Marco Manicardi's Blog, page 32
December 11, 2020
Cale e Young
E in un libro che si chiama Please Kill Me, del 1997, John Davies Cale dice che quando suonava con LaMonte Young nei Dream Syndicate il concetto del gruppo era quello di tenere sempre le stesse note per due ore alla volta.
E La Monte Thornton Young, dopo, dice che organizzò una serie di performance musicali e sulla prima serie di volantini fece stampare un avvertimento: LO SCOPO DI QUESTA MUSICA NON È L’INTRATTENIMENTO.
(Stasera, su www.radiosverso.it, tra un po’, alle 21 circa, c’è Softer Than Velvet)
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December 9, 2020
11 dicembre: Softer Than Velvet (su Radiosverso)
L’11 dicembre del 1965 nel Summit High School Auditorium, a Summit, New Jersey, una band di quattro elementi salì sul palco per la prima volta. Avevano un nome strano e conturbante: VELVET UNDERGROUND.
Una cinquantina d’anni dopo, intorno all’11 dicembre, un trio emiliano portò in giro un spettacolino denominato Softer Than Velvet, dove Giancarlo Frigieri, cantautore, suonava canzoni dei Velvet Underground, mentre Franco Ori, pittore, dipingeva dal vivo dei quadri sul mondo dei Velvet Underground, e Marco Manicardi (cioè io), lettore, leggeva parole di Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison, LaMonte Young, Rosebud, Paul Morrissey, Ronnie Cutrone, Danny Fields e Billy Name prese da un libro che si chiama Please Kill Me.
Venerdì 11 dicembre 2020, 55 anni dopo il primo concerto dei Velvet Underground, visto che quello spettacolino non si può fare, su Radiosverso (www.losverso.it/radio), Andrea Bentivoglio, il peraltro direttore artistico della radio, mi ha messo a disposizione un paio d’ore per trasmettere una specie di palliativo di Softer than Velvet, dove interromperò con delle letture un flusso continuo di canzoni dei Velvet Underground prese da varie pubblicazioni più o meno ufficiali.
Più o meno alle 21.
Secondo me viene un bel lavoro.
Musica:
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December 7, 2020
Dei ricordi (23)
Il 7 dicembre del 2019 avevo scritto una cosa che diceva così:
habemus PEARL JAM.
Avevo appena comprato i biglietti.
Dopo qualche settimana erano arrivati con il corriere.
Li avevo messi in una busta sullo scaffale alto della cucina.
Sono ancora lì.
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December 3, 2020
Campani
E in un libro che si chiama Il giro del miele, del 2017, di Sandro Campani, a un certo punto c’è la Giuliana che dice a Giampiero: «Vedi Giampiero? Secondo me, finire disgraziati, ci sono casi differenti: essere cattivi e finire disgraziati, qualche ipocrita ci gode e ti sta attorno per divertirsi alle tue spalle. La gente è curiosa. Ma essere buoni e disgraziati, chi ti conosceva ti compatisce, si sente accusato vagamente, non ha piacere neanche a venirti a salutare.»
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December 1, 2020
Lessico famigliare (2)
«Sai cosa manca in questa casa?»
«?»
«Un camino e un pianoforte.»
«…»
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November 27, 2020
Dei ricordi (22)
Il 27 novembre del 2015, più o meno verso l’ora di cena, non so neanche dire perché, avevo scritto una cosa che diceva così:
Questa lunghissima assemblea condominiale dell’anima.
A rileggerla, mi sembra che abbia una sua universalità.
Forse. Mah.
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November 25, 2020
Così va la vita (dipende dall’intonazione)
Io, che di calcio non so niente, posso solo dire che da bambini, negli anni 80, e poi da ragazzi, negli anni 90, quando ci si trovava per giocare a calcio o a calcetto per la strada o ai campetti, se qualcuno faceva una cosa azzardata e incredibile, magari per caso, e gli riusciva, c’erano sempre una voce o due che gli gridavano «Eeeh! Maradona!»
E quando invece qualcuno faceva una cosa azzardata e incredibile, magari per sbaglio, ma non gli riusciva, e sbagliava in modo plateale o cadeva rovinosamente o in modo goffo e impietoso, c’erano sempre una voce o due che gli gridavano «Eeeh! Maradona!»
Delle volte significava «Hai fatto una cosa impossibile, di quelle che ci riesce solo Maradona», altre volte voleva dire «Ma dai, chi ti credevi di essere, Maradona?»
Dipendeva dall’intonazione.
Così va la vita.
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November 23, 2020
I colori dell’autunno
Il problema di avere un cane in novembre è che se, per esempio, sei con lui al parco nella vostra passeggiata quotidiana, diciamo al mattino, e metti che tu sei lì che stai spippolando col cellulare per leggere le notizie o scrollare qualche bacheca, camminando pian pianino per far fare al tuo amico a quattro zampe le sue belle pisciatine, a un certo punto senti il guinzaglio che tira, con la coda dell’occhio vedi che lui si è fermato nella classica posizione che assumono i cani per cagare, una posizione sempre accompagnata da un’espressione così particolare e remissiva che penso venga da lì il dire “vergognarsi come un cane”, ma comunque, hai appena capito quello che sta facendo, allora metti via il cellulare nella tasca di dietro dei pantaloni, strappi un sacchino dal rotolo dei sacchini che ti porti sempre diligentemente dietro, ci infili la mano come in un guanto e cominci a controllare dove l’ha fatta, solo che al parco sono dei giorni che non raccolgono le foglie, e tu cerchi e cerchi ancora, ma, niente, non la trovi.
E cerchi e cerchi di nuovo e ancora niente, smuovi un po’ le foglie con la mano infilata nel sacchino per non dover inavvertitamente trovare quello che stai cercando con la mano nuda, ma, oh, vigliacco, non c’è.
Così ti guardi intorno, un po’ circospetto. Cosa devi fare?
Non c’è.
L’hai cercata, sembra dire il tuo sguardo al parco, anche se non c’è nessuno intorno.
Ci guardi ancora. È mattina, c’è il sole, ci vedi bene. Non la trovi lo stesso.
Ti guardi ancora intorno, ti senti in colpa, ci mancherebbe. Non puoi però far altro, ammetti con la faccia dispiaciuta al mondo che ti circonda, che riappallottorale il sacchino e mettertelo in tasca.
E dici «dài, su,» al cane, che è già un po’ che ti guarda impaziente o dubbioso.
Tutti e due trotterellate verso casa.
E quando entri, se passi davanti a uno specchio, vedi una faccia che è la stessa che aveva lui mentre cagava.
Questo per dire che se tra le foglie rosse, arancio, gialle, marroni, bellissime, croccanti, poetiche di questi giorni vedete un escremento o magari lo pestate, che son due bei maroni, mi rendo conto, dovete pensare che ogni tanto, mica sempre, ma delle volte magari non è colpa del proprietario incivile, che lui ce l’ha messa tutta per tirarla su, ma non ci è riuscito, e non ci è riuscito perché l’autunno, così bello e pieno di poesia, ha i colori delle merde dei cani.
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November 18, 2020
Due cose d’attualità
Ieri sera, negli ultimi minuti prima del coprifuoco, ero in giro con Rasko, il mio cane, nel parco sotto casa e ho incrociato uno che correva, un runner. Ci siamo guardati e avevamo un’espressione negli occhi che diceva più o meno «Eh, ci vuole della pazienza.»
Oggi Grushenka, invece, ha scritto su facebook una cosa che dice così:
Io però ammetto che se ci fossero delle tipo superga bianche con la gigantesca scritta Coop rossa le comprerei subito.
Le comprerei subito anch’io.
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November 14, 2020
Così va la vita (semplicemente)
E quindi, dopo più di un mese di digiuni e terapie e dimagrimenti, col fegato (fegato fegato) spappolato, ieri sera tardi entrando in camera con la torcia accesa nel cellulare per non inciampare, ho sentito un rumore e un rantolo e l’ho vista lì, per terra, che non respirava più. Poi con un sussulto aveva ricominciato a respirare. E dopo, un altro rantolo, e nella notte l’ultimo sbuffo di fiato. Stamattina era ancora lì, distesa sul panno che le avevamo messo vicino al termosifone. Fredda e con gli occhi spalancati.
E non lo so come funziona, la nostra testa, che delle volte non scende nemmeno una lacrima per la morte di un amico o di un parente, ma scoppiamo a piangere come delle viti tagliate, e ci abbracciamo a occhi chiusi e ci sentiamo più soli, quando muore una gatta.
Proprio in questi giorni stavo leggendo un libro che si chiama Perché comincio dalla fine, di Ginevra Lamberti, dove viene riportato un passo di una poesia di Laura Liberale che dice «morire come il gatto di casa, girandosi dall’altra parte, semplicemente.»
Ecco.
Così va la vita.
(Natasha, 2010-2020)
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