Costanza Miriano's Blog, page 5
December 27, 2024
Aggiornamento di Natale
di Costanza Miriano
Aggiornamento di Natale. Innanzitutto ci sono ancora pochi posti per il ritiro per i sacerdoti, che sarà dal 7 all’11 gennaio a Roma, al Celio. Come ricorderà chi segue questo blog, si tratta di un’idea che è partita da un sacerdote di Milano, il quale ci ha chiesto di organizzare un ritiro l’anno scorso, per incontrarsi con altri sacerdoti, avere con loro dei momenti di amicizia e condivisione, e ascoltare delle catechesi sul tema “ciò che ti aiuta a essere un sacerdote secondo il cuore di Cristo”. Quest’anno invece il tema sarà “virili e casti: il dono del celibato”, per ricordare che ci vuole più testosterone a passare una giornata in confessionale che una serata in discoteca, perché la virilità consiste prima di tutto nell’accettare di dare la vita per qualcun altro.
Qui potete vedere il programma. È pensato secondo il principio che anima anche le giornate del Capitolo generale del Monastero Wifi a Roma, e anche le realtà locali (i cosiddetti monasterini), e cioè che cerchiamo di far circolare la “robba bbona”, senza però che ci sia un leader, un capo, nella certezza che in ogni realtà che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa c’è qualche ricchezza che può servire a tutti, e che in ogni anima che cerca di servire Dio c’è qualcosa che può essere trasmesso, e comunicato agli altri, i quali a loro volta lo trasmetteranno, visto che nella Chiesa non c’è copyright. Anzi, più si copia da quelli bravi, meglio è (noi la chiamiamo tradizione). Anche perché quelli che sono secchioni oggi possono essere somari in qualcos’altro domani, ed è bene ricordarsi di non attaccarsi a nessuno in particolare se non a Cristo.
Insomma, se conoscete un sacerdote che pensate possa avere bisogno di un momento di riposo, o di amicizia, incoraggiatelo a iscriversi, ricordandogli che grazie alle vostre offerte siamo in grado di non richiedere alcuna quota di iscrizione (se invece volete voi contribuire per lui, l’Iban è sempre il solito, quello del conto intestato a MONASTERO WI FI: IT70C0303201400010000709065).
Poi visto che qualcuno me lo ha chiesto, in questo aggiornamento di Natale volevo parlare dei libri che mi sono messa sotto l’albero. Uno l’ho già letto, gli altri sono sulla rampa di lancio (nel mezzo ci ho infilato un romanzo di Chaim Potok, Danny l’eletto, che sto leggendo ora).
Quello che ho letto è Il viaggio di Giobbe, di don Giulio Maspero (Ares): ero un po’ intimorita perché pensavo che da un fisico e teologo, insomma uno che studia con il massimo rigore possibile la natura delle cose e la natura di Dio, e che si mette a parlare della sofferenza ci fosse poco da stare allegri. Infatti non so neanche perché mi sia messa a leggerlo. Forse perché quando mi è capitato di ascoltarlo mi ha sempre colpito la sua grande intelligenza unita alla semplicità (che poi per me sono sinonimi) e a uno straordinario senso dell’umorismo. Il libro mi ha infatti ribaltata con la sua capacità di andare al cuore delle cose, e di raccontare la vicenda di Giobbe come un viaggio – anche se lui effettivamente sta fermo – che lo porterà a scoprire la cosa più bella del mondo, e cioè che l’obiettivo di Dio, sempre, anche quando permette la sofferenza, è solo quello di entrare e rimanere in relazione con noi. La sapienza di Giobbe ci porta dunque a rileggere il nostro essere nulla a partire dalla relazione con il Creatore. Ciò significa che siamo tutti dalla Vita, interamente sotto il segno della Vita, quindi tutti belli, ben fatti, perché siamo opera di Dio.
Il prossimo che leggerò sarà l’ultimo di Roberto Marchesini, Smetto quando voglio, sottotitolo: Come uscire dalla dipendenza da smartphone (e magari insegnarlo ai figli). Sinceramente, non so se io sia dipendente dallo smartphone, non lo prendo quasi mai in mano con curiosità o voglia di trarne piacere, ma il più delle volte come una delle cose che devo fare, che voglio anche fare, per mantenere tante relazioni che secondo me sono buone e fanno circolare il bene. Sono convinta che con un po’ di disciplina e intelligenza possa essere usato bene, e siccome Roberto Marchesini è una persona che vive secondo una disciplina scelta in modo oculato e per me molto interessante, voglio leggere i suoi consigli. Penso che mettendoci delle regole – anche piccole- si può massimizzare il bene. Per esempio, darsi un tempo per rispondere ai messaggi, mettere delle priorità, tipo: non guardo i messaggi fino a che non ho finito le lodi, per dire, e magari anche un po’ ridurre il tempo dedicato ai siti tipo cavolidelgliatripuntocom e guardacomesonoinformaeinvecetuseisfigatapuntoit. La mia amica che lo ha letto mi assicura che i suggerimenti sono praticabili anche da noi persone imperfette, che non abbiamo dato lo smartphone ai figli solo dopo la seconda laurea, noi che ogni tanto scrolliamo a membro di cane solo perché non abbiamo voglia di fare la cucina o di scrivere un articolo, insomma, per la gente normale.
Poi sarà la volta del libro di Emiliano Fumaneri, La cultura del disprezzo, Il rispetto al tempo dei social (Uomovivo). Anche questo desidero leggerlo sia per il tema, sia perché ne conosco l’autore, e lo stimo infinitamente per la grande cultura unita a una umanità incantevole. Attraverso molti episodi di cose avvenute sui social, molto ben raccontati e documentati e letti alla luce della filosofia e dell’antropologia, Emiliano conduce il lettore a una nuova consapevolezza alla quale si può e si deve arrivare anche nell’uso dei social. Ogni volta che stiamo per toccare un tasto dobbiamo ricordarci di custodire il cuore, chiedendoci se quello che stiamo per scrivere sia per fare il bene o il male. Il libro pone una serie di domande alle quali non avevo pensato, ma che necessitano, me ne rendo conto solo adesso che lo sto sfogliando, di una risposta. Perché se siamo di Cristo, lo siamo anche quando stiamo davanti a uno schermo. Tra l’altro quella è una sfera che l’inquilino del piano di sotto padroneggia molto bene, e se ne serve per hackerarci continuamente.
Infine sotto il mio albero non poteva mancare il libro di Cristina Righi e Giorgio Epicoco, Intimamente parlando, Per una sessualità…. da Dio (tau editrice), sia perché sono amici, e pure di Perugia, sia perché anche io come i genitori di Chiara Corbella Petrillo che ne formano la postafzione penso che sia molto importante parlare della sessualità nel modo giusto, come Dio l’ha pensata, per non lasciare tutto il campo all’azione di quello del piano di sotto. Noi siamo stati pensati da Dio perché godessimo, per esempio san Tommaso sostiene che prima del peccato originale l’atto sessuale portasse a un godimento molto maggiore di quello che è dato agli uomini di provare dopo la cacciata dall’Eden, ed è bene che sia chiaro, e che la Chiesa, anche attraverso due laici, lo ricordi. L’atto coniugale è segno dell’unione alla quale cerchiamo di arrivare con il matrimonio attraverso un cammino che dura una vita intera: i due si uniscono e ricompongono l’immagine di Dio. L’uno va verso l’altro per formare un solo corpo (san Giovanni Crisostomo).
December 23, 2024
Dio ormai non ci lascia più

Il Natale è una verità: la verità di Dio che sorprendentemente ci ama ed è venuto a farsi uno di noi.
Dio ormai non ci lascia più; non siamo più soli: i compagni, gli amici, i parenti ci possono abbandonare. Ma il Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, unito personalmente per sempre alla nostra natura di creature fragili e dolenti, non ci abbandonerà mai alle nostre tristezze, alla nostra inquietudine, al nostro peccato.
Non è una fiaba, è una notizia, cioè l’informazione su un fatto avvenuto;
non è un bel sogno, è una realtà ancora più bella di ciò che desidereremmo sognare.
Nessun uomo ormai può sfuggire al suo Creatore, che lo insegue, lo vuol raggiungere e legare a sé.
Non possiamo sfuggirgli, perché il suo amore corre più veloce di noi.
December 21, 2024
Chi era padre Aldo
In questi anni abbiamo parlato tante volte di padre Aldo Trento e pubblicato alcune sue lettere. Ho voluto riproporre un articolo di Costanza del 2017 e due scritti di padre Aldo del 2018.
Il bicchiere mezzo pieno
di Costanza Miriano
Il giorno di Natale, poco prima della mezzanotte, quando ormai la maratona di regali e trigliceridi e baci stava volgendo al termine, mentre salivo le scale della casa dei miei per portare l’acqua della buona notte alle bambine, il mio cellulare ha squillato ed è apparsa la scritta Paraguay. Era il nostro regalo di Natale. La voce di Padre Aldo Trento ha attraversato l’Oceano per riportare il nostro cuore al centro della bellezza della festa.
Il tuo cuore deve essere pieno di Cristo – diceva la voce dall’altra parte del mondo in accento ispanoveneto – anzi deve essere come un bicchiere che trabocca. Se non trabocca vuol dire che non è pieno, e se non è pieno significa che c’è uno spazio vuoto. Uno spazio che inevitabilmente finirà essere riempito da qualcosa. Se non hai il cuore pieno finisci per amare qualcos’altro, qualcun altro. E tradisci la tua vocazione.
E così ancora una volta il caro padre Aldo ha ricordato la sua incredibile, meravigliosa storia, di quando in obbedienza a don Giussani ha lasciato il suo paese, il suo continente, per mettere un Oceano tra sé e una donna che stava occupando uno spazio del suo cuore. Ma all’inizio è stata solo sofferenza, solo obbedienza a don Giussani, solo dolore e solitudine infeconda. Insonnia e dolore. Ci sono voluti dieci anni perché la ferita smettesse di sanguinare, perché quel vuoto lancinante venisse riempito da Cristo, e perché alla fine quel dolore diventasse davvero fecondo. Una fecondità che dopo gli anni del dolore e della solitudine ha prodotto ospedale, casa famiglia, casa per anziani, casa per i malati di Aids. Migliaia di persone soccorse, curate, guarite o almeno accompagnate alla morte con amore e in grazia.
Ma tutto è stato possibile solo perché quella ferita è stata sanata dall’amore di Dio, quel vuoto lasciato da una donna riempito di un altro pieno. Altrimenti, dice padre Aldo, da soli non ci è possibile amare i poveri: sono difficili, pieni di difetti, non sono amabili naturalmente. È solo Cristo che può fare questo miracolo, può darci di amarli.
Va bene, dunque, che nelle chiese ci venga ricordato che è necessario amare i poveri, ma non si può dimenticare chi è il solo che lo rende possibile. Invece, come diceva sempre don Giussani, la Chiesa oggi si vergogna di Cristo. Non sempre si ricorda di annunciarlo, magari per un malinteso senso di delicatezza, per paura di offendere le sensibilità dei lontani, ma è una incredibile presunzione pensare di riuscire da soli ad amare qualcuno che puzza, che è egoista, maleducato, o anche solo diverso o noioso. È difficile persino amare chi profuma, chi abbiamo scelto o chi conosciamo da sempre. Certe volte è persino difficile amare i figli (sennò perché il Signore ci promette “ricondurrò il cuore dei padri verso i figli”?). E soprattutto, chi dà meno di Cristo non sta dando niente, e noi stiamo togliendo qualcosa ai fratelli a cui non diciamo chi può riempire il loro cuore. Abbiamo il diritto di togliere loro questo?
***
Senza Cristo il nostro destino è il nulladi padre Aldo Trento
Asuncion, 3 marzoo 2018
La Divina Provvidenza è instancabile. La Fondazione è diventata un porto di mare dove arriva di tutto. Ogni giorno riceviamo moltissimo pane che condividiamo con tantissimi poveri, i quali hanno fame di tutto. Ultimamente ci arrivano casse da morto di lusso, lasciateci in dono dai ricchi che alla sepoltura preferiscono la cremazione. Abbiamo il piano della Clinica sotterraneo che ne è zeppo.
L’altra sera sono sceso. Ero solo e mi sono appoggiato su una delle bare guardando lo spazio che un giorno sarà riempito da questo povero corpo e che poi andrà sotto un metro e mezzo di terra. Questo pensiero mi dava fastidio.
Immaginarmi solo sotto terra, nell’attesa di diventare terra, mi creava un po’ di “pel di gallina”. Ma ad un certo punto mi sono venute in mente le parole di S. Gregorio Nazianzeno: “Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita.” La tragedia dell’uomo moderno è la censura di questa coscienza di sé, per cui vive come un idiota senza assaporare niente, definito dal nulla. Superare questa angosciante prospettiva è possibile solo se accade l’incontro con Gesù in ogni momento, senza spazi fra un istante e l’altro.
Lo sperimentavo l’altra sera quando, guardando la bara, mi sono distratto fissando il vuoto per alcuni momenti. Ho provato un’angoscia terribile, vinta solo dalla mia familiarità con Gesù. Davvero se non fossi tuo, Cristo mio, il nulla sarebbe il mio destino. Ma non parlo solo del nulla come punto finale, ma come posizione di fronte a ciò che Pio XI chiamava “il terribile quotidiano”.
[…] Le bare vuote che riempiono il sottosuolo del mio ospedale mi ricordano il nulla: “polvere sei e in polvere ritornerai”. Mi ricordano la morte e, se non mi avesse preso, afferrato Gesù, sarei un disperato. Ma sono proprietà di Cristo e quindi ogni istante è l’esperienza della Resurrezione. Auguro a ciascuno di voi di non avere paura del vuoto, perché l’essenziale è che sia pieno di Gesù.
L’angustia del vuoto ci attira, ma noi siamo afferrati a Gesù, che è infinitamente più sicuro dei chiodi ai quali mi aggrappavo scalando da giovane la Tofana di mezzo, sentendo allo stesso tempo l’attrazione del vuoto. Un’attrazione che mi faceva rabbrividire, perché si trattava di una questione di secondi: se avessi staccato le mani? Così è la sfida di ogni secondo: se mi stacco da Gesù, cado nel baratro del nulla di cui la bara è un’evidenza.
***
Tutto è incominciato con una bugiaAsuncion, 18 marzo 20218
Tutto è incominciato con una bugia. Era il 18 marzo di 60 anni fa, come oggi, vigilia si San Giuseppe in quel tempo festa di precetto. Con i miei compagni giocavo a palle di neve nella piazza del mio paesino, Faller, ubicato nella sponda destra della valle del Cimon, la valle che inizia a San Martino di Castrozza.
Alle quattro suonano le campane a festa. Nella sacrestia della piccola ma bella Chiesa del paese (oggi ha 180 abitanti) c’ è un sacerdote canossiano che aspetta per le confessioni. Arriva il mío turno. Timido com’ ero avevo paura. Non ricordo cosa gli ho detto. Ricordo peró la domanda che il padre mi ha fatto mettendomi in imbarazzo: “Ti piacerebbe essere sacerdote canossiano?” “Se gli dico no, ho paura che mi sgridi, per cui vale la pena dirgli: “si” e una volta uscito tutto sarebbe continuato come sempre”. Quella bugia fu fatale. Uscito dalla Chiesa non ero piú quello di prima. Dio mi aveva scelto. In me un grande desiderio di entrare in seminario. Corsi subito a casa per dire a mia madre che volevo andare in seminario dei padri canossiani. Termino l’ anno scolastico e il 28 luglio ho lasciato tutto e in autostop (era un trattore) sono andato dove i canossiani avevano il seminario estivo.
Sono passati 60 anni, oggi 18 marzo. Avevo 11 anni! Non ho fatto nessuna verifica, tutto era giá chiaro. A Dio gli é bastata una bugia.
Pregare perché sia fedele fino alla fine a quella bugia.
December 20, 2024
È festa in cielo per padre Aldo Trento
di padre Aldo Trento
Cari Amici,
Da quando porto, come direbbe S. Paolo, i segni della passione di Gesù, mi chiedo in che consiste la mia libertà schiavo come sono di questo corpo che, nella malattia, mi tiene prigioniero impedendomi di fare ciò che ho sempre fatto.
Quando mi sono reso conto di questo ho reagito male con il Signore quasi fosse il colpevole di questa schiavitù che ha cambiato tutto il mio modo di vivere. In questa situazione è iniziato un lento cammino nel quale ho avuto la grazia di sperimentare che la libertà coincide con l’adesione all’essere con il riconoscimento che sono relazione con il mistero: io sono tu che mi fai.
E’ un cammino difficile vedere la tua mancanza fisica di scegliere, avendo bisogno di tutti, ma è una educazione lenta sperimentare l’unica vera libertà quella che per anni ho annunciato in tanti paesi di questo mondo. “Io sono tu che mi fai” adesso sono chiamato a viverla in primis ringraziando quanti veri amici, guidati per mio fratello Guido si sono fatti carico in questi due mesi di questo poveretto, bisognoso di tutto. Grazie all’insistenza del gius “Io sono tu che mi fai” questa verità e diventata carne ragione del mio vivere.
Vi mando una foto. E’il nuovo cimitero della fondazione, un insieme di alberi delimitano le tombe sopra le quali c’è una croce con nome e cognome. Si trova a 40km da Asunción nellla nostra fattoria. Quando gli alberi di “lapacho” fioriranno sarà uno spettacolo di colori bianco, giallo, rosa, per dirci che la morte e’ vinta lasciando spazio alla vita. Ai miei amici ho detto che voglio alla mia morte essere seppellito lì nel centro dove c’è una grande croce insieme ai miei poveri, ammalati di aids, di cancro, bambini. Bellisimi!
Alberi ci faranno compagnia, lì dove un tempo c’era la foresta.
***
Chi era padre Aldo?December 17, 2024
“Perché chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra?”
Sono in diverse chat e gruppi su whatsapp e, a parte il tunnel di quelle scolastiche, dal quale se tutto va bene dovrei uscire fra qualche mese, e quello del condominio, fine pena mai, quelle che si basano su una comunione di fede sono spesso ricche di spunti, notizie interessanti, promemoria di ricorrenze e devozioni. Tutto bello. Però io con quelle ho anche un problema. Le richieste di preghiere. Innanzitutto è difficile ricordarsi di tutti, però è anche brutto, orrendo direi, dire “prego per te” e poi non farlo. Bisogna stare attenti, non dire balle a Dio, e non nominarlo invano. Quindi quando si promettono preghiere poi bisogna mantenere. Ma soprattutto c’è un problema ancora più sostanziale, che trascende l’ambito delle chat, e rivela un problema serio per noi credenti.
È un continuo chiedere preghiere per la nonna malata, l’amico in fin di vita, o magari per sé stessi, per l’esito della tac o la recidiva di un tumore. È chiaro ed è inevitabile che quando ci si trova di fronte a un serio pericolo di vita cambiare assetto possa richiedere qualche momento di assestamento. Magari uno è tutto concentrato su una scadenza, su un problema di un figlio, e si trova chiamato a portare lo sguardo sull’eternità, e la cosa penso non avvenga immediatamente. Però se viviamo come diciamo, o come speriamo, nell’attesa di incontrare Dio, non dovremmo quasi anelare quel momento? Che significato ha pregare più e più volte al giorno ”venga il tuo regno”?
Come diceva san Cipriano nell’ufficio delle letture di qualche giorno fa:
Ma è una contraddizione pregare che si faccia la volontà di Dio, e poi, quando egli ci chiama e ci invita ad uscire da questo mondo, mostrarsi riluttanti ad obbedire al comando della sua volontà! Ci impuntiamo e ci tiriamo indietro come servitori caparbi. Siamo presi da paura e dolore al pensiero di dover comparire davanti al volto di Dio. E alla fine usciamo da questa vita non di buon grado, ma perché costretti e a forza. Pretendiamo più onori e premi da Dio dopo che lo incontriamo tanto di malavoglia! Ma allora, domando io, perché preghiamo e chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra?” … “Piuttosto, fratelli carissimi, con mente serena, fede incrollabile e animo grande, siamo pronti a fare la volontà di Dio. Cacciamo la paura della morte, pensiamo all’immortalità che essa inaugura. Mostriamo con i fatti ciò che crediamo di essere”. … “La nostra patria non è che il paradiso. Là ci attende un gran numero di nostri cari, ci desiderano i nostri genitori, i fratelli, i figli in festosa e gioconda compagnia, sicuri ormai della propria felicità, ma ancora trepidanti per la nostra salvezza. Vederli, abbracciarli tutti: che gioia comune per loro e per noi! Che delizia in quel regno celeste non temere mai più la morte; e che felicità vivere in eterno!”
San Filippo non vedeva l’ora di fare l’incontro decisivo, santa Teresa d’Avila salutava ogni rintocco di ora come un’ora in meno che la separava dal vedere Dio. Ora, io capisco che non tutti siamo sempre in quella disposizione di animo, in quello stato di grazia. Capisco che dobbiamo chiederlo, che non è scontato, però non possiamo neanche dimenticare che quella dovrebbe essere la postura di un cristiano davanti alla vita.
Che le chat si trasformino in una sorta di elenco di sfighe e relative preghiere (non è che lo pensi io, eh, è che per chi pensa che la morte sia la fine di tutto la malattia è una sfiga) è una cosa che ha sì a che fare con la fede, perché anche Gesù guariva le malattie, ma non è la cosa più importante. Era una specie di effetto collaterale della sua presenza, non il cuore.
December 12, 2024
Un Giubileo senza etichette
di Costanza Miriano
Nei giorni scorsi è stato annunciato ufficialmente il Giubileo delle persone Lgbt e delle loro famiglie; si è detto che la proposta di padre Piva aveva avuto il parere favorevole definitivo di Monsignor Fisichella e del Cardinale Zuppi, si è annunciata anche la data, il 6 settembre, e il luogo, la chiesa del Gesù a Roma.
A dire il vero della cosa non mi pare ci sia più traccia, o non ancora, nei programmi ufficiali, e quindi voglio ancora sperare che non sia vero. Credo che sia una grande ingiustizia che verrebbe perpetrata contro le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso. L’ingiustizia non è permettere che quelle persone vadano a chiedere perdono a Dio, e a ottenere da lui la pienezza della misericordia e possano ricevere in dono una vita nuova, cosa che siamo chiamati invitati tutti a fare in questo anno santo.
L’ingiustizia è usare per loro la definizione di “lgbt+” dicendo una cosa falsa su di loro, e cioè che quella ferita che provoca in loro attrazione verso lo stesso sesso, non sia una FERITA ma la loro verità, la loro IDENTITA’. Questo li inchioderebbe al loro dolore, e a mettere il chiodo, a dare il colpo di martello sarebbero proprio alcuni uomini di Chiesa, cioè di quella madre che è (era?) rimasta l’unica a dire loro la verità su di loro.
Il Giubileo, al contrario, è proprio l’occasione che i battezzati hanno, ogni 25 anni, non solo di ricevere il perdono dei propri peccati, cosa a cui possiamo accedere attraverso la confessione, ma anche di ricevere l’indulgenza, cioè non solo il perdono ma anche la cancellazione delle conseguenze del peccato, la liberazione dalle catene che ogni peccato ci lega addosso, la risoluzione degli effetti di male che a livello personale e sociale ogni peccato comporta.
Il peccato infatti non è una cosa piacevole che un Dio sadico ci vorrebbe negare, come pensa chi non conosce Dio, cioè i non credenti ma evidentemente anche certi prelati. Il peccato è sbagliare mira. Si capisce meglio quando pensiamo a come viene usato nel linguaggio comune. “Peccato, mi si è bruciato il dolce”. “Peccato, avrei voluto vedere il film ma non lo fanno più”.
Ovviamente il peccato è molto, molto di più, ma nel linguaggio comune almeno c’è una debole traccia del fatto che il peccato è una fregatura che ti prendi, qualcosa che prima di tutto fa male a te, anche quando non a qualcun altro, perché offende il disegno di Dio su di noi, di quel Dio padre tenerissimo che vuole per noi il bene massimo, e che ci ha creati e pensati uomo o donna, fatti per entrare in una relazione sponsale con l’altro, relazione sponsale che anche i consacrati vivono, in modo diverso ma ugualmente in relazione, con il totalmente altro, cosa che non si può dire per chi vive relazioni omosessuali.
Se il Giubileo significa invitare queste persone a ricevere la cancellazione delle conseguenze del proprio peccato, è una notizia meravigliosa. Se il Giubileo lgbt invece significa cercare di affermare che una inclinazione definisce tutto il mistero e la ricchezza e la complessità che è ogni persona, allora è una notizia pessima. Significa inchiodare qualcuno a una condizione che non può definirlo tutto. Significa fare esattamente IL CONTRARIO di quello che un Giubileo ci invita a fare: invece che invitare a cambiare vita, significa invitare a rimanere nella vecchia.
Il paragone non regge, ma per rendere l’idea vorrei dire che è un po’ come istituire il “Giubileo dei depressi”, con la fondante differenza che la depressione non costituisce una occasione prossima di peccato, mentre l’attrazione verso lo stesso sesso se non vissuta castamente induce ad atti intrinsecamente disordinati, come afferma con nettezza il Catechismo della Chiesa Cattolica. Una Chiesa che è (era?) rimasta l’unica a dare una speranza e una direzione a chi ha una ferita simile.
“Chiunque, interrogato se desideri essere felice, risponde senza esitazione di desiderarlo perché questa è l’aspirazione propria dell’uomo” dice Agostino, uno dei Padri più citati dal libro Varcare la Porta, Il Giubileo secondo i Padri (a cura di Antonio Grappone) di cui consiglio la lettura perché ci chiarisce le idee fondandosi su ciò che abbiamo ricevuto dai padri nella fede, e ci prepara a non sprecare l’occasione che il prossimo anno ci regala, raccogliendo la sapienza dei Padri della Chiesa sul tema del pellegrinaggio, del perdono, dell’indulgenza, cioè sui temi fondanti del Giubileo, che ai tempi dei Padri della Chiesa ovviamente non era stato ancora istituito.
Insomma, tutti, dice Agostino, anche le persone che hanno una ferita nella loro affettività, desiderano la felicità. “Ma – prosegue – gli uomini ignorano per quale via raggiungerla o dove si trovi, e perciò vanno errando. … quando diventiamo fedeli aderendo con la fede al Cristo, cominciamo a camminare sulla via, ed esortiamo tutti quelli che ci sono più cari”.
Non avvenga che proprio i pastori smettano di esortare, “non mirando più alla patria”. Quella è la vera grande esclusione che infliggerebbero a chi soffre. Incoraggiarlo a rimanere dentro una bugia, a qualcosa che non è la verità su di sé.
December 9, 2024
Secondo ritiro per sacerdoti – MonasteroWiFi
di Costanza Miriano
Il celibato è una profezia per il mondo. È l’annuncio che si può vivere una vita felice e feconda lasciandosi riempire anche affettivamente da Cristo. Di questo e molto altro sono segno i sacerdoti, che grazie a questo loro sì sono il nostro unico canale di accesso a Cristo, che lo è a Dio. Insomma, tanta gratitudine per il sì che dicono i sacerdoti. Per questo desideriamo sostenerli come ci è possibile.
Quando don Luca Civardi due anni fa mi chiese di organizzare qualcosa per i sacerdoti ho detto sì di slancio ma senza idea di come fare, proprio per questa gratitudine che sento molto forte. Non sapevo cosa sarebbe venuto da questo sì. Abbiamo provato, con la mitica Monica Marini che appena sente la parola organizzare si mette un mantello e tira fuori i super poteri, e ne è venuto fuori un ritiro – a detta di tutti i partecipanti – stupendo. Il tema, l’anno scorso, è stato Sacerdoti secondo il cuore di Cristo: cosa ti aiuta a vivere il sacerdozio con maggiore adesione a Cristo. Abbiamo chiamato alcuni sacerdoti nostri amici e di cui ci fidiamo (padre Maurizio Botta, don Fabio Rosini, don Alessio Geretti, don Vincent Nagle e altri) a parlare di vari aspetti del sacerdozio. Uno al mattino, uno al pomeriggio, poi pasti e preghiera in comune, qualche momento di silenzio. Noi organizzatrici, da parte nostra, ci abbiamo messo i contatti, la capacità di organizzare, qualche piccolo regalo, i cornetti caldi la mattina, la nostra amicizia insomma, sempre a distanza (tranne l’ultima sera, con un momento di condivisione a cena).
Quest’anno il tema sarà “Virili e casti: il dono del celibato”. A porte rigorosamente chiusissime i sacerdoti ascolteranno i loro fratelli (don Giuseppe Forlai, padre Maurizio Botta, don Alessio Geretti, don Gabriele Vecchione) condividere il tesoro della Chiesa e parte delle loro esperienze su questo mistero profetico del celibato. E potranno anche condividere un po’ della loro vita e del loro combattimento, se e come vorranno. La guida degli esercizi dal punto di vista organizzativo è affidata ai Legionari di Cristo, che hanno questo speciale carisma, mentre i relatori come è lo stile del Monastero Wifi verranno da varie anime ed esperienze ecclesiali.
Ne scrivo qui perché c’è ancora qualche posto disponibile, e vi invitiamo a invitare i vostri parroci, i vostri amici, qualche sacerdote a cui volete bene e che pensate possa avere bisogno di un ritiro. Sarà dal 7 all’11 gennaio in uno dei posti più belli di Roma, dai passionisti al Celio, tra Colosseo, Fori Imperiali, San Giovanni e San Clemente… Per quanto riguarda i costi, la nostra regola è che nessun sacerdote debba trovarsi nella condizione di non venire perché non può permetterselo, quindi passeremo con un cesto e ognuno di loro metterà quello che può.
Per questo ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito finora, con le offerte a San Pietro o con un bonifico, e chiediamo a chi potesse di contribuire ancora. Se per caso i soldi dovessero avanzare, andrebbero comunque a sacerdoti che soccorrono situazioni di bisogno.(Iban intestato Monastero wifi IT70C0303201400010000709065)
Ho sperimentato che Dio ci è particolarmente grato quando facciamo del bene a questi suoi figli prediletti, quando cercano di vivere fedelmente la loro chiamata.
December 3, 2024
Da oggi e per pochi giorni NEFARIUS nelle principali città
Da oggi e per pochi giorni NEFARIUS sarà nelle sale delle principali città italiane:
FIRENZE 2-3-4 dicembre UCI Cinema (via del Cavallaccio) h 20,20
TORINO 3-4 dicembre UCI Cinema Lingotto (via Nizza) h 20,30
MILANO 3-4 dicembre UCI Bicocca (via Chiese) h 20,15
ROMA 3-4 dicembre UCI Porta di Roma (via Alberto Lionello) h 20,30
P.Carlos Martins, esorcista:
“Nefarius è il miglior film sulla possessione demonica mai realizzato”

Sinossi
Nel giorno previsto per la sua esecuzione capitale, il serial killer Edward Wayne Brady, è sottoposto ad un’ultima valutazione psichiatrica da parte del dottor James Martin; se questi lo dichiarerà incapace di intendere e di volere, Brady sarà risparmiato. In caso contrario, verrà giustiziato. Durante il colloquio, l’assassino afferma essere posseduto da un demone chiamato «Nefarius» e comunica al dottor Martin che, entro fine giornata, questi commetterà tre omicidi. Lo psichiatra, scettico uomo di scienza, respinge tali affermazioni fin quando il demone non rivelerà particolari incredibilmente accurati della sua vita privata. Posto d’innanzi la realtà oggettiva, lo scetticismo di Martin comincerà a vacillare ed un atroce dubbio, serpeggiare…
I protagonisti:
NEFARIUS
Alter ego di un serial killer o di un demone? Decidi tu. Oggi è il giorno dell’esecuzione di Edward Wayne Brady… a meno che una valutazione psichiatrica non diagnostichi la sua follia e venga sospesa. Molto gradualmente, Nefarius trasforma l’incontro con lo psichiatra in un gioco fra il gatto e il topo, che sfocia in una battaglia dialettica degna di una partita a scacchi mortale.
Lo psichiatra James Martin non crede nel soprannaturale. Per lui, non esistono né Dio né i demoni. Pur avendo il potere di decidere sulla vita o sulla morte di Edward Wayne Brady, il dottor Martin non sa che esistono forze oscure legate a questo detenuto, che esercitano un forte potere su di lui e mettono in pericolo la sua vita.
IL REGISTA CI RACCONTA«Quando eravamo bambini, ci dicevano che i mostri non esistono. Ebbene, questa era una bugia. I mostri esistono eccome e sono assolutamente reali. Non hanno l’aspetto di quelli che si vedono in TV o nei film… perché di solito non si vedono. Almeno non completamente. Quello che si vede è ciò che fanno. Questi mostri tentano e corrompono. Controllano e distruggono. Chi è il loro nemico e la loro preda? Siamo noi. Sono gli angeli caduti, le schiere demoniache, gli abitanti dell’Inferno. Coloro che sono stati cacciati dal Paradiso e che, nella loro amarezza e rabbia, cercano di distruggere per sempre tutto ciò che è buono. Ispirandoci al personaggio demoniaco creato da Steve Deace «Lord Nefarius», abbiamo iniziato a chiederci come sarebbe stata una conversazione con un demone del genere. E se quel demone, per motivi suoi, avesse deciso di dire la verità assoluta, dal suo punto di vista, come sarebbe stata questa conversazione?
Questo è il senso del film. Se abbiamo fatto bene il nostro lavoro, nel vedere questo film, sarete convinti che esiste una forza del malevola personale e soprannaturale che causa i mali di questo mondo. Dopo aver capito questo, quello che deciderete di fare in seguito, dipenderà da voi.
Chuck Konzelman e Cary Solomon
December 1, 2024
NEFARIUS – La recensione dell’Associazione Internazionale Esorcisti
Vi ricordo che nei tre prossimi giorni sono previste proiezioni del film Nefarius di cui abbiamo già parlato, a Roma, Milano, Torino e Firenze. Per le date, gli orari, le prenotazioni e i biglietti vi rimando al sito ufficiale.
Spero siate in molti ad andare al cinema anche perché una presenza in sala considerevole può portare a una più ampia distribuzione, per più giorni e più città.
Di seguito i proponiamo la recensione del film pubblicata sul sito dell’Associazione Internazionale Esorcisti.
di Associazione Internazionale Esorcisti
Il film Nefarious, diretto da Cary Solomon e Chuck Konzelman, è ispirato al libro A Nefarious Plot dell’autore Steve Deace, cristiano evangelico, nel quale vengono affrontati temi come la corruzione politica, la manipolazione dei media, la perdita dei valori morali e l’erosione delle libertà individuali. Entrambi i registi, noti per un altro famoso titolo Unplanned (2019), considerano questo il loro miglior lavoro fino a oggi. In Italia, alla data odierna, non risulta essere mai stato proiettato in nessuna sala, cinema e nemmeno fruibile su piattaforme streaming. Da notare la presenza, come attore, di un vero sacerdote, padre Darren Merlino, che ha anche provveduto alla guida “teologica” della narrazione.
A un criminale, in attesa di esecuzione capitale, viene concessa una sospensione all’ultimo secondo per effetto di una decisione giudiziaria, che si concretizza nella visita, da parte di uno psichiatra, per esaminare ulteriormente il suo status. Il dottore scopre che si tratta di una possessione demoniaca alla quale egli inizialmente non crede, poiché ateo. Il demonio racconta, dal suo punto di vista, le modalità con cui opera per la devastazione della creazione. Attraverso la visione della pellicola si induce il pubblico a riflettere circa realtà preternaturali, i demoni, e la loro nefasta azione sull’intero genere umano: oltre a una battaglia culturale siamo realmente coinvolti in uno scontro spirituale.
L’obiettivo del film è informare della realtà nella quale il bene e il male si combattono e che in questa lotta è veramente operante il demonio come essere personale. Non si tratta di una storia dai contenuti provocatori, osceni o con volgarità. Vengono addirittura utilizzate le visioni della mistica tedesca Anna Katharina Emmerick (1774-1824). Gesù utilizzava il linguaggio parabolico perché attraverso la narrazione di “storie” era più facile e immediato veicolare le informazioni relative al suo messaggio. Analogamente in questa produzione il fine è quello di presentare, in un modo molto intelligente e cinematografico alcune verità di fede: l’esistenza del demonio e le sue tattiche.
Drammaticamente, attraverso le affermazioni dello psichiatra, la società si presenta emancipata riguardo alla possibile e terribile realtà della dimensione demoniaca, alla luce di un falso progresso, che viene stigmatizzato dalle battute ironiche del demonio che parla attraverso il posseduto.
A differenza di altri film di questo genere, dove vengono sottolineati gli aspetti più spettacolari, come la levitazione, il tono gutturale, la forza straordinaria, in questo film si pone l’accento sulla mente demoniaca, sul suo intelletto, che ha come ultimo fine il soffocamento della speranza e della verità: è interessante notare che la quasi totalità del film ruota attorno al dialogo tra i due principali protagonisti (il condannato-indemoniato e il medico) e nonostante, quindi, le scene siano ridotte (nella quasi totalità del film) al solo parlatorio del carcere, i dialoghi riescono, nella loro originalità, a tenere alta l’attenzione dello spettatore.
In questo modo, seppur caratterizzato dal limite del linguaggio cinematografico, risulta essere un film che pone seri interrogavi allo spettatore e offre spunti di riflessione sul tema del mondo demoniaco e sulla sua azione nel mondo umano.
Va fatto un grande plauso all’attore che interpreta il criminale in attesa di esecuzione perché riesce a rappresentare molto realisticamente i momenti in cui il carcerato parla liberamente e i momenti in cui il demonio si sostituisce a lui, proprio come gli esorcisti hanno modo di assistere durante i momenti in cui il demonio si manifesta nei veri posseduti.
In conclusione, il film offre, considerato nel suo insieme, contenuti accettabili e condivisibili. Non è un trattato di teologia e nemmeno un catechismo sulla demonologia, tuttavia, la sua visione può essere molto utile per una seria iniziale riflessione sull’argomento che, certamente, andrebbe poi approfondita nelle sedi opportune.
fonte: aieinternational.it
Quale pace ci si scambia a Messa? #monasteroWiFi Roma
Riprendono gli incontri del Monastero WiFi di Roma dopo la pausa di novembre per il Capitolo Generale di San Pietro.
Lunedì 2 dicembre saremo al Battistero di San Giovanni in Laterano con don Carlo Lorenzo Rossetti con la catechesi su digiuno e speranza.
si inizia alle 21 (sempre disponibile per i partecipanti accedere dietro parola d’ordine “monastero WiFi” al parcheggio della Lateranense), ma per chi vuole ci si incontra alle 20:30 per mangiare e bere qualcosa insieme.
A seguire la trascrizione dell’ultima catechesi del 7 ottobre di padre Maurizio Botta sul tema dello scambio della pace.
***
Battistero di S:Giovanni in Laterano, 7 ottobre 2024Catechesi “Quale pace ci si scambia a Messa?” di padre Maurizo Botta c.o.
Ho ricevuto un’email, ve ne leggo solo un passaggio, di un seminarista.
Ho incontrato un gruppo di seminaristi qualche tempo fa e mi dice così: “rientrando nei giorni successivi da Roma in seminario a Brescia, abbiamo conosciuto i cinque nuovi arrivati. Sapere che altri anche quest’anno rispondono a una chiamata forte, misteriosa ma altrettanto vera e autentica non può che portare a ringraziare tanto il Signore. Davvero è vero e vivo ancora oggi ed è capace di parlare nell’intimo di ciascuno. Che aiuto, che speranza! Alla fine la nostra vocazione è solo una: Gesù Cristo! E se non lo conosciamo intimamente come intimo confidente dell’uomo, a che vale seguirlo solo a parole? Ti ringrazio perché le tue parole sulla preghiera mi aiutano tanto in questa radicalità d’amore, di verità prima di tutto. Io e Lui e nient’altro.”
Avevo detto ai seminaristi che il grosso rischio è che non ci sia mai il momento in cui si incarna la Parola di Gesù: “chiusa la porta della vostra camera il Padre vostro che vede nel segreto”.
Perché in realtà il momento tante volte per molti seminaristi, sacerdoti e consacrati “quando chiudi la porta della camera” è il momento in cui ne apri un migliaio di porte con l’IPhone, con il PC con una cosa e l’altra.
Quindi non c’è più questo momento intimo.
Quindi lo spegnere è una condizione non per dire no a qualcosa ma per dire sì a questo rapporto personale con Dio “che vede nel segreto”.
Continua la email…
“Ho letto ieri che domani terrai un incontro sullo scambio della pace in Laterano. Grazie per quello che dirai. Mi sento molto ignorante su quel gesto che spesso è solo un momento che vivo per buona educazione rivolgendomi ai miei vicini (sembra un inizio). Capita anche che per non sembrare freddo e ripugnante mi debba allungare fino a mani presenti dall’altra parte della chiesa, come se escludendo qualcuno da quel gesto volessi rifiutare la sua dignità di essere umano. Intuisco che il suo significato è davvero più grande. Grazie se ci aiuterai in ciò.
Ho poi sentito da un amico seminarista che lui spiega ai bambini il segno della pace in questo modo e mi sembra molto efficace: ciò che è più importante in quel momento della pace è solo un suono, un rumore sordo, secco e duro. L’ostia che si spezza.
Noi possiamo scambiarci la pace perché Cristo è l’unico che può compromettere il suo amore. Se Lui non si fosse compromesso così tanto con noi, rischiando con un atto così grande, così forte da non venire compreso come la sua morte, noi miserabili non potremmo chiedere e dare la pace agli altri. Ormai dopo essersi spezzato, e quel suono ce lo fa capire benissimo, ha sigillato l’alleanza eterna con noi e la Sua pace è anche nostra.
Vista l’efficacia con i bambini e anche con me, mi sei venuto in mente. Allora ho colto l’occasione per ringraziarti per i due incontri di quest’estate.”
Io ho condiviso con voi ed è stato molto bello perché anche molto in linea con quanto è venuto fuori nella mia catechesi a San Pietro ed io molto semplicemente mi sento molto legato a quella catechesi. Bene, vado per ordine.
Innanzitutto partendo dalla pace e naturalmente dal dono della pace, esploriamo un attimino nella Parola di Dio che cosa è questo dono della pace, naturalmente più che altro nel Vangelo. Un primo passaggio lo prendiamo da Luca nei versetti 5, 6, del Vangelo, nel capitolo X, “In qualunque casa entriate prima dite: pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui altrimenti ritornerà su di voi.”
Cioè Gesù, dopo aver mandato i suoi, li ha mandati come se fossero, non come se, sono rivestiti di una pace che non viene da loro. Potremmo dire molto più simile ad un fluido, simile a un flusso, a qualche cosa che quando c’è qualcuno che l’accoglie questa pace di Cristo arriva a quelli che accolgono gli Apostoli e quindi Gesù attraverso di loro.
Poi ci sono quei passi del Vangelo di Giovanni che sono decisivi, tanto decisivi che noi li troviamo nella Santa Messa.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Ecco io penso che occorra, ve lo dico come lo dico tante volte al catechismo, ci sono due tipi di pace partendo da questa lettura di Giovanni.
C’è la pace con la P maiuscola e una pace con la p minuscola, cioè una pace che è quella che quando tu sei al mare o in montagna, dove volete, e ti metti al sole e chiudi gli occhi e c’è silenzio intorno a te e magari sei in mezzo alla natura, un momento di pace, una pace naturale potremmo dire che ha queste caratteristiche che dall’esterno cerca di entrare dentro.
Però dice Gesù, “vi lascio la pace” come una consegna. Quella pace che quando li ha mandati è un dono diretto, qui è proprio il dono del Risorto “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” ma ci tiene e specificare “Non come la dà il mondo io la dono a voi” quindi è una pace differente quella di Gesù.
Quando devo spiegarla a qualcuno, mi sembra di dire che la pace di Dio, quando vuoi essere proprio sicuro che è proprio la sua è quando esternamente tutto va male. Ci sono dei momenti in cui va tutto male, magari una malattia, problemi, difficoltà, cioè tu non hai esternamente motivi di pace, tutto va male e percepisci che questa pace promana da un’altra parte, questa pace celeste viene da un’altra parte.
Sempre Gesù nel Vangelo di Giovanni “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me” In me.
“Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia io ho vinto il mondo”
Avere pace in Gesù “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” avere pace in Gesù.
E Gesù Risorto, il saluto del Risorto è contemporaneamente un dono.
“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!» Ancora subito dopo “Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». “Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!”.
Quindi è evidente. Completo con due passi del nuovo testamento legati a Paolo.
La lettera ai Filippesi Cap 4,4-9, trovo che questo sia proprio potentissimo “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.
Questo è molto importante, la pace di Dio è quella che custodisce i tuoi pensieri, il tuo cuore, cioè la tua volontà in Cristo Gesù. “In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!”.
Concludo con Colossesi vers 15 Cap 3 “E la pace di Cristo regni nei vostri cuori”.
Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. La pace di Cristo, la pace di Dio è quella che custodisce i nostri cuori, i nostri pensieri in Cristo perché è la pace di Cristo. “La pace di Cristo regni nei vostri cuori perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo”.
Questo è molto importante perché è quello che permette di capire completamente il segno della pace. “E siate riconoscenti!”
Quando avevamo visto l’“Agnello di Dio tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio, tu che togli i peccati del monto, dona a noi la pace”.L’Agnello dell’Apocalisse che abbiamo visto nel Monastero Wifi dell’anno scorso è contemporaneamente l’Agnello immolato e l’Agnello vincitore, l’Agnello risorto che dona la sua pace. Infatti, Gesù risorto, l’Agnello immolato con i segni della passione, dice “pace a voi”. È la pace di Cristo. Allora dovrebbe essere tutto facile, ma qual è il problema?
I problemi sono secondo me due.
Uno: quando Gesù pone una condizione al discepolato. È quella che il discepolato non è obbligatorio e non è spontaneo, ma è una scelta. È una libertà. “Se qualcuno vuole essere mio discepolo, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che la croce non è l’avvenimento drammatico nel futuro che noi immaginiamo. Non è quella brutta cosa che è come una spada di Damocle “quando arriverà la croce”. Essere discepoli vuol dire che è già lì. Ognuno di noi ce l’ha lì.
“Se qualcuno vuole essere mio discepolo, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Possiamo definirla “la nostra”. Ognuno dovrebbe sapere qual è la sua croce. È un’impossibilità particolare. Quel luogo di impossibilità dove tu anche se ce la metti tutta, non ce la fai. Dove tu sai e desideri perfettamente ma lì non ci arrivi. Allora rinnegare sé stesso, prendere la propria croce e seguire Gesù.
Mi capita spesso di raccontare qual è la mia croce, che è qualcosa di collegato al mio passato. Sono un ragazzo fortunato, però ci sono delle ferite che mi rendo conto che se io non prendo la mia croce ogni giorno, se non rinnego me stesso e prendo la mia croce ogni giorno, le ribalterò sugli altri. Cioè, io ho sempre paura che gli altri non mi vogliano bene, che possa cambiare lo sguardo degli altri su di me, da un momento all’altro.
Quando cambia lo sguardo, io mi chiedo: “Dove ho sbagliato? Cosa sto sbagliando? Perché? Cosa ho fatto di male?”. Sempre. E’ il primo passo. E’ la mia prima cosa: rinnegare me stesso, prendere la mia croce, prendere questa debolezza che tanto non cambia, possono dirmi tutte le parole del mondo.
E’ rarissimo che io riesca a credere che qualcuno mi vuole bene: ho sempre il sospetto che possa cambiare la faccia da un momento all’altro. Io ho cambiato tante cose, ma per la verità di Cristo, perché poi, alla fine…
La seconda cosa su cui questo discorso della pace a volte… poi arrivo e veramente vi dirò tutte le cose ben precise sul segno della pace, su cosa si fa, cosa non si fa, cosa è vietato, va bene… poi sarò concretissimo, alla fine, così siete contenti e andate a casa…
Tanto poi in ogni parrocchia c’è una visione cattolica differente: è inevitabile. Il vero problema sono gli abusi liturgici dei sacerdoti che fanno come se non ci fosse un messale che spiega tutto e dice tutto. E’ fin troppo banale la storia del prendere il messale, leggervelo e dirvi come stanno le cose. Quindi tre e basta: basterebbe farlo. Invece poi ci sono tutti gli abusi liturgici (così si chiamano): ognuno fa come gli pare. Io cerco di non fare così: se c’è scritto, io cerco di fare come c’è scritto.
Ma un’altra cosa è più particolare, perché è un monito che tutti i giorni dell’anno si apre la Liturgia delle ore con un salmo che dice: “non entreranno nel luogo del mio riposo”, cioè “non entreranno nella mia pace”. Perché?
Perché hanno dubitato della mia potenza; hanno visto la mia azione nella loro vita e nonostante tutto continuano a dubitare e a mettermi alla prova, a tentarmi, cioè a non credere che io ci sono, ma non solo che ci sono, non solo che opero nella storia dell’umanità, nella storia della Chiesa, in alcuni santi, ma che opero nella loro vita.
Dubitare che Dio opera e vuole operare con te e vuole fare un miracolo con la tua vita, non ti fa entrare nella pace di Dio. Allora volevo unire queste due parole, quella del rinnegare se stesso e prendere la propria croce, e questa del riposo, con una parola sulla pace, fondamentale, quella che dice Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi darò ristoro”, quindi troverete ristoro, troverete pace per le vostre fatiche.
Perché l’immagine è quella del pastore, però, dice, dovete fare una cosa: dovete prendere il mio giogo sopra di voi. Però come può essere che una cosa io me la carico su e mi alleggerisce? Visto che io già mi devo portare la mia croce, di ferro, e poi mi devo prendere la croce di Gesù e me la carico sopra ed è dolce…
Io l’unico pensiero che ho avuto per spiegarlo al catechismo ai bambini è questo: che la croce di Gesù è un magnete e la mia croce è di ferro. Se io, con la mia croce, mi allontano da Gesù, mi viene voglia proprio di buttarla via, ma te ne ritrovi un’altra peggiore, più pesante, sempre di ferro… L’unica possibilità è che la croce di Gesù è talmente attrattiva che.. TAC, se io con la mia croce sono attaccato a questo magnete, ci sono due caratteristiche: una è che io non sento più il peso e, soprattutto: sapete cosa succede quando il ferro sta attaccato a lungo ad un magnete? Diventa magnetico, cioè: “vi lascio la pace, vi do la mia pace” TAC
Cioè, siamo come attaccati alla pace di Cristo ed ecco perché i santi sono talmente inabitati, intrisi, sono proprio bagnati della pace di Dio ed effettivamente quando incontri un santo stai bene, cioè quando c’è un santo sembra tutto facile.
Ti viene una speranza, una voglia di vivere. Ti viene voglia di amare, di perdonare, di credere nel Paradiso, credere nella vita eterna. Perché?
Perché è talmente tanta l’unione magnetica di Cristo che quel ferro diventa magnetico. Cioè se uno non prende la sua croce, Cristo non ha niente con cui acchiapparti! TAC
E’ quella tua croce che prendi, la tua, e quindi quella ferita, che ognuno ha la sua, che è o mancanza d’amore o amore sbagliato ricevuto, se una violenza vuol dire che lo hai ricevuto malissimo. Ognuno ha le sue perché viviamo in questo mondo segnato dal peccato.
Allora qual è il fatto?
Io questa è una cosa che dico sempre perché ci credo fermamente e perché è un vero problema.
Il problema è la preghiera incessante, cioè pregare sempre e senza stancarsi.
Gesù ha detto queste parole sulla necessità di pregare sempre e senza stancarsi e quindi dovete smetterla di voler scappare da questo. Basta!
Vuol dire che se Gesù dice che è necessario pregare sempre, vuol dire che ognuno di voi lo può fare nella sua vita, ma solo con forme diverse.
La forma mia sarà diversa dalla forma di Costanza, quella di Costanza sarà diversa da quella di Guido, che a sua volta sarà diversa da quella di ciascuno di voi ma che occorre pregare sempre senza stancarsi. Sarò radicale, ma se ripeto le parole di Gesù che è necessario pregare sempre senza stancarsi vuol dire sempre, che per me vuol dire rallegrare il cuore. Gesù non ti dirà mai “devi pregare di più “, quando sentirete che io vi dico “devi pregare di più “ mi cascasse la lingua perché è diverso.
E’ esaltante perché puoi cominciare adesso, mentre ascolti. Facciamo esempi della vita quotidiana: ore della nostra vita sono dedicate alle cose più noiose: riunioni, collegi dei docenti, consigli di classe, robe inutili, dove le cose che si dicono si potrebbero dire in cinque minuti ed invece.
Poi, visto che si parla di penitenza, la vita è carica di penitenze orribili e sono quelle che non ti scegli, quelle che ti vengono inflitte. Io allora mi metto lì con la faccia tipo “screen saver con lago di montagna” e prego, prego, prego.
Vi assicuro che poi diventi luce, un cobra quando devi dire qualcosa.
Padre Maurizo? Li vedi il mouse che si scuote!
E allora a me sembra di dire una cosa molto semplice, che poi è sintesi della sintesi della sintesi che sembra piacere…”
Mi ricordo che piaceva molto alla Preside precedente. Lei odiava i Collegi Docenti e ad un certo punto, quando non ne poteva più, lei per chiudere la faccenda diceva…mi guardava…: “e lei Prof. Botta che cosa pensa?”
…lì lasciavo parlare tutti…nel frattempo…quand’è così che bello!
… penitenza, penitenza, penitenza, dici la Madonna a Lourdes…
vado al Collegio Docenti, dura un’ora?!…un’ora di preghiera…
dura un’ora e mezza?!…un’ora e mezza di preghiera…
dura due ore?!…due ore di preghiera.
Quando ascolto le persone io prego…ma a volte anche visibilmente perché non inficia l’ascolto, perché non devo star concentrato per pregare…dico solo mentre prego: “Signore voglio ascoltare come ascolti Tu…fa che conduca tutte queste cose verso la tua volontà alla luce del Vangelo e tutto”…è molto più semplice!
Si può pregare camminando, andando in motorino…
Avevo una Catechesi a Salerno e ho deciso di andare in motorino perché mi sembrava la cosa più comoda…da Roma…poi le previsioni del tempo…alle previsioni del tempo basta! Non crediamoci più! Cioè ma veramente! A me quelli che non credono in Gesù Cristo ma credono nelle previsioni del tempo…
Le previsioni del tempo sbagliano sempre…non doveva esserci una goccia di pioggia! Bene, da Mondragone a Pompei una tempesta di pioggia continua. Da Pozzuoli…sapete com’è da Pozzuoli?… è tutto sampietrino!…pioggia, sampietrino…sono arrivato a Pompei ho detto…che scemo!
Però il giorno dopo, sole! Colazione alla pasticceria di Pompei, partenza, arrivo a Sorrento e poi, sotto il sole, Costiera Amalfitana con il motorino. Vabbè ma ore di preghiera!
Ore di preghiera: pensi-preghi/ preghi-pensi/ pensi-preghi/ preghi
Con il motorino non è che puoi andare tanto veloce però ti vedi tutto… Preghi, pensi alle persone, alle situazioni. Sai quanti pensieri fai. Pensi proprio, capisci le cose…perché noi non pensiamo più!
Noi viaggiamo sempre in reattività, non abbiamo un tempo mai lungo in cui pensare.
Quando hai delle ore che non hai distrazioni, senza cellulare, senza Iphone, senza navigatore. Tutto così, dovevo girare il Vesuvio così…non so, dei pensieri fulminanti. Stavo scendendo in Costiera Amalfitana c’era un bar, arrivo, sotto c’è Pagani…non se se avete presente “Pagani”…a Pagani c’è il quartiere della paganese, blu e bianco, sembrava di essere in Sud-America!
Cioè uno deve vedere questi posti per capire che è proprio un altro mondo, un altro mondo! Una vitalità, vivi, vivi. Ragazzi, pieno di gente da tutte le parti. Vedi i supermercati che ci sono solo lì, i prodotti che ci sono solo lì, cose che ci sono lì. E dall’alto, dall’alto vedo tutta questa specie di …e dicevo…mamma mia, lì saranno 5 milioni, 6 milioni di persone, come niente. Tutto eh intendo…un italiano su dieci è qua! Per capire l’età, i pensieri. I pensieri che poi alla fine sono riflessioni, ti fanno capire che c’è speranza insomma. Non penso che questo sia un popolo riducibile così facilmente.
Si può pregare sempre senza stancarsi, però se non lo fate Gesù lo chiederà: “Perché non l’avete fatto quando Padre Maurizio e tutti i sacerdoti ve l’hanno detto?
“Perchè sei così orgoglioso da non farlo?”…ma basta!…prega sempre!
Abituati! Preghi correndo, preghi al supermercato dai!
Il supermercato, un posto fantastico per pregare, puoi prendere le cose che devi prendere, veloce così. La coda del supermercato, le code, quante code abbiamo nella vita, penitenze su penitenze.. Regalate a piene mani dal mondo: traffico, in macchina, c’è gente che pensa che sia normale fare 40 minuti andata e ritorno, vuol dire un’ora e venti in base ai miei calcoli della Bocconi. Quindi un’ora e venti, se tu cominciassi a pregare un’ora e venti, spegni la radio oppure ti ascolti una catechesi, preghi, preghi, cucinando, stirando, rassettando, pulendo.
Quali sono le attività nelle quali non puoi pregare? Pochissime, pochissime.
Però allora, vedete, se le parole di Gesù, queste sue preghiere, non rimangono in noi, …venite da me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, la vostra croce che se non l’avete rigettata ve la state portando sulle spalle, e io vi darò ristoro.
Avevo preparato tantissime cose, tutte frasi dei Santi e di padri spirituali che parlano di questa pace profonda che viene, proprio una pace del cuore.
Diceva ad esempio Padre Jean-Pierre de Caussade, un famoso gesuita: il grande principio della vita interiore è nella pace del cuore, perché le vere ispirazioni di Dio sono sempre dolci e pacifiche poiché portano alla confidenza e l’unità. Mentre le altre, cioè quelle che non vengono da Dio, sono inquiete, turbolente, poiché portano allo scoraggiamento e alla sfiducia o anche all’opposizione alla volontà propria.
Vuoi capire quando un’intuizione viene da Dio? Ti tiene sempre nell’umiltà, non ti scoraggia. Il Dio della pace parla nella pace.
Sant’Ignazio di Loyola negli “Esercizi spirituali”: l’angelo buono tocca l’anima con dolcezza, leggerezza e soavità, mentre il cattivo, l’angelo cattivo, lo spirito cattivo, la tocca brutalmente, rumorosamente, con inquietudine.
Ce ne sarebbero tante altre…
Vado quindi alla parte più legata proprio al segno della pace in sè.
Queste sono le indicazioni scritte nel messale: “preceduto dalla frazione del pane è il segno della pace. Con il segno della pace, con il rito della pace la Chiesa implora la pace e l’unità per sé stessa e per l’intera famiglia umana e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole prima di comunicare il Sacramento.”
Cioè è l’unione del corpo di Cristo, di quelli che partecipano di questa pace, i discepoli, i veri discepoli, quelli che vivono portando la croce ogni giorno, quelli che veramente la prendono, quelli che piangono come una vedova perché non vogliono giudicare, non vogliono analizzare, non vogliono condannare, perché vogliono essere miti e umili di cuore, perché piangono per l’ingiustizia, perché amano la verità, perché vedono come il mondo sia perduto, quanti peccatori sono perduti.
Dice Gesù che il pubblico peccatore, il famoso figliol prodigo, quello che conduce quella vita, è perduto.
La C.E.I. stabilisce che il modo ordinario per lo scambio della pace sia la stretta di mano o l’abbraccio; basta, stretta di mano o abbraccio.
Conviene tuttavia che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio… basta… E’ complicato ? No, si fa così.
In Francia , poi si dice, non è consentito introdurre un canto che accompagni lo scambio della pace. No. E’ vietato. Ma a me piaceva tanto….
CANTA“ Evenu shalom aleye…” (canta), “ Nel Signore do la pace….” (canta), …. “ Pace a te “ (canta), no, no, dice di no, non è consentito.
Quando si da la pace, si può dire : “ La pace del Signore sia con te “, a cui si risponde “ E con il tuo Spirito “. Cioè, lì non è indicato, si può dire, a seconda degli usi. Io trovo molto bello, però, vedete, questo lo dico, io lo trovo molto bello, mi piace molto come si dice in Francia : “ La paix du Christ “ “La pace di Cristo “ , e io, quando do la pace dico : “ La pace di Cristo “
La pace che si da non è quindi un gesto orizzontale, sociologico, non è un “ volemose bene.
E’, io credo che Gesù Cristo è l’Agnello morto e risorto che da la Sua pace.
Io, visto che dovrei essere uno che rinnega se stesso e prende la sua croce ogni giorno, che prega sempre senza stancarsi, TAC… sono attaccato al magnete, ed essendo attaccato a Cristo, posso dire a te che sei vicino, “ La pace di Cristo “.
È complicato?…Non è complicato
Il problema è quello che c’è prima che è complicato; è rinnegare se stessi, e prendere la propria croce, non rigettarla, è complicato pregare sempre senza stancarsi, è complicato quindi essere uniti al Magnete, che ti da la Sua pace, “ vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la da il mondo, io la do a voi “
Ma e quindi ecco perché Gesù mandava i suoi, li mandava e, dopo la Resurrezione, li manda in modo definitivo, li manda come li mandava quando era Lui su questa terra; quindi loro avevano la pace di Gesù e donavano la Sua pace
Penso che sia bello, il segno della pace poi, è molto antico, dice: “Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi apostoli, “ Vi lascio la pace, vi do la mia pace “ non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua chiesa e donale unità e pace, secondo la Tua volontà, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli “. Poi continua.. “La pace del Signore sia sempre con voi” Quindi la da il sacerdote.
A quel punto lì, non è obbligatorio lo scambio, è opzionale, si può fare e non si può fare. Infatti noterete che a volte alcuni sacerdoti non lo fanno.
Possono farlo? Si.
Stanno commettendo un abuso? Questi no.
E’ un abuso poi, ok, io non metto… forse la parola abuso è esagerata
C’è un momento, che se io sto celebrando un matrimonio, ok, io scendo per dare la pace ai due sposi, ma non trovo nessuno, perché loro sono a stringere mani a tutta la chiesa, baci e abbracci con mamma e papà.
Io sto lì, con la mia pace di Cristo, ma scusa, io sono attaccato al magnete, io voglio fare la volontà di Dio, io ti vorrei dare la Pace di Cristo, ma voi dove siete scappati?, Dove siete andati? Vanno da tutte le parti, c’è sempre questa scena.
“Adesso un segno di pace” Non faccio a tempo a dare la pace al chierichetto che c’è, arrivo quaggiù, e non ci sono. Sono scappati, sono andati via.
Quindi, non tanti, con i vicini; cosa si dice : stretta di mano o un abbraccio.
Stretta di mano o abbraccio, non è un “touch” (vi dico cose che vedo).
Stretta di mano, abbraccio con quelle persone che vi stanno vicino, perché se tu la dai al tuo vicino, il vicino la dà al suo vicino, tutti la danno un po’ a tutti.
E’ la pace di Cristo, non è la tua pace; non è un gesto umano, non stai dando la “tua” pace.
Immaginate (qua è drammatico!): io la do al primo banco e quelli in fondo dicono: ecco, ci ha esclusi! Ma lo ha detto il Signore!
Come è che ha detto? Beati gli ultimi!
Quindi poi dici, perché a te si e a me no?
Sobrio, sobrio!!
Padre Cassiano. Mi piace concludere con padre Cassiano che è veramente un grande monaco benedettino del monastero di Norcia, che stimo moltissimo.
Lui diceva queste cose qua; naturalmente nello spiegarlo (lui era professore di liturgia a S. Anselmo, il pontificio istituto liturgico qui a Roma) ripete le cose che ho detto prima: “il rito della pace nell’atto della preghiera del sacerdote, che prendendo spunto dalle parole del Signore agli apostoli nell’ultima cena, domanda unità e pace per tutta la Chiesa. La preghiera della pace è presente fin dai primissimi tempi della Chiesa e collocata prima della liturgia eucaristica; i fedeli chiedono a Dio il dono della pace, unità per la Chiesa, per l’intera famiglia umana, ed esprimono fra di loro l’amore vicendevole prima di partecipare all’unico pane”.
Il segno della pace esprime l’unità dell’assemblea che si accosta a ricevere il corpo del Signore.
Le parole che compaiono e seguono “la pace sia con te” non è l’augurio che non ci siano guerre, che non ci siano incomprensioni, che ci sia appunto “pace”, ma è qualcosa di molto più profondo. E’ la pace di Dio che noi auguriamo.
Auguriamo agli altri di avere tutto ciò che c’è in Dio. La Sua completezza che si traduce in ogni bene all’altro, quindi nella forza che vi sostiene nel dolore e nella sofferenza, nella sicura speranza della risurrezione, il condividere i propri beni, i propri guai con gli altri, nel sacrificarsi per gli altri, nel rimanere fedeli a Dio anche nei momenti di disperazione e di povertà.
Insomma la pace di Dio è avere la forza di fare la Sua volontà e vivere delle Sue beatitudini. Solo nella volontà del Signore c’è la pace vera, profonda; quindi quando dico a un fratello, e l’abbraccio, “la pace di Cristo” non guardo in quel momento che tipo di sentimenti ho per lui, è troppo debole questa cosa, ma guardo quello che voglio per loro.
Io desidero che siano inondati, non della mia capacità di pace, ma della pace di Cristo.
Certamente in quel modo lì anche il mio cuore si rasserena, se c’è qualche cosa che non va, perché in un certo senso voglio, chiedo che la pace del Risorto li raggiunga e li tocchi.
Ma concludo con quella cosa che aveva detto quel seminarista, molto bella: che nel momento in cui ci si scambia la pace bisogna stare con l’orecchio teso, e dopo che il segno della pace si è concluso, e dopo la fractio panis, cioè lo spezzare del pane, quel rumore secco.
Io trovo che questo sia effettivamente molto bello, cioè quel corpo spezzato di Gesù è il corpo donato di Gesù è l’Agnello che è consegnato, ed è l’agnello risorto, ed è da lì che promana la pace.
Bene. Ho fatto del mio meglio perché parlare del segno della pace non era proprio facile, e sono contento delle cose che vi ho detto perché sono tutte bibliche, evangeliche, liturgiche, e corrette. Si viene per avere l’umiltà di farlo, e non continuare a fare come credi tu, ma come ti dice la Chiesa. Il cuore della questione è entrare nel riposo di Dio, e per entrare nel riposo di Dio bisogna avere quel ferro della propria croce sulle spalle, quella proprio nostra, lasciare che Lui ci attacchi, fare in modo che le sue parole rimangano in noi.
La parte prima è importante, e trovo che sia bello vedere , aver grande fiducia del fatto che il Signore ci usi, e mettere un po’ in secondo piano i nostri stati d’animo, come ci sentiamo; arrivare in un posto e dire Signore, che la pace Tua, mi è permesso di donarla.
Vi lascio la pace, vi do’ la mia pace, quindi, quando tu puoi dire “Signore, quello che Tu vuoi io lo voglio, vorrei veramente rimanere nella tua Volontà e dopo chiedere che la pace, la pace di Gesù risorto arrivi, perché ce n’è un bisogno sconfinato, questa pace celeste, e vedere che si viene veramente esauditi, e che veramente la realtà cambia e i luoghi e le situazioni cambiano, al di là del singolo e del solo momento della Liturgia
Costanza Miriano's Blog
- Costanza Miriano's profile
- 22 followers
