Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 145
January 30, 2017
Come ti "cucino" il libro ...

Come ti leggo, caro libro. Innumerevoli sono i modi nei quali si può parlare e scrivere di un libro. Non uso la parola impiegata di solito, recensire, perchè mi sa di intellettualismo, una categoria alla quale non mi sento di appartenere. Per me il libro è come un essere vivente per il quale si possono usare le famose cinque domande usate in linguistica per insegnare una lingua: "chi-cosa-quando-dove-perché". Basta adottarle anche per un libro e il gioco è fatto. Ma prima vorrei fare alcune considerazioni che non sono secondarie per chi decide di leggere e scrivere di un libro, di stendere una canonica "recensione".
Questa decisione non nasce da sola, di per sè. Trova la sua ragione in un contesto sia interno che esterno al soggetto che prende in mano quel libro. Già in questa decisione si può capire la direzione che prenderà la scrittura. Me l'ha consigliato un amico, ho letto l'articolo di un giornale, ho sentito l'intervista dell'autore, ho visto il libro in libreria, c'era in una una bibliografia, faccio una ricerca, ho bisogno di un approfondimento. Oppure è l'ideologia, la politica, la gelosia, l'invidia, il rancore che porto per chi ha scritto quel libro. Tutti motivi e ragioni di un libro. Possono essere tanti gli stimoli a leggere, spesso controllati, altre volte senza una ragione precisa, istintivi ed irrazionali. Comunque sia, una volta che il libro si trova nelle nostre mani dobbiamo pur leggerlo.
A questo punto ognuno procede secondo i suoi impulsi. Io qui intendo parlare di come mi comporto io in questa situazione. In questi giorni sto lavorando alla sistemazione della mia biblioteca cartacea, la sto trasferendo in quella digitale su GoodReads. Un lavoro ambizioso, ed anche faticoso, perchè ci vogliono tutte le qualità che dovrebbe avere chi conosce i criteri sui quali si basa la biblioteconomia.
"Le idee sono tali in quanto tu le puoi comunicarle agli altri, se le tieni per te non servono a nulla, anzi, non sono nemmeno idee".In questa dichiarazione ritrovo tutte le ragioni per mettere online una biblioteca personale. Infatti, dove si possono trovare tante idee se non nei libri? E chi più e meglio di un bibliotecario dovrebbe essere in grado di gestire, conoscere e sistemare queste idee? Online i tuoi libri, le tue idee le puoi condividere con il mondo.
Io sono nato in una famiglia di tipografi tradizionali nel secolo e nel millennio passati, attraversando tutte quelle trasformazioni che si sono succedute nel corso degli ultimi anni. Una cinquantina di anni paragonabili ai cinquecento, tanti quanti sono quelli che divisero l'invenzione dei caratteri a stampa di Gutenberg con quelli che stiamo vivendo oggi.
Dalla manualità della composizione a caratteri mobili, alla scrittura che in questo momento sto facendo al mio Toshiba Chromebook. Questo significa che una pagina scritta in maniera tradizionale non potrà mai essere come quella digitale. Il confronto con la tecnologia informatica, applicata alla biblioteconomia, ha trasformato radicalmente le attività di selezione e controllo dell’informazione.
L’ambito di lavoro non è più solo lo spazio fisico della biblioteca, ma la Rete. Da questa l’operatore reperisce la cosiddetta documentazione remota, che richiede l’apprendimento di nuove tecniche per selezionare, raccogliere, descrivere e indicizzare i nuovi documenti. Ciò si riflette principalmente sulla strutturazione dei servizi e sull’organizzazione delle attività dirette al pubblico che, in funzione delle nuove possibilità offerte da internet, acquistano un’importanza fondamentale, a cominciare dal cosidetto "reference", vale a dire i riferimenti del contesto. Scrivere in maniera tradizionale, a penna o macchina da scrivere, non è la stessa cosa di scrivere al pc. Allo stesso modo leggere in cartaceo non è la stessa cosa di leggere al tablet, al pc oppure al cellulare.
La recensione di un libro cartaceo sarà necessariamente diversa da quella di un volume digitale. Nella versione cartacea potrò avere un relativo supporto referenziale, note, disegno o immagini. Nella versione digitale potrò avere accesso alla rete mediante i link attivi e quindi sarò in grado di "uscire" dallo spazio del libro, spazio che non è fisico, ma una vera e propria "nuvola" mobile. Mi rendo conto che mi sto allontanando dal tema che rimane la recensione del libro. Ma era importante a questo punto mettere in evidenza la diversità del modo di procere nella lettura. Detto questo, vediamo come affrontare la lettura. Quella del libro tradizionale.
Non leggere il libro che hai tra le mani, non ancora almeno. Devi guardarlo come oggetto, la sua altezza, lunghezza, peso, colore, spessore, rilegatura, stampa, carattere, formato, confezione. La sua esteriorità, il look, sono importanti. Il libro parla, esprime delle intenzioni, se non proprio quelle del suo autore almeno quelle dell'editore. Quindi entra in gioco il prezzo, il tipo di carattere, la stampa. A chi è diretto, chi lo leggerà, perchè quel titolo. Cosa mi comunica, chiede una risposta, pone un problema? Perchè quella copertina, quei colori? Prima e quarta di copertina, dorso. Pattine? Non l'ho ancora aperto.
Ma ancora non lo leggo, pur avendolo aperto. Sfoglio le pagine, guardo le linee dei caratteri, le righe, i margini, l'interlinea, i numeri delle pagine in alto o in basso, i paragrafi, i capitoli, i punti, le virgole, i due punti, le parentesi, le virgolette che segnano i dialoghi, i nomi, i luoghi, ma non ancora mi interesso al senso. Cerco di capire la sua leggibilità, la sua struttura grafica mi aiuta a intuire il pensiero dell'autore, il suo modo di comunicare.
Non lo leggo ancora. Cerco l'indice, all'inizio o alla fine, le note, se ci sono, a piede di pagina o in fondo al libro. Il numero dei capitoli, le immagini, se ci sono. Ma è un classico o un moderno? Un saggio o un romanzo, un racconto, una novella, un'opera teatrale, per adulti o per bambini, italiano o straniero, antico o moderno? Ma io cosa mi aspetto da questo libro?
Le risposte a questo punto variano a secondo del tipo di libro che ho tra le mani. Poesia, racconto, romanzo, commedia, tragedia, biografia, libro di storia, di fantascienza, di studio, un classico o un moderno. Diversità che richiedono un approccio diverso. Sono tutte scritture diverse che devono essere valutate in maniera diversa.
In un romanzo è necessario che io riesca a immaginare subito la situazione, il contesto, l'ambiente. Mai come in questo caso le canoniche domande "chi-cosa-quando-dove-perchè" sono davvero essenziali. Importante prendere appunti, ricordare ambienti e situazioni, nomi dei luoghi e dei personaggi. Cercare di afferrare il filo logico della narrazione, dove vuole andare a parare chi scrive, cosa fa dire ai suoi personaggi. Annotare cosa colpisce, cosa è ridicolo, stabilire se forma e contenuto si relazionano e come.
Ah! i romanzi, la loro lettura non è stata mai il mio forte. Mi ci perdo dentro. Trama, intreccio, plot, sub-plot, conflitti, interni ed esterni, personaggi, io, contro-io, svolgimento e capovolgimento, anticipazione o "foreshadowing", isocronia, anisocronia, mimesi, punti di vista e finale. Se ci arrivo sono felice di averlo letto. Ma poche volte ci riesco. Eppure "Ulisse", "Tristan Shandy" e "Moby Dick" li ho incontrati e conosciuti, anche se "Ulisse" mi ha perso lui e mi sono disperso io.
Diverso il caso della poesia, dei saggi e delle opere teatrali. In ogni caso leggere un libro significa fare una escursione, ed anche una invasione, in territori sconosciuti che sono fermi sulla pagina di un oggetto chiamato libro. Lo tieni tra le mani, o ne sfogli le pagine, oppure lo lanci dalla finestra. Tenendo presente che se scegli quest'ultima soluzione, lanci dalla finestra anche il suo autore. Tu che mi leggi su questo blog non puoi farlo. A meno che tu non decida di lanciare dalla finestra il tuo pc, il tuo tablet o il tuo cellulare ...

Published on January 30, 2017 09:05
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Tags:
leggere, recensione
January 29, 2017
La mia biblioteca
Ho superato i duemila volumi nella sistemazione della mia biblioteca qui su GoodReads. Un lavoro non facile, anzi forse monotono perchè ripetitivo, ma molto utile per rivisitare nel tempo e anche nello spazio la linea della vita vissuta in questi anni nei quali gran parte della mia esistenza si è svolta in compagnia dei libri. Oggi ho messo mano allo scaffale dedicato alla Rete. Ho scoperto che i libri su questo argomento sono davvero molti, tanti, forse troppi. Mi sono reso conto che tutto cominciò con l'indimenticabile Commodore 64, agli inizi degli anni ottanta, ma non ho ancora avuto modo di toccare l'argomento "Accademia", quella operazione di lancio commerciale che feci insieme a Guglielmo. Ci sarà modo di parlarne a suo tempo. Questa rivisitazione dei miei libri serve a fare sintesi, man mano che continuo a compilare schede, scrivere qualche recensione, mi accorgo che i "tag" sono cresciuti, sono tanti, più di quanti ne avrei potuto pensare. Le etichette/tag servono a dare una identità ad ogni libro, ma sopratutto servono a chiarire a me stesso il senso, i sensi del libro che mi fecero decidere di scegliere quel determinato testo, argomento, autore. Capita spesso di chiedermi davanti ad un libro di non ricordare come sia finito tra i miei libri. Devo ricorrere alle classiche domande chi-cosa-quando-dove-perchè per contestualizzarlo. Non sempre ci riesco e trovo la risposta nel fatto che la mia biblioteca ha anche altre identità: quella di mio padre, mia moglie, mio fratello, mio figlio. Ogni libro, comunque, ha una sua storia, una sua origine, quando compilo la sua scheda assume una nuova e diversa identità dalla quale possono nascere conseguenze nuove, inaspettate ed imprevedibili di cui mi occuperò nei prossimi post ...
January 26, 2017
Dal Gambia a Venezia: morte nella laguna

Si chiamava Pateh Sabally, aveva 22 anni, proveniva dal Gambia. Non sapete dov'è questo posto? Conta poco. Basta sapere che quello che rimane di lui, per adesso, sono soltanto i documenti che aveva riposto in una busta di plastica sigillata affinché l’acqua non li rendesse illeggibili, uno zaino con poche cose dentro e un biglietto del treno con destinazione Venezia comprato il giorno prima a Milano.
Ha girato per un giorno il ragazzo del Gambia, 22 anni, prima di lasciarsi cadere nell’acqua del Canal Grande. Era arrivato in Italia due anni fa e aveva un permesso umanitario. Si è tolto la vita domenica pomeriggio davanti a centinaia di persone. Quel ragazzo sopravvissuto al Mediterraneo, il «mostro» che negli anni ha inghiottito uomini, donne e bambini come lui, e che da tempo non aveva un posto fisso in cui stare, ha scelto Venezia per morire annegato.
Sono andato a rileggermi la scheda di questo Paese africano sul blog che, tempo fa, ho dedicato alla "Poesia del Mondo", traducendo dall'inglese una poesia per ogni paese. Qui al link una ingenua poesia di un anonimo poeta descrive i sentimenti di un suo anonimo poeta, come anonimo rimane anche Pateh. Questo paese africano ha conquistato la sua indipendenza dal Regno Unito nel 1965.
Da un punto di vista geografico il Gambia è circondato dal Senegal ed ha formato per breve tempo, dal 1982 al 1989, una federazione chiamata Senegambia. Nel 1991 le due nazioni sottoscrissero un trattato di cooperazione, ma la convivenza non è stata mai facile. Nel 1994 un colpo di stato sospese ogni attività politica. Qualche anno dopo venne promulgata una nuova costituzione e fu ristabilita l'attività politica. Il Gambia è il più piccolo paese dell'Africa continentale. Di forma stretta ed allungata, ricalca il corso del fiume omonimo.
Secondo l’agenzia europea Frontex, il Gambia è tra i primi sei paesi da cui provengono coloro che cercano di entrare in Europa attraverso il Mediterraneo. Eppure, ha una popolazione tra le più esigue del continente africano, neanche due milioni. Il motivo di questa fuga di massa sta nel clima di terrore che regna nel minuscolo paese dell’Africa occidentale. La situazione dei diritti umani è peggiorata negli ultimi 12 mesi. Da questo era fuggito Pateh ...
Sleep-song
Sleep and sleep well, little one: but open your eyes and look at me for a minute before you go to sleep.
I want to see the thing the thing that shines inside inside your clear new eyes and shines at me.
Now shut your eyes, little one: I think I saw what I wanted to see. Sleep now, and sleep well.
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Ninna nanna
Dormi e dormi bene, piccolo mio: ma apri i tuoi occhi e guardami per un momento prima di addormentarti.
Voglio vedere la cosa la cosa che risplende dentro dentro i tuoi chiari occhi nuovi e mi sorridono.
Ora chiudi i tuoi occhi, piccolo mio: penso di aver visto quello che volevo vedere. Dormi ora, e dormi bene.
Una ninna nanna che ben si adatta alla giovane vita di questo ragazzo che si è lasciato morire mentre lo insultavano. Traducendo dall'inglese, non si rileva il sesso della persona alla quale la semplice poesia è diretta. Io qui ho voluto adattarla a lui pensando alla "cosa" che l'anonimo poeta pensava potesse leggere nei suoi occhi prima di addormentarsi per sempre in quelle gelide acque della laguna.
Cosa può pensare un giovane che ha deciso di annegarsi mentre dalla sponda lo gratificano di civilissimi epiteti come "Africa", "negro", "pezzo di merda", "scemo". Tutto filmato in un video che, apparso anche in rete, è diventato subito "virale", (manco a dirlo!) come si suole dire. Lui, Pateh Sabally, ha deciso di morire nelle acque del canale più famoso al mondo, il canale di Venezia.
Ci resta quel suo zainetto con dentro la busta di plastica sigillata affinché l’acqua non rendesse illeggibile le sue carte, insieme ad un biglietto del treno con destinazione Venezia. La sua identità, quella che per molti sarà una morte inutile ed infame a Venezia.

January 21, 2017
Zero libri l'anno
L'incidenza delle nuove tecnologie comincia a farsi sentire sul serio per quanto riguarda la lettura dei libri da parte dei giovani. Il libro cartaceo e non ha sempre meno importanza nel processo di formazione e aggiornamento di oggi. Tre italiani su cinque leggono zero libri all'anno. (Fonte: La Lettura)
Published on January 21, 2017 12:19
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leggere
January 18, 2017
Personaggi e interpreti
Mi sono chiesto spesso, io che non amo molto leggere romanzi, perchè chi ama leggerli parla dei personaggi, dei protagonisti delle storie narrate, come se fossero delle persone vere. Qualcuno, lo so, mi obbietterà che appunto in questo consiste la grandezza di uno scrittore, cioè di attirare il lettore e coinvolgerlo nella lettura di una vicenda scritta in cui si vivono situazioni di vita reale. Sarà, ma io sono più propenso a seguire le vicende reali di vita vissuta che leggere nei pensieri di uno scrittore che si inventa la vita ... Blakey Vermeule L'autrice ne parla in questo libro a proposito della teoria letteraria del personaggio. Non è una questione di semplice banale "gossip", chiacchiera ma è piuttosto il tentativo da parte di chi scrive questi libri di fare "storytelling" insieme al tentativo di applicare i principi che sono tipici della scienza cognitiva. Questo tipo di scrittura tende ad essere una sorta di guida e assistenza a vivere nella vita di tutti i giorni. Chi legge si identifica nella narrazione, adotta i perdonaggi descritti, interagisce con essi, li giudica, e probabilmente accumula esperienze e sentimenti per i suoi futuri comportamenti nella vita reale. Sarà, ma io penso che ci saranno sempre più cose in cielo e in terra che nella testa chi scrive storie che non fanno altro che creare miti ed illusioni.
Published on January 18, 2017 12:39
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interpreti, personaggi, romanzi
January 17, 2017
Consigli non richiesti
Il mio consiglio a chi vuole diventare uno scrittore? Bene, io non sono uno scrittore o un autore, sono soltanto "uno che scrive", che ha scritto tutta la vita e continua farlo. Tu che vuoi diventare uno "scrittore" devi prima imparare a scrivere la tua vita ogni giorno, ogni momento e con ogni mezzo. Prima, però, devi imparare a "vedere" , "osservare" quindi "pensare". Puoi anche scrivere senza fare questo, senza "pensare", allora vuol dire che sei un vero scrittore. Io, quando scrivo, non so mai cosa scriverò. In effetti scrivo soltanto per capire quello che penso. Non so se mi sono spiegato. Forse no, perchè la scrittura è una cosa davvero misteriosa ... ecco, prova a scrivere del "mistero" ... chi siamo, da dove veniamo, cosa ci facciamo qui, dove andiamo ... se riesci a rispondere a questi interrogativi, allora vuol dire che puoi essere uno scrittore, ma sarai sempre e solo ... uno che scrive ...
"Leggere" la biblioteca

Leggere la biblioteca. Sì, come un libro. Leggere la propria biblioteca. Anche questo è "lettura". Io credo che questa sia una "cosa" interessante, utile e anche più necessaria che leggere un libro. Mi spiego. Sono diverse settimane che procedo a mettere online i libri della biblioteca personale che non è soltanto mia. Ovviamente, mi limito a catalogarli, recensirli, condividerli con altri, collegarli a biblioteche digitali, partecipare a discussioni social e tante altre cose interessanti. La biblioteca da cartacea così diventa sociale e digitale.
In essa confluiscono libri di varia provenienza. I pochi libri, dei tanti dispersi nel tempo della biblioteca personale di mio padre, formata negli anni della sua gioventù, gli anni trenta. Chi sa leggere il tempo, può comprendere la differenza con quella che era la cultura e la lettura di allora e quella di oggi. Poi vennero i libri che lui stampava in quella piccola tipografia artigianale di provincia. Stampavano e vendevano i quattro fratelli per vivere. C'era poco tempo per leggere. Stampavano non solo per il piccolo paese ma anche per la grande Napoli.
Quella mitica strada, chiamata Via Mezzocannore, la strada delle librerie dell'Università. I volumi che uscivano da macchine gutenberghiane apparivano spesso nelle vetrine di quegli antichi librai oggi scomparsi. Di questi volumi ne sono sopravvissuti pochi, ma tanti se ne sono aggiunti alla mia biblioteca. Oltre quelli miei, ci sono quelli di mio fratello, quelli di mia moglie, fino a quelli di mio figlio.
Una biblioteca, oltre ad avere una dimensione temporale, ne ha una anche spaziale, a volte per necessità, altre volte per dilatazione esistenziale. Quando lo spazio in casa è diventato insufficiente, allora i libri hanno esteso la loro presenza in mansarda e poi anche in garage. Ovviamente i più preziosi hanno il loro posto d'onore, come ad esempio la raccolta della "Folio Society" di Londra, una case editrice inglese della quale sono stato socio per lungo tempo. In garage trovano posto i tanti volumi per lo più saggi ed omaggi di editori scolastici e non.
La mansarda è stato sempre il mio luogo ideale per creare questa biblioteca. Al quarto piano della casa dove abbiamo vissuto per oltre tre decenni, il palazzo si affaccia sulla grande antica Valle dei Sarrasti, guarda verso Pompei. In fondo, il mare di Castellammare, si può vedere, quando il cielo è limpido, il campanile della chiesa Pompei che si staglia contro la sagoma dell'isola di Capri. Spostando lo sguardo verso destra si presenta agli occhi di chi guarda, "sterminator Vesevo" con a fianco il monte Somma.
Dall'altro lato della biblioteca-mansarda si ammira il monte Saro, ai piedi del quale si distende silenzioso Episcopio, l'antico villaggio, oggi decaduta frazione della Città di Sarno, tutto raccolto intorno alla sua splendida cinquecentesca "Cattedrale degli Angeli" dedicata a San Michele Arcangelo. Spostando lo sguardo verso destra si vede la collina del monte Saretto, sul quale si ergono le antiche rovine di quello che fu il Castello degli Aragonesi a Sarno ...
Ecco, questo è l'ambiente, l' "habitat", della mia biblioteca. Ho creduto opportuno fare questa descrizione perchè credo che il contesto sia importante. Ogni biblioteca degna di questo nome, ha una sua storia, una propria identità, una sua ragion d'essere. Le biblioteche, pubbliche o private, piccole o grandi, non nascono a caso e senza una ragione. Questa mia che ho deciso di "fotografare" in questa memoria ha una sua "dependence", un'appendice, per così dire, in Costa d'Amalfi.
Seguendo la descrizione della valle che ho fatto innanzi, dal balcone della stessa mansarda, posso osservare, a sinistra della sagoma dell'Isola di Capri, il Monte Somma. Al di là del complesso montuoso di quei monti chiamati Lattari, nel villaggio di Novella, uno dei tredici del Comune di Tramonti, dove sono nato, a poca distanza dal mare di Maiori, in una casetta materna, appesa tra terrazze di ulivi e vigneti di uva tintore, ho dato vita ad un'appendice di questa biblioteca. Altri volumi, altri ricordi, altre memorie che confluiscono in uno "spazio" culturale che può essere letto ed interpretato alla stessa maniera di come si legge un libro.
E' il titolo, infatti, che dà la giusta identità ad un libro. Non sempre è quello giusto, ma è quello che spesso decide il suo destino futuro. Se non tanto il successo per il contenuto, quanto per la curiosità che suscita nel lettore non informato o sprovveduto che l'acquista. Perchè ce ne sono di libri col titolo abbastanza strano come ad esempio: "Le balene restino sedute", "Ero una brava mamma prima di avere figli", "Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano".
Solo tre esempi che magari sono stati pensati per attirare l'attenzione del lettore distratto. Ma ci sono anche titoli come il famoso "L'insostenibile leggerezza dell'essere", "Il castello dei destini incrociati", "Esercizi di stile". Questi ultimi tre hanno un'aria decisamente intellettuale, non caso gli autori sono in ordine: Milan Kundera, Italo Calvino, Raymond Queneau.
Sono arrivato al punto cruciale di questa "lettura" dei titoli dei libri della mia biblioteca che probabilmente ammonta a diverse migliaia di titoli. Quattro, cinque mila, non so ancora dire. Man mano che prendo tra le mani ognuno di questi libri, lo sfoglio in cerca dei dati necessari per compilare la scheda digitale della sua identità, scopro di meravigliarmi per varie ragione sulla sua identità.
Lo prendo tra le mani, lo guardo, lo sfoglio e mi accorgo di non ricordare nulla di lui. Se fosse mio, o di chi altro, come sia finito qui, e poi quel titolo tanto strano. Prendiamo questo: "The old noise of truth", un libro di poesie inglesi: "L'antico rumore della verità". Lo apri e scopri una dedica con la data di ventisei anni fa. Improvvisamente si accendono le luci del ricordo e cominci a ricordare ...
"Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei", forse è vero. Come può essere vero "dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei". Inevitabilmente i titoli di questi libri, che si distendono nel tempo e nello spazio di una vita, raccontano a chi li legge, sin dai titoli, chi sei, non solo oggi, ma anche chi sei stato nel passato. Già, perchè quest'ultimo si legge sin dai titoli dei tuoi libri.
Arte, storia, cucina, lingue, filosofia, musica, santi e peccatori, scienze e sogni, fantasie, sesso, illusioni, scorrono sin dai titoli. Romanzi, manuali, saggi, biografie, fantasie, disegni, a fascicoli, a dispense, in brossura o rilegati, fanno il tuo identikit di lettore. Sembra quasi che ti interroghino, se li hai letti, perchè li hai lasciati, ignorati, cosa hai capito, perchè non li hai ascoltati. E tu continui a leggerli, sfogliarli, catalogarli ... Ogni uomo è un libro, ogni libro è un uomo ...

Published on January 17, 2017 06:38
January 16, 2017
Il libro "social"
Io penso che nella realtà sociale in cui oggi ci troviamo a vivere, chi scrive, chi legge e chi pubblica libri debba riconsiderare i propri tradizionali ruoli e funzioni. Un sito come GoodReads, ed anche altri, in tutte le lingue, devono pensare che la comunicazione e i suoi contenuti sono "social", vale a dire proponibili, confrontabili, mobili, discutibili, mutevoli, adattabili. Bauman l'ha pensato, detto e scritto: una realtà "liquida" che non è un termine banale e abusato, bensì problematico, nel senso che mette in discussione la nostra tradizionale visione del mondo. Per me un libro deve essere "social" ... mi deve dare delle risposte, mi deve risolvere un problema, mi deve aiutare a elaborare un progetto...
January 11, 2017
I miei libri
Non sono uno scrittore, nè un autore, se volete. Sono soltanto "uno che scrive" da quando l'ha imparato a fare all'asilo e nella piccola tipografia paterna nel secolo e nel millennio passati.
I libri che ho pubblicato non stati scritti a scopo di lucro, ma per fini di altruismo culturale. Questo vuol dire per un intento sociale o umano: aiutare un amico artista indigente, il restauro di una chiesa, il recupero di una memoria locale dopo un tragico evento ambientale.
Insomma, non ho mai guadagnato una lira o un euro con la vendita dei libri. Alcuni dei libri sono reperibili in rete scaricabili gratis. Sono un sostenitore delle licenze "Creative Commons" evidenziate dalla dicitura "Approved for Free Cultural Works", per l'utilizzo in opere culturalmente libere.
I libri che ho pubblicato non stati scritti a scopo di lucro, ma per fini di altruismo culturale. Questo vuol dire per un intento sociale o umano: aiutare un amico artista indigente, il restauro di una chiesa, il recupero di una memoria locale dopo un tragico evento ambientale.
Insomma, non ho mai guadagnato una lira o un euro con la vendita dei libri. Alcuni dei libri sono reperibili in rete scaricabili gratis. Sono un sostenitore delle licenze "Creative Commons" evidenziate dalla dicitura "Approved for Free Cultural Works", per l'utilizzo in opere culturalmente libere.
Published on January 11, 2017 11:34
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Tags:
creative-commons
January 9, 2017
Il rumore della "scrittura creativa"

Oggi con i social media siamo tutti "autori" nel senso che leggiamo, scriviamo, inter-agiamo, condividiamo, elaboriamo, copiamo, incolliamo, interpretiamo, manipoliamo, reinventiamo. Insomma, scriviamo, ma non siamo "scrittori", ma siamo pur capaci di "inventare" un significato.
Il sociologo francese Michel Foucault nel 1969 si chiese "chi è un autore?“ Si diede anche una risposta: "L'autore è certamente un principio funzionale per mezzo del quale, nella nostra cultura, si fissano dei limiti, si esclude, si sceglie, l'autore, pertanto è una figura ideologica che determina il modo in cui noi temiamo la proliferazione del significato".
La domanda è allora: si può insegnare a scrivere? La risposta sembra scontata tanto banale è la domanda. Sembra che tutti nasciamo lettori. Tanti, ormai, hanno la possibilità di imparare a leggere, per poi passare a scrivere, in un modo od un altro. Qui, a dire il vero, si tratta di imparare a scrivere non tanto per vivere la quotidianità nel suoi vari e diversi impegni, quanto imparare a scrivere e diventare uno "scrittore".
A me che sono un "dinosauro", figlio di un tipografo post-gutenberghiano, questa denominazione mi ha fatto sempre sorridere. E' davvero una vita che ho scritto per vivere, come docente e come scrivente di ogni cosa che possa/debba essere scritta. L'ho fatto, ovviamente, per guadagnarmi da vivere.
Ma è di una particolare attitudine alla scrittura che intendo occuparmi: la scrittura come lavoro, professione. Per scrivere libri e possibilmente venderli. Fate una ricerca in rete oppure su "GoodReads" e scoprirete quanti sono i libri catalogati che si occupano di scrittura creativa.
Migliaia, milioni se li cercate su "Google". Con i media moderni sembra che questa passione per la scrittura sia diventata addirittura una mania. Ma la grafomania, come la bibliomania, sembra siano delle patologie piuttosto antiche. Quello che mi interessa qui sono le tante scuole di scrittura creativa che ci sono in giro.
Ho letto un articolo su una rivista letteraria inglese in cui una scrittrice, anche insegnante di scrittura creativa, parlava delle sue esperienze in questo campo dopo una vita trascorsa in questo tipo di insegnamento. Ha intitolato, non a caso, il suo scritto:" "Insegnaci a scrivere bene". Lei si riferisce ad un particolare tipo di scrittura chiamata "scrittura immaginativa". Racconti, romanzi, "fiction" per intenderci.
E' possibile un insegnamento del genere? Certamente. Ogni cosa che caratterizza gli uomini, penso sia possibile insegnare, nel bene e anche nel male, purtroppo. Si può insegnare la musica, la matematica, le scienze, perchè non a scrivere? L'importante è che ci sia la persona giusta a cui insegnare, persone che abbiano delle particolari predisposizioni, che possano poi diventare un "talento". Si intende che questo non lo si può insegnare a nessuno se non lo si possiede già, ed è tutto da scoprire.
La cosa di cui non tutti sembrano rendersi conto è il fatto che per imparare a scrivere bisogna prima impossessarsi della giusta tecnica. Nessuno si aspetta che un ragazzino al quale piace la musica, prenda subito un violino ed inizi a suonare senza che non abbia fatto un gran numero di ore di esercizi e di studi prima. Stessa trafila deve seguire un matematico, un pittore, uno scienziato. C'è un ben preciso elemento tecnico da apprendere da chi il "mestiere" lo conosce.
Mentre per la musica, la pittura e la scienza queste sono cose che la maggior parte di noi raramente fa, e chi lo fa lo pratica nei luoghi adatti il laboratorio, il teatro e gli studi. Tutti, invece, abbiamo il dono della parola e crediamo di poter accedere facilmente a quello della scrittura. Parliamo e scriviamo tutti i giorni, in ogni modo possibile. Pensiamo, quindi, che sia facile e possibile scrivere, costruendo pensieri, persone e luoghi immaginari. Grave errore.
Dietro ogni vero talento si nasconde una tecnica ben precisa. Thomas Edison ha detto che il 99 per cento del genio è fatto di sudore e aveva ragione. Se c'è il talento, ed anche intelligenza e immaginazione, senza una padronanza della tecnica per comunicarla agli altri, sarà impossibile farsi accettare. Bisogna saper gestire il pensiero, nei suoi vari aspetti comunicativi. E' il "mestiere" che bisogna apprendere, la capacità di riuscire ad immaginare di poter essere "altro" e "altri", al di là di se stessi.
Quanti sono disposti a rinunciare a se stessi, alla propria identità, alla propria storia, ai propri pensieri, a favore di un altro, di tanti altri personaggi che diventano persone vere della loro immaginazione? Tanti credono di saperlo fare a cuor leggero, per vendere qualche copia del proprio libro e sorprendere qualche ingenuo che casca nella sua rete. , Si illudono di saper scrivere libri propinandoli a tanti che pensano di saper leggere. Non si rendono conto che per saper scrivere, bisogna innanzitutto saper leggere. Per saper leggere è necessario saper pensare. Io consiglierei alla autrice/scrittrice/insegnante di scrittura creativa, di insegnare innanzitutto a pensare, prima di leggere e poi scrivere. Tutto il resto è solo "rumore", come il titolo di quella nota canzone ... il rumore della comunicazione moderna ...

Published on January 09, 2017 12:40
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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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