identificava con Giotto e che una minoranza, specie in ambito anglosassone, associava al Cavallini.


Chiacchierando un paio di settimane fa con uno storico dell’arte, pare che a oggi l’orientamento si di considerare quel ciclo di affreschi opera di più botteghe: una capitanata dal Maestro di Isacco, artista di formazione romana, probabilmente il Cavallini, anche se non sono mancate altre ipotesi identificative, una guidata dal Maestro del Compianto un artista di formazione fiorentina, ma capace di apprendere e reinterpretare le novità romane, quasi sicuramente Giotto, e l’ultimo, l’Allievo del Maestro d’Oltralpe, di cui si sa ben poco, che innesta su una humus culturale dipendente dal Gotico Francese, le sue riflessioni sulle novità romane e toscane.


Una situazione alquanto complicata, dipendente da due fattori: il primo, la colossale iella della perdita di tutti i dati contabili relativi alla decorazione della basilica, ad esempio, l’unica traccia della presenza di Giotto ad Assisi è del 1309, una sorta di chiusura di mutuo, cronologicamente riferibile ai lavori della Basilica inferiore.


L’altro fattore, è quel colossale pallista chiamato Vasari: ora benché esistesse sicuramente una tradizione orale sulla presenza giottesca ad Assisi, tanto che Benozzo Gozzoli rappresentò il pittore tra i francescani illustri nei suoi affreschi della chiesa di San Francesco a Montefalco, la prima testimonianza scritta risale al buon Ghiberti che, nel commentario del 1452, scrisse che Giotto


” dipinse nella chiesa d’Asciesi nell’ordine dei frati minori quasi tutta la parte di sotto. Dipinse a Santa Maria degli Angeli ad Ascesi”.


dove probabilmente, per parte di sotto intendeva la Basilica inferiore. Nella prima edizione del 1550, delle sue Vite, il buon Vasari, si limitò a riferire come Giotto fosse stato ad Assisi, che avesse completato il lavoro cominciato da Cimabue, acquisendo grande fama e avesse poi dipinto sia nella basilica inferiore, sia in Santa Maria degli Angeli.


Notizie parziali, ma come evidenziato, non in contraddizione con i dati attuali. Il problema che nel 1563, Vasari va a fare una gita ad Assisi, per raccogliere informazione per la seconda edizione delle Vite. O perchè le sue guide, per guadagnare mance, ci abbiano dato di fantasia, assecondando il suo orgoglio toscano, o perchè non vi erano informazioni disponibili, l’aretino cominciò a far viaggiare la sua fantasia.


Affermo come il progetto della basilica superiore fosse richiesto a Iacopo Tedesco, che disse essere papà di Arnolfo di Cambio (mentre nella realtà lo scultore era figlio di Messer Lapo, notaio a Colle Val d’Elsa). Poi disse che il crocefisso esposto sopra una trave della chiesa superiore fosse di Margaritone d’Arezzo.


Continuò con raccontare dell’arrivo di pittori bizantini, che avevano come allievo Cimabue. Questi, però, dimostrando la sua superiore abilità, cominciò a dipingere la tribuna della Basilica Superiore, per poi poi passare alle volte e alla parte alta della navata. Però, essendo richiamato a Firenze, si fece sostituire dal suo allievo Giotto, che terminate le Storie di San Francesco, si dedicò alla riprendere la decorazione della Basilica Inferire, per poi essere affiancato da una caterba di allievi, come Giottino, Puccio Capanna, Buffalmacco.


Questa vicenda, alquanto romanzata, cominciò a essere messa in dubbio con la scoperta che il crocefisso non fosse di Margaritone, ma di Giunta Pisano, che aveva persino firmato l’opera. E che le attribuzioni a cominciare da quella del transetto sinistro, opera di Pietro Lorenzetti, fossero date a caso…


E proprio da questa consapevolezza, nonostante le resistenze tradizionaliste, si cominciò a definire al meglio la complessa storia del Cantiere pittorico della Basilica Superiore


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Published on May 21, 2017 11:40

Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
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