Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 57

April 11, 2011

Lo spazio, 50 anni dopo

Il fantastico doodle con cui Google accoglie i naviganti sulla sua home page ci ricorda che oggi cade il 50° anniversario del primo volo dell'uomo nello spazio.



Se ancora non l'avete preso, in edicola trovate Korolev, l'ultimo romanzo di Paolo Aresi dedicato proprio alla ricorrenza, che Urania sta degnamente celebrando sul suo blog ufficiale, con il dossier 50 anni nello spazio.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 11, 2011 15:44

April 10, 2011

Viaggi nel tempo al bando

La famigerata SARFT è tornata a colpire. Dopo Tang Wei, bersaglio di un editto dell'agenzia cinese preposta al controllo culturale sui mass media, è notizia della settimana scorsa (rimbalzata anche su Boing Boing, ringrazio Lanfranco Fabriani per la segnalazione) che nelle maglie della censura governativa è incappato niente meno che un tòpos tra i più classici della fantascienza: il viaggio nel tempo.


Negli ultimi tempi l'espediente è diventato particolarmente popolare, visto il suo diffuso utilizzo in fiction e pellicole di successo a partire da Shen Hua. Ma per le autorità di Pechino, dato il suo potenziale irriguardoso nei confronti della storia, il viaggio nel tempo sarebbe da condannare e rigorosamente da evitare nelle future produzioni.


Gli sceneggiatori sono avvisati: giù le mani dalla macchina del tempo! Per rispetto della storia. O semplicemente per risparmiare agli spettatori la fatica che deve aver sperimentato qualche solerte funzionario nel suo personale approccio con il tema.


[Nell'immagine: Time Machine Clockwork, by Pierre J.]

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 10, 2011 15:03

April 7, 2011

Breece D'J Pancake: Una stanza per sempre

[Stanotte è caduto il 32simo anniversario della tragica scomparsa di Breece D'J Pancake. Come ormai da tradizione, voglio riportare un brano da uno dei suoi racconti per esprimere, attraverso la memoria, un ringraziamento per averci regalato questa manciata di pietre preziose. E come tra le pietre scavate dalla terra capita di imbattersi nel fossile di qualche minuscola creatura preistorica, così in queste pagine può capitare di scorgere l'ombra di Colly, il protagonista tradito e sconfitto ma malgrado tutto "ancora vivo" di Trilobiti. Come ha scritto Joyce Carol Oates sul New York Times, un personaggio "atterrito dall'intimità" e per questo incapace di costruire una relazione con "una donna che potrebbe amare", ma comunque già consumata dalla vita.]



E' solo una ragazzina, quattordici, quindici anni, ma mi guarda come se sapesse quello che sto pensando, che cosa sto aspettando di vedere con questo vecchio ubriacone, e continua a guardarmi come se fosse l'ira di Dio o roba del genere. Mi fanno male gli occhi a guardarla di sbieco dall'altra parte della strada mentre tengo la faccia girata verso il barbone, ma la guardo lo stesso. Posso dire già da adesso che non è una puttana. Ha piuttosto l'aria di una ragazzina che una volta aveva una casa, dei jeans, un vero impermeabile, un telo di plastica sulla testa. Ed è anche troppo giovane per questa città: la legge non tollera pollastrelle in questo posto. Mi sa che probabilmente è scappata di casa e il tipo non è facile da inquadrare. Le passo davanti, non le presto attenzione, poi mi infilo in un negozio di ciambelle.

Prince Albert è seduto al bancone e parla da solo, passandosi le dita arrugginite tra i capelli e la barba. La sua pelle è giallognola perché si è cauterizzato il cervello con un sistema a quaranta volt a bordo del Cramer. Ho sentito dire che era un bravo guardafili, ma adesso è soltanto un invalido, è sporco e puzza come qualsiasi avvinazzato per strada.

Mangio la mia frittella, bevo a sorsi il caffè e guardo fuori dalla finestra. Il traffico si infittisce, le feste stanno cominciando. Quella ragazza passa, guarda nella vetrina del negozio verso di me come se conoscesse esattamente il momento in cui una sbandata mi farà cadere tra due chiatte. Mi fa venire i brividi e lascio lì il mio caffè, voglio un goccio e poi un sonnellino, ma quando esco lei è lontana in fondo alla strada, diretta verso i bar squallidi sulla Prima Strada. La pioggia si gonfia e ulula, sferzando scrosci d'acqua lungo i marciapiedi. La seguo finché non si mette nel vano di un'altra porta. Il mio cappello è fradicio e l'acqua comincia a corrermi giù per il collo e il viso, ma vado verso l'entrata dove sta lei e la guardo in piedi sotto la pioggia.

Dice: «Mi vuoi comprare?»

Rimango là per un pezzo cercando di capire se è una truffatrice. «Hai una stanza?» chiedo.

Scuote la testa, guarda dall'altra parte della strada, poi su e giù.

«Useremo la mia, ma voglio qualcosa da bere.»

«Va bene, conosco un posto che ne vende» dice lei.

«Conosco un posto migliore.» Lo conosco questo trucco. Non ho intenzione di farmi fregare i soldi dal suo magnaccia. Ma mi infastidisce, non riesco a capireche tipo di magnaccia non prenderebbe una stanza. Se lavora da sola non durerà più di due giorni tra gli sbirri e i magnaccia.

Camminiamo per la strada fino a uno spaccio. E' bello stare con qualcuno, ma lei sembra troppo seria, come se pensasse solo all'aspetto economico della faccenda. Compro una bottiglia di Jack Daniel's, provo a scherzare. «Jack e io ci conosciamo da tanto» dico, ma si comporta come se non mi sentisse.

Quando entriamo nella hall dell'hotel, due vecchi smettono di parlare per guardarci. Mi sa che lei li fa arrapare e sono contento che questa gentaglia ci stia degnando di attenzione. Sulla porta, ci metto un po' per aprire la serratura e spero che la drag faccia capolino, ma è andata a farsi inculare. Entriamo e prendo un asciugamani per asciugarci, faccio il caffè per il whisky.

«Carino qui» dice lei.

«Sì. Lo disinfestano regolarmente.»

Per la prima volta sorride e penso che dovrebbe essere fuori a giocare a boccette o a qualcosa del genere.

«Non ci so fare molto» dice. «I primi tipi mi hanno fatto abbastanza male, così ho sempre un po' paura.»

«E' perché non sei tagliata per il mestiere.»

«No, è che ho bisogno di un posto. Devo smettere di andare in giro, sai?»

«Sì.» Nella finestra vedo i nostri fantasmi contro la luce scura del vetro. Mi mette un braccio attorno e penso che forse non siamo mai riusciti a mettere da parte l'aspetto economico della faccenda.

«E perché saresti venuto da me?» dice lei.

«Mi guardavi in modo buffo, come se vedessi che mi stava per succedere qualcosa di terribile.»

Ride. «Be', no. Ti stavo studiando.»

«Sì. Sono solo un po' nervoso stasera. Faccio il secondo su un rimorchiatore. E' pericoloso.»

«Che cosa fa il secondo?»

«Tutto quello che il capitano o il primo non fanno. Non è una gran vita.»

«E allora perché non molli?»

«C'è di peggio. Mollare non è la soluzione.»

«Forse no.»

Mi mette la mano sul collo per eccitarmi: vuole che le sorrida, vuole piacermi. «Perché non molli tu e smetti di fare la puttana? Non fa per te. Ti meriti di meglio.»

«E' carino che la pensi così» dice lei.

La guardo, penso che cosa potrebbe essere se avesse un'opportunità o due. Ma non le avrà qui. Nessuno qui ha un'opportunità. Potrei dirle dei miei genitori adottivi, delle signore nell'ufficio del sussidio e della maniera in cui mi hanno guardato quando mi hanno messo su un pullman diretto in un'altra città, ma non avrebbe senso per lei. Spengo la luce, ci svestiamo, ci mettiamo a letto.

Il buio è la cosa migliore. Non c'è viso, non ci sono parole, c'è solo la pelle calda, qualcosa di vicino e di dolce, qualcosa in cui perdersi. Ma quando la prendo, so che cos'ho, il corpo di una ragazzina che non si muoverà né per abitudine né per piacere, una bambina che gioca a fare la puttana, e mi sento orribile vicino a lei, e a causa di lei. Mi forzo su di lei come con tutte le altre. So che le sto facendo male, ma non fiaterà. Lei geme e il mio corpo si inarca in uno spasmo, poi subito dopo lei si rannicchia lontano da me e la tocco. E' inerte.

Dico: «Potresti stare qui per questo mese. Voglio dire, se vuoi, potrei pagare io l'affitto e tu potresti trovarti un lavoro vero e pagarmi dopo.»

Rimane ferma là.

«Forse potresti lavorare in città da Sears o da Penney.»

«Perché non chiudi quella fottuta bocca.» Salta fuori dal letto. «Pagami e basta, okay?»



Da Una stanza per sempre (A Room Forever) di Breece D'J Pancake. Traduzione di Ivan Tassi per Trilobiti (ISBN Edizioni). Foto di Ana Cutone ("All Lit Up!", veduta di Staubenville, Ohio, di notte) e di WVJazzman ("Parkersburg-Belpre Bridge at Night II").

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 07, 2011 15:00

April 1, 2011

Blackout

C'è sempre una prima volta. Si dice così, no? Per la prima volta dalla sua seconda nascita, il blog ha sperimentato una latenza così lunga. Ormai sono più di due settimane di silenzio radio, sulle onde del cyberspazio. Se non fossimo in primavera, direi che lo Strano Attrattore si sta godendo il suo lungo inverno, in stato di ibernazione. Ma il calendario dice che siamo nel più crudele dei mesi e il meteo conferma. La pausa di riflessione è in realtà legata alla più prosaica necessità di chiudere Corpi spenti, ormai entrato nella sua fase finale. Il lavoro è in stato avanzato e anche per questo non voglio correre il rischio di concedermi troppe distrazioni on-line.


Dunque questo è solo un aggiornamento veloce, dedicato agli amici che si sono preoccupati per il protrarsi della mia assenza. Mi piacerebbe parlarvi di alcune cose viste (Non è un paese per vecchi, Martyrs, A Serbian Film, FogLand of the Blind, il nuovo 007 di Daniel Craig, la seconda stagione di Fringe… a proposito, avete visto che spettacolo l'edizione alternativa di Fantascienza.com del 1° aprile?) o lette ultimamente (Il vero nome), che meriterebbero un approfondimento, e non ho dimenticato che avevo promesso di spendere qualche parola su Primer. Ma il tempo è tiranno e spesso obbliga a scelte difficili.


Abbiate pazienza. Torneremo a leggerci in un momento meno frenetico…


[L'immagine di Lonny Paul mostra una veduta di New York durante il blackout del 2003.]

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 01, 2011 14:41

March 17, 2011

150 anni d'Italia: ancora Mille!

Non posso lasciar correre la ricorrenza senza apporre due parole (davvero due) a questa data. E a giudicare da quanto si legge oggi in giro, sui social network e i blog della rete, non sono il solo. Il compagno Fazarov, per esempio, da par suo ha voluto commemorare l'anniversario del 150° anno dell'Unità d'Italia con questa sfiziosa scorribanda su e giù per il filo della storia (con tanto di guerre segrete temporali intuibili dietro le quinte, sulla scia delle ormai consuete rivendicazioni di parte). E la prospettiva fantascientifica forse offre ancora una volta l'angolazione migliore da cui guardare la realtà.


Oggi, con quello che sta succedendo nel mondo, dalle rivolte e repressioni in corso nel mondo arabo alla crisi nucleare che ha fatto seguito allo tsunami che ha travolto il Giappone, non trovo abbia molto senso festeggiare. Però la celebrazione della ricorrenza può passare anche attraverso forme meno manifeste, attraverso il semplice - ma se è davvero così semplice, non si capisce perché sia anche così raro - tributo della memoria.


Se oggi, fatte le debite eccezioni legate alle anomalie prettamente nostrane e di cui bisogna rendere atto alla nostra emerita classe dirigente, vivere in Italia non è poi così diverso da qualsiasi altra nazione occidentale, lo dobbiamo a una manciata di generazioni di patrioti e sognatori che intorno alla metà del XIX secolo credettero che un'Italia diversa da quella in cui erano nati e cresciuti, un'Italia unita e unica, capace di confrontarsi alla pari con le altre entità nazionali europee, fosse possibile. Un'idea accarezzata per secoli e continuamente sfumata grazie alle partigianerie e ai particolarismi da sempre fieramente difesi in ogni angolo della penisola. Ma che quell'Italia nata dall'impresa garibaldina sia oggi ancora unita, malgrado tutto e tutti, sulle nostre cartine geografiche, è a maggior ragione la materializzazione di un'idea fantascientifica. Un'impresa, dunque, capace di protrarsi ben al di là dello spazio temporale del processo di unificazione vero e proprio. Dopotutto, come sa bene ogni manutentore, il problema è sempre quello di tenere in marcia l'opera dell'ingegno, al di là delle fasi di progettazione e realizzazione.


E allora, senza retorica, oggi andrebbero ricordati tutti i nostri padri, nonni e avi caduti sul campo per tutta la durata di questi 150 anni, tutte le madri e madrine d'Italia, tutti i precursori del cui sogno noi oggi rappresentiamo, nel bene e nel male, la realizzazione. Loro potrebbero non essere altrettanto fieri di noi, ma noi dovremmo essere orgogliosi di loro. E magari impegnarci per dimostrarci alla loro altezza e, se davvero basteranno meno di 150 anni per veder svanire quel sogno antico ma audace portato a compimento dai Mille, saperci meritare anche noi sul campo la fama negativa dei briganti.

1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 17, 2011 13:16

March 13, 2011

Il sogno in rosso di Akira Kurosawa

Davanti alle immagini terribili che ci stanno bombardando in queste ore, in diretta dall'altra faccia del globo, siamo rimasti tutti senza parole. La forza (l'impatto, ma anche la persistenza) dei filmati è impressionante e rende inutile qualsiasi commento (estraggo dall'archivio TV di Repubblica.it qualche video: il maremoto che si approssima alla costa, produce vortici spaventosi, invade le campagne della Prefettura di Miyagi e travolge le città costiere, i porti di Kesennuma, Kamaishi, Sendai, le conseguenze del sisma che scatenano incendi nelle raffinerie e nelle città e mettono a dura prova i sistemi di sicurezza di almeno tre diverse centrali nucleari, e l'elenco potrebbe purtroppo continuare ancora a lungo in un campionario di orrori che si arricchisce di ora in ora).


Scene apocalittiche scorrono sotto i nostri sguardi attoniti. Ci limitiamo a contemplare in silenzio la natura nel suo compiersi più tremendo. Dopotutto, la minaccia del mare, e ancor più dell'oceano, è forse codificata a livello genetico nelle nostre paure, come dimostra anche il discorso intorno alla forza archetipica dell'onda (anche in Hokusai) che facevo lo scorso anno sempre da queste parti, più o meno di questi tempi.


Solo oggi pomeriggio, a distanza di tre giorni dall'evento sismico e dalla successiva onda di tsunami, mi sono ricordato di Sogni (Yume), uno degli ultimissimi film del maestro giapponese Akira Kurosawa, fortemente voluto da Spielberg e Lucas (che lo produssero) e sostenuto da altri cineasti americani tra cui Martin Scorsese, che vi partecipò addirittura come attore prestando le sembianze nientemeno che a Vincent Van Gogh. Girato nel 1990, Akira Kurosawa's Dreams è un film a episodi, otto per l'esattezza. Mi hanno sempre affascinato i due centrali, Il tunnel (un'elegia dai risvolti metafisici) e Corvi (un gioiello surreale e impressionista). Ma in queste ore, mentre il popolo giapponese impartisce ancora una volta la migliore lezione di dignità che la nostra cultura occidentale e in particolare il popolo italiano potrebbero richiedere, mentre i nostri governanti si sfidano a colpi di genio sul terreno dell'imbecillità, è il sesto episodio che acquisisce un'attualità sconcertante.


S'intitola Fuji in rosso, è un racconto tellurico, primordiale e apocalittico (per dirla con Italo Calvino) ed è assolutamente da guardare.



 

1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 13, 2011 10:39

March 11, 2011

Una sera al circo post-umano

La mia recensione del Circo dei gatti di Vishnu di Ian McDonald è on-line su Fantascienza.com: dopo La moglie del djinn, ancora una fiera di trovate fantasmagoriche per un affresco visionario e credibile dell'India del prossimo futuro.


 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 11, 2011 15:38

March 10, 2011

La fantascienza secondo Shelley

Ward Shelley è un artista d'avanguardia di Brooklyn. Questo è il suo albero tassonomico della fantascienza e dei generi limitrofi. [Via Boing Boing, grazie a Marco Farè che lo ha segnalato nella Lista Fantascienza di Yahoo.]


 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 10, 2011 13:07

March 6, 2011

Blade Runner: tempi maturi per i replicanti?

La trattativa per il passaggio dei diritti collegati al franchise di Blade Runner dagli storici detentori Bud Yorkin e Jerry Perenchio (produttori nel 1982 del capolavoro di Ridley Scott) alla Alcon Entertainment sta facendo molto discutere. La notizia ha guadagnato ampia visibilità su tutte le principali testate giornalistiche, incluse quelle italiane solitamente indifferenti, se non proprio allergiche, alle notizie riguardanti il mondo della fantascienza (si vedano a questo proposito il servizio di Repubblica.it e l'articolo del Corriere.it). E in effetti la cosa è tanto più strana visto che al momento si parla ancora di accordi in fase di definizione, per quanto in fase avanzata (secondo quanto riportano l'Hollywood Reporter e il Telegraph). E la reazione dei fan non ha tardato a farsi sentire, come testimonia il ricco thread di discussione sul forum di Fantascienza.com.



Ora, mi ritengo tra gli appassionati più accaniti della pellicola di Scott. Una passione testimoniata dalle cassette logore, i DVD, la mole di appunti e i libri su Blade Runner che sono sparsi per casa. Eppure non riesco ancora a capire le reazioni della maggior parte delle persone che si sono espresse sulla vicenda. La diffidenza degli addetti al settore lascia spazio alla chiusura aprioristica da parte dei fan, quasi tutti dimentichi che Blade Runner ha già avuto i suoi bei seguiti e addirittura uno spin-off decisamente all'altezza. Parlo, per la precisione, dei tre sequel in forma di romanzi, scritti nella seconda metà degli anni '90 dallo specialista in novelization K.W. Jeter:


Blade Runner 2: The Edge of Human (1995, da noi Blade Runner 2, per Sonzogno)

Blade Runner 3: Replicant Night (1996, da noi Blade Runner - La notte dei replicanti, Fanucci)

Blade Runner 4: Eye and Talon (2000, inedito in Italia)


Pur riconoscendo la bravura di Jeter (evidente nei suoi romanzi stand alone, in particolare Dr. Adder e soprattutto Noir), i suoi seguiti di Blade Runner non sono in nessun caso lavori memorabili, né sembrano essere stati in grado di aggiungere una vera profondità di prospettiva agli scenari illustrati sul silver screen da Hampton FancherDavid W. Peoples (gli sceneggiatori della pellicola), Ridley Scott (il regista, ovviamente) e Syd Mead (il consulente ingaggiato per rendere credibile la Los Angeles del 2019, le immagini che seguono sono i suoi famosi lavori di preparazione per il film).


[image error]


Tralasciando il sidequel di Soldier, diretto da Paul W.S. Anderson su sceneggiatura dello stesso David Peoples (75 milioni di dollari bruciati per un film che ne recuperò solo 15 in giro per il mondo), al contrario il videogioco della Westwood Studios del 1997 rappresenta ancora oggi il prodotto più compiuto ed efficace ambientato nell'universo originario di Deckard e soci. Nei 5 atti del punta-e-clicca interattivo realtime, i bassifondi di Los Angeles, i suoi sotterranei e i dintorni kipplizzati, vengono esplorati con una tale ricchezza di dettaglio da poter tranquillamente alimentare lo sfondo di una intera serie televisiva. A differenza dei romanzi di Jeter, il videogame riesce a fondere in un amalgama riuscito tanto l'atmosfera e il plot di Blade Runner, quanto gli elementi di sfondo originariamente presenti nel libro di Philip K. Dick a cui Scott e gli sceneggiatori dovettero rinunciare nella loro trasposizione cinematografica (il Kipple, appunto, ma anche gli altri cacciatori di replicanti della Blade Runner Unit).


Non trovo quindi per nulla sorprendente che i boss della Alcon abbiano già annunciato i loro progetti per sfruttare i diritti dell'opera in tutte le direzioni possibili: prequel, sequel, spin-off; per il cinema e la televisione; con un occhio di riguardo anche per gli altri media.


Quello che forse mi tranquillizza maggiormente è il fatto che la compravendita dei diritti non riguarda la pellicola originale, che pertanto non corre per il momento il rischio di subire un riadattamento. Non che sia avverso ai remake a prescindere, ma la sorte di Blade Runner incarna la quintessenza della fantascienza, un genere nato per garantire longseller nella letteratura (come dimostra il caso dei suoi titoli di maggiore successo) e titoli immortali al cinema (al di là del maggiore o minore successo di pubblico alla loro uscita nelle sale, sul lungo periodo 2001: Odissea nello Spazio e Blade Runner hanno contribuito insieme a plasmare il nostro immaginario calibrando una determinata percezione del futuro).



Torniamo ai piani della Alcon. Non esiste ancora nulla di definitivo, ma i produttori Andrew Kosove e Broderick Johnson hanno anticipato che non gli dispiacerebbe coinvolgere nel progetto niente meno che Christopher Nolan, oggi forse il regista più desiderato di Hollywood. Proprio la Alcon Entertainment produsse nel 2002 il primo film ad alto budget di Nolan, Insomnia (uno dei migliori noir degli ultimi dieci anni), e il risultato lascia ben sperare anche per un'ipotetica partecipazione del regista britannico ai progetti in serbo per il rilancio di Blade Runner.


Quello che tutti ci saremo domandati leggendo le news di questi giorni, è sicuramente stato: ma esistono margini di sviluppo per riprendere un marchio vecchio di ormai quasi trent'anni e trarne qualcosa di nuovo? Non si corre il rischio di spremerne a tutti i costi le ultime gocce, producendo qualcosa di povero, dal sapore agro? Sono timori più che giustificati, ribaditi anche da Silvio Sosio nel suo editoriale della domenica su Fantascienza.com, che però per una volta mi trova in disaccordo.


Negli ultimi anni abbiamo assistito al successo di tutta una serie di titoli capaci di rinnovare il filone, tanto al cinema quanto in TV, ridefinendo i contorni della nostra sospensione dell'incredulità a colpi di trame sempre più elaborate e particolareggiate e di lavori di world-building che hanno saputo ridisegnare scenari a cui avremmo dovuto già essere assuefatti. Penso per esempio a casi emblematici come Battlestar Galactica, Fringe (dopo X-Files, chi avrebbe potuto aspettarsi qualcosa di altrettanto riuscito?), Life on Mars (azzeccatissima miscela di fantastico e poliziesco), ma anche a Inception (un vero compendio dell'ultimo mezzo secolo di fantascienza). E lo stesso lavoro fatto da Nolan con il rilancio di Batman dovrebbe diventare un caso di studio non solo in ogni serio corso di cinema, ma anche di scrittura creativa.



Ciò premesso, cosa potremmo aspettarci dagli sviluppi futuri? Nel seguito, provo ad abbozzare alcuni modesti spunti personali: prendete tutto con il beneficio d'inventario, dopotutto sono solo le farneticazioni in tempo reale di un fan di vecchia data. E, se volete, divertitevi pure voi aggiungendo in sede di commenti le vostre outline alternative, ma non aspettatevi che un produttore di buone intenzione capiti da queste parti per appropriarsi delle nostre buone idee intorno ai possibili sviluppi futuri del mondo di Deckard e soci.


Prequel (serie TV) - The Deckard's Chronicles

Serie televisiva (un pilota di durata confrontabile con un film, 20-24 episodi a seguire, divisi in due stagioni da 10-12 puntate ciascuna). Questa forse è la parte più delicata di tutta l'operazione: bisogna fondere l'universo di fantasia del film con il nostro mondo reale. Blade Runner è ambientato a Los Angeles, nel 2019, e se alcuni scenari (degrado urbano, violenza, emarginazione) sono fin troppo simili al mondo in cui viviamo, l'evoluzione del progresso è decisamente fuori sincrono rispetto al nostro mondo (ci sono replicanti umanoidi, ma non cellulari e la rete si percepisce come qualcosa di esclusivo, in dotazione solo alle forze di polizia, sebbene in Do Androids Dream of Electric Sheep? compaiano folgoranti anticipazioni di un'applicazione domestica della realtà virtuale).


A questo proposito, i produttori hanno già ventilato l'ipotesi di ambientare il tutto in una linea temporale alternativa, ma mi sembra una soluzione un po' troppo comoda, e dopo Fringe potrebbe risultare un espediente abusato se non si pensa a una svolta veramente innovativa.


Escludendo per il momento la possibilità di giocare con i viaggi nel tempo (ne sarei comunque tentato), l'idea sarebbe quindi di mettere in piedi una riscrittura del calendario. Siamo da qualche parte nel futuro (2100? sicuramente dopo la gobba della singolarità: dopotutto i replicanti non sono IA innestate in un corpo organico?) e l'umanità si è diffusa nello spazio (da cui le colonie extra-mondo), benché sulla Terra non se la passi troppo bene. L'Ultima Guerra ha comportato uno sterminio di massa e il collasso ambientale del pianeta: dopo aver ripreso il controllo sul territorio, il governo di Washington decide di rimuovere dal calendario gli anni della guerra e della transizione post-bellica, in cui gli USA si sono sbriciolati in un mosaico di stati e domini e si sono poi riaggregati. Destino simile a quello attraversato da India, mentre Cina ed Europa hanno destinato sempre più funzioni al potere centrale. Una delibera dell'ONU riscrive quindi il calendario, riportando indietro il tempo di un'ottantina d'anni, e il primo problema è risolto.


I governi conservano i loro poteri di regolamentazione politica ed economica, ma sono sottoposti al controllo superiore di una forza di polizia internazionale, la World Police Organization che già compariva nel romanzo di Dick, che risponde direttamente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L'ONU esercita un ruolo di controllo sulle singole entità nazionali, guida la colonizzazione dello spazio grazie al supporto di megaconglomerati economico-finanziari come la Rand Corporation e la Sumitomo-Dominguez Inc., e regolamenta la ricaduta delle tecnologie sulla popolazione. Per cui realtà virtuale domestica sì (per chi la vuole), ma niente augmented reality (come pure sarebbe lecito aspettarsi). La discontinuità tra il nostro mondo e l'universo di Blade Runner, in altre parole, è segnata dalla guerra e dall'accelerazione che ha impresso alla tecnologia.


Rispetto alla timeline originale del film, la serie TV potrebbe cominciare una decina di anni prima e dovrebbe seguire i primi incarichi di Deckard per la Blade Runner Unit della L.A.P.D. Deckard sarebbe abbastanza giovane da giustificare l'uso di un attore non necessariamente somigliante a Harrison Ford. La Tyrell Corporation già esercita il suo dominio commerciale, avendo rifornito durante l'Ultima Guerra l'US Army di replicanti umanoidi da combattimento (modelli Nexus e Nexus-2). A partire dalla generazione Nexus-3, le serie successive vengono impiegate nella colonizzazione spaziale. Fino alla Nexus-4 i replicanti non sono illegali sul pianeta e le squadre di cacciatori di androidi al servizio della WPO riescono a tenere la situazione sotto controllo nei casi di disfunzioni dei modelli. Questo per dire che nel mondo di Deckard, i replicanti sono anche abbastanza diffusi: vengono impiegati nei megaprogetti dell'edilizia che rientrano nel piano di ricostruzione del governo, oppure come oggetti sessuali in bordelli autorizzati.


Pilot. Penserei al pilot come a un action thriller per introdurre quello che diventerà il principale avversario di Deckard nel resto della serie: un Nexus fuori serie, forse risultato di un esperimento militare, caratterizzato da abilità notevolmente superiori a quelle riconosciute ai replicanti (e magari anche a quelle dimostrate dallo stesso Roy Batty nel film originario). Quando è sul punto di catturarlo, Deckard subisce l'intromissione di una squadra speciale della WPO che prende in affidamento il replicante ribelle e lascia il cacciatore di androidi con un sacco di interrogativi.


Stagione 1. Questi interrogativi andrebbero dispiegati negli episodi della serie regolare, che dovrebbero sfruttare trame poliziesche e d'azione per portarci alla scoperta del mondo nuovo dopo la guerra, intercalando con precisione cronometrica indizi che lasciano presupporre il ritorno in scena del Nexus fuori serie di cui prima. La WPO si lascia scappare l'avversario che torna a seminare morte per le strade della città, mentre organizza un sollevamento da parte di tutti i replicanti in circolazione. Per riuscirci, cerca di impadronirsi di un virus informatico militare, la cui diffusione in rete permetterebbe, attraverso le scatole dell'empatia di Mercer (la realtà virtuale domestica di cui sopra) di infettare solo ed esclusivamente i replicanti (anche loro, spinti da atteggiamenti emulativi nei confronti degli umani, passerebbero le loro ore libere connessi alla rete) fino a scatenarne istinti omicidi. Tutta la prima stagione della serie televisiva dovrebbe seguire questo leitmotiv, svelandone poco alla volta i retroscena. Deckard, naturalmente, riuscirebbe a scongiurare il peggio in extremis. Potrebbe essere interessante coinvolgere nel plot principale anche sua moglie, Iran, che nel libro era assuefatta alla scatola dell'empatia.


Stagione 2. Dopo gli avvenimenti della prima stagione, la Terra viene interdetta ai replicanti. Mentre il suo ruolo diventa simile a quello di un agente dell'ufficio anti-immigrazione, volto a smascherare eventuali replicanti nascosti sotto falsa identità per restare sulla Terra, Deckard comincia a maturare dubbi e riserve crescenti sul suo lavoro. Intento a scovare i Nexus-3 e 4 che si nascondono sulla Terra, vede il suo ruolo come quello di un repressore al servizio di un potere corrotto (il suo avversario era il risultato di un esperimento della WPO finito fuori controllo) e non se ne dà pace. Simultaneamente, con la comparsa dei Nexus-5, inizia a convincersi del fondamento di umanità alla base dei replicanti, che cercano di condurre al meglio una vita normale. Tutti questi dubbi e sospetti incrinano anche il suo matrimonio e la moglie, dopo un periodo di riabilitazione, ricade nel tunnel della dipendenza dalla rete empatica e finisce per lasciarlo. Rispetto alla prima stagione, tutta attraversata dallo stesso filo conduttore, questa sarebbe una stagione a episodi autoconclusivi. Dovrebbe seguire un arco di tempo lungo, fino all'abbandono della polizia da parte di Deckard.



Sequel (cinema) - Blade Runner: Off-World Escape

Dovendo escludere per ragioni anagrafiche la partecipazione degli attori originali, occorrerebbe per forza di cose ridimensionare il loro ruolo nell'economia della storia. Eravamo rimasti con la fuga di Harrison Ford/Rick Deckard e Sean Young/Rachael Rosen da Los Angeles. Ridley Scott ha sempre sostenuto il suo apprezzamento per un ipotetico sequel che gli permettesse di esplorare lo scenario delle colonie extra-mondo. Viste le sue ultime prove da regista, personalmente terrei le dita incrociate per vederlo relegato in una posizione da supervisore, purché lasciasse la cinepresa nelle mani di Nolan. Proviamo quindi a fondere questi spunti.


Un nuovo cacciatore di replicanti viene messo sulle tracce dei fuggitivi. Potrebbe essere un giovane fresco d'accademia, oppure un veterano appena promosso nella sezione rep-detect della L.A.P.D. La caccia all'uomo si svolgerebbe dapprima sulla Terra, poi nella colonia extra-mondo in cui sarebbero andati a nascondersi Deckard e Rachael. Nel dispiegarsi della storia, il protagonista sarebbe preso dai dubbi su ciò che è reale e ciò che non lo è per via dello stato di paranoia indotto dal regime di forte costrizione fisica a cui verrebbe sottoposto durante il transito spaziale verso il pianeta alieno (crionegesi o animazione sospesa). Al risveglio non saprebbe più decidersi di chi fidarsi o meno, preso nelle spire di una cospirazione interplanetaria e trasformato in preda braccata a sua volta, visto che la Tyrell Corporation, intenzionata a non lasciarsi sfuggire il suo unico Nexus-7 rimasto in circolazione dopo la morte di Roy Batty (ovvero Rachael), avrebbe messo sulle tracce dei fuggitivi una sua squadra di cacciatori di taglie. In questo modo Harrison Ford apparirebbe solo nel finale, e il suo invecchiamento sarebbe giustificato dal tempo trascorso (anche in animazione sospesa si invecchia). Importante sarebbe il peso della politica (vessazioni degli umani ai danni dei replicanti, resistenza dei replicanti) nell'economia della trama. In seguito alla morte di Rachael, avvenuta poco dopo il loro sbarco sulla colonia extra-mondo (pensata per vivere sulla Terra come replicante d'elite, Rachael non sarebbe stata equipaggiata del corredo genetico necessario per sviluppare le risposte immunitarie a un ambiente difficile come quello alieno), Deckard potrebbe essersi unito alle forze ribelle dei replicanti che si oppongono al controllo militare ed economico della colonia. Il che potrebbe fare di Blade Runner 2 una versione di Cuore di tenebra da spazio profondo…



Spin-off (serie TV) - Blade Runner Unit 2029

Una serie televisiva per seguire le imprese della sezione rep-detect dell'L.A.P.D. dopo la scomparsa di Deckard, alle prese con la prossima generazione di replicanti in lotta sulla Terra per ottenere il riconoscimento della parità dei diritti da parte degli uomini.


To be continued…

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 06, 2011 06:48

March 5, 2011

Passare ai libri elettronici

Come fare per leggere un e-book senza investire (per il momento) in un e-reader? Molti amici mi pongono la domanda con una certa ricorrenza. La risposta la offre un articolo di Finzioni, che illustra in dettaglio le diverse modalità concesse ai lettori in queste prime fasi della nuova era del libro elettronico. La mia soluzione è stata la quarta: pratica, comoda e a costo zero (come d'altro canto tutte le altre).


Se voleste provare qualche libro per fare un test, allora posso consigliarvi di scegliere Robredo di Dario Tonani, seguito dell'acclamato Cardanica, e I quadrivi del tempo e dello spazio, l'antologia elettronica che raccoglie tutta la narrativa breve di Lanfranco Fabriani. Oppure, se preferite la saggistica, potreste provare La fuga narrativa di Tom Stafford, che offre interessanti spunti di riflessione sui meccanismi della scrittura e della fruizione di universi letterari. Di Codice Arrowhead già sapete.


Sempre in merito agli e-book, proprio nei giorni scorsi Lukha Kremo Baroncinij della Kipple Officina Libraria e su Fantascienza.com Silvio Sosio hanno tirato le somme sui primi mesi di vita del nuovo mercato. Segnali forse non proprio brillanti, ma di certo incoraggianti.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 05, 2011 06:12