Andrea Indini's Blog, page 145
July 1, 2014
Sbarchi, è allarme infezioni. Ma i medici: "È solo varicella"
Alla tragedia dei trenta immigrati morti per asfissia nella stiva del vecchio peschereccio adesso si aggiunge l'allarme vaiolo. Un allarme che, sebbene isolato e tenuto sotto controllo dalla Marina Militare, ha subito messo in allerta i poliziotti che lavorano a stretto contatto con i clandestini che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste. Al termine delle analisi di laboratorio svolte dall’Istituto Nazionale per le malattie infettive "Spallanzani" di Roma, il ministero della Salute ha prontamente assicurato che il paziente è affetto da varicella. Una notizia che rassicura ma che non sposta di un millimetro il problema infezioni.
Ieri sera la nave "Orione" destinata ad arrivare al porto di Catania ha registrato, tra i circa 400 immigrati che sono a bordo, due possibili casi di vaiolo. Una malattia, come è noto, molto contagiosa e letale. Probabilmente per questo motivo, all'ultimo momento, la "Orione" non è stata fatta entrare nel porto etneo. Un primo paziente è stato subito "isolato a bordo" ieri pomeriggio e, come ha prontamente assicurato il ministero della Salute, "sono state attivate le procedure necessarie di routine previste per giungere alla diagnosi del caso". L'allarme scattato ieri sera riguardava il protocollo seguito per patologie che vanno da una semplice influenza aviaria a una febbre emorragica come l’Ebola. In questo caso, però, i medici temevano si trattasse di vaiolo. E i casi, nel corso delle ore, sono diventati due. Tanto che da Catania è arrivato un elicottero attrezzato per il trasporto di malati infettivi.
Lo stato di allerta è durato meno di 24 ore l’allarme. Al termine delle analisi di laboratorio, che hanno determinato l'infezione da varicella, il paziente è stato trasferito allo Spallanzani per essere curato. Il ministero della Salute ha, quindi, tolto le misure quarantenarie adottate ieri sui contatti stretti del paziente. Il regolamento, varato nel 2005 dall’Oms, comprende una serie di misure a gravità crescente, che possono andare dal rifiuto di ingresso del soggetto nel paese alla quarantena per tutte le persone che sono state in contatto con la fonte di infezione in caso di virus mortali. Nei giorni scorsi, dopo i primi casi di poliziotti contagiati dalla tbc, si è spesso parlato della possibilità di arrivo di casi di virus Ebola, ma tutti gli esperti internazionali, a partire dall’Oms, sono stati sempre concordi nel ritenere improbabile l’eventualita, perché questo tipo di febbre emorragica si manifesta in poche ore, mentre chi arriva sui barconi ha viaggiato in genere per diversi giorni. "La nostra recente denuncia sui casi di Tbc di cui sono state vittime le forze dell’ordine, assurdamente minimizzata dal Viminale, trova quindi oggi altre clamorose conferme - tuona Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia Sap - la situazione è gravissima per le forze di polizia e anche per i cittadini. Non accetteremo - conclude - come poliziotti, di essere sacrificati".
Dopo la tragedia dei trenta immigrati morti ieri, scoperti due stranieri infetti. Il Sap denuncia: "Si tratta di vaiolo". Ma si tratta di varicella
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Andrea Indini
Tragedia in Sicilia: trenta cadaveri su un barconeNon c'è più posto, corpi nei camion frigoSalvini: "Camicie di Renzi e Alfano sporche di sangue"Quella finta promessa buona per ogni ministro
June 30, 2014
Tragedia nel canale di Sicilia: trenta cadaveri su un barcone
Ancora una tragedia nel Canale di Sicilia. Una trentina di immigrati sono morti, forse per asfissia, a bordo un vecchio peschereccio su cuisono state stipate oltre seicento persone. Quando in nottata la Grecale, una nave della Marina militare, ha raggiunto il natante, per alcuni di loro non c'era già più niente da fare. Una tragedia annunciata che porta i nomi di colpevoli ben precisi: da una parte quell'Unione europea che, al di là di un pugno di vaghe promesse, non scende in campo al fianco dell'Italia; dall'altra il governo Renzi, e in particolar modo il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che subendo passivamente l'operazione "Mare Nostrum" non è in grado di opporsi a un'emergenza sempre più allarmante.
L’ondata di clandestini e profughi che cercano di raggiungere l'Italia fuggendo dalle guerre e dalla disperazione non si arresta. Dall’inizio del 2014 sono già oltre 60mila gli uomini, le donne e i bambini salvati nel canale di Sicilia. È ormai evidente non solo che verrà superato il record raggiunto nel 2011, quando si superò i 63mila arrivi, ma anche che è sempre più realistica la previsione dei tecnici del Viminale che non escludono la possibilità che si arrivi a 100mila persone entro la fine dell'anno. E così, mentre il governo non prende provvedimenti seri e si bea delle misure tampone offerte da Bruxelles, un'altra tragedia annunciata torna a macchiare le acque del Mar Mediterraneo. Stipati in una parte angusta del barcone, una trentina di immigrati sono morti molto probabilmente per asfissia. Proprio la posizione in cui si trovavano i corpi ha impedito l'immediato recupero da parte dei militari della Grecale: solo un paio di cadaveri sono stati portati a bordo della nave militare che ha poi scortato il barcone verso il porto di Pozzallo. "Le camicie di Renzi e Alfano - ha commentato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini - sono sporche di sangue".
Quella che si è conclusa in nottata tragicamente è stata un’altra giornata di soccorsi per gli uomini e le unità del dispositivo Mare Nostrum. Oltre all'intervento della Grecale, le navi della Marina militare e della Guardia costiera hanno soccorso sette barconi nel solo fine settimana. Complessivamente sono state salvate 1.654 persone, tutte partite dalle coste del Nord Africa. L'ennesimo fine settimana di soccorsi ripropone il problema di come uscire dal vicolo cieco in cui si è finiti con l’operazione "Mare Nostrum" varata proprio dopo la strage di Lampedusa. Perché, sebbene grazie alle navi italiane siano state salvate migliaia di vite, non solo è stato impossibile evitare del tutto le morti ma sono stati attirati nuovi disperati. Le partenze sono infatti aumentate non appena le navi italiane hanno cominciato a pattugliare molto più da vicino le coste libiche. Al G6 di Barcellona Alfano ha ribadito che Mare Nostrum "deve diventare un’operazione europea", con Bruxelles che deve farsi carico "di questo peso" e mostrare "una strategia chiara". Parole che al summit di venerdì scorso non sono state però tradotte come l’Italia sperava. Se infatti sono state poste le basi per un rafforzamento di Frontex, che per il 2014 ha un budget di soli 90 milioni di euro (l'equivalente del costo di dieci mesi della missione Mare Nostrum), è saltato dall’accordo finale il "mutuo riconoscimento" delle decisioni sull’asilo, punto su cui il premier Matteo Renzi puntava non poco dal momento che, nel medio e lungo periodo, si sarebbe potuti arrivare al superamento di Dublino 3, il regolamento dell’Ue che costringe i migranti a fare richiesta d’asilo nel paese in cui sbarcano.
Il gran numero di arrivi sta mettendo a dura prova il sistema di accoglienza nei Comuni. E non è un caso che Antonio Satta, componente dell’ufficio di presidenza dell’Anci, sia tornato a chiedere al governo un intervento. "Bisogna mettere a punto - ha dichiarato - nuove misure per sostenere più da vicino i Comuni che in queste settimane stanno affrontando l’arrivo di immigrati. Serve un più stretto raccordo tra governo, Prefetture e Comuni. Ad oggi, l’iniziativa, non di rado, è stata lasciata a questo o quell’amministratore locale. Non possiamo pensare che tutto sia affidato alla buona volontà dei Comuni".
Stipati nella stiva di un vecchio peschereccio, sono morti per asfissia. È il fallimento di Mare Nostrum. Ma governo e Ue continuano a infischiarsene
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Andrea Indini
Un'altra strage ma l'Ue ancora non si muoveUn "caso clinico" allerta il ministero della SaluteImmigrati, lo Stato non sa dove mettere i cadaveriLa Grecale recupera il barcone coi trenta morti
Un'altra strage di immigrati ma l'Ue ancora non si muove
I numeri fanno spavento. Cinquemila disperati sbarcati solo nelle ultime quarantott'ore, quasi 65mila nei primi sei mesi dell'anno. Che l'operazione "Mare Nostrum", varata dopo la strage di Lampedusa, fosse un fallimento è ormai sotto gli occhi di tutti da troppo tempo. Eppure l'Unione europea ha dovuto aspettare i cadaveri dei trenta immigrati, morti per asfissia nella stiva di un vecchio peschereccio, per tornare a considerare l'immigrazione un'emergenza. Peccato che le soluzioni partorite da Bruxelles nelle ultime ore non sono tanto diverse da quelle prese lo scorso ottobre e, proprio per questo, difficilmente riusciranno a fermare gli sbarchi ed evitare nuove tragedie in alto mare.
"Altri trenta morti su un barcone. Altri trenta morti sulla coscienza di chi difende Mare Lorum. Le camicie di Renzi e Alfano sono sporche di sangue". Matteo Salvini è il primo a scagliarsi contro un governo inerme che, al summit di settimana scorsa, si è lasciato beffare dalle solite, vacue promesse dell'Unione europea. Con l'operazione "Mare Nostrum" Bruxelles non ha fatto altro che incentivare un flusso di clandestini che pare inarrestabile. E, sebbene i tecnici del Viminale abbiano stimato che entro la fine del 2014 potrebbero arrivare altri 40mila immigrati, Renzi non è riuscito a obbligare l’Ue ad affrontare direttamente un’emergenza non italiana, ma europea. Nemmeno i trenta immigrati morti nel Canale di Sicilia sembrano aver risvegliato le coscienze degli euroburocrati.
Jean-Claude Juncker, designato dai 28 come prossimo presidente della Commissione Ue, sta valutando l'ipotesi di inserire nella squadra per il nuovo esecutivo europeo un commissario dedicato alla questione delle migrazioni. Sfonti vicine a Bruxelles, la questione sarà dibattuta dopo il 16 luglio, giorno in cui l'ex premier del Lussemburgo sarà formalmente eletto dall'Europarlmento. "In ogni caso un commissario per le migrazioni e la mobilità è una delle opzioni allo studio della sua squadra di consiglieri", precisa la fonte vicina a Juncker ricordando che, nelle ultime Commissioni, il tema dell’immigrazione è stato parte della competenze del commissario agli affari interni. Un'operazione che, nonostante l'emergenza, sarà destinata ad andare per le lunghe. Anche perché il piano della stessa Commissione Ue per aiutare l'Italia è tutt'altro che pronto. E, anche quando sarà messo nero su bianco e approvato, non servirà a rimettere in bolla l'emergenza. "La Ue sta cercando il modo di contribuire maggiormente dal punto di vista finanziario - spiega il commissario agli Affari interni Cecilia Malmstrom - ma nell’ambito delle risorse esistenti, per aiutare l’Italia nei suoi sforzi di gestione della pressione crescente di migranti e richiedenti asilo".
Le dichiarazioni che arrivano come un'eco lontana da Bruxelles sono solo promesse che vanno ad aggiungersi ai buoni propositi lanciati negli ultimi mesi. Troppe chiacchiere, niente fatti. "I vigliacchi dell’Unione europea e delle Nazioni unite sono in grado solo di presenziare ai funerali", sbotta Maurizio Gasparri. Nelle prossime ore Forza Italia tornerà a chiedere al parlamento il blocco totale dell'operazione "Mare Nostrum". Di certo non uno dei migliori biglietti da visita per il premier Matteo Renzi che, lanciando la road map per il semestre italiano, ha decantato l'Europa come "luogo di speranza".
L'ennesima tragedia al largo delle coste italiane fa scoppiare nuovamente la polemica. L'Ue non muove un dito: "Più aiuti ma con fondi già esistenti". Sbotta Forza Italia: "I vigliacchi di Bruxelles sono in grado solo di presenziare ai funerali"
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Andrea Indini
June 28, 2014
Fini, l'illuso ct della destra senza nemmeno la squadra
L'ex per eccellenza si riaffaccia sull'imperturbabile mondo della politica. L'ex presidente della Camera Gianfranco Fini (al tempo fondatore di Alleanza Nazionale, confondatore nonché traditore del Pdl e, da ultimo, fondatore di Futuro e Libertà) annuncia il ritorno nell'agone politico. Starà a bordo campo: non più centravanti ma allenatore della "squadra della nuova destra". Ma la squadra con cui andare in gol? Non c'è mica. Aldilà del desolante video in cui un ingessato Fini veste i panni di un improbabile ct, eccolo arringare un centinaio scarso di curiosi accorsi al Palazzo dei Congressi di Roma.
Fini ci riprova, ancora una volta. Colleziona fischi e fiaschi. Dopo il clamoroso flop di Futuro e Libertà, nel vano tentativo di far fuori Silvio Berlusconi e il Pdl, s'inventa Partecipa, una sorta di associazione con l'obiettivo di coinvolgere la società civile per "l'Italia che vorresti" e per chiedere "la tua idea per la destra che non c’è". Slogan alla Fini, come ne abbiamo sentiti a bizzeffe quando i futuristi andavano di moda sui quotidiani progressisti. Il refrain suona grossomodo così: la destra non c’è perché è "troppo divisa", ci sono "troppe ripicche" ed fiaccata da "troppi personalismi". Se non si scuote, è l'avvertimento dell'ex politico che studia da allenatore, la destra "rischia di far governare per i prossimi vent'anni la sinistra per la totale assenza di competitori credibili come forze di governo". Ieri la minaccia Berlusconi, oggi lo spauracchio di Renzi. Stesso schema, stesso Fini - solo un tantino più sfiancato dagli ultimi fallimenti elettorali. D'altra parte il neo curriculum da allenatore deve fare i conti con le (scarsissime) prestazioni da centravanti, sempre a traino di un bomber come Giorgio Almirante prima e di un fuoriclasse come Berlusconi dopo. Quando ha dovuto correre da solo, con Italo Bocchino e Fabio Granata ad crossargli la palla, ha dovuto fare i conti con un'amarissima retrocessione.
Questa mattina, al Palazzo dei Congressi di Roma, c'era qualche centinaia di persone. Forse, anche meno. Pochi i volti noti della vecchia stagione politica: Nino Lo Presti, Antonio Bonfiglio, Claudio Barbaro, Giuseppe Consolo, Roberto Menia, Enzo Raisi. Il proposito di Fini è "guardare avanti", senza "sterili sfogatoi" o "psicanalisi collettiva". Del passato resta (perlomeno) la consapevolezza di "aver commesso degli errori". Non pochi, aggiungeremmo noi. Che oltre al tradimento dell'elettorato del Pdl ci torna in mente la figuraccia della casa di Montecarlo. Ma non bisogna infierire. Anche perché Fini non intende affatto pentirsi: "Il tempo è galantuomo e oggi dobbiamo cercare di ragionare rivolgendoci non tanto ai partiti di destra o di centrodestra presenti in parlamento ma ai tantissimi italiani disorientati e delusi per la condizione del centrodestra. Quegli italiani che hanno voltato le spalle al centrodestra: chi si è astenuti, chi ha votato Grillo, chi ha votato Renzi". E anche ai "delusi da Futuro e Libertà che ha avuto un risultato catastrofico". Un'azione politica con tempi lunghi, senza "cercare scorciatoie: non avrà alcun senso parlare di alleanze, bussare alle porte di questo o di quello. Siamo fuori dal Palazzo, perchè così hanno voluto gli elettori, e dobbiamo agire al di fuori dal Palazzo".
Con l'obiettivo di "ridefinire un’identità della destra", Fini si guarda bene dall'appropriarsi dello slogan renziano della "rottamazione" perché, dice, "non si butta alle ortiche una storia". Eppure Partecipa sembra un versione vorrei-ma-non-posso della Leopolda. "La destra deve alzare la bandiera del rinnovamento, di valori e principi ma anche di volti - scandisce l'ex presidente della Camera - la presunzione non è quella di tornare in campo, ma di allenare insieme ad altri una squadra che sia in grado di giocare e tornare a vincere". Il ct è pronto. Sta lì a bordo campo. Si chiama Gianfranco. E sogna di avere una squadra con cui tornare a giocare al pallone.
Fini: "Sarò l'allenatore della nuova destra". Ma la squadra non c'è. Resterà il sogno di un ex "centravanti" mai andato in gol
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Andrea Indini
Gianfranco Fini alla convention ''Partecipa''
June 27, 2014
La finanza islamica non conosce crisi: opportunità o suicidio per l'Europa?
Mentre le coste del Vecchio Continente sono sempre più l'ultimo approdo per centinaia di migliaia di immigrati, che vanno a ingrossare le fila dei disperati messi in ginocchio dalla crisi economica, la finanza europea viene invasa da milioni di dollari dei paesi musulmani. Nel 2007 il governo britannico fu tra i primi nell'Unione europea a studiare un quadro legislativo per incoraggiare lo sviluppo della finanza islamica. "Il sistema fiscale e i regolamenti devono incoraggiare lo sviluppo di prodotti conformi alla sharia - spiegava l'allora segretario al Tesoro, Ed Balls - in modo da fare del Regno Unito un centro mondiale della finanza islamica". Oggi l'Inghilterra è il polo di maggiore attrazione a livello europeo. A Londra sono già sei le banche islamiche e il Tesoro britannico ha annunciato l'emissione dei primi sukuk (gli equivalenti delle nostre obbligazioni) per un valore di circa 200 milioni di sterline.
Nel 2013 Londra ha ospitato la nona edizione del World Islamic economic forum. Parteciperanno oltre 1800 politici ed esponenti del mondo della finanza sotto l’egida del premier David Cameron che vuole fare della capitale britannica un hub degli investimenti sharia compliant potenziandone l’offerta già proposta da oltre venti istituti in tutto il Paese. Tanto che il London Stock Exchange sta studiando un indice islamico che accorpi tutte le possibilità di investimento. Londra è sicuramente all'avanguardia, ma l'attenzione sta crescendo in tutta Europa. Con il Lussemburgo che rappresenta l'8% della finanza islamica globale e l'Irlanda che rappresenta il 7%. Nel 2008 proprio in Lussemburgo è stata costituita una task force ad hoc per identificare gli ostacoli allo sviluppo della finanza islamica. Secondo uno studio presentato a Milano dallo studio legale Nctm in occasione della tavola rotonda Islamic Finance: an option to boost the Italian Economy, il mercato globale degli asset della finanza islamica vale circa 1,7 trilioni di dollari. Negli ultimi quattro anni è cresciuto del 18%. Alla fine del 2014 si prevede raggiungerà quota 2 trilioni di dollari e nel 2020 gli asset della finanza islamica potrebbero valere 6,5 trilioni. Una crescita a dir poco fenomenale rispetto a quella dei Paesi tradizionali.
La finanza islamica si basa su alcune interpretazioni del Corano. Pertanto i suoi prodotti devono essere adatti e aderenti ai dettami della sharia: non si possono ottenere interessi sui prestiti; gli investimenti devono essere socialmente responsabili; i rischi e i profitti devono essere equamente condivisi tra debitore e creditore. Da quando hanno iniziato a essere aperte, le banche islamiche sono costantemente cresciute del 10-15% all'anno, circa il doppio del tasso di crescita delle attività convenzionali. Anche i ricavi sono cresciuti con un ritmo velocissimo: +44% all'anno. "Gli istituti finanziari islamici - sottolineano gli esperti - hanno profitti come quelli tradizionali, ma hanno anche gli stessi rischi". Secondo i dati dell’Islamic financial sharia board dello scorso 24 ottobre, i 671 fondi disponibili a livello globale gestiscono 1.600 miliardi di dollari circa in asset. Un impero che potrebbe lievitare a 5 miliardi entro il 2020.
In Italia la possibilità di intercettare questi capitali e attivare le conseguenti opportunità è pressoché nulla. Manca, innanzitutto, la previsione di strumenti finanziari che si adeguino alla legge islamica e al momento non ci sono proposte di legge che vadano in questa direzione. "A livello europeo - spiegano gli esperti - non c'è un approccio comune alla finanza islamica, ognuno gioca per sé e, a livello centrale, si dibatte poco anche perché l'islam è diverso in tutto il mondo". Qualche mese fa lo stesso Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, aveva invitato gli istituti nostrani ad attrarre capitali stranieri interagendo con quei sistemi che obbediscono ai principi della finanza islamica. Sebbene siano tutti concordi nell'incensare le opportunità di investimento, qualcosa proprio non torna. Perché la sregolata finanza occidentale dovrebbe piegarsi al diktat del radicalismo islamico?
Il mercato globale della finanza islamica vale 1,7 trilioni di dollari. Negli ultimi quattro anni è cresciuto del 18%. Perché la finanza occidentale si sta piegando al radicalismo islamico?
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Andrea Indini
June 25, 2014
Renzi spernacchia i grillini: "Il vostro è il Grande Fratellum"
Finisce a pernacchie. Com'era da immaginarselo. Con Matteo Renzi che, dopo aver dato lezioni di educazione civica, detta ai grillini cinque condizioni per riformare la legge elettorale. "Il Democratellum - spiega alla delegazione stellata - non solo non garantisce la governabilità, ma ha per di più un sistema di preferenze che ricorda le nomination del Grande Fratello". Le trattative, però, non sono chiuse. Il Pd è disposto ad accettare le preferenze a patto che i grillini cedano sulla governabilità.
Tocca a Luigi Di Maio dare il via al vertice tra Cinque Stelle e democrat sulla legge elettorale al quale, all'ultimo momento, decide di prendere parte anche il presidente del Consiglio. Dopo un breve preambolo il vicepresidente della Camera cede la parola al deputato pentastellato Danilo Toninelli per illustrare il Democratellum. Lo streaming appare come un pigro confronto più attento a quello che possono pensare gli internauti piuttosto che trovare una vera intesa. Anche perché bastano le prime, calibrate schermaglie per capire che i contatti sono minimi. Da una parte il grillino Danilo Toninelli che boccia la riforma sottoscritta da Renzi e Berlusconi: "Abbiamo paura che possa capitare con l’Italicum quello che è capitato col Porcellum: pensiamo che Italia non si possa permettere una crisi istituzionale di otto anni come è capitato col Porcellum". Dall'altra lo stesso Renzi che stoppa la proposta avanzata dagli stellati: "Il Democratellum è molto interessante sotto tanti aspetti ma gravemente deficitario sotto il profilo della governabilità". Quel poco di pepe all'incontro trasmesso in streaming ce lo mette proprio il premier che decide di partecipare all'incontro solo all'ultimo momento.
Scrivere le regole insieme, insomma, non sembra poi così semplice. A partire dalle anti preferenze che, nell'immaginifico mondo grillino, tolgono voti ai partiti a botte di meno-un-decimo. Un sistema che a Renzi "ricorda più la nomination del Grande Fratello" che un sistema elettorale serio. Tutt'altro discorso per quanto riguarda le preferenze. "Non abbiamo problema con le preferenze...", dice Renzi facendo notare, tra un sorrisetto e l'altro, il caso del Nord Est dove il primo degli eletti stellati ha preso 30mila voti mentre Alessandra Moretti (presente al confronto) 230mila. Sulla governabilità, però, il Pd non è disposto a mollare di un millimetro: "È assolutamente fondamentale che chi vince le elezioni il giorno dopo governi". E su questo punto cala l'asso, una sorta di do ut des per ingolosire la pletora grillina: "Siete disponibili a introdurre nella legge elettorale un elemento di ballottaggio che consenta di stabilire chi ha vinto al primo o secondo turno?". Un sistema teso a evitare "inciuci e larghe intese" e che, per questo, trova d'accordo anche i Cinque Stelle. "Il Porcellum non faceva altro che creare quella fretta di vincere - spiega Di Maio - dobbiamo fare una legge che permetta la governabilità ma che non crei le ammucchiate".
Il confronto tra Pd e M5S è solo all'inizio. Renzi lascia l'incontro ponendo cinque condizioni: governabilità, certezza di chi vince, riduzione dei collegi, nulla osta della Corte costituzionale alla nuova legge elettorale e dialogo sulle altre riforme costituzionali. Proposte che, entro fine mese, finiranno sul sito di Beppe Grillo perché gli attivisti stellati possano votarle. Una cosa è certa: dovranno essere i grillini a fare un passo verso l'Italicum, e non viceversa, se vogliono partecipare alla stesura della nuova legge elettorale. D'altra parte, all'interno del Pd, il Democratellum scritto da Toninelli è già stato ribattezzato Grande Fratellum e Complicatellum. Non certo un'ottima base da cui partire.
Toni concilianti, ma divisioni sostanziali. Renzi boccia il Democratellum ma apre sulle preferenze: "Ma solo se c'è governabilità"
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Andrea Indini
Di Maio: "Non è proposta a scatola chiusa"Renzi: "Con la vostra legge, ingovernabilità"
June 24, 2014
Il decreto fantasma
Il testo definitivo, a dieci giorni dal via libera del Consiglio dei ministri, ancora non c’è. Ma, a sentire i rumor di Palazzo Chigi, il decretone che riforma la pubblica amministrazione sembrerebbe in dirittura di arrivo. Gli occhi sono puntati sul Quirinale in attesa che Giorgio Napolitano, una volta ricevuto il pacchetto "rinnovato", firmi i nuovi decreti. Quello per la competitività delle imprese già sarebbe arrivato alla sua attenzione, mentre quello sulla pubblica amministrazione rivisto e corretto (e bollinato dalla Ragioneria dello Stato) ancora non è stato trasmesso al Colle. A far stoppare il decreto di "misure urgenti per la semplificazione e la crescita del Paese" sarebbero stati proprio gli uffici giuridici del Colle che ha rispetito al mittente un provvedimento disomogeneo per meterie e oggetto.
Il lavoro di limatura sta proseguendo intensamente. L'obiettivo è limare gli 82 articoli di un decreto pachidermico che nelle sue 71 pagine non aveva nemmeno né un indice né le relazioni tecniche e illustrative. Un vero e proprio pasticcio, insomma. Tanto che, svela il Corriere della Sera, il 13 giugno Napolitano avrebbe rispedito il decreto omnibus al mittente invitando il premier Matteo Renzi a "spacchettarlo" in almeno due provvedimenti ben distinti che non mischiassero più nodi tanto delicati, come i poteri a Raffaele Cantone o i tagli ai magistrati, con la riorganizzazione della macchina della pubblica amministrazione. Secondo fonti governative, alcuni nodi sarebbero già in via di soluzione. Come quello dello stop al trattenimento in servizio per i magistrati oltre i 70 anni. In una delle ultime bozze la misura sarebbe stata ammorbidita applicando il periodo di transizione a tutte le toghe, non solo a quelle nelle posizioni apicali, e comprendendo anche militari e avvocati dello Stato. Eppure la nuova versione del decreto ancora non è arrivata sul tavolo del Quirinale (se non qualche estratto disordinato via mail). Più passano le ore, più Napolitano si innervosisce.
Nonostante le rassicurazioni di Delrio e il mea culpa di Renzi, i problemi restano. E aleggiano su un decreto fantasma che, come fa notare Repubblica, ancora non porta il "bollino verde" del Tesoro sulle coperture economiche. In cima alle criticità c'è sicuramente il capitolo sull'anticorruzione. L'attribuzione dei nuovi poteri a Cantone dopo lo scandalo dell’Expo è stata chiesta a gran voce dal governatore della Lombardia, Roberto Maroni: "È incomprensibile che un decreto così urgente sia ancora un fantasma". Polemica subito frenata dal ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi: "Le cose le stiamo facendo e i lavori vanno avanti". In una delle ultime riscritture del testo restano fermi i poteri di intervento già annunciati che saranno gestiti insieme al prefetto. In sostanza Cantone propone, il prefetto commissaria singoli appalti. Le aziende nel mirino avranno, tuttavia, un minimo di tempo (30 giorni che si riducono a 10 nei casi più gravi) per adeguarsi e sostituire gli organi sociali. Tra le modifiche dell’ultima ora sarebbe saltata, invece, la norma che introduceva il documento unico di circolazione dei veicoli che dava, per il solo 2015, la possibilità di aumentare il bollo auto fino al 12%.
Problematici anche il capitolo sui distacchi e permessi sindacali, che partirebbero non più dal primo agosto ma dal primo settembre, e sull'abolizione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. E giù a limare, corregge, sistemare. Alla base l'errore (grossolano) di aver messo insieme temi e materie differenti che non avevano la stessa necessità e urgenza. Per esemprio, il taglio del 90% delle "propine" che spettano agli avvocati dello Stato e la soppressione di sezioni staccate dei Tar sono "norme odinamentali" che andrebbero tradotte in disegno di legge. Insomma, se Renzi non metterà una pezza sulla riforma della pubblica amministrazione Napolitano, la firma, non ce la metterà.
Avrebbe dovuto essere una "rivoluzione". Ma la riforma della pubblica amministrazione è un flop. Il Colle: il decreto va cambiato
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Andrea Indini
June 23, 2014
Rolling Stones, Grillo in tribuna vip: sfottò sul web
Fa pure lo splendido, Beppe Grillo. Dopo tutto in mezzo a politici, attori, registi e musicisti si sente a proprio agio. Figurarsi, mancare l’appuntamento con la storia della musica. Così, arriva per tempo ad assicurarsi un posto d'onore in tribuna vip e scatena la caccia al selfie tra i fan illustri delle Pietre rotolanti. Tanto che il comico stellato, da sempre insofferente ai privilegi ma evidentemente a suo agio nel parterre de roy al Circo Massimo, deve fare i conti con il mostro che lui stesso ha sempre cavalcato: il web, la sua tribuna.
Lontano dalla politica romana, il leader anti-privilegi si gode Mick Jagger e soci dalla tribuna d'onore. Si imbatte addirittura nel contestatissimo sindaco Ignazio Marino, mentre i suoi del Movimento 5 Stelle si affannano a minacciare a destra e a manca interrogazioni urgenti in Campidoglio per chiedere il rendiconto dei costi sostenuti dal Comune di Roma. È un paradosso degno di un comico. Ma qui c'è davvero poco da ridere. "Bella questa piazza, a quanto me la dai se te la chiedo io?", se la ride il Beppe nazionale con Marino. E il primo cittadino di Roma tutto divertito a confidare ai microfoni di Repubblica.it: "Pensavo fosse uno scherzo, non mi aspettavo di incontrare personalmente Beppe Grillo". Che scenetta. Ai due poco importa che il Circo Massimo sia stato svenduto per appena 8mila euro. Men che meno al sindaco della Capitale importa che le 70mila persone accorse da tutta Italia per ascoltare i Rolling Stones trasformino il Circo Massimo in una cloaca maxima. Fotografia di quell'Italietta contro cui il comico è solito sbraitare.
La Rete non ha digerito il Grillo in versione vip. I selfie, le strette di mano, gli ammiccamenti, le chiacchiere caciarone. Da Paolo Sorrentino a Roberto D’Agostino, da Emanuele Filiberto a Lucrezia Lante Della Rovere. E ancora: Sabina Guzzanti, Paola Cortellesi, Alex Britti e Zucchero. Per loro è tutto gratis. Chi non è in "lista", invece, arriva a sborsare finanche 120 euro per un biglietto comprato all'ultimo momento. I meno "fortunati", invece, si accontentano di ascoltare le note degli Stones dall'esterno del prato: chi arrampicandosi su un albero, chi salendo sulle scale del palazzo della Fao. "Mick Jagger ha 72 anni, come Monti, ma con un altro ritmo", dirà oggi la senatrice del M5S, Paola Taverna, al termine dell'incontro con Grillo a Montecitorio. Peccato che il web non la se la rida come la Taverna. "Come un Mastella qualsiasi...", commentano su Twitter trasformando, per un giorno, il guru dell'anti casta nell'impersonificazione più modaiola della casta. "Ci credo - fa eco un altro commentatore - dopo l'ultima batosta è l'unica soddisfazione". Botte tra grillismi.
Il leader si gode il concerto delle Pietre rotolanti dalla tribuna vip. Il web non lo perdona: "Come un Mastella qualunque"
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Andrea Indini
Dopo il concerto il Circo Massimo è una discaricaIl Circo Massimo dopo il concerto sembra una discarica
June 19, 2014
Sel a un passo dall'implosione: in 10 pronti a lasciare Vendola
Il decreto Irpef ha solo scoperchiato il "vaso di Pandora". E precipitato il Sel a un passo dall'implosione. Mai come oggi, infatti, le due ali del partito - una "migliorista", l’altra "vendoliana" - sono sembrate più distanti, sfociando nelle dimissioni dell'ex capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, del vicepresidente della commissione Antimafia Claudio Fava e delle deputate Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni. Una bufera che non lascia indifferente il Pd. "È possibile allargare la maggioranza ma dal Pd non c’è alcuna caccia ai deputati", dice ai suoi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio.
Durante l'infuocata riunione di ieri sarebbe stato un sms di Nichi Vendola ad accendere la miccia finale. Al capogruppo Migliore arriva l’indicazione da adottare sul voto sul dl Irpef, quella dell’astensione. Migliore, sostenitore di un avvicinamento a Matteo Renzi, non ci sta. E annuncia le dimissioni. La riunione termina con 17 voti favorevoli alla mozione Migliore e 15 contrari, fedeli alla linea del coordinatore Nicola Fratoianni. Tanto che, a Montecitorio, tutto il gruppo eccetto Giulio Marcon e Nicola Airaudo, si adegua e vota a favore. Ma l’incendio ormai è divampato. In una riunione successiva al voto, Vendola, giunto di gran carriera a Roma, accetta le dimissioni del capogruppo. "Un gesto responsabile - afferma - segno della consapevolezza di Migliore di non essere riuscito a tenere unito il gruppo". Poi, lo sfogo: "La differenza tra essere renziani e non renziani è quella che passa tra combattere ed arrendersi. Sel, nonostante il fascino dei vincitori, non può dichiararsi filo-renziana".
"Quella di Sel è una comunità ferita - commenta Vendola - ma è uno sbandamento pensare di andare a sostenere l’area di governo". Nonostante i tentativi di tenere unito il partito, la diaspora non può che consumarsi sotto i suoi stessi occhi. "Si è interrotto il reciproco rapporto di fiducia", tuona Migliore sbattendo la porta in faccia Vendola. Ieri sera l’ex capogruppo ha incontrato il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, e Francesco Bonifazi, tesoriere dem. Non dovrebbe, tuttavia, migrare in quel del Nazareno. Almeno non per il momento. L'addio di Migliore potrebbe provocare un effetto domino. A Montecitorio si parla di 10-13 parlamentari pronti a seguirlo. Un vero e proprio smottamento contando che i deputati di Sel, al netto dei due passati al Pd, sono 34. Per questo altrettanto duramente risuona l'addio di Fava che, pur parlando di "scelta dolorosa e inderogabile", accusa apertamente il governatore della Puglia di essersi "allontanato dal suo progetto originario". Progetto a cui potrebbero voltare le spalle anche altri deputati. E gli sherpa piddini sono già in giro a fare scouting. Tanto che ai suoi Renzi ci tiene a far sapere: "Chi guarda al Pd troverà un partito aperto".
Vendola cerca di ricucire lo strappo interno. Ma la spaccatura è definitiva: Migliore, Fava, Di Salvo e Piazzoni si dimettono. E il Pd fa già scouting
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Andrea Indini
Nichi Vendola e Gennaro Migliore
Il Pd si mangia pure Sel: Vendola si ritrova soloVendola: "È un giorno difficile, siamo feriti"Vendola: "Il mio ruolo di leader a disposizione"Migliore: "Accusato di sequestrare il partito"Migliore: "Serve processo di cambiamento"
June 18, 2014
Scontrini e fatture elettronici: ecco il Grande Fratello fiscale
Riavvicinare il cittadino al fisco, senza perdere di vista la lotta all’evasione. Questo l'obiettivo di facciata del piano che venerdì prossimo il premier Matteo Renzi porterà in Consiglio dei ministri. Ma il progetto di semplificazione fiscale è solo uno dei punti dell'epocale decreto di attuazione della delega fiscale. Il cuore del documento di indirizzo sarà, infatti, un'inestricabile ragnatela di misure per contrastare l'evasione fiscale attraverso un potenziamento senza precedenti delle banche dati e delle innumerevoli possibilità di incrociare le nozioni in possesso. Altro che Fisco amico, quello che Renzi ha in mente è un Grande Fratello fiscale che tracci qualsiasi movimento di denaro in entrata e in uscita.
Ci avevano già provato nel 2006 Romano Prodi e Vincenzo Visco. Al tempo il Professore occupava Palazzo Chigi, mentre Visco guidava il Tesoro. La trasmissione telematica ideata al tempo venne prontamente stoppata da Silvio Berlusconi non appena il centrodestra vinse le elezioni. Adesso ci risiamo. "Non bisogna smettere di reprimere ogni forma di evasione e al tempo stesso serve un nuovo approccio, non singoli interventi", spiega il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aggiungendo che "è necessario introdurre misure per migliorare i rapporti tra il fisco e i contribuenti". Secodo il numero uno dell'Economia, "l'incremento del livello di adesione spontanea agli obblighi tributari dei contribuenti sarà tanto più rilevante quanto maggiore sarà la capacità dell’amministrazione finanziaria di reprime e sanzionare in maniera decisa e sistematica ogni forma di evasione fiscale". In realtà, il piano che è stato messo a punto dai suoi uomini fa impallidire financo Visco.
Fulcro dell'operazione anti evasione sarà lo scontrino telematico che, testato in primis dai supermarcati, verrà subito esteso anche a commercianti e artigiani. Qualsiasi incasso verrà trasferito alla locale Agenzia delle Entrate. Trasferimento online e, quindi, immediato. "In questo modo - spiega Roberto Petrini su Repubblica - l'amministrazione fiscale potrà verificare automaticamente, e senza operare riscontri in loco, gli importi delle vendite, confrontarli con l'Iva pagata e con il volume dei rifornimenti di merce del commerciante in questione". Tutti gli scontrini emessi rientreranno poi in una sorta di maxi riffa con tanto di ricchi premi e cotillon. Un vera e propria lotteria per premiare i consumatori che, è l'idea dei cervelloni del Tesoro, si sentirebbero in questo modo più propensi a richiedere lo scontrino. Commercianti e artigiani saranno obbligati ad avere il Pos e ad accettare la carta elettronica per il pagamento delle prestazioni. Essendo uno strumento tracciabile, la carta elettronica permetterà all'Agenzia delle Entrate di verificare i reali importi incassati aldilà di quanto segnato su ricevute e scontrini emessi. Nel momento in cui saranno accreditate in banca, le transazioni di qualsiasi carta elettronica verranno convogliate in un'enorme banca dati, una sorta di anagrafe tributaria capace di aver memoria di ogni spostamento di denaro. Nello stesso calderone finiranno anche le fatture elettroniche di produttori, grossisti e commercianti al dettaglio.
Rivoluzione in vista anche per il 730. A partire dall'anno prossimo, infatti, 18 milioni di italiani avranno a che fare con la dichiarazione autocompilata: i conteggi saranno fatti dall'Agenzia delle Entrate, mandati via mail e approvati con un click. Tutto online, dunque. Lavoratori dipendenti e pensionari saranno dotati di un pin personale con cui approvare o correggere il proprio 730 e, nel caso, aggiungere le detrazioni sconosciute al Fisco. Per farlo ci sarà tempo dal 15 aprile al 7 luglio. Nel giro di tre anni, poi, la dichiarazione autocompilata verrà estesa anche al popolo delle partite Iva.
In arrivo l'anagrafe tributaria: ecco il progetto di Renzi per tracciare tutti i pagamenti. Dal 2015 il 730 autocompilato. E spunta l'ipotesi lotteria
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Andrea Indini
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