Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 71

March 8, 2014

Immagine # 32

Su una strada extraurbana, ai piedi di un cartello "pericolo attraversamento animali" c'è il cadavere di un animale investito.

Poteva essere un riccio, o una nutria, o un topo bello grosso. Non ho avuto modo di accertarmene, perché anch'io ero solo di passaggio, ma per lo meno non ho di nuovo calpestato il corpo già spiattellato sull'asfalto. Viene quasi da pensare che la bestiola si sia detta "Bene, qui c'è il cartello, allora posso attraversare", come se ci fossero le strisce quadripedonali...
E invece è proprio durante l'attraversamento segnalato che quella creatura ha tovato la morte. Evidentemente il destino ci prende tutti per il culo
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Published on March 08, 2014 02:00

March 6, 2014

Lost in Lost #16 - Missing Pieces

Questo episodio della rubrica "Lost in Lost" potrebbe interessare più di altri, perché si riferisce a una serie di puntate di cui molti forse non conoscono nemmeno l'esistenza. Tra la terza e la quarta stagione infatti vennero rilasciati i Missing Pieces, 13 mini-episodi trasmessi non in tv ma solo sui dispositivi del circuito Verizone (non so bene di che si tratta, roba americana...). Questi mobisode, come li chiamano loro, erano disponibili solo in USA e solo per gli abbonati, ma tanto nel giro di un paio di giorni finivano su youtube. Si tratta di 13 brevi scenette, della durata da 2 a 5 minuti, che si collocano cronologicamente in vari momenti dall'inizio della serie fino alla fine della terza stagione, e trasmessi senza un particolare ordine.

Dai Missing Pieces non emerge niente di nuovo, ma si hanno solo degli sprazzi di momenti che non sono stati mostrati a schermo, come Ben e Jack che giocano a scacchi, Juliet che confessa a Jack di essere una spia, Jack e Ethan che si conoscono e parlano di Claire, Jin che si sfoga per la sua incapacità di comunicare, e così via. Di tutti, l'unico forse veramente significativo è l'ultimo, So It Begins, in cui vediamo Vincent attraversare la giungla e incontrare il padre di Jack, che gli chiede di andare a svegliare suo figlio che ha "del lavoro da fare", e si ricollega alla prima sequenza del pilot, con Jack che apre gli occhi e Vincent che gli passa accanto. Non c'è quindi molto da commentare, poiché la storia non fa nessun progresso grazie a questi frammenti, e l'unica conferma che si ottiene è quella di una presenza "reale" (o almeno, abbastanza reale da poter interagire con un cane) del padre defunto di Jack.

La mia cavia ne deduce che, con ogni probabilità, Christian Shepard è sì morto, ma l'isola (come già si è intuito altre volte) ha il potere di "manifestare" i morti, e che questi riescano ad entrare occasionalmente in contatto coi vivi (umani o animali che siano). Inoltre, è luogo comune che gli animali (leggi: cani e gatti) vedono i fantasmi, quindi la scena potrebbe essere stata inserita proprio per suggerire questa cosa. Al di là di questo, l'unico altro particolare rilevante dei Missing Pieces è la frequente presenza di Michael, che se n'era andato alla fine della seconda stagione, e che qui si rimostra (in scene passate) come in una specie di cameo.

Nessun aggiornamento riguardo le aspettative della prossima stagione. Ma questa premiere finora è il più atteso di tutti (ma forse, in effetti, ogni premiere è sempre più attesa del precedente?).
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Published on March 06, 2014 10:18

March 3, 2014

La creatività salverà il mondo: The Lego Movie & The Lego People

Due disclaimer prima di iniziare questo post. Intanto, questa non è una recensione. È chiaro, come si legge dal titolo, che parlerò di The Lego Movie , ma non ho intezione semplicemente di commentare il film, piuttosto di trarne uno spunto (quello più autentico, ritengo) per affrontare un altro tema. In secondo luogo, in quanto segue ci saranno degli spoiler, perché per trattare l'argomento devo necessariamente rivelare alcuni particolari della trama. Eh vabbè, direte, che plot twist folgoranti potrà mai avere The Lego Movie? Ecco, se lo chiedete vuol dire che non l'avete visto, e allora non leggete il seguito.
Siccome non è una recensione non mi dilungo troppo a riferire le mie impressioni sul film. Da quando ho scoperto che sarebbe uscito, più di un anno fa, sapevo già che sarei andato a vederlo al cinema, ma nonostante questo entusiasmo devo ammettere che ero piuttosto scettico su quanto stavo vedendo, almeno per i primi due terzi del film. Perché sì, in effetti è un po' scemotto all'inizio, certo divertente, ma basato su quell'umorismo un po' sempliciotto, tipo quello che si trova in Spongebob. È stato solo quando Emmet approda nel "nostro universo" che le cose si sono fatte interessanti. A posteriori quindi posso dire che il film mi è piaciuto, e che probabilmente (come sempre) lo apprezzerei molto di più in lingua originale. E non voglio nemmeno stare a rispondere a chi protesta "Eh ma è solo una marchetta della Lego"... maddai!? Ma che ti aspettavi da un film che ha scritto in caps lock LEGO nel titolo, con tanto di (R)? È come meravigliarsi che Ronald MacDonald canti canzoncine che invitano a mangiare hamburger.
Ciò che di Lego Movie mi ha colpito e mi ha portato in ultima analisi a rivalutare tutto il film è stato il modo in cui, a partire proprio dall'arrivo di Emmet nel "mondo di sopra", il parallelo tra ciò che avviene all'interno del suo universo e nel nostro sia reso esplicito. Mentre da una parte un leader (caricaturale quanto si vuole) punta a ottenere il supremo ordine, sopprimendo ogni tentativo di iniziativa, dall'altra un padre meticoloso vuole impedire al figlio di utilizzare i mattoncini come "banale" giocattolo. I Lego sono "un sistema avanzato di costruzione ad incastro", dice il padre (Will Ferrel, che non a caso dava anche la voce al cattivo del mondo-Lego), non giocattoli. C'è qualcosa di più, in questo confronto, della banale morale dei bambini innocenti che ancora hanno la capacità di sognare contrapposti agli adulti ingrigiti. Perché il padre/presidente non è un individuo grigio, incapace, ottuso: tutt'altro, è brillante, fantasioso, addirittura il più straordinario di tutti. Ma quella creatività viene espressa da lui solo su binari incanalati e precisi (i modelli perfetti e immobili), e non le è permesso divagare, oltrepassare i confini netti dei mondi che lui stesso ha inventato. È solo quando suo figlio gli fa notare che i Lego sono soprattutto un gioco che anche lui si ferma a riflettere.
Dicevo che c'è qualcosa, in questo confronto tra i due, che mi ha toccato. E credo che sia qualcosa che riguarda la capacità di creare, di lasciarsi trasportare dalle proprie idee, e di esprimerle nel modo più adatto possibile, per quanto inconcludente, incoerente ed apparentemente inutile questo possa sembrare. Vedo delle affinità con quanto io (come molti altri) faccio con la scrittura, o con la musica, e percepisco quel padre/presidente come la personificazione dell'astratto Sistema che ci vorrebbe incanalati e precisi. Ed è per questo che The Lego Movie, alla fine di tutto, mi è sembrato un film valido. Perché quello che cerca di trasmettere è che non sarà l'amore, non saranno la bontà né la misericordia, ma la creatività a salvare il mondo.
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Published on March 03, 2014 23:30

March 2, 2014

Trentemoller live @ Estragon (Bologna) 24/02/14

All'inizio di questa settimana parlavo dell'album di Trentemoller recentemente acquisito, cercando di commentarne il valore e il significato. Ecco, ora posso dire che ho sbagliato tutto.
No ok, non voglio essere drammatico. In effetti quanto ho detto vale ancora, ma adesso ho acquisito anche tutta una nuova prospettiva. Questo perché lunedì 24 febbraio (il giorno stesso in cui il post era programmato) ho assistito a un'esibizione live dello stesso Trentemoller, all' Estragon Club di Bologna (che credo fosse un hangar di un aeroporto fino a qualche anno fa). E posso dire che finché non si è ascoltato nella versione live, Lost non si esprime nemmeno a metà del suo potenziale.


Facciamo un passo indietro, perché in realtà quello che sto per scrivere non è tanto una recensione aggiornata del nuovo album, quanto un resoconto dell'esperienza. È stata la prima volta che ho assistito a un'esibizione live di questo tipo, che pur trattandosi di uno spettacolo di musica elettronica non può certo definirsi dj set e nemmeno live set, ma è un vero e proprio concerto. Questo perché Trentemoller nel live si esibisce con tutta la sua band: batterista, chitarristi, cantanti, fonico (non sono riuscito a ritrovare i nomi di tutti, ma credo che tra loro ci siano Marie Fisker e Mikael Simpson). La cosa conferma in parte quanto affermavo di Lost, ovvero che è un album che vira ancor più dei precedenti (Into the Great Wide Yonder e The Last Resort ) sul lato indie/pop, ma c'è anche da considerare che i pezzi eseguiti non sono tutti tratti dall'ultimo disco, ma anche dai precedenti, e che oltre ai nuovi Still On Fire (pezzo di apertura), Candy Tongue, Trails sono stati eseguiti anche classici come Moan, Miss You, Take Me Into Your Skin, Silver Surfer Ghost Rider Go!.
Dopo l'apertura con un live set (stavolta sì) di T.O.M. and His Computer , che ha avuto evocate l'appropriata atmosfera (ascoltate il suo pezzo Cello Bender), le luci si sono spente e sono saliti sul palco Trentemoller e i suoi. Poche parole, qualche gesto di ringraziamento e incoraggiamento al pubblico, e la musica parte subito. Ed è qualcosa di davvero incredibile, vedere sul palco (e lo vedevo bene, perché ero davvero in prima fila, a un braccio e mezzo di distanza dalla batteria) reinterpretate una versione inedita, vivida, e forse per certi aspetti anche improvvista, pezzi che si è abituati a sentire all'interno di un dj set. Il panorama della musica elettronica è piuttosto vasto, e ci sono decine di artisti borderline che è difficile inquadrare all'interno di generi specifici, ma tra tutti Trentemoller appartiene forse al gruppo dei più eclettici e innovativi. I suoi pezzi techno/electro eseguiti sul palco assumono un significato nuovo, e grazie alla preziosa collaborazione di cantanti, musicisti, scenografie (e pubblico!) lo spettacolo risulta qualcosa di unico ed intenso.
Da questo consegue la solita triste constatazione come nel nostro paese artisti di questo livello siano per lo più ignorati, relegati al ruolo marginale di musicisti di nicchia e di poco valore, quando non si può non riconoscere la grandezza di un'esibizione che mischia così sapientemente strumenti, generi e temi. Il tour europeo di Trentemoller contava solo due date italiane, e anzi è quasi una fortuna che sia passato anche di qui. Non sto a snocciolare qui il solito pistolotto su quanto siamo provinciali e retrogradi, non tanto perché questa è la "musica del futuro" (la musica è astorica), quanto perché, salvo l'universale principio de gustibus, è ottuso limitare la propria fruizione di sonorità a quello che viene comunemente proposto per radio. Non porto avanti la predica perché so che non saranno certo le mie parole a convincere chi non la pensa come me, ma ci tengo a ribadire che, qualora qualcuno fosse interessato, sono disposto a parlarne.
Ma se come si dice un'immagine vale più di mille parole, allora forse un video vale più di un milione, e allora invece di ragionare vi faccio vedere di cosa stiamo parlando (e considerate che questa era proprio la mia prospettiva, credo che il tizio che ha ripreso fosse proprio dietro a me). Metto il video di Miss You/Take Me Into Your Skin, ma tra gli upload si possono trovare quasi tutti i pezzi, quindi scorreteli tutti. E se al prossimo tour volete essere della partita, fatemi sapere.

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Published on March 02, 2014 02:39

February 28, 2014

Coppi Night 23/02/2014 - Anchorman

Due settimane fa parlavo di Ben Stiller, citandolo come uno dei riferimenti per la commedia americana e paragonandolo ad altri suoi pari. Tra questi non ho elencato Will Ferrel, che è invece protagonista proprio di questo film: non è stata una mia svista, perché in effetti credo che Ferrel si possa considerare un esponente di un genere diverso, che rientra sempre nella tipologia della commedia ma vira più verso il surreale o demenziale. Sono esempi di questo genere film come Blades of Glory o The Ballad of Ricky Bobby . In ogni caso, il ruolo tipico di Ferrel è in un certo senso l'opposto di quello di Stiller: il primo infatti propone di solito personaggi grintosi, arroganti, vanagloriosi; Stiller invece è più sul dimesso, insicuro, ansioso. Sarà una deformazione professionale, ma vedo le loro differenze ben rappressentate dalla coppia fissa di Futurama Zapp Brannigan/Kif Kroker.

Anchorman è il tipico film incentrato su una specifica professione, in cui Ferrel interpreta il campione di turno che viene improvvisamente scalzato da un novellino. Qui la professione in oggetto è quella di conduttore televisivo, ed essendo ambientato nei primi anni 70 la novità è l'arrivo di una donna con ambizioni da anchorman (o anchorlady). Il team di giornalisti (anchorman, inviato, giornalista sportivo e meteorologo) rimane sconvolto dalla progressiva presa di posizione della ragazza, quando questa dapprima viene affiancata al conduttore e poi lo sostituisce del tutto. In realtà oltre al classico scontro tra gli avversari c'è anche un contatto diretto, poiché la nuova giornalista e l'affermato anchorman hanno una relazione che viene però messa in crisi proprio dalle divergenze professionali.

È proprio questo uno dei punti più deboli del film. Premesso non va ricercata una coerenza assoluta in un prodotto del genere che è chiaramente tendente al surreale (e l'apice del nonsene si ha nello scontro tra i team di giornalisti dei vari canali), mi è sembrata però quasi improvvisata la fugace relazione tra Ferrel e la ragazza, considerato che il nucleo narrativo si concentra più sulla loro figura professionale che personale. E anche se il coinvolgimento riemerge nel finale, questa stessa parte avrebbe potuto essere portata avanti sulle basi di semplice "stima reciproca" piuttosto che amore romantico. Anzi, in questo caso il messaggio sarebbe stato ancora più forte. Personalmente credo che la storia avrebbe retto benissimo, anzi forse meglio, senza la relazione, che oltre tutto sembra incoerente con gli stessi principi della donna, che rifiuta con sdegno le avances di tutti i colleghi (anche quelle dell'anchorman).

Un altro aspetto che mi è sembrato superficiale è l'ambientazione: si parla di anni 70, certo, ma a parte baffi e basettoni c'è poco altro che rievochi l'epoca, e sembra per il resto di trovarsi in una qualunque altra epoca moderna, visto che non ci sono elementi caratteristici di quel decennio. Questo d'altro canto rende la leggera patina satirica più attuale, visto che l'argomento di punta dei tg anni 70 sembrano essere le cazzate legate agli animali, e la storia-bomba dell'anno è il parto di un panda allo zoo. Si notano strane attinenze coi tg attuali...

A parte queste storture il film è sicuramente godibile, soprattutto per l'efficacia dei ruoli principali, tra cui spiccano (ovviamente) Will Ferrel e il collega del meteo, dichiaratamente idiota, che piazza la maggior parte delle gag più efficaci. Simpatici anche i numerosi cameo, da Vince Vaughn (per quanto non lo sopporti) al Ben Stiller di cui parlavo all'inzio, fino addirittua a Danny Trejo. Solito film di poche pretese ma valido per trascorrere una buona ora e mezza spaccata.
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Published on February 28, 2014 00:00

February 25, 2014

Candidatura al Premio Italia 2014

Ok, forse non è molto nobile da parte mia scrivere un post per elemosinare voti, ma insomma, alla fine dei conti siamo costantemente in campagna elettorale quindi dieci righe di propaganda in più non dovrebbero danneggiare nessuno. Sono aperte da queste settimana le votazioni per la prima fase del Premio Italia , il ramo italiano (dal nome piuttosto vago) dei riconoscimenti per la fantascienza della World SF. Il Premio Italia esiste dagli anni 70, è stato più volte modificato nel regolamento ma tuttora sopravvie, e nonostante la valanga di polemiche che suscita ogni anno, è lì e qualcosa dovrà pur contare.

Ora, il fatto è che, se l'anno scorso ero candidabile per la pubblicazione di Sinfonia per theremin e merli nella raccolta edita da Della Vigna, anche quest'anno lo sono, in virtù della mia pubblicazione di Spore . Quindi potrei essere votato non solo per un singolo racconto ma per un'intera raccolta che pure porta il mio nome in copertina! Il problema è che il Premio in questione si articola in svariate fasi, la prima delle quali è la definizione dei candidati, che avviene in base ai voti esprssi dagli iscritti alla World SF o i partecipanti alle ultime Italcon (da questa edizione, i partecipanti fino 5 anni prima). Per questo la platea dei votanti è piuttosto ristretta, ed è difficile per chi non rientra tra gli "addetti ai lavori" riuscire a farsi spazio.

Non so quanti di coloro che bene o male mi seguono rispondano ai requisiti richiesti per la votazione, in ogni caso tutti gli elettori sono stati notificati dell'apertura delle elezioni, quindi se vi è arrivata una mail vuol dire che potete votare. E se potete farlo, magari perché non proporre la candidatura della mia antologia?

So bene che è quasi impossibile, e anzi ancora più dell'anno scorso, perché mentre Della Vigna è un editore accreditato nell'ambito sf, la Factory Editoriale I Sognatori non solo è appena nata, ma multigenere, quindi pochi dei professionisti del settore ne saranno a conoscenza (o si fideranno). Tuttavia, se il libro vi è capitato per le mani, o ne avete sentito parlare, e malauguratamente avete facoltà di voto, fateci un pensiero. E se invece potete votare, ma non avete letto Spore, perché non vi scaricate l'anteprima (che sono quattro racconti completi!) e giudicate in base a quella?

Per Sinfonia per theremin e merli ottenni 5 voti, che sì sono una miseria, ma mi sono parsi comunque eccezionali. Non conto di riuscire a fare di meglio con Spore, ma chissà, se mi aiutate a diffondere il mio appello, magari arrivo anche alla decina.

Grazie a tutti per la fiducia e la pazienza, a buon rendere.
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Published on February 25, 2014 01:20

February 23, 2014

Ultimi acquisti - Febbraio 2014

So che è passato fin troppo poco tempo dall'ultima tornata di acquisti, ma si tratta in questo caso di una circostanza eccezionale. Infatti, notizia bomba, dalla fine di gennaio sono entrato in possesso (non sto a spiegare in quali circostanze, ma non l'ho rubato a nessuno) di un giradischi, e questo mi ha catapultato di botto nel mondo del vinile! Incidentalmente, questo comporterà anche una drastica riduzione della mia vita sociale, ma è un prezzo che sono disposto a pagare. L'introduzione del vinile ha reso necessaria una immediata visita a Disco Mastelloni per riapprovvigionarmi di nuovi titoli, e con l'occasione ho messo in stock anche qualche disco capitato sotto mano.

Partiamo con William Onyeabor. L'album si chiama appropriatamente Who Is William Onyeabor? , perché evidentemente non si tratta di un autore tanto noto, o almeno di un personaggio sfuggente. Dj nigeriano attivo dalla metà degli anni 80, Onyeabor ha piazzato un paio di pezzi nelle classifiche internazionali, ma non si è mai esposto più di tanto, limitandosi a produrre le sue tracce in stile disco/house, con contaminazioni funk e jazz, e un chiaro richiamo alle sonorità afro. Non è facile inquadrare il genere, ma se ne percepisce tutto il calore e si rimane rapidamente coinvolti. Per cui anche se alla fine non si scopre chi sia William, si riesce comunque ad apprezzarne le capacità.

Quando dico che la musica elettronica ha spesso un legame evidente con la fantascienza, mi riferisco soprattutto ad artisti come Jeff Mills. Uno degli autentici pionieri del genere, capace non solo di comporre ma anche di ridefinire la musica, Mills si è dedicato più volte alla rielaborazione delle colonne sonore di storici film sci-fi, come Metropolis o Fantastic Voyage , mentre in questo caso dedica la sua opera all'esplorazione spaziale, e più nel dettaglio agli esoplaneti. Chronicle of Possible Worlds è più di un album, è un progetto artistico completo, perché comprende musica, fotografia, danza, e si esprime nell'ambito di uno spettacolo ideato e curato da Mills con la collaborazione di altri professionisti, ed eseguito in alcuni teatri francesi. L'album è un'edizione speciale che contiene un dettagliato libretto, con le nozioni scientifiche di riferimento e la storia del progetto, oltre a un dvd con la rappresentazione finale. E continuate a dire che questa non è musica, eh.
E poi c'è Trentemoller. Sono arrivato un po' in ritardo, ma finalmente ho nella mia collezione Lost , il suo album del 2013. Per la verità, oltre alla regolare edizione su cd, ho anche il vinile con le versioni strumentali, cosa che mi fa godere non poco. In questo nuovo disco, Trentemoller dà più sfogo alla sua vena indie-pop rispetto a quella più elettronica. Il risultato è un album di ispirazione IDM, ma con forti componenti rock/pop/ambient e importanti featuring di vari esponenti (importanti ma non scontati) della musica internazionale. Si tratta probabilmente di un album di ascolto più facile rispetot ai precedenti, e sembra di essere lontani dalla techno di The Last Resort , ma se si fa più attenzione si può scorgere che il percorso è quasi naturale, e il cambiamento non rappresenta una "evoluzione", quanto una diversa focalizzazione degli stessi temi su schemi alternativi. Un altro ottimo lavoro, che peraltro potrò ascoltare live proprio stasera, in una delle uniche due date italiane del tour. Poi magari vi farò sapere...

Monkeytown è il primo album dei Modeselektor di cui entro in possesso (anche questo in vinile), dal quale è poi derivata l'omonima etichetta. Il duo è uno dei più rappresentativi del sottogenere IDM, e sono quelli che insieme ad Apparat formano i Moderat, di cui ho parlato in occasione del secondo album. La loro musica è un misto tra elettronica, breakbeat e hiphop, e nonostante quest'ultimo genere mi sia tutt'altro che gradito, il loro modo di proporlo, che racchiude in sé il germe del dubste che poi è esploso in questi ultimi anni, ha tutto un altro impatto. Anche loro si fregiano di preziose collaborazioni, tra i quali lo stesso Apparat, Siriusmo e Thom Yorke.

Infine abbiamo aggiunto un'altra compilation, Vagabundos 2013 , due cd mixati da Cesar Merveille e Mirko Loko. I due dj della Cadenza propongono una selezione che ha qualcosa in più della tipica minimal proposta dall'etichetta, e con pezzi di Daze Maxim, LoSoul, Matthew Dear e lo stesso Merveille offrono una buona selezione minimal/house. C'è spazio anche per un po' di melodia oltre a kick e bassi, il che non è mai sgradevole.
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Published on February 23, 2014 23:00

February 22, 2014

Coppi Night 16/02/2014 - La bambola assassina

È piuttosto raro che in una Coppi Night si finisca per vedere film vecchi di decenni, anzi di solito l'attenzione è più su film recenti, anche freschi di cinema. Per questo non saprei dire come siamo arrivati questa settimana a guardare questo classico del 1988, che rientra tra i classici del genere horror più spicciolo, che hanno generato numerosi seguiti (in questo caso pare ne esistano 5).
Pur essendo un genere che mi capita di affrontare, non posso definirmi un fan dell'horror, per cui non so se Child's Play sia considerato un'opera intoccabile, e se parlarne in termini non estasiati sia un'eresia. Penso sia però abbastanza unanime il fatto che non si può certo parlare di una storia avvincente e sorprendente, anzi, tutti i cliché vengono puntualmente centrati, dall'assassino che si vendica dopo la morte alle discipline oscure, dal bambino in pericolo al poliziotto scettico... ma, ecco: forse questo è uno di quei film che i cliché li ha creati. La visione è scorrevole, nonostante succeda precisamente quello che ci si aspetta, non si rimane annoiati e questo per quanto mi riguarda è già un grande passo in avanti per un film horror. C'è ben poco di che spaventarsi, anzi, molte scene risultano diverenti grazie anche al contrasto grotteco tra l'aspetto innocuo del bambolotto e la sua parlata sboccata. Chucky è tutt'altro che spaventoso, visto adesso... ma mi immagino che se avessi visto questo film da bambino ne sarei rimasto piuttosto impressionato (It ci ha condizionati tutti verso i clown, lo stesso forse vale per questo).
Poco altro da aggiungere sul film in sé, viro su due considerazioni di carattere tecnico, sull'evoluzione dell'industria e dei modelli cinematografici. La prima è la constatazione di come, con il progredire della tecnologia gli "effetti speciali" in senso lato non abbiano mediamente subito un incremento. Se si paragona infatti la il bambolotto di questo film a certi mostri in CGI degli ultimi anni (anche di film con budget decisamente superiore), è quasi sorprendente notare come il semplice modellino appaia più realistico e credibile. Ma immagino che oggigiorno sia più costoso costruire un pupazzo con parti semoventi piuttosto che affittare un greenscreen e poi pagare un postproduttore freelance per aggiungere sfondi, mostri, effetti e così via. E i risultati si vedono, spesso...
La seconda riflessione è sul ruolo dei bambini nei film. Sbaglio io, o anche questi si sono in qualche modo evoluti? Lo stereotipo del birichino dal cuore d'oro, pasticcione ma onesto (e in definitiva detestabile, per quanto mi riguarda) che andava all'epoca di questo film, si è spostato più verso il bambino introverso e profondo, difficile da capire ma capace di illuminare le controparti adulte. Insomma, io è tanto che non vedo nei film questi bimbi rompicoglioni che ne combinano di tutti i colori, piuttosto mi sembra che siano più frequenti quelli del tipo che vede la gente morta. È una mia percezione distorta o è davvero così? E nel caso, se ne può trarre qualcosa sul mutamento dei modelli sociali/familiari? Aspetto che ne parli Giletti a L'arena per poter afferrare meglio la situazione.
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Published on February 22, 2014 10:41

February 20, 2014

Futurama 7x21 - Assie Come Home

Lo so che questo titolo vi ricorda qualcosa, e sarebbe tutto più chiaro ponessi qui la detestabile sigla anni 80 che risveglierebbe i vostri ricordi ancestrali. Ma non voglio scadere troppo nel trash, quindi evito di mettere il video che sicuramente si trova su youtube, e vi faccio solo notare che basta aggiungere una L all'inizio per capire la citazione. Ma naturalmente qui non si parla di cani, perché l'assie del titolo è in effetti lo shiny metal ass di Bender, che fin dalla prima puntata della serie è uno dei personaggi più ricorrenti (o almeno uno dei più nominati).
In questo episodio, dopo essere stato derubato di tutte le sue parti su un pianeta di bande criminali, Bender va alla ricerca di tutti i suoi pezzi mancanti, tra i quali naturalmente il più importante è proprio il più difficile da rintracciare (per intendersi, il culo di Bender è il fondale del cilindro che costituisce il corpo del robot, con i due buchi circolari per il passaggio delle gambe). Ognuno dei pezzi mancanti (l'antenna, il torso, le gambe, le braccia...) è stato venduto sul mercato nero ad acquirenti diversi e viene sfruttato per gli scopi più vari, e apparentemente incompatibili con la natura dell'oggetto. Inoltre, ritrovato il prezioso Assie, Bender dovrà anche compiere una fatale scelta tra riavere la sua parte più amata e lasciarlo dov'è, dove può finalmente fare del bene a tutti gli abitanti della Galassia. Purtroppo non posso essere più specifico perché si potrebbe capire facilmente dove la storia vada a parare, se rivelassi dove si trova infine Assie e che uso ne viene fatto.
In questa puntata si può riscontrare una quasi completa assenza di particolari idee fantascientifiche di fondo, che solitamente anche se non predominanti hanno comunque un ruolo centrale. Assie Come Home invece è essenzialmente una quest in cui i protagonisti (il solito trio) si impegnano. Con il pretesto della ricerca dei pezzi derubati si ha l'occasione di tornare in diversi posti visti in episodi precedente, e rivedere personaggi dimenticati da tempo, dai robo-nerd che studiano all'universtià marziana a Borax Kid. Naturalmente Bender si dimostra arrogante e aggressivo nei confronti di chi lo ha derubato, ed è solo scoprendo l'uso fatto del suo ex culo che ha qualche ripensamento. Può sembrare esagerato, ma vedere uno dei protagonisti che pensa di liberarsi della sua parte più importante (forse anche più importante dell'antenna!) si rivela davvero intenso.
L'episodio risulta quindi più che gradevole, con una parte iniziale estremamente spassosa (lo scontro tra le bande rivali che si riconoscono dai colori che portano), una parte centrale variegata grazie alla ricerca dei pezzi perduti, e una terza parte che pur senza grandi rivelazioni o plot twist riesce a coinvolgere, con un finale rassicurante. Voto: 7.5/10
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Published on February 20, 2014 00:00

February 17, 2014

Coppi Night 09/02/2014 - I sogni segreti di Walter Mitty

A me Ben Stiller piace. No, seriamente, del variegato gruppo di attorucoli da "film leggero" che ci sono in giro (non so, buttaci dentro un Adam Sandler, Vince Vaughn, Steve Carrel) lui è quello che reputo più capace e in grado di dare credibilità ai suoi personaggi, anche quando sono molto diversi tra loro. Non importa se ha fatto film come Zoolander o Dodgeball in cui interpreta in parole semplici un perfetto idiota, la sua performance risulta comunque convincente. E come attori che hanno fatto il suo stesso percorso (Jim Carrey, per dirne uno), anche lui riesce poi a rivelare la sua bravura quando si impegna in un ruolo diverso, "serio".
È il caso di questo film, che io avevo ignorato non per spocchia ma con la convinzione che fosse una delle solite commedie, che gradisco ma certo non metto in cima alla mia to watch list. Ma The Secret Life of Walter Mitty è di tutt'altro genere, e se pure è classificabile come commedia, e ne ricalca la struttura tipica, ha una profondità tutta diversa. Il Walter del titolo è il modesto impiegato di una grande rivista, addetto alla custodia dei negativi dell'archivio fotografico, il classico quarantenne avvilito che ha rinunciato a tutti i suoi sogni e si trascina senza entusiasmo nella vita. A sconvolgere la situazione c'è una foto dispersa, inviata dal più spericolato dei reporter freelance, e la decisione di ritrovarla per poterla far diventare copertina dell'ultimo numero della rivista. Ne segue un viaggio improvvisato e spericolato per mezzo mondo, in cui Walter, costretto alla solitudine e ad affidarsi alle sue sole risorse, scopre qualcosa su se stesso.
Attenzione però, non è una specie di Into the Wild, non è un banale "ritorno alla natura", la riscoperta dei valori tradizioali scalzati dalla modernità. A Walter piace il suo lavoro, è invaghito di una collega, ha una famiglia normale... la sua non è una fuga, ma una precisa ricerca, che incidentalmente lo porterà a scoprire lati di sé che non conosceva. E non c'è lieto fine, perché Walter (spoiler) non viene promosso direttore della nuova rivista online, non spiccica nemmeno un bacio alla ex collega, non sappiamo che cosa ne sarà di lui, dopo aver ritrovato quella foto. Eppure si può sperare che le cose vadano bene, e che possa essere, se non felice e appagato, almeno in pace con se stesso, certo di aver fatto la cosa giusta.
Questo è sì un film leggero, ma anche molto intenso, e Ben Stiller è davvero bravo a dare volto ed espressività a questo protagonista che lentamente acquisisce il controllo dei suoi sogni a occhi aperti, e, senza tanto clamore, diventa una persona migliore.
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Published on February 17, 2014 10:19

Unknown to Millions

Andrea Viscusi
Il blog di Andrea Viscusi since 2010

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