Marco Manicardi's Blog, page 36
August 31, 2020
:(
Tutti i martedì sono uguali, ma alcuni martedì sono più uguali degli altri:
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Il mare (un aggiornamento)
L’anno scorso avevo scritto una cosa che diceva così:
Se devo dire una cosa su come sia cambiato il mare negli ultimi anni, e per mare intendo quello che noi di solito consideriamo mare quando diciamo «andiamo al mare» e cioè la spiaggia, gli ombrelloni, la gente, i bagni coi balli di gruppo e le animazioni, gli altoparlanti coi tormentoni estivi e gli scivoli sulla sabbia eccetera, quindi, per capirci, la Riviera romagnola, rispetto a quando eravamo bambini e ci andavamo coi genitori, ma anche rispetto a quando eravamo dei ragazzini e ci andavamo cogli amici, ecco, magari mi sbaglio, ma mi sembra che ci siano meno tette.
Adesso, un anno dopo, se devo dire una cosa su come sia cambiato il mare, rispetto all’anno scorso, anche se non sono andato nella Riviera romagnola e quindi spero di non falsare la statistica, ma credo di no, comunque, dicevo, se devo dire come sia cambiato il mare rispetto all’anno scorso, ci sono sempre meno tette, praticamente nessuna, però, ecco, la cosa che è aumentata di più, quasi a dismisura, mi sembra, sono i culi.
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August 30, 2020
Cose che mi piacciono molto (8)
Tipo quando torni dalle vacanze e trovi un avviso di giacenza nella cassetta delle lettere, pensa te, sembra proprio che aspettino che tu non ci sia, e ti dice che c’è una raccomandata da ritirare e pensi subito a una multa, e con la testa vai indietro nel tempo, ripercorri tutte le strade che hai fatto e i posti che hai visto negli ultimi sei mesi, e mentre cammini verso le Poste ti vengono su tanti di quei ricordi, le chiacchierate, le gite, i dischi che hai ascoltato, e intanto pensi agli autovelox e ai photored e ai tutor che hai incrociato e ti sembra di essere stato sempre abbastanza bravino, ma cosa vuoi?, magari stavi chiacchierando o ridendo per una stupidata o cantando a voce altissima qualcosa che non canteresti mai a voce altissima in pubblico, ma eri nell’intimità del tuo abitacolo e forse il piede aveva pigiato sull’acceleratore senza che te ne accorgessi, sono cose che capitano, e mentre sei lì in fila alle Poste che aspetti rimugini sempre, un flashback, un flashforward, un po’ d’ansia e un po’ di tachicardia, cose così, finché arriva il tuo turno, dai l’avviso e la carta d’identità all’impiegata delle Poste, lei va a scartabellare in archivio e ti porta la tua busta con la raccomandata, tu la prendi attraverso il plexiglas, analizzandola sopra e sotto, ma non puoi star lì troppo tempo, quindi firmi sul pad elettronico la ricevuta, ringrazi, saluti e vai fuori, ti igienizzi le mani e ti abbassi la mascherina per respirare un po’, apri la busta e dentro c’è il rinnovo della carta di credito, e ti sbatti fortissimo la mano sulla fronte. Perché è proprio lì che ti viene in mente che non hai una macchina intestata a te da almeno sei o sette anni.
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August 29, 2020
Wanda (perdono tutti)
Come dicevo ieri, da metà dell’anno scorso, insieme ad Alessandro Zanotti (The Death Of Anna Karina, Ornaments, Woooz, Ventre e delle altre cose) e Martina Poli (che è un’illustratrice) stavamo provando a buttar giù le idee per un progetto audiovisivo (dal vivo) su Cesare Pavese. Si sarebbe chiamato PERDONO TUTTI (uno può mettere l’accento dove vuole), poi però è andato a rotoli.
Durante i nostri esperimenti avevamo registrato delle cose, una era quella di ieri, un’altra è questa:
https://marcomanicardi.altervista.org/wp-content/uploads/2020/08/Perdono-tutti_Wanda.mp3
Sembra un po’ la trap dei nonni indie emiliani.
Non era male.
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August 28, 2020
Feria d’agosto (perdono tutti)
Da metà dell’anno scorso, insieme ad Alessandro Zanotti (The Death Of Anna Karina, Ornaments, Woooz, Ventre e delle altre cose) e Martina Poli (che è un’illustratrice) stavamo provando a buttar giù le idee per un progetto audiovisivo (dal vivo) su Cesare Pavese. Si sarebbe chiamato PERDONO TUTTI (uno può mettere l’accento dove vuole), ma poi per vari motivi, tra cui il lassismo (perché lavorare stanca) e la pandemia (non so se avete presente) non siamo andati da nessuna parte.
Durante i nostri esperimenti avevamo registrato delle cose, una è questa:
https://marcomanicardi.altervista.org/wp-content/uploads/2019/04/fine_dagosto_01.mp3
E la volevo postare ieri, che era l’anniversario secco della morte di Cesare Pavese, ma ero in viaggio di ritorno dalle vacanze. Quindi la posto adesso, tanto l’autore non credo che avrà da dirne (nel bene o nel male).
Pensavo che, forse, un altro bel nome per il progetto, nel caso dovessimo riprenderlo in mano, potrebbe essere TROPPI PETTEGOLEZZI.
E poi basta, tutto qua.
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August 15, 2020
I Camillas (2)
E nella lettera a sua madre, datata 13 Quasimaggio 3024, in un libro che si chiama La storia della musica del futuro, del 2020, dei Camillas, Gilberto Perù dice che il pericolo della musica, oggi, è la sua tradizione. E che finché non sceglieremo di abbandonare del tutto e coscientemente ciò che ci lega a qualcosa di rassicurante perché consolidato, e di consolidato perché morto, ecco, finché questo non accadrà, saremo solo anime imbarazzanti.
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August 14, 2020
I Camillas
E in un Breve estratto dalla biografia di Aldo Troppo (o di un altro) dentro a un libro che si chiama La storia della musica del futuro, del 2020, dei Camillas, Aldo Troppo (o un altro) dice che noi che guardiamo la musica non dobbiamo sentirci diversi dagli altri, dobbiamo tornare nelle fermate dei bus, nei piazzali delle stazioni, tra la gente che aspetta, nei colori delle confezioni di cibo esposte nei bar.
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August 13, 2020
:)
Primo giorno di ferie, il Miny ha dormito dai nonni e lo andiamo a recuperare stasera, Grushenka lavora ancora e oggi anche al pomeriggio, sono in casa da solo, col cane, Raskòl’nikov, e la gatta, Natasha, fino circa alle 19. Non succedeva dal 2015.
Allora mi sono svegliato con calma, ho imbragato il cane e siamo andati al bar, una bella colazione, lenta, lunga, due chiacchiere con due amiche che ho incontrato lì, una passeggiata al parco, tra gli alberi, e poi, davanti al portone del palazzo metto una mano in tasca e non trovo le chiavi. Telefono a mia suocera per passare a prendere la sua copia, ci facciamo, io e il cane, un chilometro e mezzo sotto il sole marziale, poi ritorno, con la lingua fuori, entriamo in casa e le chiavi sono lì, sul mobile di fianco all’ingresso.
Non le avevo perse, ero uscito senza. Mai successo.
Ma comunque, una cosa che posto tutti gli anni:
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August 12, 2020
Il compagno (prego)
Ho appena finito di leggere un libro che si chiama Il compagno, del 1947, di Cesare Pavese, un libro che secondo me è bellissimo e molto importante, quasi gigantesco. Non lo avevo mai letto.
A casa ce l’ho in due edizioni, una ereditata dal vecchio malvissuto, mio suocero, edizione Einaudi, quarto libro delle Opere Complete di Cesare Pavese, pubblicata nel 1968, un po’ ingiallita ma poco, con la copertina di una carta grigia e molle che sembra un papiro, molto bella. Così bella che non mi attentavo a sottolinearla, e io sono uno che quando legge sottolinea sempre, così per farlo usavo l’altra edizione che ho in casa, che è un volume con tutti romanzi di Cesare Pavese uscito nel 2005 insieme a L’espresso (si chiamava L’espresso Grandi Opere – Cesare Pavese: I romanzi). Se dovevo sottolineare qualcosa, aprivo il volume de L’espresso dove avevo lasciato il segnalibro, sottolineavo, poi tornavo a leggere sull’Einaudi del 1968, e sembrava andare tutto bene.
Fino a ieri, quando dopo la lettura di uno degli ultimi capitoli ho appoggiato il libro sul tavolo della cucina per bere una golata d’acqua fredda di frigo visto che faceva un caldo insopportabile, e la copia Einaudi del 1968 con la copertina di una carta grigia e molle che sembra un papiro è finita su delle chiazzette d’olio usato per condire l’insalata del pranzo.
Amen.
Per il resto, che Il compagno di Cesare Pavese fosse un libro bellissimo e molto importante, quasi gigantesco, non me l’aveva mai detto nessuno e non lo trovo scritto da nessuna parte, quindi, nel caso, ve lo dico io adesso: Il compagno di Cesare Pavese è un libro bellissimo e molto importante, quasi gigantesco. Ve lo consiglio.
Prego.
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August 11, 2020
Nori (4), Bulgakov, Gogol’ e una signora di San Pietroburgo
E in un libro che si chiama I russi sono matti (corso sintetico di letteratura russa 1820-1991), del 2019, Paolo Nori dice che succede con tutte le lingue, e anche col russo, che ci sono delle parole intraducibili, come, per esempio, pochmel’e, che è la condizione in cui si trova Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa, all’inizio del capitolo IV di un libro che si chiama Maestro e Margherita di Michail Afanas’evič Bulgakov.
E dopo dice che Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa, la sera prima aveva bevuto troppo e adesso era in quella condizione che i russi chiamano pochmel’e, che è una parola che designa sia una condizione fisica (lingua gonfia, male alle ossa, cerchio alla testa) che una condizione, per così dire, spirituale (amnesia, vergogna, impressione di aver fatto qualcosa di male senza sapere di preciso cosa).
E che si potrebbe pensare che una traduzione corretta di pochmel’e sia “postumi”, ma che postumi, in russo, si dice poslédstvija, e, se si va a vedere sul Kovalëv, il dizionario della Zanichelli, gli esempi alla voce postumi sono: poslédstvija vospalénija lëgkich (“i postumi di una polmonite”) e otgolòski pravìte’stennogo krìzisa (“i postumi della crisi di governo”). E che quindi postumi è una parola paramedica, farmaceutica, o, al massimo, parlamentare, niente a che vedere con la vitalità di pochmel’e e niente a che vedere con la condizione di Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa.
E dopo ancora dice che c’è una regola per uscire dalla pochmel’e e ha un nome, che è un verbo, intraducibile anche lui: opochmelìt’sja. E che c’è una maledizione che Čub, uno dei protagonisti di un racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ intitolato La notte prima di Natale, dal 1831, lancia al suo peggior nemico: «Che ti possa mancare la vodka quando ti svegli al mattino!» Cioè: che tu non possa opochmelìt’sja.
E che un giorno, all’inizio degli anni duemila, che lui, Paolo Nori, era a San Pietroburgo, una donna che era seduta su una panchina appena lo aveva visto si era alzata, si era diretta verso di lui con una mano tesa e, quando era arrivata a incrociarlo, gli aveva allungato la mano sotto il naso e gli aveva detto: «Štóby opochmelìt’sja». E che, se dovesse tradurre, in un modo comprensibile, quel che gli aveva detto quel giorno quella signora dovrebbe dire così: «Mi darebbe per cortesia qualche rublo per comprare qualcosa da bere in modo che mi passi la fastidiosa sensazione di cui sono vittima oggi, dovuta al fatto che ieri ho bevuto un po’ troppo?»
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