Costanza Miriano's Blog, page 16
March 8, 2023
Via Crucis a San Bonaventura al Palatino #MonasteroWiFi

di Costanza Miriano
Il cuore della nostra fede è la passione e risurrezione di Gesù, ma mentre la risurrezione la celebriamo ogni domenica, la Chiesa propone alla meditazione dei fedeli la passione solo una volta all’anno. Padre Emidio se ne crucciava spesso. Eppure è decisivo capire che la nostra felicità ha radici a forma di croce – una cosa difficilissima da interiorizzare davvero, e che cerchiamo continuamente di rimuovere, inventandoci un dio pagano che ci manda tutte le cose secondo il verso che abbiamo deciso noi, che realizza tutti i nostri desideri (la famosa divinità pagana dei fioretti dell’ultimo minuto che ben conoscono i miei figli, e che invocano soprattutto per i compiti in classe).
Meditare spesso la Via Crucis e una via per somigliare davvero al Gesù vero, non a quello dei santini zuccherosi o dei consigli del parrucchiere. Assomigliare a Gesù ci permette di accogliere la croce non come una sfiga o un errore di programma, ma come un regalo che Dio ci fa per entrare in intimità con Lui. Per questo e molto altro ci tenevamo a organizzare anche una Via Crucis del monastero wi-fi, cioè per chi di solito viene agli incontri del primo lunedì del mese, ma ovviamente apertissima a tutti. E abbiamo la grazia di poterla fare in un luogo unico al mondo.
Grazie all’aiuto di padre Pier Luca Bancale abbiamo dunque organizzato unaVia Crucis a Roma, il 13 marzo 2023 alle 20:30 a San Bonaventura al Palatino.Lungo la strada che porta al convento, nel cuore del Palatino, ci sono le 14 stazioni della Via Crucis, i frati del convento ci lasceranno concludere in chiesa (grazie a fra Fabio).
Proprio nel convento di San Bonaventura al Palatino ha studiato, è vissuto ed è morto nel 1751 San Leonardo di Porto Maurizio, il propagatore della Via Crucis così come la conosciamo, si tratta quindi di un tracciato molto particolare.
Al convento si arriva solo a piedi salendo dal Colosseo lungo la via Sacra verso l’Arco di Tito, poco prima dell’Arco sulla sinistra parte via di San Bonaventura (è indicata). Porteremo delle candele che speriamo basteranno per tutti , ma per essere sicuri se l’avete portatele da casa.
Per arrivare con i mezzi pubblici vanno bene tutte le linee che arrivano al Colosseo, per chi arriva in auto mettete in preventivo una camminata di 10-15 minuti parcheggiando nei pressi di Caracalla (in particolare via di Valle delle Camene), la zona di fronte a San Gregorio al Celio, Circo Massimo o le strade intorno a via Claudia (alle otto di sera non è impossibile).
March 4, 2023
I sette peccati capitali e il peccato della gola #monasteroWiFi Roma
Qui si parla di carbonara e combattimento spirituale, di cattivi pensieri e di fede, qui si ride e si riflette, come sempre quando a parlare è un sacerdote spiritoso, nel senso di pieno di Spirito Santo.
Il prossimo incontro, il 6 marzo alle 21 al Battistero di San Giovanni in Laterano, padre Maurizio Botta ci parlerà del peccato dell’ira. Come sempre chi vuole può arrivare per le 20.30 a mangiare insieme uno spuntino, più che altro per guardarci in faccia o addirittura scambiarci un abbraccio. Ricordo che grazie alla disponibilità di don Gerardo e del Vicariato è possibile parcheggiare nel parcheggio interno della Lateranense.
***
Catechesi sul peccato della GOLA, di don Riccardo Cendamo
del 6 Febbraio 2023, Battistero di S.Giovanni in Laterano
Buonasera, allora io sono don Riccardo Cendamo, ho 41 anni.
Sono un presbitero di questa diocesi. In realtà sono stato ordinato da poco, sono un presbitero da un anno e mezzo, ma effettivamente sono vecchio quanto sembro. Sono entrato tardi in seminario perché prima facevo altre cose.
Non so in realtà perché sono qui io stasera, perché ci sta una schiera di preti molto più preparati di me nella vita spirituale. Principalmente sto qui perché me l’hanno chiesto e per amore a Cristo si fa tutto.
Ma poi perché penso che un noto monsignore romano, direttore spirituale di varie persone tra cui me, ha fatto il mio nome pensando che io fossi un esperto di gola.
In realtà quando me l’hanno detto la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma io che c’entro con la gola? Chi ha mai parlato di gola?”
Sicuramente sono un esperto di ira, quello sì perché c’ho un caratteraccio. Poi m’ero da poco preparato una catechesi sull’invidia, ma la gola “Che c’ho a che fare io con la gola?”.
Poi mi sono messo un po’ a studiare che cos’era la gola e allora mi sono venute in mente un sacco di cose interessanti.
Per esempio mi è venuto in mente che ai tempi dell’università io un sacco di esami non l’ho dati, perché, anziché studiare, passavo le giornata con il mio miglior amico a cercare la ricetta perfetta della carbonara….che noi chiamavamo la giallona.
Fare la giallona perfetta!
Guardate che ce ne vuole: anni di sperimentazione.
Che poi la carbonara è un po’ così…tu la mangi e ti sembra perfetta, ma poi ti rendi conto che manca qualche cosa…il già e non ancora vero…eccolo nella carbonara più che nella escatologia.
Effettivamente ho iniziato a ragionare sul fatto che a me il cibo un pochino mi interessa. Mi interessa tanto in realtà e non un pochino A me piace tanto mangiare, e questo ve lo dico perché io non vorrei che qualcuno di voi sia venuto qui con un po’ di paura: parliamo della gola e magari questo sarà un prete che ci dice che non dobbiamo mangiare. E poi, siccome vedete anche che sono pure un po’ ciccione, pensate pure “ecco questo predica bene e razzola male”
No, assolutamente !
A me piace mangiare, non sono contro il cibo. Tenete presente che per Natale mi hanno regalato due padelle. Cioè questi sono i regali che fanno a me…un servizio di piatti…dici che ci fa un prete?
Il fatto è che il cibo non serve soltanto per far mangiare te, il cibo serve pure per far mangiare gli altri: è un atto d’amore. Se tu ami le persone cucinare per loro è una cosa bellissima.
Io non so veramente come si possa disprezzare il cibo…poi per carità, non è che uno deve vivere in modo sregolato.
Io per esempio devo stare a dieta perché nella famiglia mia sono morti tutti d’infarto e quindi devo stare a dieta. Però la dietologa mi ha proposto ultimamente di fare la dieta chetogenica e io mi sono opposto. Le ho detto che io non passerò due mesi della mia vita senza pasta e senza vino. Lei s’è scandalizzata “Ma come senza vino…tu sei un prete”. “Appunto io sono un prete e devo bere per lavoro! Non mi toglierai il vino”.
Tipo la polemica quella dell’Irlanda, a me mi fa diventare pazzo.
Come puoi tu attaccare il vino? Come puoi avercela con il vino?
Il giorno in cui metteranno il teschio sulle bottiglie di vino, io andrò in giro vestito da pirata. Quella sarà la mia ribellione.
In realtà questa cosa che sembra un po’ buffa è una domanda lecita “ma come fai ad avercela contro il vino?” Perché le persone entrano in queste follie?
Ecco, vedete, in realtà la follia di chi vuole mettere il teschio sul vino, “nuoce gravemente alla salute”, è la stessa follia che magari ti fa arrivare qui stasera pensando che forse la Chiesa vuole dirti che non devi mangiare.
E’ la stessa tentazione dietro a noi e dietro a loro, si chiama “gola” che è una tentazione seria, molto seria.
I monaci del deserto la chiamano “gastrimargia”, la follia del ventre.
Addirittura Evagrio Pontico dice che è l’ingresso di tutte le passioni, che i vizi cominciano dalla gola.
Eppure è una cosa che noi sottovalutiamo tanto.
Io anche all’inizio del ministero quando qualcuno veniva a confessarsi e mi diceva “Ho commesso peccati di gola” gli dicevo “Dimmi i peccati veri”.
Questi sono come le parolacce. Io le parolacce non le assolvo perché non sono peccati.
Pure la gola mi sembrava ridicolo.
L’altro giorno, ad un mio amico che studia teologia ho detto che lunedì sera sarei andato a San Giovanni. Mi ha chiesto cosa sarei andato a fare, ho risposto “una catechesi sulla gola”.
Allora lui si è fomentato e ha detto “Ah la gola, – Nefesh – il respiro di Dio”.
“No, no, la gola che se magna” gli ho detto.
“Ah, vabbè” mi fa.
Invece no, è un argomento molto serio. E siccome è una cosa seria quella di cui dobbiamo parlare, bisogna iniziare in modo serio. Se ci mettiamo in piedi, preghiamo.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen. Signore ti benediciamo per il dono della Chiesa, per il dono della vita e per il dono del cibo, della comunione. Ti ringraziamo Signore perché ci hai portato qui questa sera, perché vuoi regalarci una parola. Ti preghiamo di aprire il nostro cuore, di metterci in ascolto, di darci la grazia di incontrare Te che sei la nostra unica gioia, la nostra vera speranza. Tutto questo te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
Santi Paolo Miki e Compagni Martiri, pregate per noi. Sede della Sapienza, prega per noi.
Guardate è molto importante cominciare con una preghiera e invocare i Santi.
Perché quello che stiamo per fare qui questa sera, noi possiamo anche chiamarlo “catechesi” ma in realtà quello che noi stiamo per fare è un combattimento.
Quello che facciamo qui è una lotta.
Certo, sicuramente io devo fare una catechesi, vi devo dare delle informazioni, vi devo spiegare delle cose sulla gola, ma non è quello il fine.
Io non so, non vi conosco, non so perché siete qui. So un po’ chi vi raduna qui, so chi mi ha preceduto, quindi immagino che se seguite questa iniziativa siete molto preparati su questo fatto. E non sono ironico, lo credo veramente.
Però queste cose ho bisogno di dirle innanzitutto per me perché anch’io faccio una battaglia.
Io sono qui e devo fare una battaglia contro la mia pigrizia, contro la mia superbia, la mia paura di sbagliare e che l’attenzione vada tutta su di me.
Io devo fare una battaglia per annunciarvi Cristo e voi dovete fare un’altra battaglia per entrare in un combattimento.
Se tu che stai qui stasera pensi di vivere quello che stai per vivere in un modo passivo, come qualcosa che senti, che ti fa piacere, che domani torni a casa o te lo metti su uno stato di WhatsApp, non ti serve a niente; tu stai qui per entrare in una battaglia, che è una battaglia seria, per questo ho invocato i Santi.
Oggi si celebrano questi Santi martiri del Giappone, perché è importante invocare i Santi?
Perché i Santi sono quelli che hanno fatto le nostre battaglie e con Cristo le hanno vinte.
Sapete che c’è una divisione della Chiesa, c’è la chiesa di qui, che chiamano chiesa pellegrinante e c’è la chiesa celeste.
In realtà, il termine giusto, il termine che si usava prima, era la chiesa militante, la chiesa che combatte, siamo noi la chiesa che combatte per pronunciare il nostro sì di fronte a Cristo.
In cielo ci sono i Santi, che sono quelli che ci hanno preceduto in questa battaglia, che il sì l’hanno già detto e l’hanno detto in un modo definitivo entrando in cielo e anche ci sono i nostri cari, che combattono con noi, perché ci vogliono accanto a loro e ci vogliono felici, già oggi, già adesso; c’è mio padre, in cielo, che stasera sta combattendo questa battaglia con me e i Santi vanno invocati per ricordarci quello che stiamo facendo.
Poi, ho invocato anche la Vergine, questa è una cosa che ho imparato dal mio padre spirituale, è sempre importante invocare la Vergine, perché la Vergine ha tanti titoli, perché la Vergine è quella che ha fatto la battaglia assieme a Cristo, ha detto sì, l’ha detto come lo dovresti dire tu, come lo potresti dire tu.
La Vergine ha tanti titoli che illuminano tante battaglie, uno è “sede della Sapienza”.
Che cos’è La Sapienza?
Nella scrittura la Sapienza, sarebbe l’architetto di Dio, cioè la misura giusta delle cose, è la strada per arrivare alla felicità; la Sapienza è la vera bellezza; la Sapienza è Cristo e questa Sapienza ha trovato una sede, una dimora, che è il ventre di Maria; Maria è la sede della Sapienza perché Cristo ha dimorato in lei, lo ha gestato e gli ha dato la carne.
La carne di Cristo viene da Maria, l’ha presa da Maria, cioè questa Sapienza, questa vera bellezza, questa misura di tutte le cose è una carne, Cristo, la sua salvezza, la strada, ce l’ha mostrata nella carne.
Quello di cui noi dobbiamo parlare qui stasera è un fatto di incarnazione, dobbiamo passare per l’incarnazione.
Faccio tutte queste premesse, che saranno un po’ lunghe, perché, se uno sbaglia le premesse non arriva a nessuna conclusione o ci arriva male.
Ma veramente il problema della Gola è un problema di incarnazione ed è questo quello che il demonio vuole nascondere.
lo scopo del demonio è che noi possiamo dimenticarci del mistero di questa incarnazione, possiamo dimenticarci del fatto che Cristo abbia condiviso con noi la nostra stessa carne, il nostro stesso sangue; dice San Giovanni che l’anticristo è colui che nega Cristo nella carne, cioè che ti nega a te la possibilità di fare questo combattimento.
Il demonio non vuole che tu veda che puoi combattere, che nella tua carne c’è la possibilità di combattere e di entrare in questa vittoria che è già data, che Cristo ha già guadagnato ma che dobbiamo fare nostra.
Un’altra premessa importante legata a questo, non a caso parlo del demonio, è perché voi state facendo questi incontri sui vizi allora li puoi chiamare vizi capitali…
Li puoi chiamare anche “loghismoi”, cattivi pensieri, chiamali come ti pare però non ti sbagliare..non sono sentimenti, non sono pensieri, non sono cattive abitudini: i vizi sono demòni!
L’ira, la lussuria, la superbia, la gola di cui parliamo stasera sono dei demòni!…sono demòni che hanno un solo scopo, che è quello di entrare nella nostra vita e di sporcarla!…perché a loro la nostra vita in realtà non appartiene!
Il tuo cuore, la tua storia, la tua vita e questo stesso mondo, anche se è dominato in un certo senso dal demonio, a lui non appartiene!…perché ogni uomo vive, respira, si muove, esiste in Dio.
Noi viviamo perché Dio ci sta pensando, viviamo perché siamo in Dio e nello spazio tra noi e Dio non c’è spazio per il demonio!
E’ una realtà che al demonio non appartiene e nella quale lui vuole entrare, per invidia e malvagità, per sporcarla…e c’ha un modo per entrare in questa realtà che è attraverso questi pensieri
Questi pensieri che ci aggrediscono sono demòni che vogliono entrare nella nostra vita.
Sapete che, sempre San Giovanni, parla dei tre nemici dell’uomo che sono la carne, il mondo e il demonio.
Lui le chiama “le concupiscenze”: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita.
Potremmo anche definirle così: sono tre brecce attraverso le quali i demòni entrano nella nostra vita, sono tre strategie.
La concupiscenza della carne è la paura della sofferenza…quando non vuoi soffrire entri in questa concupiscenza, cerchi un modo di scappare dalla sofferenza…che ne so…
…devi andare la mattina a lavoro?…no, rimani a dormire!
…devi parlare con la tua ragazza e dire cose scomode?…no, ce vai a letto insieme
…devi riconciliarti con qualcuno?…no, lo aggredisci
…la concupiscenza della carne…quando vedi che da questa sofferenza non puoi scappare hai bisogno di una soluzione e allora, siccome le soluzioni in te non ci sono, le cerchi nel mondo.
La concupiscenza degli occhi significa questo: andare in giro nel mondo a cercare le soluzioni…prendi le soluzioni che ti dà il mondo
…non lo ami più? …divorzia!
…ti sei sbagliata?…abortisci!
Capite…sono le soluzioni del mondo …sono brecce con cui il demonio entra nella tua vita, nella mia vita.
E quando hai preso le soluzioni del mondo e non t’hanno portato a niente, allora poi arriva il demonio, lui stesso, in persona: la superbia della vita! Che potremmo dire anche la solitudine della vita…
Cioè quando tutte le soluzioni le hai prese dal mondo, alla fine t’accorgi che sei solo e, probabilmente, ti suicidi… quello è lo scopo del demonio: che la tua vita finisca in un fallimento, in una tragedia.
Io sono rimasto tanto colpito dalla vicenda di questa ragazza che hanno trovato morta all’Università.
Guardate, parte dell’Amore che c’ho per Cristo e che m’ha portato al ministero è stato anche il dolore del pensiero delle persone che si suicidano…è una tragedia, è un pensiero che può avere ognuno di noi, anzi, che probabilmente ognuno di noi ha avuto…però a volte questo pensiero diventa una realtà.
Questa ragazza, non so, ha lasciato un bigliettino …poi…non dico niente, non voglio dire niente perché ancora ce so’ indagini, cose…anche per rispetto del dolore dei familiari…però da quando s’è saputa sta notizia s’è scatenato un putiferio e tutti hanno battuto su sto tasto, no : “che mondo è il nostro, dove lo studio, la carriera sono così importanti che portano una ragazza al suicidio?”
…… perché lei parla di questo fallimento negli esami e negli studi, ma guardate che il problema qui non è la carriera, non sono gli studi.
Il problema è che una persona si sente fallita quando perde la speranza, perché questo è quello che fa il demonio.
L’attacco del demonio è che ti dà i suoi sentimenti.
E siccome il demonio è solo, invidioso e disperato, quello che vuole è che tu possa provare le stesse cose: la solitudine, l’invidia per quello che non hai, e la disperazione.
La gente si ammazza per disperazione.
Quello che facciamo noi stasera, che fate voi venendo qui, è una battaglia per ritrovare e consegnare la speranza invece, la nostra Beata Speranza, Cristo Risorto.
Ecco queste tre concupiscenze hanno questo scopo, di entrare nella nostra vita e di sporcarne il percorso. La vita mia e tua è fatta per arrivare alla gioia, alla felicità, a incontrare la Beata Speranza appunto, il Nostro Signore; se sporcano questo percorso, forse ti perdi.
Allora è una lotta che vale la pena di fare.
Va bene, leggiamo un brano della Scrittura, che funziona meglio delle mie parole : dal libro del profeta Isaia : “Signore Tu sei il mio Dio, voglio esaltarti e lodare il tuo nome , perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e stabili. Poiché hai trasformato la città in un mucchio di sassi, la cittadella fortificata in una rovina, la fortezza degli stranieri non è più una città, non si ricostruirà mai più. Per questo ti glorifica un popolo forte e la città di nazioni possenti ti venera, perché tu sei sostegno al misero, sostegno al povero nella sua angoscia, riparo dalla tempesta, ombra contro il caldo, poiché lo sbuffo dei tiranni è come pioggia che rimbalza sul muro, come arsura in terra arida il clamore degli stranieri. Tu mitighi l’arsura con l’ombra di una nube, l’inno dei tiranni si spegne.”
E’ un inno di un popolo, che in realtà sta per andare in esilio, ma conosce la verità, cioè, che Dio è più forte della tragedia cui va incontro, e poi dice così:
“Preparerà il Signore degli eserciti, per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte, il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato” .
Questo è un brano che mi piace tantissimo, ma è un po’ snobbato in realtà, più che altro lo leggono ai funerali. Ma è molto bello.
C’è questa immagine del banchetto, che è immagine del cielo. Sta parlando della vita eterna, è questo il banchetto.
Io mi ricordo che c’era un professore in Gregoriana, bravissimo, che, però, lui con questa cosa del banchetto, questo fatto che si mangia in cielo, sbroccava, cioè lui la odiava questa cosa e diceva : “ ….ma mica penserete che andate a mangiare in cielo! In cielo ci sta un nuovo stato dell’essere, un nuovo stato ontologico, mica pensate veramente che andate a mangiare !”
Noi tutti… no.. no..
In realtà poi un po’ ci speravo, però poi tu non devi contestare in quei momenti, devi conservare nel tuo cuore, come Maria.
Nel senso, per carità, ha ragione il professore: se l’aspirazione tua di andare in paradiso è di mangiare. Voglio dire, se l’idea tua di cielo e di resurrezione è un piatto di coratella, c’hai un’idea sicuramente condivisibile, e in parte un po’ meschina, no, non è per quello che dai il sangue…. Però qui si parla di un banchetto, questa è Parola di Dio.
E allora perché? Che vuol dire ‘sto banchetto? Guardate! Nel banchetto si mangia. Questo è poco ma è sicuro. Però è altrettanto vero che il cibo non è il centro del banchetto.
Il senso del banchetto non lo dà il cibo. Il banchetto è un’altra cosa.
Quand’è che noi facciamo un banchetto? Che ne so?
A Natale, a Pasqua, al tuo Compleanno, alla Laurea, a un Matrimonio, all’Ordinazione.
Quando mi sono ordinato io, stavamo in pieno Covid: non ho potuto fare nessun banchetto.
Ho mangiato con cinque persone: mio fratello, la moglie, una sorella, i genitori loro…mio padre era morto da un mese e mezzo…mia madre.
Ho mangiato con le persone che mi amavano. Quello è stato il mio banchetto.
E poi il giorno dopo: la Prima Messa.
Quello è stato il vero banchetto!
Il banchetto è necessario! Serve a celebrare la Vita. È una celebrazione della Vita che si fa con un nutrimento e con una relazione. Questo è il banchetto.
E -guarda un po’!- il banchetto è al centro della Salvezza che ti è stata consegnata.
Capite che … noi celebriamo l’Eucarestia che è un banchetto.
Il cibo non si può mai vedere in modo cattivo.
Cristo mangiava e mangiava di gusto!
Anzi quello che ci ha lasciato c’è lo ha lasciato sotto forma di cibo: corpo e sangue, pane e vino.
Il cibo ci mostra la realtà della nostra salvezza: noi siamo stati salvati in una Relazione che ci ha nutrito.
E questa salvezza passa per un Evento che si chiama Evento Pasquale, Mistero Pasquale.
Questo Mistero è legato alla carne, alla nostra carne.
Comincia e finisce con la carne perché comincia col fatto che Dio si è fatto uomo.
Come uomo è cresciuto e come uomo si è lasciato conoscere. Come uomo è stato amato.
Come uomo è stato invidiato e condannato.
Da uomo è morto.
Con quel corpo è sceso agli inferi, con quel corpo è risorto e quel corpo ha portato in Cielo.
Capite? È un fatto di carne.
Quando dico carne intendo proprio questo: la realtà umana.
Cioè Dio si è fatto veramente uomo. Il Mistero Pasquale, il mistero della nostra salvezza, passa per il fatto che Dio ha incontrato il nostro essere uomini.
Con la carne si intende questo.
Non si intende la ciccia che hai addosso, quando si parla di carne. Quando si dice che Cristo ha condiviso con noi la carne, significa che si è fatto veramente uomo, che Dio è stato uomo fino in fondo.
E allora per capire la Salvezza devi capire come è fatto l’uomo.
San Paolo dice che noi uomini siamo fatti così: di corpo, anima e spirito. Che significa?
Chiaramente tu sei uno, sono astrazioni ma servono a capire quello che c’è dentro.
Il corpo è il modo con cui noi ci relazioniamo.
Tu mi vedi, mi ascolti, io ti vedo, perché abbiamo un corpo, il corpo è come ci relazioniamo all’esterno.
L’anima, sarebbe il nostro io, cioè chi sei tu.
E poi c’è lo spirito che è una sorta di corpo interiore, cioè è come ti relazioni dentro di te, cioè con chi, con Dio e con te stesso.
Allora, nella realtà dell’uomo, questo elemento, lo spirito è quello che veramente fa l’unità: tu sei uomo e sei te stesso perché hai uno spirito che tiene insieme la tua relazione con chi sta fuori con la tua relazione con chi sei.
Per essere uomo e per essere salvato devi entrare in questa realtà, perché è questa la realtà che Cristo ha preso, questa è la realtà che Cristo ha salvato: un uomo che ha un’identità, che si relaziona fuori di lui e che ha una relazione dentro di sé, con Dio e con se stesso, corpo, anima e spirito.
Ecco, qui arriva la gola. Perché?
Perché questo corpo, che è stato salvato, che è entrato nel mistero pasquale, è chiamato ad essere a immagine di Dio, a somiglianza di Dio, scusate. Questo uomo, che Dio ha riscattato, vive in un mondo che ancora deve entrare nella pienezza di questo riscatto.
Noi viviamo una vita che ancora va verso la morte, noi viviamo una vita, con questa nostra umanità, con questo nostro corpo, che perisce, che finisce, che è all’interno di un dramma che è il dramma della morte, della sofferenza.
Questa è la nostra realtà e in questa realtà si soffre, in questa realtà il nostro corpo ha bisogno di nutrimento, cioè in questa realtà il nostro corpo ha fame.
Guardate che la fame non è una cosa cattiva, la fame è una cosa buonissima che ci ha dato Dio.
E’ questo che dovrei cercare di spiegarvi stasera, il problema della gola non è la fame.
Il demonio non ti ha dato la fame, il demonio te la ha interpretata. Questo è il punto.
Che succede quando tu hai fame?
Succede che ti ricordi che devi morire, perché se non mangi muori, questa è la verità: se noi non ci nutriamo, moriamo! E questo fa il demonio: quando arriva la fame te la traduce così: se adesso non mangi, morirai. Cioè ti mette addosso una paura! Usa la fame per riempirti di paura.
E’ questo il problema della gola: cioè ti stacca la fame dal vero senso.
E che succede quando uno ha paura?
Quando tu sei dentro la paura?
Succede che smetti di ragionare.
Il primo effetto della gola è che stacca il cervello, spegne la razionalità, spegne la ragione.
Tu hai un impulso, un bisogno e lo devi tappare, in qualche modo: ho fame? Mangio.
Com’è che noi usciamo dalla sofferenza?
Guardate, in questo mondo che soffre e non combatte, in questo mondo di soluzioni che non vengono da Dio, noi facciamo un’equazione che è sbagliata fondamentalmente, ma che sembra tanto vera quando la nostra ragione si spegne, cioè che dalla sofferenza esci col piacere.
E allora se c’hai fame, hai bisogno di un piacere che contrasti quella fame.
Una volta leggevo su un libro di don Fabio Rosini una cosa molto bella. Non mi ricordo che libro era…
Però penso che se ve lo spiego bene, lo capite pure se non trovate il libro, insomma: i piaceri legati alla carne, i piaceri legati a questa paura, c’hanno tutti un aspetto simile, cioè sono come dei piccoli orgasmi.
Sapete che i francesi, che di queste cose dicono che se ne intendono, l’orgasmo lo chiamano la piccola morte. Perché?
Hanno ragione.
Perché, nel momento in cui tu provi il piacere dell’orgasmo, si spegne per un attimo il cervello, chiudi gli occhi su questa vita, la sospendi.
Ecco, questo è quello che ti chiede la fame, questo è quello che ti chiede la gola: spegni la testa, chiudi gli occhi, non guardare la tua realtà.
Stai soffrendo?
Non ci pensare, affogala questa sofferenza, inebriala, spegnila in qualche modo.
Se ci ragioni, la gola fa così con te: quando c’hai una fame compulsiva, non è che stai morendo di fame (di solito). Quando sono tanti giorni che non mangi, non sei compulsivo.
Quando c’hai una fame compulsiva, c’hai un dolore che devi scansare e, se ci pensi, capita la stessa quando fai il pisolino pomeridiano. Sta cosa c’ha pure una spiegazione scientifica: sapete che i recettori del cibo e del sonno sono simili, allora quando tu ti svegli all’improvviso, che non ti sei riposato abbastanza, il cervello sta sfasato e ti fa venir fame.
Però in realtà il senso è questo: che non vuoi pensare a quella sofferenza, che devi rientrare nella tua vita. Faresti di tutto per chiudere quella sofferenza. Anche tanti peccati che si fanno nella sessualità, si fanno per questo.
Infatti, dicono i Padri, che la lussuria è figlia della gola e della superbia.
Perché non puoi soffrire, appunto, non la puoi affrontare quella crisi, non puoi affrontare quel dialogo scomodo con la persona con cui stai, non puoi affrontare la solitudine della tua vita, non puoi affrontare il fatto che ti senti inadeguato.
E allora che fai? Ti masturbi o guardi pornografia.
La pornografia, guardate che è un peccato di gola, non è di lussuria.
Perché sono scorpacciate quelle che uno fa di notte, quando non lo sai neanche tu che cosa vuoi. Perché il cervello si è spento e anzi, di più, si è spenta una parte più profonda, che è lo spirito.
Il vero problema della gola è che ti separa dallo spirito, cioè ti impedisce di trovare la parte più profonda di te, perché stai sempre fuori, stai sempre a colmare un bisogno.
Guardate, non vi stupite…
Se voi leggete un po’ le cose che scrivono i monaci del deserto, loro parlano con tanta durezza della gola e del cibo, ma non è che erano pazzi!
E’ che veramente la “gastrimarghia”, cioè la follia del ventre, è veramente una follia.
Non so se ti è capitato: c’è stato Natale da poco e chi è che non si è fatto una bella mangiata, che a un certo punto lo sai che stai esagerando, lo sai che ti dovresti fermare, che quel bicchiere di vino in più non te lo dovresti bere.
“Ma io non mi sono mai ubriacato in vita mia!”
Sì, però non stai bevendo per gusto, stai bevendo perché non vuoi soffrire.
E quando mangi tanto, e quando bevi tanto, quante stupidaggini fai, dopo?
Guardate, io le cose più stupide della mia vita, le ho dette dopo che avevo mangiato tanto (e io sono uno che ha una buona resistenza al cibo, eh).
Ma siccome ti sei anestetizzato, c’è una parte di te che non senti più, che è quella parte profonda che si chiama spirito. Il vero peccato della gola è la separazione tra il corpo e lo spirito.
Il vero peccato della gola è la separazione tra il corpo e lo spirito che non possono andare separati hanno bisogno di stare insieme e perché lo spirito ha qualcosa che il corpo non ha, che il corpo non conosce, che sono i desideri
I nostri veri desideri stanno nello spirito perché li conosce Dio: noi non li conosciamo, noi per lo più assumiamo desideri che neanche sono nostri, prendiamo desideri che sono in giro.
Tu prendi una cosa che crea piacere in un altro e allora lo vuoi tu, perché vuoi quel piacere che hai visto ma i desideri tuoi, quelli veramente profondi, quelli che ti dicono chi sei tu, li conosci?
Sei sicuro che li conosci?
E allora perché fai tutte quelle stupidaggini, perché non combatti, perché non ti converti perché non rinunci a niente, perché non ti riconcili.
Sei sicuro che non le vuoi queste cose?
Io sono sicuro di un’altra cosa che noi siamo creati per le cose buone, siamo creati per amare.
Allora se non ami è solo perché non lo sai che è veramente quello che vuoi.
Questo è il problema della gola che ti impedisce di ascoltare i tuoi veri desideri!
Ed è un dramma, perché guarda non c’è nessuna battaglia che tu puoi affrontare se non la desideri, è tutto qui.
Tu puoi affrontare qualsiasi cosa con Cristo ma lo devi desiderare.
E la cosa più importante che devi affrontare sai qual è? È la tua vita, che è la battaglia più dura di tutte perché la vita nostra è molto difficile, è drammatica. Perché è una vita che attraversa la sofferenza, l’incognita, la paura dove Dio tante volte non sai cosa ti sta dicendo.
Dove ti risveglierai, domani non sai come sarà, e come l’affronti questa cosa ?
La puoi affrontare con la gola cioè rimanendo sempre fuori dal tuo cuore, oppure la puoi affrontare conoscendo i tuoi veri desideri e allora lì si compie il miracolo che si chiama conversione.
Cioè che scopri che sei salvato, che sei bello, che sei dignitoso, che la vita che ti hanno dato è per la tua felicità.
Però veramente la prima cosa che devi passare è la battaglia per la gola, per questo i padri dicevano che è l’ingresso delle passioni perché capisci che il demonio ti separa dal cuore, ha già vinto, non deve fare niente altro.
Conosco persone che hanno vite intense, di successo, ma non hanno trovato se stessi.
Avevo tanti progetti nella mia vita , sono scappato per tanti anni.
Sono entrato in seminario a 32 anni, ma non è che a 32 anni mi è venuta la vocazione come un fungo, cioè Dio era tanto tempo che mi chiamava e io non lo ascoltavo perché avevo paura di dover provare la sofferenza di questa vocazione, non lo so, di dover rinunciare ai miei progetti .
E la cosa più drammatica era che io non capivo che quello non era il desiderio di Dio, l’essere sacerdote, ma era il mio desiderio.
Non capivo, che il desiderio mio e di Dio erano la stessa cosa perché il mio cuore era tutto nella gola.
Aveva ragione il mio padre spirituale che mi ha detto che questa catechesi mi avrebbe fatto bene perché mi ha costretto a guardare alla realtà della mia vita, e cioè che sono un goloso, uno che non vuole soffrire mai e per questo sta spesso lontano dal proprio cuore.
Allora, detto questo, come si fa la battaglia con la gola?
Beh capite che se il problema è mangiare la battaglia con la gola inizia con un digiuno, che era forse la cosa che non volevate sentirvi dire, però questo digiuno è la cosa più bella, perché c’entra molto poco col cibo, c’entra sempre e di nuovo col nostro cuore.
Nel purgatorio di Dante c’è una collocazione bellissima per i golosi. Sapete che il purgatorio è il luogo della purificazione quindi queste pene che vengono date servono per purificare, a permettere a queste persone di tornare a Dio
I golosi stanno all’interno di questa cornice dove se non sbaglio sono legati magri magri, non possono mangiare niente, e accanto a loro di fronte a loro ci sono 2 alberi pieni di frutti profumati, e invianti golosi e belli (no golosi no!) e loro sentono questo profumo e hanno questo desiderio di mangiare e non possono farlo.
Vista così sembra una tortura, una cosa terribile e invece no, è un atto d’amore profondissimo perché quei golosi che stanno lì stanno riacquistando qualcosa che il demonio gli aveva strappato; questi frutti su questi alberi in questo giardino sono l’immagine dell’Eden, del vero desiderio di questi uomini, perché in me e in te un desiderio veramente nostro c’è, è il desiderio di Dio.
Anzi è più profondo ancora, è il desiderio che Dio parli con noi.
Guarda alla fine, gira che ti rigira, il desiderio più profondo che c’è nell’uomo è che ci sia una risposta profonda alla solitudine della sua vita, e che questa risposta venga da Dio.
La vera fame dell’uomo è che Dio parli con lui. Dio t’ha messo dentro una fame che è buona, che è splendida, che è necessaria, che è la fame della sua Parola.
Cristo, nel deserto, la prima tentazione che affronta è la tentazione del corpo, del pane, della fame.
Il demonio dice: Hai fame?
Allora dì che queste pietre diventino pane.
No, risponde Cristo, perché “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”
Entrando in questo comandamento, fa un servizio a tutta l’umanità, cioè le rivela la verità del proprio cuore, quello che vogliamo io e te è che Dio ci parli.
E’ sapere che noi siamo così importanti nonostante la solitudine che sentiamo, nonostante i giudizi contro noi stessi, nonostante il disprezzo con cui guardi e racchiudi la tua vita, che tu sei così importante che Dio, il creatore del cielo e della terra, vuole parlare con te, non per pietà, ma perché ha desiderio di stare con te.
Questa è la fame, e in questa fame, in questa vera fame, ci si entra, la si riscopre soltanto col digiuno. Perché vedete, il corpo sta sopra lo spirito, e c’ha un peso, e finché tu il corpo lo nutri, lo spirito è schiacciato. Il corpo ha paura di quella sofferenza che potrebbe trovare.
E allora c’è bisogno di fare una cosa: devi levare il cibo all’uno e lo devi dare all’altro, devi smettere di dare cibo al corpo e devi iniziare a dare cibo allo spirito.
Sapete quale è il cibo dello spirito?
E’ la sofferenza.
Oddio…. ma che, veramente?
Ma che sei uno di quei preti che se frusta?
De quelli che odiano le cose buone?
Ma guardate che c’è una sofferenza che è buonissima, c’è una sofferenza che è buona.
C’è una sofferenza che tu desideri, si chiama amore. O tu pensi forse che puoi amare senza soffrire?
Ti sei raccontato sta storiella fino ad oggi?
Non è così.
Non esiste in questa vita amore senza sofferenza. Per amare, necessariamente devi soffrire, perché per amare, il livello minimo dell’amore, è che metti un altro prima di te, che è già una sofferenza.
Ma quella sofferenza è bella, è bellissima, è il nutrimento dello spirito. E quello spirito, quando è nutrito, ti fa scoprire la tua vera fame.
Come questi uomini nel Purgatorio, che non possono mangiare, ma piano piano in sé ritrovano il gusto di quello che vogliono veramente: tornare a Dio.
Io una volta sono stato innamorato di una ragazza, in realtà stato innamorato di tante ragazze, però di questa so’ stato innamorato proprio serio. Siamo stati fidanzati quattro anni, ci volevamo sposare… è stata una cosa molto seria, molto bella. Ma quando però io mi sono scoperto innamorato di questa ragazza, lei era fidanzata, e io capivo che, non era manco un fidanzamento molto stabile il suo, ma io di entrare a gamba tesa su sta cosa non me la sentivo, un po’ ero pauroso di mio, che ne so, però non mi sembrava una cosa da fare.
E allora c’era un sacerdote con cui parlavo e gli chiedevo di aiutarmi in questo. Mi ricordo una volta: stavamo forse a Villa Pamphili, non mi ricordo, eravamo andati a correre, e lui mi disse sta cosa, mi disse: ”Ma tu la ami sta ragazza?” ”Si”
”Allora sei disposto a soffrire per lei?” Si”
“E allora aspetta”
Vi dico un cosa quella sofferenza è stata un digiuno e quel digiuno mi ha permesso di amarla poi per quei quattro anni. Come tanti altri digiuni mi hanno permesso di entrare nel seminari e nel presbiterato, di stare qui oggi davanti a voi. Se non entri nel digiuno il desiderio vero del tuo cuore non lo scopri, e se non lo scopri non combatte.
Capite questo è un dono che ci viene fatto nella carne. La carne nostra è il luogo dove posiamo incontrare Cristo e i nostri desideri.
Vi dico di più. E’ bello digiunare perché il primo digiuno lo devi fare dal peccato!
E quando inizi a digiunare un pochino dal peccato poi stai bene e sei contento.
Quella frase che si dice in Quaresima, che si prende dal Vangelo e che si usa per spiegare il digiuno durante la Quaresima, “quando digiuni profumati il capo”
E certo che ti devi profumare il capo! Perché quando digiuni ritrovi te stesso e scopri che Gesù Cristo ti viene incontro nel tuo cuore. Lo Sposo si presenta alla porta del tuo cuore, e bussa alla tua porta!
E che tu non vuoi stare con il capo profumato con lo Sposo che ti cerca, che ti abbraccia, che ti dice i suoi segreti, che ti dà i suoi baci?
Guardate che i baci di Cristo sono belli, sono tanto belli !
E te li dà se tu glieli chiedi, ma devi entrare in un digiuno, perché devi ricongiungerti al tuo cuore.
Il primo che ha digiunato è stato Cristo: l’ha fatto per me e per te.
Sapete per i greci tre cose non potevano appartenere a Dio: il tempo, la libertà e la carne.
Il tempo perché le cose che stanno nel tempo cambiano, tu te lo immagini se Dio cambiasse idea…sarebbe un vero macello e Dio doveva essere stabile, il motore immobile.
La libertà, non era vista come una cosa buona, più o meno per lo stesso motivo: se sei libero puoi cambiare opinione, se sei libero puoi sbagliare e Dio non può sbagliare.
E poi la carne: la carne non poteva appartenere a Dio perché faceva schifo, perché nella carne ti ammali, nella carne muori, nella carne soffri.
Il tempo, la libertà e la carne: Cristo li ha presi tutti e tre!
Ha preso il tempo perché è nato, è cresciuto ed è morto.
Ha preso la libertà perché sulla croce ci è andato libero e ti ha amato perché ti voleva amare.
Ha preso la carne che era la tua realtà, per stare sempre vicino a te.
Il primo digiuno l’ha fatto Cristo: ha digiunato dall’impassibilità della divinità, per trovare, per rivelarci il vero desiderio di Dio, perché Dio c’ha un vero desiderio nel suo cuore e quel suo desiderio sei tu!
Allora questa è la grazia da chiedere stasera adesso davanti al Santissimo.
Che Dio ci dia il coraggio di entrare in questo combattimento, di entrare nel digiuno, di desiderare il digiuno santo, la sofferenza che nutre il nostro spirito.
l digiuno che ridona al nostro cuore i nostri veri desideri, perché con quei veri desideri possiamo andare incontro a Lui, che ha questo unico stesso nostro desiderio: stare con noi, perché noi siamo il suo amore, come Lui è il nostro, la nostra vera speranza.
A Lui l’onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen
February 19, 2023
Gratia! Un Passo tutto sulla gratitudine
Quando è dovuto non scalda il cuore.
Quando è retorico infastidisce.
Quando è sincero a volte non esce dalle labbra e lo leggi solo negli occhi.
Quando è stitico è perché chi lo dice ha paura di indebolirsi.
Quando è seriale è come non dirlo.
Quando è raro è prezioso.
Parliamo del “Grazie!”.
Il prossimo dei Cinque Passi intitolato Gratia esplorerà a 360° l’universo della gratitudine.
Il lavoro di studio e di preparazione per questo Passo è stato intenso e sorprendente e forte è, quindi, il desiderio di condividere con tutti voi le conclusioni.
Vi aspettiamo tutti in carne ed ossa Sabato 25 Febbraio alle 16.00 qui alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella), per chi fosse impossibilitato il Passo sarà trasmesso in streaming a questo link.
A presto
padre Maurizio
I “Cinque passi al Mistero”, sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dieci anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma
Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa, offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti.
Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone.
Il metodo è sempre lo stesso: una introduzione di mezz’ora esatta, a cui seguono le domande.
Si rinnova così una tradizione nata fin dal XVII secolo. I discepoli di San Filippo Neri, infatti, si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.
Gli incontri sono basati sul dialogo, e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire.
S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.
Si cerca sempre di usare la ragione come strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede.
La Fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.
February 17, 2023
Non è il soffitto di cristallo
di Costanza Miriano
Titola così Dagospia, concludendo però la notizia con una domanda sbagliata, o almeno con una illazione del tutto arbitraria. Perché una donna che lascia il lavoro all’apice della carriera dovrebbe farlo perché “non regge la pressione”? Come spiega la Wojcicki, che è stata ai vertici di Google ed è dal 2014 a Youtube, quindi all’apice che più apice non si può al mondo, semplicemente vuole “iniziare un nuovo capitolo incentrato sulla mia famiglia, sulla salute e sui progetti personali che mi appassionano”. Cioè non sta rinunciando, dimessa e stremata, non si sta arrendendo con la coda fra le gambe. Si sta andando a prendere la parte migliore della vita.
La verità è che, ancora una volta tocca ribadire l’ovvio, uomini e donne sono diversi. Un uomo può anche essere totalmente (o quasi) assorbito dal proprio lavoro, trovare lì tutte le gratificazioni, ed essere anche capace di tenere fuori la vita personale, di darle lo spazio che avanza senza soffrire. Un uomo può lavorare dalla mattina alla sera per anni, e, probabilmente se ha il potere e i soldi, trovarlo anche gratificante. Poi ci sono anche uomini che amano molto il loro lavoro al di là delle gratificazioni, lo amano per la sua stessa natura (artigiani, ma anche studiosi, o semplicemente uomini che fanno bene quello che fanno e trovano lì tutta la loro identità).
Una donna no. Non è questione di discriminazione, non è il soffitto di cristallo. È che il mondo del lavoro continua ad avere tempi, regole, modalità maschili, cioè adattabili a una mente monotematica, non alla complessità femminile che ha bisogno di relazioni non come “contorno” ma come piatto forte della propria vita: non vorrei fare battute cretine sul mononeurone, ma è vero che l’uomo riesce a pensare solo al suo obiettivo, e a escludere dal mirino tutto il resto, senza soffrirne.
Una donna no. Una madre che lavora, per esempio, è sempre madre anche quando è al lavoro, e la sua testa è sui due fronti (almeno due) insieme. Ciò non significa che non funzioni altrettanto bene, e le carriere delle suddette donne lo dimostrano, così come quelle di moltissime altre donne al top. E non è che noi donne vogliamo di meno, che siamo meno ambiziose, è che lo siamo di più. Vogliamo che la nostra vita sia piena, armoniosa, feconda, e questo vale anche per le donne che per qualsiasi motivo, scelto o no, non sono diventate madri. La donna dà comunque la vita, fiorisce in una serie di relazioni che vanno custodite, che hanno bisogno di tempo ed energie.
Adesso se una femminista passasse di qua mi direbbe che è colpa del fatto che il lavoro di cura ricade principalmente sulle donne, per colpa degli uomini cattivi e maschilisti. Io credo invece che a noi il lavoro di cura piaccia. Non credo che la supertopmanager di Google e Youtube abbia lasciato il suo lavoro perché il marito non passa lo straccio a terra. Penso che possa pagare uno stuolo, un esercito di persone che svolgano mansioni noiose e poco gratificanti al posto suo. La verità è che vuole occuparsi della famiglia, dice, e vuole farlo lei, non pagare qualcuno che si prenda le cose belle della sua vita al posto suo.
Possibile che non si riesca mai a introdurre questo elemento nel dibattito sul lavoro femminile in Italia? Possibile che si finisca sempre e solo per parlare di quote rosa, asili nido aziendali, congedi parentali per i padri. Possibile che nessuno metta mai a tema il problema delle donne che vogliono sì lavorare, ma con ritmi e modi femminili? E di quelle che invece non vorrebbero lavorare, almeno negli anni in cui i bambini sono piccoli? Possibile che in molti paesi europei gli assegni familiari permettano la libertà di scegliere quanto tempo dedicare all’infanzia dei propri figli, mentre qui in Italia sono addirittura diminuiti gli importi degli assegni, con l’ultima riforma? Possibile che l’unica libertà tutelata debba essere quella di tornare al lavoro prima possibile, e mai quella di rimanere a casa più a lungo, senza dover mangiare alla mensa dei poveri? Possibile che l’unica volta che figli e lavoro vengono accostati nella stessa frase, è per dire che le donne che hanno avuto figli potrebbero andare in pensione 4 mesi prima per ciascun figlio? Quando tutte le statistiche dicono che le donne invecchiano meno e muoiono più tardi, che senso ha? Perché quei 4 mesi non me li avete dati quando ne avevo disperato bisogno, quando mio figlio prendeva solo il mio latte, e io dovevo lasciarlo 8 ore al giorno (con il tragitto), facendo una violenza mostruosa su di me e su di lui? Che senso ha? Chi pensa al lavoro femminile evidentemente o non ha avuto figli, o accecata dall’ideologia ha deciso che per un lattante la madre e una maestra di asilo sono intercambiabili, che manco alla cagna appena diventata mamma viene fatta una violenza del genere? Perché gli imprevisti familiari, un figlio malato, uno sciopero dei mezzi, quattro megainterrogazioni il giorno dopo, amici a dormire, insomma tutte le variabili infinite di una vita familiare non possono mai essere contemplate con elasticità (tipo oggi scappo un po’ prima, sfamo dieci ragazzi e di notte mando tutte le mail arretrate), neppure nelle fortunate professioni che lo consentirebbero? Perché devo ancora sentire di amiche che escono dall’ufficio alle sette di sera sentendosi in colpa perché se ne vanno presto, guardate con superiorità dai colleghi maschi, che magari hanno cazzeggiato metà giornata ma rimangono alla scrivania perché altrimenti non dimostrano fedeltà alla causa? Quando vorremo tutelare anche le donne che sono costrette a lavorare con mansioni poco qualificate e stipendi bassi, e sarebbero molto ma molto più contente di stare a casa (chissà quanti mesi di stipendio ci vogliono per comprare la stola “pensati libera”), dando aiuti davvero significativi come in Francia e in Inghilterra a chi fa figli?
Quando vogliamo aprire il faldone “lavoro femminile” nel modo giusto, dove femminile sia davvero qualificativo, come aggettivo, e non un’appendice a un mondo fatto di maschi per i maschi?
February 16, 2023
La Confessione, esce il libro con le catechesi del Monastero Wi-Fi
L’ultimo libro pubblicato dal Timone raccoglie le le catechesi del “Quarto Capitolo del Monastero Wi-Fi” che si è svolto a Roma nel settembre del 2022. Il viaggio inizia con l’oratoriano padre Maurizio Botta, prosegue con padre Serafino Tognetti della Comunità dei Figli di Dio, poi ancora don Alessio Geretti, della Diocesi di Udine, don Giulio Maspero, dell’Opus Dei. Il libro contiene l’omelia della Messa presieduta dal cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, poi ci sono gli interventi di don Vincent Nagle, missionario della Fraternità San Carlo, don Luigi Maria Epicoco, della Diocesi dell’Aquila, don Massimo Vacchetti, vicario per la Pastorale dello sport, turismo e tempo libero della Diocesi di Bologna e infine don Francesco Buono della Diocesi di Perugia.
Pubblichiamo un estratto della prefazione
di Costanza Miriano
«La confessione è la bomba atomica, e noi la usiamo come fosse una miccetta. Una scocciatura anche piuttosto imbarazzante, da toglierci di torno quando proprio non se ne può fare a meno. E parlo dei più volenterosi (la maggior parte neanche la usa più tanto).
E invece.
La prima cosa che fa Gesù da risorto, ma proprio la prima, è andare da quei pescatori ignoranti e impauriti, quelli che non avevano capito molto di Lui, si erano addormentati nel mezzo della passione e lo avevano tradito, per dare loro lo Spirito. Questo li trasformerà in uomini capaci di cambiare per sempre la storia dell’umanità, fondando la Chiesa. E che cosa dice soffiando lo Spirito? Non: «andate e spaccate tutto, vincete, trionfate». Dice: «a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». La prima cosa che fa Gesù dopo avere vinto la morte.
Ho l’impressione che noi, almeno di certo io, la portata di questa cosa mica l’abbiamo capita tanto bene. Dio può cambiare il passato. Può cancellare i peccati. Può strappare l’uomo dalla morte e dargli la vita eterna. È una cosa che ti si incrocia il cervello a pensarci, è una cosa da non crederci, infattiquando nel Vangelo Gesù dice che può farlo, tutti si scandalizzano. «Il passato è passato, nessuno ci può fare niente, neanche uno che dice di essere figlio di Dio». Allora Gesù per convincerli fa alzare in un attimo un paralitico dal suo lettuccio.
La confessione è un miracolo più grande di un paralizzato che cammina per la prima volta, ci guarisce dalle paralisi interiori, salva la vita. La passione e la morte di Gesù curano il nostro lato oscuro, la nostra natura arcaica, animale, e ci trasformano gradualmente, inserendoci nella vita di Dio. Ma non come una psicoterapia (no, non stiamo andando dallo psicologo, benché a volte siamo tentati di “usare” così il malcapitato sacerdote): stiamo andando a consegnare il nostro male a Dio, e quando glielo consegniamo diventa affar suo. Lui ci difende, perché noi lo chiamiamo in causa nel nostro combattimento. Quando Dio si schiera al nostro fianco – e lo fa solo se siamo noi a chiederlo, perché considera sacra la nostra libertà – allora possiamo andare a testa alta, da figli del Re, certi del suo perdono, che è costato il sangue di Cristo: non ascoltiamo la voce del nemico che continua ad accusarci, quel peccato non c’è più! Cerchiamo allora di consegnarli tutti, i peccati, di essere più precisi possibile, perché la diagnosi del male sia accurata e il chirurgo, Gesù, possa intervenire fino negli angoli più nascosti. […]
Quando si fa un’opera buona, Dio ci regala lo Spirito Santo, allora comincia ad andarci bene tutto, non desideriamo niente e siamo felici. Dopo una confessione seria, è così. Ma poi lo cacciamo, lo Spirito, con le maldicenze e i giudizi, con il farci gli affari nostri.
La vita è un tempo per lavorare sul nostro Mister Hyde, sulla parte animale, finché ne abbiamo le forze, prima di diventare vecchi e morire: ci si può convertire anche all’ultimo, ma quanto è più bello avere vissuto secondo lo Spirito! Noi, seguendo la carne, pensiamo di essere più felici, e invece il mondo permette tutto ma non perdona nulla, e i conti si pagano. Al contrario Dio non vorrebbe permetterci di andare a sbattere con il male, nella vita, ma poi perdona tutto.
[…] Non aggiungo altro perché quelle che seguono sono catechesi preziose e molto più importanti delle mie parole. Voglio solo dire che abbiamo chiamato a parlare a san Pietro, sulla tomba del primo di quegli apostoli chiamati da Gesù a rimettere i peccati, sacerdoti appartenenti a tante spiritualità della nostra ricchissima Chiesa, che è un coro di voci molto diverse e una più bella dell’altra: preti diocesani, religiosi, di curia, monaci, preti del Cammino Neocatecumenale, di CL, dell’Opus Dei, e il penitenziere maggiore di tutta la Chiesa mondiale, cioè cattolica. Credo che abbiamo tra le mani un vero gioiello prezioso, e sono grata al direttore del Timone per averlo voluto mettere su carta, a tutti i sacerdoti che hanno acconsentito alla pubblicazione, a tutti voi che lo leggerete, e magari lo farete leggere a una persona cara, certi che gli state regalando qualcosa che può cambiargli seriamente la vita».
February 14, 2023
Un popolo di cercatori di Dio
di Costanza Miriano
Nonostante le statistiche desolanti io ne sono certa, c’è in Italia un popolo di cercatori di Dio, non so quanto numeroso ma sicuramente molto vivo. Un popolo che cammina seriamente, dal cuore della Sicilia alle rive del lago d’Iseo, dalle pendici del Gran Sasso, in parrocchie di montagna, al reticolo dei vicoli genovesi. Ne incontro una piccola parte da ormai oltre dieci anni – io come tanti altri che hanno amici, relazioni, occasioni di conoscere – e il pensiero della comunione di intenti e di linguaggio con questo popolo, la comunione dei santi, mi rincuora quando invece leggendo e ascoltando i media sembra che venga raccontato un mondo lontanissimo dal mio.
Pensavo a loro leggendo il percorso che propone il Cardinal Sarah nel libro Il catechismo della via spirituale, edito da Cantagalli: sarebbe bello se facessimo insieme in questa Quaresima un percorso, un cammino comune, per rimettere a punto, rinsaldare i fondamenti della fede. Il catechismo della via spirituale prende come traccia i sette sacramenti, alla luce della Parola di Dio, e lungo questi propone una via. “Il cammino di liberazione raccontato dal Libro dell’Esodo – scrive Sarah – prefigura il cammino interiore che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella propria vita. Dio, infatti, si prende tutto il tempo necessario per conquistare il nostro cuore e prepararlo alla Nuova Alleanza con Lui. Tale itinerario è quello proposto dai sette sacramenti: battesimo, confermazione, matrimonio, sacerdozio, penitenza o confessione, Eucaristia e unzione degli infermi. Vivere i sacramenti nel loro significato profondo e nella fede nella potenza rigeneratrice di Dio significa accettare che Dio stesso ci riconduca nel deserto per farci attraversare di nuovo il Mar Rosso e per rinnovare l’Alleanza con Lui.
Vi propongo di percorrere insieme questo cammino, con la Bibbia tra le mani, implorando il Signore di donarci un cuore capace di ascoltare e discernere il bene dal male (cfr. 1 Re 3,9), illuminati e guidati dalla luce della fede. La fede è la roccia sulla quale l’uomo costruisce ciò che ha di più intimo nella propria vita: il suo rapporto con Dio.
Ho pensato che l’eclissi di Dio nelle nostre società postmoderne, la crisi dei valori umani e morali fondamentali e le sue ripercussioni anche all’interno della Chiesa, nella quale si constata la confusione sulla verità divinamente rivelata, la perdita del significato autentico della liturgia e l’offuscamento dell’identità del sacerdote, chiedesse con forza che fosse proposto a tutti i fedeli un vero catechismo della vita spirituale. Il titolo, però, non deve trarre in inganno: non ho cercato di scrivere un riassunto della fede cristiana. Abbiamo già a disposizione il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio, due strumenti insostituibili per l’insegnamento e lo studio dell’intera dottrina rivelata da Cristo e predicata dalla Chiesa. Questo libro è un catechismo della vita interiore. Intende indicare gli strumenti principali per penetrare nella vita spirituale; possiede un intento pratico, non accademico”.
Il percorso che ho appena intravisto – sarà il mio cammino quaresimale, almeno così vorrei – è ricco e semplice allo stesso tempo, e mi pare che questo libro sia davvero un aiuto prezioso, un manuale da leggere e rileggere, fino a farlo diventare parte di noi.
February 1, 2023
I sette peccati capitali e il peccato dell’invidia #monasteroWiFi Roma

Monastero Wi-Fi
Roma, 9 gennaio 2023 – Battistero di S.Giovanni in Laterano
Catechesi sul peccato dell’INVIDIA di don Paolo Mancini
Benvenuti a questo incontro.
Ringrazio la dott.ssa Miriano che mi ha invitato a parlare di uno di quei peccati molto particolari che è quello dell’invidia.
Questa mattina a pranzo, quando stavo con gli altri sacerdoti, ho fatto presente una cosa: io, non so voi, ma in questi tanti anni di sacerdozio raramente mi è capitato qualcuno che si è confessato dicendo “sono invidioso”.
Della lussuria, dell’ira, metteteci tutta la lista dei peccati, tutti, ma dell’invidia no.
Perché questo?
E difatti anche gli altri sacerdoti dicevano la stessa cosa: pure a me raramente qualcuno si è confessato dicendo “sono invidioso”.
Come mai questo?
Io ho una mia idea, poi ve la dirò in seguito, perché l’invidia è veramente qualcosa che ti prende alla radice. Viene dal latino “invidere”, guardare contro, guardare con ostilità.
E che vuol dire questo?
Che non riesci a rivolgere il tuo sguardo in modo sereno nei confronti degli altri. Gli altri possono essere colui che lavora con te, o il vicino di casa o colui che fa sport con te. Casomai, perché no, anche i tuoi genitori, tuo fratello, tua sorella: li guardi ma non riesci ad essere sereno. Perché è come se loro si fossero attribuiti qualcosa che tu pensi sia stato tolto a te.
Fatto sta che, se ci pensate, molte volte quando abbiamo quest’invidia che non confessiamo, la presentiamo come giustizia.
“Vedi gli è andata male questa cosa… “
“Gli sta bene, così impara!”
“Ha tolto a me il posto che era mio, adesso gli è andata male, sono contento!”
Cominci a gioire del male degli altri ma questo ai nostri occhi sempre appare come giustizia e non come invidia.
State bene attenti!
Ed è per questo che è molto pericoloso, perché il male è molto astuto. Quando si insinua nel cuore dell’uomo non vuole che tu lo porti allo scoperto. Lui sta lì.
Sono quelli che il Papa ha chiamato: i demoni educati.
Durante l’incontro con la curia è stato molto interessante. Ha commentato il brano di un uomo che ha un demone di cui riesce a liberarsi e quindi la sua anima è tutta pulita. Il demone torna, trova tutta la casa pulita allora chiama altri sette demoni, ma questa volta non entrano in maniera violenta ma in maniera molto educata. Stanno lì pronti ad uscire al momento più opportuno.
Come fai a capire che sono presenti questi demoni dentro di te?
Per la mancanza di pace e di serenità. Non riesci ad essere tranquillo e non sai neanche perché.
L’invidia è legata a doppio filo con l’autostima.
Perché ci costringe ad un continuo confronto tra noi e gli altri, o -meglio- tra ciò che non va nella nostra vita e l’immagine distorta e superficiale che abbiamo della vita altrui.
“Vedi com’è felice! Lui ha quello che mi piacerebbe avere!” .
E forse tu non sai che quella persona non è così pienamente felice…
Io mi ricordo…
Anzi! Scusatemi non mi sono presentato: io sono Don Paolo Mancini, sono Parroco alla Natività, qui dietro.
Nel passato sono stato parroco in altre parrocchie e mi ricordo come le persone, soprattutto che avevano un certo ruolo nella società, dovevano apparire sempre contente e serene ma quando si confessavano tiravano fuori una tristezza ed un dolore che voi neanche immaginate. E dentro di me pensavo: “Ma queste sono le persone che tutti gli altri invidiano!“
E non si sono resi conto che questa invidia non riesce a dare possibilità alle persone che la vivono di essere serene.
E –state ben attenti che per invidia si può anche uccidere.
Sentite qui: “A Casarano, in provincia di Lecce, un ragazzo ventenne -Antonio De Marco- uccise a coltellate due pacifiche persone -Eleonora Manta e Daniele De Sanctis- che lo avevano avuto in casa come inquilino. Antonio non è un drogato, non è incapace di intendere e di volere. Non ha perso la testa in uno scatto di rabbia e non aveva nulla di cui vendicarsi. Era solo invidioso della felicità di due persone conosciute attraverso la convivenza.”
E guardate che c’è stato anche un altro fatto di cronaca molto simile ultimamente.
Fatti di cronaca con persone che uccidono perché vedono un altro felice e non possono sopportare la felicità dell’altro.
Allora quando capita questo, sappiate vedere bene nel vostro cuore!
Guardate, io durante l’anno spesso vado a fare degli esercizi spirituali di una settimana, e il dono più grande che il Signore mi dà, alla fine della settimana, è di far emergere dal mio cuore un peccato di cui neanche mi ero reso conto.
“Paolo, guarda che tu ti sei comportato così perché tu sei invidioso di quell’altro sacerdote. Paolo, guarda, tu sei così teso perché hai paura di perdere la stima di quelle persone.”
Questo è il dono grandissimo che vi invito a chiedere già da questa sera allo Spirito Santo: che possa far uscire fuori dal vostro cuore quello che veramente c’è.
Non abbiate paura!
Il Signore veramente ha tolto ogni tipo di peccato e la Sua nascita è veramente una Buona Notizia!
La cosa subdola dell’invidia è che non è limitata a cose importanti come un lavoro sicuro o un’ottima salute né a cose di lungo termine. No no. Possiamo essere invidiosi di cose minuscole, temporanee, come quando il bambino ruba il giocattolo, la matita al suo vicino di banco perché è invidioso.
“Questo lo voglio avere io!” e allora sono pronto a fare qualsiasi cosa per poterlo avere. Esce fuori in qualche maniera.
E allora sono andato a vedere nella Parola di Dio che cosa ci dice riguardante l’invidia.
E cominciamo con il peccato originale. Tutti quanti lo conosciamo ma la domanda che ci dobbiamo porre è: perché il Male ha tentato Adamo ed Eva?
Se prendiamo il salmo 8, cosa dice ad un certo punto: “ O Signore nostro Dio, quanto è mirabile il Tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza”. E al versetto 5: “Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? “.
Alcuni commentari dicono che questa frase e questo salmo siano detti dagli angeli a Dio.
Allora questo fa nascere, da parte degli angeli un’invidia nei confronti dell’uomo
“Ma perché tu ti curi dell’uomo, e sei così preoccupato di questo essere? “
fino a portarli ad allontanarsi da Dio, perché sono invidiosi .
E che cosa comporta questo peccato originale?
Non so se ci avete mai fatto caso, perché questo ci aiuta a capire anche quali sono i frutti dell’invidia.
Il Signore Dio disse al serpente, siamo a Genesi 3 versetto 14: “Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame, tra tutti gli animali selvatici; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.”
Questo brano lo sappiamo a memoria ma dice una cosa importante; avete mai notato che in alcuni affreschi il diavolo non viene rappresentato come un serpente, ma viene rappresentato con braccia e gambe?
Con il peccato originale il demonio perde questa possibilità di stare in piedi.
Per la chiesa ortodossa, avete notato se entrate in una chiesa ortodossa, non ci sono i banchi, non ci si può inginocchiare perché l’uomo risorto deve stare in piedi. Bene, “tu sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai”.
Il male ha perso la possibilità di ergersi dritto come una persona risorta, e dovrà strisciare.
E, se voi ci pensate, ogni persona che cade nel peccato dell’invidia, è come se perdesse la propria dignità personale.
Perché perdi quella che è la tua immagine dentro di te.
Chi è veramente la tua immagine, qual è questa tua immagine?
Quella di Dio, la stai dimenticando!
Guarda che Dio ti ha fatto per poter essere come Dio, per risorgere con Lui.
Ma noi siamo attenti a quello che ha l’altra persona; e allora ci abbassiamo alle cose materiali, e poi continuiamo…
Se voi ci pensate, quando ci sarà la torre di Babele, allora cosa dice:
“Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome per non disperderci su tutta la terra.”
Perché vogliono fare questa torre?
Per arrivare fino al cielo e prendere il posto di Dio.
E’ bello leggere gli apocrifi, sono molto belli, e c’è l’apocrifo proprio di questo brano, in cui si vede il re che fa costruire la torre che dalla cima della torre prende l’arco e tira le sue frecce al cielo per poter uccidere Dio.
E guardate, questo è qualcosa di molto sapienziale, perché, ci fa vedere come con il peccato originale, noi vogliamo prendere il posto di Dio, lo vogliamo uccidere, così come vogliamo uccidere quelle persone che hanno ciò che noi non abbiamo.
Immaginate quindi questo, pensate al il fatto del peccato, il fatto di potersi allontanare da Dio, ma non solo.
Noi infatti troviamo in Sapienza 2,24 che si dice: “Per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”.
Forse nel progetto di Dio non era prevista la morte, ma non soltanto la morte fisica.
Io penso che qui si intenda più la morte dell’anima.
Quand’è che la morte dell’anima, cioè la possibilità di allontanarsi definitivamente da Dio, può entrare nel cuore dell’uomo?
Quando tu non riesci a vedere i doni che Dio ti ha fatto.
Andando avanti, per esempio, con Matteo 27,1: Pilato sa che Gesù gli era stato consegnato per invidia. Perché? Perché Gesù cominciava ad avere dalla sua parte le folle, perché Lui dava alla Parola di Dio un sapore, una forza particolare che scribi e farisei non riuscivano; loro erano semplicemente dei ripetitori.
Con Gesù quando sentivano la Parola, questa Parola prendeva vita.
Non è la stessa cosa che ci capita anche a noi quando un brano di Vangelo, una Parola della Bibbia che stiamo pregando improvvisamente sembra parlare proprio a me; quante volte mi è capitato di pensare “ma è possibile?”
Questo è stato scritto 2000 anni fa, io ne ho bisogno proprio ora!
E io vi posso assicurare che ogni volta che ho dei problemi li presento davanti al Signore, e il Signore quel giorno mi manda nel breviario, nella Messa, quella Parola di Dio, quel versetto di cui ho bisogno.
Ma se tu invece culli dentro il tuo cuore, rimugini quello che è l‘invidia o qualsiasi altro peccato, tu la Parola di Dio non la senti, non ti parla più!
Tu hai costruito un muro!
Per cui tutte le Parole che il Signore ti manda – il Signore ne manda continuamente a tutti quanti noi le Parole- bene, noi rimaniamo come impermeabili
E anche per le comunità cristiane, se voi andate a vedere in Galati 5, 19-21, quando S.Paolo parla delle opere della carne, fra cui mette ovviamente anche l’invidia, ubriachezze, orge… sapendo che sono opere della carne cioè che non appartengono all’uomo, non sono tue, sta bene attento!
Quando tu sei stato battezzato, ieri abbiamo ricordato il giorno del battesimo di Gesù, ma anche noi dovremmo ricordare il nostro battesimo perché quel giorno ci sono state date tante armi, tu sei stato immerso dentro Dio.
Dio in qualche maniera ha detto di te: questo è il mio figlio amato, ascoltatelo, lui è il mio compiacimento; caro uomo tu non te ne sei reso conto ma tu sei il capolavoro di Dio.
Dio è contentissimo di te.
Quando tu vivi l’invida allora dimentichi che Dio ti ha fatto così come sei, perché Lui aveva bisogno di te per completare la creazione.
Come?
La creazione non è finita il sesto giorno?
No no, la creazione è un continuo.
C’è una continua creazione dove Dio, che cosa fa? crea dei suoi collaboratori per portarla a termine.
Quando noi parliamo di essere a immagine e somiglianza di Dio cosa vuol dire? State bene attenti.
L’immagine di Dio, dicono i Padri della Chiesa, è impressa dentro di noi e quella nessuno potrà mai togliercela. Ma la somiglianza è qualcosa di attivo che costruisce l’uomo attraverso la sua preghiera e le sue opere.
Quindi immagine e somiglianza non sono una ripetizione: l’immagine tu ce l’hai, ma tu sei sempre più somigliante a Dio attraverso le tue opere.
Questo vuol dire che ognuno di noi dovrebbe chiedersi: “In questo momento Gesù come si comporterebbe con me? In questo momento Gesù cosa farebbe?”
In una situazione come questa, Lui che ha toccato con mano per esempio l’invidia di coloro che, addirittura, lo avevano visto crescere…
…a Nazareth non fa i miracoli?!…bene, lo prendiamo e lo buttiamo di sotto!
Vi sembra qualcosa di logico?
Caro Gesù…Caro Dio…noi nel Padre Nostro diciamo “sia fatta la tua volontà” ma Tu non ci prendere sul serio, perché noi vogliamo che Tu faccia la mia volontà!
Questo è quello che succede, fatto sta che, ogni volta che la nostra volontà non si realizza pensiamo: “Che cosa ho fatto di male perché mi è capitato questo?!”
Non hai fatto niente!
“Mi è capitata la malattia”…ma perché solo a te succede sulla terra di avere una malattia? e gli altri?
Cioè, noi vogliamo sempre essere un po’ le vittime dell’umanità, stare al centro dell’attenzione, essere coccolati come se non ci fosse nessuno a pensare a noi.
Guardate che la grande scoperta che io faccio nella mia preghiera è proprio questa: che Dio continuamente pensa a me…e guardate che io come sacerdote ogni giorno mi chiedo: “ma perché fra tante persone hai scelto me?
Sapete che ancora io non ho una risposta sicura a questa domanda?…perché per me è un dono incredibile!…non lo cambierei per nessuna cosa al mondo. Ma io so che non ho fatto delle cose eccezionali per meritarmi questo dono. Conosco i miei peccati, conosco i miei limiti, li conoscono tutti i miei parrocchiani! Basta che sentite i miei parrocchiani: “Dimmi i difetti del tuo parroco”…eh…sì, ma perché li dovrei nascondere?…io so’ fatto così!…e questa è una cosa positiva, pensateci…
Se io apparissi come una persona straordinaria, una persona superiore agli altri che non commette peccati, avrei la tentazione di guardare gli altri dall’alto in basso…invece no…il Signore ha scelto proprio me come sacerdote, proprio perché conosce i miei peccati, perché io possa capire i peccati degli altri…capisco quello che è lo sforzo che vivono gli altri ad essere fedeli al Vangelo, a questa buona notizia.
E guardate che un rischio grande è sennò quello di convivere con il male!
Quando si parla del Vangelo di Marco, solitamente, si parla del primo miracolo, la guarigione della suocera al Capitolo 1°, versetto 30-31…io penso che invece è molto più importante…il primo miracolo lo troviamo al Capitolo 1° del Vangelo di Marco, quello dell’indemoniato…
Gesù entra in una Sinagoga, ecco…immaginate un incontro come questo…comincia a spiegare la Parola e improvvisamente, nella loro Sinagoga, vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro che cominciò a gridare dicendo: “Che vuoi da noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio! E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”
E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.”
Voi immaginate forse questa persona, con tutto il suo demone dentro, chissà quante volte sarà andata in una Sinagoga a pregare, ma mai il male si era manifestato.
Non somiglia molto spesso questo a ciascuno di noi, che entriamo a compromessi col male?
Facciamo le nostre preghiere, le nostre devozioni, andiamo a Messa, ma il Male è nascosto dentro di noi, perché noi abbiamo paura di tirarlo fuori.
Abbiamo paura che questo male, in questa maniera, ci prenda il posto e che allora tutta la gente possa vedere che cosa io sia veramente.
Non a caso, se vi ricordate, dopo che Caino uccise Abele- un altro brano che riguarda l’invidia, no?
Voi sapete perché Caino ha ucciso Abele? Perché le offerte di Abele erano gradite, quelle di Caino no.
Al che uno si chiede: perché? anche qui i testi apocrifi ci aiutano a comprendere questo. Perché, mentre Abele era un pastore, presentava a Dio gli agnelli migliori, Caino, che invece era agricoltore, presentava a Dio le cose peggiori.
Ma perché quando noi preghiamo di corsa, senza avere tempo per Te, Signore, perché io ho tante cose da fare, quindi accontentati di questo, perché questo è quello che ti posso dare, non Gli diamo il tempo peggiore?
Quando vediamo una persona che invece con la preghiera è più serena, in pace, casomai siamo invidiosi, ma questa persona è in pace perché sta dando a Dio il tempo migliore.
Io immagino sempre, vedendo i miei parrocchiani, sapendo i loro problemi, quando questi tornano a casa, e riescono a dire soltanto un “Gloria al Padre…”, penso che forse è più gradita di preghiera, rispetto a me che sto in chiesa e posso pregare continuamente. Perché lui c’ha tutta la giornata di lavoro, ci avrà la famiglia a cui pensare.
Questo peccato dell’invidia perché non lo confessiamo?
Secondo me perché ci trasforma in potenziali omicidi.
Perché nel nostro cuore vorremmo che quella persona che noi invidiamo sia tolta di mezzo. Immaginate soltanto questo, una specie di gioco di fantasia: se Dio ci dicesse: ”Cari uomini, vi dò cinque minuti di tempo in cui potete fare qualsiasi peccato e non vi sarà rinfacciato, non ne sarete accusati”
Eh? Quanti esseri umani rimarrebbero sulla faccia della terra?
” Puoi anche uccidere, io ti dirò che tu non hai commesso omicidio”.
Immaginiamo anche questo, perché nel cuore dell’uomo noi nascondiamo molte volte il male.
E allora vedete, io qui tratto anche un testo dell’Amoris Laetitia, che dice: ”Si rifiuta come contrario all’amore un atteggiamento espresso con il termine di gelosia, invidia. Significa che nell’amore non c’è posto per il provare dispiacere a causa del bene dell’altro. L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci interessa la felicità degli altri, perché siamo esclusivamente concentrati sul nostro benessere”. Questo è Amoris Laetitia al num.95 (23,17)
E questo è vero, perché alla fine l’invidia ti fa capire che tu sei concentrato soltanto su di te.
Qual è invece il modo migliore per vincere l’ansia, lo stress?
Voler passare una giornata pensando “voglio fare del bene a qualcheduno, voglio farlo seriamente, onestamente, mettendo in gioco quello che è il tesoro più grande che noi abbiamo.
Sapete quale è?
Il nostro tempo.
Perché vedete, anche qui, da parroco, se io chiedessi ai miei parrocchiani “Ecco, un’alternativa: o mi date un’ora di tempo alla settimana, oppure mi date 100 €”.
Io penso che potrei andare alle Hawaii, perché “il tempo è mio”!
Mi ricordo, quando facevo servizio al Cottolengo di Torino (un’esperienza bellissima), mi dicevano i fratelli Cottolenghini che c’erano persone che rinunciavano a tutto il mese di ferie, per stare lì a servizio degli ammalati. Ma raramente c’erano delle persone che si volevano consacrare per entrare nel Cottolengo. Perché, caro Dio, io ti do un mese (tantissimo eh, io penso che fossero eroi queste persone), però gli altri 11 mesi sono miei. Pensiamo in questa maniera, cioè: il tempo io lo do pure per gli altri o, invece, penso soltanto a me?
Com’è caratterizzata la mia giornata?
E allora, vedete: come fare, però, per combattere l’invidia?
Prima di tutto, farla uscire allo scoperto, (dopo c’è la possibilità di confessarsi, no?). Comincia a chiedere il dono allo Spirito Santo di fare uscire allo scoperto quali siano veramente i tuoi peccati, non: “ho rubato la caramella, ho detto la parolaccia”
Qual è la radice dei tuoi peccati?
Voi sapete che si parla di esame di coscienza, che dovrebbe essere un po’ la lista dei peccati… Secondo me, è più vero parlare dell’esame della coscienza, cioè analizzare la coscienza per vedere quali siano i sentimenti e gli istinti che guidano le tue azioni.
Quando tu ti svegli la mattina, a che cosa pensi? Quali sono i veri istinti, che tu hai dentro di te e che in qualche maniera forse ti dominano e di cui tu non ti sei reso conto…
Guardate, questo, vi dicevo, è uno dei doni grandi che il Signore fa a chi si mette seriamente in preghiera davanti a Lui.
E vi dico: “Non abbiate paura di chiedere, perché la confessione è veramente una risurrezione, ti fa diventare una persona nuova.”
E una cosa che ho notato, leggendo anche altri eventi di invidia, è che l’invidioso non riesce a ricordare quello che ha ricevuto da parte di Dio.
Una cosa bella, invece, sarebbe ricordare quello che il Signore ha fatto per noi.
Mi ricordavo il brano nel libro del Deuteronomio 8,2 dove ad un certo punto Dio dice: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto”.
Ricordati di tutto quello che il Signore ha fatto per te!
Ma tu ricordi quello che veramente il Signore ha fatto in quell’occasione in cui avevi bisogno d’aiuto ed è arrivata un’energia, una forza, una persona che tu non ti aspettavi e ti è venuta ad aiutare… Tu pensi che sia stato un caso, questo?
Un testo che vi consiglio di prendere è il Salmo 136 o 135, che è tutta la narrazione di quella che è la storia della salvezza di Israele, dove qui, nella nuova traduzione, dice: “Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”.
Vi ricordate? Nella vecchia era: “perché eterna è la sua misericordia”. Perché questo?
Perché ad un certo punto c’è tutta la creazione, poi comincia a dire: “Uccise sovrani potenti, perché il suo amore è per sempre…. Og, re di Basan: perché il suo amore è per sempre. Diede in eredità la loro terra….In eredità a Israele suo servo, perché il suo amore è per sempre”.
E conclude con: “Rendete grazie al Dio del cielo, perché il suo amore è per semp re”.
Vi invito a non finire questo salmo con queste parole, ma continuatelo voi:
Perché mi hai dato la vita,
perché il tuo amore è per sempre.
Perché mi hai dato la fede,
perché il tuo amore è per sempre.
Perché mi hai fatto incontrare oggi la persona giusta di cui avevo bisogno,
perché il tuo amore è per sempre.
Se impareremo a ringraziare e lodare il Signore scopriremo che l’invidia svanirà, perché ci sentiremo talmente pieni dei doni di Dio da non invidiare più nessuno e capire che la nostra vita è un dono, un miracolo.
Grati per il fatto che siamo ancora vivi e abbiamo la possibilità di ascoltare la parola del Signore che ci può far rinascere veramente, “perché il Suo amore è per sempre”.
E se vi ricordate noi al battesimo abbiamo ricevuto l’immersione e abbiamo ricevuto due unzioni che ci hanno dato una missione unica e irripetibile come noi siamo irripetibili.
Soprattutto la seconda, l’unzione con il crisma viene utilizzato al battesimo, alla cresima, all’ordinazione diaconale, sacerdotale, episcopale per indicare una missione.
Qual è la missione che il Signore ti ha affidato?
La puoi trovare dentro casa tua, nel tuo posto di lavoro. Dove?
Che cosa il Signore ti chiede di fare oggi?
Poi la veste bianca che è la veste della vittoria sul male e che ti dice: “Tu puoi vincere il male!”. Il male non ha l’ultima parola nella tua vita.
Ma io sono orgoglioso, superbo.
Ho scoperto di essere invidioso.
Non importa: il male è vinto ed è vinto alla radice.
Bisogna che ci siano le ultime battaglie.
Vuoi combattere per me?
Vi ricordate quando noi eravamo bambini il sacramento della confermazione ci faceva i “soldati di Dio” per combattere.
Era bella come espressione perché in qualche maniera ci ricordava che la vita è un combattimento.
Ma noi avevamo tutte le armi possibili ed immaginabili per poter reagire al male. Perché il male non avesse l’ultima parola nelle nostre vite. Perché quando l’invidia è presente alla porta del cuore tu la possa scacciare.
È quello che dice anche Dio nei confronti di Caino. In Genesi 4, versetto 6:
“Il Signore disse allora a Caino : Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?
Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto?
Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu lo dominerai.”
Quindi Dio non dice a Caino “Purtroppo tu cadrai nel male perché il male è più forte di te!” No!
Gli dice “Il male è accovacciato alla tua porta ma tu lo potrai vincere! Stai attento!
Non ti far vincere dal male perché le armi che ti ho dato sono sufficienti”
Fatto sta che in Efesini 6,10-18, dove San Paolo menziona tutte quelle che sono le armi che Dio ha dato all’uomo, dice: “Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove.
State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito”
È bello questo perché veramente ci fa capire come il Signore non ci lascia mai soli. Dopotutto, cosa è stato anche la solennità del Natale che abbiamo vissuto da poco? Questa solennità che ritorna, ritorna per dirci che tu non sei da solo. Dio si è fatto carne ed è entrato nella tua vita. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare” -dice il testo tradotto in italiano – in mezzo a noi.”
Ma se andate a vedere il testo greco dice “e venne ad abitare dentro di noi”
San Paolo lo dirà, se ve lo ricordate, alla comunità: “Voi siete il tempio dello Spirito Santo”.
Voi immaginate un ebreo che parla del tempio dello Spirito Santo come l’uomo, lui che invece era stato educato come se il tempio era uno solo è che solo lì era presente Dio.
Tu sei il tempio dello Spirito Santo!
Allora capite che noi non dobbiamo essere invidiosi, non dobbiamo guardare gli altri con gli occhi malevoli, ma pregare per gli altri.
Io vi confesso che quando mi capita di avere delle litigate con qualcuno, io prego lo Spirito Santo, prego Maria perché mi aiuti a riconciliarmi con quella persona
E vi posso assicurare che succede sempre.
Se non succede vuol dire che Dio, nel mio cuore, non ha visto il vero desiderio di riconciliarmi con quella persona.
Perché, come vi dicevo all’inizio, ricordatevelo, il male è molto astuto, ci fa vedere l’invidia come una forma di giustizia: è giusto che tu ti comporti così con quella persona, perché quel posto di lavoro era tuo, chissà come mai è andato lui? Chissà che cosa avrà smosso?
No, non ti preoccupare, l’unica cosa che tu non devi perdere è la tua dignità, la capacità di poter dire: “Signore, io sono tuo e ti ringrazio!
Sono belle le ultime parole, le avete ascoltate tutti quanti, citate più volte dai giornali, di Papa Benedetto: “Signore ti amo!”
Guardate che è stato un Papa che ha stupito perché, quando è stato nominato papa, non so se ve lo ricordate…i commenti sono stati:
“Oddio, hanno messo quello del Sant’Uffizio a farci… chissà cosa uscirà fuori!”
La prima enciclica tutti pensavamo qualcosa di teologico, no?
La prima enciclica di Benedetto XVI, ve lo ricordate quale era il titolo? “Deus caritas est”
Tutto il pontificato di papa Benedetto, tutta la sua vita, è stato caratterizzato da Dio come amore. Le sue ultime parole non potevano essere che: “Signore ti amo”, perché ho scoperto quello che tu hai fatto per me!
E guardate che questa è veramente la strada per poter vincere ogni tipo di peccato, soprattutto l’invidia che è il peggiore di tutti. Proprio perché mette le sue radici nel cuore e guardate che con difficoltà riusciamo ad estirpare il male se non lo conosciamo.
E allora veramente il Signore ci dia la Grazia dello Spirito Santo per poter guardare nel nostro cuore e per poter capire che cosa noi possiamo fare per debellare il male, perché noi siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Essere santi per santificare noi stessi e il mondo che ci è stato affidato.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
January 24, 2023
Dentro al mondo con capacità di giudizio
di Costanza Miriano
Nei giorni in cui Papa Benedetto moriva, nei giorni del fiume di gente venuta a salutarlo, e nel giorno del suo funerale, stavo leggendo “La crisi dell’Occidente”, del monaco benedettino Santiago Cantera Montenegro (Cantagalli). L’ho trovata una felice coincidenza. Il libro è una storia del pensiero mondiale, dalla filosofia greca al pensiero contemporaneo, passando per il medioevo, il rinascimento, l’illuminismo: una carrellata, necessariamente semplificata, ma che permette uno sguardo di insieme molto utile soprattutto per i non specialisti (come me che a filosofia ero una pippa, e rimango tenacemente fedele a questo titolo accademico faticosamente conseguito).
Al centro dell’opera il bisogno di evidenziare il contributo dato dal cristianesimo al pensiero, all’edificazione del mondo in tutti i suoi ambiti “Tutto ciò che mancava nella concezione classica greco-romana dell’uomo, è stato fornito, completato e perfezionato dal cristianesimo. Esso ebbe – per esempio – un ruolo fondamentale nella progressiva riduzione della schiavitù durante il passaggio dal mondo tardoantico a quello medievale e nell’adozione di misure volte ad umanizzare ulteriormente la legislazione romana”. Il cristianesimo ha inciso in modo profondissimo e indelebile nella civiltà e cultura mondiale, e questo libro prezioso contribuisce a evidenziarlo, con una rassegna della storia del pensiero. Senza il cristianesimo non si può comprendere l’Europa, e senza l’odio al cristianesimo non se ne può comprendere la crisi. Consigliatissimo, dunque, il libro anche per questa analisi dell’attacco al cristianesimo, oltre che per quella che evidenzia il contributo del pensiero originato dalla riflessione su Cristo. Il pensiero che ha eliminato Dio dall’orizzonte e che ha cercato di arrivare a una visione del mondo che togliesse completamente il trascendentale dalla vista dell’uomo ha prodotto varie aberrazioni, come il transumanesimo, analizzato qui molto bene.
Forse mi convince di meno la parte sul futuro, che però è davvero minima rispetto al resto, che rimane una preziosa analisi da tenere a portata di mano come manuale di aiuto in caso di discussioni: bisogna essere preparati bene, informati e capaci di argomentare (e in caso di mala parata si può sempre direttamente tirare il libro in faccia all’interlocutore). Dicevo che non mi convince tanto la proposta di investire la tradizione cristiana di una mediazione tra culture e tradizioni diverse. Penso che si debba tornare alle radici, ma personalmente più che a livello culturale. Con una nuova serietà. Il che non significa che l’impegno pubblico non sia più necessario. Dove sarà possibile andrà fatto, tutto quello che si potrà dire andrà detto (come ha fatto un intero popolo per esempio nei giorni del Family day).
Però noi sappiamo di essere davvero un piccolo resto. Benedetto XVI ce lo ha lasciato scritto: la Chiesa è sempre più piccola e povera. Siamo sempre meno, siamo vecchi e pochi. Eppure anche per i primi cristiani era così. Imperdibile dunque anche lo stupendo Vivere da cristiani in un mondo non cristiano, L’esempio dei primi secoli, di Leonardo Lugaresi.
I cristiani delle origini hanno realizzato due condizioni, e rimanendo fedeli fino all’eroismo a quelle hanno cambiato la faccia della terra. Innanzitutto sono stati DENTRO al mondo, per essere sale e lievito, che sono parte della pasta, si perdono dentro la pasta e la cambiano. E poi, seconda condizione, hanno conservato sempre una lucida capacità di GIUDIZIO. Questo è chiesto anche a noi. E questo può avvenire solo se stiamo attaccati come cozze al Signore, alla roccia. Davanti a ogni cosa guardare con lo sguardo di Dio. Ogni evento del mondo ma anche ogni nostro pensiero ed emozione.
La parola fede ha la stessa radice di roccia in ebraico. Suona come “roccità”. I primi cristiani si comportavano come se Gesù fosse una persona viva in mezzo a loro. Il fatto è che noi ci crediamo realmente. Non è questione di valori o tradizione. O meglio la tradizione ci conferma, e grazie al deposito ricevuto noi possiamo dire che la Chiesa ci permette l’accesso all’inaccessibile, cioè a Dio, attraverso i sacramenti e attraverso la mediazione dei sacerdoti: quello che ci permette, però, e non dobbiamo mai dimenticarlo, è l’incontro con una persona viva e vera, che parla a me oggi, nella mia vita.
Se saremo attaccati a Dio, dentro la Chiesa – nonostante le sue povertà evidentissime – se saremo innamorati davvero di questa persona viva e vera, allora non avremo bisogno di convincere nessuno. Anzi a me a volte viene da essere un po’ gelosa di Gesù. Non lo vorrei presentare proprio a tutti per timore che non lo apprezzino (ma su questo lui non è d’accordo, lo so). Saranno gli altri a inseguirci, a chiederci quale sia il nostro pusher.
January 23, 2023
Terra Terra. Un passo sulla realtà #cinquepassi
Il prossimo incontro della rassegna Cinque Passi tratterà del tema della realtà. La realtà è raggiungibile? O tutto è sempre soggettivo? La realtà è affidabile? E’ equilibrio sopra la follia o foresta di segni da interpretare? Quale rapporto tra reale e virtuale?
Queste sono solo alcune delle moltissime domande che il prossimo Passo è capace di suscitare.
Vi aspettiamo tutti il 28 Gennaio 2023 alle 16.00 alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella).
Il Passo sarà trasmesso anche in streaming dal canale Youtube della Associazione Oratorium.
Già questa locandina ci pone una domanda: partecipare in streaming è lo stesso di partecipare in carne ed ossa? La presenza fisica può essere sempre saltata? Cosa si perde, rinunciando a qualcosa della esperienza reale nella sua intierezza pur avendone l’opportunità?
Proveremo ad affrontare questo e altri temi. Vi aspettiamo tutti!
January 10, 2023
IL LIBRO CHE CI LEGGE – intervista a Costanza Miriano #TV2000
Intervista a Costanza Miriano a “Finalmente Domenica” su “IL LIBRO CHE CI LEGGE” , dal minuto 26.
leggi anche IL LIBRO CHE CI LEGGE La Bibbia come mappa del tesoro
Il libro è disponibile nelle librerie e online
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