Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 38

January 23, 2017

Arrival in Embassytown: di cosa parlano gli alieni?

Con l'uscita di Arrival al cinema si fa un gran parlare in questi giorni (almeno nei circoli in cui mi ritrovo io) di linguaggio, di come questo influenzi il modo di pensare, e della possibilità di interagire con un'intelligenza aliena. E dato che ho finito di leggere Embassytown, l'ultimo romanzo di China Miéville (ma per me il primo letto di questo autore), proprio il giorno prima di vedere Arrival, l'occasione è ghiotta per fare un ragionamento più ampio, partendo da quanto queste due opere ci offrono come spunto di riflessione. Quella che segue quindi non è una recensione né di Arrival (o di Storia della tua vita : ai fini di questa riflessione si può considerare tanto il film di Denis Villeneuve che il racconto di Ted Chiang, per comodità userò il titolo del primo) né di Embassytown, ma attinge a entrambi e potrebbe contenere spoiler, quindi procedete a vostro rischio.
Partiamo cercando di capire cosa rende sensato un confronto tra le due opere. In entrambi i casi, abbiamo dei protagonisti umani che si confrontano con degli alieni parecchio alieni. Sia gli Eptapodi che gli Ariekei sono creature lontanissime dal modello umanoide a cui siamo abituati: gli eptapodi sono esseri ameboidi con un corpo a simmetria radiale (nel film appaiono come dei polpi-pachidermi, e credo sia un'immagine efficace); gli Ariekei sono ancora più strani, e anche se non è facile mettere insieme una descrizione completa da quanto si trova nel libro di Miéville, bisogna pensare a creature dotate di zoccoli, con decine di occhi montati su appendici coralline, dotati di diversi paia d'ali di cui alcune prensili e alcune sensoriali, e con due apparati fonetici usati simultaneamente. In entrambi i casi quindi, ci troviamo di fronte a esseri tanto diversi da noi da non poter avere dei punti in comune su cui basare una comunicazione immediata. La "vita quotidiana" così come il percorso filogenetico di un Eptapode o di un Ariekeo sono inimmaginabili, di fatto in Embassytown continuano a esserlo anche per gli umani che convivono con gli alieni nella stessa città.

Si può presumere che entrambe queste specie aliene si siano evolute in un modo (e in un mondo) molto diverso dal nostro, cosa che comporta non solo le differenze fenotipiche, ma anche un diverso modo di pensare. Sia gli Eptapodi che gli Ariekei si possono classificare come "specie intelligenti", nella misura in cui con questa definizione si intende una creatura che ha costituito un certo grado di civiltà e ha la capacità di manipolare l'ambiente che la circonda, costruendo oggetti e sviluppando un qualche tipo di tecnologia. Ci sarebbe tanto da discutere se questa sia la definizione corretta di intelligenza, ma accontentiamoci di questi assiomi tipici della Federazione Galattica. Il punto è che, per quanto intelligenti, la loro intelligenza non è direttamente rapportabile alla nostra: un ragionamento ariekeiano non è direttamente assimilabile a uno umano. Per capire quindi cosa dice uno di loro, non basta un semplice lavoro di traduzione, ma è necessario anche un cambio di prospettiva: se anche fosse possibile, una traduzione letterale di un discorso di questi alieni non avrebbe senso. In fondo, anche per le lingue umane troviamo difficoltà di questo tipo, eppure il nostro cervello è sempre lo stesso. Figuriamoci se ci troviamo a trattare con cervelli diversi, o magari con niente di paragonabile a un cervello.

Questo cambio di POV necessario agli umani per comprendere gli alieni si realizza in maniera diversa. Da una parte la scrittura degli Eptapodi permette a chi la impara di riprogrammare la sua percezione del tempo e iniziare a considerarlo non più come una sequenza, ma come un insieme unitario e circolare. Al contrario l'eptapode parlato risulta incomprensibile e irriproducibile per gli uomini, ma d'altra parte gli stessi alieni preferiscono usare il linguaggio scritto. Da parte loro invece gli Ariekei non hanno nessun tipo di scrittura. Per poter parlare con un Ariekei è necessario riprodurre il suo modo di parlare: serve una doppia voce che parli in contemporanea, diretta dalla volontà di un unico individuo. A questo scopo vengono creati gli Ambasciatori, coppie di cloni geneticamente ingegnerizzati e in seguito addestrati per pensare in maniera univoca, ed esser così risconosciuti dagli Ariekei come creature intelligenti (gli alieni faticano infatti a considerare le singole persone come esseri senzienti).

Si può in un certo senso considerare le lingue eptapode e ariekei come due estremi opposti di espressività, al centro dei quali si trova l'uomo. Gli Eptapodi scrivono con simboli circolari, senza un inizio e una fine, riflettendo la loro astrazione dal piano temporale come lo concepiamo noi; gli Ariekei invece sono totalmente privi di astrazione, la loro lingua può esprimere soltanto ciò che esiste ed è tangibile, tant'è che hanno bisogno di qualcuno che "impersoni" le loro similitudini per poterle utilizzare.

Se quindi in Arrival la lingua è un'arma, in Embassytown la lingua degli alieni è un'arma smussata, inefficace quando viene confrontata con modi di esprimersi più complessi come la lingua umana, che comprende similtudini, metafore e menzogne. Prima dell'arrivo degli umani non parlavamo, afferma a un certo punto uno degli Ariekei, dopo che con estremo sforzo è riuscito ad arricchire la sua lingua con questi elementi basilari, quasi scontati, del linguaggio umano. E proprio come succede alla protagonista di Arrival, l'acquisizione di questo nuovo strumento è sconvolgente, doloroso, e finisce per riscrivere l'intero schema mentale dell'alieno.

Non sappiamo in che modo la diffusione dell'eptapode cambierà la società umana, così come si vede appena l'inizio della sperazione tra significante, significato e referente ad Embassytown. Non ci è dato di sapere quindi quanto profondamente questa riprogrammazione possa influenzare l'evoluzione della civiltà e dei singoli individui. Ma entrambe le opere ci mettono davanti le potenzialità del linguaggio come mezzo per espandere la propria consapevolezza. Sarebbe inesatto parlare di intelligenza in senso stretto, e affermare che alla luce di tutto ciò gli Eptapodi sono più intelligenti degli Umani che sono più intelligenti degli Ariekei. Ma senza dubbio dal confronto tra modi così diversi di concepire la realtà possiamo imparare molto, più che sugli alieni (che, a ben pensarci, sono inventati) su noi stessi. Fortuna che c'è mamma fantascienza a farci pensare a queste cose.
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Published on January 23, 2017 23:20

January 18, 2017

Coppi Night 15/01/2017 - Rats

La prima Coppi Night del 2017 sdogana i documentari, che non erano mai stati proiettati prima (e a quanto mi ricordo, nemmeno proposti), ma quando tra le possibili scelte è comparsa questa amena storiella su come i ratti convivono con l'uomo, nessuno ha saputo resistere. Soprattutto tenendo conto del fatto che è vietato ai minori di 14 anni!
In effetti non so bene come recensire un documentario. Non c'è una trama da riportare, ci sono solo dei salti di città in città, tra USA, UK, India e Vietnam, per mostrare modi diversi di confrontarsi con i roditori. Sono chiamati in causa un po' tutte le figure che ruotano intorno a queti animaletti, dai disinfestatori ai biologi, dai medici ai responsabili della sanità pubblica. In effetti alcune nozioni sono piuttosto impressionanti, come la stima di quanti ratti vivono a New York e di come sia fondamentalmente impossibile contenerli, alla visione della varietà e quantità di parassiti che i ratti veicolano (vermi, larve, batteri, protozoi). Ed è anche interessante constatare come, nonostante i nostri validi sistemi sanitari, malattie come la leptospirosi sono tuttora a rischio di diventare epidemiche. Del tipo, se domani tornasse a girare la peste, siamo sicuri che finirebbe meglio che nel 1300?
Il documentario punta molto sulla forza delle immagini, come le dissezioni dei ratti catturati (umanamente uccisi con iniezione dopo anestesia) e la caccia notturna degli accalappiatopi indiani, che li inseguono letteralmente uno per uno e li uccidono tirandogli il collo, così da non spargere sangue. Ma anche nella civilissima Inghilterra non è che ci si comporti in maniera più matura, eh.
Un altro aspetto interessante, e forse trattato un po' superficialmente, è quello dell'evoluzione parallela di umani e ratti. Il modo in cui questi ultimi siano riusciti ad adattarsi a vivere negli ambienti urbanizzati, stabilendo comportamenti che gli permettono una vita agiata e prolifica, e svilupando una progressiva resistenza ai veleni (tanto che a morire sono i predatori che si nutrono di loro, ma non loro), dovrebbe darci qualche indizio su quanto possiamo davvero considerarci padroni di questo pianeta. Non che i ratti abbiano il potere di sovvertirci, certo... ma non ne hanno nemmeno l'interesse. Ma i rapporti di forza tra noi e il resto degli organismi della Terra, per come siamo abituati a considerarli, sono chiaramente da mettere in discussione.
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Published on January 18, 2017 11:01

January 14, 2017

Projects Update: racconti, traduzioni e Scrabble

Credo che sia dai tempi in cui annunciavo l'imminente uscita di DTS (dicembre 2014) che non faccio un post sui progetti di scrittura in corso. Questo per due ragioni di base. Innanzitutto non mi piace fare gli annunci pubblici raccontanto quello su cui sto lavorando, perché mi metto nei panni dei destinatari del messaggio a cui, giustamente, fregacazzo: quando c'è qualcosa di pronto e disponibile, allora ne parliamo, ma mettersi a fare i teaser mi pare una manifestazione di vanità quando la vedo negli altri, perché quindi dovrei indulgerci io? In secondo luogo, c'è il fatto non banale che dopo l'usicta di DTS non è che abbia lavorato parecchio. Ok, il 2015 è stato dedicato in buona parte alla promozione del romanzo (con qualche soddisfazione, lo ammetto), mentre il 2016 è stato un anno difficile e impegnativo sotto molti punti di vista per cui a parte un paio di racconti non sono riuscito a combinare molto altro.
Ma nel 2017 ho intenzione di invertire la tendenza. In effetti non è che sono stato completamente immobile, e sono già previsti un paio di racconti medio-lunghi sui quali ho anche investito parecchio, ma penso se ne parlerà nella seconda metà dell'anno (per info vedi immagine a corredo del presente post). Nel frattempo sono anche in attesa di qualche riscontro da parte di editori in merito ad alcuni progetti che ho proposto, quindi anche in questo caso niente di pronto per uscire, ma che potrebbe portare a qualcosa di interessante nel medio periodo.
Un altro fronte su cui voglio impegnarmi di più è quello estero. Sto iniziando a muovere i primi passi per far tradurre in inglese un paio di miei lavori (scegliendoli tra quelli che hanno avuto maggior "successo"), per poi proporli a qualche rivista. Chiaramente anche qui non ci sono garanzie di successo e rapidità, ma si tratta di un passo che ho sempre voluto fare e che forse solo adesso (in particolare dopo la conversazione con Tricia Sullivan avuta a Milano quest'anno) sono pronto a compiere.
Ma c'è una domanda che ricorre più spesso tra quella mezza dozzina di persone seriamente affezionate alla mia produzione (che dio ve ne renda merito!). Ovvero: e il prossimo ROMANZO?
In un mondo ideale, questa domanda non dovrebbe avere senso. Se i miei lavori continuano a uscire e sono buoni, perché dovrebbe interessare che si tratti di un romanzo o di un racconto? Ma la triste realtà editoriale è che i racconti (e le raccolte di) non tirano. I risultati che ho ottenuto con Spore (fuori catalogo da un paio di mesi) sono stati in questo senso ottimi, ma è difficile riuscire a calamitare l'attenzione con testi brevi. Per cui sì, prima o poi dovrò mettermi sotto per fare il lavoro grosso. Non che mi manchino gli spunti, anzi: ho due racconti che si prestano all'ampliamento in romanzo (uno dei quali rientra nei progetti per i quali sto aspettando riscontro), ma soprattutto ho quell'idea vincente per la mia leggendaria trilogia young adult. E dico "leggendaria" non nel senso che è un'opera dai toni epici, ma perché è così tanto che ne parlo che ormai mi sembra si tratti di una creatura mitologica.
Però è vero: ho già in testa la storia di Scrabble , la prima parte della serie su cui verrà poi basata una saga di film, che ovviamente saranno quattro perché il terzo volume sarà scomposto in parte 1 e parte 2 allungando il brodo. Per il momento non anticipo nulla di quello che è il nucleo centrale della storia, ma posso confermare che il titolo è un indizio essenziale (a maggior ragione se si considera che il secondo libro si intitolerà Taboo; per il terzo ancora non sono sicuro) e che sono serio quando parlo di young adult, e aggiungo pure che sarà vagamente distopico. Mi sono svenduto alla moda del momento? Ai post (su facebook) l'ardua sentenza.
Per Scrabble ho deciso di impormi una scadenza: dato che a settembre di quest'anno occorrerà un altro evento abbastanza centrale nella mia vita adulta, prima di allora dovrà essere pronto. Non credo che inizierò a lavorarci prima di metà febbraio, per cui ho sei mesi circa per completare la prima stesura. Inutile dire che non ce la farò mai.
Insomma, questo è quello su cui stiamo provando a lavorare. Nessuno si aspetta seriamente che possa portare risultati eclatanti, ma almeno la nostra piccola parte la facciamo. Firmato io, e la mia accidia.
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Published on January 14, 2017 03:51

January 9, 2017

Rapporto letture - Dicembre 2016

Ultimo mese dell'anno, tempo di bilanci e considerazioni finali. Vogliamo fare una panoramica dei libri letti l'anno appena trascorso? No, non vogliamo. Sennò che ci stanno a fare i tag sul blog, potete leggervi apposta i rapporti letture precedenti, e gli approfondimenti che ho dedicato ai singoli titoli, laddove ho ritenuto che meritassero più spazio. Fatto questo, passiamo agli ultimi tre titoli consumati nel 2016.
Per primo, completiamo la saga arabesca di Jon Courtenay Grimwood pubblicata da Zona 42: dopo Pashazade e Effendi, la storia si chiude con Fellahin . Gli ingredienti sono sempre gli stessi: Ashraf Bey con la sua volpe, intento a risolvere un crimine a cui è a sua insaputa collegato e che può riscrivere gli equilbri di potere del Nordafrica ucronico di questa serie. A tutto ciò si aggiungono personaggi di contorno vividi, flashback, rivelazioni, e una puna di romanticismo inaspettato. Quella di Raf è una storia che si ripete ma sorprende sempre, in un mondo diverso dal nostro ma in fondo familiare. Se il plot è simile per struttura ai due romanzi precedenti, la posta in gioco cambia e tra i protagonisti c'è il padre di Ashraf (ma poi lo è davvero?), l'emiro di Tunisi, vittima di ripetuti tentativi di omicidio. Se si vuole fare un appunto al libro, i flashback sulla madre di Raf non sembrano aggiungere molto alla storia, e infatti si interrompono dopo metà libro. Per il resto è confortante ritrovare gli stessi personaggi, ognuno con le sue caratteristiche (in certi casi quasi esasperate), e scoprire finalmente il segreto delle origini di Raf, praticamente insieme a lu. La storia finisce ma non in modo definitivo, per cui chissà se potremo sentire ancra parlare di Ashraf e della sua vope. Una bella conclusione per una serie appassionante ed esotica. Voto 7.5/10

Anche il secondo libro è la seconda parte di una serie, e guarda caso anche questa iniziata a leggere insieme a quella di Grimwood. Il volume 2 di Oscure Regioni completa la raccolta di racconti ispirati al folklore regionale italiano scritta da Luigi Musolino, con le dieci regioni che non rientravano nel primo volume. Racconti principalmente horror, ma anche weird e fantascienza, in cui ricorrono mostri, animali mitologici, streghe e anche alieni. Certo non tutte le leggende hanno lo stesso fascino, e i racconti ne risentono di conseguenza, ma il livello è sempre medio-alto e alcuni lavori sono delle piccole perle di tensione. Tra i migliori di questa tornata Smeraldo e La Marrocca. Forse leggendoli tutti in sequenza emerge un po' troppo lo schema ricorrente del personaggio con vita normale interrotta da un evento anomalo, ma d'altra parte per sviluppare un racconto basato su una leggenda popolare probabilmente no ci sono molte altre strade. Voto: 7.5/10

Infine si torna alla fantascienza quella più ordinaria, con l'ultimo numero di Robot (o almeno l'ultimo che ho io, forse ne è uscito un altro nel frattempo). In questo numero sono rimasto sorpreso da un paio di racconti di buon livello, peraltro di autori "giovani": I corridori di Lorenzo Crescentini e Le piantagioni di Luigi Casili. Buono anche l'ultimo di Mike Resnick, simpatica la variazione sul tema Sherlock Holmes di Susanna Raule. Nostra signora della strada, vincitore del Nebula 2015, mi è parso invece piuttosto noioso e senza un vero nucleo speculativo. Nella media comunque un numero di qualità superiore alla media, che contiene anche un paio di articoli interessanti. Dopodiché ho iniziato a leggere Embassytown e e le cose si sono complicate, ma di questo parleremo il mese prossimo.
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Published on January 09, 2017 23:00

January 5, 2017

Fan-O-Rama: A Futurama fan film

In quanto autoproclamato fan italiano numero uno di Futurama non farei il mio dovere se non segnalassi l'uscita recente di questo fanfilm di cui si era sentito parlare nei mesi passati, ma che non era ancora stato annunciato ufficialmente.
Fan-O-Rama è un cortometraggio realizzato dalla Cinema Relics, che consiste essenzialmente in un adattamento live action di Futurama. Per i meno familiari alla tassonomia dei prodotti televisivi/cinematografici, per live action si intende una produzione con "attori veri", umani, in carne e ossa: di solito si usa questa terminologia in opposizione ai prodotti di animazione, per evidenziare appunto che si tratta di una versione girata e non animata. Per fare un esempio, il celebratissimo Dragonball Evolution è il live action dell'anime Dragonball. In genere i live action non incontrano un grande successo, vuoi per l'oggettiva difficoltà di trasporre in modo efficace elementi straordinari (sempre in Dragonball, i combattimenti acrobatici e le kamehameha traslati nella fisica reale perdono parecchio, stessa cosa per i mostri), vuoi perché il confronto con il prodotto d'origine è sempre in agguato ("era meglio il cartone/videgioco").
Nel caso di Fan-O-Rama non si parla però di una produzione cinematografica di alto livello, ma di un fanfilm, cioè di un lavoro a basso budget messo su da appassionati che hanno voluto fare un "omaggio" alla serie. I fanfilm sono una realtà vasta e interessante, e ci sono alcuni esempi virtuosi come la serie Dark Resurrection , produzione italiana ambientata nell'universo di Star Wars.
La sfida che si pone a chiunque voglia traslare Futurama nel mondo reale è la resa dei personaggi. Alcuni sono normali umani, come Fry ed Hermes, ma già un mutante monocolo come Leela può comportare qualche difficoltà. Quando si arriva a Zoidberg e Bender, la faccenda si complica ulteriormente. Senza considerare tutti gli ammennicoli del XXXI secolo, dalle astronavi ai jetpack, dagli ologrammi alle teste in vasca. Le soluzioni proposte da Fan-O-Rama funzionano a tratti. Per una Leela convincente (e che ci fa realizzare quanto sarebbe uncanny un ciclope nella realtà) abbiamo altri personaggi più legnosi, come appunto il robot e il crostaceo. Anche il livello delle animazioni in CGI è abbastanza basso, se si paragona con quello a cui ci abitua il cinema contemporaneo.
Tuttavia, se il reparto tecnico non è perfetto (e onestamente non ci si poteva aspettare di più, visti i comprensibili limiti di budget), si può percepire come il lavoro sia stato svolto con passione e nello spirito della serie originale. I personaggi non sono "imitati" e le loro voci non sono quelle dello show (anche perché si tratta di doppiatori professionisti sicuramente non facili da ingaggiare), ma l'interpretazione di tutti è in linea con le caratteristiche di ognuno. Così, anche se Fry e Brannigan hanno una voce diversa, il loro modo di parlare e di comportarsi, fino anche al linguaggio del corpo, ricorda davvero i personaggi del cartone.
L'episodio non ha una trama vera e propria e non è conclusivo, come ci spiega candidamente Zapp alla fine. Ma dopo i 15 minuti circa della puntata troviamo anche una piacevole bonus track con un episodio speciale di Everybody Loves Hypnotoad. Il video è disponibile su Youtube, mentre sul sito si trovano dettagli relativi al cast, la produzione e un'utilissima FAQ (che risponde anche alla vostra prima domanda: "conosco un tizio che sa imitare benissimo Zoidberg perché non avete preso lui per il vostro film?"). Qui vi lascio il trailer:

Di certo Fan-O-Rama non rimarrà negli annali del cinema, ma è un indizio di come la comunità dei fan di Futurama (che già sono riusciti a far resuscitare la serie due volte) continui a essere attiva. Magari a qualcuno viene l'idea di poter riprendere la serie... ti fischiano le orecchie, Netflix?
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Published on January 05, 2017 03:20

December 28, 2016

Coppi Night Special Edition 26/12/2016 - Oceania

La specialità di questa Coppi Night sta nel fatto che intanto non era una night ma un mid-afternoon, e che invece del pizza + film a casa è diventato hamburger + cinema per fare qualcosa a Santo Stefano quando fuori c'è una nebbia da brughiera padana e quindi cosa potresti fare di meglio? Contiamola allora come Coppi Night così ho l'occasione per il probabile ultimo post del 2016.
Erano anni che non mi capitava di andare a vedere un "film di Natale", visto che in genere le proposte per questo periodo mi lasciano alquanto indifferente: cinepanettoni a parte (fenomeno che mi pare un po' in declino), di solito c'è la commedia per familige, il filmone sentimentale, il cartone e l'avventura. Per la verità non è che avessi tutta questa voglia di andare a vedere Oceania (o Moana come da titolo originale, da noi corretto per evitare equivoci sulla protagonista), ma tra le possibilità non mi dispiaceva poi tanto, considerando il generale livello qualitativo dei film Disney e l'ambientazione interessante.
Devo ammettere che sono rimasto un po' fregato dalla falsa equazione Disney = Pixar. Se è vero che il primo gruppo produce i lavori dello studio di animazione, in questo caso il lavoro è stato diretto direttamente dal nucleo centrale della Disney, ed è quindi un prodotto dedicato a un pubblico molto giovane, a differenza dei lungometraggi della Pixar che spesso sono forse anche più adatti al pubblico adulto. Insomma, Oceania non ha niente di nuovo a livello di struttura rispetto ai "classici", e ancora meno distanza rispetto a successi più recenti come Frozen. Gli ingredienti sono gli stessi: principessa ribelle (ok, figlia del capovillaggio, ma si equivalgono), popolo in pericolo, parente morto che fa da spirito guida, partner guascone ma di buon cuore, animaletti simpatici di accompagnamento, e tante tante canzoni.
Si può parlare di un lavoro ben realizzato tecnicamente, il che non è banale se si considera che un elemento difficile da animare come l'acqua è onnipresente per tutta la durata. Scenografie e atmosfere perfette per rendere l'ambientazione polinesiana, e qualche elemento di mitologia interessante (anche se non mi sono premurato di controllare le fonti). Da qui a parlare di una trama coinvolgente però ce ne vuole, anzi la prevedibilità è a livelli di allarme, così anche le sequenze più intense nella parte finale risultano piuttosto fiacche. Personalmente poi trovo piuttosto irritante che le canzoni siano tradotte in senso letterale (almeno così presumo) senza un minimo tentativo di rispettare metrica e musicalità (ci fosse una-rima-una!). Già mi sto sforzando a sopportare gente che canta in mezzo a un film, se poi canta a caso figuriamoci!
In definitiva un film piacevole soprattutto per gli occhi, certamente con qualche gag azzeccata, ma che ha senso andare a vedere soltanto in presenza di marmocchi da far tare calmi un paio d'ore.
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Published on December 28, 2016 23:30

December 26, 2016

Doctor Who Christmas Special 2016 - The Return of Doctor Mysterio

È passato un anno dall'ultima volta che abbiamo sentito parlare del Dottore, il che di per sé sembra quasi incredibile. Lo abbiamo lasciato alla sua ultima notte con River Song su Darillium, e lo ritroviamo sulla Terra, a investigare sull'ennessima corporation dagli scopi poco chiari dietro la quale si nasconde un piano di invasione aliena. Tutto come da copione insomma.
A parte i soliti alieni malefici (l'anno scorso avevamo un corpo in cerca di testa, questa volta cervelli in cerca di corpi), questo episodio di Natale (che per la verità di natalizio ha molto poco) si focalizza su un tema che sembra non sia mai passato nella storia di Doctor Who : quello dei supereroi, intesi nel senso più classico e fumettistico del termine, tanto che l'apertura della puntata sembra citare direttamente i cinecomics Marvel, mostrando alcune tavole disegnate dalle quali si arriva poi al film. Naturalmente nell'universo di DW spiegare qualcosa come i superpoteri (volo, superforza, supervelocità, vista a raggi x eccetera) diventa semplicissimo, in questo caso basta avere a disposizione quella che è sostanzialmente una stella cadente che funziona davvero e avvera i desideri di chi la maneggia. Se ad averla è un bambino di otto anni appassionato di fumetti, si fa presto ad avere Ghost, il primo vigilante mascherato di New York. Come ogni supereroe che si rispetti, anche Ghost ha una doppia vita e una giornalista che cerca di scoprire la sua identità, e sarà questo a causargli le maggiori difficoltà nella parte centrale della storia. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, la puntata non parodizza la moda attuale dei supereroi, il personaggio di Ghost viene trattato con dignità anche se senza troppa serietà (ma quello è il tono generale dell'episodio).
In tutto ciò il Dottore è presente, ma il suo è quasi un ruolo secondario. È vero che è stato lui a rendere Ghost ciò che è, ma il centro dell'episodio è proprio il supereroe con il suo amore inconfessabile e la sua necessità di tenere in equilibrio le due vite. Certo è il Dottore a smascherare i piani del villain di turno, ma alla fine dei conti non è nemmeno lui a risolvere la situazione stavolta. E tutto sommato questo approccio non dispiace di tanto in tanto, visto che nelle ultime stagioni ci siamo abituati a un Dottore che è poco meno di un dio, intorno al quale si muove l'intero universo e che sembra l'unico in grado di gestire qualunque tipo di situazione.
Ancora a corto di companion dopo la morte (?) di Clara, per quest'avventura il Dottore si è portato dietro Nardole, l'irritante assistente di River Song dell'episodio scorso, che a ricordare bene era anche stato decapitato, ma si sa che la morte in DW è un concetto molto flessibile. Nardole fa da spalla comica, anche se personalmente non gradisco molto il personaggio e l'interpretazione, per cui la notizia che sarà presente anche in alcuni episodi della prossima stagione 10 non mi incoraggia. Mi aspettavo una sorta di cameo della nuova companion che è già stata annunciata da alcuni mesi, ma in realtà non si è vista.
Come nota di colore c'è da notare che "Doctor Mysterio" è il titolo con cui è stato adattato il Doctor Who classio in Messico, non senza una massiccia dose di edit tali da rendere lo show praticamente incomprensibile. Il titolo è quindi di una sorta di inside joke, che comunque non incide sullo svolgimento della storia.
The Return of Doctor Mysterio è quindi un episodio leggero e gradevole, dal focus un po' decentrato rispetto alle ultime cose viste, e che pertanto può servire come trampolino per un parziale rinnovo della serie, come ci si aspetta dall'inizio della stagione 10 (l'ultima di Steven Moffat e probabilmente anche di Capaldi). Fortunatamente non dovremo aspettare un altro anno, ma solo qualche mese. Voto: 7/10
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Published on December 26, 2016 09:55

December 22, 2016

Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica

Nel 2010 (vale a dire nel cambriano, rapportato ai tempi di fruizione attuali) la BBC produsse un adattamento in serie tv dei due romanzi investigativi di Douglas Adams. Il Dirk Gently del 2010-2012 è stata una produzione sfortunata, interrotta dopo appena 4 episodi, e che i più non ricordano di aver mai visto passare. A distanza di qualche anno ci hanno riprovato, stavolta sotto la direzione di Netflix (e chi sennò?), con un nuovo adattamento della serie del tutto indipendente da quello precedente: la prima stagione di 8 episodi è già conclusa, ed è arrivato il rinnovo per la seconda. Si direbbe quindi che Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica sia migliore del suo omologo del 2010. Ma è davvero così? Parliamone.
La premessa che sta alla base (e nel titolo) di tutti i Dirk Gently letterari o televisivi che siano, è l'investigazione olistica. Si tratta della scuola investigativa di cui Gently è l'unico esponente che consiste nel riconoscere l'interconnessione tra ogni cosa (da cui l'olismo), e permette quindi di raccogliere indizi in qualunque posto. Cioè, andare a caso. Tanto se tutto è connesso , allora non importa da dove si parte, si arriverà comunque alla soluzione che si sta cercando. Si capisce che è una premessa surreale, ed è comprensibile visto che si sta parlando di una creazione di Adams, ma è anche un approccio molto originale per una storia investigativa.

Gli otto episodi di questa nuova serie non rappresentano altrettanti casi, ma un'unica storia con un mistero centrale, la sparizione di una giovane ragazza, sulla quale Dirk è stato incaricato di investigare da parte del padre, che nel frattempo è stato assassinato. Il punto di vista dello spettatore è quello di Todd Brotzman (Elijah Wood), che viene coinvolto da Gently nell'indagine e che pur riluttante si lascia trascinare dall'eccentrico investigare che non sembra avere idea di quello che sta facendo. A loro si affiancano alcuni personaggi secondari che li aiuteranno (volontariamente o meno) a rimettere insieme i pezzi dell'intricata faccenda in cui hanno una parte inventori, hippie, rockstar, squali e cani. Sulla trama principale se ne innestano alcune accessorie, con diverse fazioni che sembrano tutte sulle tracce di Dirk: un gruppo di teppisti (i Rowdy 3), un agente della CIA e un'assassina olistica (cioè che uccide gente a caso).

La storia è piacevole da seguire, mantenendo solitamente un tono leggero e facendo uso ricorrente di gag comunque non troppo sopra le righe. Il problema è che la trama sembra inutilmente complicata, con l'unico scopo di rendere il mistero più difficile da sbrogliare, quando avrebbe potuto essere efficace anche senza l'aggiunta di tanti ingredienti. Intendiamoci, anche nel romanzo Dirk Gently originale avevamo di tutto (alieni, fantasmi, viaggi nel tempo, monaci elettrici), ma questi elementi per quanto variegati si innestavano in una trama che si rivelava estremamente lineare una volta compresa. Qui sembra invece che si sia fatto l'esercizio opposto, trascinandosi dietro per la strada qualche incoerenza di troppo, che osservata con occhio critico mina la credibilità dell'intera vicenda (non vado nel dettaglio per evitare spoiler, ma se qualcuno è interessato possiamo approfondire nei commenti).

Anche il Dirk Gently di Samuel Barnett non è esattamente come ci si aspettava. Non che l'interpretazione sia inadeguata, ma il personaggio non sembra comportarsi nel modo adeguato. Dirk Gently non fa che parlare e reagire come un ragazzino a tutto quanto gli succede, esagerando il suo entusiasmo e frustrazione in ogni situazione. In molte occasioni semra di avere davanti il Dottore di Matt Smith. Ma la cosa più importante è che non sembra per niente intelligente. Ora, se anche accettiamo il metodo di investigazione casuale, rimane il fatto che l'investigatore debba avere la capacità di mettere insieme ciò che si trova davanti. Questo Dirk non dà nessuna impressione di riuscire a capire qualcosa, tranne alla fine quando per qualche motivo ha chiara tutta la faccenda. Infine, anche se non viene spiegato del tutto, viene fatto intuire che Gently faccia parte di una speciale squadra di individui speciali che erano stati identificati e forse addestrati dalla CIA, e che quindi il suo "talento" olistico sia una una sorta di superpotere (dello stesso progetto fanno parte i Rowdy 3 e l'assassina olistica). Questo in un certo senso sminuisce il personaggio, perché porta a pensare che la sua abilità sia qualcosa di innato e incontrollabile, non l'applicazione cosciente di un metodo, sgangherato che sia.

Con questo non voglio dire che Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica sia una brutta serie. È sicuramente ben realizzata e si segue con piacere, però mi sembra lontana dall'approccio dei libri di Adams, che il Dirk Gently di qualche anno fa invece ricalcava con più fedeltà. È in un certo senso più arruffona, tende a procedere per accumulazione grossolana piuttosto che cesellando i dettagli, e perde così quella sottigliezza che invece si trova nei romanzi, tanto in termini di svolgimento che per il livello di umorismo. Insomma, vi piacerà tanto più quanto meno avete familiarità con il Dirk Gently letterario. Sfortunato io a considerarlo in effetti la migliore opera di Adams!
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Published on December 22, 2016 23:03

December 17, 2016

Rapporto letture - Novembre 2016

Eccoci coi libri letti a novembre, una spolverata di generi più ampia rispetto alla solita fantascienza che diciamoci la verità anche basta, no?

Del primo libro non parlerò in modo approfondito, perché ho dedicato a The Affirmation un post intero, quindi rimando a quello. Si tratta di un romanzo complesso, vagamente inquadrabile come una storia di universi paralleli, ma è soprattutto una storia sulla forza delle storie. Ne approfitto per far presente che con la progressiva conoscenza delle opere di Christopher Priest lo sto sempre di più elevando nell'empireo non solo dei miei scrittori "preferiti", ma di riferimento. Voto: 8.5/10




Torniamo poi nell'ambito della fantascienza con un autore italiano che ritengo tra i più interessanti. Di Francesco Troccoli ho letto molti racconti e i due romanzi della saga dell'Universo Insonne pubblicati qualche anno fa da Curcio (cercate sul blog), ora con Mondi senza tempo ho potuto completare la serie. La storia riprende a poca distanza da Falsi Dèi, con un Tobruk Ramarren tormentato da quanto successo nella missione precedente e tormentato da sogni che gli prospettano una realtà differente (does it ring a bell?). Il romanzo fondamentalmente riprende il tono dei precedenti, si tratta in linea di massima di un'avventura, con Tobruk che si imbarca in una nuova missione, stavolta per conto di quelli che erano i suoi nemici. Ma naturalmente dietro gli scopi dichiarati della missione ce ne sono altri più profondi, che affondano fino all'inizio del primo libro della serie. Non so se i due seguiti fossero previsti fin da quando è stato scritto Ferro sette, ma l'incastro funziona bene, e l'intera saga trova una sua completezza. Pur senza introdurre idee particolarmente originali o sconvolgenti (in certe parti sembra addirittura che sia citato il Piano Seldon!), il romanzo è ben scritto e strutturato, e contiene tutto quello che serve per concludere la vicenda. Voto: 7/10


Rimaniamo sugli autori italiani ma cambiamo decisamente genere, anzi, entriamo in un campo che non so bene che genere sia. L'editore Gorilla Sapiens per sua vocazione pubblica libri strani, narrativa al limite della narrativa, e ho avuto già esperienza con un i racconti di Carlo Sperduti. Qui è affiancato da Davide Predosin in un racconto epistolare che ruota intorno a Lo Sturangoscia , un apparecchio (una sorta di pompa idraulica) che si utilizza per estrarre materialmente dal corpo l'angoscia, identificata come fluido corporeo. Il carteggio tra i vari personaggi è surreale e delinea una storia sconnessa ma con una sua coerenza, tra società segrete, invstigatori, meteorologi regrediti a selvaggi, e altre assurdità. Tutto si gioca sulla forza delle parole, con un umorismo nonsense che funziona proprio perché wtf am i reading!? Non è sicuramente un libro apprezzabile da tutti, potete provarci se vi piacciono i Monty Python, per fare un esempio. Manuale d'uso dello sturangoscia compreso nel libro. Voto: 7.5/10
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Published on December 17, 2016 02:19

December 12, 2016

Coppi Club 11/12/2016 - Spectral

Riprendo col Coppi Club dopo qualche settimana di assenza, dovuta a impegni vari che non mi hanno permesso di fare la regolare serata pizza + film. Era anche il mio turno di proporre i film, cosa che mi risulta molto più facile da quando (come buona  parte del mondo civilizzato) ho l'abbonamento a Netflix. Tra i vari titoli che ho preselezionato ce n'era uno fresco fresco, prodotto dalla stessa Netflix, che pareva abbastanza accattivante a tutti i presenti.
Spectral si presenta come un action movie soldati contro fantasmi. Di solito i fantasmi sono protagonisti effimeri di storie horror a base di jumpscare, raramente vengono affrontati con un'attrezzatura specifica, se si esclude Ghostbusters che però si muove su toni ben diversi (e non vogliamo parlare di Ghostbusters, vero?). Quindi la premessa è in effetti interessante: i cazzuti marine stavolta non devono affrontare soldati avversari (yawn) né dinosauri, né mostri, né alieni, né zombie: si tratta di fantasmi, esseri invisibili e incorporei che possono uccidere con un solo tocco.
Il film ha per protagonista uno scienziato del DARPA che viene inviato in Moldavia dove alcune apparecchiature ottiche da lui progettate stanno dando rilevazioni piuttosto insolite. Sul posto, da tempo sconvolto da una profonda guerra civile, scopre le morti sospette e le immagini registrate prima di esse, che sembrano inquadrare appunto dei fantasmi, forme umanoidi evanescenti invisibil a occhio nudo, che attaccano i soldati. Il fenomeno viene interpretato in vari modi, dalle armi sperimentali agli "spirti di guerra", anime tormentate morte negli scontri che non riescono a trovare pace. Allo scienziato/inventore/ingegnere viene quindi affidato il compito di identificare la minaccia e scoprire come combatterla, anche perché si sta facendo sempre più pericolosa.
C'è da dire che il film è tecnicamente ben realizzato, e pur senza contare su star e interpretazioni di alto livello, riesce a mettere insieme delle ottime sequenze di azione credibili, oltre a creare una buona tensione intorno ai fantasmi che costituiscono al tempo stesso il nemico e il mistero da risolvere. Proprio qui però sta il punto debole del film, perché una volta che il mistero viene svelato (c'è effettivamente una spiegazione "scientifica", che richiede una certa sospensione dell'incredulità e sopportazione di technobabble, ma tutto sommato si può accettare), la storia perde ogni mordente e si avvia velocemente verso la conclusione, senza più curarsi di mantenere il tono e la coerenza con quanto fatto prima. L'esempio primario di questo scivolamento è la sequenza in cui con un rapido montaggio viene mostrato il protagonista macgyverizzato che attrezza un'intera squadra di soldati con armi per combattere i fantasmi, costruendo sofisticate apparecchiature a partire dagli scarti di produzione di un hangar. Anche il finale in cui basta distruggere il nodo principale per fermare tutti i mostri contribuisce alle levate di sopracciglia dell'ultimo atto, ma questo è un problema piuttosto diffuso in tutto il cinema d'azione contemporaneo.
In fin dei conti Spectral è un film godibile, che si basa su una buona idea di fondo ma poi non sa come gestirla una volta resa esplicita. Per certi versi mi ha ricordato una puntata di Doctor Who , nel modo in cui un unico personaggio si rivela risolutivo sotto ogni punto di vista (scopre il mistero, costruisce l'attrezzatura, interviene per fermare lo scontro), e a ben guardare nell'ultima stagione abbiamo avuto proprio un (doppio) episodio in cui comparivano dei "fantasmi" che avevano basi scientifiche più o meno accettabili. Coincidenza?
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Published on December 12, 2016 23:20

Unknown to Millions

Andrea Viscusi
Il blog di Andrea Viscusi since 2010

Libri, fantascienza, serie tv, Futurama, Doctor Who
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