Francesca Matteoni's Blog, page 13
April 30, 2017
Primavera caotica: articoli, libri e nuove avventure
Aprile è stato un mese intenso e oggi nel suo ultimo giorno provo a fare un riassunto di ciò che è emerso.
Intanto ho scritto questo articolo sul film documentario Lunàdigas di Nicoletta Nesler e Marilisa Piga che affronta il tema delle donne senza figli. Leggetene tutte e tutti! E andate a vedervi il film.
Poi: Silvia Costantino ha curato il libro Di tutti i mondi possibili (Effequ) che raccoglie nove saggi nati dal secondo Sublime Simposio del Potere, iniziativa fiorentina per amanti del fantastico in ogni sua manifestazione letteraria. Io, naturalmente, scrivo di folletti.
Si è inoltre concluso il laboratorio Il Viaggio dell'Eroe e in attesa dell'incontro pubblico del 6 maggio, Marta Meli, che ha partecipato all'ultimo appuntamento, scrive questo bell'articolo su ReportPistoia.
Buon Primo Maggio a tutti!
Intanto ho scritto questo articolo sul film documentario Lunàdigas di Nicoletta Nesler e Marilisa Piga che affronta il tema delle donne senza figli. Leggetene tutte e tutti! E andate a vedervi il film.
Poi: Silvia Costantino ha curato il libro Di tutti i mondi possibili (Effequ) che raccoglie nove saggi nati dal secondo Sublime Simposio del Potere, iniziativa fiorentina per amanti del fantastico in ogni sua manifestazione letteraria. Io, naturalmente, scrivo di folletti.

Si è inoltre concluso il laboratorio Il Viaggio dell'Eroe e in attesa dell'incontro pubblico del 6 maggio, Marta Meli, che ha partecipato all'ultimo appuntamento, scrive questo bell'articolo su ReportPistoia.
Buon Primo Maggio a tutti!
Published on April 30, 2017 15:06
April 10, 2017
Alice Capovolta - restituzione pubblica
Published on April 10, 2017 08:53
April 5, 2017
Intervista su Il Viaggio dell'Eroe e altro!
La primavera porta novità e fermento! Ecco un po' di cose belle in giro in cui sono coinvolta.Si comincia con un'intervista che Federico Di Vita mi ha fatto riguardo l'esperienza de Il Viaggio dell'Eroe nella Valle delle Due Buri, QUI:
http://www.intoscana.it/site/it/arte-e-cultura/articolo/Pistoia-sulle-tracce-dellEroe-il-laboratorio-poetico-per-i-piu-fragili/
Domani, giovedì 6 aprile, inizia la quarta edizione di Leggere la Città , il cui tema è quest'anno Cultura e Comunità. Niente di meglio per me: venerdì 7 aprile, alle 18.30 nelle Sale Affrescate del Comune, modero l'incontro con la storica Antonella Tarpino, con cui parleremo di paesaggio fragile e piccoli borghi.
Nella giornata conclusiva della manifestazione, domenica 9 aprile, alle ore 10.30 tutti alla Fortezza Santa Barbara per Poesia è Fortezza, passeggiata poetica a cura di SassiScritti, in cui si potranno incontrare i poeti Fabiano Alborghetti, Maria Grazia Calandrone, Fabio Franzin, Emilio Rentocchini, i giovani musicisti della Scuola di Musica Mabellini e le opere visive dell’Atelier di Pittura del Centro Diurno Desii 3 e il percorso olfattivo di Cecilia Lattari.
Intanto condivido alcune delle foto che Eleonora Chiti e Jacopo Ferri hanno scattato durante i primi appuntamenti per Il Viaggio dell'Eroe.
J.F.
J.F.
J.F.
E.C.
E.C.
E.C.
http://www.intoscana.it/site/it/arte-e-cultura/articolo/Pistoia-sulle-tracce-dellEroe-il-laboratorio-poetico-per-i-piu-fragili/
Domani, giovedì 6 aprile, inizia la quarta edizione di Leggere la Città , il cui tema è quest'anno Cultura e Comunità. Niente di meglio per me: venerdì 7 aprile, alle 18.30 nelle Sale Affrescate del Comune, modero l'incontro con la storica Antonella Tarpino, con cui parleremo di paesaggio fragile e piccoli borghi.
Nella giornata conclusiva della manifestazione, domenica 9 aprile, alle ore 10.30 tutti alla Fortezza Santa Barbara per Poesia è Fortezza, passeggiata poetica a cura di SassiScritti, in cui si potranno incontrare i poeti Fabiano Alborghetti, Maria Grazia Calandrone, Fabio Franzin, Emilio Rentocchini, i giovani musicisti della Scuola di Musica Mabellini e le opere visive dell’Atelier di Pittura del Centro Diurno Desii 3 e il percorso olfattivo di Cecilia Lattari.
Intanto condivido alcune delle foto che Eleonora Chiti e Jacopo Ferri hanno scattato durante i primi appuntamenti per Il Viaggio dell'Eroe.






Published on April 05, 2017 03:36
March 18, 2017
Wendell Berry, la comunità, la nostra terra
Esce oggi su Nazione Indiana un mio pezzo piuttosto lungo sui libri e il lavoro dello scrittore americano Wendell Berry. C'è anche un pezzo del mio Appennino, qui dentro!
https://www.nazioneindiana.com/2017/03/18/leggere-wendell-berry/
https://www.nazioneindiana.com/2017/03/18/leggere-wendell-berry/
Published on March 18, 2017 06:12
February 23, 2017
Il Viaggio dell'Eroe
Published on February 23, 2017 06:42
January 31, 2017
Le ferite splendenti
Maria Gaia Belli scrive e mi intervista su Tutti gli altri, su Tropismi.Un'intervista molto ricca che mi ha fatto macinare un bel po' di pensiero, cosa che fa sempre bene, come fa bene tornare su quanto si è scritto e detto, rielaborandolo a distanza.
Per i cuoriosi, si può leggere tutto qui: http://www.tropismi.it/intervista-francesca-matteoni/
Per i cuoriosi, si può leggere tutto qui: http://www.tropismi.it/intervista-francesca-matteoni/
Published on January 31, 2017 02:14
January 2, 2017
Fine e Inizio per Boschi e Mondi Interiori

Il 2016 è terminato per me con una breve passeggiata al Bozzo di Bengasi, che si trova a meno di 15 minuti da casa mia, lungo il torrente Bure. Ci vado quando voglio pensare, è divenuto uno dei luoghi speciali, anche se non è distante e isolato con l'abetaia del Prataccio a Torri, altro bosco elettivo. C'era un bel sole: mi ero portata dietro del té chai nel mio thermos decorato con rami e volpi e a fare compagnia ai miei pensieri c'era una grossa trota salmonata, che se ne nuotava tranquilla vicino ai miei piedi.Questo è senz'altro il modo migliore di trascorrere una mattinata: leggere, scrivere, osservare dentro il bosco e nella vita sott'acqua, come in uno specchio rovesciato.

Oltre a scambiare qualche parola muta con la trota, ho preso un po' di appunti sui tarocchi e inaugurato l'agenda a loro dedicata per il 2017, che si apre subito con due iniziative, completamente gratuite e adatte a chiunque. Sabato 7 gennaio sarò alla Biblioteca di Badi dalle 15.30 alle 18.00 per il primo appuntamento di LANTERNE MAGICHE , il mio laboratorio classico di tarocchi intuitivi. Qui sotto metto tutto il calendario: sono in ottima compagnia, con amiche di lunga data che offriranno altri bellissimi laboratori.

Domenica 8 gennaio, invece, sarò al Circolo Arci Le Fornaci con Cecilia Lattari, con cui da un anno conduco eventi e laboratori su tarocchi intuitivi, erbe e piante e scrittura. Insieme condurremo l'incontro-conferenza, Dal Matto al Mondo , che abbiamo già realizzato presso l'Ecomuseo di Gavinana lo scorso novembre. Iniziamo alle 18.00 e dopo sarà possibile restare a cena con un menù a prezzo fisso per i partecipanti. Porteremo come sempre vari mazzi da consultare e presenteremo anche il nostro nuovo corso: Sogni e Ombre che comincerà mercoledì 18 gennaio, presso la Libreria Les Bouquinistes.
Di questa nuova avventura, articolata in 10 incontri autoconclusivi (è possibile partecipare anche a un solo incontro), stiamo scrivendo sul blog di Cecilia.
A questo link , Cecilia introduce il lavoro Ombra con i tarocchi, mentre qui io scrivo della Luna e della sua magia. E a proposito: secondo la tradizione amerinda, la Luna di Gennaio è dedicata al Lupo, un animale meraviglioso, ingiustamente perseguitato per secoli, che sta tornando sul nostro Appennino Toscano. Buoni boschi selvaggi a tutti!

Published on January 02, 2017 09:15
December 23, 2016
Acquabuia recensito su Semicerchio
di Riccardo Donati
Apparsa sul Numero LIV della rivista Semicerchio.
«Forse», scrive Francesca Matteoni nel testo in prosa Due sguardi su Alice, «tutto il vivere adulto è questo dormire ed il sogno che sta al centro, terribile e popolato di mostri buffi, non è che l'aver conosciuto l'infanzia, un giorno». L'opera della poetessa pistoiese, voce sempre più riconoscibile e apprezzata nel panorama della poesia contemporanea, è fortemente intrisa di suggestioni provenienti dalle dimensioni del mito e della fiaba e saturata con fantasie che restituiscono un mondo sensuale, terragno e insieme fantastico, perché onirico e fortemente teatralizzato, non senza una venatura di puerile crudeltà. Lo dimostrano anche gli ultimi lavori da lei pubblicati, ovvero l’intenso volume di prose Tutti gli altri (Tunué, 2014), una delle prove narrative più ispirate e sincere degli ultimi anni, e le due raccolte poetiche Nel sonno (Zona, 2014) e appunto Acquabuia: tre volumi strettamente legati l’uno all’altro sia sul piano tematico che stilistico, e che richiederebbero, per essere ben intesi, una lettura integrata. Nei testi poetici di Acquabuia in particolare emerge un mondo visto ad altezza di bambino dove la natura, reale o fantastica, occupa un ruolo preponderante: il vagare randagio per la montagna, avventurandosi liberamente tra boschi, sentieri, fossi, forre e rocce tanto seducenti quanto pieni di insidie, diventa occasione per incontri più o meno inquietanti con bestie, defunti, spiriti, creature mitiche di ascendenza panica, «genti di pelle e nuvolaglie» con «le code spenzolanti» che sono insieme promessa di rocambolesche peripezie e monito circa l’inadeguatezza della nostra specie, fatalmente estranea, goffa e impreparata rispetto alla realtà della vita sul pianeta che abitiamo. Spicca tra questi la figura del ragazzo-volpe, sorta di daimôn che funge da tramite tra il mondo degli uomini e quello della natura e che per molti versi richiama il devenir-animal di cui parlano Deleuze e Guattari in Mille Plateux, ossia il cessare di essere soggetti per diventare avvenimenti, il cessare di essere sé per diventare altro, il lasciarsi insomma diventare l’animale che si è, o almeno si è stati (scrivere come un gatto, come una libellula... addirittura, scrivere come un fiore). Non a caso la bestia/bambino è una presenza assidua nella poesia di Matteoni, e i versi che seguono ci riportano ancora a Deleuze e all’idea, enunciata nell’Abécédaire, che i bambini non hanno con l’animale un rapporto umano, bensì una relazione animale: «Vorrei avere pelliccia, l’olfatto / umido dei cani e invece ho mani / ho questi verbi che colano/ dal morso come un male, si storcono/ sui codici, la mappa della specie». O altrove: «I bambini vanno in guerra / per le stelle occidentali. / Affilano sugli alberi i coltelli. / Si vestono di gatto e toporagno / si muta la peluria nel piumaggio / si tatuano con gli aghi sulle spalle». Ma in gioco non ci sono solo le creature viventi: c’è infatti, nella poesia di Matteoni, anche un divenir-sasso, un divenir-materia, la possibilità e in certa misura la certezza di doversi impastare di finitudine materica: «Per fare parte lenta, legnosa al mondo/ devi marcirti al fondo»; «Hai rifiatato tutto il corpo in vetro»; «io tutto, tutto prendo e spingo in basso / che mi s’impietri/ in me poi rifluisca / e faccia pace con le terre umane». Esemplare in tal senso un testo come /bambino-albero/, dove la metamorfosi o fusione di umano e vegetale rinvia non tanto al mito greco, magari via Ovidio, quanto all’idea di una vita pre-umana perfettamente integrata con i cicli della natura, dove appunto l’inadeguatezza della specie si stemperi nell’adesione panica al cuore della creaturalità. Buona parte dell’opera di Matteoni si lega dunque al tema della lotta all’oblio, cioè alla necessità di far perdurare l’infanzia non in quanto spazio di evasione ma come unico luogo in cui sia possibile esperire la piena compresenza di sé e del mondo: in una parola, in quanto realtà capace di sottrarsi all’inautenticità di un sentire identitario basato sulla separazione, l’esclusione, il distacco dal resto del vivente. Se è vero che «dimenticare è vivere, il più delle volte», e che l’infanzia è un «nugolo» «tutto concentrato / nella distanza atrofica degli anni», la parola poetica è un «nutrimento», un amuleto o medaglione (parole ricorrenti nella raccolta) che preserva il nucleo più autentico delle esperienze infantili. Esemplare in tal senso il ruolo che i media hanno nella poesia di Matteoni: nel caso della raccolta Nel sonno, il riferimento era a un capolavoro del cinema ‘per ragazzi’ come l’Alice di Jan Švankmajer, qui è a uno degli eventi televisivi più traumatici degli anni Ottanta, la diretta da Fiumicino che mostrò agli italiani il fallimentare tentativo di soccorrere Alfredino Rampi, il bambino precipitato in un pozzo artesiano una sera del giugno 1981. Il testo a lui dedicato, che apre la raccolta, condensa molti degli elementi che abbiamo sopra indicato: «Sono il bambino-ghiaccio, il bimbo / [immobile / roccioso, il singhiozzo», scrive Matteoni: nel «fascio acceso della televisione», il poeta-bambino, coetaneo di Alfredino, si identifica con quella creatura sprofondata nelle viscere della terra e destinata a non crescere mai: non già nel senso liberatorio di un Peter Pan, bensì nel senso drammatico di una vittima sacrificale divorata dalla natura, ma anche destinata ad assumere i caratteri di una sorta di spirito protettivo. Quanto allo stile, Acquabuia rappresenta senz’altro un’opera della maturità di Matteoni. Giustamente nella quarta di copertina Maria Grazia Calandrone sottolinea l’intensa ritmicità di molti di questi testi, che «suonano come filastrocche nere, declinazioni originali di folklori nordici», sebbene poi non manchino metri più vicini alla tradizione italiana, a partire dagli endecasillabi che introducono movenze e persino immagini di sapore petrarchesco. Una duplicità che si riflette del resto anche sul piano paesaggistico, se all’insistenza su alcuni scenari più cupi, quasi gotici, fa da contraltare l’irrompere di dolci, aprichi scorci dell’appennino tosco-emiliano: «Andiamo ogni mattina nella selva»; «l’erba che si fa limpida e tagliente»; «Acqua che muove al vento ogni pensiero».
Apparsa sul Numero LIV della rivista Semicerchio.
«Forse», scrive Francesca Matteoni nel testo in prosa Due sguardi su Alice, «tutto il vivere adulto è questo dormire ed il sogno che sta al centro, terribile e popolato di mostri buffi, non è che l'aver conosciuto l'infanzia, un giorno». L'opera della poetessa pistoiese, voce sempre più riconoscibile e apprezzata nel panorama della poesia contemporanea, è fortemente intrisa di suggestioni provenienti dalle dimensioni del mito e della fiaba e saturata con fantasie che restituiscono un mondo sensuale, terragno e insieme fantastico, perché onirico e fortemente teatralizzato, non senza una venatura di puerile crudeltà. Lo dimostrano anche gli ultimi lavori da lei pubblicati, ovvero l’intenso volume di prose Tutti gli altri (Tunué, 2014), una delle prove narrative più ispirate e sincere degli ultimi anni, e le due raccolte poetiche Nel sonno (Zona, 2014) e appunto Acquabuia: tre volumi strettamente legati l’uno all’altro sia sul piano tematico che stilistico, e che richiederebbero, per essere ben intesi, una lettura integrata. Nei testi poetici di Acquabuia in particolare emerge un mondo visto ad altezza di bambino dove la natura, reale o fantastica, occupa un ruolo preponderante: il vagare randagio per la montagna, avventurandosi liberamente tra boschi, sentieri, fossi, forre e rocce tanto seducenti quanto pieni di insidie, diventa occasione per incontri più o meno inquietanti con bestie, defunti, spiriti, creature mitiche di ascendenza panica, «genti di pelle e nuvolaglie» con «le code spenzolanti» che sono insieme promessa di rocambolesche peripezie e monito circa l’inadeguatezza della nostra specie, fatalmente estranea, goffa e impreparata rispetto alla realtà della vita sul pianeta che abitiamo. Spicca tra questi la figura del ragazzo-volpe, sorta di daimôn che funge da tramite tra il mondo degli uomini e quello della natura e che per molti versi richiama il devenir-animal di cui parlano Deleuze e Guattari in Mille Plateux, ossia il cessare di essere soggetti per diventare avvenimenti, il cessare di essere sé per diventare altro, il lasciarsi insomma diventare l’animale che si è, o almeno si è stati (scrivere come un gatto, come una libellula... addirittura, scrivere come un fiore). Non a caso la bestia/bambino è una presenza assidua nella poesia di Matteoni, e i versi che seguono ci riportano ancora a Deleuze e all’idea, enunciata nell’Abécédaire, che i bambini non hanno con l’animale un rapporto umano, bensì una relazione animale: «Vorrei avere pelliccia, l’olfatto / umido dei cani e invece ho mani / ho questi verbi che colano/ dal morso come un male, si storcono/ sui codici, la mappa della specie». O altrove: «I bambini vanno in guerra / per le stelle occidentali. / Affilano sugli alberi i coltelli. / Si vestono di gatto e toporagno / si muta la peluria nel piumaggio / si tatuano con gli aghi sulle spalle». Ma in gioco non ci sono solo le creature viventi: c’è infatti, nella poesia di Matteoni, anche un divenir-sasso, un divenir-materia, la possibilità e in certa misura la certezza di doversi impastare di finitudine materica: «Per fare parte lenta, legnosa al mondo/ devi marcirti al fondo»; «Hai rifiatato tutto il corpo in vetro»; «io tutto, tutto prendo e spingo in basso / che mi s’impietri/ in me poi rifluisca / e faccia pace con le terre umane». Esemplare in tal senso un testo come /bambino-albero/, dove la metamorfosi o fusione di umano e vegetale rinvia non tanto al mito greco, magari via Ovidio, quanto all’idea di una vita pre-umana perfettamente integrata con i cicli della natura, dove appunto l’inadeguatezza della specie si stemperi nell’adesione panica al cuore della creaturalità. Buona parte dell’opera di Matteoni si lega dunque al tema della lotta all’oblio, cioè alla necessità di far perdurare l’infanzia non in quanto spazio di evasione ma come unico luogo in cui sia possibile esperire la piena compresenza di sé e del mondo: in una parola, in quanto realtà capace di sottrarsi all’inautenticità di un sentire identitario basato sulla separazione, l’esclusione, il distacco dal resto del vivente. Se è vero che «dimenticare è vivere, il più delle volte», e che l’infanzia è un «nugolo» «tutto concentrato / nella distanza atrofica degli anni», la parola poetica è un «nutrimento», un amuleto o medaglione (parole ricorrenti nella raccolta) che preserva il nucleo più autentico delle esperienze infantili. Esemplare in tal senso il ruolo che i media hanno nella poesia di Matteoni: nel caso della raccolta Nel sonno, il riferimento era a un capolavoro del cinema ‘per ragazzi’ come l’Alice di Jan Švankmajer, qui è a uno degli eventi televisivi più traumatici degli anni Ottanta, la diretta da Fiumicino che mostrò agli italiani il fallimentare tentativo di soccorrere Alfredino Rampi, il bambino precipitato in un pozzo artesiano una sera del giugno 1981. Il testo a lui dedicato, che apre la raccolta, condensa molti degli elementi che abbiamo sopra indicato: «Sono il bambino-ghiaccio, il bimbo / [immobile / roccioso, il singhiozzo», scrive Matteoni: nel «fascio acceso della televisione», il poeta-bambino, coetaneo di Alfredino, si identifica con quella creatura sprofondata nelle viscere della terra e destinata a non crescere mai: non già nel senso liberatorio di un Peter Pan, bensì nel senso drammatico di una vittima sacrificale divorata dalla natura, ma anche destinata ad assumere i caratteri di una sorta di spirito protettivo. Quanto allo stile, Acquabuia rappresenta senz’altro un’opera della maturità di Matteoni. Giustamente nella quarta di copertina Maria Grazia Calandrone sottolinea l’intensa ritmicità di molti di questi testi, che «suonano come filastrocche nere, declinazioni originali di folklori nordici», sebbene poi non manchino metri più vicini alla tradizione italiana, a partire dagli endecasillabi che introducono movenze e persino immagini di sapore petrarchesco. Una duplicità che si riflette del resto anche sul piano paesaggistico, se all’insistenza su alcuni scenari più cupi, quasi gotici, fa da contraltare l’irrompere di dolci, aprichi scorci dell’appennino tosco-emiliano: «Andiamo ogni mattina nella selva»; «l’erba che si fa limpida e tagliente»; «Acqua che muove al vento ogni pensiero».
Published on December 23, 2016 01:31
December 16, 2016
Il Mercato delle Fate
Oggi giochiamo al mercato.Inventiamo, cuciniamo, disegniamo nell’inverno tutto illuminatodecoriamo, incartiamo e poi vendiamo!È il giorno tanto atteso della festa.Un suono di nevischio e campanelliporta dentro la gente la foresta.Rumore sognato, rumore appena uditorumore che è sempre vicinoe ogni vecchio lo sa, se lo ascolta,di essere ancora bambino.Venite che è l’ora specialel’ora vagante per cui curiosare –c’è un gioiello di muschio e di lanauna stella di pietra, una collanauna lisca stregata di linouna chiave, un baule e una mappail fiabesco acciarino di un magoche trasforma le briciole in zuppa.Guardate, comprate, non andate viaè fatta a mano la fantasia –una torta farcita, una tazza di tèuna roba che non so che cos’èma sarebbe perfetta a casa mia.

Published on December 16, 2016 02:55
December 13, 2016
Neve

Dentro la neve si fa strano il mondo
chiaro, come in attesa di qualcosa
dentro la neve si ripara il tempo
cade l'infanzia a fiocchi, silenziosa.
Published on December 13, 2016 07:48