Costanza Miriano's Blog, page 17
January 10, 2023
IL LIBRO CHE CI LEGGE – intervista a Costanza Miriano #TV2000
Intervista a Costanza Miriano a “Finalmente Domenica” su “IL LIBRO CHE CI LEGGE” , dal minuto 26.
leggi anche IL LIBRO CHE CI LEGGE La Bibbia come mappa del tesoro
Il libro è disponibile nelle librerie e online
January 8, 2023
I sette peccati capitali e il peccato della lussuria #monasteroWiFi Roma
Proseguiamo il nostro cammino sui sette peccati capitali.
offriamo alla lettura di tutti questa profonda catechesi sulla lussuria (grazie alla trascrizione di Trascrizione di Silvia Polselli ), ricordiamo che quella sulla sarà tenuta lunedì 9 gennaio – di solito ogni primo lunedì del mese – al Battistero di San Giovanni in Laterano (ingresso dalla Lateranense, con possibilità di parcheggio), alle 21. Questa volta parleremo dell’INVIDIA .
Alle 20.30 per chi vuole, ci vediamo in una saletta affacciata sullo stesso piazzale (seguite la luce e la caciara) per condividere un panino e soprattutto due chiacchiere, per presentarci e salutarci.
***
MONASTERO WI-FI
Incontro a Roma, al Battistero di S.Giovanni in Laterano, del 5 dicembre 2022
Catechesi sul peccato della Lussuria di don Davide Tisato
Buonasera. Come prima cosa mi presento, io sono don Davide, sono originario di Verona, vice parroco nella Parrocchia di Sant’Ippolito, qui a Roma, a piazza Bologna; ho fatto i miei studi qui a Roma e sono stato ordinato sacerdote sette anni fa da Papa Francesco.
Adesso, per vie strane, mi è stato chiesto di aiutarvi un po’ a vedere questo percorso sui vizi capitali. Oggi parleremo della lussuria che è un tema che prende un po’ a tutte le età, in tutte le condizioni di vita. Vorrei in qualche modo entrare in questo tema che conosciamo, che fa parte un po’ della nostra società, perché poi parlerò anche della realtà che stiamo vivendo oggi.
Prima di venire qui parlavo con alcuni ragazzi della mia parrocchia, ragazzi di 16, 17 anni e gli ho detto: “Ma voi sapete che cosa è la lussuria?”
Perché non tutti i giovani conoscono questo termine della lussuria.
Una ragazza mi ha detto “Si, anche Dante ne parla, ci sono i lussuriosi, Paolo e Francesca”.
“Ma secondo te” – chiedo a questa ragazza “- che cosa è la lussuria? “.
“La lussuria Don sono gli eccessi, poi dipende da ognuno, da come vivi anche la sessualità”
È vero che oggi la questione, soprattutto per le nuove generazioni, è molto seria, è molto profonda perché ognuno purtroppo si fa una morale a modo suo.
Per questo, per iniziare a parlare della lussuria, vorrei fare semplicemente una breve premessa, cioè sapere quale è la prospettiva che noi Cristiani abbiamo, che ci può sembrare scontata, però vi posso assicurare, che non lo è.
In parrocchia parlo parecchio con i giovani, avendo a che fare con i ragazzi, gli adolescenti, dato che mi occupo sia dei bambini della comunione sia della fascia di età delle cresime che è l’età delle medie, che è l’età più difficile.
Io passerei dalle elementari direttamente alle superiori, non so se avete figli di nell’età delle medie; mi occupo poi dei ragazzi del dopo cresima, quindi quelli temerari che resistono: dopo l’emorragia delle prime comunioni e poi dopo la cresima, ci sono alcuni stoici che restano in parrocchia anche dopo aver concluso l’itinerario di Iniziazione Cristiana, che sono quelli che mi danno più soddisfazione perché è bello, soprattutto poi quando entri in confidenza, che si aprono molto e ti raccontano tanto anche di loro; e mi sto rendendo conto che quello che io davo per scontato non lo è affatto.
Forse per molti di voi, che avete una formazione Cristiana e anche una famiglia Cristiana alle spalle, probabilmente tante cose oggi non ci sembrano nemmeno concepibili, eppure faccio queste premesse perché non è così scontato parlare dell’unione sessuale legata all’amore.
Ho scritto questa frase iniziale: per i ragazzi oggi l’unione sessuale non è per forza legata all’amore, è legata più al piacere, a qualcosa che se ti va lo fai, non è che devi conoscere la persona con cui ti unisci; per noi Cristiani invece questo è fondamentale e il problema non è tanto sull’unione sessuale ma è sull’amore: che cosa è l’amore?
Quindi questo è importante anche per noi, e anche per i ragazzi di oggi, pensare che cosa è l’amore e anche formarci all’amore e ad amare. Quindi non è legata all’infatuazione, al desiderio, al possesso, alla violenza, cioè l’amore è al principio dell’unione sessuale e anche alla fine, come compimento.
Se usciamo da questo poi in realtà già non capiamo più nulla di come utilizzare la nostra corporeità e la nostra sessualità. Per fare questo serve molta maturità oggi c’è un infantilismo grande, anche negli adulti, per poter esercitare opportunamente le nostre pulsioni sessuali.
NOI SIAMO FATTI, ci ricorda San Paolo, di SPIRITO, ANIMA e CORPO e queste tre dimensioni vanno sempre insieme.
Se ne dimentichiamo una, siamo monchi, ci manca qualcosa!
Lo spirito dà il discernimento, l’anima è intelligenza, il corpo, è per questo, per quanto riguarda la sessualità, ed è più facile da vedere; cioè c’è sempre anche una maturità fisica per poter iniziare una vita sessuale e ogni atto umano coinvolge spirito, anima e corpo. Se dimentichiamo una di queste tre parti, non compiamo un atto che è pienamente umano, almeno nella sessualità.
Se nella sessualità manca il corpo è solamente un atto disincarnato, ideale, vuoto, un’immaginazione. Poi vedremo quanto questo uccide anche nella nostra mente e quanti atti sessuali, nella nostra vita quotidiana, compiamo senza il corpo.
Quando manca l’anima, cioè manca l’intelligenza, l’atto è un atto istintuale, irrazionale.
Quando manca lo Spirito è un atto perverso, un atto che può diventare idolatrico, un culto di noi stessi, del nostro fisico.
Quindi questo per introdurre un po’, come mettere le basi di questo tema, cioè l’unione sessuale legata all’amore perché se ci dimentichiamo di questo non capiamo poi quali sono le deviazioni.
Allora, la deviazione vera della lussuria (si parla di un vizio capitale, quindi qualcosa che ci fa deviare da quello che è l’obiettivo vero che è la nostra felicità) è quella di usare in maniera patologica la nostra sessualità, di avere una brama sfrenata dei piaceri sessuali.
Tutto questo sapendo che sessualità, godimento, piacere, passione, non sono di per sé sbagliati.
Forse c’è stata un’epoca nella chiesa in cui si è troppo demonizzata questa parte.
Stavo rileggendo un po’ alcuni Padri della Chiesa: forse anche il Salmo che dice: “nel peccato mi ha concepito mia madre” molto spesso è stato associato al fatto che ogni atto sessuale era di per sé peccaminoso, ma questo non è vero!
E’ importante sapere come incanalare la sessualità , in maniera corretta e giusta.
La sessualità non è solamente l’utilizzo dei genitali nel compiere atti sessuali, perché altrimenti io, come sacerdote, non farei alcun tipo di atto sessuale, invece gran parte del mio donarmi, del mio spendermi per gli altri coinvolge anche tutta la mia sessualità, il mio essere uomo.
Grazie a Dio abbiamo avuto un grande maestro che è Giovanni Paolo II, che ci ha aiutato anche a vedere la verità e la pienezza dell’amore e anche della sessualità. L’unione sessuale è quindi uno dei modi di unione fra l’uomo e la donna, è una delle manifestazioni dell’amore.
Noi siamo chiamati alla felicità, i vizi invece ci portano, vi dicevo, fuori strada.
Il vizio della lussuria ci fa perdere qualcosa anche di noi stessi e ci aliena, ci porta da una parte dove noi non dovremmo stare.
Dice Clemente d’Alessandria che “la cupidigia che si compie nel corpo, non viene dal corpo”.
Quale è l’organo interessato in questo vizio della lussuria? Il cervello.
Noi pensiamo che siano gli organi genitali, invece tutto parte soprattutto dalla testa.
Perché noi, come uomini e donne, siamo più degli animali (anche se a volte sembra di no), siamo esseri non istintuali ma pulsionali.
Cioè noi riceviamo tante pulsioni e poi, con la nostra volontà, possiamo decidere se assecondare o meno queste pulsioni.
E’ qui che si gioca tanto del nostro essere uomini e donne, nel non farci trascinare solamente dai nostri istinti. E in questo, anche la volontà va in qualche modo educata ed allenata.
Come per il corpo, uno può sentire lo stimolo (la pulsione) della fame, però puoi decidere di non mangiare, di aspettare un momento, di mangiare più tardi, perché ci sono delle altre cose più importanti da fare oppure perché semplicemente decidi in quel momento di fare il digiuno.
E la stessa cosa vale anche per le pulsioni sessuali: noi non siamo costretti ad assecondarle.
E questo perché noi prima di tutto siamo degli esseri liberi. Il Signore ci ha donato questa libertà.
E’ vero che anche la nostra libertà molto spesso viene intaccata dalla nostra condotta di vita, dalle scelte che abbiamo fatto, dalle ferite che possiamo portare.
E spesso viaggiamo in modo “cattivo”, dal latino “captivus” che vuol dire che abbiamo dei legami, che siamo dei legati, che non siamo liberi.
Quindi, non ci sono persone cattive, ci sono degli atti a volte che noi compiamo che sono cattivi.
Qual è il problema della lussuria? Il centro siamo noi stessi. La lussuria è appunto legata all’egoismo, al procurarci piacere, per cui uno diventa il centro di qualsiasi cosa, della nostra mira.
Quindi il lussurioso che cosa fa?
Vuole sempre prendere dall’altro per arricchire sé stesso in fondo, cioè l’altro diventa un oggetto e non è più visto come una persona, l’altro non è più visto in queste tre dimensioni che vi dicevo di spirito, anima e corpo, ma solamente per l’immagine, per corpo, per quello che appare.
Faccio un esempio: se io sono in macchina, mi fermo sulle strisce e passa una bella ragazza davanti a me e io guardo con desiderio questa ragazza. Non mi interessa se è italiana o straniera, se ha studiato o se è ignorante, oppure è di buona famiglia o meno.
In quel momento il desiderio che cosa accende in me?
Qualcosa che va al di là di quella che è la persona. Allora la vedo solamente come un oggetto, un corpo, solamente come un’immagine e scindo, divido quella che è l’immagine dalla persona in sé, con un’anima e con uno spirito.
Di per sé questa scissione non è tanto nella persona che sto guardando ma è dentro di me, perché che cosa fa in noi la lussuria: ci spacca in due, ci separa, ci divide due interiormente.
C’è un passo della Scrittura che è molto bello, che forse conoscete: nel Libro di Daniele c’è un episodio legato a Susanna. C’erano dei giudici persi in Israele che avevano adocchiato questa donna bellissima e allora non volevano far altro che spiarla e ad un certo punto, questo nel capitolo 13 del Libro di Daniele, si vede che questi due anziani si dicono l’un l’altro che stanno andando a casa, poi tutti e due ritornano indietro verso casa di Susanna e scoprendosi l’uno l’altro fanno alleanza: sono sempre pericolose le alleanze nell’ambito della sessualità.
I due giudici anziani decidono di recarsi da questa donna mentre fa il bagno. Quando Susanna manda via le ancelle, i due anziani escono allo scoperto e le dicono di unirsi a loro altrimenti l’avrebbero accusata: la parola di due anziani, per di più due giudici, contro quella di una donna la cui opinione non contava nemmeno ai fini del giudizio in Israele.
Questa donna che è molto onesta e integerrima dice: “sono in difficoltà da ogni parte, se cedo è la morte per me, se rifiuto non potrò scampare dalle vostre mani” ; quindi Susanna sa che se cede è la morte per lei , perché sa che unirsi a questi uomini le procura una morte profonda, una morte dell’essere, perché in fondo, come tutti i vizi, la lussuria ci procura un uccidere il nostro spirito.
Quindi Susanna risponde loro: “Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani, che peccare davanti al Signore”.
Grida poi a gran voce.
I due anziani la accusano allora ingiustamente, la stanno per condannare, (ehm, faccio la sintesi), molto interessante questo capitolo 13, e poi un giovane, Daniele dice : “Non è possibile che condanniamo ingiustamente questa donna, io non sono responsabile di questo sangue”.
Allora tutti dicono: “Perché dici questo?”
Daniele denuncia l’inganno e svela la verità. Interroga poi questi due anziani e li fa contraddire perché gli dice : “Sotto quale albero siete stati insieme?”. Uno dice un leccio, l’altro un lentisco, quindi si vede l’incongruenza della loro deposizione, ma è interessante perché Daniele dice : “ In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla tua testa: ecco l’Angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per tagliarti in due e così farti morire “
Perché, come vi dicevo, chi pecca nella sessualità, anche in questo desiderio bramoso, di fatto è già diviso in due, è già separato a metà.
Infatti il peccato della sessualità molto spesso porta anche alla menzogna: pensate ad un marito e moglie, ad uno che ha una doppia vita, l’amante.
Quanto è difficile anche mentire ogni volta, dover controllare tutto, stare attento a quello che dici per non essere scoperto, già questo ti porta a vivere in maniera schizofrenica; cioè sei diviso, hai il cuore separato in due: è quello che dice Daniele a questi due uomini.
Già sono divisi in sé perché la sessualità ha una forza così grande che, ci attira tantissimo, però poi ci lascia anche un amaro.
Dicono i Padri della Chiesa gli aspetti patologici che ci lascia la lussuria: il primo è il turbamento e l’agitazione dell’anima, il secondo è la delusione perché, più grande è l’aspettativa e più grande è l’amarezza dopo, una volta consumato il tuo desiderio poi non ti lascia nulla e hai un’amarezza grande.
In un altro episodio , ve lo leggo nella Scrittura, nel secondo libro di Samuele capitolo 13, si parla di Ammon e Tamar; c’è questo figlio del re Davide, qui abbiamo ( cerca nella Bibbia)…subito dopo il peccato di Davide, poi parleremo anche del peccato di Davide, c’è questo, il primogenito di Davide, Ammon, che si è innamorato di una sorellastra, di Tamar…. E allora è triste, fa finta di essere malato, e allora chiede il re : “Cosa vuoi che faccia ?”
“Voglio che mia sorella Tamar venga qui e faccia un paio di frittelle sotto ai miei occhi, e allora prenderò cibo dalle sue mani”.
E allora il re gli concede questa cosa, e allora la sorellastra entra nella stanza di questo principe, del figlio del re, il primogenito di Davide, e Ammon le dice , ”Portami la vivanda in camera, là prenderò il cibo dalle tue mani”.
Tamar prese le frittelle che aveva fatto e le portò in camera ad Ammon suo fratello, ma mentre ella gli porgeva il cibo, egli la afferrò e le disse : “Vieni, giaci con me, sorella mia
Ella gli rispose : “No, no fratello mio non farmi violenza. Questo non si fa in Israele: non commettere quest’infamia! E io, dove andrei a finire col mio disonore? Quanto a te, tu diverresti uno dei più infami di Israele. Parlane piuttosto al re: egli non mi rifiuterà a te.”
E cerca di farlo ragionare, ma quando uno è preso semplicemente dalle sue passioni non ragiona più. E allora Amnon le dice: “No”. Ha un obiettivo, che è quello del suo piacere istantaneo, momentaneo.
Egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò giacendo con lei.
Sentite: è interessante quello che succede dopo.
Poi Amnon concepì verso di lei un odio grandissimo: l’odio verso di lei fu più grande dell’amore con cui l’aveva amata prima.
Le disse: ”Alzati, vattene!” . Così.
Ed uno pensa: com’è possibile?
Perché il problema è quello che dicevo all’inizio, e cioè: cos’è l’amore.
Questo Amnon pensava che l’amore era confuso con il desiderio, allora una volta che esaurisci il desiderio poi che cosa ti rimane? Niente.
O qualcosa in più, oppure basta.
Cioè, se questa donna è un oggetto e basta, ho consumato quello che volevo, e basta, adesso posso metterla da parte.
Prendendo spunto da questo potete capire anche tante dinamiche che vediamo oggi, anche situazioni forse vicine a voi, che conoscete, oppure anche realtà poi legate a tante tragedie familiari, femminicidi e altre cose, che sentiamo, purtroppo, troppo spesso.
E questo perché, se il centro è solo soddisfare il mio piacere, ecco, una volta che l’ho soddisfatto, l’altro non lo considero più. E il rimedio non è avere un ulteriore piacere. E questa storia di Amnon e Tamar ce lo ricorda.
Poi, tra l’altro, finisce ancora peggio perché il fratello di Tamar, Assalonne, decide di ammazzare il fratellastro, Amnon. La profezia della spada che non si sarebbe allontanata dalla casa di Davide si avvera, si realizza, perché in realtà anche qui c’è un precedente.
Perché anche il re Davide (conosciamo l’episodio molto famoso), anche lui, si era fatto prendere dalla lussuria, che parte da uno sguardo.
Ma prima dello sguardo c’è stato qualcos’altro.
Ed è il fatto di non essere al suo posto: quello è il vero sbaglio di Davide, che non era al posto dove doveva stare.
Perché, dice così l’inizio di questo capitolo 11 del secondo libro di Samuele, dove si sviluppa tutto questo peccato di Davide (i peccati di Davide, in realtà): Nel tempo in cui i re sono soliti andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere devastazioni contro gli Ammoniti. E un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. E dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto.
Lo sguardo che ti fa crescere il desiderio… e poi lui era re, quindi ogni desiderio che vuole lo può realizzare.
Però ancora prima, c’è il fatto che, nel tempo in cui i Re sono soliti andare in guerra, lui manda il suo generale in guerra…Davide entra nella dinamica del privilegio. Lui che era stato scelto, che era il più piccolo di tutti i suoi fratelli, nemmeno considerato in casa sua, Dio lo mette al primo posto e lui si dimentica di questo e vede tutta la sua vita come un privilegio e qualcosa che lui può dare a sé stesso
Quindi lui decide di non andare in guerra e non va in guerra, perché ci sono gli altri che combattono per lui.
Molto spesso la lussuria è questo vizio: pervade la nostra vita perché non siamo al nostro posto!
Perché hai preso quel caffè con quella segretaria e lì non ci dovevi stare, semplicemente…poi da lì è iniziato il numero di telefono che vi siete scambiati, poi ti manda la buonanotte, poi dopo una settimana anche il buongiorno e poi ti dà delle attenzioni che magari tua moglie non ti dà e viceversa e inizia questo vortice che ci risucchia sempre di più e molto spesso continuiamo a trovarci nei posti dove non dovremmo essere, come Davide.
In più, questo legato all’ozio, al non fare nulla, perché Davide si sveglia “un tardo pomeriggio” e questo allora aumenta il desiderio e la lussuria…
Poi Davide, non solo consuma questo adulterio, ma poi vuole coprire: come dicevo prima, c’è doppiezza e menzogna.
Davide vuol fare in modo che questo non si sappia e allora fa richiamare dalla guerra il marito di Betsabea, Uria, che è uno straniero tra l’altro: Uria l’Ittita.
Davide parla con lui, s’informa, fa tutto il gentile, e gli dice: “Come sta andando la guerra?…vabbè dai, me lo dici domani, intanto vai a casa tua a riposarti un po’!” e gli dà anche un po’ di porzione della mensa del Re…
Uria invece dice: “No, c’è il mio esercito che sta combattendo e io non posso dormire a casa mia e unirmi a mia moglie…per la vita del Re!”
Gli dice, cioè per la sua vita, la vita di Davide!…bello, anche molto ironico questo capitolo, cioè è uno straniero che insegna al Re Davide, che dovrebbe essere Re, Giudice, Profeta, come dovrebbe comportarsi…
Poi Davide visto che non c’è riuscito in questo modo lo fa ubriacare. Ma nonostante questo ad Uria rimane la lucidità di non tornare a casa ad unirsi a sua moglie.
Alla fine allora Davide decide di macchiarsi del peccato di omicidio. In modo pure un po’ sadico” scrive la lettera in cui comanda di mettere Uria in prima linea nella battaglia e la fa portare al comandante dell’esercito da Uria stesso.
Ancora una volta viene fatto vedere quanto è onesto Uria, perché non apre la lettera che gli era stato chiesto di consegnare.
Muore Uria e muoiono anche tanti, l’esercito viene sconfitto
Quando gli arriva la notizia di questa disfatta Davide subito si arrabbia, e dice “Come è possibile?” perché si era già dimenticato tutto quello che aveva fatto.
Proprio perché una volta che finisci questo desiderio, basta volti pagina, non ci pensi più.
Invece il male ha delle conseguenze e quello che nasce come un semplice sguardo, direbbe la lettera di Giovanni, la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne, ecco tutto questo poi diventa adulterio, omicidio, menzogna, vigliaccheria.
Come un piano inclinato, come un sasso che inizia a rotolare dal pendio della montagna: all’inizio tu lo puoi anche fermare, con il piede lo fermi, ma quando prende velocità non lo fermi più. E questa è la dinamica di questo vizio capitale della lussuria, che distrugge tutte le virtù.
La lussuria distrugge in noi il TIMORE DI DIO, ci porta il fastidio della preghiera (dicono i Padri della Chiesa), ci porta all’amore smodato di noi stessi, della nostra immagine, ci porta a essere insensibili, perché se l’altro lo vedi solo come un oggetto non ti toccherà mai il cuore.
Ci porta a essere attaccati al mondo, alle mode e anche alla disperazione.
Perché è questo dove ci vuole portare il demonio, cioè a disperarci, ci accusa ci fa vedere dopo tutto questo: “Che schifo che fai, vai pure in chiesa?” oppure hai pure il coraggio di pregare il Rosario? Come fa il Signore ad ascoltarti che sei pieno di peccati?
Perché i peccati contro la carne ci umiliano molto e in qualche modo ci fanno vedere che siamo carnali.
L’unica parte positiva di questi peccati e che ci fanno vedere quanto siamo limitati, quanto siamo creature.
Molto spesso i peccati della carne, i peccati legati alla sessualità possono essere il primo rimedio contro la superbia che è il vero vizio capitale, il primo per eccellenza.
Allora a volte il Signore permette che noi possiamo cadere in alcuni peccati particolarmente fastidiosi, soprattutto per chi si sente chissà chi.
Cadendo nei peccati della carne ci ricordiamo di quanto siamo limitati, di quanto siamo poca cosa.
E molto spesso succede che questi peccati, che sono anche abbastanza evidenti, ci spingono anche a andare a confessarci.
E molto spesso, lo diceva anche il Padre Spirituale in Seminario, diceva: “Sono contento che sei venuto perché lo spunto che il Signore ti ha dato è questa caduta della sessualità ma poi il Signore ti vuole togliere anche tutti gli altri. E’ molto più grave il giudizio che tu hai nei confronti di una persona. E’ molto più grave sentirti chissà che cosa, quando ti senti come Dio che a volte quando preghi lo chiami collega e gli vuoi insegnare come dovrebbe portare avanti il mondo.
Ecco però magari quei peccati non li consideri, allora il Signore permette questi scivoloni della carne.”
Scivoloni abbastanza frequenti nella nostra società sono legati alla pornografia, per cui vorrei dirvi un paio di parole su questa piaga della nostra società.
Dice il libro dei Proverbi “Come il regno dei morti e l’abisso non si saziano mai, così non si saziano mai gli occhi dell’uomo”
Ed è vero perché chi consuma pornografia ne vuole sempre di più e questo lo sanno molto bene anche quelli che gestiscono tutto questo commercio legato alla pornografia che è molto redditizio.
Ma come? Ci sono già tutte le immagini che vuoi disponibili su internet?
Almeno una volta (io ho 38 anni), quando ero piccolo io, dovevi prendere l’amico del gruppo che sembrava un po’ più grande e doveva dimostrare di avere 18 anni con un pochino di barba. Lo si mandava dall’altra parte della città, evidentemente non andavi all’edicola sotto casa. Andavi dall’edicolante che non ti conosce e che soprattutto non conosce tua madre a fargli acquistare i giornaletti ed era uno che ci si passava tutti.
Invece oggi, con gli strumenti che abbiamo in tasca e che i bambini ricevono quando fanno la prima comunione… e poi ci credo che non vengono a fare il corso della cresima!… hanno una finestra aperta sul mondo, una disponibilità illimitata.
Voi genitori credete di mettere il filtro ed avete risolto tutto. Loro sono nati in questa realtà, quindi sanno come metterlo, toglierlo e rimetterlo senza che voi ve ne accorgiate ed eventualmente utilizzano il cellulare del compagno di classe.
Con quest’uso incredibile della pornografia durante il periodo del lockdown ci sono state delle piattaforme che hanno guadagnato tantissimo ed incentivato tutto questo, sbloccando dei contenuti speciali. Perché l’unica cosa che si poteva fare durante il lockdown era andare su internet e contando che circa il 50% del materiale che viene scambiato su internet ha contenuti sessuale o pornografico, fate voi i conti!
Giusto per avere un’idea della portata di questo fenomeno di cui si parla poco, purtroppo, ci sono anche alcuni cantanti o youtuber, che ascoltano oggi gli adolescenti, che usano piattaforme porno per la divulgazione.
Io mi sono dovuto informare perché ho a che fare con appunto i ragazzi dai 12-13 anni (una volta in omelia ho citato Ligabue e mi hanno detto: “Liga chi?”) ed allora mi sono informato su quello che ascoltano e quali sono i videogiochi usati.
E allora ho scoperto che un cantante non ha pubblicato il suo ultimo singolo su spotify o su altre piattaforme della musica, ma attraverso un video di una piattaforma che è pornhub, che è una piattaforma pornografica, per cui ormai è l’immagine sessuale pornografica che ti aiuta a vendere anche un prodotto musicale.
Se voi pensate a tante pubblicità: mi sono sempre chiesto perché ci dovessero essere le donne mezze nude per le pubblicità delle auto, perché se uno va a comprare un’auto non è che va a comprare della biancheria intima, ma siccome gli studi fanno vedere che sono collegati le due cose: il desiderio sessuale con l’avere un macchinone grosso. Allora è chiara questa dinamica della pubblicità.
Oggi siamo ad un gradino ancora dopo: è ormai assodato che tutti guardano pornografia, allora io cantante promuovo il mio ultimo singolo attraverso questa piattaforma ed è questa che mi fa lavorare.
E questo ci fa capire la portata di questa situazione per le nuove generazioni.
C’è un documento molto bello che hanno fatto i Vescovi degli Stati Uniti (a volte anche i vescovi riescono a fare delle cose interessanti) che si chiama “Crea in me un cuore puro” ed è veramente fatto molto bene. È del 2016. I Vescovi statunitensi si rendono conto della portata di questo problema della pornografia che sta anche sviando il modo di relazionarsi.
Nei ragazzi che oggi sono imbevuti di questa cultura è normale poi che le relazioni che vivono partano da quello che vedono.
L’altra questione legata alla pornografia è che l’immagine ci rimane dentro, si stabilisce una DIPENDENZA. L’immagine ci identifica più che toglierla.
E il consumo di pornografia, anche qui citando vari studi, “la visione di materiale pornografico, di solito in combinazione con la masturbazione, colpisce direttamente i percorsi cerebrali di ricompensa ed è stato notato che ha sul cervello effetti simili a quelli che hanno la cocaina in un tossicodipendente o l’alcool in un alcolista” cioè si crea una vera e propria dipendenza per cui non puoi stare senza.
Questa è la dipendenza. E ogni volta per eccitarti allo stesso modo così come un cocainomane deve aumentare la dose la stessa cosa vale per chi usufruisce regolarmente di pornografia.
E dicono anche i Vescovi statunitensi che “oggi la pornografia può essere considerata una struttura di peccato” cioè non sono semplicemente delle piccole cadute.
Una volta c’era il tabù di parlare della sessualità. Oggi se prendete qualsiasi programma televisivo anche in fascia protetta se ne parla. Se voi vedete…A me piaceva molto Zelig. Oggi non posso più guardare Zelig perché sono scaduti molto i comici, però il 98% delle battute sono a sfondo sessuale.
E questo lo vedo molto anche con… proprio coi ragazzi che molto spesso l’unico modo che hanno di scherzare, di fare battute, è legato proprio alla sessualità.
Per cui la sessualità non è più un tabù anzi! E sdoganata. Il vero tabù della nostra società è la morte, ma ne parleremo quando affronteremo i Novissimi.
E di fronte a tutto questo, di fronte a questa realtà così difficile, di fronte a questo grande mostro della pornografia, come si può uscire?
Io sono venuto qua anche per darvi un Buona Notizia, per darci un po’ di Speranza perché altrimenti se vi facessi solo una radiografia di che cos’è questo peccato capitale, sarebbe una catechesi a cui manca qualcosa.
Intanto noi siamo creati per la felicità e per godere a pieno della vita. E che, per quanto possano essere state profonde o ripetute le nostre cadute sulla sessualità, riguardanti la lussuria, tutto quello che riguarda il sesso… se ne può uscire.
Lo sapete fra l’altro che la parola sesso deriva dal sesto Comandamento, sextus in latino, sex per cui una delle parole più cliccate sul web ha una matrice cristiana…. Va be’! Come inciso.
Come poterne uscire?
Primo passo: se uno cade in un pozzo molto spesso non riesce ad uscire da solo quindi bisogna avere l’umiltà di chiedere aiuto.
Secondo passo: ci sono dei rimedi che ci sono per combattere questo demone della lussuria
1) c’è quello della sobrietà, cioè vivere in maniera sobria la nostra vita.
Dicono i Padri della Chiesa che le cadute dei principianti sono provocate generalmente dall’abbondanza di cibo, quindi, per uno che sta bene, molto spesso è più facile cadere in questo peccato legato al corpo.
Molto spesso Giovanni Primaco e altri Padri della Chiesa dicono che a provocare le cadute siano sia l’abbondanza di cibo, sia l’abbondanza di sonno.
In coloro che si trovano a metà del cammino sono le cadute legate alla superbia – e in coloro che sono ormai vicini alla perfezione, unicamente dal fatto di giudicare il prossimo.
Tu giudichi il prossimo, il Signore per correggerti ti fa cadere nella sessualità.
E dice anche Giovanni Primaco “offri al Signore la debolezza della tua natura riconoscendo interamente la tua impotenza e senza accorgertene riceverai il dono della castità”.
Cioè, semplicemente, dire: “Signore io da solo non ce la faccio”. Perché combattiamo contro un avversario che è più forte di noi, è vero! Allora bisogna avere l’umiltà perché ciò che vince tutti i vizi infondo è l’umiltà.
2) Altri rimedi sono essere vigilanti: la preghiera ci aiuta, il digiuno, un lavoro anche faticoso, anche dei lavori manuali, cioè qualcosa che ci tenga impegnati e anche, appunto come dicevo, battere – come dice San Francesco – il nostro asinello, il nostro corpo, non dandogli tutti i piaceri.
Essere anche più vigilanti, magari non essere smodati nel bere. Quando bevi magari ti rendi conto che poi perdi il controllo di te. Anche toglierci – poi non so quali siano i vostri stili di vita – anche togliere qualche ora di sonno per dare al Signore, magari all’inizio della giornata, proprio le primizie.
Dire al Signore: “guarda io in questo voglio fare alleanza con te e da solo non ce la faccio”.
Dicono i padri della chiesa che tutti i vizi si vincono affrontandoli, ma la lussuria si vince scappando.
A volte uno pensa di essere vigliacco. No! Ci sono delle realtà dove è bene non entrare!
Se tu sai che a mezzanotte, se vai a vedere il vedere il calcio (che a me piace molto) dopo che hai visto gli highlights dei mondiali, poi ti si apre il video con i goal migliori segnati da Messi e poi il terzo video che ti propone (e tu ci clicchi) non c ‘entra niente ed è qualcosa che ti stimola in modo diverso, ti stimola la fantasia sessuale.
Allora se sai che di notte è più facile cadere, se ti interessano gli highlights dell’Argentina te li vai a vedere la mattina dopo, perché la mattina è di solito più difficile cadere nei peccati della Sessualità.
I peccati della sessualità sono legati anche molto al buio e alla notte.
Anche questo ci fa nascondere da noi stessi.
Chiediamo al Signore che ci possa aiutare e ci possa donare anche la lucidità , perché la sessualità è un peccato che fa perdere il discernimento, fa perdere la lucidità.
Chiediamo al Signore, in questo momento di preghiera, che ci possa veramente donare un cuore puro e se siamo caduti in questo vizio, confessiamoci e rialziamoci. Sempre!
Se anche ci siamo caduti 20 volte ci dobbiamo rialzare e continuare a confessarci ogni volta e non scandalizzarci. Se anche dovesse capitare di ricaderci ci dobbiamo riconfessare e rialzarci.
Il Signore agisce piano piano, ci purifica il cuore e la mente come un’acqua purificatrice che opera attraverso i sacramenti che riceviamo.
Se l’anima è torbida il Signore ci ripulisce piano piano dall’interno, non può accadere in un attimo, perché le immagini restano nel profondo.
Piano piano il Signore concede l’aiuto e purifica. Vedrai che non confidando più in te stesso e chiedendo la grazia dell’Umiltà, il Signore ti aiuta.
Una cosa importante da ricordare è che “se vuoi essere casto nel corpo a volte devi accettare di avere una mente inquinata” .
Questo concetto serve per non scandalizzarci di quello che ci passa, a volte, nella testa.
Molto spesso il demonio ci sfida sul campo di battaglia dei pensieri e allora lì, a volte, ci vengono in mente delle immagini e delle tentazioni. Però non è la stessa cosa peccare con la mente e peccare con il corpo.
A volte, il demonio ci stuzzica proprio con le immagini e i pensieri. Lui è la più astuta di tutte le bestie, è più intelligente anche di noi e ci sfida attraverso i pensieri perché alla fine vuole farci peccare nel nostro corpo.
Chiediamo il dono della castità almeno nel corpo e poi, piano piano, arriverà anche quella della mente.
Non ci scandalizziamo.
Gesù non si è scandalizzato di nessun peccatore e all’adultera ha detto ” nessuno ti condanna – vai e non peccare più”!
Dio attraverso la confessione ci perdona i peccati e poi li dimentica i nostri peccati.
Quando le persone si confessano e dicono al sacerdote che cadono sempre negli stessi peccati, in realtà Dio, ogni volta che ci perdona, dopo la confessione, non sa quali sono gli stessi peccati perché una volta concesso il perdono attraverso la Confessione il Signore si dimentica i peccati che abbiamo commesso
Dio ha una grande qualità cioè ha la memoria corta perché quando perdona i peccati poi li dimentica e ci lascia sempre nuovi.
January 2, 2023
Te Deum per Benedetto XVI
Sul blog dei Cinque Passi sono state pubblicate gli audio di due omelie di padre Maurizio Botta e una di don Andrea Leonardo su Benedetto XVI, ve le riproponiamo.
per un errore è stato dato un link errato dell’omelia del 31 Dicembre, ora è stato corretto.
Te Deum per Benedetto XVI
Sul blog dei Cinque Passi sono state pubblicate gli audio di due omelie di padre Maurizio Botta e una di don Andrea Leonardo su Benedetto XVI, ve le riproponiamo.
Omelia del 31 Dicembre 2022 di padre Maurizio Botta
January 1, 2023
“Rimanete saldi nella fede”, il testamento di Benedetto XVI
29 agosto 2006
Il mio testamento spirituale
Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.
Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.
Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.
A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.
Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.
Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.
Benedictus PP XVI
fonte: vatican.va
December 31, 2022
Petrus apostolus
di Benedetto XVI
Roma , 8 febbraio 2013 . Cappella del Seminario
Abbiamo ascoltato tre versetti dalla Prima Lettera di San Pietro (cfr 1,3-5). Prima di entrare in questo testo, mi sembra importante proprio essere attenti al fatto che è Pietro che parla. Le prime due parole della Lettera sono “Petrus apostolus” (cfr v. 1): lui parla, e parla alle Chiese in Asia e chiama i fedeli “eletti e stranieri dispersi” (ibidem). Riflettiamo un po’ su questo. Pietro parla, e parla – come si sente alla fine della Lettera – da Roma, che ha chiamato “Babilonia” (cfr 5,13). Pietro parla: quasi una prima enciclica, con la quale il primo apostolo, vicario di Cristo, parla alla Chiesa di tutti i tempi.
Pietro , apostolo. Parla quindi colui che ha trovato in Cristo Gesù il Messia di Dio, che ha parlato come primo in nome della Chiesa futura: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo” (cfr Mt 16,16). Parla colui che ci ha introdotto in questa fede. Parla colui al quale il Signore ha detto: “Ti trasmetto le chiavi del regno dei cieli” (cfr Mt 16,19), al quale ha affidato il suo gregge dopo la Risurrezione, dicendogli tre volte: “Pascola il mio gregge, le mie pecore” (cfr Gv 21,15-17). Parla anche l’uomo che è caduto, che ha negato Gesù e che ha avuto la grazia di vedere lo sguardo di Gesù, di essere toccato nel suo cuore e di avere trovato il perdono e un rinnovamento della sua missione. Ma è soprattutto importante che questo uomo, pieno di passione, di desiderio di Dio, di desiderio del regno di Dio, del Messia, che quest’uomo che ha trovato Gesù, il Signore e il Messia, è anche l’uomo che ha peccato, che è caduto, e tuttavia è rimasto sotto gli occhi del Signore e così rimane responsabile per la Chiesa di Dio, rimane incaricato da Cristo, rimane portatore del suo amore.
[…] san Pietro scrive da Roma. E’ importante: qui abbiamo già il Vescovo di Roma, abbiamo l’inizio della successione, abbiamo già l’inizio del primato concreto collocato a Roma, non solo consegnato dal Signore, ma collocato qui, in questa città, in questa capitale del mondo. Come è venuto Pietro a Roma? Questa è una domanda seria. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano che, dopo la sua fuga dal carcere di Erode, è andato in un altro luogo (cfr 12,17) – eis eteron topon –, non si sa in quale altro luogo; alcuni dicono Antiochia, alcuni dicono Roma. In ogni caso, in questo capitolo, va detto anche che, prima di fuggire, ha affidato la Chiesa giudeo-cristiana, la Chiesa di Gerusalemme, a Giacomo e, affidandola a Giacomo, egli tuttavia rimane Primate della Chiesa universale, della Chiesa dei pagani, ma anche della Chiesa giudeo-cristiana. E qui a Roma ha trovato una grande comunità giudeo-cristiana. I liturgisti ci dicono che nel Canone romano ci sono tracce di un linguaggio tipicamente giudeo-cristiano; così vediamo che in Roma si trovano ambedue le parti della Chiesa: quella giudeo cristiana e quella pagano-cristiana, unite, espressione della Chiesa universale. E per Pietro certamente il passaggio da Gerusalemme a Roma è il passaggio all’universalità della Chiesa, il passaggio alla Chiesa dei pagani e di tutti i tempi, alla Chiesa anche sempre degli ebrei. E penso che, andando a Roma, san Pietro non solo ha pensato a questo passaggio: Gerusalemme/Roma, Chiesa giudeo-cristiana/Chiesa universale. Certamente si è ricordato anche delle ultime parole di Gesù a lui rivolte, riportate da san Giovanni: “Alla fine, tu andrai dove non vuoi andare. Ti cingeranno, estenderanno le tue mani” (cfr Gv 21,18). E’ una profezia della crocifissione. I filologi ci mostrano che è un’espressione precisa, tecnica, questo “estendere le mani”, per la crocifissione. San Pietro sapeva che la sua fine sarebbe stato il martirio, sarebbe stata la croce. E così, sarà nella completa sequela di Cristo. Quindi, andando a Roma certamente è andato anche al martirio: in Babilonia lo aspettava il martirio. Quindi, il primato ha questo contenuto della universalità, ma anche un contenuto martirologico. Dall’inizio, Roma è anche luogo del martirio. Andando a Roma, Pietro accetta di nuovo questa parola del Signore: va verso la Croce, e ci invita ad accettare anche noi l’aspetto martirologico del cristianesimo, che può avere forme molto diverse. E la croce può avere forme molto diverse, ma nessuno può essere cristiano senza seguire il Crocifisso, senza accettare anche il momento martirologico.
Dopo queste parole sul mittente, una breve parola anche sulle persone alle quali è scritto. Ho già detto che san Pietro definisce quelli ai quali scrive con le parole “eklektois parepidemois”, “agli eletti che sono stranieri dispersi” (cfr 1 Pt 1,1). Abbiamo di nuovo questo paradosso di gloria e croce: eletti, ma dispersi e stranieri. Eletti: questo era il titolo di gloria di Israele: noi siamo gli eletti, Dio ha eletto questo piccolo popolo non perché noi siamo grandi – dice il Deuteronomio – ma perché lui ci ama (cfr 7,7-8). Siamo eletti: questo, adesso san Pietro lo trasferisce a tutti i battezzati, e il contenuto proprio dei primi capitoli della sua Prima Lettera è che i battezzati entrano nei privilegi di Israele, sono il nuovo Israele. Eletti: mi sembra valga la pena di riflettere su questa parola. Siamo eletti. Dio ci ha conosciuto da sempre, prima della nostra nascita, del nostro concepimento; Dio mi ha voluto come cristiano, come cattolico, mi ha voluto come sacerdote. Dio ha pensato a me, ha cercato me tra milioni, tra tanti, ha visto me e mi ha eletto, non per i miei meriti che non c’erano, ma per la sua bontà; ha voluto che io sia portatore della sua elezione, che è anche sempre missione, soprattutto missione, e responsabilità per gli altri. Eletti: dobbiamo essere grati e gioiosi per questo fatto. Dio ha pensato a me, ha eletto me come cattolico, me come portatore del suo Vangelo, come sacerdote. Mi sembra che valga la pena di riflettere diverse volte su questo, e rientrare di nuovo in questo fatto della sua elezione: mi ha eletto, mi ha voluto; adesso io rispondo.
Forse oggi siamo tentati di dire: non vogliamo essere gioiosi di essere eletti, sarebbe trionfalismo. Trionfalismo sarebbe se noi pensassimo che Dio mi ha eletto perché io sono così grande. Questo sarebbe realmente trionfalismo sbagliato. Ma essere lieti perché Dio mi ha voluto non è trionfalismo, ma è gratitudine, e penso che dobbiamo re-imparare questa gioia: Dio ha voluto che io sia nato così, in una famiglia cattolica, che abbia conosciuto dall’inizio Gesù. Che dono essere voluto da Dio, così che ho potuto conoscere il suo volto, che ho potuto conoscere Gesù Cristo, il volto umano di Dio, la storia umana di Dio in questo mondo! Essere gioiosi perché mi ha eletto per essere cattolico, per essere in questa Chiesa sua, dove subsistit Ecclesia unica; dobbiamo essere gioiosi perché Dio mi ha dato questa grazia, questa bellezza di conoscere la pienezza della verità di Dio, la gioia del suo amore.
Eletti: una parola di privilegio e di umiltà nello stesso momento. Ma “eletti” è – come dicevo – accompagnato da “parapidemois”, dispersi, stranieri. Da cristiani siamo dispersi e siamo stranieri: vediamo che oggi nel mondo i cristiani sono il gruppo più perseguitato perché non conforme, perché è uno stimolo, perché contro le tendenze dell’egoismo, del materialismo, di tutte queste cose.
Certamente i cristiani sono non solo stranieri; siamo anche nazioni cristiane, siamo fieri di aver contribuito alla formazione della cultura; c’è un sano patriottismo, una sana gioia di appartenere ad una nazione che ha una grande storia di cultura, di fede. Ma, tuttavia, come cristiani, siamo sempre anche stranieri – la sorte di Abramo, descritta nella Lettera agli Ebrei. Siamo, come cristiani, proprio oggi, anche sempre stranieri. Nei posti di lavoro i cristiani sono una minoranza, si trovano in una situazione di estraneità; meraviglia che uno oggi possa ancora credere e vivere così. Questo appartiene anche alla nostra vita: è la forma di essere con Cristo Crocifisso; questo essere stranieri, non vivendo secondo il modo in cui vivono tutti, ma vivendo – o cercando almeno di vivere – secondo la sua Parola, in una grande diversità rispetto a quanto dicono tutti. E proprio questo per i cristiani è caratteristico. Tutti dicono: “Ma tutti fanno così, perché non io?” No, io no, perché voglio vivere secondo Dio. Sant’Agostino una volta ha detto: “I cristiani sono quelli che non hanno le radici in giù come gli alberi, ma hanno le radici in su, e vivono questa gravitazione non nella gravitazione naturale verso il basso”. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad accettare questa missione di vivere come dispersi, come minoranza, in un certo senso; di vivere come stranieri e tuttavia di essere responsabili per gli altri e, proprio così, dando forza al bene nel nostro mondo.
[…]
testo integrale www.vatican.va
December 23, 2022
NATALE, la notte dell’assurdo

XII SECOLO
di Mario Barbieri
Notte dell’assurdo, quella di 2022 anni or sono, per quella famiglia che vagava in cerca di un riparo, stanca del cammino, ma soprattutto per la giovane donna incinta che era ormai attanagliata dalle doglie, che avvertiva il momento del parto vicino, molto vicino.
Assurda quella gravidanza, di una giovane che sapeva di essere vergine, ma che portava in seno il figlio di un si, di un fiat dato in risposta all’annuncio di un essere angelico. Un promesso sposo che non ripudia la promessa sposa, che entra in quella misteriosa storia che sfugge alla sua totale comprensione.
Notte assurda non tanto e non solo per queste vicende, per i canti angelici di quella notte, per quella stella così luminosa, per quella piccola processione adorante di pastori e altri poveri, i reietti di quel tempo e di quei luoghi, ma assurda perché quel bimbo bello come tutti i neonati, ma terribilmente bisognoso di tutto, di attenzioni e di affetto, era in realtà Dio, Dio e Figlio di quel Dio “terribile e potente” che già il Popolo di Israele venerava e temeva nelle sue manifestazioni e nel suo agire.
Un Popolo che aspettava un Messia così annunciato dal profeta Isaia:
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si gioisce quando si spartisce la preda.
Poiché il giogo che gli pesava
e la sbarra sulle sue spalle,
il bastone del suo aguzzino
tu hai spezzato come al tempo di Madian.
Poiché ogni calzatura di soldato nella mischia
e ogni mantello macchiato di sangue
sarà bruciato,
sarà esca del fuoco.
Poiché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il segno della sovranità
ed è chiamato:
Consigliere ammirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace;
grande sarà il suo dominio
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e sempre;
questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.»
(Is 9,2-6)
Ma in quella notte, prima ancora che i Magi venuti dall’Oriente gli rendessero omaggio, solo un bimbo che giaceva in una mangiatoia.
Poi un lungo silenzio, interrotto solo da pochi episodi che fanno meditare, come quando adolescente, si perde o meglio si trattiene nel Tempio di Gerusalemme a dibattere con i dottori, mostrando inconsueta sapienza.
Arriverà poi il tempo della “vita pubblica”, del suo essere riconosciuto come un “rabbi”, delle sue straordinarie opere che gli procureranno seguito di folle, ma al contempo la rabbiosa invidia del potere religioso del tempo, quella che in sostanza lo condannerà a morte.
Così riappare l’assurdo… l’assurdo di un uomo, figlio di Dio, capace di far risorgere i morti, ma apparentemente incapace di difendere se stesso. Quel bambino, osannato dagli angeli, atteso come re, da adulto per trono su questa terra avrà una croce, uno dei più crudeli e terribili supplizi utilizzato dai Romani per punire nemici e malfattori.
Le tradizionali icone della Natività, mostrano quel Bambino in una “culla” che è in realtà un piccolo sarcofago, una piccola tomba, prefigurando quello che sarà il sepolcro, riassumendo in una sola immagine il percorso di una vita.
Ma qual è allora il senso di questo “assurdo”, di un Dio che si è fatto carne, che si è fatto Uomo per morire su una croce? È ciò che ci testimonia, prima ancora della Resurrezione.
Cioè che Dio ha scelto di essere carne con noi, come noi, di essere carne sofferente, debole, nella precarietà, nella prova, sulla croce, nell’abbandono, nel tradimento, nella solitudine.
Per testimoniarci che Lui è lì, è qui, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.
Il Natale, può divenire natale nella nostra storia quale che sia la nostra storia e soprattutto quando la nostra storia è afflitta, dolente, ingiustamente trafitta, dolorosa.
Ecco che l’assurdo, acquista senso, diventa compimento, seppure spesso velato di mistero, si fa luce che illumina le genti. Natale allora è già Pasqua, è novità, è il lieto annuncio, il Signore è con te, è con noi, viene a salvarci!
Non come un dio che osserva e giudica la storia, ma un Dio che entra nella storia, nella storia di ogni Uomo e di tutti gli Uomini, per questo festeggiamo il Natale, per questo adoriamo quel Bambino, promessa e certezza della sconfitta della Morte, promessa e certezza della Vita Eterna.
BUON NATALE!
December 22, 2022
La Bibbia come mappa del tesoro
di Cristiana Caricato
Costanza Miriano è così: o la sia ama alla follia o la si detesta. Io sono fuori quota per entrambe le categorie, vanto una relazione di amicizia che mi pone al riparo dalla scelta, ma compromette la mia oggettività.
continua a leggere su ilsussidiario.net
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December 12, 2022
Anime in pena. Un passo sul Purgatorio

L’incontro verrà trasmesso anche in streaming sul Canale YouTube di Oratorium: per visualizzare il video in diretta sarà sufficiente cliccare sul seguente link.
Vi ricordiamo che potete scaricare e ascoltare in podcast tutti i Cinque Passi degli anni passati, semplicemente cliccando sul seguente link. Vi auguriamo un buon ascolto!
***
I “Cinque passi al Mistero”, sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dieci anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma
Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa, offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti.
Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone.
Il metodo è sempre lo stesso: una introduzione di mezz’ora esatta, a cui seguono le domande scritte presentate in forma anonima ed estratte a caso.
Si rinnova così una tradizione nata fin dal XVII secolo. I discepoli di San Filippo Neri, infatti, si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.
Oggi abbiamo lo stesso atteggiamento.
I nostri incontri sono basati sul dialogo, e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire.
S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.
Sappiamo che c’è una grande sete di confronto.
E non è facile trovare spazi costituiti da un terzo di catechesi e due terzi di domande né persone disposte a mettersi in gioco senza sapere su cosa si verrà chiamati a rispondere.
Cerchiamo sempre di usare la ragione come strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede.
La Fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.
December 4, 2022
I sette peccati capitali e il peccato della avarizia#monasteroWiFi Roma
Proseguiamo il nostro cammino sui sette peccati capitali. Mentre offriamo alla lettura di tutti questa profonda catechesi sull’avarizia, ricordiamo che quella sulla lussuria sarà tenuta lunedì 5 dicembre – come ogni primo lunedì del mese – al Battistero di San Giovanni in Laterano (ingresso dalla Lateranense, con possibilità di parcheggio), alle 21. Questa volta avremo da don Davide Tisato.
Alle 20.30 per chi vuole, ci vediamo in una saletta affacciata sullo stesso piazzale (seguite la luce e la caciara) per condividere un panino e soprattutto due chiacchiere, per presentarci e salutarci.
***
MONASTERO Wi-Fi Roma- 7 Novembre 2022
CATECHESI sull’AVARIZIA di padre Marco Pavan
Buonasera a tutti e grazie di questo invito a riflettere insieme con voi su un argomento che non è di grande attualità. Riflettere insieme con voi sulle virtù e i vizi e soprattutto riflettere insieme sull’avarizia.
E’ una cosa che, quando mi è stata detta da Costanza, mi ha stupito in positivo, perché ho detto c’è ancora qualcuno che riflette su queste cose. E’ abbastanza inattuale e difatti volevo iniziare questa riflessione con voi facendo una riflessione a monte. Sicuramente l’avrete già fatta nella prima catechesi, vale a dire, che senso ha riflettere insieme sui vizi?
Uno potrebbe capire meglio il senso di riflettere sulle virtù, che popolarmente sarebbero i comportamenti che noi siamo chiamati a tenere come cristiani. Ma anche non solo come cristiani, mi verrebbe da dire. Ma riflettere insieme sui vizi che senso ha?
Allora, la riflessione che mi è venuta è esattamente questa, è un’espressione che si trova nei testi dei padri del deserto. Io sono un monaco, vivo da eremita e ho letto ogni tanto questi testi di antichi monaci che vivevano nel deserto e che, come dicevano loro, andavano nel deserto, per fare cosa? Andavano nel deserto non per pregare, andavano a vivere nel deserto per combattere i pensieri. O qualcuno dice per combattere i pensieri che vengono dal diavolo, per combattere quelli ed acquisire una profonda libertà nello Spirito.
Uno di loro, che si chiamava Evagrio, ha scritto quello che è, per così dire, l’elenco che ancora noi oggi seguiamo delle virtù e dei vizi. E una delle cose che lui scrive, ma non solo lui, anche molti altri dietro di lui, è più o meno questo.
Diceva Evagrio: noi dobbiamo paragonare i vizi a delle malattie. Anche se, adesso vedremo, dire che un vizio è una malattia è un’espressione un po’ particolare. Bisogna conoscere, dicevano i padri di che malattia si tratta, come si manifesta, che tipo di fenomenologia ha, che sintomi da, come agisce dentro il cuore dell’uomo, per saper diagnosticare e quindi vedere come il Signore può guarire e renderci liberi.
Riflettere sui vizi ha come scopo quello di diagnosticare quali sono le malattie dello spirito per diventare liberi.
Questa parola libertà dovremmo sempre tenera un po’ presente. Non solo.. Diceva Evagrio e dicevano questi padri del deserto: riflettere sui vizi e su come si possono manifestare queste malattie dello spirito non solo ha come fine, pensateci un po’ la libertà ma anche la felicità.
Pensavo proprio in questi giorni che noi parliamo di vizi e di virtù, nella mentalità corrente di cosa si parla? Si parla di positività e di negatività, si parla di errori oppure di cose giuste, si parla di stare bene e stare male. La parola vizio o virtù suona troppo morale, è una parola che ha un’accezione etica troppo forte.
Di fatto, non sempre ciò che è buono apparentemente fa essere felici, cosi come non sempre ciò che è male fa stare male.
Questo è un pensiero che voi sentite spesso immagino, perché viviamo tutti imbevuti in questa cultura. Nella mentalità dei Padri del deserto la cosa era un po’ diversa.
Se tu riesci a distinguere i vizi e le virtù e quindi se hai un criterio, ecco l’altra parola chiave, se hai un criterio per distinguere, per discernere ciò che ti succede dentro, allora forse c’è la possibilità che tu riesca a capire quale è la strada che ti porta verso la felicità, perché il bene e la felicità non sono due cose diverse.
Ad esempio pensando a delle espressioni sentire anche recentemente: ”quando uno persegue il bene, il bene è faticoso”. Quando uno si trova in certe situazioni, deve fare delle scelte particolari e questa scelte, che lui percepisce come la scelta buona, in realtà è anche faticosa perché qualcosa dentro di lui lo spingerebbe a fare qualcos’altro e quindi ad ottenere una felicità immediata.
Mentre, a volte, la scelta che magari, noi vediamo come eticamente non fondata o cattiva ci procura una soddisfazione immediata. Questo è un punto molto importante.
Noi cristiani (ma in realtà non dovrebbe essere così solo per i cristiani) riflettiamo sui vizi e sulle virtù perché sappiamo che il criterio per leggere la nostra vita interiore non è ciò che fa stare bene o fa stare male. Il criterio per leggere la nostra vita interiore è ciò che ci conduce alla vera felicità o quello che ci allontana dalla vera felicità
Quindi la vera domanda è: cosa rende felice l’uomo?
Pensavo che nella regola di San Benedetto, che la regola in cui sono io, è la regola dei monaci benedettini, S.Benedetto con una grande sapienza dice “Quando ti appresti a fare il bene, all’inizio è difficile, all’inizio deve sempre farti un po’ di violenza, devi sempre spingere un pochino il cavallo che punta i piedi però, giorno dopo giorno, piccola scelta dopo piccola scelta, acquisisci il SAPORE DEL BENE.
Quando ti viene questo sapore dentro, allora inizi a capire che cosa significa la felicità che ti trasmette il bene.
Dalla vita dei santi e delle esperienze che noi facciamo, sappiamo che seguire ciò che non è bene produce il contrario, ovvero una gratificazione e soddisfazione immediata e, però, alla lunga il vuoto. Non tutti se ne accorgono ma di fatto quello produce.
Quindi teniamo presente, adesso, che proviamo a riflettere su uno dei vizi specifici, l’avarizia, queste due parole. Da una parte noi riflettiamo su queste due parole, le virtù e i vizi, perché, per dirla con S.Paolo, siamo chiamati a libertà. Diagnosticare, saper distinguere la nostra vita interiore è fondamentale per essere liberi. Se non riusciamo a fare questo non siamo liberi, e dall’altra parte avere un criterio solido, sapere alla luce di quale criterio riflettiamo su noi stessi è fondamentale.
Il criterio che noi abbiamo a livello sociale è uno : quello che fa star bene, quello che fa star male; e di solito questo criterio lo sa solo chi lo vive: io so cosa mi fa stare bene, io so cosa è bene per me, quindi lo decido io.
Il criterio che noi invece abbiamo, ci viene dato; adesso lo vedremo , ed è un altro.
Il criterio è quel bene , lo chiamerei così, che all’inizio è faticoso, ma che una volta perseguito, conduce ad una felicità che non si smorza, che non viene meno. (….)
L’avarizia, cos’è l’avarizia?
Io vi propongo una riflessione in tre tappe, sull’avarizia.
1) Parto dalla Scrittura, perché è la base di ogni pensiero e riflessione cristiana, di fatto.
Il primo testo che vi propongo, per riflettere sull’avarizia…l’avarizia se vogliamo dargli una definizione, quella che noi leggiamo nella tradizione cristiana, è un possesso disordinato delle realtà sensibili. Questa definizione è di san Tommaso, meglio di così; un possesso disordinato, eh, adesso ci torniamo, delle realtà sensibili.
Evagrio, il monaco che citavo prima, da altre definizioni, usa più che altro delle immagini.
Noi leggiamo nella prima lettera a Timoteo , al capitolo 6, al versetto 10 che “ l’avarizia è la radice di tutti i mali“. Ora se avete un attimo di pazienza, che la prendo dalla mia Bibbia, dice così nella traduzione corrente : “l’avidità del denaro, l’avarizia, infatti, è la radice di tutti i mali. Presi da questo desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti”.
La parola che il testo greco dice è “ filargurìa” l’amore del denaro, l’amore delle ricchezze si potrebbe anche tradurre.
Notate, prima di tutto vi faccio notare, questa immagine: l’avarizia è la radice di tutti i mali.
La radice di tutti i mali. La domanda che viene spontanea è “ Perché?”. Perché l’avarizia è la radice di tutti i mali?
Radice, notate, la parola che viene usata qui evoca un’immagine, che è l’immagine dell’albero. E’ un albero che ha una sola radice, un fusto e poi i rami.
L’avarizia ha tante manifestazioni, ha tanti sottili modi di insinuarsi nella vita delle persone, però ha una radice unica, addirittura san Paolo dice : la radice di tutti i mali. Perché?
La risposta che noi possiamo dare, pensando alla definizione di S.Tommaso, è perché l’avarizia a che fare con il possesso.
L’Avarizie è strettamente legata a quel profondo istinto che c’è nel nostro cuore che noi chiamiamo “possedere”. Possedere qualcosa o anche qualcuno.
Cosa significa possedere?
Significa reclamare un diritto, poter disporre di qualcuno o qualcosa che nessuno ci può togliere, perché il possesso di una cosa per definizione non può essere di due persone contemporaneamente. Quindi quando tu la possiedi non la può possedere anche un altro: è un possesso esclusivo.
Se ci pensate e riflettevo su questo…. questa cosa del possesso è uno degli elementi più radicati nel nostro cuore e abbiamo sentito anche da San Tommaso dire che l’avarizia è un possesso disordinato.
Che cos’è il disordine che è la radice di tutti i mali? E ’quando questo possesso in fondo compensa un vuoto. Io lo definirei così. Il possesso diventa disordinato quando compensa un vuoto.
Qualcuno potrebbe dire no, il possesso è così disordinato perché è egoista, si, perché ha davanti l’io e non il Noi, la condivisione.
Vedete che però San Paolo nel parlare di l’avarizia, dice:” e presi da questo desiderio alcuni hanno deviato dalla fede” addirittura l’avarizia può far deviare dalla fede perché altera fondamentalmente il rapporto con Dio. Questo è un punto su cui vorrei molto insistere.
Il contrario dell’avarizia non è solo la condivisione, non è solo la solidarietà. Non è l’altruismo. Il contrario dell’altruismo è l’egoismo.
L’avarizia è qualcosa di più. E’ l’atteggiamento in fondo di chi si costruisce il mondo a propria immagine e somiglianza perché è il possesso dà sempre una forma di potere su qualcosa su qualcuno.
Non dobbiamo immaginare l’avarizia solamente come l’uomo che è attaccato al denaro che non spende niente, il braccino corto, o cose di questo genere, è qualcosa di più è quel senso di possesso, è quel senso di sicurezza che deriva dal possesso e che di fatto ci dà la possibilità di fare il mondo a nostra immagine e somiglianza, le cose e le persone.
San Tommaso dice: “possesso disordinato” quindi è quando hai messo te stesso al posto di Dio. San Paolo dice che la radice di tutti i mali e che fa deviare dalla fede. “Fa deviare dalla fede” è molto pesante questa espressione, quindi il primo pensiero che noi abbiamo pensando all’avarizia, dobbiamo collegarlo proprio a questo fatto del possesso; quella tendenza che abbiamo dentro di noi che ci fa dominare il mondo e farlo a nostra immagine e aggiungerei, adesso lo spieghiamo meglio, quel senso di possesso che comunica sempre sicurezza.
L’intossicazione da possesso viene sempre dal senso di sicurezza che viene dal possedere le cose. Sempre, sempre!
2) Prendiamo il secondo passo: lettera agli Efesini cap 5, 5. Leggiamo anzi dal versetto 3, è un’esortazione che San Paolo fa alla comunità di Efeso.
San Paolo dice così – ve lo leggo – solo il versetto 5, però se volete potete leggere dal versetto…. anzi leggiamo dal versetto 3. E’ una esortazione che San Paolo fa alla comunità di Efeso: “Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia – avarizia, qui la parola è avarizia –neppure si parli fra voi, come deve essere tra santi; né di volgarità, insulsaggini e trivialità che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché – e questo è il versetto che mi interessa –sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro, cioè nessuno idolàtra, ha in eredità il regno di Cristo e di Dio”.
Sono parole molto forti, eh!
Ma quello che salta agli occhi è il fatto che San Paolo equipara gli avari agli idolatri (qui c’è una ambiguità nel testo greco, ma non importa, non serve, insomma, dire queste cose…), si capisce che l’avaro è l’idolatra.
Qui facciamo un saltino in più e ci chiediamo perché l’avaro è idolatra? Non è per niente scontata la risposta a questa domanda, bisogna capire chi è l’idolatra, che cos’è l’idolatria secondo la scrittura.
Per capire che cosa è l’idolatria provate a richiamare alla memoria il cap. 32 del libro dell’Esodo, non ve lo leggo se no viene troppo lunga. Esodo 32 racconta l’episodio del vitello d’oro, il famoso episodio del vitello d’oro, però fate caso a come è raccontato questo episodio.
Israele si trova ai piedi del Sinai è stato portato fuori da Dio, cioè da Mosè, dall’Egitto. Hanno camminato 40 giorni nel deserto, arrivano al Sinai e Dio si manifesta ad Israele nel Sinai. Se vi ricordate, se avete presente, tuoni, lampi, fulmini, una nube sopra il monte Sinai. Mosè sale 40 giorni, scompare alla vista di Israele e a un certo punto – in Esodo 32 – il popolo va da Aronne e gli dice “Facci un Dio come quello di tutti gli altri popoli perché a questo Mosè, l’uomo che ci ha fatto uscire dall’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”.
Molto interessante l’atteggiamento di Israele, eh? Sono stati liberati da un Dio che non vedono, o meglio lo hanno visto e si sono impauriti. Quando hanno visto tutti quei fenomeni sul Sinai hanno detto a Mosè vai avanti te … che a me mi scappa da ridere, vai avanti te, hanno mandato avanti Mosè.
Quando Mosè è andato è scomparso. Prima di andare su, Mosè dice loro non dovete farvi nessuna immagine di Dio, avete visto chi vi ha portato fuori dalla terra di Egitto, non ti farai alcuna immagine. Poi Mosè scompare anche lui alla vista e il popolo, che rimane senza niente, pensa di riempire questo vuoto – dicevamo prima – con il vitello, che a noi fa sorridere.
Fa sorridere perché eran così scemi da fare una mucca, un vitello d’oro con le corna. Ma il vitello era pensato da loro come il supporto visibile della presenza di Dio. Il vitello con le corna significava la forza. Quindi il Dio che sta davanti a noi e che sconfigge tutti i nostri nemici, che possiamo vedere e toccare… Questa è l’idolatria.
Qui ci sarebbe tantissimo da dire su questo brano che è molto bello. Questa è l’idolatria. L’idolatria noi la pensiamo come il ridurre Dio a se stessi. Ridurre Dio a se stessi, a qualcosa che si può toccare e sentire. Però, pensateci bene , sembra che l’idolatria che nasce dal popolo di Israele nasca dall’incapacità di reggere il vuoto, dall’incapacità di reggere un vuoto radicale, cioè che Dio, questo Dio che ci ha liberati non si vede e non si sente come tutte le altre cose.
Farsi un vitello d’oro è come ricondurre Dio dentro le categorie di spazio e di tempo, quando in effetti la presenza di Dio non può essere ridotta a quello.
Farsi un vitello d’oro vuol dire manipolare Dio
Ora pensate un po’… San Paolo paragona l’avarizia a tutto questo. Se noi adesso leggessimo ancora di più l’Antico Testamento, vedremmo che ci sono alcuni brani che dicono in fondo da cosa nasce l’idolatria. In sintesi, proprio facendo colare tutto, cosa rimane nel colino: l’idolatria nasce dal senso di insicurezza.
La Bibbia dice che l’uomo tende a idolatrare ciò che gli dà sicurezza, molto semplicemente, che gli comunica sicurezza, diremmo noi oggi. Tende a idolatrare quelle realtà dalle quali lui sente dipendere la propria sicurezza. Quindi, nel mondo della Bibbia, nel mondo dell’Antico Testamento, erano certi idoli, ma non stupidamente intesi, erano intesi come un supporto visibile di una divinità invisibile che ti doveva garantire sicurezza. Tu gli davi qualcosa e lui ti dava qualcos’altro. Tu cedevi un po’ della tua libertà e l’idolo ti dava sicurezza.
Questo è il principio dell’idolatria: cedo qualcosa di me stesso per avere in cambio sicurezza. Perché l’idolo non dà libertà ma chiede sempre un tributo di sangue, chiede sempre qualcosa. Qui le applicazioni moderne sarebbero tantissime. Pensate il tema sicurezza quanto è presente nel dibattito a tutti i livelli, ma anche in maniera non esplicita, perché ad esempio noi sentiamo che la nostra sicurezza dipende da certe cose: dalla tecnologia, per esempio, da un certo uso della tecnologia. Non voglio dire che la tecnologia è cattiva però la tecnologia è un idolo o meglio oggigiorno tecnologia è idolatrata, è diverso. Quindi, possiamo fare tutta un’altra serie di campionario di idoli moderni, sarebbe abbastanza divertente questa cosa.
Torniamo a Efesini: perché l’avarizia è idolatria? Io lo focalizzerei più che sul denaro, lo focalizzerei su quello che parte da dentro. Abbiamo detto prima il possesso. Il possesso dà un senso di sicurezza; il controllo, questa è la parola che noi usiamo, dà un senso di sicurezza. Quando tu controlli qualcosa. Tutto il parco delle nevrosi quotidiane della vita moderna, da Freud ai giorni nostri, nascono tutte da questo. Tutti i mini riti quotidiani che noi abbiamo, tutte le sicurezze, le azioni cicliche che noi compiamo durante la giornata. Provate a fare l’esame di coscienza: quante azioni cicliche, sempre uguali, voi fate durante la giornata?
E provate a vedere quanto destabilizza se il ciclo si interrompe, perché senza rifletterci noi mettiamo in atto dei meccanismi che ci danno sicurezza, che creano una base di sicurezza, se provi a togliere quella noi siamo destabilizzati.
E l’idolatria che è un possesso disordinato, è esattamente questo: quando io possiedo qualcosa, e non solo il denaro.. perché si possiedono anche le persone, c’è una avarizia anche nelle relazioni, anzi io direi che forse oggi c’è soprattutto un’avarizia nelle relazioni, quelle che chiamano oggi le relazioni tossiche. I vizi son tutti relazioni tossiche fra l’altro.
L’avarizia diventa idolatria perché è possesso disordinato, allora attraverso il possesso delle cose o degli altri diventa possesso di noi stessi; attraverso il possesso degli altri e delle cose per bisogno di sicurezza, per bisogno di stabilità, per bisogno di non essere destabilizzati, l’avarizia sostituisce, sottilmente, noi stessi a Dio.
Pensavo, riflettendo su queste cose, tra l’altro, alcune di queste cose le ho sentite dire altre son venute fuori da me, ma quando sentivo dire: l’idolatria è ridurre il Dio a sé stessi o manipolare Dio; io pensavo, ma si può manipolare Dio?
Magari uno dice, uno si illude di manipolare Dio, ma si può manipolare Dio? Come si fa? Dio non è il microfono, non è un oggetto, non puoi spostarlo dove vuoi, allora qual è il modo che noi abbiamo per manipolare Dio?
Io pensavo che la maniera più forte è quello di esercitare un dominio sullo spazio e sul tempo soprattutto, sullo spazio e sul tempo; il tempo è una di quelle realtà, diceva Sant’Agostino, che quando ne vuoi parlare e cerchi di capire che cos’è, l’hai già persa, perché il passato non è più, il futuro non è ancora, e il presente sta scivolando via, quindi dov’è il tempo?
Sant’Agostino dice che se io cerco di capire dov’è non lo trovo, se cerco di fermare il pensiero, non c’è la faccio e pure pensate che il tempo, il dominio sul tempo, la programmazione, la proiezione in avanti, soprattutto, sono la maniera più normale che noi abbiamo di esercitare o di illuderci di poter manipolare Dio. Dio che propriamente parlando, secondo la nostra fede, è colui che è il Signore del tempo e dello spazio e che quindi dispone le cose in una maniera che a noi non è dato poter manipolare; l’avarizia è anche questo; vogliamo applicarla al problema dei soldi, vogliamo applicarla all’oggetto normale, anche la parola greca dice: “φιλαργυρία”- “αργυρία” vuol dire oro, vuol dire denaro, amore del denaro; il denaro è quello strumento che noi abbiamo per esercitare fondamentalmente un controllo sul tempo, fino al punto di illuderci, di poter, attraverso il denaro, estendere il tempo della nostra vita, fino ad illuderci di poter programmare la nostra vita in tutti i dettagli, fino a poter essere padroni.
Il denaro è un fortissimo elemento simbolico, non va demonizzato perché il denaro c’è, va preso come una cosa che c’è, non va idolatrato, ovviamente, come la tecnologia, però il fatto dei soldi, il rapporto con i soldi, visto che vogliamo parlare di quello, l’avarizia nel rapporto con i soldi è esercitare attraverso i soldi un possesso di noi stessi, del tempo; l’avarizia non è solo accumulare e non condividere, non è solo accumulare per il gusto di accumulare, senza dare agli altri: è qualcosa di più, è anche questo, ma è qualcosa di più. Se noi ci fermiamo a questo abbiamo ancora una visione un po’ ingenua, come dire lo strato esteriore della cipolla, non abbiamo ancora scavato bene per andare In fondo.
3) Terzo passo, terzo step, visto che tutti oggi parlano inglese e non ci sono più i passi ma ci sono gli step: come si fa a manipolare Dio. Questa è la domanda che uno si pone.
“Come si fa a manipolare Dio? Adesso lo vediamo con l’ultimo brano. Manipolare Dio si può solamente quando noi reclamiamo un dominio sullo spazio e sul tempo, cioè quando noi programmiamo troppo la nostra vita. Ci sono tantissimi modi anche proprio istituzionali, come le assicurazioni, e tutto un certo tipo di operazioni che noi facciamo in banca, il modo in cui pensiamo e programmiamo la nostra vita. In questi modi, programmare non è un male in sé però effettivamente si può insinuare il pensiero che attraverso queste modalità noi possediamo, prendiamo possesso, diamo forma alla nostra vita secondo noi stessi. Perché questo è manipolare Dio? Perché per definizione Dio è il Signore del Tempo! È Lui che dispone i tempi ed i momenti della vita del cristiano. Facendo questo, senza rendercene conto, noi ci mettiamo in concorrenza con Lui. Perché un conto è come disponiamo noi ed un conto è come dispone Dio.
Diciamo il rapporto sano è quello della persona che dispone i propri beni sapendo che poi alla fine dispone Dio.
S.Ignazio diceva: “Fare come se tutto dipende da te quando sai che tutto dipende da Dio”.
Il possesso disordinato è invece fare come se tutto dipende da te o dipende dal controllo che tu eserciti su te stesso. Se viene scalfito questo controllo, se viene scalfito questo zoccolo, ti destabilizzi, crolla l’edificio, va in crisi la tua persona.
L’ultimo brano è il Vangelo di Luca, capitolo 12 versetto dal 16 al 21, un bellissimo brano. Sono molti altri i brani che si potrebbero tirare in ballo sull’Avarizia.
“Poi disse loro una parabola” -Questa è una parabola che è detta nel capitolo 12 dove il rapporto con il denaro e le ricchezze è fondamentale.
“Disse loro una parabola”- lo dice ai discepoli o meglio alla folla-“La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.17Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». 20Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
La conoscete tutti bene questa parabola? L’abbiamo letta non moltissimo tempo fa. Guardate anche il versetto 15, nel quale il Signore dice alla folla: «Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni avarizia (cupidigia), perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai ciò che egli possiede».
In questa parabola ci sono due aspetti che colpiscono particolarmente. Due. Quello che colpisce di più noi è l’atteggiamento di questo uomo ricco. Più volte ho sentito commentare in questo senso: questo uomo ricco è come una persona totalmente schiacciata sul proprio ombelico. Parla con sé stesso :”Anima mia, hai a disposizione tanti beni, per molti anni!”. È un solipsista. Parla con sé stesso. Vuole dire che nel suo mondo non c’è la presenza di nessun altro, di fatto, nemmeno di Dio. Ovviamente gli altri e Dio sono delle ipotesi teoretica che stanno al di fuori del cerchio del suo rapporto solipsistico. Okey? Ma non immaginiamo che questo uomo, di cui il Signore traccia questo ritratto, è -come dire?- l’esempio perfetto dell’egoista e che quindi questa parabolica un significato morale: “Non siate egoisti!”.
Che poi qual è il contrario di essere egoista? “Siate altruisti!”. Però pensate questo: solo due cose. “Dio gli disse: – Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita.” Questo tipo di frase mi ha sempre colpito tantissimo perché fa vedere molto bene che la tendenza che noi abbiamo al possesso -e questa credo che sia la radice della radice di quello che stiamo dicendo- nasce dalla paura della morte. È la tendenza, una delle tendenze fondamentali del nostro cuore a reagire all’esperienza ed alla paura della morte. È una forma di difesa contro la morte. Paura della morte che -sapete no?- che è una cosa che ci attraversa tutti. Non solo la paura solo della morte finale, della fine della nostra vita biologica, ma la paura della morte in tutte le sue forme. Perché la morte noi la sperimentiamo quotidianamente. Questo lo sapete. Non è un’esperienza che noi proiettiamo in là. Più tardi arriva meglio è! E noi tendiamo a reagire alla paura della morte in molti modi. La tendenza al possesso è una reazione contro la paura della morte.
Quindi la radice dell’avarizia è la paura della morte. Le parole che dice Dio qua fanno impressione perché fanno anche capire in che senso la paura della morte è la radice dell’avarizia. La morte è un’esperienza di radicale spossessamento. Apparentemente noi con la morte perdiamo tutto. E quindi di fatto quell’esperienza di spossessamento che arriva fino alla radice di noi quando ci viene portato via anche il nostro corpo….
E soprattutto quando ci viene portato via verso un orizzonte che può essere ignoto, questa esperienza per noi è qualcosa da tenere lontano. Quindi tanto è più forte la paura, tanto più forte e disordinato è il possesso, quindi tanto più forte è l’avarizia.
Non l’avarizia solo del denaro, l’avarizia quella che è più sottile e alla radice di tutti i mali: quella del possesso del tempo, dello spazio, delle persone, delle relazioni, delle cose e fondamentalmente di noi stessi.
Quella avarizia, dice S.Paolo, che è idolatria. Pensavo che l’avarizia è anche quella tendenza che noi abbiamo, pensate ad Israele ai piedi del Sinai, a non accettare il rischio di Dio.
Seguire un Dio che non si vede, vuol dire rischiare: la fede è fondamentalmente un rischio e questo lo sapete anche voi, immagino, no?
Seguire un Dio che non si può vedere vuol dire rischiare, perché? Perché un Dio che non si vede vuol dire che non lo puoi manipolare, non fa quello che gli dici, non lo puoi programmare. Fa come se tu, essere libero, ti rapporti con una libertà infinita che si può manifestare anche al di là delle tue aspettative, programmi, desideri persino.
E’ come avere a che fare con una libertà che non puoi assolutamente manipolare. Quindi, anche in questo senso qua, l’avarizia è la radice di tutti i mali, perché altera il rapporto con Dio, fa cadere nell’idolatria, per la paura della morte ci fa alterare anche il rapporto con Dio.
E non solo, e poi concludo, il Signore conclude questa parabola con una frase che non so se avete mai notato leggendo questo Vangelo, che è una frase difficile da capire, va la ritraduco dal greco, che è il succo della parabola: “così è colui che tesaurizza se stesso e non verso Dio”, “così è colui che tesaurizza per se stesso e non diventa ricco per Dio”, si può tradurre anche così.
Ora la domanda è questa: noi capiamo il senso di questa frase, no?
Il senso è: non bisogna essere ricchi per se stessi ma per Dio. Mh, quindi esiste un modo di essere ricchi che va bene, diciamo così!
La domanda è: Ma in concreto? Ma in finale? Cosa significa? Oppure, più precisamente, come si fa a “diventare ricchi per Dio”? Come si fa ad essere ricchi per Dio?
Ci sono tante risposte.
(Risponde una persona dall’assemblea)
Si, si, questa. Una risposta è quella di concepirci solo come amministratori di quello che ci è dato, chiaro, questo è verissimo! Questo è anche nel Vangelo, il Signore lo dice, tra l’altro, in modo particolare ai capi della comunità, di essere così, di amministrare. Amministrare: uso dei beni di cui non si ha il possesso, di cui non può reclamare il possesso, esatto.
Mi veniva anche un’altra risposta, però anche questa va bene, il Vangelo è bello anche per questo. Sant’Agostino, sempre lui, diceva: “tutte le interpretazioni della Scrittura vanno bene, purché non vadano contro la fede”, poi vanno tutte bene… più o meno.
Diventare ricchi per Dio pensavo che è anche, in fondo, qualcosa come l’atteggiamento della persona che accetta, l’ho detto prima, il rischio di Dio. Il rischio di Dio! Cosa significa “il rischio di Dio”, l’ho citato prima, rischiare per Dio. Rischiare per Dio, pensate, il rischio fondamentale è quello della fede ho detto. Il rischio di Dio lo possiamo definire, diciamo così, in questo modo, se vogliamo andare un po’ al concreto: noi nella nostra vita dobbiamo sempre fare delle scelte, ogni giorno siamo chiamati a prendere delle scelte, piccole e grandi, no?
Alcune scelte sono come “nella punta dei rami” e altre scelte sono più verso il tronco, o addirittura alla radice.
Quando noi dobbiamo prendere una scelta, grande o piccola che sia, grande o piccola che sia, noi siamo sempre posti di fronte ad un’alternativa: o scelgo in base a un criterio o scelgo in base ad un altro. O scelgo in base ad un criterio o in base ad una scelta che, ai miei occhi, mi garantisce una forma di tranquillità, noi usiamo questa parola, oppure dobbiamo anche considerare la possibilità di fare scelte che non garantiscono nessuna forma di tranquillità: pensate alla fede, così chiudiamo parlando di fede: “Perché la fede è un rischio?” “
Perché la fede è un rischio? Questo lo diceva Pascal, 400 anni fa, perché noi non finiamo mai di conoscere Dio. Questo è il rischio, perché Dio non lo si finisce mai di conoscere: è rischioso perché bisogna continuamente mettersi in gioco, bisogna continuamente perdere qualcosa, bisogna continuamente accettare di essere un pochino spossessati, bisogna continuamente accettare di mettersi davanti a lui sapendo che quello che abbiamo imparato non basta, bisogna accettare ogni volta che noi preghiamo che noi lo invochiamo, che rivolgiamo la mente a lui, anche il cuore a lui, di accettare che questa volta magari, non solo non succede niente, che è quello che capita molto spesso, ma anche che può arrivare a noi e che possiamo renderci conto che tutto quello che abbiamo imparato fin ora lo dobbiamo lasciare , ma non rinnegare.
Dio non si conosce mai una volta per tutte: non si può mai dire io adesso lo so, io c’è l‘ho, l’ho conquistato si è vero ma anche no. Pensate sempre a Sant’Agostino e alla sua massima “più conosci più ami, più ami più vuoi conoscere, più conosci più ami e più ami più vuoi conoscere”. E’ un circolo questo, perché lui dice questa frase: non illuderti di capire perché se tu pensi di capire, allora ciò che capisci non è Dio.
“Si comprehendis non est Deus” questa è la frase di Sant’Agostino.
Se vale così nel rapporto con Dio questo vale diciamo per ognuno, perché poi ognuno può fare l’applicazione alla propria vita.
Io non do molte applicazioni, non faccio molte attualizzazioni proprio perché ho l’impressione che la parola debba risuonare nella vita di ciascuno e funzionare come lievito per far vedere dentro la vita di ciascuno come funziona , ma pensateci un po’ quando dobbiamo prendere certe scelte se lo facciamo davanti a Dio generalmente ci viene chiesto, di assumere l’atteggiamento di chi ogni volta deve morire a se stesso, deve lasciare qualcosa .
Il contrario dell’avarizia credo non sia la generosità ma è lasciarsi spossessare, è accettare il rischio di Dio; tra l’avarizia e la povertà, in mezzo c’è lo spossessamento, che è più difficile.
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