Andrea Indini's Blog, page 146
June 17, 2014
La Boldrini si affida a Gad Lerner per rifarsi il look
Cosa ci fanno Gad Lerner (giornalista), Elena Montecchi (comunista di professione) e Massimo Recalcati (psicanalista di grido) in un agriturismo nel sud dell’Umbria? La risposta, seppur allucinante, è semplice: rifanno il look al presidente della Camera. Laura Boldrini li ha radunati, insieme ad alcuni dello staff di Montecitorio, per capire dove fa acqua la propria immagine. Lady Sel vuole rinnovarsi. A partire dalla comunicazione.
Da quando la Boldrini siede sullo scranno più alto di Montecitorio, di schiaffi, ne ha mollati a destra e a manca. Ma ne ha anche ricevuti. Ha avuto la capacità di inimcarsi un po' tutti, facendosi portavoce di battaglie che più che unire hanno diviso. Dopo che Luigi Preiti aprì il fuoco contro la folla mentre il governo Letta giurava davanti a Napolitano, eccola uscirsene con la frase infelice: "La crisi rende le vittime carnefici". Sin da quando ha messo piede in parlamento, poco più di un anno fa, è stata come ossessionata dal sessismo. Proprio a lei, che da vent'anni era considerata icona della sinistra più movimentista e meno radical chic, era toccato scontare per il posto d'onore concesso al compagno sul volo di stato verso i funerali di Nelson Mandela. "A fare 'scandalo' è il fatto che una donna delle istituzioni sia accompagnata da suo marito o dal suo compagno", aveva commentato il presidente della Camera fingendo di non conoscere i costi extra. Sempre dalla parte delle donne, insomma. Anche quando aveva ingaggiato un braccio di ferro con le multinazionali che utilizzano le curve delle donne nella comunicazione. "È inaccettabile che ogni prodotto venga veicolato attraverso il fisico femminile - aveva tuonato - le multinazionali fanno queste pubblicità con le donne solo in Italia e non in altri Paesi". Non contenta, aveva anche sputato contro Miss Italia invitando le ragazze italiane a farsi apprezzare senza "sfilare numerate". "Solo il 2% delle donne in televisione esprime un parere, parla - aveva spiegato - il resto è muto, spesso svestito, non ha modo di esprimere un'opinione".
Una gaffe dietro l'altra. Una sparata dopo l'altra. Non appare difficile credere che gli italiani mal digeriscano le sue uscite. Come la sparata contro gli spot in cui "la mamma serve la famiglia a tavola". Tanto che Beppe Grillo, che non va mai per il sottile, era arrivato a definirla "oggetto di arredamento del potere", fino poi a esagerare provocando i suoi col post "Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?". Nel corso della sua travagliatissima presidenza, però, non sono solo i grillini ad avere attriti con lei. L'ad della Fiat Sergio Marchionne, tanto per nominare un esponente della società civile, non gradì l'assenza (tutta politica) alla presentazione degli investimenti Fiat in Val di Sangro. E pure Aung San Suu Kyi non deve gradito granché la lunga anticamera a cui la obbligò la terza carica dello Stato quando venne in Italia. Per rimediare a questa lunga serie di errori, lo scorso fine settimana, si è rinchiusa nel Castello di Titignano. La proprietà della struttura ha confermato la presenza alle orecchie attente dell'Huffington Post che di più non è in grado di raccontare sui frutti della due giorni di Titignano. Al suo fianco la dalemiana Montecchi, il lacaniano Recalcati e Lerner. Tutti lì, nel castello, a rispondere al cruccio presidenziale: "Perché tutti mi odiano?".
Workshop top secret al Castello di Titignano. Giornalisti, politici e psicanalisti al lavoro per rispondere al cruccio della presidente: "Perché tutti mi odiano?"
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Andrea Indini
Italicum o democratellum? Al tavolo delle trattative volano i coltelli
"Orfini chi?". La grillina Laura Castelli scrolla le spalle e annienta le dichiarazioni del presidente del Pd. "L'Italicum non si discute, non si può ricominciare tutto da capo. Da noi nessuna apertura", ha spiegato il giovane turco in una intervista al Messaggero. Dichiarazioni che per la Castelli "non hanno alcun valore". Una chiusura condivisa dalla stragrande maggioranza dei parlamentari del Movimento 5 Stelle che nei prossimi giorni incontreranno il premier Matteo Renzi per sottoporgli il democratellum, una proposta di riforma elettorale piuttosto fantasiosa e demagogica che, però, incassa anche il beneplacito della Lega Nord.
"Il dialogo va bene, le riforme si fanno con tutti, ma non è che possiamo metterci a ridiscutere tutto da capo". Orfini ci tiene a far presente a Beppe Grillo che l'Italicum dev'essere il punto di partenza."Le riforme si fanno con tutti ma finora una parte dell’opposizione, il M5S in particolare, si era detta indisponibile - sbotta - non è che si può ricominciare tutto da capo, per di più sulla base di un testo completamente alternativo". D'altra parte l'Italicum è già stato approvato in prima lettura. C'è, tuttavia, il rischio che dentro al Pd si formi una sponda di proporzionalisti. Così, se da una parte i 14 senatori piddì cessano l’autosospensione dal gruppo annunciata dopo la sostituzione in commissione Affari costituzionali di Corradino Mineo e Vannino Chiti, dall'altra potrebbe aprirsi un nuovo fronte di scontro durissimo. "Nessuna resa - avverte Mineo - la battaglia in difesa della Costituzione continuerà con gli alleati disponibili".
Delle beghe interne a via del Nazareno i grillini se ne infischiano. "Noi abbiamo fatto una proposta di dialogo a Matteo Renzi, aspettiamo di vedere cosa risponde lui nel merito - interviene il senatore stellato Alberto Airola - detto questo auspico che Orfini ci ripensi". Ma dove possono trovare un punto di raccordo? Italicum e democratellum non combaciano affatto. E, in una intervista al Corriere della Sera, Danilo Toninelli non fatica a dire che gli fa schifo. A sorpresa il democratellum trova l'appoggio della Lega Nord. Tranne che per "alcune fantasie" Roberto Calderoli la trova "un’ottima legge". "Alla fine è un modello spagnolo, ma con le preferenze", commenta il senatore del Carroccio che, però, esprime dubbi sull'introduzione della preferenza negativa perché rischia di raddoppiare "il potenziale di voto di scambio e di strumentalizzazioni" insito nel meccanismo.
"Non abbiamo alcun problema che si allarghi il tavolo delle riforme - commenta Renato Brunetta - questo dimostra che avevamo visto giusto nel partecipare con Renzi al 'patto del Nazareno'". Al momento, però Silvio Berlusconi resta a guardare. Secondo Gabriella Giammanco, il Cavaliere preferisce aspettare che Renzi incontri la delegazione stellata prima di tornare a parlare di Italicum. D'altra parte il faccia a faccia con il premier non è stato ancora fissato. Tuttavia, sono molti all'interno di Forza Italia a dubitare della reale affidabilità di Grillo. "Tutto è possibile in democrazia - spiega Maurizio Gasparri - ma pare che il M5S sia preso da movimentismi interni più che da volontà di incidere sulle cose". Non solo. Riaprire il dibattito sull'impalcatura della riforma non solo andrebbe a intaccare il patto stretto con Berlusconi, ma rilancerebbe inevitabilmente l'assalto dei partitini che sostengono il governo. Tanto che tra gli alfaniani sono in molti a chiedere a gran voce la revisione delle soglie di sbarramento e la reintroduzione delle preferenze.
Calderoli apre alla legge del M5S. Orfini fa muro: "Si parta dall'Italicum". Ma i grillini: "Sentiamo cosa dice Renzi...". E il Pd torna a fremere
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Andrea Indini
June 16, 2014
"Unioni gay come il matrimonio" Così Renzi spacca la maggioranza
A settembre il Pd proverà a forzare la mano sui matrimoni gay. Matteo Renzi ha provato a mascherarli. Sabato scorso, all'assemblea nazionale del partito, ha parlato di "civil partnership". L'obiettivo, però, resta quello di far convolare a nozze anche le coppie omosessuali. "A settembre - ha assicurato - i gruppi lavoreranno su quello che è un impegno vincolante rispetto al quale non ci possiamo più tirare indietro". Il testo c'è già. E, come anticipa l'Unità, ricalca il modello tedesco che permette di adottare il figlio del partner.
"Dobbiamo realizzare quell'impegno che abbiamo preso durante la campagna delle primarie". All'assemblea nazionale del Pd Renzi non ha detto niente di nuovo. Le unioni civili tra persone dello stesso sesso erano già state calendarizzate alla Leopolda. E a settembre dovrebbero arrivare in parlamento mettendo seriamente in crisi la maggioranza. L'obiettivo del premier è provare a trovare un accordo "con gli esponenti della nostra maggioranza", ma viene difficile credere che gli alfaniani e i partitini centristi che lo appoggiano riescano a digerire questo strappo. "Non ci sarà spazio per ripensamenti", ha detto il premier ai suoi. Sa, infatti, che può contare su una maggioranza non certificata. Dalla sinistra radicale ai grillini, passando poi per diversi liberali del centrodestra, è nutrito l'esercito di parlamentari disposti a votare la legge del governo sulle unioni civili.
Si chiameranno civil partnership e prenderanno spunto dai modelli inglese e tedesco. In base alla normativa, che andrà a ritoccare il codice civile nel libro primo, la coppia omosessuale che deciderà di convolare a nozze sarà iscritta all'ufficio dello stato civile in un apposito registro. Da quel momento otterrà i diritti e i doveri delle coppie eterosessuali: dalla reversibilità della pensione alla successione, dai diritti in materia assistenziale e penitenziaria all'assegnazione delle case popolari. Insomma, un'equiparazione a 360 gradi. O quasi. Resterà, infatti, fuori il diritto di adottare. Tuttavia, verrà istituita la stepchild adoption: uno dei soggetti della coppia potrà adottare il figlio dell'altra parte dell'unione civile nel caso in cui il genitore naturale dovesse morire.
Forte del 40,8% incassato alle europee, Renzi prova così ad alzare l’asticella. Proporre temi che dividono la maggioranza, serve a mettere nell'angolo gli alfaniani. Conscio di avere dalla sua sempre la stessa arma: le elezioni anticipate.
A settembre il ddl del governo: le coppie gay avranno stessi diritti e doveri degli etero. Adottabile il figlio del partner. La maggioranza reggerà l'urto?
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Andrea Indini
June 15, 2014
Riforme, Grillo ci prova col Pd. Ma Renzi: "Niente patti segreti"
Altro che #vinciamonoi. Dopo la doccia ghiacciata delle elezioni europee, Beppe Grillo cambia strategia e punta tutto su un inciucio con Matteo Renzi. Sono finiti i giorni della marcia su Roma, degli ultimata a Napolitano per ottenere elezioni anticipate, delle sfiduce al governo. Adesso il comico prova ad arrivare nella sala dei bottoni pur non essendo riuscito a portare il Movimento 5 Stelle a prima forza politica del Paese. Per farlo non gli resta che brigare con l'"ebetino", il "cartone animato", il "figlio di Troika", insomma quel Renzi che in campagna elettorale ha tanto dileggiato e demonizzato. "Se ritiene che la legge (firmata dal) M5S possa essere la base per una discussione comune, Renzi batta un colpo. Il M5S risponderà", scrive sul blog auspicando, in un post firmato a quattro mani con Gianroberto Casaleggio, di ottenere un incontro con il premier per poter aprire un confronto la legge elettorale. Confronto che al quartier generale del Pd accolgono con freddezza. "Grillo è un uomo che ci ha abituati ogni giorno ad una sorpresa - commenta, divertito, Renzi al Tg5 - con lui non ci si annoia mai".
All'indomani delle europee Grillo aveva subito detto che i Cinque Stelle avrebbero dovuto - inevitabilmente - cambiare strategia. L'asse con lo UK Independence Party di Nigel Farage e le trattative coi Verdi per formare un gruppo al parlamento di Strasburgo erano stati solo il primo passo. Adesso il comico punta a cambiare tattica anche a Roma. "Sono avvenute due cose che hanno cambiato lo scenario - ha spiegato - il M5S ha una legge elettorale approvata dai suoi iscritti e Renzi è stato legittimato da un voto popolare e non a maggioranza dai soli voti della direzione del Pd". L'obiettivo è di sedere al tavolo delle riforme. Non vuole lasciare la partita in mano a Renzi e a Berlusconi. Così, si gioca la carta di un incontro a due. Per sbilanciare il piano a sinistra. All'incontro col premier non parteciperebbero, per, né Grillo né Casaleggio. I due guru pentastellati manderebbero nella casa del lupo i capigruppo grillini di Camera e Senato, Danilo Toninelli, estensore della versione definitiva della legge elettorale, e Luigi Di Maio. Domani sarà inviata a Palazzo Chigi la richiesta formale.
"La nostra legge è di impronta proporzionale - sottolineano Grillo e Casaleggio - non è stata scritta su misura per farci vincere come è stato per l’Italicum, scritto per farci perdere". Sul blog i leader del M5S ripercorrono la vicenda della riforma elettorale a partire da quando (il post indica erroneamente come data il gennaio 2013, invece che 2014) "i giornalai chiedevano a gran voce che il M5S andasse a 'vedere le carte' della legge elettorale" altrimenti il Paese sarebbe andato a sbattere. "Renzie con chi altro poteva fare la legge se non con Berlusconi?". Proprio per recidere questa trattativa, Grillo prova ad aprire al Pd. "Non più Forza Italia e Berlusconi aghi della bilancia per il via libera alle riforme - spiega Di Maio - bensì il Movimento 5 Stelle". I grillini sarebbero addirittura disposti a non trasmettere in streaming l'incontro. Eventualità che non piace a Guerini che non solo pretende lo streaming in caso di faccia a faccia, ma detta addirittura l'agenda. Perché il percorso delle riforme costituzionali è già stato individuato. E passa attraverso un pacchetto che comprendono anche l'abolizione del Senato e la modifica del titolo V. "È bene che non ci siano né patti segreti né giochini strani", avverte Renzi confermando che il patto siglato con Berlusconi regge. Adesso tocca a Grillo scoprire le carte.
Grillo apre a sorpresa: "Renzi legittimato dalle europee". E chiede un confronto sulla legge elettorale. Ma il Pd frena: "Percorso già individuato". E il premier prende in giro il comico: "Con lui non ci si annoia mai..."
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Andrea Indini
Legge elettorale, il proporzionale corretto del M5S
June 14, 2014
Ennesima strage di immigrati: è il fallimento di Mare Nostrum
Una nuova tragedia, una tragedia annunciata. Il Mar Mediterraneo che porta altri cadaveri, in quel limbo d'acqua che divide il Nord dell'Africa da un'Italia vista da centinaia di migliaia di disperati come il ponte d'accesso per l'Europa dorata. E la Marina militare italiana a solcare quelle acque per recuperare i corpi senza vita. Ragioni umanitarie, l'operazione Mare Nostrum e una strage senza fine che l'Unione europea e il Viminale non vogliono vedere. Si schermano dietro ai soccorsi, ai fondi stanziati per correre a soccorrere i barconi in difficoltà, alle maglie larghe sul diritto d'asilo. Ma la realtà è un'altra, ben più tragica.
Oggi come il 3 ottobre 2013. Un'altra tragedia, altri morti. Allora le acque fredde a poche miglia da Lampedusa resituirono alla terra 366 cadaveri. La più grande catastrofe marittima legata all'immigrazione clandestina. Oggi le acque assassine sono quelle che bagnano le coste libiche. Ad appena 40 miglia dall'Africa un gommone carico di immigrati è affondato. È toccato alla nave Dattilo della Capitaneria di Porto, che ha effettuato il primo intervento di soccorso, recuperare una decina di cadaveri mentre la nave Chimera ne soccorreva circa 400. Il governo assiste al quotidiano massacro senza muovere un dito. "L’Italia è un paese accogliente ma non può accogliere tutti. Mare Nostrum non è solo un problema italiano - ha detto in mattinata il ministro dell’Interno Angelino Alfano - o l’Europa prende in carico Mare Nostrum o noi lo lasceremo continuando comunque a soccorrere i migranti". La stessa litania è stata pronunciata dal premier Matteo Renzi davanti all'assemblea nazionale del Pd: "Noi chiediamo che l’operazione ’Mare nostrum’ sia gestita insieme dall’Europa, non che sia cancellata". Ma nulla si muove. Niente cambia.
Dall'inzio del 2014, le acque del Mediterraneo hanno portato in Italia già 50mila immigrati. E dieci volte tanto potrebbero arrivare. Ci sono, infatti, almeno 500mila rifugiati stipati nei campi profughi che potrebbero partire per l'Italia. Un'orda che l'Italia non può far altro che accogliere. Perché le regole d'ingaggio imposte da Bruxelles all'Italia sono proprio queste. Così l'operazione Mare Nostrum non solo arriva a costare alle casse dello Stato circa 10 milioni di euro al mese, ma finisce per attirare sempre più extracomunitari. Con tutte le conseguenze del caso: centri di prima accoglienza al collasso, fondi esauriti già dopo pochi mesi e dieci militari positivi alla tubercolosi.
Almeno dieci morti a largo della Libia. Oltre 400 soccorsi dalla Marina Militare. L'Ue e il Viminale stanno a guardare?
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Andrea Indini
June 11, 2014
M5S, Pizzarotti all'angolo: rischia la sfiducia
Nonostante il gruppo "Amici di Beppe Grillo di Parma e provincia" non ci sono timori per la maggioranza pentastellata al Comune di Parma. Almeno per ora. Tra il manipolo di "scissionisti" schierati contro il sindaco Federico Pizzarotti non ci sarebbero, infatti, consiglieri comunali. Nemmeno Mauro Nuzzo, protagonista di un accesissimo scontro coi colleghi grillini nell'ultimo consiglio comunale, avrebbe aderito al nuovo gruppo anche se ha ammesso di condividere "parte delle loro critiche" che "dovrebbero essere utili al Movimento per crescere". A uscire allo scoperto è stato soltanto Alessandro Guardamagna, iscritto al movimento dal 2010 e già candidato sia alle comunali di un piccolo centro della provincia emiliana sia alle politiche dell'anno scorso. È stato proprio lui a confermare la presenza di un gruppo di venti persone pronte a sfiduciare il primo cittadino di Parma.
"Non mi piace chi fa il furbo e soprattutto non mi piace chi fa il furbo nel M5S". Max Bugani, consigliere stellato a Bologna, punta il dito contro Pizzarotti. Lo fa da un pulpito piuttosto importante per la truppa a Cinque Stelle: il blog di Beppe Grillo. Non un quotidiano locale qualunque, ma l'house organ della premiata ditta Grillo-Casaleggio. E l'attacco assume i contorni dell'ennesima sfiducia del movimento al primo cittadino di Parma. Sfiducia che adesso deve soltanto essere formalizzata, in Aula. Da mesi, infatti, Grillo non fa mistero di non sostenere più Capitan Pizza. L'amore di un tempo è finito. Il grimandello per far scricchiolare lo scranno da sindaco è, ancora una volta, l'inceneritore. "Nella città dell’Authority Alimentare europea e nella capitale della Food Valley è l’ultima cosa da fare - aveva promesso Pizzarotti - poniamo rimedio e diventiamo un esempio a livello europeo e mondiale". Parole che servono a Bugnai per scomunicarlo e chiederne la testa. "È partita l’operazione 'terra bruciata' attorno a Pizzarotti - ha commentato su Facebook l'ex M5S Adriano Zaccagnini, ora deputato del Misto - riusciranno ad incenerirlo o lo cuoceranno a fuoco lento sottraendogli consenso pezzettino a pezzettino?".
Pizzarotti prova ad andare avanti forte di una recente "telefonata chiarificatrice" con Grillo. E ironizza sulla fronda interna. "Per ora ho letto solo frasi vuote che potrebbero scrivere chiunque nel Pd - ha detto ai microfoni di Otto e mezzo - chissà che dietro non ci sia un’opposizione mascherata, che a Parma spesso si nasconde dietro associazioni multicolore". Nessuna intenzione, dunque, a fare il leader dei fuoriusciti grillini. Una rassicurazione che non ha fatto altro che rintuzzare la bagarre all'interno del Movimento 5 Stelle. "È roba da fare accapponare la pelle, almeno la mia - ha scritto Bugani - solo chi ama essere ambiguo, non riesce mai ad essere chiaro". "Per quale motivo - ha replicato Pizzarotti su Facebook - è concesso ad un consigliere comunale come Bugani di utilizzare il blog di Beppe per sparare contro di me pubblicamente facendo così il gioco dei partiti?". Forse la telefonata con Beppe non è stata poi così chiarificatrice?
A Parma si ingrandisce la fronda: "Non ha mantenuto le promesse". E lui: "Sembra gente del Pd". Ma anche il blog di Grillo lo attacca: "Fa accapponare la pelle"
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Andrea Indini
June 9, 2014
Le sconfitte nei feudi rossi mandano in frantumi il Pd
"Le sconfitte bruciano, certo. Ma Bergamo, Pavia, Cremona, Pescara, Vercelli, Biella, Verbania dove eravamo all’opposizione significano qualcosa". Il primo a parlare dopo lo doccia ghiacciata dei ballottaggi è il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini (renziano) per contenere lo tsunami che da lì a poche ore avrebbe tramortito i vertici del partito. Dopo la volata di due settimane fa il centrosinistra perde quattro storiche roccaforti "rosse": Livorno, Padova, Perugia e Potenza sono le città di un tracollo che avrà non pochi strascichi in via del Nazareno.
A Livorno, la città che ha tenuto a battesimo il Pci e che dal dopoguerra aveva affidato le proprie sorti sempre alla guida della sinistra, il grillino Filippo Nogarin strappa la poltrona di sindaco al piddì Marco Ruggeri che, per la prima volta nella storia della sinistra livornese, si è visto costretto ad andare al ballottaggio per poi perderlo. La sconfitta a Livorno è paragonabile a quando nel 1999 Giorgio Guazzaloca riuscì a strappare Bologna portando, per la prima volta dal dopoguerra, una coalizione di centrodestra alla guida del capoluogo emiliano. Secondo il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi (anti renziano) la colpa è tutta del Pd nazionale che è sceso in campo "diviso e contro se stesso". Lo psicodramma, però, non è circoscritto a Livorno. Dopo settant'anni di potere della sinistra, il Comune di Perugia sarà guidato da Andrea Romizi, il giovane avvocato di Forza Italia che con oltre il 58% ha stravinto contro il sindaco uscente Wladimiro Boccali (cuperliano). Tanto che c'è già chi chiama Romizi il "Renzi umbro". A Padova la terza clamorosa sconfitta del Pd che ha governato la città dal 1993, con un break tra il ’99 e il 2004. Ivo Rossi, sindaco dopo la "promozione" di Flavio Zanonato (bersaniano doc) a ministro allo Sviluppo Economico, ha perso la sfida contro il senatore leghista Massimo Bitonci. A Potenza, infine, Dario De Luca (Fratelli d’Italia) strappa la vittoria al piddino Luigi Petrone che, al primo turno, aveva sfiorato la vittoria al primo turno.
Mentre Matteo Renzi atterra a Hanoi, in Vietnam, per la prima tappa del viaggio che lo porterà in Cina e Kazakistan, il Pd rischia di andare in frantumi. Il 40% incassato alle europee è già un sogno lontano. "È necessario un congresso. Ma se anche non vogliamo chiamarlo congresso, facciamoci sopra una Leopolda", ha commentato il presidente del Regione Piemonte Sergio Chiamparino (della vecchia guardia ma prontamente convertito al renzismo) invitando il premier a "cogliere l’attimo". Nel quartier generale del Pd i nervi sono tesi. È sempre la solita storia: i renziani contro la vecchia guardia. "Perdiamo dove siamo chiusi, dove ha prevalso la logica del vecchio - spiegano i fedelissimi del premier - vinciamo dove ci siamo presentati con nuovi volti e nuovi programmi". La resa dei conti è soprattutto coi bersaniani. Non è, dunque, un caso se Pierluigi Bersani si sia speso in primissima persona a tirare la volata a Rossi con tanto di spot girato a cena in casa Zanonato mentre Renzi si sia tenuto debitamente alla larga da Padova. "Dai ballottaggi viene una preziosa indicazione al Pd - ha commentato il senatore del Pd Andrea Marcucci - deve continuare ad avere il coraggio di cambiare". Secondo il sindaco di Firenze Dario Nardella (renziano della primissima ora), "c’è una sinistra nuova, che ha rivoluzionato il Pd dall'interno e ha portato il partito al 40%; e poi c’è ancora, in alcune realtà, l’anima del vecchio Pd. Il risultato negativo si è verificato nelle città dove il Pd non si è rinnovato". E, nel dirlo, Nardella inquadra chi (a suo dire) ha fatto perdere al partito ben quattro roccaforti "rosse".
Dai ballottaggi il Pd esce ridimensionato. Le sconfitte nelle roccaforti "rosse" riaprono la caccia agli anti renziani. I fedelissimi del premier contro bersaniani e lettiani: "Il risultato negativo si è verificato nelle città dove il Pd non si è rinnovato"
Speciale: Elezioni Amministrative 2014
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Andrea Indini
June 5, 2014
Ukip, ancora fango su Farage: "Notte brava tra sesso e alcol"
Sesso, alcol e soldi. I media inglesi ci provano sempre a gettare fango su Nigel Farage. E immancabilemente falliscono. Dopo che lo scorso aprile sono finite in niente le accuse di un ex funzionario dell'Ukip su una mai provata frode ai rimborsi dell'europarlamento, ci riprovano col gossip. È bastata una fotografia mano nella mano con una avvenente bionda per far ripiombare il leader euroscettico nell'occhio del ciclone.
Non è la prima volta, e con buona probabilità non sarà nemmeno l'ultima, che Farage finisce per far parlare di sé e della sua vita sregolata. Quando nel 2004 il Mail on Sunday monta un reportage sulla "esistenza selvaggia a base di alcol di Nigel Farage, il donnaiolo", il leader dell'Ukip si limita a sorridere. E a chiosare: "Magari fosse vero!". Niente di nuovo, insomma. Certo è che gli scatti, a tarda notte, all'ingresso dell'hotel a Malta, dove si trova per una conferenza sul turismo, qualche sospetto lo fanno pure venire. Ma sono i classici sospetti da pettegoli. Eppure il Daily Mirror pubblica gli scatti dei due in prima pagina sottolineando a profusione che il leader del partito euroscettico britannico è sposato. La bionda delle foto è Ande Soteri, una responsabile dell'Institute of Travel and Tourism che ha organizzato l’evento. E, secondo il tabloid inglese, Farage avrebbe trascorso una notte brava bevendo grandi quantità di alcol.
"C'è un certo gossip su questi due...", dice una fonte che si nasconde dietro all'anonimato. Il gossip, però, non viene sbattuto in prima pagina a caso. Guarda caso coincide con la campagna elettorale nelle suppletive di Newark, cittadina dell'Inghilterra centrale dove oggi si vota per eleggere un seggio da deputato a Westminster dopo le dimissioni del conservatore Patrick Mercer, coinvolto in uno scandalo per attività di lobbying. Negli ultimi giorni la cittadina del Nottinghamshire ha visto i vertici del governo fare campagna elettorale per i Tory. Oltre al primo ministro David Cameron, uno stuolo di ministri e sottosegretari si è mobilitato per fermare la "corsa" dell'Ukip che ha trionfato alle elezioni locali ed europee di fine maggio. Così, per dirottare i consensi degli indecisi, è scesa in campo anche la stampa "amica" dei Labour.
Dal canto suo Farage fa spallucce e smentisce la notizia affermando che il caso è assolutamente ridicolo. Sembrerebbe, infatti, che il leader dell'Ukip stesse aiutando la donna che si appoggiava con l’altra mano ad una stampella. Per il momento la moglie Kirsten non commenta. Pur accusando il colpo è abituata a questo tipo di fango. Qualche anno fa aveva dovuto sopportare le insinuazioni di una 25enne lettone che al News of the World aveva raccontato di aver rimorchiato Farage in un pub e di aver fatto sesso almeno sette volte. "Considerando quanto avevo bevuto la notte in questione - aveva commentato lui - la prima dichiarazione è probabilmente vera - o sarebbe vera se me ne fossi andato a letto. La seconda era... fisicamente impossibile". Qualche grattacapo con la moglie l'aveva avuto. "Ovviamente non pensava che Casanova Nigel fosse credibile dopo una notte di bevute - aveva continuato - era davvero furiosa perché ero stato così cretino e sconsiderato da svenire a tre miglia da casa".
Sul Daily Mirror le foto dell'euroscettico a Malta, mano nella mano con una bionda. Non è la prima volta che viene "colpito" dal gossip
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Andrea Indini
June 3, 2014
Brasile, appello per i marò: "Fiocco giallo sugli azzurri"
Il grido dei marò che dall'India ha riecheggiato sulla Festa della Repubblica ha scosso le coscienze degli italiani. Ora però l'appello di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, che in collegamento video col parlamento ha messo in mutande il governo Monti, non può essere lasciato cadere nel vuoto. Perché mentre questi due militari ingiustamente trattenuti in India ci insegnano come si comporta un vero soldato, lo Stato deve dimostrare di avere il coraggio di difendere i propri uomini anche di fronte a insormontabili difficoltà di carattere nazionale. Un gesto concreto, per esempio, potrebbe essere quello di accogliere la proposta di Antonio Colombo, componente del Cocer della Marina militare, che nei prossimi giorni avanzerà agli altri delegati della rappresentanza militare. E cioè appuntare un fiocco giallo sulla maglia dei calciatori della Nazionale italiana che scenderanno in campo in Brasile.
In uniforme bianca, impeccabili nel loro orgoglio di militari italiani, sono apparsi sul video in collegamento web da New Delhi in occasione della Festa della Repubblica. Ma, questa volta, esprimendo una contrarietà decisa. Con tono forte, quasi urlato, Girone ha denucniato: "Abbiamo obbedito ad un ordine, abbiamo mantenuto una parola, che ci era stata chiesta, e siamo ancora qui.... Sono passati più di due anni e anche quest’anno siamo costretti a essere lontani, presenti alla festa del 2 giugno solo attraverso una webcam". Perché i colpevoli, in questa pasticciata resa dello Stato italiano, vanno ricercati in seno al governo Monti. E, poi, ancora nei due governi (non eletti) che gli sono succeduti. Mentre Matteo Renzi gigioneggia in giro per l'Italia, la vicenda è ancora in alto mare. Il governo ha puntato tutto sull’internazionalizzazione del caso con l’arbitrato, i cui tempi - non lo nasconde nessuno - non sono affatto brevi. Alla Farnesina, come anche alla Difesa, confidano ngli spazi di confronto che potrebbero (il condizionale è d'obbligo) aprirsi con il nuovo governo di Modi e anche sulle opportunità che l’Italia potrà giocare con la presidenza del semestre Ue. Per ora resta lo stallo.
Dinnanzi all'immobilismo di Renzi, scende in campo l'organo di rappresentanza della Marina Militare con una proposta sensata e coraggiosa. Appuntare un fiocco giallo sulla maglia dei nostri azzurri. Proprio come ha fatto ilGiornale sulla propria testata. Un fiocco giallo per "mantenere viva l’attenzione e coinvolgere l’opinione pubblica internazionale sulla triste e assurda vicenda dei nostri marò". La proposta sarà avanzata dallo stesso Colombo agli altri delegati della rappresentanza militare già nei prossimi giorni. In modo da prendere una decisione prima del calcio d’inizio dei Mondiali in Brasile. "I nostri Fucilieri sono stanchi, per essere stati ignorati a lungo, per essere stati usati, per le promesse non mantenute, per le famiglie lontane, per una situazione che non trova sbocco", afferma il Cocer della Marina Militare. Che non fa sconti nemmeno a Renzi: "Chiede continuamente a tutte le componenti del Paese senso di responsabilità, cambio di passo, consapevolezza della situazione, oggi il Cocer Marina lo chiede a lui. Metta in campo concretamente il suo entusiasmo e la sua energia per portare a casa i nostri ragazzi". D'altra parte le parole di Girone sono state un richiamo alla Patria perché tuteli ogni militare all’estero.
La Marina Militare in campo al fianco dei marò: "Un fiocco giallo sulla maglia della Nazionale". E a Renzi: "Metta in campo la sua energia e li riporti a casa"
Speciale: Brasile 2014
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Andrea Indini
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Solo un matrimonio di convenienza: letti divisi per Grillo e Farage
Lo UK Independence Party e il Movimento 5 Stelle faranno un'alleanza in Europa. Nigel Farage, il leader euroscettico che ha scosso il Regno Unito, offre "un matrimonio di convenienza" a Beppe Grillo nel gruppo Efd all'europarlamento. Il conservatore 50enne con un passato da broker nella City e da elettore ambientalista smentisce che l'Ukip sia un partito omofobo e razzista, attacca Matteo Renzi ma, soprattutto, getta un'ancora di salvezza al comico genovese in balia dei mal di pancia stellati.
Difficile dire a chi giova di più l'alleanza. Da una parte Farage ha bisogno del nutrito esercito di eurodeputati grillini per controbilanciare il gruppo European Alliance for Freedom che Marine Le Pen, Matteo Salvini e Geert Wilders stanno mettendo in piedi, dall'altra parte Grillo tenta di garantire ai suoi un alleato per non finire ai margini come è già successo a Roma. Con buona pace di Dario Fo che nelle ultime ore ha preso a dimenarsi per convincere Grillo a desistere dal scendere a patti con la "destra profonda". I due tirano dritto. "È fondamentale sapere che all’interno del gruppo ogni partito manterrà la sua identità e la totale libertà di voto", spiega Grillo sul blog assicurando che si tratta di "un accordo tattico per contare qualcosa in Europa". Rassicurazioni che non rassicurano. Perché, all'interno del M5S, non tutti sono d'accordo con l strategia del capo. Nemmeno il fedelissimo Roberto Fico se la sente di sbilanciarsi. "Siamo solo all’inizio delle prime consultazioni - spiega alla Stampa - al Parlamento europeo non esistono alleanze ma accordi per la formazione di gruppi. Farage a differenza dei Verdi ci garantirebbe libertà di voto". L'alleanza, ad ogni modo, sarà votata in rete. E chi non è d'accordo è già stato redarguito da Roberta Lombardi. Le espulsioni, d'altra parte sono sempre all'ordine del giorno.
A Strasburgo Farage potrebbe realmente sottrarre i Cinque Stelle dal cono d'ombra. "Da tempo mi affascina il lavoro politico di Grillo e sono rimasto colpito quando l'ho incontrato - spiega il leader dell'Ukip al Corriere della Sera - ha una mente politica acuta. Quello che mi ha impressionato di più è stata la sua passione nitida per la democrazia diretta". Aldilà delle chiacchiere, l'alternativa è rimanere tra i non-iscritti con meno tempo di parola, nessuna presidenza nelle commissioni, meno fondi e senza una segreteria preparata e professionale. Proprio per questo ai grillini contrari all'alleanza Farage dice di non stare ad ascoltare i "nemici politici". "Ai grandi banchieri e ai burocrati a Bruxelles piacerebbe vederci divisi perché in un gruppo insieme possiamo creare molti problemi", incalza facendo notare che se i Cinque Stelle andassero coi Verdi si troverebbero "agli ordini di una linea di voto che non vogliono". Insomma, quello a cui convoleranno i leader dei due partiti è, appunto, un matrimonio di convenienza. Non dovranno sporcarsi le mani. Grillo e Farage, dunque, dormiranno in letti divisi.
Presto l'accordo tra M5S e Ukip. Farage liscia Grillo: "È una mente politica acuta". Ma l'alleanza sarà solo di facciata: ognuno farà quello che vorrà
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Andrea Indini
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