Costanza Miriano's Blog, page 41

February 16, 2020

Matzneff, il peccato non estinto

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di Costanza Miriano


Trovo davvero allucinante e totalmente inaccettabile il dottissimo pezzo con cui sul Foglio del fine settimana Giuliano Ferrara difende ancora una volta il suo amico Gabriel Matzneff dall’accusa di pedofilia, e ripercorre le radici culturali della condanna di quel tipo di condotta. Non mi interessano le radici culturali, conosco la delicatezza e la debolezza di un piccolo uomo e di una piccola donna che si affacciano alla vita, affermo con certezza che sono e devono restare inviolabili, e il sangue mi ribolle nelle vene, a leggere certi distinguo.



Certo, non sono colta né intelligente come Ferrara, e posso anche concedergli l’attenuante dell’amicizia e della lealtà verso un amico, ma quanto ha scritto non è accettabile.


I fatti: è uscito un libro di una brillante intellettuale parigina, Vanessa Springora, che racconta la sofferenza procuratale dal rapporto con Gabriel Matzneff, pluridecorato e osannato autore francese di origine russa, che non ha mai fatto mistero della sua attrazione per i bambini e i ragazzini, sia maschi che femmine. Il libro racconta della relazione dell’autrice avuta negli anni ’80 quando lei aveva 14 anni e lui 50.


L’argomento di Ferrara è: Matzneff ha aggredito Vanessa, le ha usato violenza, “ha violato la sua integrità personale imponendole sofferenza e morte psichica, l’ha ricattata promuovendo o ostacolando la sua carriera letteraria e editoriale? La risposta è no”.


Adesso, chiunque ha una figlia di 14 anni, chiunque è un adulto che conosce i ragazzi, mi dica se questa possa essere una domanda ammissibile, se questa possa essere una risposta accettabile, se questo possa essere un argomento. Il fatto che la ragazzina non sia stata costretta con la violenza a subire un rapporto, all’inizio anale e poi tutto il resto, non solo non può far diminuire di un solo milligrammo la gravità della cosa, ma anzi è una aggravante pesantissima. Lo sa bene anche la vittima, che infatti con onestà intellettuale intitola il suo libro “Il consenso”. E si chiede “E in effetti come si può ammettere di essere stati abusati, quando non si può negare di essere stati consenzienti? Quando, nella fattispecie, si è sentito del desiderio per quell’adulto che s’è affrettato ad approfittarne? Anch’io mi sarei dibattuta per anni con la categoria di vittima, incapace di riconoscermi tale”.


E’ proprio questo il punto che rende gravissima e ancora più imperdonabile la condotta di Matzneff, e la difesa di Ferrara. Io conosco purtroppo tante donne che hanno avuto qualche forma di molestia o abuso da parte di persone adulte, e proprio il punto di maggiore sofferenza per loro è riconoscere in se stesse una sorta di consenso, o almeno di non abbastanza ferma opposizione alle attenzioni, alle mani addosso o peggio. E’ per tutte così, almeno per quelle che conosco io. Nel nostro mondo borghese, più o meno alto, è difficile che ci siano casi di pedofilia brutale e violenta. Nella maggior parte dei casi si tratta invece di manipolazioni, di violenze psicologiche, di cose fatte nella stanza dei cappotti quando i genitori sono di là, nel cortile di casa, nello spogliatoio fuori dal quale c’è la mamma ad aspettarti. Ed è proprio questo il fatto che la rende gravissima, e capace di lasciare tracce, solchi profondi: perché le vittime pensano di non essere perdonabili, perché si sentono sporche, e per quanta psicoterapia o analisi facciano, continuano a pensare che in fondo in fondo se la sono cercata, o almeno non si sono opposte abbastanza. Avrei potuto scappare prima, avrei potuto dare uno schiaffo, o magari “ho provato piacere in quel momento”. Certo che provi piacere se stimolato nei posti giusti, se ti senti desiderato, circuito, soprattutto se sei una ragazzina o un ragazzino solo. Da un atto violento forse, e ripeto forse, ci si può riprendere, ma da un atto in cui percepisci un tuo consenso è molto più difficile. Queste persone combattono con i sensi di colpa tutta la vita, a meno che non arrivi per loro l’incontro con l’Unico che può farci sentire veramente amati e perdonati, qualunque cosa ci sia nel nostro passato.


Noi adulti dobbiamo proteggere con tutta la nostra forza, gridare con tutto il fiato che abbiamo in gola che non si può in alcun modo sfiorare la sessualità immatura di un minore, mai, per nessun motivo. Mai infilarsi nelle sue fragilità, mai approfittare come il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso di uno smarrimento nel bosco. Tutte le donne che conosco che hanno subito le attenzioni più o meno spinte di un adulto hanno questo tratto: la fragilità, la delicatezza particolare, uno spiraglio di dolore e solitudine nel quale si sono infilati i predatori, quelli che piuttosto dovrebbero legarsi una macina al collo e buttarsi nel mare. E’ una condanna senza appello.


Gli argomenti di Ferrara non solo non significano niente, ma sono appunto un’aggravante a carico di un uomo come Matzneff sicuramente intelligentissimo, coltissimo, affascinantissimo, che con istinto di predatore sapeva bene quali prede puntare, e come. Una ragazzina senza una famiglia solida, con una madre fuori di testa che addirittura arriva a fare un patto col predatore che le promette “che non farà mai soffrire” Vanessa, una madre che addirittura lo invita a cena a casa, loro tre da soli, un amante della madre che la bacia sulla bocca e liquida l’argomento, un padre biologico a cui lei chiede aiuto e che non solo non denuncia Matzneff e non si riprende sua figlia per portarla in una fortezza con il ponte levatoio chiuso, ma che usa questa storia solo per dare della poco di buono a sua madre; una ragazzina che i suoi coetanei non guardano, e che si sente sola. Arriva lui, lo scrittore raffinato che la porta nella tana, avendo perfino cura di non seguirla da dietro ma di precederla “senza dubbio perché non mi sentissi in trappola, perché potessi ancora credere che mi fosse possibile tornare indietro”. Lei si ammala dopo quel primo rapporto in cui lui la viola da dietro “come un ragazzino”, le sussurra. Nessuno capisce niente, e il ginecologo da cui la portano constata la sua verginità, e gliela toglie con un colpo di bisturi (di tutti questi particolari sono debitrice all’articolo di Giovanni Marcotullio.


Una storia allucinante, ma purtroppo per la mia esperienza più comune di quanto si creda. Non possiamo permettere che si adombri neppure lontanamente la possibilità che tutto ciò sia ammissibile, non è un argomento il fatto che lei lo abbia voluto, anzi, né è un argomento il fatto che le vittime, come nel caso di Vanessa, poi si emancipino e facciano “una magnifica carriera letteraria”. Non capisco come un uomo come Ferrara che ha combattutto tanto, e di questo gli sarò sempre grata, per difendere la vita quando è più debole, come nel grembo materno, come nel letto di un ospedale, nel caso di Eluana, non capisca che anche la vita di una ragazzina, per di più con una famiglia allucinante, sia una vita debole e da proteggere, una vita che cercava un padre che la amasse, e che ha trovato, in una società senza padri, un solo modo di farsi “amare”, cioè procurare piacere. Il fatto che anche lei lo abbia provato non cambia assolutamente niente, anzi, rende più pesante il fardello che quella donna dovrà portare per tutta la vita.

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Published on February 16, 2020 05:29

February 14, 2020

Monastero WiFi: istruzioni per l’uso

UN CAMMINO CHIAMATO FAMIGLIA


All’approssimarsi del D-(Wifi)-Day, diamo qualche indicazione utile sulla giornata che ci apprestiamo a trascorrere insieme nella splendida cornice di Villa Pallavicini, alle porte di Bologna e a pochi passi dall’uscita autostradale di Borgo Panigale.



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Terminata la fase di registrazione e di consegna del badge ai partecipanti, la giornata sarà introdotta da un breve saluto da parte della segreteria del Monastero Wifi di Bologna – nella persona di Lara – al quale seguirà un intervento di don Massimo Vacchetti, Vicario Diocesano per la Pastorale dello sport, turismo e tempo libero.



Il programma della giornata è suddiviso in due parti ben distinte tra loro. La mattinata sarà dedicata alla formazione, grazie alle due catechesi tenute da don Ugo Borghello (“Monastero Wifi come Scuola di preghiera – Scuola di comunione. La sete dell’uomo per Dio”) e don Pietro Adani (“La sete di Dio per l’uomo”). La scelta…


View original post 300 altre parole

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Published on February 14, 2020 15:06

February 13, 2020

Per l’Amazzonia, come altrove, occorre andare alla radice del problema


Lettera a Il Foglio di Luca Del Pozzo


Al direttore – E’ vero, il celibato sacerdotale non è un dogma di fede. Ed è altrettanto vero che da sempre tra gli uomini di Dio ha allignato la lussuria (uno piuttosto ferrato sull’argomento si chiamava Lutero). Per carità, nulla di cui scandalizzarsi. Per dire, un mio vecchio professore di Diritto canonico era solito ricordare una battuta molto in voga ai tempi in cui frequentava il seminario, che più o meno suonava così: “La castità sacerdotale è una virtù che si tramanda di padre in figlio”.



Ma né l’umana debolezza, né tanto meno – come vorrebbe certa narrativa – il legame tra celibato e pedofilia (fenomeno questo, per altro statisticamente irrilevante, legato piuttosto all’omosessualità, questa sì dilagante, tra le fila del clero) o la crescente carenza di sacerdoti, in Amazzonia come altrove, sono buoni motivi per rivedere la disciplina del celibato. Tra l’altro, anche laddove – vedi le comunità protestanti – del celibato non c’è manco l’ombra, non solo non risulta che tali comunità (in primis in Germania) brillino per una fede da fare invidia, ma quel che più conta non si è arrestata ed anzi è sempre più grave l’emorragia dei fedeli. Vorrà dire qualcosa? In tale ottica non si può non plaudire l’esortazione apostolica “Querida Amazonia” che non ha aperto ai viri probati come auspicava il documento finale del Sinodo. Per l’Amazzonia come altrove occorre andare alla radice del problema. Se c’è carenza di preti, e fermo restando che l’eucarestia non è un diritto, la soluzione non è abbassare l’asticella – magari pensando in questo modo di arginare, soprattutto in Sudamerica dove il fenomeno è dilagante, l’esodo di massa dei cattolici verso la sponda evangelica rincorrendo i protestanti sul loro stesso terreno – ma riproporre il Vangelo nella sua integralità, senza sconti, senza addolcire la pillola, senza compromessi di sorta. Prova ne sia, lo abbiamo già detto ma vale la pena ribadirlo, che laddove il Vangelo viene proposto e vissuto in maniera autentica e seria (vedi i movimenti laicali ecclesiali) le vocazioni fioriscono a migliaia. Altrimenti si rischia di mettere una toppa peggiore del buco. I vescovi tedeschi sono avvisati.



Luca Del Pozzo




 

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Published on February 13, 2020 06:27

February 11, 2020

Provare a parlare di vita reale

[image error] courtesy Piergiorgio Marini

di Costanza Miriano


Ho letto su Dagospia che Mughini sostiene che le presentazioni di libri non hanno più senso, che le persone che ci vanno sono sempre di meno, che di recente una sua è stata praticamente disertata, che “Non esiste più un linguaggio comune, immediatamente percepibile ai più. Se vai al di fuori del seminato _ ossia che Salvini è un mostro oppure un salvatore del Paese _ il pubblico medio non capisce, non ti segue, non gli interessa, non è preso nemmeno un po’. Figurati poi un libro, quell’assieme di pagine senza figure e che non danno alcun brivido”.


Volevo dire che credo che non sia per tutti così. Tanto per fare alcuni nomi che conosco, Don Fabio Rosini, padre Maurizio Botta, don Luigi Maria Epicoco riempiono sempre saloni sterminati, e nessuno di loro nomina mai di striscio Salvini, e neanche il tango della signora Ronaldo.



[image error]Anche io nel mio piccolo sono anni che vado in giro una volta a settimana in teatri parrocchiali, chiese, saloni vari, e a volte ci sono solo posti in piedi (questa foto è dell’ultimo incontro, venerdì scorso a Cesena, nella foto solo la navata centrale, e dopo che molta gente se ne era già andata, le due navate laterali non sono entrate nell’inquadratura). A volte ci sono seicento persone, a volte meno della metà, a volte magari centocinquanta, ma non mi è mai successo in tanti anni che ci fossero solo trenta persone. Perché se parli di cose che corrispondono alla vita degli altri, la gente ti viene a sentire. Trova un’appartenenza, un luogo dove riconoscere ciò che sperimenta. Sono persone che se guardano la tv si sentono dei pazzi contromano in autostrada, ma che nella realtà, in quella strana cosa chiamata mondo reale, sono la stragrande maggioranza, che però non trova alcuna rappresentazione né forse rappresentanza. Persone che lavorano e mandano avanti famiglie, che sono alle prese con problemi reali, parlo di cose normali, tipo che uomini e donne usano un linguaggio diverso, che gli uomini non sono responsabili di tutti i mali del mondo, neppure se bianchi, eterosessuali cattolici, parlo della solitudine originaria (copyright GPII) che c’è in ogni relazione, parlo dell’altro come segnaposto del totalmente Altro, cioè di Dio, parlo di educazione, figli, della necessità di padri solidi e madri presenti, della conciliazione quasi impossibile lavoro-famiglia, della fregatura che è stato certo femminismo.


[image error] courtesy Piergiorgio Marini

Lo faccio per oltre un’ora e mezza, e poi rimango almeno altrettanto tempo a salutare, ascoltare storie, condividere pezzi di vita fino a tarda notte. Non riesco a dire sì a tutti gli inviti, ho qualche impegno fino a marzo 2021. Se vai a dire cose di buon senso, anche se non sei una grande scrittrice, e forse manco una scrittrice, come è nel mio caso, la gente viene a sentirti, perché desidera ascoltare parole che nei canali mainstreaming non circolano mai. Non credo che siano in crisi i libri o la scrittura. E’ in crisi l’elite intellettuale, drammaticamente lontana dalla realtà.


 

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Published on February 11, 2020 15:01

February 4, 2020

Eppure il tuo eremo è qui

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di Costanza Miriano


Ieri mattina, al mio turno di adorazione delle sette – al quale sia detto per amor di verità arrivo con un ritardo variabile da molto a moltissimo, in particolare ieri, quando non avevo proprio sentito la sveglia (lo preciso perché non vorrei dare l’idea ingannevole di essere una persona minimamente seria o affidabile, tanto meno una mistica che nel cuore della notte è presa dal trasporto amoroso per Dio: io ogni volta che suona la sveglia medito se convertirmi al buddismo o a qualche altra fede che abbia tra i suoi comandamenti quello di dormire fino a tardi la mattina) – insomma ieri, arrivata tardi e molto addormentata, cercavo di raccogliermi in preghiera meglio che potessi. Meglio che posso è l’unica postura a cui aspiro, davanti a Dio.



Insieme a me era entrata una signora che già mi stava antipatica perché stava entrando con me mentre io sarei dovuta arrivare trentacinque minuti prima – no, dico, se io sono in ritardo tutto il mondo per solidarietà dovrebbe rallentare, giusto? In più questa signora era rumorosissima. Tirava su col naso, se lo soffiava, tossiva, cercava cose metalliche nella borsa, smanettava buste di carta, sospirava e di nuovo tirava su col naso (una cosa che non sopporto). No, veramente, non resisteva più di quattro secondi senza emettere un rumore molesto (il fatto che la cronometrassi la dice lunga sul mio trasporto mistico).


Io guardavo l’ostia con la migliore faccia da santa Veronica Giuliani che potessi assumere e sognavo di essere sola davanti a lui. E siccome quando parte il film ovviamente parte in pompa magna, eccomi in un eremo tra i monti della Laga, alle prime luci dell’alba (non stare a guardare il capello, che sono quasi le otto e sono nel mezzo del traffico di san Giovanni a Roma), con una postura da padre della Chiesa, un saio e dei sandali al posto delle Glycerin Brooks e dei miei pantaloni leopardati estivi del mercatino di Perugia, quelli che metto quando vorrei stare in pigiama (ne ho anche una versione di seta, ma prima di mezzogiorno non ce la faccio a vestirmi dignitosamente).


Il punto è che non è questo che il Signore vuole da noi, da me almeno. Vuole che lo amiamo non nonostante la signora che tira su col naso, ma attraverso di lei, mentre siamo seduti vicino a lei. Nella metro vicino a quella che puzza di fritto, in fila alle poste con la signora molesta o al supermercato col pensionato che chiede di passarti avanti, che cavolo avrà mai da fare?, quando abbiamo a che fare col collega prepotente. E’ qui, in mezzo a questa umanità così evidentemente peccatrice e imperfetta che noi, evidentemente peccatori e imperfetti esattamente come loro (magari facciamo solo finta meglio), siamo chiamati a stare, a essere segno di un amore che abbiamo ricevuto e che proviamo a restituire. Ma proprio qui, in questa circostanza imperfetta, con la cartuccia della stampante che non entra, e tu che avevi altri sedicimila cose da fare, e invece sei ferma lì, oppure a cercare quel documento perso chissà dove, forse qualcuno ci avrà fatto dietro un problema di geometria e uscirà fuori al prossimo trasloco, in fondo a un cassetto. Proprio qui in questo pomeriggio che va tutto storto è il tuo eremo, lo adori qui, il Signore, davanti a questa figlia adolescente che un minuto la abbracceresti quello dopo le urleresti cose terribili, lo adori dal meccanico che ha triplicato il prezzo della riparazione, e in sovrappiù vuole anche spiegarti perché, lo adori dal signore delle pratiche auto che guarda la tua fototessera per il rinnovo della patente, scuote la testa e ti dice “recente, signora, mi serve una foto recente” come se avessi settanta anni e gliene stessi portando una da ventenne (guardi che non è tanto vecchia, è solo che quel giorno avevo dormito), lo adori davanti alla maleducazione e alla sciatteria, lo adori nelle cose che non funzionano, lo adori mentre sbrighi le pratiche dell’Inps e rivaluti la possibilità dell’eremo sui monti della Laga. Eppure il tuo eremo è qui.


Non sono contrattempi, sono il luogo dell’incontro. E’ per essere lievito che siamo qui, per avere un cuore in tensione verso lui, e per ricondurre tutto a lui.


 

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Published on February 04, 2020 15:01

February 2, 2020

Lunedì 3 ai Santi Quattro

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Cari amici del monastero dei Santi Quattro, vi ricordo che lunedì prossimo, 4 febbraio, avremo l’incontro del primo lunedì del mese ai Santi Quattro Coronati. Ci vediamo alle 20, con qualcosa da mangiare – chi può prepara, chi non può compra, va bene anche una bottiglia d’acqua, chi non ha tempo viene e basta! – per poi cominciare alle 20.30. A tenere la lectio sarà don Alessio Geretti, un bravissimo sacerdote di Udine che è qui a Roma per il quarantacinquesimo dottorato (no, scherzo, non so che numero comunque è un super intellettuale, capace come tutti i veri intelligenti di essere anche semplice e divertente).



Chiuderemo come sempre con adorazione e compieta, e cercheremo di terminare per le 22 per mandare a riposare le monache.
Sarebbe bello se spargessimo la voce, credo che ci siano tante persone sole nelle parrocchie che sarebbero contente di sapere di un’iniziativa simile, in cui credo tutti si sentano accolti, almeno spero. Aiutatemi a far passare la voce.
Grazie, Costanza
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Published on February 02, 2020 08:45

January 28, 2020

Perché i test prenatali (gratuiti o meno, non cambia molto) promessi da Bonaccini sono disumani

Elena, una lettrice ci manda questa lettera.


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Dorme la notte da quando è nata e la mattina, quando apre gli occhietti e ti vede, ti regala un sorriso talmente solare da illuderti di essere bella nonostante l’impronta del cuscino sulla guancia e i capelli sparpagliati in ordine sparso sulla testa. Mangia di tutto (minestroni di verdura compresi) e con gusto; non ha mai sofferto di colichette e fa la cacca nel gabinetto da quando ha un mese di vita (non è una esagerazione! È proprio vero).



E’ curiosa e gioca con tutto. E’ molto socievole e regala coccole e baci a chi la prende in braccio; le piace giocare con i suoi tre fratelli maggiori che la adorano (parole loro) e se la contendono. Gattona per casa e si alza in piedi non appena trova un appoggio, cercando di muovere i primi passi. Nuota da sola con l’unico aiuto di uno “spaghetto” da piscina e si diverte tantissimo a immergersi sott’acqua. Ti guarda negli occhi e ti ascolta, cercando di imitare ciò che fai o dici, tenendo comizi bisillabici dal suo trono (il seggiolone) quando siamo tutti a tavola insieme. E’ molto attenta ai particolari: quando leggiamo un libro, indica con il suo ditino ogni piccola figura e ti guarda per sapere cosa sia. Batte le manine quando canti (quanto si gode di questi applausi entusiasti e quello sguardo che chiede sempre il bis!) e si muove al ritmo della musica. Le piace essere massaggiata e ride quando le fai il solletico. Si addormenta in pochissimo tempo con la sua testina che cerca il tuo cuore, mentre ti accarezza con la manina e piano piano si abbandona al tuo caldo abbraccio.  E’ paziente e non piange quasi mai, se non quando sente qualcuno di noi alzare la voce durante un litigio, mostrando una spiccata sensibilità. Si fa capire in tutto… anche il suo lamento è diversificato a seconda che sia per fame, paura, tristezza o dolore.


Potrei andare avanti ancora, ma credo che, da mamma a mamma, tu abbia capito quanto sia perfetta mia figlia. Forse avrai anche pensato: che fortuna che hai ad averla!


Già, Miriam è un dono grande… ed io mi sento assolutamente indegna, ma tanto più colma di gratitudine e gioia nel poterla tenere tra le mie braccia.


Ti chiederai perché ti scrivo questo elogio della mia prole. Ora vengo al punto.


Durante la gravidanza, ho subito pressioni (chiamiamole diplomaticamente così) per controllare se mia figlia fosse davvero perfetta come io credevo. “Signora, le consigliamo il test di screening prenatale (anche noto sotto il nome di Nipt). E’  un po’ costoso (circa 300 euro!), ma assolutamente sicuro e anche molto molto preciso. SI tratta solo di un banale prelievo di sangue. Se sua figlia ha un problema, lo scopriremo nel 99% dei casi”. Lì per lì avrei voluto rispondere: “Lo possiamo fare anche sugli adulti questo test? No perché sa, di gente che potrebbe avere problemi in giro ce n’è parecchia, io per prima”, ma non ero pronta. Ho solo chiesto “e a cosa mi servirebbe saperlo?”. Risposta “Innanzitutto per poter essere libera di scegliere, o al limite per vivere meglio il resto della gravidanza se è tutto a posto… oppure per prepararsi psicologicamente all’idea di un figlio con dei problemi, se il test dovesse risultare positivo”.


Non credo che queste parole abbiano bisogno di commenti.


So solo che quel test, se lo avessi fatto, mi avrebbe come minimo rovinato 5 mesi di gravidanza, perché sul foglio ci sarebbe stato scritto che la figlia (non una generica creatura!) che cresceva dentro di me aveva troppi cromosomi.


L’ho scoperto 5 mesi dopo, negli istanti successivi ad un meraviglioso parto naturale in acqua, mentre l’ostetrica me la attaccava al seno (già perché questa mia figlia “im”perfetta è stata allattata in modo esclusivo prima e misto a pappe poi per 16 lunghi e bellissimi mesi per poi svezzarsi da sola qualche giorno fa) ed io spingevo per espellere la placenta. Il medico di turno mi guarda con occhi tra il pietoso, il preoccupato, il “come glielo dico?” e comincia a fare un elenco di problemi che avrei dovuto affrontare (incluso “l’Alzheimer quando e se mai arriverà a sessant’anni”). Notare il tempismo. L’elenco delle disgrazie sembrava non finire mai. Mio marito, uomo esemplare, blocca il medico e mi dice “lei è nostra figlia e non un ammasso di problemi, tra l’altro solo potenziali”. Dopo solo tre giorni di ricovero, lotto coi medici per dimetterci “Sono pronta” li sfido “Ho altri tre figli che mi aspettano a casa” e finalmente, tra lo stupore del personale ospedaliero, ce ne andiamo a vivere la benedizione che Dio ci ha dato, certi che Cristo è in mezzo a noi e ci ripete “non abbiate paura sono io!” e calmerà le tempeste delle nostre paure, delle nostre fragilità e dei nostri dubbi. Cristo non è un fantasma, ma è vivo e vero e ogni giorno appare in mezzo a noi, nelle nostre giornate piene di cose da fare (4 figli a volte sembrano 8!), ripetendoci “pace a voi!”.


Da allora sono trascorsi 16 mesi e l’elenco dei problemi non ha crocette… mentre cresce l’elenco delle meraviglie.


E allora mi chiedo perché non cambiare un pochino i libri di medicina, insegnando ai medici che ci sono anche cose belle, che quel cromosoma in più porta con sé anche tante meraviglie? Perché non dire alle madri “non abbiate paura!” invece di lasciarle sole a scegliere della vita e della morte, forzandole di fatto a disperarsi poiché in quella stanza bianca e sterile si sente solo l’eco di un corollario di problemi… che poi spesso non si verificano o che comunque, davanti al volto di un figlio vivo tra le tue braccia perdono la loro drammaticità. Il test è un fardello che si mette sulle spalle delle madri, sommato ad un terrore psicologico falso e menzognero. I bambini con tre copie del cromosoma 21 NON sono mostri! Non dobbiamo aver paura di loro, perché sono giganti di bontà, professionisti del sorriso e anche molto furbi!


In più, una cosa vorrei dire al Signor Bonaccini: “perché non si fa un test Nipt anche lei? Lo sa che tutti noi siamo Trisomici 21? Proprio così: lo scopritore della Trisomia 21 notò che tutti noi abbiamo una parte delle cellule che porta nel proprio DNA tre copie del cromosoma 21. La differenza la fa solo la percentuale di cellule colpite. Magari lei, come molti di noi, ha il 20% di cellule trisomiche… Cosa avrebbe scelto sua madre se avesse avuto questo test a disposizione? Quale percentuale di cellule trisomiche può essere tollerata per far nascere un bambino o per condannarlo a morte?”. Inoltre, tutti noi siamo affetti da una sindrome ben più grave della Trisomia 21 (che non ha mai causato nessuna strage): la Plurisomia dell’Ego.


Scusa lo sfogo, ma sono giorni che piango afflitta da questa deriva, troppo simile a quella nazista, ma subdola e coperta da un velo di falsa misericordia: “ognuno ha il diritto di scegliere secondo la sua coscienza”, poiché “mettere al mondo un bambino così significa condannarlo ad una vita senza qualità e piena di sofferenze”. Una parte degli ecclesiastici cattolici ha sostenuto Stefano Bonaccini durante la sua ultima campagna elettorale, senza mai contrariarlo su questo punto, che oggi sembra solo un punto, ma che in realtà avrà effetti devastanti, in quanto è una induzione all’aborto selettivo e “sicuro” (ahimè, non sopporto questa loro definizione). Perché molti pastori hanno perso la fiducia nella onnipotenza di Dio? E’ vero, scoprire di avere un figlio con tre copie del cromosoma 21 può essere sconvolgente, ma Dio agisce così e lo fa per il nostro bene! Quello che a noi sembra impossibile da gestire, Lui lo rende possibile con la Grazia.


Un’ultima considerazione: aborto ed eutanasia vanno per mano, sono due facce della stessa medaglia. Se il test ti dice che tuo figlio non ha una delle tre trisomie che è in grado di rilevare, nulla toglie che tuo figlio possa avere altre “imperfezioni”, come l’autismo per esempio o le altre migliaia di sindromi genetiche (e non) che esistono (la maggior parte delle quali ben più gravi della trisomia 21). O ancora, nulla esclude che un incidente renda tuo figlio disabile dopo la nascita. Lo uccideresti per questo? Purtroppo oggi abbiamo la conferma che molti di coloro che hanno il potere, in nome di una falsissima pietà, costringono/inducono più o meno velatamente ad uccidere anche molto dopo la nascita.


La cosa che mi addolora di più è che tutto ciò non sia una conseguenza di leggi naziste dettate da un pazzo come Hitler, in un unico paese sotto il suo dominio… ma che tutto ciò sia il frutto di leggi che arrivano da diversi paesi “cristiani”, da istituti che si definiscono garanti dei diritti umani, votate da tanti (troppi) cattolici praticanti. E che il genocidio dei bimbi trisomici, seppur superi di gran lunga quello degli ebrei, sia tollerato, se non addirittura negato.


 “Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino. Qui, lo Stato nazionale deve fornire un enorme lavoro educativo, che un giorno apparirà quale un’opera grandiosa, più grandiosa delle più vittoriose guerre della nostra epoca borghese.”


Queste parole sembrano scritte da certi politici, opinionisti e filosofi odierni, soprattutto quelli che gridano “fascisti o nazifascisti!” a chi non si allinea al pensiero unico. E invece queste parole profetiche si trovano nel libro “Mein Kampf” di Adolf Hitler, che nel 1933 emanò la “Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie”.


Bene, è appena passato il giorno della memoria. Non dimentichiamo lo sterminio dei disabili, e dei cristiani accanto a quello degli ebrei.


Ecco perché piango. Piango perché molti dei cattolici praticanti che consideravo amici hanno votato (dato fiducia) ad un uomo o ad una corrente politica che di fatto grida “Tua figlia potrebbe anche non esserci. Ucciderla era legittimo”. Mentre i miei figli, discutendo dell’aborto, hanno concluso con aria davvero arrabbiata: “Se Miriam fosse morta sarebbe stato profondamente ingiusto. Perché la gente crede di poter giudicare chi può vivere e chi deve morire?”. Già, che dire, non fa una piega, almeno per me.


Scendiamo in piazza (anche una piazza virtuale) a pregare perché la diabolica “offerta” di Bonaccini di mettere a disposizione “questo screening a costo zero a tutte le donne in gravidanza residenti, indipendentemente dall’età e dal rischio” venga rifiutata dalle future mamme, evitando così che la vita di molte di loro venga irreparabilmente rovinata.


Poiché questo test è uno strumento di eugenetica che sicuramente diventerà molto presto gratuito a livello nazionale (cioè pagato con le tasse dei cittadini), poi fortemente consigliato, poi obbligatorio. Lo scopo? Eliminare i bimbi come mia figlia, che non solo sono perfetti, ma sono come fiori profumati in un mondo ormai desertificato.


Questa per me è l’ennesima bestemmia contro lo Spirito Santo. Ho pianto leggendo questa “eccellenza del sistema sanitario dell’Emilia-Romagna”. Anche perché proprio nel cuore di questa regione, a Bologna, lavora ininterrottamente, dando anima e corpo, un grande uomo: il prof Pierluigi Strippoli. Lui si definisce una “vittima del Servo di Dio Jerome Lejeune” e, come lui, subisce la persecuzione del mondo. Trascorre giorno e notte in laboratorio (anche Capodanno) senza ricevere finanziamenti pubblici (cioè sostenuto solamente dalle famiglie e da se stesso) per continuare ciò che fratel Jerome (come lo chiamava San Giovanni Paolo II) aveva iniziato: cercare una cura alla disabilità intellettiva legata alla Trisomia 21. Se il denaro che viene speso per scovare (e poi uccidere) questi bambini prima della nascita fosse speso per la ricerca di una cura, probabilmente avremmo già vinto la battaglia. Questo era il pensiero di Lejeune.


Il prof Strippoli, però, nella sua umiltà e nella sua grandezza chiede soprattutto preghiere. Va ogni anno in pellegrinaggio sulla tomba del Servo di Dio Jerome Lejeune vicino a Parigi. Nel 2019 si sono uniti a lui anche Fra Vito ed Enrico Petrillo… Già, perché tra i Santi che lui invoca perché lo aiutino a salvare vite c’è anche Chiara Corbella Petrillo.


Ecco perché ti chiedo di aiutarmi, formando una sorta di esercito che preghi su due fronti:



Perché Cristo risani i cuori induriti di questa generazione, perché odano e comprendano; guardino e vedano. Perché i cristiani non siano complici del terrore che viene seminato (o come lo chiama mio figlio dodicenne: il dark pattern), ma tornino ad essere portatori di speranza e di gioia.
Per il Prof. Strippoli ed il suo piccolo gruppo di ricerca: perché lo Spirito Santo illumini le loro menti e possano presto portare a termine il lavoro iniziato dal Servo di Dio Jerome Lejeune (QUI la NOVENA A JEROME LEJEUNE , che mi sono permessa di scrivere perché non ne ho trovate di già pubblicate). Lui che era un grandissimo scienziato affermava: “a man is a man” e “se, Dio non voglia, la Chiesa arrivasse ad ammettere l’aborto, allora io non sarei più cattolico”. Preghiamo perché questo non avvenga!

Grazie per aver letto fino in fondo questo appello di una piccola mamma che non può più tacere.


Che la Vergine Madre anticipi l’ora come a Cana di Galilea e i servi ascoltino quel “fate ciò che Lui vi dirà”


Elena


 


 


Eppure i cattolici dovrebbero sapere che Papa Francesco la pensa diversamente:  https://www.ecodibergamo.it/stories/luoghi-non-comuni/aborti-selettivi-nazismodi-oggi-con-i-guanti-bianchi_1282017_11/

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Published on January 28, 2020 15:01

January 24, 2020

Parola, Parola, Parola

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di Costanza Miriano


Ignorare le scritture significa ignorare Cristo, ha detto San Girolamo, che pare avesse un caratteraccio, ma di Scrittura un’idea se l’era fatta (l’ha tradotta e commentata tutta). E siccome vedere il volto di Cristo è la cosa che più desideriamo tutti noi monaci wi-fi (lo abbiamo detto insieme nella preghiera al termine della messa, nei nostri primi due capitoli generali) accogliamo con gioia l’invito del Papa che ha proclamato per domenica prossima la Domenica della Parola.



Da quest’anno si ripeterà sempre alla terza domenica del tempo ordinario una giornata in cui la Chiesa – che ce la propone ogni giorno nella liturgia – la mette con ancora maggiore evidenza al centro della vita di ogni cristiano. Volevo scrivere che il Papa ci aveva copiato, visto che anche il nostro capitolo generale di ottobre scorso aveva come tema la Parola, ma devo ammettere che lui lo aveva già annunciato alla fine del Giubileo, quindi va be’, punto suo.


Mi stavo chiedendo come accogliere comunitariamente questo invito che la Chiesa fa a ogni comunità locale, suggerendo celebrazioni e liturgie, visto che noi stiamo una a Caltanissetta, una a Bolzano, una a est una a ovest, e mentre me lo chiedevo, qualche giorno fa mi sono imbattuta in una griglia.


L’idea è di un sacerdote milanese, e delle suore di clausura hanno creato questo schema, che loro hanno cominciato a Natale, e che noi invece cominceremo, per chi lo vuole, domenica, in comunione con l’idea del Papa. L’idea è di leggere ogni giorno un capitolo di un libro del Nuovo Testamento; così completeremo la lettura a ottobre, più o meno quando dovrebbe tenersi il terzo capitolo generale, quello sulla preghiera, che poi il tema è lo stesso, perché non si può comprendere le Scritture senza pregarci su, come dice Origene: “Tu dunque metti tutto il tuo zelo nella lettura delle Scritture, con fede e con la buona volontà che è gradita a Dio. Non ti è sufficiente bussare e cercare. Infatti ciò che soprattutto è indispensabile per l’intelligenza delle cose divine è la preghiera”.


E Isacco di Ninive: “Non accostarti mai alle parole dei Misteri che sono nella Scrittura senza pregare e senza chiedere l’aiuto di Dio. Ma di’: “Signore, concedimi di sentire la potenza che è in essa”. Considera che la preghiera è la chiave che apre il vero senso delle Scritture”.


Sono grata al sacerdote che ha avuto l’idea, alle Clarisse che hanno fatto e diffuso lo schema, alle sorelle di Mogli & Mamme per Vocazione che lo hanno fatto girare, a Laura Daretti che ha chiesto alle Clarisse lo schema e lo ha rifatto per noi con le nuove date.


Io ogni anno su questo – lo studio della Parola – mi ripropongo grandi cose, e ne combino pochissime. Mi riduco a leggere le letture della messa mentre cerco di ricordare dove ho parcheggiato la macchina, di solito. In attesa di diventare biblista, o, meglio, san Girolamo, quest’anno parto dalle basi. Nel sussidio liturgico preparato dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione – costa 2 euro, benissimo spesi – ci sono delle ottime dritte, anche su come imparare a fare la lectio divina.


Allora, stampate il file (anche in pdf QUI), attaccatelo al frigo o ad altro luogo di frequentissimo passaggio, procuratevi un Vangelo da battaglia e una matita (il Vangelo va sporcato di unto, di crema idratante, di coca zero, di quello che usiamo tutti i giorni, insomma, deve essere usato spesso e senza paura, se eravate ai Capitoli usate il nostro!) e cominciamo, da domenica. 3, 2, 1, VIA!!!!


 


nuovo-testamento-2020.xls


nuovo-testamento-2020.pdf

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Published on January 24, 2020 00:21

January 22, 2020

L’obbedienza alla realtà è la cosa che ci salva

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di Costanza Miriano


Lunedì 20 gennaio era il blue monday, festività fondamentale della liturgia occidentale del nulla, che ricorda come, passata la spinta propulsiva delle vacanze, svanito l’effetto delle feste natalizie, non rimarrebbe che lo squallido grigiore feriale, nel quale si dovrà tenere duro fino alla prossima pausa. La cosa, secondo gli studi, precipiterebbe una grande quantità di gente in una sorta di tristezza, quando non di depressione.



Devo essere fatta strana, perché io amo i lunedì, le vacanze mi stancano tantissimo, e delle feste natalizie mi piace solo la liturgia. E non è perché adesso sono un’antipatica, iperattiva madre di famiglia: era così sin da piccola, non mi piaceva partire per le vacanze, non mi piaceva il complesso del pacchetto natalizio (regali a parte, quelli ovviamente sempre!). Mi mette allegria il quaderno nuovo, l’astuccio pieno di matite da consumare, la pagina nuova dell’agenda. Mi appassiona fare le cose quotidiane, mi piace ricominciarle, anche quando sono faticose (secondo i miei figli in realtà mi piace soprattutto quando sono faticose, ed è per questo che quando li vedo troppo rilassati li guardo con occhiate tipo “vai a fare qualcosa che non ti piace, soffrire tempra il carattere”, che quando mi imitano sostengono essere la mia frase ricorrente). E’ vero, c’è forse in me, sopito- ma manco tanto – un incursore della Marina, un tenente pazzo che ritiene disdicevole sedersi, che alle due di notte di solito è indeciso se piegare panni o scrivere, perché riposare è una roba da donnicciole. E questa è una patologia che diagnosticherà con maggiore precisione il figlio psichiatra (probabilmente si voterà ad aiutare i bambini che hanno avuto un’infanzia difficile come la sua). Però, patologia a parte, ammettendo la mia antipatia, non va tanto bene che si viva in questa costante attesa di smettere di fare quello che siamo chiamati a fare, un costante desiderio di scappare da dove Dio ci chiama a stare.


–        Mamma, dimmi perché non dovrei essere triste, domattina alle sette, alzandomi per andare a scuola.


–        Nooo, ti prego non le fare queste domande! Mo’ ricomincia: hai due braccia, due gambe, Pollyanna. Non je la posso fa’, te prego. Spegni la luce e mandala via dalla camera.


Va bene, ragazze, non ve la faccio la predica, però io vi dico che se uno sa di essere amato da Dio, di essere stato chiamato all’esistenza dal nulla, di essere stato intessuto nella pancia della mamma… come fa a essere triste?


Eppure è vero, la tristezza (e patologie psichiatriche di ogni tipo) sono la malattia più diffusa in Occidente. Non per niente tutti gli slogan motivazionali, i meme, i Keep calm and… (chi è il genio che ha brevettato il marchio?). Anzi, sembra che a giudicare dai profili social tutti dichiarino una grande allegria, realizzazione, sembriamo tutti smartissimi e con la situazione bene in pugno. Invece la realtà, a giudicare dalle facce che si vedono per strada e anche dalle statistiche, è diversa. La tristezza può assalire tutti, ed è normale. Accogliere la tristezza, non fingere che non ci sia, è sacrosanto.


Però, noi che crediamo in Dio – a differenza della stragrande maggioranza di quelli che ci stanno intorno – noi sappiamo che c’è una ragione molto seria per non essere tristi. La nostra vita ha senso, anche quando c’è il dolore, che è un mistero, e davanti al quale non si può osare di dire parole stupidamente consolanti, a buon mercato. Se ti muore un figlio, solo una grazia ti può salvare dal morire di dolore. Eppure, eppure noi sappiamo che Dio è Padre, e fa bene tutte le cose. Che Lui, addirittura, ha sacrificato suo figlio per noi. Che siamo salvati. Che possiamo diventare figli di Dio. Noi che abbiamo ricevuto il battesimo e cerchiamo di viverlo, sappiamo che la nostra ombra è sempre più piccola di noi.[image error]


Noi sappiamo che l’obbedienza alla realtà è la cosa che ci salva, come infatti ci ricordava la lettura della Liturgia del giorno del blue monday: obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è più del grasso degli arieti (c’è della gente che ci ha scritto un libro su, per dire). Stare con gratitudine nella realtà in cui Dio ci ha messi, senza acconsentire alle fantasie, ai pensieri stupidi che ci suggeriscono che sarebbe stato meglio se, che la nostra vita sarebbe più facile se, che avremmo meritato qualcosa di diverso, che avremmo fatto meglio se fossimo stati messi in condizione di. Non è essere stoici, neppure pelagiani, è avere la certezza di essere figli amati da un Padre che ci dà tutto quello che ci serve per essere santi, che è la nostra felicità. Questo mondo è giusto per noi, questa Chiesa va bene così: noi dobbiamo diventare santi in queste precise condizioni, con questa moglie e questi figli e questo lavoro e questa famiglia di origine, in questo mondo assurdo. E se non ci diventiamo non è colpa delle condizioni, della mia storia familiare, del fatto che non ho una comunità, che ce l’ho è ma sbagliata. E’ solo perché non preghiamo abbastanza per avere lo Spirito Santo, che ci faccia santi. E’ solo perché non facciamo una testa così a Dio perché ci renda santi.


 


 

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Published on January 22, 2020 01:23

January 18, 2020

In ricordo di Jose Ocampos

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Padre Aldo Trento ci annuncia la morte del caro Jose Ocampos nella Casa Divina Providencia don Luigi Giussani ad Assuncion, Paraguay.[image error]


Jose era un uomo straordinario, un autista di autobus paraguayano cieco e immobilizzato su un letto da più venti anni, poteva muovere solo qualche dito di una mano, ma riusciva a dire in modo appena comprensibile che la vita per lui era bellissima.


Jose era un uomo di una fede straordinaria che ci ha insegnato tanto, basta solo ascoltare le sue parole in questo video girato poco più di due anni fa.




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http://sanrafael.org.py/


 


 

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Published on January 18, 2020 06:41

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Costanza Miriano
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