Costanza Miriano's Blog, page 10
March 8, 2024
Via Crucis a San Bonaventura al Palatino #MonasteroWiFi

di Costanza Miriano
Il cuore della nostra fede è la passione e risurrezione di Gesù, ma mentre la risurrezione la celebriamo ogni domenica, la Chiesa propone alla meditazione dei fedeli la passione solo una volta all’anno. Padre Emidio se ne crucciava spesso. Eppure è decisivo capire che la nostra felicità ha radici a forma di croce – una cosa difficilissima da interiorizzare davvero, e che cerchiamo continuamente di rimuovere, inventandoci un dio pagano che ci manda tutte le cose secondo il verso che abbiamo deciso noi, che realizza tutti i nostri desideri (la famosa divinità pagana dei fioretti dell’ultimo minuto che ben conoscono i miei figli, e che invocano soprattutto per i compiti in classe).
Meditare spesso la Via Crucis e una via per somigliare davvero al Gesù vero, non a quello dei santini zuccherosi o dei consigli del parrucchiere. Assomigliare a Gesù ci permette di accogliere la croce non come una sfiga o un errore di programma, ma come un regalo che Dio ci fa per entrare in intimità con Lui. Per questo e molto altro ci tenevamo a organizzare anche una Via Crucis del monastero wi-fi, cioè per chi di solito viene agli incontri del primo lunedì del mese, ma ovviamente apertissima a tutti. E abbiamo la grazia di poterla fare in un luogo unico al mondo.
Grazie all’aiuto di padre Pier Luca Bancale abbiamo organizzato anche quest’anno unaVia Crucis a Roma, 11 marzo 2023 alle 21:00a San Bonaventura al Palatino.Lungo la strada che porta al convento, nel cuore del Palatino, ci sono le 14 stazioni della Via Crucis, i frati del convento ci lasceranno concludere in chiesa (se tra i partecipanti ci fosse un organista disposto a suonare un canto finale ci contatti sposatiesiisottomessa@gmail.com ).
Proprio nel convento di San Bonaventura al Palatino ha studiato, è vissuto ed è morto nel 1751 San Leonardo di Porto Maurizio, il propagatore della Via Crucis così come la conosciamo, si tratta quindi di un tracciato molto particolare.
Al convento si arriva solo a piedi salendo dal Colosseo lungo la via Sacra verso l’Arco di Tito, poco prima dell’Arco sulla sinistra parte via di San Bonaventura (è indicata). Porteremo delle candele che speriamo bastino per tutti , ma per essere sicuri, se l’avete, portatela da casa.
Per arrivare con i mezzi pubblici vanno bene tutte le linee che arrivano al Colosseo, per chi arriva in auto mettete in preventivo una camminata di 10-15 minuti parcheggiando nei pressi di Caracalla (in particolare via di Valle delle Camene), la zona di fronte a San Gregorio al Celio, Circo Massimo o le strade intorno a via Claudia (alle otto di sera non è impossibile).
March 4, 2024
Un solo corpo un solo spirito #monasteroWiFi Roma
February 29, 2024
Jérôme Lejeune e le sfide della Bioetica del nostro secolo
Quest’anno cade l’anniversario dei 30 anni dal dies natalis del professor Jérôme Lejeune, medico genetista, una delle massime autorità mondiali del secolo scorso in campo scientifico per aver scoperto la causa della Sindrome di Down e di altre disabilità dell’intelletto. Amico intimo di San Giovanni Paolo II (che lo nominò primo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita), il professor Lejeune è considerato il padre della genetica moderna, ma non solo: egli è anche uno dei padri della bioetica, poiché mostrò cosa significa spostare lo sguardo dalla malattia al malato, e fu tra i primi a pensare lo stretto rapporto che intercorre tra scienza ed etica.
Lejeune fu definito dal Papa polacco in occasione della sua morte “un grande cristiano del XX secolo (…) un uomo per il quale la difesa della vita è diventata un apostolato”. Eppure, il Prof. Lejeune è passato alla storia soprattutto per due ragioni: per aver scoperto la causa della Sindrome di Down e, non appena la possibilità di diagnosi di quest’ultima si trasformò nella condanna a morte dei bambini con sindrome di Down, per essersi pubblicamente opposto all’aborto. Per questa sua posizione, Lejeune si giocò il Premio Nobel, per il quale era candidato, e insieme il consenso professionale dei suoi pari a livello internazionale.
La ragione della sua opposizione all’aborto è stata dai più ricondotta al fatto che il Prof. Lejeune era un uomo di fede. Un uomo che indossava, come ha ben descritto una sua antica alunna in una recente intervista, il camice bianco e la croce. Ma il medico genetista francese difendeva la vita non (solo) perché era cristiano ma soprattutto perché il dovere e la vocazione del medico è quella di essere un “servitore della vita”, come lui stesso si definiva.
Ebbene, in occasione dell’anniversario della morte di questo grande scienziato del secolo scorso, la Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune organizza quest’anno un grande Congresso internazionale di Bioetica che si svolgerà a Roma il 17 e 18 maggio dal titolo: “Jérôme Lejeune e le sfide della Bioetica nel XXI secolo” (per iscriversi cliccare qui).
Lo scopo di questo Congresso scientifico è quello di analizzare le principali sfide bioetiche contemporanee alla luce del pensiero e dell’eredità di Jérôme Lejeune, di mettere in luce la ricchezza del suo pensiero e di illuminare sulle attuali sfide bioetiche con l’obiettivo di rinnovare l’importanza della conservazione della dignità della persona in ogni circostanza.
Il Congresso vuole inoltre portare a riflettere su base scientifica, etica e razionale, sulle principali sfide attuali della Genetica, della Biotecnologia e della Neuroscienza, applicata alla vita umana e alla salute. In particolare, si tratteranno i temi più scottanti e ancora soggetti a grande confusione come la modifica genetica degli embrioni umani a scopo terapeutico o di miglioramento, la diagnosi prenatale e le tecniche di riproduzione assistita, la maternità surrogata e l’utero artificiale. Si parlerà di embrione con “tre genitori” e delle sfide della biologia sintetica, di eutanasia e di cure palliative neonatali. Si approfondirà anche il tema della disforia di genere e il trattamento ormonale dei minori.
Questi temi verranno trattati da esperti provenienti da tutto il mondo, i quali, ispirati dal pensiero e dall’eredità del Professor Lejeune (alcuni esperti lo hanno conosciuto personalmente e sono stati suoi allievi), ci illumineranno su queste sfide contemporanee e ci forniranno gli strumenti per poter comprendere e affrontare questioni sempre più complesse in campo bioetico. Il Congresso è rivolto a tutti: ricercatori, scienziati, medici, infermieri ma anche filosofi e giuristi, insegnanti e a tutti coloro che sono interessati a conoscere le questioni bioetiche sollevate dalla scienza e dalla tecnologia contemporanea e futura. Vi aspettiamo numerosi. Per l’iscrizione e per maggiori informazioni cliccare qui.
LGT
February 14, 2024
Gode! Un passo sull’arte di accontentarsi
Cari amici,
il quarto Passo di quest’anno sarà una riflessione sull’arte di accontentarsi.
È vero, come dice il proverbio, che chi si accontenta gode?
Da qui il titolo di questo prossimo Passo insieme!
Vi aspettiamo Sabato 17 Febbraio 2024 alle ore 16:00 alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella).
Per chi non potrà partecipare in carne ed ossa, l’incontro verrà trasmesso in prima serata Mercoledì 21 Febbraio 2024 alle ore 21:00 sul canale YouTube di Oratorium.
Segnate tutto in agenda.
Non mancate!
padre Maurizio
A questo link troverete TUTTI i Passi di questi sedici anni già suddivisi per macro-temi. Buon ascolto!
Le date di tutti i Passi di quest’anno 2023-2024 sono queste:
Sabato 25 Novembre 2023
Sabato 16 Dicembre 2023
Sabato 20 Gennaio 2024
Sabato 17 Febbraio 2024
Sabato 23 Marzo 2024
ORATORIUM (associazioneoratorium.org) è un’associazione nata per sostenere i padri della Congregazione dell’Oratorio di Roma nel loro plurisecolare apostolato che va ben oltre i confini della Città eterna.
February 4, 2024
Monastero WiFi di Roma- Incontro mensile
Lunedì prossimo 5 febbraio vi aspettiamo al Battistero di san Giovanni in Laterano per proseguire il nostro annuale cammino del Monastero WiFi di Roma di approfondimento della Liturgia della Parola. Ce ne parlerà don Nico Rutigliano. Come sempre Padre Pierluca Bancale, legionario di Cristo, sarà a disposizione per le confessioni. Alle 20.30 momento conviviale con spuntino nei locali adiacenti al Battistero (dove ci lasciano parcheggiare) poi alle 21 in chiesa catechesi, adorazione e compieta finale.
Qui invece la trascrizione della catechesi dell’8 gennaio di don Massimo Cassola, che ci ricorda come ci si prepara alla celebrazione Eucaristica****
Monastero Wi-Fi 8 gennaio 2024
Cappella della Casa S.Maria della Provvidenza (Opera don Guanella)
Catechesi di don Massimo Cassola
“Chi ben comincia.. Preparazione e parte iniziale della Celebrazione Eucaristica”
Chiedere ad un prete come ci si prepara per andare a Messa potrebbe non essere una domanda del tutto innocente, ma sottintenderne un’esortazione a dare delle regole! Magari regole nuove, più teologiche di quelle che conosciamo, ma sempre regole! E se c’è una cosa che i preti di oggi hanno compreso è che l’uomo contemporaneo le regole le vuole solo per darsi il piacere di non adempierle. Ma se è necessario lo faccio: ben vestiti, ben lavati, confessati, ben attenti!
Queste, se ricordate sono le ammonizioni delle catechiste di un tempo ed erano regole di educazione, che volevano formare un atteggiamento esterno di rispetto, di sacralità, che miravano a darci una forma. Peccato che, come ci insegna la Scrittura, spesso l’esterno non corrisponde all’interno e la Messa è un fatto che riguarda più l’interiore dell’uomo che la sua apparenza.
Essendo la Messa uno squarcio aperto sulla realtà di Dio, sulla sua presenza fisica, sul suo desiderio di donarsi a noi in corpo, tutto questo è ben lontano da qualsiasi forma. Prepararsi alla Messa è quindi una questione di sostanza. Cioè riguarda la sostanza della nostra fede. Chi conosce qualcosa di Dio sa che le leggi servono solo ad aiutare la nostra debolezza, ma non potranno mai scaldarci il cuore, mentre f incontro col Signore sì, e per andare ad incontrarlo bisogna averlo in precedenza conosciuto e apprezzato.
Chiariamoci le motivazioni che ci spingono ad andare a Messa per intenderci poi sulle modalità. E’ il desiderio di Lui che ci dovrebbe muovere a partecipare all’Eucaristia. Andare perché spinti da un desiderio. Desiderare di poter stare con Lui. Spinti dalla volontà di conoscerlo sempre più. Vedere il volto del Padre è il desiderio di ogni figlio. Chi non ha conosciuto i propri genitori soffre per tutta la vita, perché non sa dare un volto a ciò cui il cuore naturalmente anela. Specchiarsi nel volto del Padre è l’unico modo per vedere e conoscere anche il nostro volto, che non ha solo un presente, ma ha anche un passato che lo precede. La certezza di riconoscere parte dei nostri tratti nel passato che il viso di nostro padre e di nostra madre ci rappresenta, dà senso al presente e tranquillizza per il futuro. Incontrare Cristo nell’Eucaristia è veder realizzata la parola “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9) e la possibilità di riconoscerci, per la mediazione del figlio di Dio, figli di un Padre del Cielo.
L’inizio della vita di fede è un momento paragonabile a quello in cui un papà guarda negli occhi per la prima volta il suo bambino: i suoi occhi incontrano la retina vergine del figlio e in entrambi il sentimento che nasce è la meraviglia, meraviglia di aver generato, meraviglia di essere venuto al mondo. “Questo stupore eucaristico desidero ridestare con la presente Lettera Enciclica (…). Contemplare il volto di Cristo, e contemplarlo con Maria, è il programma che ho additato alla Chiesa all’alba del terzo millennio, invitandola a prendere il largo nel mare della storia con l’entusiasmo della nuova evangelizzazione. Contemplare Cristo implica saperlo riconoscere dovunque egli si manifesti, nelle sue molteplici presenze, ma soprattutto nel sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue”1. Attraverso la mediazione eucaristica i nostri occhi possono immergerci ogni volta nello sguardo del Padre.
Altro punto: cosa ci aspettiamo dalla Messa? Anche l’aspettativa influenza i nostri comportamenti, acuisce o limita i desideri. Adempiere un precetto ci riporterebbe all’osservanza di una legge, non ci convince più, ma cosa “guadagniamo dal partecipare alla Messa”? Lo spazio eucaristico è come un’icona: l’arte della Chiesa indivisa (prima della scissione con la Chiesa ortodossa) non rappresentava gli uomini secondo le loro fattezze terrene, ma secondo il loro archetipo di esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio. Pertanto non c’erano ritratti, ma raffigurazioni/rappresentazioni. Così quello che troviamo nell’Eucaristia è qualcosa che deve sfuggire allo sguardo, che non possiamo tenere sotto controllo fino alla fine. I nostri sensi percepiscono una serie di gesti, canti, preghiere, letture, ma sotto queste specie si trova una realtà più profonda, la manifestazione della potenza di Cristo che compie una Pasqua di risurrezione anche nella ferialità del nostro rito quotidiano, per aprire all’uomo quel passaggio verso lui per percorrere il quale Dio ha creato l’uomo e 1o ha amato fin da principio.
Nelle sagrestie antiche c’era appesa una tabella con delle preghiere che il sacerdote doveva recitare prima dell’inizio della celebrazione e alla fine: salmi soprattutto. Fatte quelle fatto tutto si poteva dire, vedi sopra. Io non so come ci si prepara in generale, so come mi preparo io. E 1o faccio ogni volta cercando in me la risposta alla domanda: perché amo Cristo? Solo la risposta a questo interrogativo mi sostiene quando mi vesto coi paramenti e mi consegno faticosamente al centro dell’attenzione di tanti e si apre ‘un palcoscenico chiamato Messa dove io sono, mio malgrado, l’attore principale.
In un certo senso chiedere ad un prete di parlare dell’Eucaristia significa chiedergli di parlare della sua vita; cosi come non si può chiedere ad uno sposato di parlare in generale del matrimonio: tutto quello che dirà sarà filtrato dall’esperienza del suo matrimonio. Appena ordinato ebbi subito in amministrazione due piccole parrocchie di campagna, mentre in una grande ero viceparroco. Preso da deliri restaurativi volli far dipingere, sull’architrave interno della porta della Chiesa, i nomi dei parroci che avevano servito in quell’antico oratorio e feci scrivere: ” Annunciarono la parola di Dio”…e a seguire la lista dei nomi. Venne un anziano sacerdote, guardò e mi disse:
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1 GYPPII, Ecclesia de Eucharistia,6.
“Non hai capito niente, fai cancellare e scrivi: celebrarono l’Eucaristia per questo popolo… e poi aggiungi i nomi…”.
E, vero, non avevo capito molto fino ad allora. Ma bisogna avere pazienza perché i giovani preti, come i giovani sposi, sentono che devono fare tante cose bellissime subito e tutte insieme, ma non sanno come. Si inventano iniziative originali a tutti i costi, per poi, col tempo accorgersi, che è tutto più semplice, più delicato, più naturale, che vivere la vocazione al sacerdozio o al matrimonio significa alla fine cercare di amare e farsi piccoli davanti all’altro. Al tempo di quella scritta infatti il celibato non era un problema, l’ubbidienza una passeggiata, la povertà una meraviglia. Avrei dovuto capire con gli anni che quelle tre promesse erano il vaso di alabastro prezioso che conteneva l’olio di nardo da donare al Signore. Il vaso andava infranto, così come quelle promesse non avevano valore di per sé, ma solo perché offerte con generosità a Dio. Il tesoro non era né il vaso né il contenuto, ma la generosità con cui l’uno e l’altro venivano offerti. Vaso rotto, sprecato, perché il profumo che contiene salga fino alle narici di Dio e ci dia la certezza che quella parola che Gesù disse alla Maddalena che compì per prima quel gesto (Mc 14,9): “In tutto il mondo dovunque sarà predicato il Vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato in memoria di lei”, sarà magari detto anche per noi”.
I1 sacerdote è ordinato per l’Eucaristia e questo non è l’esercizio di un potere, ma semmai la testimonianza del potere che Dio può avere sul cuore di un uomo. Sacerdozio e matrimonio sono gli unici due sacramenti che non si ricevono per sé: non ci si può sposare validamente da soli, non si può essere sacerdote per goderne in modo egoistico, ma solo per servire gli altri. L’Eucaristia è un mistero, ma 1o è come la chiamata al sacerdozio, come la chiamata all’amore, che è il senso di ogni vocazione cristiana.
Il sacerdozio non viene dall’uomo, come l’Eucaristia: è Dio che si concede all’uomo, non l’uomo che convoca Dio sull’altare. Così come Dio chiama l’uomo per amarlo nel sacerdozio e nel matrimonio, così convoca un’assemblea per amarla. Sono due chiamate all’amore che si incrociano: un uomo amato da Dio che può riversare sugli altri l’amore del suo amato e viceversa.
Per poter celebrare, un sacerdote dovrebbe essere sicuro di essere innamorato del suo Dio. Per poter andare a Messa, ogni fedele dovrebbe avere in sé la stessa certezza. E vi prego di credere che questa qualità del presidente, a volte non si capisce dalla sua oratoria, dalle belle omelie che fa o dalla sua presenza all’altare. Rivendico il fatto che non si possa dire di una donna che è una pessima mamma solo perché non sa cucinare, così non si può dire di un sacerdote che è un prete carente perché non sa predicare’ Di una mamma si fa una valutazione complessiva, se proprio si deve farla, ma è meglio di no: ciascuno si tenga la propria madre e onori in lei ciò che Dio ha voluto leggerci affidandole il compito di generarci, anche se ci ha mal nutrito. Così per il sacerdote. Ci sono preti la cui statura non si vede all’altare, ma al capezzale dei malati di notte, chiamati, perché il telefono è sempre acceso, o preti per cui la frase: “Pregherò per te” vuol dire veramente piegare le ginocchia davanti al Santissimo e presentargli i dolori degli altri come fossero i propri.
Prepararsi all’Eucaristia vuol dire prepararsi ad incontrare il signore. Questa espressione a qualcuno può far pensare alla morte imminente e quindi suscitare un po’ di paura. Sono forse quelli che non hanno sperimentato il gusto di pregare non dicendo parole a Dio, ma stando attenti ad ascoltare quello che Dio vuole dire a noi nell’intimità dell’orazione. Chi ha capito che la preghiera è vivere l’intimità con Dio, come il bisogno che hanno a volte gli sposi di stare chiusi da qualche parte loro soli a scambiarsi tenerezze, questi ha capito perché andare e come stare all’Eucaristia’
Avvolti in questo spazio di silenzio interiore e di corresponsione amorosa con il Signore, 1’azione liturgica dovrebbe essere qualcosa che accompagna ma non disturba la bellezza di questo momento personale che si vive, che non ci costringe a “stare nella realtà”, ma che sa svolgersi senza distrarci da Lui.
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Credo che l’atteggiamento giusto ce lo insegnino questi tre brani della, Scrittura: l’episodio di Mosè davanti al roveto che arde, il vangelo della preparazione dell’ultima Cena, l’invito di Isaia a raddrizzare i sentieri di Dio’.
Esodo 3,5: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo-sul quale tu stai è una terra santa!”. Davanti a Dio che non si fa vedere ma solo ascoltare, Mosè è invitato a togliersi i sandali, cioè a stare pienamente su quella terra sulla quale si è posata in pienezza la presenza dell’Onnipotente. Dio vuole essere sentito da Mosè, si fa toccare da lui solo per il tramite del suolo su cui entrambi sono posti. Quella terra che l’uomo Mosè calpesta è la stessa dalla quale fu tratto il suo progenitore Adamo ed è la materia con cui Dio si rapporta all’uomo. Non lo trae dall’acqua, dall’aria, dal fuoco, ma dalla concretezza del fango. È sulla terra che l’uomo accoglie la sua salvezza o perde la sua anima, con azioni che riguardano se stesso e gli altri e qui Dio 1o convoca’ Sembra dirgli: stai sulla terra con tutto te stesso se vuoi stare con me.’
La seconda immagine di preparazione sono le ginocchia piegate di Gesù davanti ai discepoli nell’atto di lavare i piedi. “Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò l’acqua del catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto” (Gv 13,3-5).
Se ci pensate quel gesto meraviglioso di Cristo, nella liturgia si fa solo una volta l’anno’ Non ho mai capito perché si propone solo una tantum: quest’uso limitato sembra dire: si possono celebrare centinaia di Messe in dodici mesi, ma- chinarsi sui piedi di qualcuno basta una sola volta l’anno. Quel gesto precede il “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19), ne è la chiave ermeneutica, spezza il sigillo al mistero e ce 1o consegna.
E infatti, nel mistero eucaristico non penetra chi non sa mettersi in ginocchio davanti all’altro, farsi servo e rendersi disponibile e prendersi anche il “brutto” del fratello.
E la terza immagine è tratta da Isaia 40,3: preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio!
Mi commuove sempre pensare a questo versetto, che ribalta la prospettiva umana’ Noi siamo abituati a preparare le nostre strade, a tracciare una linea che parte da noi e va verso l’altro. Dicevano i latini “Dirige viam tuam”: fatti la tua strada! Qui la prospettiva è rovesciata: dice di preparare noi una strada che va dall’altro verso di noi. Impossibile! Che significa?
Al paese dei miei nonni sull’Appennino alto, quando nevicava tanto si faceva una strada nel deserto di neve: un sentiero che partiva da casa nostra e andava verso casa dei vicini, tutti, anche quelli che non erano i più simpatici, ma per dare anche a loro la possibilità di muoversi in caso di pericolo. Sulla neve si tracciavano non solo sentieri, ma percorsi di comunione e se qualche volta qualcosa di storto restava nell’aria tra le persone, una nevicata mostrava se era rimasto del risentimento o se si era superato tutto: lo rivelava il sentiero che si era o meno tracciato verso la casa dell’altro.
Tracciare un passaggio nel deserto, in qualsiasi deserto, è un moto a luogo, la rappresentazione fisica di un desiderio, il dire: “Io vengo volentieri verso di te e ti faccio una strada perché tu possa raggiungermi”. La strada verso Dio invece è quella per tracciare la quale si parte con la pala in mano da casa nostra, sprofondando nella neve e ci si mette a spalare a partire da casa del vicino fino alla nostra. È un Dio che vuole essere andato a prendere, cercato, il nostro. Ogni tentativo di partire dall’uomo per arrivare a Dio è fallito, dall’erezione della torre di Babele in poi, ma ogni strada che partendo da lui lo ha portato, a prezzo della nostra fatica ascetica, alla nostra quotidianità, è stata benedetta.
Andare a cercare Dio è un atteggiamento spirituale più che un’azione. Tutta la nostra storia spirituale è fatta di incontro e di fuga. Dio si fa conoscere facendo Lui il primo passo, si fa amare e quando ci sentiamo pronti per lui, fugge. Allora i neofiti si disperano e vanno a cercarlo in occasioni forti, in eventi, pellegrinaggi, GMG, santuari, uomini e donne carismatici. In quei contesti, se vi si partecipa per fare la cosiddetta “esperienza forte” del Signore, spesso non si incontra Lui, ma chi per Lui. Egli, se lo decide, può nascondersi da noi anche in quei momenti eccezionali o mostrarsi nella ferialità della nostra vita. Il problema è che noi vogliamo venti impetuosi e per lo più non sappiamo che farcene di brezze leggere.
Si racconta di un anziano rabbi che stava nel suo studio a meditare la Parola quando irrompe il suo nipotino di cinque anni in lacrime: “Nonno, stavo giocando a nascondino con i miei fratelli. Avevo trovato un posto fenomenale. Ci sono stato tanto tempo nascosto e non mi trovavano e quando sono uscito mi sono accorto che loro avevano smesso di cercarmi e se ne erano andati lasciandomi lì da solo”, E il rabbi rispose: “Nipote mio, così fa l’Altissimo, si nasconde per vedere se e come lo andiamo a cercare e il più delle volte rimane deluso perché non ne abbiamo la costanza; quando esce dal suo nascondiglio, noi ce ne siamo andati altrove! “.
Se la Messa non ci dice nulla, non è perché è mal fatta, mal offerta, mal predicata, mal preparata, mal frequentata, ma perché non sono lì per cercare Dio, ma altro. Ad un affamato vero, se si lancia un tozzo di pane sporco, 1o afferra al volo e lo mangia, perché la pulizia, la freschezza, tutti gli attributi migliori del pane vengono dopo la sua sostanza, al bisogno imperioso di nutrirsi. Così è dell’Eucaristia. Disquisire sul come sia celebrata, per esempio, sono ragionamenti da sazi, non da affamati di Dio’
Ma chi ha fame in questa società? Chi di noi conosce il morso delle viscere che dialoga con la mente e gli impone di pensare solo al cibo? Noi abbiamo provato al massimo l’appetito, mai la fame. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6).
Cos’è la fame eucaristica? “Sine dominico non possumus “ rispose il martire Emerito al proconsole che gli chiedeva perché avesse trasgredito l’ordine dell’Imperatore Diocleziano di non celebrare l’Eucaristia. Senza riunirci in assemblea per celebrare l’Eucaristia la domenica non possiamo vivere-gli rispose- e per questo furono uccisi nel 304, i 49 Martiri di Abitinia: uomini, donne, tre adolescenti e un bambino. A quell’ordine imperiale il vescovo Fundano aveva obbedito consegnando i libri sacri e divenendo quindi tràditor; ma un semplice prete, Saturnino e la sua comunità non avevano potuto accettare.
L’Eucaristia si dà in modo così alto e irraggiungibile che tutti i tentativi di riduzionismo dei tempi moderni, in cui l’uomo almeno in Occidente, ha risolto il problema della sua fame, non hanno mai potuto averne ragione. Meglio non celebrarla, non riuscendo a diminuirla. Per questo anche oggi molti sacerdoti non celebrano quotidianamente: perché c’è poco popolo, perché c’è poco tempo e molti laici non si pongono neanche il problema di avere questo punto fermo nella giornata. Le giustificazioni sono ottime: l’Eucaristia non è una devozione personale, la celebrazione quotidiana non è un obbligo per i sacerdoti, ma solo un consiglio del Magistero, ecc. Insomma è come dire: se non posso accoglierti in casa con un pasto festivo preferisco che non ci vediamo.
Senza Eucaristia e direi senza Eucaristia quotidiana, un prete non può vivere dando un continuo senso e linfa alla sua vocazione. Anche il suo vivere per la Chiesa dovrebbe sempre ricordarsi che la Chiesa discende dall’Eucaristia, e ribaltando il concetto si potrebbe dire: senza Eucaristia non può esserci una Chiesa che vive.
Un giorno vissuto nel matrimonio senza un bacio tra gli sposi, sarà un giorno come tanti che non lascerà un ricordo, ma uno vissuto nell’unione dei corpi sarà sempre un giorno speciale, un giorno che rimarrà fisso nella memoria perché magari ha avuto come effetto il concepimento di una vita. Così un giorno senza Messa è un giorno senza poesia, senza mistero, senza nutrimento per il cuore.
Ho conosciuto un anziano sacerdote albanese imprigionato dal regime per anni, che celebrava clandestinamente usando come calice il cavo di una mano, poche gocce di vino, poche briciole di pane. E ancora i sacerdoti martiri e confessori della fede imprigionati dal regime stalinista celebravano nelle carceri con una corda al collo come stola e sul petto di un altro sacerdote come altare. Solo così le loro anime, nutrite dal pane eucaristico, non hanno ceduto alla bruttura, alla violenza, non sono state vinte, ma associate al trionfo di Cristo su tutte le morti,
Un prete viene fatto dall’Eucaristia che celebra e un popolo pure. L’ascolto continuo della poesia dei Salmi, la Scrittura che con gli anni diventa nota, amica, capace di parlare alla vita, irrompe nell’interiore degli uomini e delle donne aperte al mistero e li cambia dal di dentro, raffinandone le parole, i pensieri, i gesti. Alla fine della vita di uomini e donne eucaristici il mistero è svelato loro, gli appartiene, perché loro appartengono fino a in fondo a quel Mistero.
Così, il poeta rumeno Virgil Gheorghiu, figlio di un sacerdote ortodosso descriveva suo padre: Mio padre era un uomo molto esile… rassomigliava più ad un adolescente che è cresciuto troppo in fretta che ad un adulto, soprattutto ad un padre. Mi dava una tale impressione di immaterialità e di fragilità che ho sempre creduto, quando ero piccolo, che un soffio di vento un po’ più forte del solito avrebbe sollevato da terra mio padre per portarlo in cielo; le pieghe della sua tonaca si sarebbero mutate in grandi ali, come le ali multiple dei serafini. Avevo sempre paura di perderlo così e di restare orfano di padre. Con il tempo mi sono spiegato perché, ai miei occhi, mio padre era piuttosto un’icona-cioè una creatura celeste-che un abitante della terra. La spiegazione era molto semplice. Tutti sanno bene che i perfetti servitori, quelli che servono nelle dimore regali e che vivono continuamente nell’intimità dei grandi signori finiscono per imitarli… è appunto ciò che è successo al mio povero padre, che era il fedele servitore di Dio. Il suo sguardo angelico, la sua voce celeste e dolce, la sua andatura immateriale, come il volo degli angeli, tutte queste cose che facevano di lui piuttosto una creatura celeste che terrestre, sono gli attributi di Dio. Del suo Signore.
Mio padre si svegliava alla presenza di Dio. Si coricava alla presenza di Dio, mangiava alla presenza di Dio. Non aveva altra preoccupazione sulla terra che servire il suo Signore. Non aveva occupazioni sue, opinioni sue, progetti suoi. Non aveva che le opinioni di Dio, i pensieri di Dio e non lavorava che secondo ciò che Dio gli ordinava di fare. Era normale. Nessun servitore fedele ha delle occupazioni proprie; lavora unicamente per il suo padrone 2 .
Che lo Spirito Santo ci doni insieme a questo nuovo anno uno zelo nuovo, un desiderio rinnovato di servire e amare, una fame profonda della comunione coi fratelli e dell’Eucaristia.
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2 V GHORGHIU, Dalla venticinquesima ora all’eternità, San Paolo, 21.
January 16, 2024
Senza Freni. Un Passo sull’ansia di controllo…
ari amici,
il terzo Passo di quest’anno sarà una riflessione sull’ansia del controllo.
Si intitola “Senza Freni”.
Vi aspettiamo Sabato 20 Gennaio 2024 alle ore 16:00 alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella).
Per chi non potrà partecipare in carne ed ossa, l’incontro verrà trasmesso in prima serata Mercoledì 24 Gennaio 2024 alle ore 21:00 sul canale YouTube di Oratorium.
Segnate tutto in agenda!
Non mancate!
padre Maurizio
I “Cinque passi al Mistero”, sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dieci anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma
Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa, offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti.
Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone.
Il metodo è sempre lo stesso: una introduzione di mezz’ora esatta, a cui seguono le domande scritte presentate in forma anonima ed estratte a caso.
Si rinnova così una tradizione nata fin dal XVII secolo. I discepoli di San Filippo Neri, infatti, si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.
Oggi abbiamo lo stesso atteggiamento.
I nostri incontri sono basati sul dialogo, e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire.
S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.
Sappiamo che c’è una grande sete di confronto.
E non è facile trovare spazi costituiti da un terzo di catechesi e due terzi di domande né persone disposte a mettersi in gioco senza sapere su cosa si verrà chiamati a rispondere.
Cerchiamo sempre di usare la ragione come strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede.
La Fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.
January 8, 2024
Monastero WiFi – Roma. Catechesi del 4 dicembre 2023
Catechesi di fra Salvatore di Fazio 4 dicembre 2023
Allora, l’obiettivo di stasera, di questa catechesi, anzitutto è quello di farvi tornare a casa più convinti, più persuasi che confusi.
Ho visto che già qualcuno di voi ha sfogliato i fogli distribuiti e tentava di capire quello di cui andrò a parlare. Due argomenti in particolare spero che vi rimarranno impressi.
Il primo è il tema della preparazione al convito Eucaristico.
Il secondo è l’effetto che la Comunione suscita nell’anima del credente.
Per farlo però dovrò percorrere un percorso lungo tragitto (sempre 45 minuti, se sono troppo lungo taglio) nel quale dovrei rispondere anche al titolo della catechesi, che potrebbe apparire oscuro.
La catechesi si divide così, sono due momenti; un momento che è quello più lungo, è il momento di analisi; l’altro è un momento di sintesi.
Nell’analisi vi racconterò alcune caratteristiche di religioni molto antiche e anche qualcosa dell’antico testamento. Dopo ciò vi racconterò – non lo leggerò sennò ci annoiamo e lo noto subito quando sono noioso, perché mi date dei segnali: sbadigliate! – Giovanni 6.
Prima di concludere con la sintesi, faremo una breve esegesi per darvi alcuni spunti di Giovanni 6. Non è una vera e propria esegesi del Vangelo di Giovanni, al capitolo 6, non basterebbero 2/3 ore. Nella sintesi, tenterò di riunire tutto quello che vi ho detto e da lì degli spunti spirituali per capire che riassumono un mio pensiero, su tutto l’argomento.
Allora, inizio subito con le religioni, iniziamo la fase di analisi. In questa fase mi rifaccio ad un autore famoso, che forse conoscete: Mircea Eliade. Era un ateo che ha scritto vari libri di storia delle religioni molto importanti e un libricino molto interessante intitolato il sacro e il profano, che viene utilizzato anche nelle facoltà teologiche.
In questi libri di storia delle religioni mi sono focalizzato su due argomenti: la preparazione e il mistero del sangue.
Ovviamente non posso in 45 minuti approfondire gli argomenti ma li tratterò molto brevemente.
Nella preparazione dello sciamanismo (è una religione che nasce circa 5000 anni prima di Cristo), il novizio, cioè colui che si preparava a diventare sciamano, era chiamato a meditare la seguente scena: ponendosi in terza persona doveva guardare il proprio corpo che veniva sembrato, fatto a piccoli pezzi, venire distribuito agli spiriti, ai dèmoni, (da non confondere con i demòni; i demòni sono i nostri diavoli) che rappresentano diverse malattie. Successivamente le ossa del novizio venivano ricoperte di carne fresca, in qualche caso gli si iniettava anche del sangue nuovo.
Poteva anche meditare che il suo ventre veniva aperto e gli spiriti mangiavano la sua carne e bevevano il suo sangue. Il racconto cruento continua ma non è importante. L’importante è un passaggio: gli spiriti che bevevano il suo sangue e mangiavano la sua carne, rappresentano delle malattie e quegli spiriti che si cibano del novizio gli donavano il potere di guarire le malattie che rappresentano.
Un’altra religione che consideriamo riguarda le pratiche lamaiche, lo yoga. Il novizio, prima di diventare fachiro, era chiamato a meditare l’offerta della sua carne ai dèmoni, che lo divoravano e ne bevevano il sangue, affinché egli potesse ottenere il potere di rianimare i corpi. Questi riti preparatori, quindi, sono svolti affinché il novizio ottenga questi poteri.
Gli etruschi, invece, immolavano degli animali specifici e ne offrivano il sangue alle divinità affinché potessero ottenere il potere del dio al quale si rivolgevano durante l’offerta.
È interessante il racconto in onore di Baal, che nell’Antico Testamento avete sentito più volte nominare. In questo racconto, la dea Anat uccide le guardie, i soldati e i vecchi, sguazzando nel sangue e ornandosi delle loro teste e delle loro mani. Questo rito di carneficina era una visione del passaggio tra la sterilità estiva e l’abbondanza autunnale. Nell’antico testamento abbiamo cose simili, perché strettamente parlando è una religione, certamente è l’inizio della Rilevazione ma presenta anche molte caratteristiche religiose.
Ho identificato qui pochi punti:
• Genesi 4 – Il sangue di Abele grida vendetta davanti gli occhi di Dio. Viene dato al sangue una proprietà, quella del gridare. E’ una delle tante analogie che nella Bibbia servono a farci capire qualcosa di spirituale.
• Genesi 9 – C’era la legge del sangue per sangue. Era una legge necessaria a limitare la violenza, poiché Lamech divenne famoso perché uccise un uomo per un graffio (Gen 4,23).
• In esodo il sangue viene usato per segnare le porte, affinché il castigo di Dio nella decima piaga d’Egitto non entrasse nelle case e uccidere il primogenito. Quindi il sangue come protezione.
Riguardo alla preparazione vi cito solamente un brano di uno dei libri più belli, per me, dell’AT, ovvero Ester (i libri delle donne dell’AT sono molto belli). Ester era un’israelita, deportata in territorio dei Persiani e Medi dal re Assuero. Ester deve essere scelta come sostituta della regina Vasti, caduta in disgrazia. Per essere scelta, rimarrà 12 mesi in preparazione, per farsi bella (per impiegare 12 mesi forse era molto brutta). In questo arco di tempo si profumerà e si ungerà il corpo con oli pregiati.
Quanto finora vi ho narrato, in sintesi, parla del potere che viene legato al sangue; potere riconosciuto, almeno implicitamente, anche nell’AT e dei riti preparativi ai quali dovevano sottoporsi per divenire sciamani o monaci.
Adesso vi racconto Giovanni 6, per chi non se lo ricordasse, questo capitolo analizza un problema che inizia al termine di Giovanni 5. Cosa succede in Giovanni 5?
Gesù fa una cosa che non doveva fare e per verrà bacchettato per questo motivo. Ha guarito in tempo di sabato. Non si doveva permettere. Ci sono sei giorni per essere guariti, perché il sabato? Per questo motivo cosa vogliono fare i giudei? Lo vogliono uccidere. Ovvio, quando un problema è troppo grande, bisogna eliminarlo in qualsiasi maniera per fare prima.
Per poter capire meglio cosa sta succedendo dobbiamo immedesimarci nei suoi interlocutori che non erano cristiani e non sapevano che Cristo sarebbe risorto. Quindi dovete almeno provare a togliervi un attimo dalla testa che Cristo risorge. Quindi, i giudei vogliono uccidere Gesù ed Egli risponde: “Nessuno arriva al Padre se non per mezzo del Figlio e nessuno conosce il Padre se non per mezzo del Figlio.” Arriva la folla e di fronte alla folla e ai discepoli, rivela la sua identità come pane che discende dal cielo. Questo in sintesi è il capitolo 6.
I discepoli vanno in crisi. Come fa ad essere il pane che discende dal cielo? Qual è il problema dei discepoli? Abbiamo tre interlocutori con Gesù: la folla a Tiberiade e Cafarnao; i Giudei nella Sinagoga di Cafarnao e i discepoli.
Nella prima parte del capitolo 6 siamo a Tiberiade e abbiamo davanti questa immensa folla che, al capitolo 5, ha visto i segni di guarigione di Gesù.
Quindi Gesù ha un potere che gli sciamani, cinquemila anni prima di Cristo, ricercavano. Quindi già nella cultura di quel tempo c’erano delle idee riguardo questo potere che potrebbe avere l’uomo mediante gli dei. Nel caso degli sciamani erano i dèmoni. A ognuno il suo. Ancora siamo cinquemila anni prima di Cristo, gli sciamani non sono nel popolo ebraico, quindi non hanno neanche la rivelazione dell’antico testamento e con le loro forze, cercano dei mezzi per ottenere dei poteri che hanno le divinità. Gesù mostra questi poteri.
Dopo aver guarito gli infermi nel capitolo 5, moltiplica il pane, e lo dà da mangiare a tutti. Vedono un segno, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, vogliono proclamare Gesù come un profeta, ma Gesù cosa fa? Scappa sul monte da solo. Nessuno lo vede, cioè vedono che Lui va sul monte. Finisce la prima scena.
Seconda scena : i discepoli precedono Gesù a Cafarnao. La folla vede i discepoli andare a Cafarnao. Gesù è sul monte. I discepoli vanno a Cafarnao, Gesù li raggiungerà dopo, scendendo da Tiberiade; il mare è agitato, Gesù cammina sulle acque.
Fanno salire Gesù sulla barca, il mare si calma, e raggiungono subito l’altra sponda. E scendono dalla barca come se niente fosse successo!
Come se io adesso, non lo so, facessi diventare rossi questi fiori bianchi e poi, tranquillamente, come se niente fosse accaduto, continueremmo la nostra catechesi.
Gesù ricomincia un dialogo con la folla. La folla si sveglia di buon mattino, non vede Gesù, sanno che i discepoli sono andati a Cafarnao: dove c’è il maestro ci sono i discepoli, dove ci sono i discepoli c’è il maestro.
La folla lo interroga: “Rabbì, quando sei arrivato qua? Non ti abbiamo visto andare via”.
Risposta di Gesù: “Voi non mi cercate perché avete visto dei segni, ma mi cercate perché vi ho dato da mangiare”.
Io gli avrei risposto: “Ma io ti ho chiesto quando sei venuto…”
Gesù: “Datevi da fare per il cibo che rimane per la vita eterna, che il Figlio dell’Uomo vi darà”.
La folla : “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?“. Vi sembra un discorso da persone sensate? Gesù: “Che crediate in Colui che Dio ha mandato”.
Questa è un’opera della fede, un’opera spirituale: Credere in Colui che Dio ha mandato.
Folla: “Quale segno tu compi affinché noi ti crediamo?”
Scusa, siete venuti perché avete visto un segno, cioè sono stati soddisfatti nel mangiare e adesso vi dico di credere e mi domandate perché? è un gioco tira e molla.
Cosa devo fare per essere santo?
Fai questo….
No però… aspetta , mi ricorda un altro dialogo: il giovane ricco e Gesù,…. anche là un tira e molla…
La folla: “i nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto”
Quindi la folla sta dicendo: se tu vuoi che noi ti crediamo, devi darci da mangiare la manna del deserto.
Gesù gli rispose : “Non la manna, ma Io sono il Pane vero disceso dal cielo, spirituale, che dà la vita al mondo”.
La folla dice : “Dacci questo pane”.
Gesù risponde: “Io sono il Pane della vita, chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue, vivrà in eterno”
….. miseria….
Mi avete visto, eppure non credete. “Io non perdo nulla di quanto il Padre mi ha dato”.
All’inizio del capitolo 6, dopo che hanno mangiato, vengono raccolte 12 ceste, perché nulla vada perduto.
Gesù: “Io risusciterò quelli che il Padre mi ha dato”. Fine scena.
Gesù adesso parla con i Giudei, a Cafarnao, non è più la folla.
I Giudei lo guardano e si chiedono: “questo è il figlio di Giuseppe, ma perché dice queste cose?”.
Gesù ribadisce : “Nessuno viene a me se non lo attira il Padre. Chi crede in me ha la vita eterna”
Non “avrà “: i verbi sono importanti.
Chi crede in me “ha” la vita eterna. Non “ha avuto“, non “avrà “, ma “ha” la vita eterna.
I vostri padri hanno mangiato la manna, ma sono morti.
Giudei: “Come puoi darci da mangiare la tua carne e da bere il tuo sangue?”
Questo ve lo devo leggere. Ma ricordatevi che in questo momento noi non siamo cristiani, Gesù non è ancora risorto.
Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno, perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita e ha mandato me, e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non è come quello che mangiarono i padri e morirono, chi mangia questo pane vivrà in eterno.”
Gesù gli sta dicendo di mangiare la sua carne. Loro cosa intendono?
Quello che facevano le altre religioni. L’ambiente è quello.
Se vi dico a voi una cosa in romanaccio, non lo so, voi la intendete perché l’ambiente culturale è quello, se voi andate a Londra e dite la cosa in romanaccio, non vi capiscono. Cambia la cultura e cambia il modo di dialogare, di capire.
Chi è che va in crisi? I discepoli.
Cosa dice Gesù per far andare in crisi i discepoli: “Lo Spirito dà la vita, non la carne”.
Il discepoli forse pensavano: “Ma scusa, due secondi fa hai detto che era la carne che dava la vita e mò dici che è lo Spirito? Sei bipolare!”
Gesù: “Alcuni di voi non credono”.
Molti lo abbandonarono. Cosa succede quando molti abbandonano Gesù?
Gesù dice: “No, per favore, rimani qua, questa è casa tua”?
No, invece dice: “Ve ne volete andare pure voi?”. Quella è la porta” gli dice Gesù. Perché?
Allora, anzitutto, chi è la folla?
Non abbiamo una definizione di folla. In campo filosofico rientra nel problema del rapporto tra l’uno e molteplice, ma non sono affari che ci riguardano.
Noi siamo una folla? No, siamo un gruppo, ok. Se ci fossero duecento persone in più, saremmo una folla?
Quindi è il numero di persone o la dimensione della stanza? Perché se la stanza è un metro quadro e ci sono duecento persone, è una folla. Quindi cos’è una folla?
E’ qualcosa di non identificato, non ha né capo né coda, è qualcosa di fluido.
E’ una folla che vede i segni ma non crede. Ha visto i segni, ha mangiato. Ha visto soprattutto il segno della guarigione del capitolo precedente. E ribadiscono che vogliono un segno, quindi i segni non permettono di credere. Se io cambiassi questi fiori da bianchi in rossi, i cuori non cambiano, non fa sì che la fede inizi.
Nella tradizione ebraica, apocalittica ebraica, si aspettava un nuovo Mosè. Quale è il segno che fece Mosè nel deserto? Fare scendere la manna dal cielo. Per questo chiedono la manna i Giudei.
Vuoi dimostrarci che sei il Messia? Dacci da mangiare la manna dal cielo.
E dove lo fa questo Gesù? A Cafarnao. Cafarnao è un luogo il cui nome significa “posto sperduto” o anche “posto smarrito” o anche “confusione” e Gesù va a Cafarnao ancora prima che ci vada la folla. Gesù ti incontra in quel posto dove tu ti stai andando a ficcare ancora prima che tu ci vada, che è un posto di perdizione e Gesù ti anticipa. Però c’è un problema, la folla continua ad avere una visione orizzontale: risolvimi i problemi di oggi, non mi interessa la mia relazione con Dio perché il mio problema è mangiare, risolvi questo problema.
Voi non siete venuti perché avete visto i segni ma perché vi ho saziati. È una visione orizzontale della religione.
Gesù, invece, che cambia da carne a spirito, preme sul credere, perché l’eucaristia è di coloro che credono; provate a chiedere a qualcuno che non crede cosa vede nel corpo e nel sangue di Cristo. Gesù sottolinea, che la manna non cambiava il cuore dell’israelita.
L’israelita, dopo che aveva mangiato la manna accompagnata dalle quaglie, continuava a peccare, continuava ad andare contro Dio, continuava a non volerne sapere di Dio, erano pochi coloro i quali seguivano Dio con tutto il cuore, certamente Mosè.
Nella sinagoga con i giudei, gli stessi anziani del popolo di Israele (i giudei) fanno fatica a credere nella vita eterna (non tutti credevano nella vita eterna) e chiedono quel pane di vita. Ma il problema rimane l’assenza di fede.
Ancora il risorto non c‘è. Fede, speranza e carità non sono un regalo a basso costo che Dio ci ha fatto. Prima del cristianesimo fede, speranza e carità tendenzialmente non erano le virtù teologali ottenute dalla croce. La nonna, che noi oggi prendiamo in giro perché sta in chiesa a recitare il rosario, ha forse più fede di uno Mosè. Questo giusto per capire il dono che il Signore ci ha fatto.
Allora proviamo a tirare le somme, vi espongo la mia riflessione.
Il Concilio Vaticano secondo, nei testi Ad Gentes e Nostra Aetate, spiegano che nelle altre religioni prima della venuta di Cristo, il Signore ha lasciato dei segni come tracce affinché quei popoli potessero arrivare a Dio in una qualche maniera. Perché ricordatevi che Dio non è estraneo a questo mondo, Dio non è un’entità che è a latere del mondo o dell’universo.
Se volete immaginarlo Dio contiene l’universo tutto, contiene anche l’inferno, non c’è niente che è fuori da Dio. Lo stesso inferno cadrebbe nel dimenticatoio, se Dio non lo sostenesse nell’essere.
Dio è giusto, è misericordioso, quello che dona la vita anzitutto, non la toglie.
Quindi questi popoli stanno al cuore di Dio. L’etrusco sta al cuore di Dio tanto quanto sto io al cuore di Dio. Perché l’etrusco non si dovrebbe salvare?
Quindi venivano dati a questi popoli dei modi per poter capire cosa la divinità (Dio) avrebbe fatto per loro. Ma lo comprendevano limitatamente.
Anche noi oggi, pur avendo determinati doni, spesso capiamo in maniera limitata.
Cosa fanno le religioni? E qui cerchiamo di capire perché l’oblitamento, la soppressione della religione.
Le religioni, “religere” la parola latina più vicina è “legare a sé”, rilegare” (anche se noi oggi capiamo un’altra cosa per rilegare), sono il tentativo dell’uomo di arrivare a Dio.
Io con la mia meditazione arrivo ad avere quei poteri che la divinità mi potrebbe dare; arrivo a ottenere la vita eterna; arrivo a rianimare un cadavere; arrivo alla visione, alla profezia, a capire i segni futuri.
Il sangue ha qualche relazione con questa potenza, lo abbiamo visto nelle altre religioni, ma non arriva a Dio. Nel Salmo 49 c’è una spiegazione bellissima: “Se avessi fame, a te non lo direi; mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori? berrò forse il sangue dei capri?” Vedete questo era l’humus di Israele stesso.
Allora, quello che fa la folla che cos’è?
Vede Cristo, ma non capisce il segno del pane, non lo riesce a comprendere, così come forse noi non riusciamo a comprendere la Messa. Quindi neanche si prepara alla Messa…neanche ci prepariamo alla Messa.
Qual è, secondo voi, la preparazione corretta che un cristiano dovrebbe avere alla Messa?
Vi do delle opzioni: dire il Rosario ogni giorno; fare delle opere di carità; perdonare chi ci ha fatto del male; vestire gli ignudi; dare da mangiare agli affamati; farsi prossimo al mio familiare che mi ha molto ferito; amare mio marito, amare mia moglie anche se…puntini di sospensione; sopportare mio figlio o mia figlia anche se…puntini di sospensione…lasciare liberi i figli di fare i loro errori.
La preparazione è in vista di qualcosa di importante. Ester lo dimostra. Ester sta andando da un Re umano, ma è qualcosa di importante.
Se voi oggi doveste andare dal Papa passereste una settimana, le donne forse due, per andare all’incontro con il Papa. Ed è umano. Non è la Messa! Questi sono i famosi “oli” di Ester, i famosi “profumi” di Ester.
Sono la preghiera? Certamente. La meditazione della Bibbia? Indubbiamente
Ma la prima cosa, e chi confessa lo sa, è perdonare chi mi ha fatto del male…è la cosa più complicata. Non si può andare a Messa senza quella preparazione!
Vedete che nel momento in cui quello cambia, cambia il vostro atteggiamento esteriore: quando una persona è rozza interiormente lo è anche negli atteggiamenti esteriori.
Prima non ci credevo. Poi, piano piano, l’ho notato..è vero così…una persona rozza…poi quando sono le donne rozze ancora peggio…diventano di una volgarità assurda!
È il famoso gioco a ribasso: più sei rozzo più volgare diventi e meno riesci ad apprezzare, meno hai quel gusto spirituale delle cose che non si vedono e che non puoi gustare con la bocca, né sentire con le orecchie.
Quindi la fede è quel qualcosa di più… che la gente dice: “Guarda quello che stupido!”
Perché ha fede…
Tommaso d’Aquino, di cui sono indegno confratello, diceva che la fede ci dà il potere di vedere quelle cose che con l’occhio non si vedono, quindi il potere di gustare quelle cose che con la lingua non si gustano.
La fede non è un deficit della ragione ma, se ben utilizzata è un potenziamento della ragione. (vedi Tantum ergo sacramentum). Perché il teologo riesce a capire che cosa non è la Trinità? Perché la ragione è aiutata dalla fede. Perché il teologo riesce a dire che in quelle religioni c’era l’immagine di quello che poi realmente sarebbe accaduto?
Perché ha, insieme a noi, il dono della fede. Che gli Israeliti non avevano e per questo non riuscivano a comprendere il discorso di Cristo pensando che il Cristo li volesse cannibali! Per questo gli dicono “sei pazzo! Il Dio di Israele non vuole neanche che noi sacrifichiamo i nostri figli a Baal!” Sapete come venivano sacrificati? Vivi o morti, non lo so: c’è questa statua di metallo, con un foro nella pancia, dove veniva acceso il fuoco e il bambino veniva sacrificato al dio Baal.
Perché? Perché il dio Baal era il dio della potenza, dei cieli. Bisognava far sì che stesse buono. E noi non sappiamo sacrificare i nostri di bambini! Non i nostri figli. Quali sono i nostri bambini? I nostri peccati! L’unica cosa che abbiamo di nostro sono i peccati. Non riusciamo a sacrificare i nostri peccati all’altare.
Chi ha fede?
Chi è battezzato ha fede, speranza e carità. Chi li cura, li ha vivi, per chi non li cura, non sono morti, sono come una pianta quasi morta: c’è la radice ma non ci sono gli effetti, non si vede cosa c’è fuori.
Se voi chiedete a una di queste persone: “cosa vedi in quel pane durante la messa?”, la risposta è: “perché non mi dà da bere il vino anche a me il sacerdote? Perché se lo beve tutto lui? Lui drinka e io no?”
Fa ridere, ma è anche triste…
Perché: che cos’è questo pane e questo vino che beviamo? A cosa servono (mettiamola sull’utilitarismo)? Qual è l’effetto che hanno in noi? Sono quegli effetti che lo sciamano, l’idolatra e le religioni precedenti cercavano ma non ottenevano. La guarigione dei corpi… La guarigione dello spirito è superiore alla guarigione di un corpo!
Siamo tempio dello Spirito Santo: cosa significa “essere tempio dello Spirito Santo”? Lo diciamo sempre: “io sono tempio dello Spirito Santo”, ma cosa significa? Dimmi: cosa significa?
Per favore, io non lo so. Gesù dice: “siamo amici di Dio”. Cosa significa “essere amici di Dio”? Questo è quello che non sappiamo della nostra non religione. La nostra non è una religione.
Noi non stiamo facendo nulla per accaparrarci Dio, è Dio che si vuole fare nostro amico, entra in noi, ci fa Tempio in modo tale che dentro di noi viva la Santissima Trinità.
Eh? Voi siete dei. Come??
Voi siete dei. Non lo dice Gesù?
Cosa significa essere dei? Partecipare alla natura divina di Dio. Noi siamo come Dio.
Nel sacrificio della messa, quando noi partecipiamo al sacrificio della messa viene in noi Colui il quale contiene tutto.
Se contiene tutto come fa a venire in noi? Perché noi diventiamo come Lui. C’è un’uguaglianza, non c’è altrimenti, matematico. Se Lui è superiore a me e Lui è dentro di me e io lo contengo, come posso contenere qualcosa che è incontenibile.
Perché divento come Lui in modo tale che io e Lui siamo la medesima cosa.
Non c’è più qualcuno che contiene l’altro. Questo è essere amici.
Aristotele quando parla dell’amicizia una delle proprietà dell’amicizia è la comunione dei beni e se uno è più ricco dona all’amico più povero, tanti beni quanti ne servono per la parità.
Cristo ti dice “sono tuo amico”; “vi ho chiamati amici”. Cosa serve a me per arrivare alla parità con Cristo? La sua divinità. Tutto. Quindi io partecipo alla natura divina. Cosa significa partecipare alla natura divina? Libro della Sapienza: la Sapienza viene descritta con 21 caratteristiche, 7×3=21; 7 = perdonate 70 volte 7; 3 = la Trinità ovvero perdonate come Dio.
Qual è la preparazione migliore per la messa? Chi è Dio? Una delle proprietà di Dio? Giusto e misericordioso.
Qual è il tempo in cui stiamo vivendo? Il tempo dell’uomo.
Qual è il tempo dell’uomo?
Il tempo della misericordia di Dio nei nostri confronti.
Quando moriremo sarà il tempo della giustizia, ora è il tempo della misericordia.
E il misericordioso che cosa fa?
Ha compassione di colui che soffre.
Cosa dobbiamo fare noi se vogliamo essere come Dio visto che lui ci da il potere di esserlo? Compatire.
Monastero WiFi – Roma, oggi alla casa del Don Guanella
Il Monastero Wifi di ROMA andrà in trasferta: il nostro incontro si svolgerà non come sempre al battistero di San Giovanni Laterano ma alla casa del Don Guanella – via della Nocetta 27, per incontrare le ospiti della casa e offrire la nostra amicizia e compagnia. Perché gli incontri di preghiera che abbiamo fatto in questi anni comincino a portare frutti di carità concreta anche a livello comunitario e non solo nelle nostre vite singole… siamo grati a tutti quelli che potranno venire, portare magari uno spuntino e se possibile anche un piccolo pacchetto da far scartare alle signore che vivono lì e che non hanno tante occasioni di incontrare persone e ricevere regali e attenzioni speciali (ma sono curate con amore!
Qui sotto la catechesi dell’ultimo incontro del 4 dicembre.
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Catechesi fra Salvatore di Fazio 4 dicembre 2023
Allora, l’obiettivo di stasera, di questa catechesi, anzitutto è quello di farvi tornare a casa più convinti, più persuasi che confusi.
Ho visto che già qualcuno di voi ha sfogliato i fogli distribuiti e tentava di capire quello di cui andrò a parlare. Due argomenti in particolare spero che vi rimarranno impressi.
Il primo è il tema della preparazione al convito Eucaristico.
Il secondo è l’effetto che la Comunione suscita nell’anima del credente.
Per farlo però dovrò percorrere un percorso lungo tragitto (sempre 45 minuti, se sono troppo lungo taglio) nel quale dovrei rispondere anche al titolo della catechesi, che potrebbe apparire oscuro.
La catechesi si divide così, sono due momenti; un momento che è quello più lungo, è il momento di analisi; l’altro è un momento di sintesi.
Nell’analisi vi racconterò alcune caratteristiche di religioni molto antiche e anche qualcosa dell’antico testamento. Dopo ciò vi racconterò – non lo leggerò sennò ci annoiamo e lo noto subito quando sono noioso, perché mi date dei segnali: sbadigliate! – Giovanni 6.
Prima di concludere con la sintesi, faremo una breve esegesi per darvi alcuni spunti di Giovanni 6. Non è una vera e propria esegesi del Vangelo di Giovanni, al capitolo 6, non basterebbero 2/3 ore. Nella sintesi, tenterò di riunire tutto quello che vi ho detto e da lì degli spunti spirituali per capire che riassumono un mio pensiero, su tutto l’argomento.
Allora, inizio subito con le religioni, iniziamo la fase di analisi. In questa fase mi rifaccio ad un autore famoso, che forse conoscete: Mircea Eliade. Era un ateo che ha scritto vari libri di storia delle religioni molto importanti e un libricino molto interessante intitolato il sacro e il profano, che viene utilizzato anche nelle facoltà teologiche.
In questi libri di storia delle religioni mi sono focalizzato su due argomenti: la preparazione e il mistero del sangue.
Ovviamente non posso in 45 minuti approfondire gli argomenti ma li tratterò molto brevemente.
Nella preparazione dello sciamanismo (è una religione che nasce circa 5000 anni prima di Cristo), il novizio, cioè colui che si preparava a diventare sciamano, era chiamato a meditare la seguente scena: ponendosi in terza persona doveva guardare il proprio corpo che veniva sembrato, fatto a piccoli pezzi, venire distribuito agli spiriti, ai dèmoni, (da non confondere con i demòni; i demòni sono i nostri diavoli) che rappresentano diverse malattie. Successivamente le ossa del novizio venivano ricoperte di carne fresca, in qualche caso gli si iniettava anche del sangue nuovo.
Poteva anche meditare che il suo ventre veniva aperto e gli spiriti mangiavano la sua carne e bevevano il suo sangue. Il racconto cruento continua ma non è importante. L’importante è un passaggio: gli spiriti che bevevano il suo sangue e mangiavano la sua carne, rappresentano delle malattie e quegli spiriti che si cibano del novizio gli donavano il potere di guarire le malattie che rappresentano.
Un’altra religione che consideriamo riguarda le pratiche lamaiche, lo yoga. Il novizio, prima di diventare fachiro, era chiamato a meditare l’offerta della sua carne ai dèmoni, che lo divoravano e ne bevevano il sangue, affinché egli potesse ottenere il potere di rianimare i corpi. Questi riti preparatori, quindi, sono svolti affinché il novizio ottenga questi poteri.
Gli etruschi, invece, immolavano degli animali specifici e ne offrivano il sangue alle divinità affinché potessero ottenere il potere del dio al quale si rivolgevano durante l’offerta.
È interessante il racconto in onore di Baal, che nell’Antico Testamento avete sentito più volte nominare. In questo racconto, la dea Anat uccide le guardie, i soldati e i vecchi, sguazzando nel sangue e ornandosi delle loro teste e delle loro mani. Questo rito di carneficina era una visione del passaggio tra la sterilità estiva e l’abbondanza autunnale. Nell’antico testamento abbiamo cose simili, perché strettamente parlando è una religione, certamente è l’inizio della Rilevazione ma presenta anche molte caratteristiche religiose.
Ho identificato qui pochi punti:
• Genesi 4 – Il sangue di Abele grida vendetta davanti gli occhi di Dio. Viene dato al sangue una proprietà, quella del gridare. E’ una delle tante analogie che nella Bibbia servono a farci capire qualcosa di spirituale.
• Genesi 9 – C’era la legge del sangue per sangue. Era una legge necessaria a limitare la violenza, poiché Lamech divenne famoso perché uccise un uomo per un graffio (Gen 4,23).
• In esodo il sangue viene usato per segnare le porte, affinché il castigo di Dio nella decima piaga d’Egitto non entrasse nelle case e uccidere il primogenito. Quindi il sangue come protezione.
Riguardo alla preparazione vi cito solamente un brano di uno dei libri più belli, per me, dell’AT, ovvero Ester (i libri delle donne dell’AT sono molto belli). Ester era un’israelita, deportata in territorio dei Persiani e Medi dal re Assuero. Ester deve essere scelta come sostituta della regina Vasti, caduta in disgrazia. Per essere scelta, rimarrà 12 mesi in preparazione, per farsi bella (per impiegare 12 mesi forse era molto brutta). In questo arco di tempo si profumerà e si ungerà il corpo con oli pregiati.
Quanto finora vi ho narrato, in sintesi, parla del potere che viene legato al sangue; potere riconosciuto, almeno implicitamente, anche nell’AT e dei riti preparativi ai quali dovevano sottoporsi per divenire sciamani o monaci.
Adesso vi racconto Giovanni 6, per chi non se lo ricordasse, questo capitolo analizza un problema che inizia al termine di Giovanni 5. Cosa succede in Giovanni 5?
Gesù fa una cosa che non doveva fare e per verrà bacchettato per questo motivo. Ha guarito in tempo di sabato. Non si doveva permettere. Ci sono sei giorni per essere guariti, perché il sabato? Per questo motivo cosa vogliono fare i giudei? Lo vogliono uccidere. Ovvio, quando un problema è troppo grande, bisogna eliminarlo in qualsiasi maniera per fare prima.
Per poter capire meglio cosa sta succedendo dobbiamo immedesimarci nei suoi interlocutori che non erano cristiani e non sapevano che Cristo sarebbe risorto. Quindi dovete almeno provare a togliervi un attimo dalla testa che Cristo risorge. Quindi, i giudei vogliono uccidere Gesù ed Egli risponde: “Nessuno arriva al Padre se non per mezzo del Figlio e nessuno conosce il Padre se non per mezzo del Figlio.” Arriva la folla e di fronte alla folla e ai discepoli, rivela la sua identità come pane che discende dal cielo. Questo in sintesi è il capitolo 6.
I discepoli vanno in crisi. Come fa ad essere il pane che discende dal cielo? Qual è il problema dei discepoli? Abbiamo tre interlocutori con Gesù: la folla a Tiberiade e Cafarnao; i Giudei nella Sinagoga di Cafarnao e i discepoli.
Nella prima parte del capitolo 6 siamo a Tiberiade e abbiamo davanti questa immensa folla che, al capitolo 5, ha visto i segni di guarigione di Gesù.
Quindi Gesù ha un potere che gli sciamani, cinquemila anni prima di Cristo, ricercavano. Quindi già nella cultura di quel tempo c’erano delle idee riguardo questo potere che potrebbe avere l’uomo mediante gli dei. Nel caso degli sciamani erano i dèmoni. A ognuno il suo. Ancora siamo cinquemila anni prima di Cristo, gli sciamani non sono nel popolo ebraico, quindi non hanno neanche la rivelazione dell’antico testamento e con le loro forze, cercano dei mezzi per ottenere dei poteri che hanno le divinità. Gesù mostra questi poteri.
Dopo aver guarito gli infermi nel capitolo 5, moltiplica il pane, e lo dà da mangiare a tutti. Vedono un segno, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, vogliono proclamare Gesù come un profeta, ma Gesù cosa fa? Scappa sul monte da solo. Nessuno lo vede, cioè vedono che Lui va sul monte. Finisce la prima scena.
Seconda scena : i discepoli precedono Gesù a Cafarnao. La folla vede i discepoli andare a Cafarnao. Gesù è sul monte. I discepoli vanno a Cafarnao, Gesù li raggiungerà dopo, scendendo da Tiberiade; il mare è agitato, Gesù cammina sulle acque.
Fanno salire Gesù sulla barca, il mare si calma, e raggiungono subito l’altra sponda. E scendono dalla barca come se niente fosse successo!
Come se io adesso, non lo so, facessi diventare rossi questi fiori bianchi e poi, tranquillamente, come se niente fosse accaduto, continueremmo la nostra catechesi.
Gesù ricomincia un dialogo con la folla. La folla si sveglia di buon mattino, non vede Gesù, sanno che i discepoli sono andati a Cafarnao: dove c’è il maestro ci sono i discepoli, dove ci sono i discepoli c’è il maestro.
La folla lo interroga: “Rabbì, quando sei arrivato qua? Non ti abbiamo visto andare via”.
Risposta di Gesù: “Voi non mi cercate perché avete visto dei segni, ma mi cercate perché vi ho dato da mangiare”.
Io gli avrei risposto: “Ma io ti ho chiesto quando sei venuto…”
Gesù: “Datevi da fare per il cibo che rimane per la vita eterna, che il Figlio dell’Uomo vi darà”.
La folla : “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?“. Vi sembra un discorso da persone sensate? Gesù: “Che crediate in Colui che Dio ha mandato”.
Questa è un’opera della fede, un’opera spirituale: Credere in Colui che Dio ha mandato.
Folla: “Quale segno tu compi affinché noi ti crediamo?”
Scusa, siete venuti perché avete visto un segno, cioè sono stati soddisfatti nel mangiare e adesso vi dico di credere e mi domandate perché? è un gioco tira e molla.
Cosa devo fare per essere santo?
Fai questo….
No però… aspetta , mi ricorda un altro dialogo: il giovane ricco e Gesù,…. anche là un tira e molla…
La folla: “i nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto”
Quindi la folla sta dicendo: se tu vuoi che noi ti crediamo, devi darci da mangiare la manna del deserto.
Gesù gli rispose : “Non la manna, ma Io sono il Pane vero disceso dal cielo, spirituale, che dà la vita al mondo”.
La folla dice : “Dacci questo pane”.
Gesù risponde: “Io sono il Pane della vita, chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue, vivrà in eterno”
….. miseria….
Mi avete visto, eppure non credete. “Io non perdo nulla di quanto il Padre mi ha dato”.
All’inizio del capitolo 6, dopo che hanno mangiato, vengono raccolte 12 ceste, perché nulla vada perduto.
Gesù: “Io risusciterò quelli che il Padre mi ha dato”. Fine scena.
Gesù adesso parla con i Giudei, a Cafarnao, non è più la folla.
I Giudei lo guardano e si chiedono: “questo è il figlio di Giuseppe, ma perché dice queste cose?”.
Gesù ribadisce : “Nessuno viene a me se non lo attira il Padre. Chi crede in me ha la vita eterna”
Non “avrà “: i verbi sono importanti.
Chi crede in me “ha” la vita eterna. Non “ha avuto“, non “avrà “, ma “ha” la vita eterna.
I vostri padri hanno mangiato la manna, ma sono morti.
Giudei: “Come puoi darci da mangiare la tua carne e da bere il tuo sangue?”
Questo ve lo devo leggere. Ma ricordatevi che in questo momento noi non siamo cristiani, Gesù non è ancora risorto.
Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno, perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita e ha mandato me, e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non è come quello che mangiarono i padri e morirono, chi mangia questo pane vivrà in eterno.”
Gesù gli sta dicendo di mangiare la sua carne. Loro cosa intendono?
Quello che facevano le altre religioni. L’ambiente è quello.
Se vi dico a voi una cosa in romanaccio, non lo so, voi la intendete perché l’ambiente culturale è quello, se voi andate a Londra e dite la cosa in romanaccio, non vi capiscono. Cambia la cultura e cambia il modo di dialogare, di capire.
Chi è che va in crisi? I discepoli.
Cosa dice Gesù per far andare in crisi i discepoli: “Lo Spirito dà la vita, non la carne”.
Il discepoli forse pensavano: “Ma scusa, due secondi fa hai detto che era la carne che dava la vita e mò dici che è lo Spirito? Sei bipolare!”
Gesù: “Alcuni di voi non credono”.
Molti lo abbandonarono. Cosa succede quando molti abbandonano Gesù?
Gesù dice: “No, per favore, rimani qua, questa è casa tua”?
No, invece dice: “Ve ne volete andare pure voi?”. Quella è la porta” gli dice Gesù. Perché?
Allora, anzitutto, chi è la folla?
Non abbiamo una definizione di folla. In campo filosofico rientra nel problema del rapporto tra l’uno e molteplice, ma non sono affari che ci riguardano.
Noi siamo una folla? No, siamo un gruppo, ok. Se ci fossero duecento persone in più, saremmo una folla?
Quindi è il numero di persone o la dimensione della stanza? Perché se la stanza è un metro quadro e ci sono duecento persone, è una folla. Quindi cos’è una folla?
E’ qualcosa di non identificato, non ha né capo né coda, è qualcosa di fluido.
E’ una folla che vede i segni ma non crede. Ha visto i segni, ha mangiato. Ha visto soprattutto il segno della guarigione del capitolo precedente. E ribadiscono che vogliono un segno, quindi i segni non permettono di credere. Se io cambiassi questi fiori da bianchi in rossi, i cuori non cambiano, non fa sì che la fede inizi.
Nella tradizione ebraica, apocalittica ebraica, si aspettava un nuovo Mosè. Quale è il segno che fece Mosè nel deserto? Fare scendere la manna dal cielo. Per questo chiedono la manna i Giudei.
Vuoi dimostrarci che sei il Messia? Dacci da mangiare la manna dal cielo.
E dove lo fa questo Gesù? A Cafarnao. Cafarnao è un luogo il cui nome significa “posto sperduto” o anche “posto smarrito” o anche “confusione” e Gesù va a Cafarnao ancora prima che ci vada la folla. Gesù ti incontra in quel posto dove tu ti stai andando a ficcare ancora prima che tu ci vada, che è un posto di perdizione e Gesù ti anticipa. Però c’è un problema, la folla continua ad avere una visione orizzontale: risolvimi i problemi di oggi, non mi interessa la mia relazione con Dio perché il mio problema è mangiare, risolvi questo problema.
Voi non siete venuti perché avete visto i segni ma perché vi ho saziati. È una visione orizzontale della religione.
Gesù, invece, che cambia da carne a spirito, preme sul credere, perché l’eucaristia è di coloro che credono; provate a chiedere a qualcuno che non crede cosa vede nel corpo e nel sangue di Cristo. Gesù sottolinea, che la manna non cambiava il cuore dell’israelita.
L’israelita, dopo che aveva mangiato la manna accompagnata dalle quaglie, continuava a peccare, continuava ad andare contro Dio, continuava a non volerne sapere di Dio, erano pochi coloro i quali seguivano Dio con tutto il cuore, certamente Mosè.
Nella sinagoga con i giudei, gli stessi anziani del popolo di Israele (i giudei) fanno fatica a credere nella vita eterna (non tutti credevano nella vita eterna) e chiedono quel pane di vita. Ma il problema rimane l’assenza di fede.
Ancora il risorto non c‘è. Fede, speranza e carità non sono un regalo a basso costo che Dio ci ha fatto. Prima del cristianesimo fede, speranza e carità tendenzialmente non erano le virtù teologali ottenute dalla croce. La nonna, che noi oggi prendiamo in giro perché sta in chiesa a recitare il rosario, ha forse più fede di uno Mosè. Questo giusto per capire il dono che il Signore ci ha fatto.
Allora proviamo a tirare le somme, vi espongo la mia riflessione.
Il Concilio Vaticano secondo, nei testi Ad Gentes e Nostra Aetate, spiegano che nelle altre religioni prima della venuta di Cristo, il Signore ha lasciato dei segni come tracce affinché quei popoli potessero arrivare a Dio in una qualche maniera. Perché ricordatevi che Dio non è estraneo a questo mondo, Dio non è un’entità che è a latere del mondo o dell’universo.
Se volete immaginarlo Dio contiene l’universo tutto, contiene anche l’inferno, non c’è niente che è fuori da Dio. Lo stesso inferno cadrebbe nel dimenticatoio, se Dio non lo sostenesse nell’essere.
Dio è giusto, è misericordioso, quello che dona la vita anzitutto, non la toglie.
Quindi questi popoli stanno al cuore di Dio. L’etrusco sta al cuore di Dio tanto quanto sto io al cuore di Dio. Perché l’etrusco non si dovrebbe salvare?
Quindi venivano dati a questi popoli dei modi per poter capire cosa la divinità (Dio) avrebbe fatto per loro. Ma lo comprendevano limitatamente.
Anche noi oggi, pur avendo determinati doni, spesso capiamo in maniera limitata.
Cosa fanno le religioni? E qui cerchiamo di capire perché l’oblitamento, la soppressione della religione.
Le religioni, “religere” la parola latina più vicina è “legare a sé”, rilegare” (anche se noi oggi capiamo un’altra cosa per rilegare), sono il tentativo dell’uomo di arrivare a Dio.
Io con la mia meditazione arrivo ad avere quei poteri che la divinità mi potrebbe dare; arrivo a ottenere la vita eterna; arrivo a rianimare un cadavere; arrivo alla visione, alla profezia, a capire i segni futuri.
Il sangue ha qualche relazione con questa potenza, lo abbiamo visto nelle altre religioni, ma non arriva a Dio. Nel Salmo 49 c’è una spiegazione bellissima: “Se avessi fame, a te non lo direi; mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori? berrò forse il sangue dei capri?” Vedete questo era l’humus di Israele stesso.
Allora, quello che fa la folla che cos’è?
Vede Cristo, ma non capisce il segno del pane, non lo riesce a comprendere, così come forse noi non riusciamo a comprendere la Messa. Quindi neanche si prepara alla Messa…neanche ci prepariamo alla Messa.
Qual è, secondo voi, la preparazione corretta che un cristiano dovrebbe avere alla Messa?
Vi do delle opzioni: dire il Rosario ogni giorno; fare delle opere di carità; perdonare chi ci ha fatto del male; vestire gli ignudi; dare da mangiare agli affamati; farsi prossimo al mio familiare che mi ha molto ferito; amare mio marito, amare mia moglie anche se…puntini di sospensione; sopportare mio figlio o mia figlia anche se…puntini di sospensione…lasciare liberi i figli di fare i loro errori.
La preparazione è in vista di qualcosa di importante. Ester lo dimostra. Ester sta andando da un Re umano, ma è qualcosa di importante.
Se voi oggi doveste andare dal Papa passereste una settimana, le donne forse due, per andare all’incontro con il Papa. Ed è umano. Non è la Messa! Questi sono i famosi “oli” di Ester, i famosi “profumi” di Ester.
Sono la preghiera? Certamente. La meditazione della Bibbia? Indubbiamente
Ma la prima cosa, e chi confessa lo sa, è perdonare chi mi ha fatto del male…è la cosa più complicata. Non si può andare a Messa senza quella preparazione!
Vedete che nel momento in cui quello cambia, cambia il vostro atteggiamento esteriore: quando una persona è rozza interiormente lo è anche negli atteggiamenti esteriori.
Prima non ci credevo. Poi, piano piano, l’ho notato..è vero così…una persona rozza…poi quando sono le donne rozze ancora peggio…diventano di una volgarità assurda!
È il famoso gioco a ribasso: più sei rozzo più volgare diventi e meno riesci ad apprezzare, meno hai quel gusto spirituale delle cose che non si vedono e che non puoi gustare con la bocca, né sentire con le orecchie.
Quindi la fede è quel qualcosa di più… che la gente dice: “Guarda quello che stupido!”
Perché ha fede…
Tommaso d’Aquino, di cui sono indegno confratello, diceva che la fede ci dà il potere di vedere quelle cose che con l’occhio non si vedono, quindi il potere di gustare quelle cose che con la lingua non si gustano.
La fede non è un deficit della ragione ma, se ben utilizzata è un potenziamento della ragione. (vedi Tantum ergo sacramentum). Perché il teologo riesce a capire che cosa non è la Trinità? Perché la ragione è aiutata dalla fede. Perché il teologo riesce a dire che in quelle religioni c’era l’immagine di quello che poi realmente sarebbe accaduto?
Perché ha, insieme a noi, il dono della fede. Che gli Israeliti non avevano e per questo non riuscivano a comprendere il discorso di Cristo pensando che il Cristo li volesse cannibali! Per questo gli dicono “sei pazzo! Il Dio di Israele non vuole neanche che noi sacrifichiamo i nostri figli a Baal!” Sapete come venivano sacrificati? Vivi o morti, non lo so: c’è questa statua di metallo, con un foro nella pancia, dove veniva acceso il fuoco e il bambino veniva sacrificato al dio Baal.
Perché? Perché il dio Baal era il dio della potenza, dei cieli. Bisognava far sì che stesse buono. E noi non sappiamo sacrificare i nostri di bambini! Non i nostri figli. Quali sono i nostri bambini? I nostri peccati! L’unica cosa che abbiamo di nostro sono i peccati. Non riusciamo a sacrificare i nostri peccati all’altare.
Chi ha fede?
Chi è battezzato ha fede, speranza e carità. Chi li cura, li ha vivi, per chi non li cura, non sono morti, sono come una pianta quasi morta: c’è la radice ma non ci sono gli effetti, non si vede cosa c’è fuori.
Se voi chiedete a una di queste persone: “cosa vedi in quel pane durante la messa?”, la risposta è: “perché non mi dà da bere il vino anche a me il sacerdote? Perché se lo beve tutto lui? Lui drinka e io no?”
Fa ridere, ma è anche triste…
Perché: che cos’è questo pane e questo vino che beviamo? A cosa servono (mettiamola sull’utilitarismo)? Qual è l’effetto che hanno in noi? Sono quegli effetti che lo sciamano, l’idolatra e le religioni precedenti cercavano ma non ottenevano. La guarigione dei corpi… La guarigione dello spirito è superiore alla guarigione di un corpo!
Siamo tempio dello Spirito Santo: cosa significa “essere tempio dello Spirito Santo”? Lo diciamo sempre: “io sono tempio dello Spirito Santo”, ma cosa significa? Dimmi: cosa significa?
Per favore, io non lo so. Gesù dice: “siamo amici di Dio”. Cosa significa “essere amici di Dio”? Questo è quello che non sappiamo della nostra non religione. La nostra non è una religione.
Noi non stiamo facendo nulla per accaparrarci Dio, è Dio che si vuole fare nostro amico, entra in noi, ci fa Tempio in modo tale che dentro di noi viva la Santissima Trinità.
Eh? Voi siete dei. Come??
Voi siete dei. Non lo dice Gesù?
Cosa significa essere dei? Partecipare alla natura divina di Dio. Noi siamo come Dio.
Nel sacrificio della messa, quando noi partecipiamo al sacrificio della messa viene in noi Colui il quale contiene tutto.
Se contiene tutto come fa a venire in noi? Perché noi diventiamo come Lui. C’è un’uguaglianza, non c’è altrimenti, matematico. Se Lui è superiore a me e Lui è dentro di me e io lo contengo, come posso contenere qualcosa che è incontenibile.
Perché divento come Lui in modo tale che io e Lui siamo la medesima cosa.
Non c’è più qualcuno che contiene l’altro. Questo è essere amici.
Aristotele quando parla dell’amicizia una delle proprietà dell’amicizia è la comunione dei beni e se uno è più ricco dona all’amico più povero, tanti beni quanti ne servono per la parità.
Cristo ti dice “sono tuo amico”; “vi ho chiamati amici”. Cosa serve a me per arrivare alla parità con Cristo? La sua divinità. Tutto. Quindi io partecipo alla natura divina. Cosa significa partecipare alla natura divina? Libro della Sapienza: la Sapienza viene descritta con 21 caratteristiche, 7×3=21; 7 = perdonate 70 volte 7; 3 = la Trinità ovvero perdonate come Dio.
Qual è la preparazione migliore per la messa? Chi è Dio? Una delle proprietà di Dio? Giusto e misericordioso.
Qual è il tempo in cui stiamo vivendo? Il tempo dell’uomo.
Qual è il tempo dell’uomo?
Il tempo della misericordia di Dio nei nostri confronti.
Quando moriremo sarà il tempo della giustizia, ora è il tempo della misericordia.
E il misericordioso che cosa fa?
Ha compassione di colui che soffre.
Cosa dobbiamo fare noi se vogliamo essere come Dio visto che lui ci da il potere di esserlo? Compatire.
January 7, 2024
Una questione di fede
di Costanza Miriano
Per quel poco che capisco di teologia, la questione in gioco con Fiducia supplicans è – riducendola fino all’osso – una questione di fede. Non è una roba di benedizioni discendenti o ascendenti, pubbliche o private, davanti all’altare o in fondo a destra, 15-20 secondi o 35. Non è neanche una questione di permettere o no certe condotte, lo sappiamo che la Chiesa non permette niente, ma perdona tutto, a differenza del mondo, che permette tutto, ma non perdona niente.
Il tema è la fede. Il punto centrale, o meglio la base della fede è, infatti, accettare che ci sia un punto di vista su di noi, sulla nostra vita, una parola – una Parola – che sia più degna di essere ascoltata di quello che pensiamo noi autonomamente, cioè più degna di fede, di quello che crediamo noi, di quello che viene dalla nostra mente, dall’inconscio, dalle idee, dal nostro mondo interiore.
La fede è incontrare qualcuno che afferma di dirti la verità su di te, e decidere di fidarti, appunto, di ascoltare, e poi di conseguenza di cercare di obbedire – ob-audire, ascoltare e vivere di conseguenza a quella voce perché capisci che è vera e quindi alla fine ti fa felice.
Al cuore del peccato originale, come racconta la Genesi con la mela e il serpente, infatti, c’è esattamente questo: l’uomo che vuole fare di testa sua, perché in fondo pensa di essere intelligente ed è convinto che Dio lo voglia fregare. Dall’altra parte invece c’è un Padre buono, il più buono di tutti, che ci dice cosa è meglio per noi, cosa ci fa vivere. Non per sadismo, non per il gusto di comandare, non per metterci delle regolette cretine, ma perché sa qual è il nostro vero bene.
La Chiesa annuncia all’uomo questa verità, perché come sposa di Dio che è nostro Padre, e quindi come nostra madre vuole che l’uomo viva, e sia felice, lui e i suoi figli, e i figli dei suoi figli. Questo vale per tutto ciò che la Chiesa annuncia da sempre all’uomo, compresa la questione dell’affettività dentro al matrimonio, e dell’omosessualità (sebbene non sia prudente accomunare così tanto le due questioni: un conto è un’affettività tra uomo e donna fuori dal matrimonio, ben altro conto è la ferita di cui l’omosessualità è conseguenza, ma questo è un passo successivo).
Nessuno, neanche la Chiesa, può essere più buono di Dio, perché Dio è il sommo bene. Se nel disegnare l’uomo maschio e femmina, nel mettere nel cuore la reciproca attrazione, ha pensato il bene dell’uomo, e se afferma – tramite la millenaria e immutata tradizione della Chiesa – che ciò che è fuori da questo disegno è male, qual è il vero motivo del fatto che con Fiducia supplicans si decide che si può dire che è bene un’unione contraria alla verità?
L’unica spiegazione è che qualche sacerdote, qualche teologo non creda in Dio, non creda abbastanza che il peccato frega l’uomo, per prima cosa. Il peccato fa stare male prima di tutto noi. Forse qualche sacerdote pensa che ciò che Dio dice all’uomo è sì, importante, ma non decisivo. Che Gesù sia uno che ci dà il buon esempio, non la Via, la Verità e la Vita. Che se lo si può imitare, bene, ma alla fine si può essere felici anche senza cercare di vivere in Lui.
Non credono che il Battesimo fa entrare in un’altra vita, la vita dei figli di Dio: quindi la via che la Chiesa indica non è per tutti gli uomini, ma per i battezzati. Tutti gli uomini possono essere battezzati, cioè diventare figli di Dio, ma non tutti lo sono e non tutti lo vogliono. Il punto del battesimo è svuotarti del tuo ego, disobbedire a te stesso, obbedire a Dio.
Noi – e forse oggi anche quelli della Dottrina della fede? – abbiamo fatto del cristianesimo una sorta di stoicismo, “tocca comportarsi bene”, ma il punto del cristianesimo è un altro. Non è la buona condotta, è che Cristo ha vinto la morte. Tu con Cristo apri una porta, e vedi la vita oltre la morte. Questo cambia tutto. La fede è un rapporto reale con la Persona di Dio, ma se manca il rapporto reale la fede è un macello, è un carnevale religioso, e paradossalmente questa apparente apertura della benedizione delle coppie omo va in questa direzione di un rapporto formale e vuoto con Dio. La fede è un’altra cosa, è vivere in Cristo, non è comportarsi bene, è innescare una vita su un altro livello, una vita che va oltre la morte.
Annunciare alle persone che va bene – letteralmente bene-dire – che rimangano nella loro morte non è misericordia, è non credere che la vita in Cristo sia più potente dei cavilli dei preti che non credono più.
Fiducia supplicans dunque dovrebbe chiamarsi sfiducia supplicans, più precisamente. È la sfiducia in Dio, alla fine, l’unica posizione che può indurre qualcuno a benedire la decisione di vivere stabilmente fuori dal progetto di Dio. Chi lo fa, evidentemente, non crede davvero che Dio fa nuove tutte le cose, ed è la Verità dell’uomo, o pensa che sia solo un’opzione possibile. Che è vera ma che è anche vero un po’ il contrario. Benedicendo una coppia dello stesso sesso – non due persone singole, che, lo ripeteremo fino alla nausea, sono sempre da benedire, sempre, in qualunque condizione si trovino – noi stiamo dicendo che quello che Dio dice sull’uomo e sulla donna magari è anche una bella cosa, ma può anche non essere ascoltato. Insomma pensiamo che Dio ci dia delle regole per fregarci, e non per farci felici.
È questo il peccato originale dell’uomo, pensare di saperla più lunga di Dio, non fidarci – sfiducia, appunto, non fiducia. Ma chi non si fida di Dio, alla fine non crede davvero che ci sia.
January 3, 2024
Fiducia Supplicans, una grande confusione la anima dall’inizio alla fine
di Costanza Miriano
Ho ascoltato il consiglio dei difensori di Fiducia Supplicans e l’ho letta con attenzione, fino in fondo, con la leale intenzione di cogliervi il bene e di cambiare la mia iniziale idea negativa. Poi l’ho riletta e sottolineata, ci ho riflettuto. Ma niente. Non c’è proprio possibilità di salvarla. Mi dispiace. Una grande confusione la anima dall’inizio alla fine. Molte parole che girano e rigirano a vuoto. Soprattutto c’è un vuoto logico che non viene mai colmato, fino all’ultima riga. Un vuoto enorme come un baratro. Un salto che viene spiccato senza nessuna spiegazione.
Come si passa dal benedire le persone singole, a benedire un’azione che fa il loro male? Che bisogno c’è? Che valore ha l’atto di benedire non una persona – cosa sacrosanta – ma la sua decisione di male, cioè di radicarsi in una situazione oggettivamente disordinata? Perché non la benedizione della persona, invece che della azione che oggettivamente la tiene attaccata alla sua ferita? Perché benedire il tumore, e non il malato di tumore? Qual è il significato? Qual è il bene? Non basta a far sentire accolta una persona omosessuale il fatto di essere benedetta, assolta, perdonata, abbracciata, incoraggiata a proseguire il suo cammino alla ricerca di Dio?
Praticamente la Dichiarazione dice e ripete in tutti i modi che la Chiesa ama tutti gli uomini, li ama e li accoglie anche quando sono nel peccato (cioè sempre, cioè tutti). Ripete poi che il matrimonio è solo fra un uomo e una donna, e che solo lì dentro “i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano”. Infine afferma – senza nessun passaggio che spieghi il senso – che le unioni omosessuali possono essere benedette, cioè si può dire che sono bene. Anche se poco prima si è detto che sono innaturali, inadeguate e non pienamente umane.
Mi sfugge il passaggio logico. Ho riletto alla ricerca delle parole che lo spiegassero, ma non c’è. Tante parole che coprono questo vuoto, e non rispondono all’unica domanda che suscita il documento. Perché non dovrebbe bastare che Gino e Pino vengano benedetti come persone? Perché si dovrebbe benedire il loro avere rapporti “innaturali, inadeguati e non umani”, come dice il documento stesso? Che poi io una benedizione così manco la vorrei: “tienitela pure”, direi al sacerdote che dovesse fare tutti questi distinguo. La verità è che più di così non si poteva dire, al momento, senza cambiare il Catechismo. È ovvio che tutte le persone possono e devono essere benedette, ma non tutte le loro azioni. Non l’azione dello stare insieme (trovo molto temerario e improprio anche il fatto di usare la parola coppia per due persone dello stesso sesso, dal punto di vista della Chiesa). Ma perché non si possono benedire le unioni?
Certo, io non sono teologa e sono solo andata al catechismo, ma una cosa mi è chiara. Il peccato offende Dio non perché Dio sia un legislatore sadico e dispettoso, che ha messo delle regole a suo piacimento. La legge di Dio è come funziona il cuore dell’uomo, andare contro la legge fa soffrire. Dio non benedirà mai ciò che ci fa male. Dio è il Padre più tenero e innamorato, e quello che ci dice di non fare è quello che fa male prima di tutto a noi, esattamente come un buon padre o una buona madre si farebbero ammazzare per i propri figli (e lui lo ha fatto), ma non potranno mai incoraggiarli quando vanno a farsi del male. La mamma benedice e accoglie il figlio drogato, ma non benedice il suo atto di drogarsi; il padre benedice il figlio ladro ma non benedirà l’atto di rubare. Sinceramente mi fa anche ridere scrivere simili banalità da quarta elementare e non mi spiego come si sia potuta creare questa confusione, davvero impresentabile a livello logico prima ancora che teologico. A meno che non ci sia un fine che io nella mia ingenuità non vedo.
Ne consegue che o si cambia il CCC sull’omosessualità, smettendo di dichiarare i rapporti sessuali con persone dello stesso sesso “intrinsecamente disordinati”, oppure si correggerà il tiro della presente dichiarazione, anche ascoltando – in nome della sinodalità – le voci di diverse conferenze episcopali nel mondo, come quella polacca, ungherese, kazaka, diverse africane e altre, più alcune voci di singoli pastori in Italia e in tutto il mondo, e anche l’affermazione della Chiesa ortodossa, che dichiara chiusa in seguito questa posizione della Cattolica ogni possibilità di ricongiunzione.
Ma io prima di tutto vorrei che venisse ascoltato il grido di dolore delle persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, e che finora hanno trovato nella Chiesa l’unica voce che indicasse loro la verità. Perché io non so dove vivano quelli che lavorano alla Congregazione per la Dottrina della fede, ma nel mondo, almeno in Europa, Usa, Canada, in tutto il mondo occidentale l’omosessualità è non solo non condannata né stigmatizzata, ma anzi incoraggiata. I colossi dell’entertainment pagano dazio alla lobby mettendo almeno una coppia dello stesso sesso in ogni serie o film, altrimenti neanche ottengono l’imprimatur. Le scuole promuovono le carriere alias anche contro la legge, attivisti del mondo lgbt vengono chiamati a pontificare per insegnare a tutti che quello è l’amore vero, perché bisogna essere inclusivi (che orrore leggere quella parola anche in Fiducia supplicans, ormai l’unica opera che non usi “inclusivo” nel suo vocabolario è il Vangelo, e io due domande me le farei). Quindi, se il motivo di questa dichiarazione fosse che la Chiesa si sente in dovere di non far sentire giudicate le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, io vorrei dire che la Chiesa non deve farsi mettere all’angolo dal mondo, magari per paura di dispiacere, ma deve essere umilmente fiera di Cristo che sa, solo Lui, cosa è nel cuore dell’uomo, solo Lui lo sa! A giudicare le persone omosessuali è solo il loro personale dolore, è la verità intima che li fa soffrire, non lo stigma sociale. Ma quello che si aspettano dalla Chiesa è la Verità, che ci fa liberi davvero, e un incoraggiamento a proseguire nella ricerca di Dio, perseguendo la castità, come molti omosessuali cattolici fanno. Sono loro le vere vittime di Fiducia supplicans.
Infine, a chi dice che si sta sempre con il Papa, rispondo che sono d’accordo. Sono pronta a morire per la Chiesa, davvero. Ma essere con il Papa significa anche esercitare la corresponsabilità dei fedeli laici e aiutare a far sì che intervenga presto una correzione del tiro che è richiesta da tante autorevoli voci di pastori nel mondo, e che non dubito avverrà presto, essendo questo un pronunciamento evidentemente provvisorio, dal momento che apre e lascia sospese troppe questioni di fondamentale importanza.
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