Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 13
January 3, 2021
Doctor Who New Year Special 2021 - Revolution of the Daleks
A malincuore devo ammettere dopo il disastro del finale della stagione 12 del moderno Doctor Who, l'arrivo di un nuovo episodio della serie non mi esalta più. Non lo aspetto più con trepidazione, me ne interesso perché ormai è una cosa a cui sono abituato, ma non è più capace di monopolizzare la mia attenzione come un tempo. Per questo sono arrivato all'episodio di capodanno 2021 con aspettative basse, e un certo sonno per l'orario in cui ho visto la puntata. Se da una parte le aspettative basse mi hanno permesso di godere in parte dell'avventura, il sonno mi ha portato ad addormentarmi un paio di volte, il che non è un buon segno.
Revolution of the Daleks riaggancia il precedente speciale Resolution del 2019, in un cui un Dalek da ricognizione era stato riassemblato sulla Terra e aveva preso possesso di una ricercatrice, manovrandola come una marionetta in classico stile ultracorpo per ricostruire il veicolo e tenare di richiamare la flotta d'invasione (come se i Dalek non sapessero dove si trova la Terra, ma vabbè). Adesso si scopre che l'esoscheletro Dalek distrutto in quell'episodio è stato recuperato da qualcuno e sulla base di questo sono stati realizzati dei robot per servizio di sicurezza e contenimento delle rivolte, che spruzzano acqua e gas lacrimogeno. Il malefico complotto è portato avanti da Robertson, l'industriale-che-non-è-assolutamente-una-parodia-di-trump che era il villain di Arachnids in the UK, in accordo con la leader di un partito che corre per l'elezione come primo ministro inglese.
Nel frattempo come avevamo visto alla fine di The Timeless Children (brrr), i cari Ryan/Graham/Yaz sono stati abbandonati dal Dottore, che è stata invece catturata dai Judoon e messa in prigione. La "fam" di companion ormai ha capito che il Dottore non tornerà, a parte Yaz che continua a cercare indizi per riuscire a scovarla (fun fact: c'è tutta una sezione del fandom che spinge per una romance esplicita tra Yaz e il Dottore). I tre scoprono che il Dalek è stato ricostruito e quindi fronteggiano Robertson, ma malauguratamente si presentano senza un piano e quindi finisce in nulla.
Come faranno a salvre la situazione ora che il Dottore non è più lì ad aiutarli?
Say no more, perché abbiamo riportato dentro il capitano Jack Harkness proprio per questo! Dopo il cameo di Fugitive of the Judoon, ecco il capitano si presenta in prigione e con l'utilizzo di un aggeggio magico porta via il Dottore. L'evasione dura qurantaquattro secondi. Quindi il grosso cliffhanger con cui si era conclusa la stagione 12, che ci faceva pensare a una situazione estremamente difficile per il Dottore... no, niente, si scherzava.
Ho già parlato in precedenza della pistola a salve di Chibnall in precedenza, non mi ripeto qui. Comunque la meccanica è sempre quella, introdurre indizi per plot che non si svilupperanno mai e di cui ci si libera nel giro di un paio di minuti. Le basi dello storytelling, signori.
Grazie alla comparsa di Harkness il gruppo si riunisce e scopre che il Dalek clonato dalle cellule rimaste nella corazza distrutta sta controllando l'ingegnere di Robertson e ha generato altri cloni di se stesso. Se vi sembra familiare l'idea di un Dalek che usa un umano come una marionetta aggrappandoglisi alla schiena, è perché era letteralmente il concept dell'episodio a cui qusto si ricollega. Ma evidentemente gli sembrava così forte che hanno voluto riutilizzarlo pari pari. Ovviamente i Dalek clonati entrano negli scafandri e iniziano a pilotarli facendo strage di umani ignari. No davvero, ne ammazzano a decine: per strada, negli aeroporti. Ammazzano anche la nuova prima ministra in diretta tv.
Per fermare la minaccia il Dottore chiama altri Dalek, che scoprendo l'abominio dei Dalek ibridi si impongono subito di eliminarli. Questo è probabilmente l'elemento più riuscito della storia, perché vedere i Dalek esprimere il loro nazismo maccheronico è sempre spassoso, e le guerre tra i nemici del Dottore sono divertenti, anche se la guerra civile tra fazioni di Dalek si era già vista in precedenza nella serie classica. Peccato che duri pochi minuti, perché siamo già quasi a fine minutaggio, quindi la questione va risolta in fretta. I Dalek mutanti sono eliminati velocemente (ed è un peccato, perché il design moderno era interessante) e anche i Dalek classici vengono tolti di mezzo da un solito trick del Dottore.
Nel mezzo abbiamo due-tre scene "emotive" che ci spiegano come sia difficile e imprevedibile vivere con il Dottore, che ci preparano all'imminente separazione con i companion. Infatti una volta conclusa l'avventura, Ryan e Graham abbandonano il Tardis, perché quella non è più la vita che vogliono fare. Ci provano anche a renderla una scena toccante, con il gruppo che si riunisce in cerchio come una squadra di rugby prima della partita, ma il coinvolgimento è pressoché nullo, sempre per la ragione che questi personaggi non sono stati sviluppati e non abbiamo niente da spartire con loro, così come la loro relazione speciale con il Dottore non è credibile perché non lo abbiamo visto svilupparsi e renderli davvero una "fam". Ryan che se ne va ha lo stesso impatto emotivo del rider che ti porta la pizza e poi riparte per la prossima consegna. Sarà anche che la sua interpretazione è sempre, sempre, apparsa così piatta e disinteressata, come se non avesse nessuna voglia di fare quello che stava facendo. Non dico che sia colpa dell'attore, è una questione di script e regia, ma l'apatia di Ryan è sempre stata estremamente irritante e quindi vederlo andare via è quasi un sollievo.
Spiace più per Graham che aveva avuto di momenti più intensi ed era l'unico che aveva fatto da controparte al Dottore in alcune situazioni. Ma anche in questo caso, il personaggio è completamente inutilizzato: c'era una sottotrama della sua scoperta di avere il cancro e poco tempo da vivere ma evidentemente gli sceneggiatori se ne sono dimenticati e non ne hanno più fatto menzione. Yaz, poverina, forse ora che avrà più spazio potrà scoprire di avere un ruolo oltre a quello di exposition device per il Dottore.
La cosa paradossale è che in tutto l'episodio il personaggio che emerge di più è Robertson, il cattivo-ma-simpatico. Nemmeno il capitano Harkness riesce a tenergli testa, nonostante la sua solita esuberanza. E come abbiamo detto già in precedenza (perché è già successo!), quando il personaggio più interessante della tua storia è il villain usa e getta che non vedremo più, c'è un problema. Nella puntata dovrebbe esserci anche una sottotraccia satirica, con la propaganda a favore dei Dalek come agenti di sicurezza, ma questo aspetto è dimenticato presto e non costituisce il vero nucleo della storia. Colpi a salve, di nuovo.
E se vi stavate chiedendo in che modo le tremende rivelazioni di The Timeless Children impattano sulla storia, vi sorprenderà sapere che la risposta è: nessuno. Lo sconvolgimento del Dottore per le sue origini e la nuova distruzione di Gallifrey non comportano assolutamente niente, se non lo scambio di qualche goffa battuta che ci dovrebbe ricordare che sì, è avvenuto davvero.
Revolution of the Daleks è un episodio che tutto sommato funziona, ma dimostra ancora tutti i difetti della visione di Chibnall per il Dottore. Storie ripetitive, personaggi senza scopo, dialoghi legnosi e pieni di infodump (il Dalek manipolatore passa quasi due minuti a illustrare passo per passo tutto il suo piano), alchimia assente tra i protagonisti. Il tutto conduce alla cosa più pericolosa di tutte: la noia. E infatti ci sono cascato due volte, ma quando ho recuprato le parti che mi ero perso ho scoperto che non mi ero perso davvero nulla. Si merita un voto 6.5/10 solo perché i Dalek che si ammazzano tra di loro sono una sicurezza.
Non è ancora stabilito quando inizierà la stagione 13 anche se è già stato annunciato un nuovo companion, che dovrebbe essere un attore comico piuttosto conosciuto in UK. Vedremo se la sua presenza aiuterà a portare nuova linfa in DW, purtroppo però l'impressione è che il problema non siano gli interpreti.
December 28, 2020
I choose to see the beauty, ovvero le cose buone che ha portato la pandemia
Sta per finire quello che tutti definiscono come "il peggiore anno di sempre" e anche su Unknown to Millions è tempo di bilanci, nella tradizione nata e morta oggi del post di fine anno.
Chi mi segue sui vari social, da facebook a youtube (nato da poco) a instagram (nato da pochissimo), avrà notato che negli ultiimi dieci mesi ho perso parecchie occasioni per parlare di covid, lockdown, pandemia. Qui sul blog l'ho fatto solo in riferimento a libri che trattavano l'argomento, e su youtube ho voluto dedicare un video a un tema collaterale, ovvero "come scrivere una storia sulla pandemia", che per comodità ripropongo qui, anche perché il trucco è che nemmeno qui parlo di pandemia in sé ma di come affrontarla in veste di narratori.
Il senso di tutta questa premessa è che, in tutto questo tempo, non ho mai trattato l'argomento, per l'evidente ragione che non ho niente di interessante da dire, nessuna acuta analisi dei dati che nessuno ha pensato di fare prima di me (ma seriamente pensate che l'OMS abbia bisogno delle vostre tabelline excel?), zero suggerimenti per come gestire la pesante crisi economico-sociale che questo evento ha scatentato in tutto il mondo. Insomma, cosa volete da me, perché dovrei essere io a darvi queste risposte? So di perdermi il posto nei #trends, ma preferisco parlare di ciò che mi compete piuttosto che aggiungere nulla al nulla.
Quindi questo post, che lascio qui in casa mia perché se ci entrate vuol dire che di base vi interessa leggere ciò che penso, è il mio unico contributo al dibattito sul 2020.
Inizio col dire che, sotto sotto, tutta questa cosa non mi ha sorpreso più di tanto. Non perché "avevo previsto" la pandemia ma perché già da anni, sicuramente per l'influenza delle letture e degli ambienti in cui mi trovo, ritenevo plausibile che ci aspettasse uno shock profondo a livello socio-culturale. Chi mi frequenta di persona può confermare che già da diversi anni paventavo l'imminente arrivo di una crisi ambientale/sistemica nel giro di qualche decennio, ma senza toni drammatici, come una semplice constatazione. Che il paradigma postcapitalista globalizzato fosse fragile e avrebbe cominciato a vacillare alla prima scossetta non me lo sono inventato io, non mi prendo nessun merito. È una nozione che chiunque abbia mai pensato di puntare lo sguardo appena oltre la propria quotidianità ha assimilato da tempo. Se non c'era la pandemia oggi, avremmo avuto la siccità tra tre anni, in assenza di quella la crisi energita tra quindici oppure il default pensionistico tra ventidue (e non è detto che tutte queste altre cose non si realizzino). Questa idea è talmente basilare nella mia concezione che praticamente in tutte le mie storie che parlano anche solo tangenzialmente del "futuro" c'è sempre un accenno diretto a una crisi di questo tipo. Giusto per fare qualche esempio posso citare i racconti Nimby, Locuste, Infodump, Spore, CETI, La staffetta. Evito di nominare Diario dal tempo profondo perché in effetti è stato scritto a pandemia già iniziata, ma posso assicurare che se lo avessi scritto unanno fa i riferimenti al collasso ambientale sarebbero stati esattamente gli stessi.
Ripeto, non riporto tutto questo per affermare che io sono bravo e lo sapevo già, mentre voi siete una manica di sprovveduti. Ma sicuramente in un certo senso ero preparato a trovarmi di fronte a qualcosa del genere, almeno a livello intellettivo. A livello pratico, certamente un altro discorso. Comunque, di questo parlo più in dettaglio proprio nel video che ho messo qua sopra, quando faccio il confronto tra narrativa speculativa e literary fiction (indovinate per chi tifo?).
Ora, siccome come ho detto non sono rimasto stravolto psicologicamente dal primo indizio del crollo della civiltà, mi piace pensare a tutto questo a un'occasione più che a una catastrofe. Come insegna il capitano Jack Sparrow, il problema non è mai il problema. In questo anno terribile sono successe tante cose brutte, e (spoiler alert) il prossimo anno continueranno a succedere. Ma io non voglio mettermi a evidenziare quelle, perché ognuno ha il diritto di vivere le difficoltà in modo personale, senza l'inutile gara a chi è più sciagurato. Al tempo stesso, non voglio ostentare ottimismo o promuovere un atteggiamente di denial alla Welcome! Everything is fine. Piuttosto, in questo clima di disfacimento, di fronte alle morti alle sofferenze e alle nefandezze, io voglio fare come Dolores alla fine della terza stagione di Westworld. I choose to see the beauty.
Io scelgo di vedere la bellezza, ciò che di buono questa situazione ha portato. E non mi riferisco alle grandi questioni esistenziali, agli shift paradigmatici che possono aprire una nuova consapevolezza, ma alle piccole cose, quelle di tutti i giorni che davvero ci cambiano la vita. Alla fine del 2020, ecco i cambiamenti dovuti alla pandemia che mi hanno reso la vita migliore.
La spesa al supermercato: solo io la trovo immensamente più vivibile? Quasi (e non voglio sbilanciarmi) piacevole? Passata la paranoia iniziale con le file lunghissime e l'inutilità dei guanti in politene, è rimasto ancora adesso un certo senso della misura per cui da una parte il negozio non ammette più di tot persone alla volta, dall'altra i clienti stessi mantengono un rispettoso ossequio verso gli altri, lasciando spazio per passare, non appicicandotisi addosso mentre sei a uno scaffale, e così via. Anche la musica è diventata più discreta, mentre prima era opprimente. Per me fare la spesa è sempre stata una situazione di stress, ma negli ultimi mesi invece riesco ad affrontarla con più serenità. Poi sicuramente non sarà così dovunque e sempre, ad esempio non mi sono avvicinato ai negozi in prossimità delle feste, ma in media mi sembra che l'atteggiamento sia questo.
Le code ordinate: parzialmente collegato al punto di prima, perché spesa e coda sono due concetti molto affini, ma in questo caso la cosa si manifesta anche in altri ambiti. Per esempio mi è capitato di vedere code ordinate addirittura alla posta. Una cosa che un anno fa sarebbe stata impensabile, con la gente che prende il numero, esce a fare colazione e torna quando il numero è già stato chiamato e vuole passare avanti, oppure quelli che si avvicinano "solo per una domanda". Adesso invece ci siamo abituati a metterci in fila senza fare tante storie, a non accalcarci addosso a quello prima e meno che mai tentare di passare avanti perché sarebbe evidente. Qualcuno potrebbe obiettare che questo sia un indizio della nostra omologazione, di come ci hanno manipolato a seguire gli ordini ma boh, a me sembra naturale buon senso e rispetto per gli altri.
Il pubblico in studio a Chi l'ha visto. Premessa: Chi l'ha visto è praticamente l'unico "programma televisivo" che seguo, intendendo quelli che passa sui canali tradizionali della televisione con palinsesto. Seguo decine di canali, programmi in streaming, serie e così via, ma la classica televisione con i canali da 1 a 6 non la guardo ormai da una decina di anni, o almeno non regolarmente. A volte capita, ma senza intenzione. L'unico programma per cui ogni tanto dico "oh, stasera mi potrei guardare quello" è Chi l'ha visto. Questa non è la sede per parlare del perché mi interessi, ma insomma è così. E seguendolo da anni, mi ha sempre fatto uno strano effetto vedere il pubblico in studio, quella gente seduta sulle tribune con espressione neutra, inquadrata sul retro mentre la presentatrice annuncia il ritrovamento del cadavere di un'adolescente scomparsa otto anni prima. Era qualcosa di grottesco, dissonante. Mi sentivo io a disagio per loro. Adesso che in trasmissione non ci sono più, mi sento anch'io più sereno nel guardarla.
Stay Safe. Forse questo non si vede così tanto qui da noi, ma seguendo e avendo contatti con gente di tutto il mondo, ho visto il diffondersi di questo nuovo saluto: stay safe. Che a me piace molto. Significa "stai al sicuro, prenditi cura di te". Ci sento molto calore, molta più vicinanza di quel generico best regards che si usava prima. Secondo me rappresenta bene il periodo: siamo tutti in difficoltà, ma tu abbi cura di te, mi raccomando. Lo trovo molto confortante e mi provoca empatia immediata.
Ci sarebbero anche altre cose, ma si va su tematiche più universali e meno immediate, per cui limito la lista a questo. Sono pochi 4 elementi positivi per compensare la catastrofe intorno a noi? Indubbiamente. Ma scegliere di vedere il buono non significa ignorare il resto. Vuol dire che, le cose buone sono quelle che vogliamo conservare, con la consapevolezza di doverci impegnare per migliorare le altre.
Se ne riparla tra un anno, magari. Nel frattempo, stay safe.
December 8, 2020
Diario dal tempo profondo
E così ci siamo. Il "progetto misterioso" al quale ho accennato in diverse occasioni sia nei post precedenti che sui social è finalmente pronto a essere svelato. Senza mesate intere di hype, ché a noi ci piace parlare delle cose quando sono fatte e pronte. Ecco a voi il Diario dal tempo profondo.
DIARIO DAL TEMPO PROFONDO - Viaggio illustrato nell'era dei mammiferi preistorici è un libro illustrato pubblicato da Moscabianca Edizioni, con cui era già uscita la mia raccolta Il lettore universale. Le illustrazioni realizzate da Gabriele Operti raffigurano una trentina di specie di mammiferi o protomammiferi o mammaliformi preistorici oggi estinti, in un arco temporale che va dall'attuale era fino al Permiano. La parte narrativa da me scritta racconta del viaggio di un team di scienziati indietro nel tempo, e di come Tabitha Aaronovich, l'autrice delle illustrazioni e del diario stesso, abbia affrontato questa esperienza. È un libro che cerca di dare pari valore alla storia, alle illustrazioni e alla divulgazione, concentrandosi su alcune creature che troppo spesso sono messe in secondo piano rispetto ai più fotogenici dinosauri (e se lo dico, che sapete quanto mi eccito per i dinosauri, ci potete credere). Il libro è scritto "per adulti", ma visto anche l'intento divulgativo è stato pensato anche per un target di ragazzi curiosi di imparare qualcosa sulla storia della vita sul pianeta, un po' come lo ero io all'epoca.
In queste settimane ci saranno annunci e comunicati e live dedicate a presentare il libro, quindi non mi dilungo troppo qui, ma siccome siamo a casa mia faccio qualche divagazione su come ho affrontato questo progetto, che per me è stato uno dei più faticosi portati a termine finora.
La proposta è arrivata direttamente da Moscabianca, che aveva ricevuto da Gabriele Operti le prime tavole raffiguranti gli animali e aveva deciso di mettere insieme un volume che le potesse raccogliere, sulla scorta del Codice delle creature estinte che avevano già pubblicato l'anno scorso (paradossalmente, le vere "creature estinte" sono quelle presenti in questo volume, ma il problema del titolo è una cosa che abbiamo affrontato in un secondo momento). Mi hanno quindi contattato chiedendomi se mi interessava lavorare alla cornice narrativa che avrebbe fatto da collante per le illustrazioni, in modo da ottenere un volume che non sarebbe stato soltanto un album delle figurine ma anche una storia vera e propria.
Chi mi conosce sa quanto io sia appassionato di paleontologia, quanto adori i libri illustrati, gli atlanti degli animali e la paleoarte. L'occasione di diventare l'autore di un libro illustrato sugli animali preistorici mi è sembrata subito qualcosa di straordinario e irripetibile. Non dico che fosse il mio sogno fin da bambino, perché non avevo mai considerato la concreta possibilità che potesse succedere. Ma una volta ricevuta la proposta, non potevo che accettare, anche perché, a quanto ci risulta, si tratta in effetti del primo libro illustrato italiano su questi animali. I tempi erano abbastanza stretti, perché dovevamo chiudere tutto nel giro di u paio di mesi, in modo da andare in stampa in tempo per le fiere autunnali in cui presentare il libro. Tuttavia, mi sono detto, non sarà così difficile, alla fine devo solo scrivere una cornice alle illustrazioni, un racconto lungo che le connetta tra di loro.
La mia storia però doveva incastrarsi con diversi elementi già prestabiliti: gli animali scelti e le loro collocazioni geografiche e temporali; l'idea di fondo di un viagio nel tempo che permettesse all'autore (fittizio) delle illustrazioni di vedere di persona le creature e quindi disegnarle "di prima mano", per rendere il tutto più autentico; l'intento divulgativo di fondo e il potenziale target di ragazzi; la necessità di creare una storia che valorizzasse le illustrazioni, piuttosto che lasciarle in secondo piano come complementi alla scrittura. Tutti questi paletti mi imponevano quindi di immaginare una storia con alcuni passaggi forzati intorno ai quali costruire tutto il resto. Non è stato facile.
Da subito ho scelto la forma di diario perché mi consentiva da una parte di rendere l'esperienza "diretta" del viaggiatore/disegnatore (che poi sarebe diventata la protaognista Tabitha Aaronovich), dall'altra di giustificare eventuali omissioni/incompletezze che derivavano dalla scelta degli animali rappresentati, che coprendo un arco temporale di circa duecentocinqanta milioni di anni, restituivano per forza di cose un contesto parziale della storia evolutiva del pianeta. Abbiamo anche deciso di creare una seconda cornice, il classico espediente del "manoscritto ritrovato" per dare più verosimiglianza all'operazione.
Ho completato la prima stesura a fine estate, e da lì siamo passati all'editing affidato a Fabio Hoffmann Tarussio. Dal suo lavoro sono emerse alcune debolezze, di cui in parte ero già consapevole. L'adattamento ai paletti e la narrazione diaristica mi avevano imposto alcune soluzioni non ottimali nella struttura della storia, ma oltre a questo avevo commesso qualche errore nella delineazione della protagonista. Senza entare nei dettagli (magari farò un video più specifico su Story Doctor), avevo piegato troppo la storia all'idea di un pubblico di ragazzi, e ne era uscito un personaggio scostante e irritante... che era proprio quello che volevo, ma risultando insopportabile non avrebbe coinvolto i lettori. Abbiamo quindi concordato una riprogettazione radicale della protagonita e del suo arco narrativo, centrato sempre sul valore della sua arte ma con un'ottica diversa, più matura. Ho proceduto alla riscrittura pressoché totale del diario, mantenendo i riferimento spaziali/temporali che erano già stati fissati. Nel frattempo alcune illustrazioni sono state rimosse, altre aggiunte, e quindi ho dovuto anche riadattare la storia per escludere o includere questi altri animali.
Parallelamente era necessario anche documentarsi su queste creature, non tanto perché dovessi descriverne nel dettaglio i comportamenti, anche perché non mi sarebbe nemmeno piaicuto creare una storia in cui si forzava un'interpretazione paleobiologica senza prove scientifiche a sostegno di quello che descrivevo. Ma c'era comunque necessità di crare un contesto credibile di come/dove/quando gli animali sarebbero stati incontrati, quindi mi serviva avere una buona dose di informazioni su tutti. Inoltre queste informazioni sarebbero poi confluite anche nelle schede che accompagnano le illustrazioni, che riportano alcune caratteristiche di base per gli animali, la loro storia evolutiva e le condizioni del pianeta nelle varie epoche. E sono parecchie cose da tenere in conto, soprattutto quando il lavoro va completato nel giro di poche settimane. Fortunatamente a me non è toccato l'aspetto di impaginazione di tutto il materiale, ma so che è stato particolarmente impegnativo.
Comunque, con un allungo finale sugli ultimi giorni per arrivare al traguardo dei file definitivi da mandare in stampa, il Diario dal tempo profondo è stato completato e adesso lo trovate sullo shop di Moscabianca, oltre che ovviamente sui vari store.
È stato un lavoro faticoso per tutti, ma alla fine ne sono molto soddisfatto. Ero partito con l'idea di scrivere solo un "riempitivo" tra un disegno e l'altro e forse questa mia impostazione aveva causato i problemi di cui ho parlato, come se non lo sentissi un testo davvero mio ma un'operazione al limite del ghost writing. Cambiando la prospettiva sono riuscito ad appropriarmi di questa storia, viverla davvero e renderla un mezzo per veicolare un messaggio (che non vi starò a raccontare, altrimenti che l'ho scritto a fare?).
E così adesso sono l'autore del primo libro illustrato italiano sui mammiferi preistorici. Scommetto che il piccolo Andrea Viscusi che leggeva e rileggeva i fascicoli sui dinosauri che il babbo gli prendeva in edicola non se lo sarebbe aspettato.
November 22, 2020
Mondi paralleli
Segnalo con una decina di giorni di ritardo l'uscita di questa nuova antologia curata da Carmine Treanni, che raccoglie una selezione dei miglior racconti di fantascienza usciti in Italia nel corso del 2019. Già l'anno scorso era stata fatta un'operazione simile per i racconti del 2018, riuniti nel volume Altri futuri. Stavolta invece si parla di Mondi paralleli, in cui si trovano molti nomi noti dell'ambiente.
Nel mio caso il racconto incluso in chiusura della raccolta (questa cosa di avere il cognome che inizia per V inizia a farsi frustrante) è Hype, che era stato pubblciato in origine nella mia raccolta L'esatta percezione uscita con RiLL a fine 2019, durante quello che sarà ricordato come l'ultimo Lucca Comics dell'era pre-covid. Se quindi ve l'eravate perso, o non vi fidate a comprare un'intera raccolta di mie storie sulla fiducia (comprensibile), potete avere qui un assaggio e decidere se approfondire.
Peraltro Hype è un racconto che fa parte del MEMEVERSE, l'universo narrativo in cui sono ambientati alcuni altri miei racconti come Memehunter e Seocrazia uscito su Urania. Se vi foste iscritti alla mia newsletter quando ve l'ho suggerito, avreste avuto una lista di tutte le connessioni complete tra le storie del Memeverse, ma voi no, sempre a fare di testa vostra, eh? Comunque siete ancora in tempo, con il box che trovate là in alto a destra, e magari avremo l'occasione di riparlare del Memeverse.
November 20, 2020
Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2020
Sono poche le occasioni in cui mi sono trovato a fare un rapporto letture con più mesi riuniti in unico post, ma questi ultimi due mesi sono stati piuttosto impegnativi, e in particolare ottobre in cui sono stato piuttosto assorbito da altre letture (per lavoro e perché non so se avete notato che ho aperto una rivista) e altre scritture, e quindi ho avuto zero tempo per mettermi comodo a ripensare alle cose lette il mese prima, come si nota anche dai pochi post qui sul blog. Solo adesso sto tirando un po' il fiato e quindi posso recuperare anche le letture lasciate in sospeso. Quindi a sto giro ci accontentiamo di fare due mesi in uno, ok?
Il primo libro finito nell'ormai lontano settembre è
Nerd Antizombie
, scritto dal collega Francesco Nucera che ho avuto modo di incontrare diverse volte e che attualmente è uno dei rettori di quella eccellente palestra di scrittura che è Minuti Contati. Il romanzo è ben riassunto dal titolo, si tratta appunto di una storia di apocalisse zombie che si svolge nella periferia di Milano (credo si parli di Rozzano, che mi perdonino i rozzini non ho voglia di stare a controllare dove sia) e che vede come protagonisti un gruppo di amici nerd che si impegnano a combattere la minaccia. La storia è volutamente scritta con tono leggero ma senza eccessi splatter, più uno Shaun of the Dead che un Welcome to Zombieland. Il gruppo di amici, ex compagni di gioco di ruolo riuniti dalle circostanze, è ben assortito con personaggi dalle caratteristiche riconoscibili, che però in certi casi scivolano nella macchietta. Di per sé per un libro dal tono sostanzialmente umoristico questo non sarebbe un problema, la cosa che semmai stride di più è che proprio l'aspetto "nerd" dei personaggi è presentato in modo piuttosto superficiale: da una parte si ha lo stereotipo del classico nerd inetto alla vita sociale, di quelli che appena vedono una ragazza hanno un'erezione (succede un paio di volte), dall'altra però questa loro nerdezza non è portata all'estremo quanto una storia umoristica permetterebbe di fare, ma rimane abbastanza blanda. L'impressione è che Nucera sapesse come rendere i suoi nerd veri nerd, ma si sia trattenuto forse per non andare incontro al pubblico meno specializzato. Il punto è che così un lettore non-nerd li vedrà solo come una manica di imbranati, e il pubblico nerd invece li troverà irritanti per la loro rappresentazione falsta della loro sottocultura (alla Big Bang Theory). Un'altra possible causa di questo scollamento è il fatto che i protagonisti siano probailmente ispirati a conoscenze dell'autore stesso, e che quindi richiamino per lui le caratteristiche di persone che il lettore però non è in grado di riconoscere. La storia di per sé procede in modo abbastanza lineare, senza soffermarsi troppo a spiegare le ragioni e le modalità del contagio, ma questo non rappresenta un problema (nel 2020 non abbiamo bisogno di altre teorie sulla zombificazione). L'umorismo funziona a tratti, cade proprio nelle occasioni in cui cerca di fare forza sulle peculiarità nerd dei personaggi. In definitiva un romanzo leggero e simpatico, che però spreca un'occasione per una storia che poteva essere davvero qualcosa di più dell'ennesima Rivincita dei nerd. Voto: 6.5/10
Torniamo ad autori italiani e in questo caso torniamo anche alla narrativa umoristica con
Stupidistan
, il romanzo di Stefano Amato (di cui ho già parlato anche su Stay Nerd) che si può descrivere efficacemente come "Idiocracy ambientato in Sicilia". Questo fatto che lo si possa riassumere in modo così preciso è al tempo stesso la forza e la debolezza di questo libro: sicuramente avrà attirato tante persone (e un editore come Marcos y Marcos), però suggerisce anche che la storia abbia poco da dire oltre a quanto abbiamo già visto nel film cult. E infatti è proprio così: a parte spostare l'ambientazione dagli USA alla Sicilia (e non saprei perché in particolare la Sicilia piuttosto che un'altra regione) e riadattare quindi le varie specificità (invece delle armi da fuoco e il football, la carne di cavallo e le canzoni neomelodiche napoletane [che non dovrebbero essere una caratteristicha della Campania?]) lo sforzo per creare una storia interessante è davvero poco. Il libro segue le vicende di Patty, un'italiana di origini siciliane (perché la Sicilia è diventata indipendente) che per errore si trova nella sua terra natale e dopo lo stordimento iniziale ha l'occasione di cambiare le cose per far tornare lo Stupidistan un posto vivibile. Patty di per sé non è una cima e questo viene chiarito fin da subito, quindi è appropriato che basti lei a brillare rispetto ai siciliani imbrutiti*, ma il problema è che il lettore, che mediamente è più sveglio sia dei sicilian della storia che di Patty, rimane abbastanza estenuato dall'ottusità degli eventi. Non aiuta il fatto che la scrittura sia piuttosto sciatta, da saggio breve del liceo e la comicità per lo più inefficace. Il finale inoltre è fin troppo consolatorio e incoerente con le premesse della storia, perché dopo aver mostrato per cento pagine i siciliani che se ne fottono di qualunque cosa non sia ficcare/abbuffasri/scommettere non puoi farmi credere che sia bastato fare un annuncio in tv per convincerli a raccogliere i rifiuti. A mio avviso una prova davvero poco ispirata e anche poco curata, che forse già con un editing più approfondito avrebbe risolto qualche problema tecnico che rende la lettura snervante. Voto: 5/10
Concludo con il numero 89 di Robot, che avevo da non so quanto tempo e ho avuto modo di ripescare. Devo dire che è uno dei migliori che ricordi di aver letto negli ultimi anni: il racconto di Annalee Newitz mi ha quasi commosso per il modo in cui riese a essere attuale (parla di pandemia ma è del 2018, pensa te!) senza essere stucchevole, e riunisce in sé tematiche della cli-fi, del solarpunk, con nozioni di neuroscienze e attenzione alle disuguaglianze sociali. Anche il racconto di Alain Voudì è veramente ben scritto (e credo di non aver mai detto il contrario per niente di ciò che ho letto di lui, per esempio il suo meraviglioso racconto su Urania), anche se a mio avviso finisce un capitolo prima di quando avrebbe dovuto. Valentino Peyrano usa una premessa interessante ma sviluppata in modo un po' confuso senza un vero aggancio ai personaggi, Alex Briatico scrive una storia di sopravvivenza con un mistero di fondo che però si trascina forse più del dovuto nella parte iniziale, prima di arrivare al nucleo della narrazione. Claude Lalumière parte dai soliti esperimenti dei medici nazisti e da lì approda a una storia di supereroi, che funziona soprattutto per la capacità di creare legami significativi tra i personaggi. In questo numero sono anche riportati gli interventi nati intorno al discorso di Jeanette Ng alla cerimonia di premiazione del Campbell Award, che indipendentemente dallo schieramento di ognuno sulla faccenda hanno aperto un dibattito interssante nell'ambiente della fantascienza internazionale, in un momento in cui già si registrano forti cambiamenti nella composizione del fandom e addetti ai lavori. Ci sarebbe tra le altre cose anche il mio racconto Bootstrap, ma se leggete questo blog sicuramente già lo sapete, vero?
*(Nota per quelli che seguono le varie pagine locali come Il milanese imbruttito ed emuli: si dice "imbrutito" con una t sola, non so perché nessuno se ne sia mai accorto)
November 1, 2020
TINA - Storie della Grande Estinzione
Arrivo in ritardo di un paio di settimane con questa segnalazione, perché il mese di ottobre è stato piuttosto "intenso" sotto molti punti di vista (infatti notere la carenza di post sul blog), ma non potevo lasciare troppo indietro questa news.
È da poco uscito TINA - Storie della Grande Estinzione, un libro che raccoglie un centinaio di microracconti e parecchie illustrazioni che propongo diversi "scenari" di collasso, estinzione, shock culturale, paradigm shift, presi dal passato remoto, dal passato storico e dal presente. Un volume programmato per la narrativa dell'antropocene, quel metagenere che sta emergendo (ritornando?) dall'inconscio collettivo dell'umanità per prepararci ad affrontare la fine che ci aspetta. Niente di melodrammatico, è solo una delle tante, come gli scenari del libro stesso dimostrano.
Il progetto è stato ideato e coordinato da Matteo Meschiari e Antonio Vena, ed è stato compilato con il nome collettivo "TINA", che sta da una parte per There Is No Alternative, il motto Thatcheriano che in origine esprimeva l'impossibilità (o incapacità) di accettare il cambiamento ma può essere reinterpretato in questa nuova epoca postliberista come l'inevitabilità del cambiamento, dall'altra è un omaggio a Tina Micheel Fontaine.
In questo volume, da qualche parte, ci sono anche due miei racconti. Nello spirito del collettivo, autori e illustratori sono elencati in ordine alfabetico, senza che nessuna delle loro opere sia direttamente attribuibile a loro. Perché davanti all'estinzione siamo tutti uguali.
October 8, 2020
I miei articoli per Stay Nerd: luglio - settembre 2020
In questo trimestre abbiamo battuto il record di articoli pubblicati sul magazine con cui collaboro ormai da un più di un anno. Ecco di cosa abbiamo parlato nei mesi scorsi:
Perché X-Files è stata una delle serie tv più importanti di sempre
Con l'arrivo di tutte le stagioni della serie cult su Amazon Prime, un breve recap dell'impatto che che Mulder e Scully hanno avuto sull'immaginario collettivo e sull'intero settore degli show televisivi
Quando i numeri diventano storie: la matematica nei libri
Una carrellata di storie che si basano sulla matematica e le sue applicazioni, da Flatlandia al Cryptonomicon
Non solo Dune: gli altri romanzi di Frank Herbert
Si parla molto di Dune (e del suo rinvio #[@##@#€!!!!) e il nome di Frank Herbert è tornato alla ribalta, ma bisogna ricordare che questo autore ha scritto altri romanzi notevoli, anche se spesso centrati su temi affini a quelli trattati nell'epica saga di Arrakis
Ediotirale - Le vostre distopie preferite non sono vere distopie
Un articolo provocatorio in cui mi permetto di segnalare come il termine "distopia" sia oggi usato con troppa leggerezza, quasi come sinonimo di "fantascienza". Non è tutta distopia quella che rabbuia, e se tutto è distopia niente è distopia.
Ray Bradbury: non solo fantascienza (per davvero)
Per il duecentanario di Bradbury, un pezzo che ripercorre la sua carriera e dimsotra come in questo caso dire che un autore acclamato dalla critica mainstream non scrive "solo fantascienza" è accurato, perché Bradbury si è cimentato con successo in molti generi diversi.
Ve lo meritate: 3% e la toxic positivity
Un bilancio a posteriori della serie brasiliana 3% conclusa con la quarta stagione (di cui avevo parlato anche qui) e il suo messaggio di fondo sulla meritocrazia tossica.
I mondi della svastica: il nazismo nella fantascienza
Spunti di lettura per storie di fantascienza che parlano a vario titolo del nazismo, tipicamente su base ucronica ma non solo.
Braid: il videogioco che ha ispirato Tenet?
Era da quando vidi il primo trailer di Tenet che volevo fare questo pezzo, e alla fine ce l'ho fatta. Un'occasione in più per citare quel capolavoro di Braid a cui avevo dedicato un post anni e anni fa.
Sci-fi (lost) in translation - Libri di fantascienza contemporane mai tradotti
Una mia personale selezione di titoli piuttosto recenti ma ormai abbastanza superati che probabilmente non leggeremo mai. L'occasione anche per portare all'attenzione di eventuali editori in ascolto Mort(e) che sto cercando di spingere da anni.
Forme di vita su Venere? Noi lo sapevamo già!
Dopo la notizia dell'alta proabibilità di vita batterica nell'atmosfera di Venere, ecco un excursus su come la fantascienza ha ipotizzato potesse svilupparsi l'ecosistema del nostro vicino di casa, a partire dall'ipotesi della palude venusiana fino a teorie più credibili.
Da Asimov a Murderbot - Filosofia e pratica delle Leggi della Robotica
Qualche riflessione sulle Leggi della Robotica suggerite da Asimov e ormai diventate quasi scontate, e un breve commento a Murderbot di Martha Wells, di cui parlerò più nel dettaglio qui sul blog nel prossimo rapporto letture.
October 4, 2020
Axolotl - Numero Zero
Sì ok, tre post di file dedicati a riviste, dopo l'annuncio di SPECULARIA e la segnalazione (in ritardo) di Global Science. Stavolta invece parliamo di Axolotl, un magazine digitale letterario-scientifico ideato da Danilo Zagaria, autore e divulgatore che collabora con molte riviste e scrive sul suo blog La linea laterale.
Nei giorni scorsi è uscito il Numero Zero di Axolotl, intitolato Micelio.
Se mi seguite fin dai miei primi vagiti siete al corrente della mia storia d'amore coi funghi, iniziata più o meno all'epoca in cui la mia prima raccolta di racconti Spore è uscita nel 2013, con il racconto eponimo in apertura. Ultimamente c'è un certo interesse intorno al mondo fungino, culminato con la pubblicazione del libro L'ordine nascosto di Merlin Sheldrake, che illustra proprio come il mondo che conosciamo sia stato in buona parte plasmato dai funghi (devo ancora leggerlo, ma sicuramente ne parlerò). Così a distanza di tanti anni, la mia storia continua a dimostrarsi sul pezzo, e proprio per questo preparando questo volume Zagaria mi ha contattato per includere un estratto del racconto, e come potevamo rifiutare?
Ma nel Micelio ci trovate tanta altra roba di autori ben più autorevoli di me, con contributi sia narrativi che saggistici. Tra gli altri in questo numero sono inclusi Vanni Santoni ed Elisa Emiliani, nomi che in questo blog sono saltati fuori ogni tanto.
Peraltro Axolotl è gratuita e liberamente scaricabile, oppure sfogliabile su Issuu. Quindi potete imparare tutto sul Rinascimento Micotico senza cacciare uno spicciolo, meglio di così...
Se poi leggendo l'estretto di Spore vi viene voglia di sapere come prosegue, non andate a cercare quella vecchia raccolta ormai fuori catalogo (le ultime 5-6 copie le ho io), ma recuperate Il lettore universale pubblicato da Moscabianca, che contiene la versione aggiornata del racconto.
Viva la Micosfera!
September 30, 2020
Global Science n. 23
Tra un progetto e l'altro mi era sfuggito, quindi rimedio in ritardo: sul numero 23 di Global Science, la rivista dell'ASI (l'Agenzia Spaziale Italiana, mica cotiche) è presente il mio breve racconto Black Swan:
"Dai fra, bello ma in edicola non ho trovato il Millemondi Urania figuriamoci se trovo questo!"
Say no more.
Global Science si può sfogliare online su issuu. Quindi basta che seguite il link e potete leggervi tutto quanto, articoli e racconti inclusi.
Io però vorrei sapere una cosa. Quando mi verrà restituito tutto il bene che faccio per gli altri.
September 28, 2020
SPECULARIA - Rivista di speculative fiction
Negli scorsi mesi avrete notato che la menavo spesso con tutti sti "progetti" che stavo portando avanti, che mi toglievano tempo da dedicare al blog e alle letture. Uno di questi era Story Doctor, di cui avrete notate il bannerone qua sulla pagina e spero vi siate iscritti al canale, ma adesso siamo pronti a rivelare un'altra delle cose su cui ho lavorato nei mesi scorsi: SPECULARIA.
SPECULARIA è una rivista digitale di speculative fiction. Il suo payoff riflettere l'immaginario rappresenta l'obiettivo del progetto: usare l'immaginazione per riflettere, nel doppio significato di rappresentare e indurre a pensare.
L'idea per SPECULARIA mi è nata a febbraio, durante un workshop di editing tenuto da Vanni Santoni a cui ho partecipato, durante il quale si è soffermato sul panorama delle riviste letterarie. Finito l'elenco sommario delle principali riviste esistenti, ha aggiunto "comunque la cosa migliore da fare se volete arricchire il panorama è aprirne una". Beh, graziarcazzo, mi sono detto, però in effetti quell'osservazione era tutt'altro che scontata. Perché proprio tra queste riviste a cui spesso do un'occhiata notavo proprio la mancanza di una dedicata alla narrativa speculativa: c'è Spore a cui infatti ho già partecipato con un paio di racconti, ma finisce lì. In realtà molte delle riviste trattano di sfuggita anche la speculazione, perché forse si rendono conto (o forse no, ma inconsciamente sono portate a farlo) che gli strumenti della speculative fiction sono i più adatti a rappresentare il presente. Ma nessuna di queste si dichiara appartenente a quest settore.
E allora, arricchiamolo codesto panorama.
Naturalmente non era uno sforzo che potevo compiere da solo, così ho iniziato in primavera la fase di reclutamento e ho raccolto un dream team di appassionati speculatori, che provengono tutti da ambienti affini ma non sovrapponibili: Linda De Santi, Angela Bernardoni, Elisa Giudici, Stefano Tevini, Andrea Gibertoni. Se non li conoscete, andate sulla pagina della redazione e scoprite chi sono e cosa fanno.
SPECULARIA pubblicherà principalmente racconti di narrativa speculativa, senza particolari limiti di genere, ma sorretti da un potente e interessante what if, come spiegato nel manifesto della rivista. A questo si affiancheranno anche saggi e testi di critica, posto naturalmente che ce ne arrivino di interessanti. Nelle nostre intenzioni faremo uscire almeno un articolo al mese, ma se il tempo ce lo permetterà magari anche qualcosa di più.
La cosa stupefacente è che i testi li paghiamo.
Sì, cioè, uno ci manda un racconto (in realtà deve mandarci prima un pitch), e se ci piace e lo vogliamo pubblicare noi gli diamo 15 euro. Che dite? È una miseria? Concordo. Ma andate a vedere quanto pagano in media le altre riviste e noterete una differenza media di circa 15 €.
Questi soldi li mettiamo noi a fondo perduto, proprio per dare riconoscimento al lavoro degli autori. In futuro potremo prevedere piani di abbonamento o patreon o crowdfunding o chissà che altro per finanzairci, ma siamo partiti comunque con l'idea di investire, oltre al nostro tempo anche un po' dei nostri soldi. Se non è dedizione questa...
I primi due racconti online sono di Federico Guerri e Alessandro Forlani, due autori quasi agli antipodi per tematiche, formazione e approccio alla scrittura, ma che proprio per questo rappresentano bene le nostre intenzioni: niente limiti, quando le cose sono buone e ci portano a riflettere.
Se volete provare a pubblicare su SPECULARIA leggete bene la pagina delle submission, poi leggete le FAQ e poi siate pazienti. E naturalmente seguite la pagina facebook e twitter.
Buona speculazione a tutti!
Unknown to Millions
Libri, fantascienza, serie tv, Futurama, Doctor Who
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