Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 32

January 11, 2015

L’importanza del SETI

L’astronomo Seth Shostak, direttore del Centro di ricerca del SETI, ha tenuto un TED Talk nel 2012 in cui scommetteva una tazza di caff�� con tutti i presenti che il programma di ricerca di vita intelligente extraterrestre avrebbe scoperto qualcosa nel giro di 24 anni. Tre anni sono quasi passati e il punto sulla ricerca di intelligenze aliene viene fatto sulle pagine di New Scientist, ma quella che continua a essere pi�� attuale che mai �� la parte del suo discorso che riguarda l’importanza della cultura scientifica e lo sviluppo di un senso critico, la cui latitanza – come possiamo “apprezzare” ogni giorno grazie alle incontrovertibili prove di ignoranza che corrono sui social network, sempre pi�� veloci della verit�� – affligge purtroppo la nostra societ��.


Il problema, ammette Shostak, risiede nella complessit�� della scienza ed �� frutto di quattro secoli di sviluppo e progresso che hanno rivoluzionato il nostro sapere: nel XVIII secolo era possibile entrare in una biblioteca (a patto di trovarla, ovviamente) e dopo un pomeriggio di studio diventare esperti in un qualsiasi campo scientifico; e nel XIX secolo, se si aveva a disposizione un laboratorio in cantina, si potevano ancora effettuare scoperte fondamentali; ma oggi occorre trascorrere anni all’universit�� gi�� solo per imparare a porci le domande davvero importanti. L’uomo comune non ha idea di che cosa si stia occupando oggi la scienza, di cosa facciano gli scienziati. Aggiungo io: nessuno di noi ha nemmeno idea di come funzioni quell’aggeggio che ci portiamo dietro e alla cui mediazione affidiamo una parte non trascurabile delle nostre relazioni umane e sociali, oltre che il nostro collegamento istantaneo con il resto del mondo, con l’attualit�� e con informazioni che fino a un decennio fa richiedevano una certa fatica per poter essere recuperate. Saremmo pronti, date queste premesse, ad affrontare una notizia di cruciale rilevanza storica come appunto la scoperta di altre forme di vita intelligente nell’universo?


Viviamo in un mondo sempre pi�� complesso e la scienza �� una materia difficile: se ne parliamo a un adulto, Shostak fa notare che accenderemo il suo interesse sull’argomento per qualche tempo, ma presto qualche altro tipo di preoccupazione giunger�� a distrarlo; tuttavia se ne parliamo a��ragazzini tra gli 8 e gli 11 anni potremmo in alcuni casi determinare un interesse che i nostri giovanissimi interlocutori sapranno coltivare negli anni, indirizzando la loro vita futura.��La conclusione di Shostak merita di essere riportata senza filtri: “Penso che se riusciamo��a infondere interesse nella scienza e nel modo in cui funziona, un giorno saremo ripagati��oltre ogni misura”.


La conoscenza �� un bene pubblico globale.


https://embed-ssl.ted.com/talks/seth_shostak_et_is_probably_out_there_get_ready.html


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Published on January 11, 2015 15:00

December 31, 2014

Il 2014 del blog in numeri

Numeri pressoch�� insignificanti per il mondo, ma significativi per il blogger. Perch�� �� da qui che si parte per il 2015. Buona fine e buon inizio ai lettori olonomici!


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Ecco un estratto:


Una metropolitana a New York trasporta 1��200 persone. Questo blog �� stato visto circa 5.000 volte nel 2014. Se fosse una metropolitana di New York, ci vorrebbero circa 4 viaggi per trasportare altrettante persone.


Clicca qui per vedere il rapporto completo.


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Published on December 31, 2014 01:21

December 22, 2014

Il dilemma intrinseco della fantascienza

In un articolo bellissimo ed essenziale di Vittorio Catani, apparso su Delos lo scorso anno, trovo illustrate idee, a sostegno di una visione specifica della fantascienza e del romanzo contemporaneo, che mi trovano del tutto d’accordo. Si parla di livelli di comprensibilit�� e veridicit�� del genere, ed �� indiscutibile che molte delle difficolt�� con cui��la fantascienza si ritrova a fare i conti��presso i lettori derivano proprio dalle sue caratteristiche intrinseche.


Rendere credibile uno scenario futuro o comunque alternativo��impone una serie di scelte e obbliga alla ricerca di un equilibrio. In casi limite, come il racconto di futuri pi�� o meno remoti o di universi paralleli, comprensibilit�� e veridicit�� possono giocare l’una a scapito dell’altra: pi�� la storia si attiene a principi di veridicit��, pi�� risulter�� aliena all’esperienza comune del lettore, a scapito quindi della comprensibilit��; di contro, pi�� ci si sforzer�� di essere comprensibili, fruibili, a vantaggio del misterioso profilo di un lettore standard (ingiustamente livellato verso il basso per il pregiudizio��editoriale legato alla spendibilit�� commerciale dell’opera), minori pretese di veridicit�� si potranno nutrire.


La necessit�� di risultare comprensibili non dovrebbe mai venire meno in un’opera letteraria, che per definizione nasce come canale di comunicazione tra l’autore e i lettori. Tuttavia non bisognerebbe nemmeno essere troppo facilmente disposti a mettere da parte i criteri di veridicit�� a beneficio di una presunta maggiore fruibilit�� dell’opera.���� un dilemma familiare a ogni scrittore di fantascienza. E anche in relazione al discorso sull’estraniamento culturale che facevamo qualche giorno fa, trovo illuminanti le parole di Norman Spinrad con cui Catani conclude l’articolo:



Ci�� che tutti questi scrittori hanno in comune �� il fatto di lavorare in modo del tutto indipendente e al di fuori di qualsiasi influenza massificante (���) Di tutti i movimenti letterari possibili, quello che comporta uno spostamento verso sempre pi�� ampie diversit�� di stile, tematiche, forma e filosofia, sar�� sempre il pi�� difficile da accettare per i tradizionalisti (���) In fondo la New Wave non �� una vera e propria corrente, ma una eterna marea antica quanto l���anima dell���uomo.



Parole che volendo potrebbero avere una risonanza ancora pi�� vasta.



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Published on December 22, 2014 15:10

December 21, 2014

Il decimo solstizio

Oggi sono dieci anni di connettivismo. Dieci anni dalla notte in cui con gli altri iniziatori (Sandro Battisti e Marco Milani) mettemmo in moto il meccanismo del movimento. A cominciare dalla convergenza con Lukha B. Kremo e la sua Nazione Caotica, i connettivisti sono cresciuti in numero, sono maturati in esperienza, sono cambiati. Ma siamo ancora qua. E mi viene��naturale guardare all’orizzonte dei prossimi dieci anni dal punto in cui ci troviamo adesso. La marcia continua.



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Published on December 21, 2014 15:03

December 19, 2014

Il Profondo connettivista e la Future Fiction su Critica Impura

Dopo le interessanti riflessioni di Giovanni Agnoloni sulla tematica del Profondo, per la seconda volta questa settimana Critica Impura torna a dedicare attenzione alla fantascienza e al connettivismo, con questa tripla intervista al curatore di Future Fiction Francesco Verso e a due autori pubblicati nella collana, Clelia Farris e il sottoscritto.


Archiviato in:ROSTA Tagged: Clelia Farris, connettivismo, Francesco Verso, Future Fiction, Giovanni Agnoloni, Riti di passaggio
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Published on December 19, 2014 01:10

December 14, 2014

L’obbligo dello straniamento culturale nella fantascienza del lontano futuro

Concept art from aborted

Concept art from aborted “Prey 2″.


Di recente Charles Stross ha affrontato il tema dello straniamento culturale sul suo blog, con la consueta acutezza, in un densissimo post che vi consiglio di leggere. Eviter�� di dilungarmi, ma trovo il suo intervento condivisibile dalla prima all’ultima parola.


Come sapete, credo alla definizione della fantascienza come genere incentrato sugli effetti culturali del cambiamento. Finisco cos�� sempre per trovarmi un po’ a disagio davanti a lavori ambientati secoli se non millenni nel futuro, che pensano di poter fare a meno di cambiamenti di profondo impatto sociale, etico e politico. Un esempio tra quelli citati dallo stesso Stross ����quello dei romanzi��della serie di Alex Benedict di Jack McDevitt: scritti con uno stile efficace e��con un ritmo avvincente, eppure a mio modo di vedere – e a quanto pare non solo – carenti sotto il profilo del world-building in quanto per tutti gli aspetti della societ�� e della politica si limitano a trasporre la societ�� occidentale contemporanea in un contesto interstellare. E questo �� uno dei casi pi�� eclatanti della correlazione tra i diversi aspetti della scrittura: perch�� posso avere in scena i personaggi pi�� accattivanti sulla piazza (e Chase Kolpath di sicuro non passa inosservata), per�� se penso che le sue azioni si svolgono in una societ�� successiva alla nostra di 10.000 anni, devo fare un lavoro aggiuntivo da lettore per adeguare il livello di sospensione dell’incredulit�� ed accettare che Chase si trova ad agire non nel mio presente, bens�� in un’epoca ancora pi�� remota dalla nostra di quanto il nostro presente sia distante dalla Mesopotamia dei Sumeri.


Come gi�� faceva notare Alastair Reynolds, in uno dei panel pi�� affollati della scorsa Loncon3, il semplice fatto di immaginare un futuro di voli spaziali �� uno sforzo rivoluzionario. Probabilmente, pensare a una civilt�� umana interstellare �� quanto di pi�� vicino ci sia a una celebrazione dell’utopia: se gi�� solo l’impresa di inviare una missione umana tra le stelle presuppone l’allineamento di una serie cos�� difficile di condizioni da sconfinare nell’idealismo, figuriamoci la costruzione e il sostentamento di una societ�� sparsa tra le stelle. E allora come possiamo accettare che, malgrado l’evoluzione tecnologica richiesta per realizzare un simile scenario, i discendenti degli uomini che vivranno in questo contesto potranno non risentire delle ricadute del cambiamento, continuando a comportarsi in maniera del tutto indistinguibile da quella di una normale cittadina americana o europea del 2014?


Una delle ragioni per cui trovo cos�� importante la figura di Aliette de Bodard nella fantascienza contemporanea �� proprio la sua capacit�� di regalarci con poche pennellate scenari radicalmente��complessi e profondamente problematici, eppure��istintivamente credibili. Il lettore s’immerge nei suoi mondi postumani pressoch�� senza sforzo, con una spontaneit�� che ha del miracoloso. Lo straniamento culturale �� un presupposto della sua fantascienza e i suoi racconti sono la prova di quanto efficace possa essere il world-building di una societ�� del futuro remoto. Le sue opere fissano cos����un��ideale termine di riferimento a cui chiunque��si cimenti con questo tipo di fantascienza dovrebbe aspirare.


Archiviato in:Imaginarium Tagged: Alastair Reynolds, Aliette de Bodard, Charles Stross, civilt�� interstellari, fantascienza, Jack McDevitt, Loncon3, postumanesimo, scrittura, sospensione dell'incredulit��, straniamento culturale, world-building
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Published on December 14, 2014 15:10

L’obbligo dell’estraniamento culturale nella fantascienza del lontano futuro

Concept art from aborted

Concept art from aborted “Prey 2″.


Di recente Charles Stross ha affrontato il tema dell’estraniamento culturale sul suo blog, con la consueta acutezza, in un densissimo post che vi consiglio di leggere. Eviter�� di dilungarmi, ma trovo il suo intervento condivisibile dalla prima all’ultima parola.


Come sapete, credo alla definizione della fantascienza come genere incentrato sugli effetti culturali del cambiamento. Finisco cos�� sempre per trovarmi un po’ a disagio davanti a lavori ambientati secoli se non millenni nel futuro, che pensano di poter fare a meno di cambiamenti di profondo impatto sociale, etico e politico. Un esempio tra quelli citati dallo stesso Stross ����quello dei romanzi��della serie di Alex Benedict di Jack McDevitt: scritti con uno stile efficace e��con un ritmo avvincente, eppure a mio modo di vedere – e a quanto pare non solo – carenti sotto il profilo del world-building in quanto per tutti gli aspetti della societ�� e della politica si limitano a trasporre la societ�� occidentale contemporanea in un contesto interstellare. E questo �� uno dei casi pi�� eclatanti della correlazione tra i diversi aspetti della scrittura: perch�� posso avere in scena i personaggi pi�� accattivanti sulla piazza (e Chase Kolpath di sicuro non passa inosservata), per�� se penso che le sue azioni si svolgono in una societ�� successiva alla nostra di 10.000 anni, devo fare un lavoro aggiuntivo da lettore per adeguare il livello di sospensione dell’incredulit�� ed accettare che Chase si trova ad agire non nel mio presente, bens�� in un’epoca ancora pi�� remota dalla nostra di quanto il nostro presente sia distante dalla Mesopotamia dei Sumeri.


Come gi�� faceva notare Alastair Reynolds, in uno dei panel pi�� affollati della scorsa Loncon3, il semplice fatto di immaginare un futuro di voli spaziali �� uno sforzo rivoluzionario. Probabilmente, pensare a una civilt�� umana interstellare �� quanto di pi�� vicino ci sia a una celebrazione dell’utopia: se gi�� solo l’impresa di inviare una missione umana tra le stelle presuppone l’allineamento di una serie cos�� difficile di condizioni da sconfinare nell’idealismo, figuriamoci la costruzione e il sostentamento di una societ�� sparsa tra le stelle. E allora come possiamo accettare che, malgrado l’evoluzione tecnologica richiesta per realizzare un simile scenario, i discendenti degli uomini che vivranno in questo contesto potranno non risentire delle ricadute del cambiamento, continuando a comportarsi in maniera del tutto indistinguibile da quella di una normale cittadina americana o europea del 2014?


Una delle ragioni per cui trovo cos�� importante la figura di Aliette de Bodard nella fantascienza contemporanea �� proprio la sua capacit�� di regalarci con poche pennellate scenari radicalmente��complessi e profondamente problematici, eppure��istintivamente credibili. Il lettore s’immerge nei suoi mondi postumani pressoch�� senza sforzo, con una spontaneit�� che ha del miracoloso. L’estraniamento culturale �� un presupposto della sua fantascienza e i suoi racconti sono la prova di quanto efficace possa essere il world-building di una societ�� del futuro remoto. Le sue opere fissano cos����un��ideale termine di riferimento a cui chiunque��si cimenti con questo tipo di fantascienza dovrebbe aspirare.


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Published on December 14, 2014 15:10

December 13, 2014

A proposito di nuvole

4 mesi condensati in 7 minuti, in questo fantastico time-lapse realizzato dal paesaggista Nicolaus Wegner, che tra maggio e settembre ha documentato decine di tempeste tra le Grandi Pianure e le Montagne Rocciose. S’intitola Stormscapes 2 e l’ho scoperto quest’oggi su io9.



Stormscapes 2 from Nicolaus Wegner on Vimeo.


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Published on December 13, 2014 08:30

December 12, 2014

All’ombra delle Tavole Palatine

Tavole-Palatine-Metaponto


Una risposta a Giampietro Stocco, che dal suo blog Ucronicamente si scaglia contro il sottoscritto, reo di aver preso posizione contro il lettore riluttante.



Ora, Giovanni, tu sai altrettanto bene di cosa si discute per esempio nel gruppo Facebook Romanzi di Fantascienza, e le tue conclusioni un po��� sprezzanti vanno perci�� dritte a giudicare come pensionati gente, faccio qualche nome a caso, del calibro di Umberto Rossi, Silvio Sosio, Vittorio Catani, Lanfranco Fabriani o Sandro Pergameno. Per non parlare di Alessandro Vietti o Dario Tonani ��� dove sei Dario? Dove ti sei nascosto? ��� o di altri esponenti della sf italiana appartenenti a generazioni pi�� vicine alla tua.



Temo, Giampietro, che per amor di polemica tu stia��mettendo parole non dette in bocca un po’ a tutti. A me, per cominciare, e poi a tutte le altre persone che citi. Magari nessuno di loro �� intervenuto perch�� effettivamente si sono tutti talmente risentiti nei miei confronti da aver preferito ignorarmi e dimenticarmi. Ma se cos�� non fosse, magari �� il caso che tu ti ponga il problema di non aver afferrato il senso del mio messaggio.


Sei abbastanza intelligente da capire che nel momento in cui mi attribuisci direttamente un’affinit�� di metodo con un personaggio politico tanto popolare quanto discutibile stai automaticamente tagliando molte – se non tutte – le linee di dialogo. Ne voglio tenere aperta ancora una��in virt�� della stima che nutro verso un collega a cui non mi sento di poter negare anche l’ultima opportunit�� di��chiarimento. Ma io parlo del “lettore riluttante” identificando una figura di lettore tipica, come tipiche sono altre figure che per fortuna rendono il “lettore riluttante” una minoranza nel panorama dei lettori di fantascienza, e tu fai sembrare che io abbia dato del “lettore riluttante” ad ogni singolo lettore di fantascienza residente in Italia. E non ti fermi qua: includi persino nella categoria, in maniera del tutto arbitraria e unilaterale, ogni autore di fantascienza che abbia iniziato a scrivere prima di me. Per questo, in fin dei conti, l’impressione che mi lascia questo tuo sfogo, che raccoglie organicamente le tracce seminate su Facebook��un paio di settimane fa, non �� altra��che di un gusto un po’ sterile e forse inconcludente per la polemica.


Infine permettimi di dirti che nel nostro caso il riferimento ai capponi manzoniani���� del tutto inappropriato e fuori luogo. Avremmo potuto essere una comunit�� compatta e coesa, e comunque temo che l’attenzione tributata alla fantascienza da iniziative come quella gi�� discussa di Nuovi Argomenti sarebbe stata la stessa. Perch�� un conto �� la vivacit�� o la stanchezza del fandom e un’altra �� l’autorevolezza delle figure che operano nel genere, come critici, scrittori, curatori, traduttori, studiosi. E’ la stessa differenza che passa, se ci fai caso, tra il livello amatoriale e quello professionale.


L’ho gi�� scritto altrove e temo che presto sar�� nuovamente necessario ribadirlo. Per fare della buona fantascienza, la mia unica ricetta �� seguire il proprio gusto. Quale che sia la rivendicazione del gusto dominante. Sia perch�� non �� detto che esista al momento un gusto dominante. Sia perch�� sono certo che se pure esistesse non �� certo quello rispondente alle opinioni dei commentatori pi�� pugnaci. Il loro accanimento tradisce qualcos’altro: non so bene cosa sia, le loro parole per me sono rumore.


E il rumore va filtrato.


Archiviato in:Reality Studio Tagged: fandom, fantascienza, Italia
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Published on December 12, 2014 09:54

December 11, 2014

Il sentiero contorto e insidioso dell’uomo universale

A un certo punto, mentre attraversava il media landscape, nell’homo sapiens sapiens divenuto inforg deve essere stata instillata l’idea. Non si sa bene da chi: forse era qualcosa che covava gi�� dentro di lui e che necessitava solo delle condizioni ambientali pi�� adatte. Fatto sta che intorno a questo seme si �� poi sviluppata la convinzione. E oggi tutti possiamo ponderare gli effetti di questo processo: l’assunzione che chiunque possa parlare di qualsiasi cosa, la presunzione che non ci sia pi�� bisogno di elaborare l’informazione, che basti semplicemente acquisirla per presentare ad altri il proprio punto di vista. E non solo: gode di popolarit�� crescente la presunzione che sia necessario esprimere questo punto di vista, comunicarlo, condividerlo.


Sempre senza nessun costo, senza nessun investimento.��Tutto facile, tutto scontato. Abbiamo sostituito l’accesso alla comprensione.


Tra le pi�� grandiose idee del Rinascimento compare la riscoperta dell’ideale classico dell’uomo universale, un modello a cui non manca di ispirarsi lo stesso postumanesimo. Il problema �� che al momento ci ritroviamo circondati di tuttologi, spesso laureati all’universit�� della strada quando non della vita. Sono una massa scalpitante, che si nutre di visibilit�� e nel cercare un’esposizione sempre pi�� significativa comprime gli esperti ai bordi del campo. Una massa per di pi�� rumorosa, che diluisce il flusso dell’informazione fino quasi ad annichilirlo. E noi dovremmo invece lavorare per preservare questa informazione, nutrire il flusso per consentirne lo sviluppo, la moltiplicazione, per raggiungere destinatari che restano comunque lontani, malgrado la contrazione delle distanze in un mondo iperconnesso.


L’uomo universale �� e resta il nostro modello. Ma la strada per raggiungere la meta �� purtroppo ancora lunga.


Archiviato in:Agitprop Tagged: conoscenza, inforg, informazione, media landscape, postumanesimo, umanesimo, uomo universale
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Published on December 11, 2014 03:09