Alessio Brugnoli's Blog, page 186

August 12, 2017

Diario Palermitano – Terzo Giorno

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Terzo giorno del mio diario palermitano: Manu, nonostante qualche dolore pomeridiano e la sua protesta per non averla fatta dormire sulla sdraio nel terrazzo, lei dice che stava comoda, ma io continuo a pensare, che, data l’umidità della notte, sarebbe stato peggio, mi pare stare lievemente meglio… Ma meglio tacere e aspettare come andrà i prossimi giorni..


Intanto, con un poco di lentezza, comincio a entrare nella mia modalità palermitana: la mattina, con la spesa da Zangaloro, straordinaria carnezzeria, per usare il termine locale, dove oltre a involtini e ogni ben di Dio per noi carnivori, si trova anche un’ottima caponata


O il pomeriggio, a discutere l’etimologia di parole palermitane per distrarre Manu dal dolore: tema che mi affascina, perchè, chi mi conosce come scrittore, sa che mi sono sempre divertito nello sperimentare la contaminazione tra un italiano letterario e la miriade di dialetti della nostra Penisola, basti pensare al romanesco di Beppe…


Così salta fuori che la tela matapollo, citata da Camilleri ne La Mossa del cavallo, non è nulla più che la storpiatura, tramite lo spagnolo di madapolam, un tessuto prodotto in India. O che tinghitè, a bizzeffe per i non panormiti, non è che la deformazione del catalano à tingut tè.


E la sera, a prendere le pizze d’asporto all’Antica Birreria Forst: luogo folle, che farebbe andare fuori di testa tanti radical chic esquilini, convinti che la forma conti più che la sostanza, in cui ambienterò una scena del seguito di Navi Grigie, dato che il Rintocco, in cui era stata pensata all’origine, ha ormai chiuso.


L’Antica Birreria, nonostante il nome, il suo essere decentrata, è vicino allo stadio Renzo Barbera e l’ aspetto improbabile, solo un architetto d’interni vittima di un trip lisergico poteva pensare di coprire le pareti di piante tropicali di plastica, ha buone pizze, buone birre e cosa strana a dirsi, fa ottima cucina palermitana…


E così ho terminato la serata con uno sfincione di grano tumminia, prima di vegliare anche questa notte su Manu


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Published on August 12, 2017 14:05

August 11, 2017

Diario Palermitano- Secondo Giorno

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Secondo giorno del mio diario palermitano: Manu è appena caduta addormentata, come una bambina: può sembrare strano, ma per me è una splendida notizia, dopo due notti che ha trascorso insonni…


Oggi, poi, ha avuto qualche dolore di troppo al ginocchio: cerco di minimizzare le cose, ma sono preoccupato… Speriamo di che domani stia meglio…


In ogni caso, prima di tentare di dormire anche io, ammazzo il tempo raccontando di un personaggio che vorrei fare comparire nelle vicende palermitane di Andrea Conti: Raniero Alliata di Pietratagliata, nato nel 1886, figlio di Luigi Alliata, Principe del Sacro Romano Impero, dei Duchi di Pietratagliata (ramo cadetto dei principi di Villafranca) e di Bianca Notarbartolo di Villarosa.


Personaggio straordinario, entomologo di fama mondiale, capace di raccogliere la più grande collezione italiana di farfalle e insetti, ora al Museo Naturalistico Regionale di Palazzo D’Aumale di Terrasini, pittore, scultore, gran giocatore d’azzardo e mago.


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Leggenda vuole che, dopo una grossa perdita al tavolo verde, decise di chiudersi in eremitaggio nella sua villa di Pietragliata, per dedicarsi allo studio dell’esoterismo. Villa, situata a Serra di Falco, ora abbandonata nel degrado, ma che di certo, all’epoca del suo fulgore, era un perfetto sfondo per le ricerche di Raniero, essendo uno dei più meravigliosi esempi di stile neogotico siciliano, con la merlatura di coronamento, i doccioni zoomorfi e i bovindi ornati, le vetrate policrome, i raffinati arredi e lo splendido giardino inglese.


Con lui, oltre alla sua amante Helga, una ragazza norvegese che si vociferava possedesse poteri ipnotici e medianici, vi erano i suoi tanti allievi, tra cui un certo Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Sulle sue sedute spiritiche, sono nata tante storie: si racconta come una notte, riuscisse a registrare dei suoni, simili a un canto lamentoso. Esaminata accuratamente si capì essere un brano antico di musica greca.


Oppure come racconta Bent Parodi, una sera


Raniero era caduto in una trance profondissima. La stanza fu invasa da un forte odore di zolfo; nello stesso tempo, dalla bocca del principe uscì una voce cupa, affannata, che disse: Mortali, ascoltate, io sono il re dei mondi. Una voce al rallentatore, come quella di un robot. E al centro della stanza cominciò a delinearsi una figura orrenda, che soffiava e ghignava, una figura che cercava di prendere forma e non ci riusciva, e continuava a sbuffare e a ghignare. Io ero con un mio amico. Ci guardammo, terrorizzati. Poi uno di noi disse: Ammuninni. Fùiri è briogna, ma è sarbamentu di vita


E così tutti si diedero alla macchia


Ma di questo, Raniero poco si curava: ogni pomeriggio si affacciava da una finestra del castello, tenendo in mano un pendolo con un teschio, che aveva fra i denti una pergamena nera con su scritte parole magiche in lingua aramaica scritte in argento, faceva dondolare il suo talismano lanciava maledizioni verso la “conca d’oro”, dirette forse ai suoi parenti e ai rapaci costruttori del Sacco di Palermo, e poi si ritirava per ricominciare ad evocare spiriti e potenze delle tenebre.


Il tutto sino al 9 ottobre 1979, quando morì, solo,lui che si riteneva immortale nel suo immenso letto a baldacchino…


Ora, nel mio romanzo, dato che sempre citando Bent Parodi, Raniero


“Fu allevato da una severa bambinaia tedesca, che incise profondamente nella personalità del piccino. Raniero divenne così una composita figura: un po’ tedesco, un po’ siciliano ma col prevalente gusto del pangermanesimo. L’ammirazione verso la cultura tedesca, d’altronde, era di casa nel castello di via Serradifalco. Raniero già a 15 anni, incuriosito dalla vasta letteratura disponibile nella biblioteca del castello, aveva cominciato ad interessarsi di occultismo, sotto lo sguardo non dispiaciuto del padre, anche lui pratico di scienze e di occultismo, secondo la moda del tempo”


me lo immagino disquisire di magia e virtù prussiane con Andrea, sotto lo sguardo perplesso di Beppe… Oppure mi piacerebbe scrivere un racconto, in cui, come una sorta di novello Conte di Saint-Germain, in compagnia di Cagliostro, vaga la notte per le strade di Palermo, lamentandosi della decadenza del nostro presente


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Published on August 11, 2017 13:20

August 10, 2017

Arrivo a Palermo

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Oggi è uno di quei giorni in cui mi riconcilio con la natura umana: stamane io e mia moglie abbiamo preso l’aereo per scendere a Palermo e tutti, dal personale degli aeroporti alle hostess della Ryanair, si sono fatti in quattro.


Manu mi sembra fare passi da gigante, ma forse sono io che voglio essere ottimista… Comincia a prendere confidenza con le stampelle, la rotula pare non muoversi più e per non farla rimanere confinata in casa, la famiglia ha rimediato una sedia a rotelle, che sto imparando a spingere.


Insomma, le nostre vacanze palermitane non sono come speravo, però teniamo duro… Comunque, per celebrare il nostro arrivo, un brano del romanzo che sto scrivendo con cui non parteciperò al Premio Urania, in cui il mio protagonista incrocia nella pasticceria Regoli, un certo siciliano…


“Catanese, per la precisione.  Giovanni Percolla, per servirvi… Però, se possibile, potreste abbassare la voce. Non vorrei dare scandalo”.


Trattengo a stento un sorriso.


“Non vi preoccupate, qui siamo all’Esquilino…  Siamo abituati a tutto e di più…  Come mai vi siete spinti qui, sul Continente ?”.


Giovanni alza le spalle.


“Sapete, maestro, ho quarant’anni e fino ai trentasei non ho mai baciato una signorina, forse perché ho dovuto sopportare tre sorelle zitelle…  Però ho trascorso la mia adolescenza, nascosto con gli amici, a spiare nel buio di certe stradicciuole, l’aprirsi di certe porte compiacenti… Tutte le sere, a sognare l’universo misterioso e crudele delle fimmine”.


“Capisco bene”.


Il bignè conclude il suo viaggio nella bocca catanese. Un ultimo agitare di mascelle e il mio interlocutore si sforza a deglutire, prima di ricominciare con il suo cicaleggio.


“Poi, maestro, andai a Palermo”.


Aggrotto la fronte. Avrei ben altro da fare, che ascoltare i deliri sessuali di uno sconosciuto, ma sono un impiccione e spero, tra una chiacchiera e l’altra, sapere qualche dettaglio sulla vicenda per cui mi ha fatto rompere l’anima da Assuntina: che due persone, tra loro sconosciute, mi hanno chiesto la medesima cosa, ha acceso la mia fantasia. Oppure la sua pigrizia mi ha contagiato.


“A Palermo…  Mi sorprende, sapevo che vi era un certo ehm campanilismo, tra le due città siciliane”.


Giovanni accartoccia la carta velina, che, come una gonna dell’Ottocento imprigiona delizie impudiche e sensuali, e con la mano si spolvera dallo zucchero a velo.


“Campanilismo ? E’ dir poco… Sono antitetiche, incompatibili, come suli e notti. Ma sempre Sicilia sono, mica come la Buddacia di Messina…  Come vi raccontavo, maestro, andai a Palermo, a cercare fimmine, in un’estate…  Le conoscete, le nostre di estati ?”.


“Immagino che siano molto più calde di quelle capitoline”.


“Lo credete voi, sul Continente…  Le nostre estati sono lunghe, interminabili, senza tregua alcuna, che non sia quella di una buona granita o dell’anicella affogata nell’acqua. Estati in cui si perde la differenza tra giorno e notte, in cui sempre caldo fa, e si dimentica il rumore della pioggia, ma che non hanno la ferocia di quelle romane, così brevi e crudeli. La disgrazia grande, però, è quando soffia lo scirocco, vento di fuoco e di deserto.


E’ come quannu li pirati sbarcaru cu li facci d’infernu…  Non rimane che una desolazione, un inferno desolato, in cui solo i pazzi e gli sfortunati osano muoversi”.


Mi asciugo il sudore dalla fronte, per evitare mi cali sulla camicia nuova. Non ho abbastanza soldi per portarla a lavare.


“ Giovanni, non esagerate… A volte capita anche a Roma”.


“No, il vostro è un ventucolo, un accidente climatico; il nostro è una pestilenza che si infila serpeggiando nei vicoli e nelle ossa, corrodendo entrambi, come una malattia incurabile. In un giorno di questi, passeggiavo come un idiota a Piazza Marina”.


Per accentuare il senso del suo discorso, comincia a soffiare, stringendo le labbra. Così partorisce una parodia di fischio, che strappa sorrisi alle commesse.


“ Piazza Marina… Non mi è nuovo, come nome….  Putacaso,  è dove fu ucciso Joe Petrosino ?”.


Giovanni annuisce con vigore.


“Sì, sì proprio lì. Mi rinfrescavo lu visu nella fontana del Garaffo, persa tra fronde dei ficus, quando mi trovai davanti la fimmina. I capelli erano lunghi come la noia e neri come la Morte. Gli occhi brillavano come tizzoni e che minne aveva…  Profumavano di zagare.  Mi sorrise, facendomi segno di seguirla. Lo fici, perso nel suo ancheggiare, più dell’onda nel mare.


Superammo l’ombra dello Steri, per perderci nei vicoli della Kalsa. Gira che ti rigira, entrammo in un portone, salimmo delle scale ripide, che pareva di andare in pellegrinaggio all’Eremo di Santa Rosalia, per poi infilarci in una stanzucola piena di libroni, stampe dei giorni dei Borboni, che rappresentavano La Favorita e la Casina Cinese e vecchie mappe”.


Gli brillano gli occhi, come se fossero bagnati di lacrime. Io, per farlo ridere, imito il gesto di chi conta i soldi.


“Quanto volle, per fare l’amore ?”.


“Non lo facemmo…  Raccontammo storie, finché non cadde il vento. Corremmo fuori, sperando che Palermo fosse scomparsa nel Nulla. Invece era lì, lucida e splendente, con l’incanto di una leggenda. Così tornai a Catania, dove ho avuto il mio primo rapporto, rapido, insipido e confuso, con una donna qualsiasi e da quel momento, la mia vita si è riempita di cameriere d’albergo e di donne facili. “


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Published on August 10, 2017 13:30

August 9, 2017

Canto d’Amore


Come sempre, avrei potuto buttare giù due righe su Le Danze di Piazza Vittorio o impelagarmi in qualche polemica: invece, ieri sera, dopo essere tornati a casa, per il mio essere maldestro, mia moglie ha avuto un incidente domestico.



Risultato, Manu ha avuto una lussazione alla rotula; molti criticano la nostra sanità pubblica, ma devo ringraziare, per la loro disponibilità, il loro impegno e la loro professionalità



 


Molti mi criticano, perché non sono un marito perfetto, perch



Non so quanti altri possano dire altrettanto… Amore mio, rimettiti presto, non vedo l’ora di rivederti cantare così



 


Perché come scriveva Solinas


Il modo tuo d’amare

è lasciare che io t’ami.

Il sì con cui ti abbandoni

è il silenzio. I tuoi baci

sono offrirmi le labbra

perché io le baci.

Mai parole e abbracci

mi diranno che esistevi

e mi hai amato: mai.

Me lo dicono fogli bianchi,

mappe, telefoni, presagi;

tu, no.

E sto abbracciato a te

senza chiederti nulla, per timore

che non sia vero

che tu vivi e mi ami.

E sto abbracciato a te

senza guardare e senza toccarti.

Non debba mai scoprire

con domande, con carezze

quella solitudine immensa

d’amarti solo io.


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Published on August 09, 2017 12:32

August 8, 2017

Cambio di passo


Sono sincero: non mi aspettavo che la mia segnalazione sulla questione Invader, nata per invitare il Municipio e il Campidoglio a un’azione concreta di tutela e valorizzazione della street art dell’Esquilino, un cambio di passo rispetto alle tendenze iconoclaste di alcuni politici e cittadini, avesse così visibilità sui Media.


Dopo il bell’articolo su Repubblica, è anche finita sulla Prealpina: ora premesso che ha strappato un sorriso il paragone tra le due vicende, che non possono essere collegate tra loro, dato che quelle del nostro Rione risalgono al 2010, fa riflettere la differente reazione delle amministrazioni locali.


La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, sporgerà denuncia: a Roma, non gliene è fregato niente a nessuno. Anzi, sono pronto a metterci la mano sul fuoco: sono convinto che la portavoce Giusi Campanini, accampando ragioni di decoro urbano e di cavilli burocratici, ne avrebbe chiesto la distruzione.


Perchè, purtroppo, lo vedo anche su FB: quando uno dei tanti geni da tastiera commenta


Scusate. Spiegatemi. Qualcuno piazza mattonelle in giro creando qualcosa che dovremmo chiamare opera artistica? Perdonatemi ma se il nostro servizio Decoro Urbano non provvedesse a rimuovere ogni giorno miriadi di scritte e cosucce varie ci ritroveremmo nel paese dei balocchi.


Vuol dire che non solo che con conosce la street art e ci può stare, ma che non ha neppure voglia di rimettersi in discussione e documentarsi. Il problema a Roma, così, è che alcuni Cinque Stelle, per inseguire questo tipo di elettore, hanno deciso di mandare al diavolo qualsiasi progetto di riqualificazione culturale.


Penso alla triste vicenda del Centro Elsa Morante, che conosco bene, visto che partecipato a tante sue iniziative: naugurato nel 2011 e costato oltre cinque milioni, era il luogo di aggregazione nel popolare quartiere del Laurentino38-Fonte Ostiense. Poi dal 2014 oblio e aperture a singhiozzo del bellissimo spazio di due ettari: solo allora – finita l’assegnazione a Zètema – si è scoperta la mancanza di sanificazioni e permessi per gli spettacoli.


Situazione risolvibile con 40.000 euro di investimenti: da anni i cittadini, compresi gli elettori e i politici locali grillini, lottano per la sua riapertura: le loro richieste, però sono state bocciate dall’assemblea capitolina.


Ora lottare contro queste decisioni e questo approccio politico, fondato sull’ignoranza e l’odio del Bello, è doveroso e necessario, ma non basta: serve un approccio di lungo periodo, svuotando l’acqua torbida in cui navigano questi pesci marci.


Significa lottare ogni giorno affinché gli alfabeti funzionali escano dalle prigioni che si sono costruite da soli: per questo serve più Arte, più Musica, più Danza per le strade e negli spazi pubblici. Ciò che fanno le Danze di Piazza Vittorio, anche questo martedì, prima nei giardini, dalle 19.00 in poi e dopo, forse, davanti al Gatsby.


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Published on August 08, 2017 03:25

August 7, 2017

Il Museo degli Strumenti Musicali






















 


Mio nonno, nonostante avesse fatto sia lo specialista all’aeroporto di Bocca di Falco, sia lo sminatore nel Genio Militare, cosa richiedeva un coraggio e un sangue freddo straordinario, odiava parlare delle sue esperienze di guerra: per cui, guardava come fumo negli occhi sia il Museo Storico dei Granatieri di Sardegna, sia quello della Fanteria.


Tuttavia, dato che si vantava di essere stato da giovane un buon clarinettista, ma purtroppo non ho mai avuto il piacere di sentirlo suonare, per inculcarmi un poco di amore per la musica, mi portava sempre al Museo degli Strumenti musicali: diceva, infatti, che vi era un uso migliore per un’ex caserma.


Ahimè, come possono testimoniare mia moglie e gli amici de Le Danze di Piazza Vittorio, questi tentativi sono falliti: difficile trovare in giro qualcuno più stonato e meno compentente sul tema del sottoscritto.


Però, in fondo, l’amore per quel museo, figlio della compulsione collezionistica del tenore Evan Gorga, mi è sempre rimasto: così quando posso, corro a visitarlo. Ora, se grazie alle audioguide, posso finalmente togliermi lo sfizio di che suono avessero gli strumenti antichi che vi sono esposti, continuo a essere perplesso sui tempi di allestimento di metà delle sale.






 


Alla fine, poco importa. Mi consolo godendomi lo splendore barocco dell’Arpa Barberini, una gioia per gli occhi.


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Oppure sorrido pensando ai racconti che potrei dedicare a quel personaggio folle, degno amico di Athanasius Kircher e del Marchese di Palombara, che era Michele Todini, inventore della Galleria Armonica, un insieme di “macchine musicali” formate da vari strumenti che potevano essere azionati, contemporaneamente o in varie combinazioni, da congegni meccanici attraverso una sola tastiera. Era considerata una delle meraviglie della Roma del Seicento e si trovava in una sorta di wunderkammer allestita nella casa del maestro in via dell’Arco della Ciambella.


Dal suo libro Descrizione della Galleria armonica sappiamo che la “macchina maggiore” era costituita da ben sette strumenti (un clavicembalo, tre diversi tipi di spinette, un organo, un violino e una lira ad arco); di tutto ciò non rimante che parte una parte della cosiddetta Macchina di Polifemo e Galatea, di conservata al Metropolitan Museum di New York e il modello in terracotta conservato nel nostro museo


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O rimango affascinato da uno dei primi pianoforti, costruito dal loro inventore, Bartolomeo Cristofori


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Published on August 07, 2017 01:37

August 6, 2017

Non ci meritiamo nulla…

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Può sembrare strana l’affermazione che la resilienza dell’Esquilino è nonostante la stupidità di alcuni suoi abitanti: eppure, questo pomeriggio, ho avuto la riprova pratica di quanto detto. In questi giorni, il locale all’angolo tra via dello Statuto e via Leopardi, dove sino a poco tempo fa vi era un fast food orientale di mediocre qualità, è stato rilevato dai dei ragazzi, che stanno ristrutturando il tutto per renderlo una bar pasticceria, che spero di buon livello.


La notizia si è diffusa sui gruppi Facebook dedicati al Rione: tra i tanti apprezzamenti, parecchie critiche fini a se stesse.


Ne elenco le più peculiari


Oddio, troppi bar


che visto le condizioni del commercio nel Rione, mi pare un poco campata in aria


Faranno di certo caciara...


Un poco di musica, ovviamente non alle quattro di notte, come insegna l’esperienza del Gatsby, aiuta a rendere vivo il Rione e certo combatte il degrado…


Sò i malavitosi di anni fa


Se tutti ripetono che si tratta di ragazzi nuovi che hanno il coraggio, e ce ne vuole tanto, di investire in zona, evitate di fare dietrologia, anche perché si rischia la querela


Non è roba di qualità…


Premesso che a oggi si vede solo l’insegna, prima di giudicare, vediamo la fine dei lavori…


Insomma, a volta sospetto che avesse ragione mia nonna, quando diceva che a Piazza Vittorio non ci meritavamo nulla…


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Published on August 06, 2017 10:37

Porclaneta, dove scolpirono i novizi

Before Chartres


PorclanetaL’interno di Santa Maria in Val Porclaneta (foto da www.iloveabruzzo.net)



Un gioiello grezzo, perso da una mano stanca insieme a molte altre perle romaniche, e lasciato cadere dove capitò, su una balza: è la chiesa di Santa Maria in Val Porclaneta, forse la più conturbante e suggestiva tra le belle chiese romaniche d’Abruzzo.



Poco più che una struttura agreste, a vederla sul fronte; e solo esili colonnine a nobilitare un’abside che altrimenti non si noterebbe; poco più che un’aia il sagrato, da cui si accede. Poi però, all’interno, la magia è intensa; pietra e stucco bianco, tre brevi navate incerte, e un’aula che si apre in più sulla destra. Ma davanti al presbiterio l’iconostasi, tutta un volo d’ali, e l’ambone bianco, opera del pieno XII secolo, sono un gioco ulteriore di gradini e sculture, arcaiche rispetto ad altre, simili, nella stessa zona geografica, e per anche per questo molto, molto vere.


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Published on August 06, 2017 07:17

Radici antiche


 


In Ingegneria, la resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia di deformazione elastica: così, passo dopo passo, questo termine tecnico si è diffuso in altri ambiti.


E così nella psicologia e nella sociologia, è diventato sinonimo della capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici e imprevisti, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di rimanere umani, nonostante tutto e tutti.


L’Esquilino, così, è forse il luogo simbolo della resilienza, perché, nonostante il suo essere zona di frontiera dinanzi a cambiamenti epocali, il disinteresse della politica e la stupidità rumorosa di alcuni suoi abitanti, riesce a mutare pelle, mantenendo la sua identità peculiare.



 


Questo perché ha la capacità di mantenere intatta la sua memoria, i piccoli simboli e miti che danno significato al proprio quotidiano e permettono di dialogare con il diverso, non visto come un pericolo, ma come un’opportunità per arricchire il proprio spirito.


Perché come dice bene il motto di un evento straordinario, che il festival Paleariza nella Grecanica Calabrese


Il futuro migliore è costruito su antiche radici


E queste radici profonde, rendono il Rione qualcosa di diverso da un vuoto palcoscenico teatrale per turismo, come sognerebbero alcuni politici o chi vorrebbe gentrificare tutto: ma una realtà caotica, piena di difetti, ma viva, costruita sui sogni e le speranze di tutti coloro, dal romano di sette generazioni al profugo appena arrivato a Piazza Vittorio, che la vivono.



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Published on August 06, 2017 05:04

L’Esquilino e l’Ordinanza antialcol

Esquilino's Weblog


Questo il filmato della Sindaca Raggi che parla dell’Ordinanza antialcol





Questa è l’Ordinanza in cui sono ben specificate le vie che delimitano l’area soggetta al divieto di somministrazione e consumo di bevande alcoliche (Esquilino pag. 4)





Questo è il link del sito istituzionale del Comune di Roma che sintetizza il contenuto dell’Ordinanza



Questo è il cartello che dovrebbe essere affisso da ogni esercizio di somministrazione



E questo è ciò che vediamo specialmente nei giorni del week end: bottiglie vuote di birra, vino e liquori sparse un pò dovunque segno di abbondanti libagioni notturne senza alcun controllo.


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Published on August 06, 2017 00:35

Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
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