Emanuela Navone's Blog, page 31
January 12, 2019
“Lasciami entrare nel tuo inferno”: il libro introspettivo sull’omosessualità, di Giusy Pullara
Quando mi è arrivato nella mia casella mail il manoscritto di Giusy, leggendo la sinossi e le prime pagine mi sono detta: “Questo voglio per la mia collana”.
Potrà puzzare di già detto e sentito, ma all’epoca la collana era aperta da poco e facevo scouting per cercare nuovi autori con alcune… particolarità.
La prima era quella di non aver paura di nascondersi dietro un muro.
La seconda di voler parlare di temi “caldi” e spesso tabù.
E, con “Lasciami entrare nel tuo inferno”, la Pullara le ha azzeccate entrambe.
Mi piacerebbe affermare che sia stato scritto per il puro piacere di narrare una storia, ma sarebbe una piccola menzogna, perché si è trattato di un vero bisogno, più che di un semplice piacere. Un bisogno incontrollabile, come l’impulso di mettere sotto i denti un alimento qualsiasi pur di restituire energia al corpo, dopo un intero giorno passato a digiunare; una sorta di autoanalisi a cui non avrei mai pensato di poter dar vita.
“Lasciami entrare nel tuo inferno è il mio primo romanzo” mi racconta Giusy. “È un libro che combatte – tra le altre cose – per i diritti di chi non li ha, ecco perché voglio dedicarlo a tutte le minoranze, agli ultimi, ai tormentati, a coloro su cui nessuno punterebbe un solo centesimo.
Nello specifico, si tratta di un romanzo non di genere, che abbraccia diverse condizioni sociali: depressione, tematiche LGBT, difficoltà a relazionarsi con la realtà circostante e trovare il proprio posto in questa società che fa da sfondo alle situazioni irrisolte che riguardano un po’ tutti noi.
Omosessuale: ho rifiutato questa parola per anni, come se evitarne la pronuncia potesse rendermi, in qualche modo, distante dalla mia reale natura, la stessa che mi aveva sempre portata a recitare con chiunque, come un personaggio teatrale sprovvisto di talento. Non erano tanto le etichette a farmi paura, quanto la crudeltà con la quale le folle non perdevano tempo ad appiccicarle addosso a chiunque non rientrasse nelle categorie standard.
È un’avventura che ha poco di autobiografico, ma al tempo stesso rappresenta appieno il mio lato empatico, perché credo che la scrittura sia soprattutto un modo per mettersi nei panni degli altri e chiedersi come si reagirebbe se ci si trovasse al loro posto.
Forse un romanzo rosa avrebbe attirato un pubblico più vasto, perché certi temi vengono scartati a priori da molti, ma io e i numeri abbiamo sempre avuto un rapporto disastrato, quasi strafottente. Raggiungere i piani alti delle classifiche deve certamente essere un’emozione indescrivibile, ma incrociare le emozioni di chi legge, a prescindere dai numeri, credo equivalga a poggiare i piedi su un piccolo Eden terreno.
Perché la gente ama il mare solo durante la sua tranquillità, e quando, invece, cominciano a presentarsi le prime onde che lasciano presagire che stia per sfogarsi, è sempre pronta ad abbandonarlo; per poi ripresentarsi da lui quando torna in uno stato di calma apparente, quando ha già risolto da solo il suo problema?
Ci
ho messo il cuore, qualche migliaio di parole e un bel po’ di notti insonni, ma
adesso è finalmente pronto a mostrarsi a chiunque volesse entrare tra le sue
pagine.
Mi piacerebbe che questa bizzarra storia potesse arrivare a chi ha perso anche l’ultimo briciolo rimasto di speranza, a chi ha fatto della solitudine il proprio pane quotidiano fino a dimenticare che esistono tanti altri cibi con cui allietare il palato, a chi non riesce a trovare un punto d’incontro col proprio cuore e continua a trafiggerlo. C’è sempre una via d’uscita, qualunque sia il calvario che stiate attraversando, ricordatelo.
Perché l’eterna ricerca del lieto fine sarà anche un’idea banale e romanzesca, ma ammettiamolo: nessuno di noi desidera altro.
Lasciami entrare nel tuo inferno, permettimi di visitarlo, di osservare i residui di tutte le speranze che hai visto sbriciolarsi davanti ai tuoi occhi increduli, di sentire l’eco di tutti i pugni allo stomaco ricevuti dalla vita, prima di arrivare al punto di adorare la morte come se fosse una dea.
Ringrazio di cuore la collana Policromia di PubMe ed Emanuela Navone per aver concesso a questo libro di venire alla luce, Luca Palumbo per realizzazione della splendida copertina, e le colonne portanti della mia vita, che poi sono anche il solo disinfettante efficace su qualsiasi tipo di ferita. Infine, un grazie speciale ai miei genitori Pietro e Francesca, gli unici veri maestri che abbia mai avuto.”
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January 10, 2019
Alfonso Pistilli chiude l’anno in bellezza con due presentazioni
Alfonso Pistilli chiude l’anno in bellezza con due presentazioni
Ha chiuso l’anno in modo eccellente, lo scrittore esordiente Alfonso Pistilli, autore del primissimo libro uscito per la collana Policromia: “L’ultimo sorriso”.
Ha presentato il suo libro, infatti, il 28 di dicembre a Canosa di Puglia, presso il Centro Studi Fontana (evento organizzato dall’Associazione Club per l’Unesco), e il 29, a Corato, presso la libreria Ambarabaciccicoccò.
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Leggiamo direttamente dalla penna di Alfonso le emozioni che ha provato durante queste due presentazioni.
Il momento più bello per uno
scrittore è, sicuramente, l’incontro con i lettori.
Lo è perché è un modo per
confrontarsi, per approfondire argomenti e, perché no, per chiacchierare della
passione che unisce chi scrive e chi legge: i libri.
Due incontri a distanza
ravvicinata, il 28 dicembre a Canosa, la mia città, e il 29 a Corato, sono stati
come un grande recipiente all’interno del quale sono confluite emozioni,
parole, sorrisi.
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La serata di Canosa di Puglia, organizzata dal Club per l’Unesco, mi ha dato l’opportunità di incontrare persone della mia stessa città che ancora una volta mi hanno dimostrato la loro vicinanza. Abbiamo chiacchierato del mio libro, “L’ultimo sorriso”, ovviamente, leggendone dei passi assieme a Brigida D’Elia e commentandoli per far sì che ognuno si sentisse dentro la storia. Ho raccontato come è nato il romanzo, ma anche da dove nasce questa passione per la scrittura, supportato dalla Presidentessa Avv. Patrizia Minerva, che ha visto crescere questa voglia e questa storia, durante i corsi di scrittura frequentati assieme.
Ringrazio anche Umberto De Giosa
che mi ha accompagnato per la serata facendomi sentire sempre a mio agio,
circostanza che, per uno come me, è di fondamentale importanza.
Il giorno successivo, il 29
dicembre, sono invece stato ospite di una bellissima libreria nel centro
storico di Corato, Ambarabacicicocò, a cui va il mio più sentito ringraziamento
non solo per aver ospitato l’evento, ma soprattutto perché la padrona di casa,
Giada, con la sua competenza mi ha fatto sentire come a casa.
Abbiamo parlato di scrittura, delle
varie forme che assume a seconda del genere letterario a cui ci si affaccia.
Degli aspetti psicologici che ad essa sono legati, non solo nello studio dei
personaggi, ma anche nella costruzione di romanzi che scavano nello spirito
dello scrittore prima e dei suoi lettori poi.
Ho potuto parlare delle mie
passioni letterarie, è sempre bello consigliare ad un uditorio attento la lettura
di un libro che si è amato.
Questo argomento è stato utile a
mostrare ai tanti lettori presenti e molto partecipi un po’ di me, a spiegare
da dove nasce la mia passione e di cosa la alimento.
È stata anche occasione per
scambiarci gli auguri per un florido 2019 e per assaporare i dolci tipici della
tradizione pugliese e Canosina.
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Spero che questo nuovo anno mi dia la possibilità di incontrare ancora tanta gente con cui condividere questa grande passione della lettura, perché sono fermamente convinto che il confronto è sempre una fonte di arricchimento.
Puoi rivedere le due presentazioni visitando il sito dell’autore: www.alfonsopistilli.com
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January 8, 2019
Perché i BOT di Messenger (se usati male) non servono
Perché i BOT di Messenger (se usati male) non servono
Vengono considerati da quasi tutti gli esperti di marketing (editoriale e non) come un’innovazione, e certamente lo è, che soppianta strumenti più “demodé” come ad esempio e-mail marketing.
Ma siamo davvero sicuri che questi BOT (per molti immagino una figura mistica a livello del grande Clulu, per chi legge Lovecraft) ti aiutino davvero?
Nell’articolo di oggi mi permetto un giudizio che esce dal coro e più critico sul famigerato BOT di Messenger.
[image error]Nettohotel.it
Che cos’è un BOT?
Innanzitutto, per chi ancora non lo conoscesse, vediamo di capire meglio che cos’è un BOT.
Siccome non sono una programmatrice né un guru del marketing o altro, te la farò semplice semplice.
Immagina di finire su una fanpage di Facebook, ad esempio, che so, di un tour operator. Hai una domanda da fare e, invece di sperticarti andando a cercare il sito e la mail, la fai direttamente su Messenger, alla pagina.
Scrivi la tua domanda, ad esempio se hanno offerte last minute per Parigi, e… puff! Automaticamente avrai una risposta in tempo reale, magari con un link per una ricerca veloce di offerte last minute.
Ecco, questo è un BOT.
Un esempio più concreto, che ho usato più per curiosità che altro, è il BOT di Immojeune, un sito specializzato nella ricerca di alloggi e appartamenti in Francia.
Funziona davvero in modo semplice e intuitivo, come vedi da questa foto:
[image error]Ho semplicemente scritto alla pagina che ero alla ricerca di un appartamento, e loro mi hanno risposto lasciandomi il link del loro motore di ricerca. Velocissimo!
Altre fanpage di Facebook, invece, come Kayak, mettono a disposizione la possibilità, da parte loro, di rispondere ad alcuni quesiti essenziali circa i loro servizi.
[image error]Nel momento stesso in cui apri la chat di Kayak, ecco una serie di domande che puoi porre all’agenzia!
Come creo un BOT?
Non ti serve essere programmatore o altro per creare il tuo BOT: esistono dei tool online che fanno tutto al posto tuo: basta che tu dia qualche informazione, e il gioco è fatto.
Per un po’ io ho usato Manychat, che è uno strumento intuitivo e semplice da usare, ma ce ne sono di tantissimi altri.
La soluzione più efficace, inoltre, è di collegare il BOT al sito internet, con un link che rimanda a Messenger.
Nel mio caso, ad esempio, avevo creato sul mio sito un link a immagine che avrebbe rinviato l’utente a Messenger, dove, se avesse cliccato, avrebbe ottenuto i primi tre capitoli gratis del mio libro.
Di volta in volta, poi, se avevo delle novità, le inviavo tramite BOT a chi era iscritto, e loro le avrebbero ricevute direttamente su Messenger.
L’avverbio è d’obbligo: sì, perché nel momento in cui ti iscrivi a un BOT (un po’ come se ti iscrivessi a una newsletter), a ogni novità verrai contattato tramite Messenger, il che è molto più veloce che usare una e-mail (le e-mail magari le controlli ogni tanto, Messenger più spesso).
[image error]kropekk_pl/pixabay
Ma, allora, cos’ha il BOT che non va?
Immagino ti starai ponendo questa domanda.
Cavolo, un BOT è davvero intuitivo e semplice, e, appunto, semplifica di un sacco il mio rapporto con l’agenzia o la pagina con cui voglio interagire! Inoltre sono aggiornato in tempo reale su tutto quello che mi serve, senza andarmi a cercare le e-mail o, peggio, perdermi su qualche sito internet.
Indubbiamente, i BOT sono un’innovazione, e nei prossimi anni (o addirittura mesi) sempre più aziende o freelancer ne faranno utilizzo. I BOT saranno utili anche per risolvere problemi di tutti i giorni (ad esempio, chiamare un carro atrezzi), e per tantissime altre cose, come il recente progetto di Chat Yourself per aiutare i malati di Alzheimer.
Dove sta, allora, l’inghippo?
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BOT sì, BOT no…?
Il mio parere è che l’utilizzo sempre più frequente di BOT, e soprattutto in quei casi in cui non servano a risolvere un problema (come i due esempi di poc’anzi), ma solo a “spingere” verso qualcosa (comprare un servizio o un prodotto), comporti una spersonalizzazione dei rapporti umani.
Mi spiego meglio.
Un po’ di tempo fa dovevo contattare un professionista e, dato che aveva una fanpage molto attiva, ho deciso di scrivergli su Messenger per accorciare i tempi. Questa persona aveva un BOT, quindi mi è stato pressoché impossibile scrivergli, perché era tutto automatizzato. Morale: mi sono stufata e sono passata altrove.
Sì, certo, un BOT ben fatto dovrebbe rispondere ai nostri problemi e, se non possibile, rimandarci a un link dove troveremo le risposte che cerchiamo.
Ma talvolta abbiamo bisogno di parlare con qualcuno, con qualcuno di umano, perché magari per il nostro problema, o per le nostre esigenze, il BOT non ci serve; anzi, ci intralcia.
Per non parlare, poi, di chi usa, come scrivevo prima, il BOT con puro fine di marketing!
Ero iscritta a un BOT Messenger di una pagina (e sito) di consulenza editoriale e di marketing. Sottolineo “ero”, perché mi sono disiscritta dalla disperazione.
Ogniqualvolta usciva una novità, o veniva pubblicato un articolo, il caro BOT mi avvisava. E fin qui nulla di male. Ma ragazzi, nel momento in cui c’era qualche promozione di servizi o infoprodotti, ahia! mi arrivavano sfilze di messaggi Messenger. E magari lo sai meglio di me, questo tipo di marketing aggressivo può dar fastidio tramite email, figuriamoci su Messenger.
Usare un BOT ha senza dubbio i suoi vantaggi, ma se fatto male, non serve a nulla.
Conclusioni
Venendo a noi, da questo articolo avrai ben capito che il BOT è uno strumento molto innovativo (sì, l’ho ripetuto spesso 
January 7, 2019
“Il mio girotondo di emozioni” di Elenia Stefani: presentazione
“Oggi è un giorno come un altro della mia nuova vita… uno qualsiasi ma, allo stesso tempo, speciale perché ogni giorno passato stringendo tra le braccia tua figlia è unico e magnifico.”
TITOLO: Il mio girotondo di emozioni
AUTORE: Elenia Stefani
GENERE: Raccolta di poesie e pensieri
EDITORE: marcoserratarantolaeditore
PREZZO: 22 euro
DATA DI PUBBLICAZIONE: giugno 2018
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Un abbraccio può essere sincero o finto,
riconciliatore,
doveroso,
spontaneo.
Ma… cos’è un vero abbraccio?
È dirti “ti voglio bene”
È starti vicino
È sfiorare la pelle senza inventare scuse.
Un abbraccio è la più intima carezza ormai dimenticata.
È abbattere ogni difesa.
Offrirsi, darsi e fidarsi.
Un abbraccio è affetto e bisogno di affetto.
Un abbraccio è donare e ricevere.
Un abbraccio è dire… “ci sono e sarò sempre per te!”.
Chi dona un abbraccio, dona se stesso.
Mai dimenticarlo.
Abbraccio
Ciao
December 29, 2018
“Con il casco azzurro verniciato a spruzzo”: una nuova uscita per la collana Policromia
Ci sono storie che afferrano, trascinano con sé, ti accompagnano lungo le pagine mano per la mano, e quando arrivi alla fine, all’ultima pagina, quella bianca, quella definitiva, senti che hai lasciato qualcosa lì, in quella storia, e che quella storia ha lasciato qualcosa dentro di te.
Questo ho provato quando, la scorsa estate, mi è arrivato il manoscritto di Alessandra per una valutazione.
Una storia struggente e positiva, una scrittura poetica e che colpisce l’animo di chi lo legge: questo è “Con il casco azzurro verniciato a spruzzo” di Alessandra Giorgi.
Il racconto della vita di un uomo visto dagli occhi della figlia. Occhi che sono quelli dell’amore, ma anche del realismo con cui lei e la famiglia hanno accettato una scelta. Definitiva. Irrevocabile. Giusta.
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Ho detto “bel tempo”. Penso a quando si parla con qualcuno e si chiede del tempo, sempre e solo quello atmosferico. «Come è il tempo?» Vorrei invece chiedere: «Come è il tuo tempo?» Il tempo vero, quello scandito dall’orologio: dimmi tu come vivi il tempo che passa, ti dico come lo sento io, e quanto è difficile vivere, mediare, relazionarsi…
Alessandra Giorgi, una vita da lettrice e al suo esordio come scrittrice, prova a parlare del tema difficile della fine della vita, e lo fa con questo libro intenso, leggero, delicato, personale.
Un libro non per tutti, ma per tanti lettori in certe fasi di riflessione che la vita stessa porta con sé, nel suo scorrere ora veloce ora lento, a tratti molto vissuta e a tratti più pensata.
La storia si colloca nell’attuale momento storico, momento in cui l’Occidente non solo si interroga, ma anzi avverte l’urgenza di un ragionamento su come affrontare il tema tabù della morte.
Si legge in un soffio e pone molti interrogativi, conduce il lettore dove non ci sono risposte uguali per tutti, tra vita, affetti, ricordi.
Papà, mi piaci quando ridi canti ascolti le tue musiche sul furgone vai in scooter con il bastone nella lattina inventi cibi e bevande massaggi i piedi sulla ruotina coccoli i gatti lavi i piatti di notte dici sempre sto benissimo e non ti scoraggi mai cercando di adattarti a quello che la vita ti dà.
“L’idea di scrivere questa storia nasce da una esperienza di vita vera. Scriverla è stato per me un bisogno, uno strumento per gestire le tante emozioni” mi confida Alessandra.
“Mentre i fatti accadevano, mese dopo mese, anno dopo anno, sentivo l’impulso di metterli per scritto: per vederli da fuori, capirli meglio, e per il timore di non ricordarne più i tanti dettagli, il timore di perdere nell’oblio curativo del tempo, le emozioni attaccate a quei dettagli. Foglietti sparsi nella borsa, pagine abbozzate che scrivevo in aereo, fogli su fogli con me nella tasca della valigia, audio registrati sul telefono in momenti rubati alla quotidianità, parole che sgorgavano come se stessi raccontando a me stessa cosa stava succedendo. Molto spesso sono stati anche foglietti scritti di notte, nel buio, sulla carta che sempre ho sul comodino, perché la notte è tranquilla e il livello di controllo sui pensieri si abbassa, così fiumi di parole fluivano improvvisi, costringendomi a prendere la penna nel buio e prendere appunti sgangherati su fogli che avrei poi riguardato al risveglio.”
Sorride ricordando le interminabili ricerche di pezzi ai mercatini.
«Quando gli mancava un pezzo, trovava sempre una soluzione.»
Il discorso resta un attimo sospeso.
«Quando non ha trovato più una soluzione, è perché non ce ne erano più.»
“A un certo punto” continua Alessandra “mi sono trovata fra le mani la storia già scritta, e la voglia di condividerla.
Ecco, una esperienza di vita vera, la mia visione di quei fatti, come io li ho vissuti, e chissà, gli altri protagonisti potrebbero averne avuto una diversa.
Perché non c’è mai una verità, ma tante tante storie.”
“Con il casco azzurro verniciato a spruzzo” è disponibile su tutte le librerie online e ordinabile in quelle fisiche convenzionate con PubMe. Un libro piccolino, ma dal cuore grande.
Come ogni storia che vale la pena di essere vissuta.
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December 23, 2018
Fiere letterarie? No, grazie!
Cronache di Miagola è una rubrica miagolosa. Siccome i miei gatti hanno manie di protagonismo, di tanto in tanto vogliono dire la loro. Per questo ho creato una rubrica tutta per loro. Attenzione, però: sono molto cattivi, quindi leggete a vostro rischio e pericolo.
Un giorno, Gutta La Gatta decise di partecipare a qualche fiera letteraria, nello specifico il Salone del Gatto.
Sicuramente, si disse mentre era intenta a una lunga toelettatura del suo pelo bianco e arancione, se la gente vede fisicamente il mio libro, è più spronata ad acquistarlo.
Stampò allora una cinquantina di copie del suo libro, rigorosamente autopubblicato, il bestseller (a suo dire): “Come grattare una porta”. Prenotò una camera nell’hotel più economico, per lei e per il fratello Napoleone Bonaparte, e acquistò i biglietti dei treni regionali per raggiungere la località dell’evento.
Ho speso quasi duecento eurogatti, pensò un po’ arrabbiata, osservando il salvadanaio miseramente rotto e qualche centesimo che correva qua e là, ma sicuramente con le vendite del mio libro mi rifarò delle spese, e anche delle spese per trascinarmi dietro quel grosso e peloso fratello che ogni tanto gli salta il grillo e vuole montarmi.
Arrivò finalmente il giorno prima della fiera.
Gutta La Gatta e Napoleone partirono di buona mattina, per arrivare in orario in stazione e prendere così i quattro treni che li avrebbero portati a destinazione. Sarebbero partiti alle 8:54 da Gattile con il regionale numero 8325, e sarebbero arrivati a Vibrissa Centrale alle ore 15 e trenta precise precise.
Ovviamente, non mancarono i litigi: Napoleone era (ed è) di per sé un gattone molto pigro e dedito al pisolo facile, quindi fargli trascinare una valigia e uno zaino sarebbe stata un’impresa da eroi. La povera Gutta La Gatta dovette minacciarlo più volte che avrebbero perso il primo dei quattro treni e che avrebbero dovuto viaggiare tutto il giorno, e sarebbero arrivati a destinazione tre ore dopo.
Non che servisse molto, eh! Riuscì a smuoverlo solamente dopo avergli promesso una cena luculliana a base di paté e crocchette della miglior marca. Allora il vecchio (si fa per dire) Napoleone si caricò lo zaino in spalla e, non senza lunghi sospiri e orecchie basse, seguì la sorella verso la stazione.
Per fortuna i treni furono tutti in orario, e alle ore 15 e 30 precise, Gutta La Gatta e Napoleone arrivarono a Vibrissa Centrale. Un altro litigio perché non trovarono subito l’hotel, e poi Napoleone si spalmò sul letto matrimoniale lamentando un forte dolore alle zampe posteriori, alla coda, al naso e perfino alle stesse vibrisse!
Andrò in avanscoperta, disse Gutta La Gatta al fratello, anche se lui stava già ronfando della grossa, così vedo la location e dove ci hanno piazzati. E magari mi compro anche qualcosa.
Mi raccomando crocchette e paté, si premurò di ricordarle Napoleone, improvvisamente sveglio e vigile.
Gutta neanche gli rispose.
[image error]Gutta La Gatta in un raro momento di relax.
Dopo una cena pantagruelica a spese della povera Gutta La Gatta, i due fratelli si rifugiarono in camera. Napoleone si spiaggiò per l’ennesima volta sul letto, proprio al centro, mentre Gutta La Gatta, dopo aver visto la location della fiera, sedette pensierosa sul balcone.
Il posto mi sembra un po’ infelice, pensò mentre si grattava dietro le orecchie. Ma anche strategico. Sicuramente domani venderò un sacco, visto che accanto a me ho una casa editrice di cani sfigati, e dall’altra parte un’autrice che so che scrive male, una certa Fiorellin del Prato. Che nome stupido. Per non parlare del suo libro! “Gli alberi di Natale: come tirare giù le palle”. Ma chi compra libri del genere in estate?!
Il grande giorno arrivò.
Gutta La Gatta e il fratello partirono al mattino presto, poiché la location della fiera distava dall’hotel qualche chilometro. Due zaini pieni di libri, e due borse dove avevano il pranzo , rigorosamente al sacco. Ovviamente il povero Napoleone iniziò subito a lamentarsi: aveva fame (anche se aveva fatto una colazione di dimensioni ciclopiche), aveva male ai gommini e persino ai peli della coda. Ennesimo litigio.
Gutta La Gatta dovette nuovamente promettergli un’ennesima cena luculliana per spronarlo, e tra una scaramuccia e l’altra arrivarono alla location della fiera mezz’ora prima dell’inizio, sistemarono i libri sul tavolo a loro dedicato, li decorarono con segnalibri e volantini, e dietro sistemarono il roll-up del bestseller (a suo dire) “Come grattare una porta”.
La gente iniziò a defluire all’interno della location, ma sembrava disinteressata ai libri, specialmente a quello di Gutta La Gatta, che iniziò a piegare le orecchie e a socchiudere gli occhi (questa volta per insoddisfazione, anche se lo faceva sempre quando era contenta). Per non parlare del noiosissimo fratello, che con quella faccia da gatto bastonato di certo non spronava le persone ad avvicinarsi al loro tavolo!
Gutta La Gatta lo spedì più volte al bar per acquistare un caffè, un tè, un dolcetto, un altro caffè, altro tè, un succo di frutta, fino a che Napoleone si lasciò cadere sulla sedia, sempre più stanco, e Gutta La Gatta si posizionò accanto al tavolo, dritta, impettita e sempre più nervosa – colpa anche del caffè.
Alle ore 12:09 non aveva venduto nemmeno una copia.
Poco male, si disse mentre beveva il quinto caffè che ilpovero Napoleone le era andato a prendere, la maggior parte della gente arriverà oggi pomeriggio.
[image error]Napoleone Bonaparte con la solita espressione afflitta.
E il pomeriggio arrivò.
E arrivò anche la sera.
E Gutta La Gatta continuò a non vendere nulla.
La casa editrice accanto a lei aveva ormai sbaraccato tutto,e pure l’autrice Fiorellin del Prato che, Gutta La Gatta l’aveva tenuta d’occhio tutto il giorno, aveva venduto sì e no tre copie. Ma sempre tre copie erano!
Andiamo? le disse Napoleone, le vibrisse basse basse. Ho fame,sono stanco, ho mal di testa, mal di gommini, mal di coda e mal di naso.
Ancora qualche minuto, gli rispose la sorella, magari vendo.
Ma cosa vuoi vendere! Non li comprano nemmeno a prezzo stracciato di fine fiera!
Per una volta, Gutta La Gatta dovette dare ragione al fratello – cosa che capitava raramente.
E così, mesta mesta, la coda proprio tra le zampe, che tra un po’ la faceva inciampare, Gutta La Gatta dovette rassegnarsi a riempire di nuovo gli zaini con l’invenduto – cioè tutto.
Il Salone del Gatto fu un vero e proprio flop.
Gutta La Gatta giunse ad alcune conclusioni:
Non è detto che a una fiera si venda: la gente sì è interessata, ma magari non lo è al tuo libro.Non sei da solo, anche se hai un tavolo tutto per te, e le persone potrebbero non accorgersi nemmeno del tuo libro.Proprio perché non sei da solo, ci sono meno possibilità di vendere, e ciò cresce proporzionalmente alla grandezza della fiera.
Che fare, quindi?
Gutta La Gatta decise di accantonare momentaneamente le fiere per dedicarsi a rendere più accattivante la presentazione del suo libro.
Se creo una copertina originale e che attiri l’attenzione,avrò più occhi sul mio libro, e magari la gente sarà più spronata a comprarlo,si disse. Giusto?
Non so se sia giusto o meno, ma so che le fiere letterarie e i saloni del libro sono sì belli, ma anche molto difficili da affrontare. Occorre quindi sì investire, ma non sperare di sbarcare all’Enalotto, perché è proprio così: un gioco d’azzardo, una roulette russa. O rosso o nero. Non esistono cinquanta sfumature di grigio, e nemmeno di gatto grigio.
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December 8, 2018
“Il mare dentro” di Luigi Genghi – Presentazione
Una raccolta di poesie d’Amore, composte in circa sei mesi: alcune durante i viaggi giornalieri per recarsi al lavoro, altre appuntate di getto direttamente sul telefonino. Ostia è il luogo privilegiato, nel quale molti di questi versi hanno visto la luce. Infatti il profondo legame con il mare ha largamente contribuito a creare sensazioni ed atmosfere presenti praticamente in ogni composizione. Quale omaggio al suo luogo d’adozione ed all’amato mare, l’autore ha voluto inserire nel libro alcune fotografie in bianco e nero da lui personalmente scattate.
TITOLO: Il mare dentro
AUTORE: Luigi Genghi
GENERE: Raccolta di poesie
EDITORE: CTL Livorno Editore
PREZZO: 12 euro
DATA DI PUBBLICAZIONE: giugno 2018
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I
Il Mare, perché il Mare?
Maestosa, mutevole, schiumosa,
fredda, calda, cheta e irascibile è l’Onda.
Femmina, Donna, perfetta nell’imperfezione.
Il Mare, perché il Mare?
Immenso, non può contenerla. Agitato, non può controllarla.
Il Mare, perché il Mare?
Tutto può, ma si stende, rassegnato.
L’Onda lo cavalca.
Il Mare si sente amato.
Ciao! Parlaci un po’ di te.
Ho cominciato a scrivere poesie da ragazzino, seguendo mio nonno omonimo paterno. Ho pubblicato dal 2016 tre raccolte : “il Mare dentro”, “Poesie ritrovate”, ” Poesie d’Amore : terza silloge”. Ho pronta un’altra raccolta, finora inedita, dal titolo “Cento granelli di sabbia” che comprende cinquanta poesie inedite ed altrettante antologiche scelte dalle tre pubblicazioni di cui sopra.
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V
Stormi festosi,
adagiati sull’acqua dormiente,
lambivano i primi raggi del mattino.
Di gioia ho pianto,
di dolore ho sorriso
e mi sono ritrovato
così, satollo di fremiti.
Da quali opere e autori trai ispirazione?
In tutta onestà, non credo di essermi mai ispirato ad alcun libro o autore. Di fatto però, amo molto Baudelaire e tutto il decadentismo francese per le poesie, Oscar Wilde per la letteratura inglese, Pasolini, Montale, Levi e Merini per la nostrana.
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XXXIX
Ti respiro nell’aria salmastra,
superstite della grande burrasca,
mentre disegno i tuoi contorni,
attorno al risorgere del sole.
Progetti futuri?
Attualmente, sto ultimando il primo libro, questa volta in prosa, dal titolo “Piccoli racconti inglesi : un diario postumo” che vorrei pubblicare durante i primi mesi del 2019.
Luigi Genghi nasce a Milano il 14/06/1963 ed inizia a scrivere poesie all’età di sette anni, seguendo le orme del nonno paterno. Dal 1972 vive a Roma. Oltre all’attrazione per la scrittura, è un grande appassionato di musica con preferenza verso il Jazz, la cui struttura, fondata principalmente sull’improvvisazione, rispecchia il suo stile espressivo. Il lavoro raccoglie poesie d’Amore, composte in circa sei mesi: alcune durante i viaggi giornalieri per recarsi al lavoro, altre appuntate di getto direttamente sul telefonino. Ostia è il luogo privilegiato, nel quale molti di questi versi hanno visto la luce. Infatti il profondo legame con il mare ha largamente contribuito a creare sensazioni ed atmosfere presenti praticamente in ogni composizione. Quale omaggio al suo luogo d’adozione ed all’amato mare, l’autore ha voluto inserire nel libro alcune fotografie in bianco e nero da lui personalmente scattate.
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December 4, 2018
“Seppie ripiene” di Monica Messa – presentazione
Poesie istantanee, che catturano oggetti, persone, momenti, ricordi; poesie come immagini in movimento in cui ciascuno vive secondo la propria natura e la propria storia individuale.
Poesie contemporanee e urbane che narrano di piccole cose, di periferie rugginose e di cieli sigillati, di caramelle rubate e di stellate invernali.
Poesie talvolta ironiche, mal-educate e invadenti, stancano mente e cuore e pongono domande senza attendere la risposta.
Poesie a verso libero, ad orecchio e alla mano: scriverle è quello che m’incanta!
Titolo: Seppie Ripiene – Poesie per poche lire
Autore: Monica Messa
Genere: raccolta di poesie
Editore: Independently published
Pagine: 99
Prezzo: 3,5 euro
Data di pubblicazione: 8 luglio 2018
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Ho di che scusarmi
per le precedenze non date
e per il broncio al risveglio
per i fogli scialati
per il lavoro sprecato
per i ritardi
le indecisioni
le ipocondrie
le sbavature
le indiscrezioni
gli anglicismi
le distrazioni freudiane
le carcasse mai abbandonate
le energie dissipate
le parole mancate
le mancanze affettive
gli insetti schiacciati
i fiori recisi
i libri sgualciti
il disordine atavico
il volume troppo alto
i rapporti non curati e appassiti
l’altruismo a salve
la stanchezza ostentata come un merito
le torte bruciate
i regali non impacchettati
i cibi surgelati.
Ho di che scusarmi
perché
abbraccio poco
ascolto meno
non prego più.
Ho di che scusarmi
per ciò che ho sprecato
per ciò che ho preso senza chiedere
per ciò che ho detto senza credere.
Ho di che scusarmi
perché disegno quadrati
per viverci dentro,
per le frenesie
antidoto alla morte,
per le malinconie malcelate,
l’apatia facile,
perché mi aggrappo
e non volo.
HO DI CHE SCUSARMI
Ciao, Monica! Parlaci un po’ di te.
La parola “ispirazione” me la mise in testa per la prima volta mia nonna, quando ancora frequentavo le scuole elementari, la cercai sul vocabolario e pensai che ogni tanto pure io ce l’avevo, l’ispirazione. Quindi cominciai a scrivere quel che mi veniva in mente, dove e quando capitava, andando a capo quando mi sembrava che il concetto lo richiedesse. Poi declamavo quei versi ai miei genitori e a mia nonna e loro pazientemente mi ascoltavano, annuendo. A un certo punto della mia vita, in un momento di estrema onestà intellettuale, pensai che al mondo c’erano già fin troppi scribacchini e che, se quello che scrivevo non aggiungeva niente di nuovo, sarebbe stato meglio tenerlo per me. Quindi, chiusi i miei componimenti in una scatola vuota di cioccolatini al cocco e mi laureai in Informatica. In realtà, per un periodo avevo pure pensato di iscrivermi alla facoltà di Filosofia, ma feci la scelta che mi sembrò più conveniente in quel momento e non me ne pento affatto. In fondo, l’informatica non è altro che una declinazione della filosofia con altri mezzi. Studiando e cercando di comprendere con fatica i teoremi e le teorie di matematici e logici quali Boole, Hilbert, Gödel, quelle materie che credevo aride e tostissime lasciavano intravedere i silenzi in cui le cose, s’abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità e mi rendevo sempre più conto che poi, alla fine, tutto converge: matematica, fisica, logica, informatica, filosofia, letteratura, sono tutti strumenti per descrivere, trattare, analizzare e studiare “La vita, l’universo e tutto quanto” e che, sì, la risposta alla domanda fondamentale è 42, ma questa è un’altra storia. Non ho solo studiato in quel periodo, ho letto, ho giocato ai videogames, tanto, ho frequentato alcuni newsgroup (i social dell’epoca), ho anche pubblicato qualche articolo freelance e, udite udite, sono riuscita a scovare uno sciroccato uguale a me, ci siamo innamorati e, finiti gli studi, ci siamo sposati. Abbiamo messo al mondo due povere creature, che cerchiamo di tirar su il meglio che possiamo, nonostante gli impegni e le nostre imperfezioni congenite. Qualche anno fa, ho riaperto la scatola di cioccolatini al cocco e ho riportato le poesie in formato elettronico. Così, è nato “Poesiole”, una raccolta di poesie ad orecchio e alla mano sui temi più vari e disparati. Dopo Poesiole, le poesie di “Seppie Ripiene” sono venute fuori quasi naturalmente, come se premessero per uscire ed io avessi scoperchiato il vaso di Pandora.
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Che cosa volete da questa poesia?
Un sorriso,una carezza,
una formula di vita,
uno specchio riflesso,
un volo su carta,
un razionale?
Oppure volete parole
un po’ molli
fatte di cenere grigia e ormai spenta
che parlino di letti sepolti da corpi
nidi d’amore,
fuochi di steppa?
O meglio
tramonti a strisce sui colli,
riva bagnata
che retrocede alle onde,
prati, orizzonti, lame profonde?
O infine cercate
radici non vostre,
ricordi soffiati
di vetro sottile,
frammenti di vite
dissolute e banali?
Non è compito delle mie parole
asciugare lacrime,
suturare ferite,
chiudere occhi,
riattaccare frammenti.
Occorrono
mani capienti
e piedi robusti
che ci trascinino
a forza
davanti a porte e cancelli.
Occorre
una carezza ben posta,
un po’ di tempo donato
e ad ogni richiesta, almeno risposta.
La poesia è in carico alla sera,
quando tutto
sottende il rischio già corso,
quando il respiro si fa quasi rosso.
Chiudete i pensieri,
prendete un bicchiere,
la luce già spenta;
la tenda spiegata
racchiuderà nell’onda, l’intera giornata
e si faran vividi
i singoli versi
di quella poesia
che ascolti con gli occhi
e pensi: è solo mia.
CHE COSA VOLETE DA QUESTA POESIA?
Quali libri e quali autori ti hanno ispirato?
Il titolo “Seppie Ripiene” contiene in nuce il senso dell’intera antologia. Difficile non notare l’allusione agli stessi molluschi che ispirarono il grande Eugenio Montale. Lungi da me voler accomunare i miei versi alle Poesie di uno tra i massimi Poeti italiani del Novecento o avere la pretesa di voler in qualche modo proseguire la sua celebre opera “Ossi di Seppia”. Questo titolo è piuttosto un tentativo, forse un po’ goffo, di omaggiare un Autore le cui poesie mi hanno accompagnata e ispirata per più di metà della mia vita e di cui ammiro la poetica essenziale, vera e priva di retorica. L’osso di seppia è l’umile cartilagine che risulta visibile solo dopo la decomposizione dell’animale, un detrito sbattuto dalla corrente, disidratato, prosciugato dall’azione corrosiva della salsedine, del vento, della natura. A me piace pensare che ora, a distanza di quasi un secolo, si possa cercare di catturare alcune di quelle seppie, mentre si muovono e guizzano ancora vive sui fondali bassi e sabbiosi, e riempire il loro ovale polposo di nuovi significati. L’intento di questa raccolta è quindi quello di realizzare una pietanza dal sapore nuovo e possibilmente gradevole, con gli elementi che riesco a tirar fuori dal mio piccolo paniere. Il suo gusto non potrà che rievocare la Puglia, la mia terra. Ho spesso considerato la poesia apolide ed io stessa ho sempre rifiutato qualsiasi tipo di appartenenza. Una città, una regione, una nazione mi sono sempre state strette, ho sempre preferito considerarmi cittadina del mondo. Però. Però ci sono parole che riescono a farti sentire a casa più di altre, che evocano immagini antiche e quasi dimenticate, in maniera involontaria e inevitabile. Parole che ho incontrato, per caso, nelle opere di Antonio Leonardo Verri. Ho letto della sua vita, ho apprezzato i suoi scritti, mi sono lasciata pervadere da tutto il suo meridione, e vi ho trovato dentro un po’ del mio. Un meridione raccontato con forza e con espressioni intrise di terra, di sabbia e di mare, semplici ed essenziali. Antonio Leonardo Verri, un uomo alto, dinoccolato e barbuto, che il 17 maggio 1991, decise di vendere per le strade di Lecce un foglio ciclostilato dal titolo: “Il Quotidiano dei Poeti”. Ne vennero prodotti dodici numeri, dal 17 al 30 maggio e, in molte città italiane, amici e collaboratori distribuirono quel foglio che non parlava di poesia, ma pubblicava quotidianamente poesia, perché interamente scritto e realizzato da poeti. Antonio Leonardo Verri, timido, determinato e geniale, intellettuale e poeta che si nutriva della tradizione popolare salentina e delle più audaci sperimentazioni a lui contemporanee. Antonio Leonardo Verri non c’è più, ci ha lasciato in un incidente automobilistico nel maggio del 1993, ma “forse la morte non porta via tutto”, aveva scritto lui stesso in occasione della prematura scomparsa di un altro poeta salentino , il magliese Salvatore Toma. Ci rimangono i suoi lavori, e il particolare il suo “Quotidiano dei Poeti”, impresa utopistica, folle, che diede a Verri e al Salento due settimane di notorietà nazionale e che realizzò rispettando il suo Manifesto Poetico, di cui vi lascio un estratto:
Spedite fogli di poesia, poeti
dateli in cambio di poche lire
insultate il damerino, l’accademico borioso
la distinzione delle sue idee
la sua lunga morte,
fatevi poi dare un teatro, un qualcosa
raccontateci le cose più idiote
svestitevi, ubriacatevi, pisciate all’angolo del locale
combinate poi anche voi un manifesto
cannibale nell’oscurità
riparlate di morte, dite delle baracche
schiacciate dal cielo torvo,
delle parole di Picabiadelle rose del Sud,
della Lucerna di Jaccadella marza per l’innesto
della tramontana greca che viene dalla Russia
del gallipolino piovoso (angolo di Sternatia)
dell’osteria di De Candia (consacratela a qualcosa!).
Osteggiate i Capitoli Metropolitani, poeti
i vizi del culto, le dame in veletta, “i venditori di tappeti”
i direttori che si stupiscono, i direttori di qualcosa,
i burocrati, i falsi meridionalisti
(e un po’ anche i veri) i surrogat
ile menzogne vendute in codici, l’urgenza dei giorni sfatti,
non alzatevi in piedi per nessuno, poeti…
se mai adorate la madre e il miglio stompato
le rabbie solitarie, le pratiche di rivolta, il pane.
Ecco. Fate solo quel che v’incanta!
Fate fogli di poesia, poeti
vendeteli e poi ricominciate.
Fatevi disprezzare, dissentite quanto potete
fatevi un gazebo oblungo, amategli sciocchi artisti beoni, i buffoni
le loro rivolte senza senso
le tenerezze di morte, i cieli di prugna
le assolutezze, i desideri da violare, le risorse del corpo
i misteri di donna Catena.
Fate fogli di poesia, poeti
vendeteli per poche lire!
Davanti a un invito così perentorio, non ho potuto far altro che raccogliere e pubblicare questi miei fogli di poesia. Non fogli di carta ciclostilati, autoprodotti, distribuiti agli angoli delle strade, ma un libro elettronico (che all’occorrenza può diventare cartaceo) in grado di raggiungere istantaneamente chiunque abbia voglia di leggerlo, per pochi spiccioli, appunto. Poesie istantanee, che catturano oggetti, persone, momenti, ricordi; poesie come immagini in movimento in cui ciascuno vive secondo la propria natura e la propria storia individuale.Poesie contemporanee e urbane che narrano di piccole cose, di periferie rugginose e di cieli sigillati, di caramelle rubate e di stellate invernali. Poesie talvolta ironiche, mal-educate e invadenti, stancano mente e cuore e pongono domande senza attendere la risposta.Poesie a verso libero, ad orecchio e alla mano: scriverle è quello che m’incanta! Antonio Verri e Eugenio Montale sono due Poeti che hanno vissuto in epoche e in realtà molto diverse, anche geograficamente, ma che sento vicini e affini al mio modo di intendere e di far poesia; credo che non si siano mai trovati insieme a suggerire il titolo di un’antologia che, oltre tutto, ha per copertina un murales fotografato a San Francisco nell’Agosto del 2009. Spero non me ne vorranno!
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Non può, Signora, non provare
questa maschera rilassante e antietà,
leviga le rughe,
scolpisce il sorriso,
donerà alla sua pelle gran tonicità.
Contiene una formula speciale
con ingredienti naturali e nutrienti
colti da mani piccole e sapienti,
direttamente dall’orizzonte degli eventi.
Se usata con costanza e con pazienza,
riporterà indietro il tempo in un istante
e lei si ritroverà, carina e pettinata,
al suo stesso banco di scuola,
giovane e pimpante.
Io la guardo titubante
e poi penso
che a riavvolgere quel nastro
non ci tengo.
Mi tengo le mie rughe
e le macchie del tempo,
qualche rimpianto
e un po’ di nostalgia,
ma non cedo
così a poco prezzo
le altre vite che ora si intrecciano alla mia.
MASCHERA ANTIETA’
Progetti futuri?
Sto lavorando ad una raccolta che comprenderà le poesie di Poesiole e Seppie Ripiene, più alcuni inediti.
Sono nata il 6 Novembre 1974, a Monopoli, una ridente cittadina di mare, a sud di Bari. Ho vissuto in vari posti, rimanendo però sempre in provincia del capoluogo pugliese. Scrivo poesie da quando ero bambina, ma i miei componimenti sono rimasti chiusi in una scatola di cioccolatini al cocco per tanti anni, durante i quali mi sono laureata in Informatica, ho letto, giocato ai videogames, ho frequentato alcuni newsgroup, ho anche pubblicato qualche articolo freelance, mi son sposata e, insieme al MaritoMartire Arcangelo, abbiamo messo al mondo due figli. In tutto questo periodo però non ho mai smesso di buttare giù qualche verso. Qualche anno fa, ho tirato fuori la scatola di cioccolatini al cocco e ho ricopiato le poesie in formato elettronico. Così, con l’aiuto del mio Editore nonché MaritoMartire, nel Gennaio 2018, ho pubblicato “Poesiole”, una raccolta di poesie sui temi più vari e disparati, scritte nell’arco di quasi 30 anni. Pubblicare “Poesiole” è stato come aprire un vaso di Pandora e ha riacceso in me la voglia di scrivere. Il risultato è stata la raccolta Seppie Ripiene.
L'articolo “Seppie ripiene” di Monica Messa – presentazione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
December 1, 2018
“Le avventure del Pentagramma” di Andrea Ventura: presentazione
Autore: ANDREA VENTURA
Titolo: “LE AVVENTURE DEL PENTAGRAMMA”
Casa editrice: SELFPUBLISHING
Anno: 2018 (II edizione)
Pagine: 107
Prezzo: € 1,99 (e-book), € 5,20 (cartaceo)
Ti sei mai chiesto che cosa succederebbe se si svegliassero le note?
È una notte insonne per il Re Maggiore. Si dibatte e si contorce, ma niente, proprio non riesce a chiudere occhio. Forse il fatto che non abbia gli occhi contribuisce parecchio, ma in ogni caso dovrebbe riposare, anche perché le altre note ronfano che è una bellezza. Persino la Chiave di Sol è solita allietare le ore buie con rumori da antologia. Eh, ma lei se lo può permettere, pensa il Re Maggiore. Che cara compagna, la chiave di violino. Ma io… eh! eh! eh! Io sono il Re Maggiore. Naturalmente, come tutti i sovrani, ha una propria nemesi: il Mi Settima. Sì, proprio lui. Se lo sogna di notte, ed ecco spiegato perché il povero sire ha difficoltà ad addormentarsi.
Ciao, Andrea! Parlaci un po’ di te.
Sono un ragazzo molto appassionato di scrittura. In realtà avrei voluto parlare di quando non sapevo bene cosa fare nel mio futuro, quando lo spiritello burlone (sì, proprio lui, quello che nasconde le cose per poi ritrovarle quando non servono più) mi compare sulla mia scrivania. Devo a lui il suggerimento di cominciare a scrivere. A parte questo, sono nato a Palermo e ritengo che già di per sé la vena comica che ci contraddistingue sia passata anche fra i miei geni. Ascolto la musica Power Metal, che è un sottogenere dai testi e le tematiche fantasy, mondo a cui sono molto legato e che ha permesso di sognare. Se vogliamo, anche i miei racconti possono essere chiamati fantasy, perché nati da un mondo fantastico dove i puntatori parlano e i pentagrammi sono sono altro che autostrade a quattro corsie e cinque guard-rail. Da un anno e mezzo suono la chitarra, mi piace il buon cibo e lo street food e faccio parte di due gruppi di scrittura attivi a Palermo, dove ho imparato un sacco di nuovi stili e ascoltato numerose persone che, pur scrivendo per diletto, hanno moltissimo da dire e da condividere.
“Posso fare una domanda acuta senza che nessuno mi prenda in giro?”
Assensi sparsi. Nuvole rade. Bella giornata.
“Perché stiamo tutti con la gamba su? Non è che così poi si blocca la circolazione?”
“Fa’ un po’ silenzio, Mi!” esclama il Sol, che lo odia. “Se ci hanno disegnati così, ci sarà un motivo!”
Ma il Mi comincia a sentire un formicolio che non gli piace, e inoltre il piede che non ha sta diventando bianco. Decide così di mettere la gamba giù.
“Aaaah, ora sì che mi sento meglio!”
Quali libri e quali autori ti hanno ispirato?
I primi due libri che abbia mai letto sono “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, di Luis Sepùlveda; e “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne. Entrambi i libri mi hanno insegnato molto, così come la classica frase “Vola solo chi osa farlo” e in effetti il mestiere che ho scelto per me richiede tantissimo impegno e la capacità di osare presa letteralmente. Per quanto riguarda il romanzo che vede protagonista il buon Phileas Fogg, proviene dal mio amore per la geografia e le cartine, al tempo stesso ho imparato quanto il mondo possa essere grande, ricordo che ero molto sbigottito leggendo il finale. Dopodiché è arrivato il febbraio 2003, quando ricevetti fra le mani “Harry Potter e la Camera dei Segreti”. Sapete, quelle situazioni da “Sliding Doors” in cui una persona cambia radicalmente? Credo che quel giorno lì sia un mattoncino decisivo per la mia personalità. Di sicuro, la saga della Rowling, fintantoché è rimasta nei sette libri senza contare quello che è venuto dopo, ha contribuito e ha incontrato il mio gusto personale. Di conseguenza, è stato per questo che ho cominciato a scrivere le fan fiction. Sembrerà strano ma ho conosciuto “Il Signore degli Anelli” e il mondo della Terra di Mezzo solo recentemente, ma adesso è lì che mi ritrovo e dunque il mio autore preferito. Ci sono e ci saranno tantissimi romanzi che devo ancora leggere e sono davvero aperto a tutte le possibilità ma questi autori e sicuramente Douglas Adams con la sua “Guida Galattica per Autostoppisti” di certo hanno contribuito alla mia formazione, sai come autore che come persona.
Canzone d’amore, oggi.
Lo spartito è pregno di zucchero, cuori e quant’altro.
Ma alcuni la vedono in modo diverso.
“Zucchero a cubetti o a granuli? Inoltre, il cuore è di un maiale o di un malato?”
“Zitto, Mi, stai rovinando l’atmosfera,” lo interrompo io, che essendo la Chiave di Sol mi intendo di canzoni semplici e senza troppo impegno.
La rima cuore/amore funziona sempre, anche se non lo ammetteremo mai.
“Parlami d’amore, Mariù…”, “Rose rosse per te…”, “Sei la Terra di Mezzo dove ho lasciato il mio cuore…”
Avete capito di che parlo, giusto?
Progetti futuri?
Di sicuro continuerà la mia saga “Le avventure di”. Uscirà “Le avventure dell’uomo ape”, un romanzo vero e proprio dove un uomo comune diventa un supereroe che combatte a turno con diversi nemici; e poi “Le avventure della pasta”, in cui analizzerò col mio solito stile tutti i tipi di pasta, alternando ogni volta il punto di vista; dopodiché attualmente sto scrivendo la prima bozza de “Le avventure dei Fiori”, una raccolta di racconti che vedono due protagonisti: il giglio e il papavero. Sarà il giglio che disturberà il papavero o viceversa? E quel quaderno di cruciverba, caduto proprio davanti al giglio, che poteri particolari gli conferirà? Questo è tutto da vedere, mentre la vita nell’aiuola proseguirà inserendo qualsiasi tipo di problema.
Andrea Ventura, classe 1990, ha cominciato a scrivere nel 2009, per poi approdare sui siti di fanfiction nel 2012. Esordisce nel 2014 con “Le avventure del Puntatore”, il suo primo romanzo ispirato al mondo dell’informatica e adesso giunge con il suo secondo lavoro. Nel 2015 apre anche il blog “Le avventure dei tutto” su WordPress, in modo da poter mettere un racconto al giorno, ogni giorno, per la maggior parte a sfondo comico ma non mancano anche riflessioni personali e racconti di vario genere, dal fantasy all’horror al giallo. Ha fatto della risata la sua bandiera, perché ritiene che il messaggio contenuto nei suoi racconti possa essere davvero rivolto a tutti e lasciare entrare un momento di gioia in una giornata magari un po’ negativa, possa essere molto importante e possa dunque dare il proprio contributo al benessere delle persone.
L'articolo “Le avventure del Pentagramma” di Andrea Ventura: presentazione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
November 27, 2018
Lit-blog: opportunità o tempo sprecato?
Cronache di Miagola è una rubrica miagolosa. Siccome i miei gatti hanno manie di protagonismo, di tanto in tanto vogliono dire la loro. Per questo ho creato una rubrica tutta per loro. Attenzione, però: sono molto cattivi, quindi leggete a vostro rischio e pericolo.
Lit-blog: opportunità o tempo sprecato?
Prima che un colpo apoplettico mi facesse diventare storta come la torre di Pisa, il mio passatempo, oltre a cacare fuori dalla lettiera, era di gironzolare per il gatto-web alla ricerca di idee e spunti per portare avanti il mio blog “Routeriamo”.
“Routeriamo” è nato nel lontano 2014 e ha faticato non poco a decollare! Come tutti gli spazi online, e so che lo sapete anche voi, anche se fingete di no, ci vuole tempo e fatica per crearsi la propria visibilità.
Così subito ho scopiazzato qua e là negli altri blog letterari simili al mio, giusto per vedere cosa scrivevano gli altri.
E ho scoperto che esistono tantissimi lit-blog, ma le categorie principali possono essere ridotte a tre.
Gli stampini: sono lit-blog tutti uguali. Fatti con lo stampino, appunto. A parte le recensioni, che per forza di cose devono essere soggettive, il resto è un copia e incolla di argomenti tutti uguali, come segnalazioni o pubblicazioni delle gatte editrici.
Prendiamo il blog “Sono asociale” di un certo Joker: apparentemente è interessante, con rubriche a tema (libri che il suddetto soggetto legge, serie TV che guarda, recensioni, ‘ste sante segnalazioni e nuove uscite…). Nell’elenco dei blog amici se ne contano una trentina. Sono partita dal primo, “Sono un cane tra i gatti”, di Charlie Cibo, a scendere fino all’ultimo (sì, li ho guardati TUTTI). Ebbene, caro lettore a due zampe, e nemmeno pelose: erano un copia e incolla moltiplicato per cento crocchette!
L’ultimo libro di Gutta La Gatta, l’avrò visto segnalato una ventina di volte. Per non parlare delle nuove uscite della casa editrice Bocconcino! Trenta su trenta, tondi tondi.
Ora dico, caro bipede che pulisce la mia cacca: ma a che servono tutti ‘sti blog tutti uguali? Ne leggi uno e gli altri sono la stessa cosa.
Ma veniamo alla seconda categoria. I big. Questi sono super blog, super seguiti, con super collaborazioni e un’importanza tale da diventare influencer. Cos’è un influencer? E che ne so? L’ho letto e suonava figo scriverlo qui.
Quando ho aperto il mio “Routeriamo” (che, per inciso: non parla di router ma di come sedercisi sopra al meglio) l’aspirazione era proprio di diventare un big.
Aspirazione fallita a causa della pigrizia.
Napoleone Bonaparte, admin del super blog “Bianco è bello, arancio è favoloso” (un nome un perché), è il big più conosciuto nel settore. Ha diecimila followers, 267.985 fan su Catebook, quasi un milione su Gattogram. E potrei continuare a sciorinare cifre, ma vedo che tu, pigro umano, ti stai addormentando (e non va bene: chi mi dà le crocchette, poi?), quindi veniamo al dunque.
Come tutti i big, anche il nostro Napoleone è intoccabile e, soprattutto, inavvicinabile. Per contattarlo devi superare le sfingi, salire al Vecchio della Montagna Vagante, arrivare in cima alla Torre d’Avorio, e lì scopri che c’è ancora da varcare un cancello che nemmeno il Morannon.
Morale: aprire collaborazioni è difficile, essere recensiti o anche solo segnalati impossibile.
E veniamo all’ultima categoria di lit-blog.
I dead inside. In pratica sono blog inattivi da mesi, o da anni. Lasciati lì a rosolare sotto il sole, a tremare sotto la neve e a lavarsi sotto l’acqua. Completamente inutili.
Purtroppo, di dead inside il gatto-web è zeppo: blog che nascono come funghi e, sempre come funghi, marciscono. Come quello dai colori sgargianti dell’altisonante Garfield Graffio: 18 post nel novembre 2015, 5 a dicembre, 7 a gennaio 2016, 2 a febbraio, 1 a marzo dove si prometteva una riapertura in grande stile e poi… nulla. Morto. Dead inside.
La peggior cosa di questi blog è che non sai se riapriranno o no: i proprietari mica si degnano di avvisarti se li hanno chiusi, meglio lasciarli lì a macerare come letame e, chissà, magari ci nascono i fiori. O zucche da mordicchiare e far rotolare per sollazzo.
Il problema di un blog letterario non è uno solo, purtroppo, ma quello principale posso riassumerlo in una parola: differenziazione.
Se non ci differenziamo, scrive una collega blogger, tale Milù Accigliata, finiremo con lo sprecare il nostro tempo. E che senso ha scrivere e replicare post e notizie già reperibili in altri cinque blog? Lo facciamo forse per pigrizia, per riempire il calendario editoriale? Serve a poco essere stampini.
Un blog è soggettivo in partenza, salvo rari casi, e soggettivo deve rimanere. Sennò finisce che ci stufiamo e diventiamo dead inside.
Che capiterà al mio blog se non smetto di arrostirmi dietro la stufa e lo riprendo in mano.
Gli unici lit-blog che davvero sono un’opportunità, per lo scrivente e il lettore, sono i big: loro sì che hanno creato un piccolo impero!
Hai bisogno di un’informazione, di risolvere un problema o di trovare qualcosa? Il blog big ti aiuterà, perché ha sempre la risposta pronta e nuovi contenuti sempre nuovi e accattivanti.
In effetti, blog come quelli del nostro modesto Napoleone sono originali, hanno numerose interazioni e contenuti che incuriosiscono e li differenziano dagli altri. Di certo non sono stampini, e neppure dead inside!
Ed è tutto merito dei proprietari, che hanno avuto fantasia, voglia di mettersi in gioco, pazienza e palle (quelle servono sempre, non solo a farle rotolare per la sala).
Orsù dunque, miei prodi gattalieri: alla volta del reame dei big! Solo così il nostro blog sarà una reale opportunità e non uno spreco di tempo.
Lissy Router per il blog “Routeriamo”
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L'articolo Lit-blog: opportunità o tempo sprecato? proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.


