Alessio Brugnoli's Blog, page 187
August 5, 2017
Al fianco di Moby Dick
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Come sapete, sono al fianco di Moby Dick e di Giusy nella loro battaglia a difesa del lago di Bracciano, che ha portato ad arricchire con la loro arte i muri di Anguillara Sabazia. Però, a riprova della capacità eversiva della street art, nonostante il loro volontariato, si sono trovati in mezzo a una polemica, con la dirigente scolastica della zona.
Per saperne un poco di più, lascio la parola a Viviana Normando, assessore alla cultura della cittadina
Anguillara Sabazia ha oggi il privilegio di annoverare tra le sue opere d’arte, contemporanee, in questo caso, i murales di Marco Tarascio, in arte Moby Dick, noto street artist in ambito nazionale e internazionale, che visto lo stato del lago di Bracciano giunto ad un punto ormai drastico, ha deciso di operare la sua arte attivista, come fa da anni,
“schierandosi dalla parte del lago e dei suoi abitanti, gli animali”
– ha detto Tarascio.
Il progetto è stato proposto al Sindaco Sabrina Anselmo per decorare, peraltro gratuitamente, alcuni edifici. Un privilegio davvero inaspettato che l’Amministrazione ha colto subito ed ha inteso donare, in primis, alle scuole, affinchè i bambini, rientrando nelle loro classi, a settembre, potessero gioire di questa sorpresa, che in realtà rappresenta solo l’inizio del loro coinvolgimento, delle loro famiglie ed insegnanti, a discrezione poi della coordinatrice e degli accordi prossimi, nel contesto di salvaguardia del territorio.
In merito alle scuole, infatti, sono state avvisate per email le dirigenti scolastiche preposte, con immediato riferimento alla Prof.ssa Paola Di Muro, la quale pare proprio, invece, con grandissimo nostro rammarico, non avere gradito il dono, di oggettivo valore, considerato lo spessore di Moby Dick nellambito del Pop Surrealismo, di matrice made in Italy.
Tarascio ha partecipato ed esposto con artisti di fama mondiale, è stato l’ assistente in Italia dei due street artist più importanti al mondo Kobra e Roa. Moby Dick, ha dato immediata disponibilità, nella sua fitta agenda, opportunità che poteva anche in seguito venire meno visto proprio l’importante periodo che sta vivendo il lago, e dice l’artista che
“non si doveva più aspettare un secondo, ma agire anche attraverso l’arte”.
Teniamo moltissimo, come manifestato più volte alla stessa dirigente e non solo, proprio in occasione di eventi congiunti, alla cooperazione, a favore dei bambini e ragazzi del territorio, tra scuola e Comune di Anguillara Sabazia nonché con l’;Assessorato alla Cultura, guidato dalla sottoscritta.
Ed è cosi che, appena individuati gli spazi, con caratteristiche mirate, adatte tipologicamente alla stesura artistica e redatto il programma iconografico con Moby Dick partecipando la sottoscritta attivamente, anche in qualità di esperto storico dell’arte, e vedendo prossima, in ordine di successione, la realizzazione dell’urban art della Scuola di Scalo, è stata inviata una email di condivisione circa la possibilità di fruire arte e bellezza sulla parete prescelta.
La risposta telefonica da parte della scuola, attesi i tempi stretti, è avvenuta quando già l’artista, la sera prima, aveva cominciato l’impostazione del suo sit-specific. Sì, perchè comunque di impostazione si tratta. Moby Dick spesso, anzi quasi sempre, in quanto testimonial degli enti animalisti più importanti al modo come WWF, Sea Shepherd, Animalisti italiani, Animal Aid, Oceano mare Delphis e tante altre associazioni, ha inteso delineare sull’edificio scolastico elementare comunale di Scalo una ninfa, stagliata sulla parete come una cariatide, a sostegno ed ornamento della scuola, rimando delle cariatidi dell’Aula Consiliare, ad opera della Scuola di Raffaello ma qui invece attinta dal purismo delle arti di fine ottocento, in particolare dall’arte classica preraffaellita, riconducibile, qui ad Anguillara, anche al contesto di Ignazio Jacometti, volto poco noto del neoclassicismo.
Come una Venere che emerge dalle acque, la ninfa è destinata a divenire dinamica, insieme ai bambini, in un appuntamento da concordare, ma soprattutto è espressione di quella educazione ambientale a cui tutti teniamo molto, tra insegnanti, amministratori, cittadini, ciascuno nel proprio ruolo. Essa stringe a sé, al petto, un’alga, l’alga del lago di Bracciano che sta scomparendo, la isotes sabatina, vittima della siccità ciclica e delle captazioni di Acea.
Una denuncia a colori per salvare il lago, di indubbio talento e bellezza, nei capelli turchini che richiamano l’acqua sulle e nelle alghe, accanto ad un cigno che sembra, “fisico”;, affacciarsi dalla parete, testimone dell’abilità di Tarascio, e a due aironi. Un airone ha nel becco un filo di erba, un filo del nido, dell’erba verde come vita, “un filo di speranza”; come lo ha definito l’ artista.
Ma Moby Dick non si accontenta e da bravo street artist vuole vedere realizzata “una parete di tutti” e soprattutto vuole ammirare i bambini della città persino sporcarsi le mani come avvenuto in altre occasioni, in altre città, in altre scuole.
E’ solo l’inizio di una proposta di condivisione, con dei tempi di attuazione da conciliare. Moby Dick ha lasciato lo spazio per colorare la parte di sotto del murales, come già annunciato, riempiendola di pesci di tutte le specie, che ancora popolano il lago di Bracciano, tra persici, lucci, coregoni, anguille, ad esempio, da tutelare e proteggere. Ed anche nella parte alta vi saranno altri pesci quale dimostrazione di vita e di ambiente da preservare. Se poi vi fosse stato un approccio istituzionale nella iconografia, emblema della scuola, come ad esempio una Minerva, simbolo della Sapienza al posto della ninfa, certamente un bimbo delle elementari avrebbe apprezzato comunque il bello di per sé, senza distinguere la cariatide dalla Minerva, in un processo naturale di acquisizione di valori “buoni e belli”, come cita la “lettera degli artisti”, i quali caratterizzano quel messaggio che l’arte spontaneamente reca in sé e che unisce tutti, di ogni età, ideologia e quanto altro.
Ringraziamo la Gentilissima e stimatissima Dirigente Scolastica Di Muro per queste sue prime considerazioni, che insieme alle nostre, avrà modo di estendere anche agli Organi Collegiali, avvalorando l’occasione di sinergia, come è stato, solo per citare alcuni episodi congiunti, nel progetto “Adotta un albero”, nei progetti di alternanza scuola lavoro, anche archeologici, nella elaborazione di contenuti sui beni culturali, nella ricerca di materiale inedito per i pon, nei progetti sportivi e teatrali, nelle visite guidate dell’Ufficio Turismo Comunale e quanto speriamo di opportuno e sempre in crescita e di più bello per i nostri ragazzi.
Moby Dick dall’;altra parte, da sempre partecipa a rassegne mondiali, ha esposto negli USA, in Giappone, a fianco dei nomi più importanti del Surrealismo, partecipando anche all’evento collaterale della Biennale di Venezia o disegnando il teatro dell’Opera di Firenze e inoltre, lasciando una sua opera nella stazione di Roma di via Nomentana, al Trullo, a Santa Maria della Pietà, a Pineta Sacchetti e in tante altre location di Roma.
A lui va il nostro particolare ringraziamento di cuore, certi che potrà affermare ancor di più il suo site specific in site community, in un nuovo biglietto da visita della città visibile anche dalla ferrovia Roma Viterbo
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Se devo dire la mia, conoscendo Moby Dick, appena ho saputo di questa vicenda, sono rimasto alquanto perplesso: perché essendo un poeta del colore, con un immenso amore per l’Armonia e la Bellezza, non riuscivo a capire cosa diavolo avesse potuto disegnare, per offendere la sensibilità di una scuola.
Poi ho capito di quale opera si trattasse, e mi sono fatto una grassa risata: vorrei però ricordare alla dirigente scolastica come il Muro sia un bene comune, concernente l’intera collettività, che dona valore e significato all’opera. Per cui, il suo parere, per quanto autorevole, è uno dei tanti.
Per di più, rimango perplesso dalla sua idea di educazione, che ho sempre ritenuto, dal mio punto di vista, qualcosa di ben diverso dall’indottrinamento nozionistico; è fare scoprire al bambino la sua strada, per definire i suoi valori del Razionale, del Sociale, del Buono e del Bello.
E questo non avviene solo sui libri e nelle aule, ma con l’esempio e con il dialogo con l’ambiente che circonda i bambini. L’opera di Moby Dick, con la sua poesia, non è altro che un nobile strumento per insegnare loro ad amare la Bellezza e recuperare una dimensione estetica della Vita, della cui perdita stiamo pagando ancora le conseguenze
August 4, 2017
Sorprese su Repubblica
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Sin dall’inizio della vicenda del Murale di Mauro Sgarbi, le Danze di Piazza Vittorio hanno tenuto un atteggiamento costruttivo, finalizzato non solo a proteggere l’opera in sé, ma a sfruttare l’occasione per chiedere alla Politica un impegno concreto nel difendere e valorizzare il patrimonio di street art dell’Esquilino, ma soprattutto di avere un approccio meno burocratico al Bello, semplificando l’iter autorizzativo della Public Art nel I Municipio.
Perché il Centro storico di Roma, non è un resort per ricchi o una disneyland per turismo di bassa lega: è un’entità viva, stratificata, in cui eliminare la dimensione dell’arte contemporanea, significa impoverirla e fossilizzarla
In quest’ottica, nei giorni scorsi, come argomento a favore di tale richieste, abbiamo segnalato il caso delle opere di Invader presenti nel Rione Esquilino, la cui scomparse è avvenuta nel disinteresse generale, impoverendo così le comunità presenti e future.
Ora, non ci aspettavamo come tale vicenda finisse anche su Repubblica: non possiamo che esserne soddisfatti, perché vuol dire che non siamo una
Vox clamantis in deserto
Al contrario, le nostre istanze sono condivise da parte dell’opinione pubblica.
Non possiamo quindi che sottoscrivere la richiesta della giornalista, che nella Città Eterna le opere moderne, popolari e dedicate alla fruizione gratuita, siano lasciate al loro posto…. E che siano difese dall’incuria, dai collezionisti privi di scrupoli, dalle manovre di palazzo di politici maneggioni e dalle paturnie di chi, sbraitando con la bava alla bocca in qualche meet-up, si arroga il diritto di decidere cosa sia Arte e cosa non lo sia.
E sempre in quest’ottica, stiamo lavorando, sempre per sensibilizzare l’opinione pubblica a trasformare Mille e Una Notte da raccontino a spettacolo teatrale o cortometraggio. Non è la prima volta, che succede, per una mia opera.
Due anni fa fu il turno del mio romanzo Navi Grigie, recitato nei Giardini di Piazza Vittorio... Dalle premesse, si rischia di avere un risultato all’altezza del precedente.
August 3, 2017
IA, Premio Urania e Spazi di Calabi-Yau
Oggi, per una volta, mi dedico a un poco di chiacchiere personali. La prima, per pavoneggiarmi un poco. Ieri, dopo mesi di lavoro indefesso, l’azienda che mi paga lo stipendio, ha lanciato l’offerta marketing di Hybrid Cloud per il mercato Cruiser su cui stavo lavorando per mesi.
Offerta che ha affrontato e superato, diciamolo pure, una serie di sfide tecnologiche, dalle più banali, le caratteristiche dell’infrastruttura, piccola, con tanta potenza di calcolo e poco propensa a rompersi, o il come diavolo allineo i dati con una banda risicata, a quelle più complesse, ossia su come adattare all’ambito delle crociere una serie di servizi, da portali multimediali alla domotica, dagli e-beacon alla realtà aumentata.
E tutti questi servizi alimentano un repository big data, che, grazie ad algoritmi di Intelligenza Artificiale, sia bottom-up, con reti neurali che apprendono analizzando i set di dati, sia top-down, con le reti bayesiane, i cui modelli probabilisti permettono di formulare ipotesi inferenziali sull’insieme dei dati disponibili, permette di migliorare l’esperienza del passeggero, di semplificare la vita al personale di bordo e di ridurre i costi di gestione della nave, ottimizzando ad esempio scorte e manutenzione.
L’altra è invece un’autocritica. Come sapete, negli ultimi due anni ho lavorato a un romanzo, Come un Tuono d’Estate, ambientato nell’Esquilino degli anni Venti, per partecipare al Premio Urania. Ieri sera, facendo un poco di conti, mi sono reso conto che come lunghezza avrei superato di gran lunga quando previsto dal regolamento. Ora, piuttosto che tagliare tutto con l’accetta, lasciando trame e sottotrame in sospeso, ho deciso di non partecipare, nella speranza di trovare un editore di buon cuore che me pubblichi.
Anche perché, diciamola tutta, per vincere il Premio Urania, tranne qualche eccezione, con il buon Sandro Battisti, bisogna scrivere in maniera “pop”, cosa ben più difficile che indulgere nella sperimentazione: servono trame lineari, capaci di appassionare il lettore e non farlo perdere, personaggi bel delineati, privi di ambiguità, e uno stile leggibile, senza troppi contorsionismi linguistici.
Caratteristiche che Come un tuono d’Estate non possiede : pur non avendo, come Lithica, una trama basata su uno spazio di Calabi-Yau, cosa che mi ha fatto insultare da parecchi lettori, il nuovo romanzo è costruito su tante storie parallele, su personaggi ambigui, tratti dalla storia, dalla mia immaginazione e dalla cosiddetta letteratura alta, e sul mix tra italiano correnti e diversi dialetti. Insomma, una sorta di gas soporifero per il lettore medio…
Per cui, ritenterò la strada del Premio Urania in futuro, con qualcosa di molto più leggibile e corto, magari con le avventure palermitane di Andrea e Beppe.
August 2, 2017
Palazzo Massimo: il “Pugilatore in riposo” come non l’avete mai visto!
Dal sito Wikipedia
L’opera è uno dei due bronzi (l’altro è il cosiddetto Principe ellenistico), non correlati tra loro, scoperti nel marzo del 1885 su un versante del Quirinale nell’area del convento di San Silvestro e probabilmente appartenenti ai resti delle Terme di Costantino. Si deve al Carpenter (1927) una prima attribuzione dell’opera (sia pure come copia) a Apollonio di Atene, per una firma sul guanto sinistro della quale Margherita Guarducci (1959-60) ha in seguito negato l’esistenza.
La statua è stata ritrovata tra il secondo e il terzo muro di fondazione di un edificio antico, alla profondità di 6 metri sotto il livello della piattaforma. L’archeologo Rodolfo Lanciani, all’epoca segretario della Commissione Archeologica Comunale, ha lasciato una descrizione tanto vivida quanto precisa delle circostanze del ritrovamento: «Il più importante dato raccolto, mentre ero presente e seguivo la rimozione della terra nella quale il capolavoro giaceva seppellito…
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Tutela
Martedì sera, alla trasmissione Human Files si è parlato di quell’esperimento del futuro che è il Nuovo Mercato Esquilino: tra le tante cose, si è citato il murale di Mauro Sgarbi, al centro negli ultimi mesi, di tante polemiche.
Sarebbe semplice, da parte mia, sbeffeggiare i consiglieri Cinque Stelle del I Municipio, con il loro tempismo nel volere distruggere un’opera che diventata un simbolo della bellezza e della multiculturalità dell’Esquilino o la loro acutezza tattica, che ha permesso loro di inimicarsi tanti potenziali elettori del Rione.
Preferisco concentrarmi su una piccola riflessione, citando tre exempla, tratti dalla Storia
Il primo è Piero de’ Medici, uno dei principali membri della famiglia di banchieri fiorentini: aveva una biblioteca di testi antichi, ospitata in uno studiolo, chiamato gabinetto delle curiosità, ampio più di venti metri quadrati, con un soffitto a botte, di rosso porfido e verde smeraldo. Sulle pareti, dodici tondi in maiolica, che rappresentavano i mesi. Il pavimento era ricoperte di mattonelle invetriate, figlie di Luca della Robbia. Le gemme ed i cammei erano contenuti in armadi di legno intarsiato, mentre i manoscritti, dalle magnifiche rilegature di cuoio e velluto dorato, erano esposti distesi su scaffali inclinati.
Il secondo è Federico di Montefeltro, duca d’Urbino,che investì con grande magnificenza le ricchezze ottenute come capitano di ventura, in una famosa biblioteca. Il suo studiolo è sontuosamente decorato con tarsie a trompe l’oeil e con una serie di ventotto ritratti di uomini illustri. Per la parete della sala di lettura, un quadro di Giusto di Gand, che raffigura il duca con il figlio inginocchiato ai piedi delle Muse delle Arti e delle Scienze. E un’iscrizione:
” In questa casa c’è ricchezza, coppe d’oro, abbondanza di denaro, una moltitudine di servitori, gemme scintillanti, ricche gioie, catene e cinture preziose. Ma vi è un tesoro che supera molto di splendore queste meraviglie. In queste sale ci sono colonne di candido marmo e oro, figure dipinte in profonde nicchie; all’interno, le pareti sono decorate con la leggenda di Troia; all’esterno, vi sono odorosi giardini di fiori vivaci e verzure. La casa, dentro e fuori, è magnifica. Ma tutte queste cose sono mute; soltanto la biblioteca è eloquente”
Il terzo Gordiano II, che come disse Gibbon, aveva
” Ventidue concubine note e una biblioteca riconosciuta di sessantamila volumi, che testimoniavano la varietà delle sue inclinazioni; e, dalla produzione che si lasciò dietro, appare chiaro che tanto le une quanto l’altra erano destinate all’ uso, piuttosto che all’ ostentazione “
Tre uomini con storie differenti, ma espressione di società, che, con i loro grandi difetti e contraddizioni, erano figli di società che sapevano apprezzare il Bello, la Ragione e la Cultura. Purtroppo, invece, la nostra ha dimenticato il significato più profondo e vero di tali parole.
Così la Campanini, i suoi colleghi al Municipio e chi a vario titolo la spalleggia in questa furia iconoclasta, sono forse sintomo di un malessere ben più ampio, il rifiuto della kalokagathìa: per combatterlo è necessario agire su due fronti: creare il Bello e il Buono e difendere quello che già.
Proprio per essere in linea con questo ultimo punto, le Danze di Piazza Vittorio si stanno impegnando per una battaglia a tutela di tutta Street Art dell’Esquilino, non solo di quella frutto dei suoi progetti,nella convinzione che, come per esperienze analoghe, sia la via maestra per rivitalizzare il Rione.
Per dimostrare quanto sia pressante questa esigenza, provo a citare un caso concreto.
Invader è un famoso street artist che incolla personaggi da e ispirati al videogioco arcade Space Invaders del 1978, formati da piccoli piastrelle colorate quadrate disposte a mosaico per formare sul muro un personaggio del gioco. Ha prodotto opere di questo genere in tutto il mondo a cui ha dato il nome di “Invasione”, con libri e mappe su dove trovare ogni opera.
Ebbene, nel nostro rione, vi erano quattro suoi lavori, a Via Mamiani, a Piazza Vittorio, a Via Gioberti e nel tunnel di San Lorenzo.
Nel resto del mondo, queste opere sono tutelate e valorizzate, da noi invece sono state distrutte e rubate, nel disinteresse generale.
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Proprio per evitare che situazioni del genere si ripetano vogliamo chiedere al Municipio un impegno concreto nella tutela della public art del nostro Rione !
August 1, 2017
Damien Hirst, “Treasures from the wreck of the unbelievable” (doppia mostra a Venezia)
La doppia mostra veneziana di Damien Hirst, Treasures from the wreck of the unbelievable, è un imponente progetto, la cui gestazione è durata un decennio, che non può lasciare indifferenti, sia per l’ambizione senza precedenti di questo labirintico e sorprendente spettacolo, che per la personalità talora discutibile dell’artista o per la franchezza di originalità delle opere.
Tutto questo conta marginalmente, benché tante recensioni nazionali e non si siano concentrate soprattutto sugli ultimi due aspetti, berciando sul valore economico delle opere, non su quello artistico oppure, cosa fondamentale, sul complesso concetto che Hirst vuole rappresentare – facendo così ridere dalla tomba fior fior di artisti da Duchamp in poi.
Il presupposto della mostra è il fittizio ritrovamento nel 2008, al largo della costa africana, di un vasto sito archeologico con un relitto di una nave naufragata. La scoperta ha avvalorato la leggenda di Cif Amotan II, liberto di…
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Zyz
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Molti lo ignorano, ma Palermo è una città di origine fenicia: la tradizione dice come il primo emporio, Mabbonath, ossia “alloggiamenti“, fosse fondata il 734 a.C. nei pressi di una serie di villaggi sicani.
Periodo in cui vi è il passaggio nelle popolazioni italiche, da un modello di urbanistico cantonale, ossia una serie di pagus, abitati da clan che si costruivano la loro identità tramite feste religiosi comuni, da tenersi in santuari tribali, per esempio, per i rimanere nel Latium Vetus, populi albenses che si incontravano presso il tempio di Iuppiter Latialis su Monte Cavo, a quello centrato sulle città.
Di certo, Mabbonath,inizialmente forse costituita da un molo, un magazzino per le merci, un mercato e qualche baraccamento per i mercanti e i marinai, ha svolto il ruolo di catalizzatore in tale processo di urbanizzazione: già nel V secolo, era nata una città vera e propria, Zyz, che in fenicio significa fiore.
Città che, come Balarm, doveva essere popolosa e ricca: basandoci sul racconto di Polibio, che scrive
è interessante osservare come la caratteristica formazione di Panormos, in due parti distinte e pur riunite, sia comune ad altre città puniche, e soprattutto sia propria, con una stringente somiglianza, della stessa Cartagine
Si può ipotizzare come la struttura urbanistica del Centro Storico di Palermo fosse già ben delineata all’epoca: la Paleopolis, la zona della Cattedrale e del Palazzo dei Normanni, che già all’epoca potrebbe essere stata la sede del potere politico e religioso, a rigore di logica, dalle parti dell’Arcivescovato è possibile che vi sia stato un tofet come quello di Mozia, la Neapolis, la zona di popolamento e commerciale, adiacente alla Cala e lo stradone, il nostro Cassaro, per unirle.
E come per Balarm, la ricchezza di Zyz era centrata sullo sfruttamento agricolo della Conca D’Oro, il commercio con le colonie greche della Sicilia e una forte attività produttiva, specie in ambito ceramico.
Nel 254 a.C. consoli Gneo Cornelio Scipione Asina e Aulo Atilio Calatino, dopo la figuraccia di Attilio Regolo in Africa, assediarono Zyz, per fare terra bruciata attorno all’esercito di Asdrubale in Sicilia. Dopo aver fatto montare le macchine d’assedio, attaccarono le fortificazioni presso la Cala, che caddero con facilità in mani romane e da quella via le legioni penetrarono d’impeto nella Città Nuova, come faranno in futuro i normanni con Balarm.
Polibio narra che poi
(la città) Vecchia, d’altra parte, dopo che fu accaduto ciò, si trovò in pericolo. Perciò rapidamente gli abitanti la consegnarono
Ma Asdrubale non demordeva: nel 251 a.C., marciò verso Palermo con un gran numero di uomini e con 140 elefanti sicuro di poter riconquistare la città. Lucio Cecilio Metello, console romano, consapevole di essere in inferiorità numerica, decise di rimanere all’interno delle mura della città evitando uno scontro che sarebbe stato fatale contro degli animali così possenti. L’esercito cartaginese cominciò a distruggere raccolti e attrezzature per spingere l’esercito romano ad una sortita, ma il console romano attese che il suo avversario oltrepassasse il fiume.
Metello schierò la sua fanteria leggera all’esterno delle mura e nel fossato, ordinando di lanciare frecce contro gli elefanti dei Cartaginesi, con alcuni operai della città che rifornivano di nuove frecce i combattenti. L’esercito cartaginese attaccò, sfondando facilmente la linea difensiva creata dagli arcieri e dalla fanteria leggera, respingendoli dentro i fossati, mentre gli elefanti da guerra dei cartaginesi piombavano sui Romani. Gli arcieri romani ricoprirono di frecce gli elefanti e i fanti cartaginesi, riparandosi nei fossati, e con le lance infierivano gravi ferite sugli animali, i quali in preda alla paura
indietreggiavano schiacciando gli stessi Cartaginesi. Metello approfittò della confusione creata dagli elefanti per far uscire dalle mura della città il proprio esercito lanciandosi sul fianco dei cartaginesi. La sconfitta dei Cartaginesi fu schiacciante e le perdite umane si aggirarono intorno alle 20mila unità.
Dopo un nuovo tentativo cartaginese nel 247 a.C. Zyz divenne la Panormos romana: della città punica sono rimasti alcuni tratti delle mura, per esempio a via Schioppettieri e via Maqueda e la necropoli, la più grande esistente di quella civiltà
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Necropoli che si trova nella parte occidentale della città e la parte visitabile è ubicata sotto la caserma Tukory, tra piazza Indipendenza, corso Pisani, via Cuba, via Pindemonte e via Danisinni e che si è cominciata a scavare dal 1746, anno delle prime scoperte avvenute in occasione della costruzione dell’ Albergo dei poveri e la cui esplorazione è continuata sino ad oggi.
Allo stato attuale, sono stata ritrovate circa 700 tombe, ricchi corredi composti da vasellame, di produzione locale o d’importazione greca ed etrusca, monili d’argento e di bronzo, amuleti, armi e grossi orci contenenti viveri e bevande.
In particolare, l’analisi statistica delle tombe, ha dato un’idea abbastanza chiara dell’evoluzione demografica della città
Zyz è probabile avesse sui 70.000 abitanti;
Nel periodo romano, vi è un progressivo spopolamento di Panormos, sino ad arrivare ai 30.000 abitanti del III d.C. ;
Nel periodo bizantino, dato l’abbandono della necropoli, tale fenomeno deve essersi ulteriormente accentuato, tenendo anche conto del mutamento delle aree sepolcrali legate alla cristianizzazione. I recenti scavi archeologi hanno di fatto evidenziato una forte tendenza centrifuga, con lo spostamento dei cives dall’urbs ai fundi e alle massae agricole, secondo un modello di popolamento distribuito sul territorio ;
Sempre in relazione agli ultimi scavi si è evidenziato un riutilizzo della necropoli ai tempi di Balarm, a testimonianza del ripopolamento e della presenza di un ampio suburbio al di fuori delle mura.
Notti di Cinema a Piazza Vittorio: il programma di Agosto e Settembre 2017
July 31, 2017
Mille e una Notte
C’era una volta, tra Bukhara e Balkh, vi era una piccola città, chiamata Dar al Esquilin, dove vi era un antico bazar, le cui pareti cadevano a pezzi. Un giorno, dalla lontana Nishapur, giunse un pittore dal nome ignoto, che cominciò a decorare le sue pareti con scene dei racconti che Sherazad narrava al re di Tartaria Shahriyar, senza volere nulla di oro e di denaro, accontentandosi della benedizione dell’Altissimo.
Tutto il popolo di Dar al Esquilin ne fu felice, tranne un pittore locale, Ibn al Ivadot, famoso per scambiare i frutti della sua aerofagia per profonde e sagge riflessioni, dal cuore arido e affamato d’oro. Ibn al Ivadot cominciò a lamentarsi sul fatto che le pitture avessero rovinato l’intonaco originale del bazar, sporco e scrostato, e ciò avrebbe provocato l’ira degli Djinn che abitano nel profondo del deserto. Poi, si appellò ai dotti nel fiqh, dicendo come tali immagini offendessero il Profeta, che la pace sia con lui.
Ma il saggio Ibn al-Madini gli rispose dicendo come ciò che fosse stato gradito all’Umma, lo sarebbe stato anche all’Altissimo, consigliando poi di aggiungere, per rendere la pittura del Bazar una preghiera, la rappresentazione di un’orata e il ritratto del Califfo Al Khalifan, di cui il saggio stimava assai le poesie accompagnate dalla musica dell’ud e del qanun.
Ma Ibn al Ivadot, la cui anima era prigioniera di Shaitan, non si perse d’animo e si recò nel bazar, per accusare dinanzi all’Umma il muhtasib Muhammad al Perot. Lo chiamò così a giudizio nel giardino dei cinesi, così chiamato dalla presenza dei commercianti di seta provenienti da quelo lontano paese.
“Al Perot, tu hai commesso ciò che male allo sguardo dell’Altissimo, profanando le pareti del Bazar. Poi, chiami Arte queste figure contorte e deformi, che imitano quelle dipinte dal popolo di Rum ? Io ti potrei portare cento pittori, provenienti da Dar al Esquilin e dal suo contado, che potrebbero fare assai di meglio …”
“Al Ivadot, se vuoi mostrare la tua Arte, qui al Bazar non mancano muri. Poi, perchè se li dipingi tu o un tuo amico, ciò diventa lecito, mentre se lo fa uno straniero, si compie peccato ? Vattene, che la tua parola è figlia della tua invidia!”
Così Al Ivadot se ne andò con la coda tra le gambe: ma il male nascosto in lui non si arrese. Nella regione di Bukhara vi era un visir, Abd Al Ignorantin, che aveva perso il favore del Sultano perchè seguace della setta del Vecchio della Montagna. Al Ignorantin aveva provato a diventare Emiro di Bukhara, ma aveva perso la conta dei nasi, poichè, non sapendo leggere una mappa, si era convinto che Dar al Esquilin appartenesse all’Emirato di Samarcanda. Per cui, avendo ignorato la città, non aveva ottenuto i voti della sua Umma e questi erano stati determinanti per non renderlo Emiro.
Al Ivadot andò a trovare Abd Al Ignorantin nel suo palazzo e con voce suadente disse:
“Amico mio, se non sei diventato Emiro, è tutta colpa degli intrighi dei tuoi nemici Kharigiti: sappi che per convincere l’Umma a non votarti, hanno fatto dipingere il bazar, con storie che lodano i meriti dei tuoi rivali”.
Così Abd Al Ignorantin, preso dall’ira, scrisse al Sultano, per chiedere la cancellazione dei dipinti e la decapitazione del pittore e di Muhammad al Perot. Il Sultano però, dal cuore pieno di giustizia, decise di recarsi con suo diwan a Dar al Esquilin, per proclamare il diritto con fermezza.
Con tutto il suo seguito, si sedette su ricchi tappeti e mordibi cuscini, nel giardino dei cinesi: alla sua destra, vi era il muhtasib Muhammad al Perot, mentre alla sua sinistra, vi erano Al Ivadot e Al Ignorantin.
“Che la pace sia con voi, diletti figli… Dimmi, Al Perot, perché hai permesso che si realizzasse ciò che è male, davanti agli occhi dell’Altissimo ?”.
“O nobile Sultano, ciò che è bello, è anche buono. E la Pittura non è che una somma preghiera per immagini”.
“Ma tu, per far realizzare quest’opera, non hai chiesto il mio firman”,
“E’ stato un dono, proveniente dal cuore… Poi, chi mi ha accusa, fece la stessa cosa, ne la Discarica dei Poeti, decorandola con finti alberi e scene tratta dai versi di Imru l-Qays”.
“Purtroppo le ho viste, Al Perot, sono dipinti di straordinaria bruttezza”.
“Sultano, sono ignorante per giudicare delle cose d’Arte, posso dire solo cosa mi piace e cosa non mi piace… Però Al Ivadot ha preso del denaro, dall’elemosina destinata ai poveri, per realizzare il tutto e nessuno ne ha mai avuto un rendiconto”.
Il Sultano, pieno di sdegno, si girò verso Al Ivadot.
“E’ vero ciò che ho sentito ?”.
Al Ivadot provò a parlare, quando all’improvviso cadde a terra, come spinto da un Djinn e cominciò ad agitarsi in maniera scomposta, come una gallina decapitata e infine, cominciò a vomitare monete d’oro, finchè non giunse la misericordia di Azrael.
Il Sultano si chinò a terra, in direzione della Mecca.
“L’Altissimo ha espresso il suo giudizio”.
Ma Al Ignorantin, pieno d’ira e di sdegno, non si arrese.
“Al Ivadot, potrà essere stato un ladro, chi sono io per giudicarlo, ma rimane il fatto che tali sfregi al Bazar siano stati fatti senza permesso”.
Al Ignorantin non potè terminare il suo discorso, quando si presentò nel giardino dei cinesi Ibn al-Madini, con una cassa piena di fogli, coperti di hadith.
“O nobile sultano, non è così”.
“Dimmi o esperto dei nodi della giurisprudenza, ben più intricati di qualsiasi mio tappeto”.
“Secondo il saggio Omar, compagno del Profeta, che la pace sia con lui, il firman deve essere richiesto solo nel caso che le pareti siano tinteggiate, non arricchite con l’Arte. In più il nobile califfo Harun al-Rashid emise una fatwa che impidisce al mutilazione e la distruzione di ogni opera d’arte… Per cui la richiesta di Al Ignorantin deve essere cassata”.
Il Sultano si alzò e cominciò a parlare con voce stentorea.
“Il governo fondato sulla sola ragione è chiamato Legge del Sultano, il governo fondato sui principi che assicurano la felicità in questo mondo e nell’altro è detto Legge divina. Il Profeta ha predicato la Legge, ma solo l’autorità del Sultano può applicarne i principi. Senza un sovrano gli uomini non posso vivere in armonia e rischiano di perire insieme. Dio ha dato quest’autorità a una persona soltanto e questa persona, per perpetuare il buon ordine, esige l’obbedienza assoluta.
E io richiedo la vostra obbedienza al mio ordine: che nessuno osi toccare i dipinti del bazar. E tu Al Ignorantin sarai condannato a ripagare cento volte quanto rubato ai poveri dal tuo scherano”.
Così si alzò un vento impetuoso, proveniente da Iram dalle mille colonne e come racconta il saggio Ibn Khallikan
” Al Ignorantin venne afferrato in pieno giorno da un mostro invisibile e divorato orribilmente davanti ad un gran numero di persone pietrificate dal terrore”.
Per espiare tale prodigio, il sultano fece erigere nel giardino una moschea, in cui si prega l’Altissimo ancora oggi, chiamata Perotiyye, dal nome del saggio muhtasib che tanto amava l’arte, da affidarsi al pittore ignoto.
July 30, 2017
Inizio dei componimenti della grande gioia del cuore
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L’unica, l’amica, colei che non ha eguali
Quanto a bellezza tra tutte.
Guarda ! E’ come la stella che appare
all’inizio di una buona annata.
Splendente e perfetta, candida di carnagione.
Piacevole di sguardo quando occhieggia;
dolci sono le sue labbra quando parla
senza che ella abbia parole di troppo.
Lungo è il suo collo, candido il suo seno
di vero lapislazzuli sono i suoi capelli.
Le sue braccia sono ricolme d’oro,
le sue dita delicate come boccioli di loto.
Languidi ha i fianchi, intatta è l’intimità
la cui perfezione è prolungata dalle sue anche.
Nobile nell’incedere quand’avanza sulla terra,
afferra il muo cuore passando.
Quando si mostra rimangono i colli di tutti gli uomini
voltati ad ammirarla.
La felicità spetterò a colui che l’abbraccerà
perché sarà il primo tra gli amanti.
Guardo! Eccola che esce fuori
come quella famoso dea, l’Unica.
E’ una poesia presente nel papiro Chester Beatty I, conservato nell’omonima biblioteca di Dublino, che proviene da una tomba di Deir el-Medin, in cui di Amonnakht, figlio di Ipuy. Di certo Amonnakht avrà utilizzato il papiro per scriverci altre cose, magari conti di casa o le imprese della sua vita.
Ma il Tempo ha cancellato la sua scrittura, riportando alla luce quanto vi era stato scritto dal primo proprietario del papiro, lo scriba Qenherjopshef.
Così riusciamo ad avere uno sguardo sulla letteratura popolare dell’epoca: un inno a Ramesse V, Qenherjopshef doveva pure guadagnarsi la pagnotta, lisciando il pelo al faraone, la versione popolare del mito con la contesa di Horus e Seth, in cui l’egiziano medio satireggiava la principale causa delle sue tasse, e le poesie d’amore, il cui titolo è
Inizio dei componimenti della grande gioia del cuore
Dato che sul recto è scritto
Dolci versi trovati in un cofanetto
è assai probabile che Qenherjops si sia solo limitate a ricopiarle. Poesie che mostrano come il potere di Eros superi il Tempo e lo Spazio.
Merut, il male d’amore, è una malattia che ha come soluzione l’unione dei due amanti e per favorirla, la poesia egizia che lo celebra è vista come un incantesimo: per questo, come nel nostro Dolce Stile Nuovo, questa contiene citazioni di testi mitici e varie assonanze con testi e inni religiosi. Cosa che nel papiro Chester Beatty I, costruito in maniera analoga al Cantico dei Cantici, con delle strofe recitate dall’Uomo e dalla Donna, è portata a un estremo virtuosismo.
Se la prima stanza, descrive la bellezza dell’amata, così moderna, con addirittura i capelli colorati con un blu elettrico, le rimanenti esprimono come l’ Amore abbia la forza di sconvolgere la nostra vita.
Stanza seconda (Donna)
Con la sua voce
il mio amato turba il mio cuore
e fa che di me s’impadronisca la malattia.
Abita vicino alla casa di mia madre,
e tuttavia non so come andare versi di lui.
Potrebbe, per mia fortuna,
essere buona mia madre ?
Oh, andrò a vederla.
Ecco il mio cuore di si rifiuta
di pensare a lui,
anche quando arde d’amore.
Ecco, è un insensato,
ma io sono come lui.
Non conosce il mio desiderio d’abbracciarlo,
non sa che mi ha fatto andare da mia madre.
O amato,
forse ti sono destina dalla Dorata, dea delle donne !
Vieni a me,
che si veda la tua bella,
che siano felici padre e madre,
che tutti gli uomini di festeggino
o amato !
Stanza terza (Donna)
Spera il mio cuore
di contemplare la sua bellezza,
quando starò seduta
nella sua casa.
Là, incontrerò il mio amato
che passa a cavallo sulla strada,
con i suoi amici.
Non so come condurmi davanti a lui:
lo ignorerò, camminandogli accanto ?
Ecco, il fiume è come una strada,
non conosco la sede dei miei piedi.
Se molto ignorante, cuore mio.
Perchè vuoi camminare accanto al mio amato ?
Ecco, se passo davanti a lui,
gli dicono i miei sentimenti
Ecco, sono tua.
Ma lui si vanterebbe del mio nome
e mi darebbe alla casa
del primo di quelli
che sono al suo seguito.
Stanza quarta (Uomo)
Mi abbandona d’improvviso il mio cuore
Al pensiero del tuo amore.
Non consente che mi comporti come una persona:
E’ schizzato via da dove si trovava.
Mi impedisce di indossare la tunica
E non riesco più a vestire il mio scialle.
Non resiste l’ombretto sul mio occhio
E non riesco a profumarmi come dovrei
“Non rimanere qui. Raggiungilo!”
Mi dice ogni volta che lo penso.
Non farmi fare, o cuore mio, follie.
Perché ti comporti da folle?
Fermati e calmati. Il mio amato verrà da te.
Mio sguardo, resisti anche tu!
Non permettete che la gente dica di me
“E’ una donna perdutamente innamorata!”
Resta saldo ogni volta che pensi a lui,
O mio cuore, non mi abbandonare.
Stanza quinta (Uomo)
Adoro la Dorata,
lodo la sua maestà,
esalto la Signora del Cielo,
canto le lodi di Hathor,
inneggio alla dea sovrana.
Mi rivolgo a lei,
lei ascolta le mie preghiere
e mi invia la mia signora.
E’ venuta per vedermi:
mi è avvenuto qualcosa d grande.
Fui allegro,
fui in gioia,
mi sentii grande,
quando mi si disse: “Viene, eccola”.
Ecco, mentre lei avanzava,
s’inchinavano i giovani,
per la grandezza d’amore per lei.
Ho fatto un voto alla mia dea
Ella mi ha dato la mia amata,
dopo tre giorni che ho pregato in suo nome.
Il mio amore era lontana da me da quasi cinque giorni.
Stanza sesta (Donna)
Quando passai vicino a casa sua
trovai il portone spalancato:
il mio amato stava accanto a sua madre,
tutti i suoi fratelli e sorelle erano con lui.
Il cuore di tutte quelle che si fermavano sulla strada,
s’infiammavano d’amore per lui,
il giovane perfetto e senza uguali,
l’amato, dalle perfetto qualità.
Mentre passavo, mi guardò:
fui felice
col cuore contento, con grande gioia.
Ero sola per rallegrarmi,
o mio amato,
perchè ti avevo visto.
Ah, se sua madre conoscesse il mio cuore!
Se questo le venisse in mente !
O Dorata,
metti ciò nel suo cuore:
allora mi affretterò verso il mio amato,
lo bacerò davanti ai suoi,
non avrò vergogna della gente,
ma mi rallegrerò dei loro sguardi,
perché tu mi riconoscerai.
Farò una festa alla mia Dea,
batte il mio cuore sino a uscire,
perché mi faccia contemplare il mio amato
questa notte:
è così bello, quando passa !
Stanza settima (Uomo)
Sono sette giorni
che non ho visto l’amata.
E’ entrata in me la malattia,
sono diventato con le membra pesanti,
ho dimenticato lo stesso mio corpo.
Se i medici vengono da me,
non mi curano i loro rimedi.
I maghi non trovano espedienti,
non si scopre la mia malattica.
Il dire “Eccola”, mi rende la vita.
Il suo nome mi risolleva,
le andate e venute dei suoi messaggeri
fanno vivere il mio cuore.
L’amata è per me meglio delle medicine,
è per me meglio di un incantesimo magico.
La sua venuta è il mio amuleto:
quando la vedo, ritorno in salute.
Quando apre gli occhi,
diventa giovane il mio cuore,
quando parla,
divento forte
Quando l’abbraccio,
allontana da me la malattia.
Ed è lontana da me solo sette giorni
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