Andrea Indini's Blog, page 152
April 3, 2014
Grillo: "Dobbiamo riprenderci la lira". Ma non farà patti con gli anti euro
"Su una cosa non ho dubbi: o vinciamo, o stavolta davvero me ne vado a casa. E non scherzo". All'indomani della prima tappa del tour Te la do io l'Europa, Beppe Grillo assicura che si farà da parte se il Movimento Cinque Stelle non vincerà le Europee. La prima dello spettacolo l’ha lasciato soddisfatto. Non si lascia infastidire dalla critiche di chi dice che si è trattato di un comizio a pagamento: "Dicono che è una forma di finanziamento? E perché no?". D’altra parte non ha mai nascosto che servono soldi per finanziare il partito. E sottolinea: "Gli spettacoli che facevo prima erano comizi politici. Comizi sulle auto a idrogeno, sulle energie rinnovabili, ma comizi".
Questa sera Grillo sarà al PalaPartenope di Napoli. Ieri si è confrontato con alcuni cittadini al Borgo Marinari. Per oltre un'ora hanno parlato di caro assicurazioni, rifiuti, ticket sanitari e lira. "Dobbiamo riprenderci la lira, con un referendum - spiega - poi svalutare la lira per far diventare i nostri prodotti concorrenziali all’estero". L'obiettivo è espugnare il parlamento europeo. L'avversario da battere è Matteo Renzi, anche se Grillo nega che il premier sia il suo antagonista: "Lui si rivolge a me che replico a lui. Ma non è così. Non sono io il suo antagonista. I suoi avversari sono la democrazia, l’onestà e l’intelligenza". Scuote le spalle a chi gli chiede di rispondere al "Grillo sta a rosicà" pronunciato proprio da Renzi dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri del ddl costituzionale che riforma il Senato. "Pensi alla democrazia - risponde - stanno uccidendo la democrazia e voi pensate ai grillini?". Poi l’affondo: "Se non siete intelligenti, onesti e democratici votate lui. È molto comodo in questo Paese essere disonesti".
Per Grillo, Renzi è uno che promette molto ma non mantiene la parola data. "Lui dice le cose ma non le fa - chiosa - dice che cancella il Senato ma invece resta e costa pure di più. Vuole farne un Senato di nominati, mettendoci i sindaci e i governatori che sono quasi tutti di Pd e Pdl". L’obiettivo è chiaro: far diventare il M5S primo partito alle urne di fine maggio, raccogliere 25-26 europarlamentari e mettere in crisi l'esecutivo. Anzi, proprio per questo invia un avvertimento ai suoi: "Bisogna fare squadra ed evitare polemiche che scoprono il fianco agli attacchi degli altri". In primis, le polemiche sulle primarie per i candidati alle Europee che rischiano di diventare un autogol. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti si è fatto portavoce proprio di questo malcontento. "Anche lui era uno sconosciuto prima...", fa notare il comico genovese prima di lasciare l'albergo che lo ospitava a Catania. "Chi è scontento è già fuori dal Movimento - sbotta - devi darti da fare con o senza poltrona. Questo è lo spirito del Movimento".
Quando si tratta di fare sul serio, Grillo arretra. Di alleanze e programmi, infatti, non vuole parlare. Tergiversa, prende tempo, svia. "Non sappiamo chi c’è nel parlamento europeo - spiega - magari ci sono gruppi tedeschi, finlandesi o piccoli gruppi. Andiamo a conoscerli. Se poi ci sono persone che condividono il nostro programma, parleremo. Vedremo con chi avere colloqui ma lo decideremo insieme a tutti gli iscritti". Di sicuro non siglerà un'intesa col Front National di Marine Le Pen. "Ha una estrazione diversa dalla nostra - cconclude - lei faccia la sua strada, noi faremo la nostra".
Il comico a Napoli per la seconda tappa del tour: "O vinciamo o vado a casa". Ma glissa su alleanze e programmi. Come farà a imporsi a Bruxelles?
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Beppe Grillo a Napoli per la seconda tappa del tour
Beppe Grillo sul palco a CataniaGrillo entra in teatro avvolto da bandiera Ue
March 31, 2014
Renzi manda a casa i senatori
"Non so se ci sarà il lieto fine, ma questo è un buon inizio. Basta con i rinvii". Il Consiglio dei ministri vara la riforma del Senato e Matteo Renzi prova porre la parola fine a un dibattito lungo trent'anni, pur sapendo che il dibattito a Palazzo Madama rischia di essere una valle di lacrime per il governo. Almeno per il momento, infatti, il premier finge di non vedere i mal di pancia di molti democratici che potrebbero fargli mancare la maggioranza proprio al Senato. Così, si rifiuta di marchiare i possibili franchi tiratori e detta un timing serrato per portare a casa le riforme prima delle elezioni europee.
Alla fine rientra anche il ministro di Scelta civica, Stefania Giannini. E il governo vara all'unanimità il ddl costituzionale che riforma il Senato e il Titolo V e abolisce il Cnel. È solo il primo passo, quello più scontato, prima di passare per le Camere. Renzi la ritiene comunque "una grandissima svolta per la politica e per le istituzioni". Il pezzo forte del Def, che dovrebbe arrivare la prossima settimana, è proprio il piano delle riforme perché, come fa notare il premier in conferenza stampa, "è la cosa che aspettano di più i nostri investitori". Cancellando il Senato viene superato, una volta per tutte, il bicameralismo perfetto: una volta approvato il disegno di legge Palazzo Madama non voterà più né la fiducia al governo né il bilancio, ma potrà chiedere alla Camera di modificare le leggi approvate. Il futuro Senato si chiamerà "Senato delle autonomie" e sarà composto da 148 persone (21 nominati dal Quirinale e 127 rappresentanti dei consigli regionali e dei sindaci) che non saranno eletti dai cittadini e, soprattutto, non riceveranno le indennità. Nel ddl rientra, poi, la riforma del Titolo V della Costituzione. "Non ci saranno mai più conflitti tra Regioni e Stato - assicura Renzi - avremo un Paese più semplice, in cui chi ha a che fare con la pubblica amministrazione deve sapere chi è responsabile". Infine l'abolizione del Cnel, l’antipasto della semplificazione che arriverà con il piano di spending review.
Dal testo del governo si inizia a discutere. Un dibattito che sembra non spaventare il capo del governo: "I nomi e i cognomi di chi vuole cambiare il cambiamento li dirò alla fine della votazione, ma saranno una minoranza al Senato e nel Paese". Tanto che, entro le Europee, punta a incassare una prima lettura del ddl. È, infatti, convinto non solo di avere dalla sua il favore di Silvio Berlusconi, ma di poter contare sul voto dei propri senatori. "Il Pd non mi preoccupa". E avverte: "Se qualcuno vorrà assumersi la responsabilità di far fallire questo percorso, lo farà". In questo caso, però, Renzi si dice pronto a far saltare il banco e mandare a casa tutti, compreso chi frena le riforme. Ma le elezioni anticipate sono un'eventualità che non intende prendere in considerazione. Così, guarda oltre e promette, entro la settimana di Pasqua, il decreto per far avere 80 euro in più nelle buste paga sotto i 1.500 euro. Entro la fine di aprile, poi, il governo affronterà il pacchetto di misure su fisco e pubblica amministrazione.
Nonostante le rimostranze di Scelta civica, il Cdm vara all'unanimità il ddl costituzionale che riforma il Senato, il Titolo V della Costituzione e abolisce il Cnel. Poi Renzi annuncia: "Entro la settimana di Pasqua arriverà il dl per 80 euro in busta paga"
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Andrea Indini
Il premier Matteo Renzi con il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi
Renzi: "La riforma costituzionale è una grande svolta"Renzi: "L'abolizione del Cnel è solo l'antipasto"Renzi: "I benaltristi bloccano il cambiamento"Renzi: "Berlusconi e il Pd rispetteranno gli impegni"Renzi: "La tenuta del Pd non mi preoccupa"Titolo V, Boschi: "Più responsabilità al governo"
Il "vertice" grillino si fa in spiaggia
Prima del tour "Ve la do io l'Europa", una giornata al mare per rinfrancare lo spirito. Sole splendente, quattro calci al pallone, birrette fresche e chiacchiere politiche. Beppe Grillo, Ray Ban scuri e camicia aperta, raduna i suoi a Marina di Bibbona. A raccontare la gita fuori porta le fotografie che qualche ora dopo hanno subito iniziato ad affollare i social network. Scatti amatoriali, molti in controluce, immortalano l'adunata grillina. Chi in felpa, chi in maniche di camicia. Chi a piedi nudi, chi coi mocassini. Chi sorridente, chi pensieroso. E tra parlamentari, consiglieri comunali e regionali spunta pure Gianroberto Casaleggio, sempre torvo mai un sorriso.
"Belin che movimento" recita la sciarpa da ultras che sventolano i grillini sulla spiaggia. Dietro l'obiettivo della macchina fotografica c'è Massimo Bugani, capogruppo M5S a Bologna. Il clima è "svaccato". "Grillo e Casaleggio ci hanno guardato anche fare due tiri a pallone - racconta uno dei partecipanti - l’atmosfera era davvero distesa". Via le scarpe e fuori la camicia dai pantaloni: le pose sono poco istituzionali, ma fanno effetto. Là sulla spiaggia di Marina di Bibbona, dove Grillo ha una villa, si discute di Europee e comunicazione. Perché, sebbene i candidati da mandare all'Europarlamento non sia stati ancora ufficializzati, il comico genovese non intende fare lo stesso errore dell'anno scorso: non vuole politici (ops, cittadini) impreparati da mandare al fronte. Così ha chiamato a raccolta una quarantina di stellati tra onorevoli, consiglieri regionali e comunali e membri dello staff comunicazione per la campagna elettorale che, nelle prossime settimane, affiancheranno i candidati nelle piazze.
La tecnica è semplice. I grillini sguinzagliati per tutta Italia e il capo sui palchi a portare il tour anti euro nelle principali città del Paese. In giro a fare comizi a pagamento che non incassano il favore dei supporter stellati. Tanto che si contano appena un paio di sold out e una faticaccia a vendere gli ultimi biglietti. Un altro grattacapo che fa il paio col consistente calo dei sondaggi. Secondo le ultime rilevazioni il Movimento 5 Stelle avrebbe perso quasi tre punti percentuali. Così la premiata ditta Grillo-Casaleggio prova ad affidarsi a un manipolo di fedelissimi. Sono quelli che da anni portano i "vaffa" di Beppe nella piazze. Sono quelli che, "quando vanno in televisione, funzionano". Tra gli altri anche Paola Taverna, Luigi Di Maio, Nicola Morra e Giancarlo Cancelleri. Mancano, invece, Roberto Fico e Alessandro Di Battista: il primo impegnato in Campania, il secondo in tour nelle piazze coi selfie in cuccetta postati su Facebook ("Per arrivare in Toscana l’unico metodo è il treno notturno").
Sole, mare e birra. Grillo raduna in spiaggia i fedelissimi che affiancheranno i candidati alle Europee nella campagna elettorale
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Andrea Indini
M5S, vertice in spiaggia
Boldrini e la ramanzina classista: "Offrire servizi di lusso ai turisti inaccettabile per gli immigrati"
Laura Boldrini torna a fare la lotta di classe. In un accrocchio vetero comunista che mixa le bordate contro la ricchezza, che per la sinistra è sempre una colpa da demonizzare, con la difesa buonista e incondizionata degli ultimi, che sempre per la sinistra hanno il volto degli immigrati che ogni giorno prendono d'assalto le coste del nostro Paese. La presidente della Camera è salita in cattedra intervenendo alla presentazione del rapporto 2014 Italiadecide. E, come al solito, si è lasciata prendere la mano col moralismo radical chic: "Non possiamo, senza una insopportabile contraddizione, offrire servizi di lusso ai turisti affluenti e poi trattare in modo, a volte inaccettabile i migranti che giungono in Italia dalle parti meno fortunate del mondo, spesso in condizioni disperate".
Non è certo la prima volta - e purtroppo non sarà nemmeno l'ultima - che la Boldrini si lascia prendere la mano. I cavalli di battaglia sono sempre gli stessi. E l'immigrazione è sicuramente al primissimo posto. Perché vede l'Italia come un'appendice che lega l'Europa al Nord Africa, una sorta di passerella che deve accogliere i "migranti" in cerca di fortuna. Quando l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni strinse accordi con l'ex raìs Muammar Gheddafi per frenare le ondate migratorie dalla Libia, la Boldrini era funzionario dell'Onu e fece di tutto per far passare le misure del Viminale come "contrarie al diritto di asilo". Adesso che da deputata del Sel di Nichi Vendola siede sullo scranno più alto di Montecitorio continua la sua battaglia. Facendo sponda con Cecile Kyenge all'Integrazione - ministero inventato ad arte dall'ex premier Enrico Letta per ingolosire la sinistra radicale - ha lanciato promesse a tutto spiano: cittadinanza facile, ius soli, flussi migratori più ampi. Con l'arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi la musica non è certo cambiata. Così, eccola colpire a testa bassa la ricchezza e il lusso. "Anche i ricchi piangano" cantava un brutto slogan della sinistra. "Le politiche per il turismo andrebbero pensate in modo integrato con le altre politiche rivolte all’accoglienza degli stranieri che vengono da noi per ragioni di lavoro, di studio, di cura o semplicemente alla ricerca di pace, di diritti e di sicurezza - ha tuonato alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - non possiamo, senza una insopportabile contraddizione, offrire servizi di lusso ai turisti e poi trattare in modo a volte inaccettabile i migranti che giungono in Italia dalle parti meno fortunate del mondo, spesso in condizioni precarie". A sentire la Boldrini il Paese dovrebbe dare "l’esempio concreto di una cultura dell’accoglienza che sia integrale, a 360 gradi, e che sappia misurarsi con la sfida della globalizzazione, quella sfida che porta con sé, come è ovvio, anche maggiori opportunità di circolazione delle persone, e non soltanto delle merci, dei capitali delle informazioni".
Dichiarazioni che hanno subito spinto alcuni leghisti a sbottare: "Chiamate l'ambulanza". Eppure la Boldrini ci ha abituati a sparate ben peggiori. Come quando, sfilando al Gay Pride di Palermo, si era messa a caldeggiare matrimoni omosessuali e adozioni. Come quando, invitata da Sergio Marchionne a visitare uno stabilimento della Fiat, si era proclamata paladina degli operai in cassa integrazione. O come quando si era scagliata contro Miss Italia accusando gli organizzatori della kermesse di bellezza di mercificare le curve delle donne. Dai diritti alle coppie gay all'accoglienza incondizionata, la Boldrini è un cliché terzomondista per eccellenza.
La paladina degli immigrati critica i "servizi di lusso" offerti ai turisti: "Vanno ripensati con le politiche rivolte all’accoglienza degli stranieri"
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Andrea Indini
Boldrini: "Contraddizione tra immigrati e lusso"
March 30, 2014
Americani, arabi e cinesi a caccia di affari in Italia
"Finché niente si modifica da un punto di vista strutturale, la crisi dell'euro non è ancora superata". Nel libro Salviamo l'Europa, scritto a quattro mani con il giornalista Gregor Peter, George Soros dà un'immagine tetra del futuro economico-finanziario del Vecchio Continente: "Gli stati europei siedono ancora sulla loro montagna di debiti e non hanno nessuna possibilità per il futuro di diventare competitivi come il Nord del Continente". Eppure, attraverso il fondo Quantum Strategic Partners, il finanziere americano ha deciso di investire proprio sull'Europa e, in particolar modo, sull'Italia. Come prima operazione ha, infatti, scommesso 22 milioni di euro su Igd, l'immobiliare delle coop. Non è certo l'unico a battere questa strada. Da alcuni mesi numerosi fondi americani, arabi e cinesi hanno iniziato a scommettere su Piazza Affari e a puntare sul made in Italy. In attesa che il governo Renzi avvii la più grande operazione di privatizzazioni mai intrapresa.
Intervenendo al Forum della Confcommercio a Cernobbio, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha annunciato che il governo intende accelerare il piano di privatizzazioni dell'esecutivo precedente con l'obiettivo di "aumentare l'efficienza delle imprese privatizzate e diminuire il debito pubblico". "L'attenzione su questo tipo di operazoni è crescente e rilevante - ha aggiunto - va sfruttata nel migliore dei modi". Tra le aziende che potrebbero andare verso la privatizzaione ci sono le Poste, le Ferrovie dello Stato e la Cassa depositi e prestiti. "Lo Stato è azionista di controllo di oltre 30 società ed è azionista di riferimento di società quotate in molti comparti - ha concluso - almeno in alcuni di questi comparti c'è spazio per un ruolo ridotto dell'operatore pubblico". Al varco c'è un esercito di investitori pronto a tirar fuori i soldi per far buoni investimenti. Non è infatti un caso che la Banca centrale di Pechino sia pronta a tirar fuori 2,1 miliardi per comprare il 2% di Eni e Enel. "Ci sono rinnovati segnali di interesse per i mercati italiani, incluso quello dei titoli di Stato", ha spiegato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. Degli oltre 2mila miliardi di euro di debito pubblico oltre 663 miliardi sono già in mani estere.
"L'Italia sta facendo meglio, ma ancora non bene", si legge nel rapporto che Credit Suisse ha dedicato al nostro Paese e in cui vengono riconosciuti "segnali di una ripresa più ampia" sebbene i livelli di attività e di occupazione siano "ancora ben al di sotto i picchi precedenti". Insomma, la spinta c'è ma va sostenuta. E, mentre il premier Matteo Renzi si affanna a mettere in linea le riforme promesse, i fondi esteri hanno già iniziato a fare shopping. Come evidenzia il Corriere della Sera, "la stima degli investimenti da parte americana è di circa 90 miliardi di euro: una cifra cresciuta del 70% nel 2013". Una partita che non sta giocando soltando Soros. Da settimane BlackRock sta comprando pesantemente titoli bancari. Dopo aver investito in Unicredit (5%), Intesa Sanpaolo (5%) e Monte dei Paschi di Siena (8,5%), è stato ufficializzato anche l'ingresso nel Banco Popolare (1,3%). Anche il made in Italy non è indenne da questa ondata. Mentre il 20% di Versace finiva nelle tasche del colosso Blackstone, Poltrona Frau passava nelle mani del gruppo Haworth. E ancora: la Shenzen Marisfrolg Fashion ha comprato Krizia; il colosso petrolifero russo Rosneft hanno investito in Pirelli; il fondo sovrano del Kuwait, Kia, ha costituito con il Fondo strategico italiano una società che custodirà le partecipazioni in Ansaldo Energia, Metroweb, Hera, Kedrion, Sia e Valvitalia. E questo potrebbe essere solo l'inizio.
Soros: "La crisi dell'euro non è superata". Ma da mesi i fondi esteri scommettono su Piazza Affari. Ora il Tesoro prepara le privatizzazioni. Ecco chi potrebbe investire
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Andrea Indini
March 29, 2014
"Dentro i giovani, fuori gli anziani". Ma il governo litiga sui tagli alle Pa
A Palazzo Chigi si apre un nuovo fronte caldo. Lo scontro, durissimo e a distanza, si consuma sulla riforma della dirigenza pubblica che dovrebbe arrivare sul tavolo di Matteo Renzi tra fine aprile e i primi di maggio. Ad aprire il fuoco è il ministro dell'Istruzione, la montiana Stefania Giannini, bocciando la "staffetta generazionale" invocata dalla collega alla Pubblica amministrazione Marianna Madia che, per far spazio ai giovani, ha ipotizzato un piano di prepensionamenti per il personale più anziano. "Non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra, un sistema sano non ha bisogno di mandare a casa gli anziani per far entrare i giovani", ha avvertito il ministro di Scelta civica invocando "una alternanza costante".
Il piano del commissario per la Spending review Carlo Cottarelli ipotizza un taglio di 400 milioni di euro sulla spesa dei dirigenti pubblici. E la Madia, qualche settimana prima di partorire, sta mettendo a punto il piano per sfoltire i dipendenti della Pubblica amministrazione. Non ha ancora deciso lo strumento, ma i contenuti sembrano piuttosto chiari. "In Italia ci sono troppi dirigenti, troppo anziani, che non ruotano e per i quali si è formata una giungla retributiva che non risponde né a criteri meritocratici né a elementi oggettivi - spiega in una intervista al Corriere della Sera - ci sono persone che fanno la stessa cosa, magari in ministeri diversi, e hanno retribuzioni molto distanti". Il ministro assicura che il processo di riduzione dei dirigenti non sarà "traumatico" e servirà a "favorire l’ingresso dei giovani" facendo fuori "i dipendenti vicini alla pensione". Ma non entra nel concreto. Non dice, per esempio, quale sarà la proporzione: fuori tre dentro uno? Né chiarisce i criteri dei prepensionamenti o delle nuove assunzioni. Si limita insomma a vendere un'idea: "Con questa staffetta generazionale, riduco, svecchio e risparmio".
La riforma della Madia elaborerà anche un nuovo sistema per selezionare i vertici. Non ci saranno più i concorsi dedicati alle diverse amministrazioni, ma un concorso per un ruolo unico. Chi vince sarà abilitato a fare il dirigente. "Al massimo il ruolo unico potrà essere articolato su base territoriale - spiega la Madia - poi saranno le singole amministrazioni a pescare tra gli idonei secondo le caratteristiche dell’incarico e i titoli dei candidati, con procedure trasparenti". L’incarico sarà a termine. Tanto che non è automatico che il dirigente venga chiamato a nuovi incarichi.
La "staffetta generazionale" della Madia ha già sollevato i primi mal di pancia. E non solo all'interno dei sindacati. Se il leader della Fiom Maurizio Landini si è affrettato a ricordare al ministro che "il vero problema è abbassare l'età pensionabile", il fronte più duro è interno. La Gianni si è, infatti, subito detta contraria alla riforma: "Un sistema sano non ha bisogno di mandare a casa gli anziani per far entrare i giovani". Una doccia fredda per la Madia che rischia di aprire una nuova frattura all'interno della maggioranza. Da giorni i centristi stanno, infatti, creando non pochi problemi a Renzi che, proprio sul ddl Province, ha rischiato di inciampare a Palazzo Madama.
In arrivo i prepensionamenti nelle Pa. La Madia lancia la staffetta generazionale: "Riduco, svecchio e risparmio". Ma c'è lo stop della Giannini
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Andrea Indini
March 27, 2014
Renzi vuo' fa' l'americano: "Obama è il mio ideale"
"Obama non solo è il presidente degli Stati Uniti: per me e la mia squadra è fonte di ispirazione". Spiccica qualche parola in broccolino, poi attacca con l'italiano e si lascia andare in una sperticata serenata per Barack Obama. A Matteo Renzi brillano gli occhi, sorride alle telecamere e vende un sogno, il suo. "Tu vuo' fa' l'americano - gli canterebbe Renato Carosone - ma sei nato in Italy". Ed è proprio questo mix tra orgoglio italiano e fascino a stelle e strisce che caratterizza la conferenza stampa a Villa Madama. "La visita di Obama è un appuntamento molto importante per nostro governo - spiega il presidente del Consiglio - quel messaggio che ha caratterizzato la campagna di Obama, Yes we can, oggi vale anche per noi in Italia".
Lo stile è quello a cui Renzi ci ha ormai abituato. Schietto e divertito, veloce e immediato, facilmente commestibile se scorso in televisione. E la conferenza stampa che succede il faccia a faccia con il presidente degli Stati Uniti è una lunga carrellata che va dalla parternship tra Italia e Usa alla crisi in Ucraina, dalle politiche per rilanciare l'occupazione ai marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone "illegalmente detenuti in India". C'è spazio per tutto. Alla base ci sono "ideali e valori comuni". Alla base c'è una stima reciproca. Da una parte Renzi che sembra sognare per il solo fatto di essere faccia a faccia con il numero uno degli States, dall'altra Obama che rimane "favorevolmente impressionato per l'energia" del neo premier italiano e che gongola per la bellezza della Città Eterna. I due si trovano d'accordo su molti punti. In primis, la posizione di chiusura nei confronti del presidente Vladimir Putin per l'annessione della Crimea alla Russia. In secondo luogo, per gli sforzi compiuti da Roma nella distruzione delle armi chimiche siriane.
Ma il piatto forte è sicuramente il piano di riforme per far tornare l'Italia e il Vecchio Continente a crescere. Secondo il presidente degli Stati Uniti, il dibattito tutto europeo tra crescita e austerity è sterile: "Le finanze pubbliche devono essere in ordine ma più si cresce e più i conti sono in ordine". Renzi ci tiene a far bella figura: "Abbiamo sì un grande debito pubblico ma un risparmio privato quattro volte il debito e un avanzo primario. Non siamo la Cenerentola d’Europa, usciamo da una subalternità culturale". Poi snocciola i buoni propositi del governo e elenca le riforme che ancora devono essere scritte: "Obama ha scelto un percorso ambizioso per ricostruire l’economia del suo Paese. Noi abbiamo scelto di usare lo stesso acronimo, Jobs act, per restituire lavoro e spazio ai giovani". Gli Stati Uniti sono il modello su cui il governo intende operare. Ma, ci tiene a sottolineare il premier, "l’Italia deve fare il proprio compito dando corpo a riforme strutturali". Riforme che sembrano piacere anche a Obama che, però, invita Renzi a "raddoppiare gli sforzi per educare i giovani e fornire competenza per il lavoro" e ad accorciare il consistente divario sulle spese destimanete alla difesa.
Obama plaude alle riforme di Renzi: "Saprà portare avanti l'Italia". E il premier gongola: "Per me e per la mia squadra Barack è fonte di ispirazione"
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Andrea Indini
Renzi: "Per noi l'America è un modello"Obama: "Ho fiducia nelle riforme di Renzi"Obama all'Ue: "Divario sulla spesa per la difesa"Renzi a Obama: "Yes we can vale anche per noi"Renzi-Obama, l'incontro a Villa Madama
March 26, 2014
Immigrazione, Grasso: "Rivedere la legge sulla cittadinanza"
Non gli importa che dall'inizio dell'anno a oggi siano già sbarcati più di 15mila clandestini sulle coste italiane. Non gli importa nemmeno che a promettere si creano aspettative che difficilmente il Belpaese riuscirà a mantenere. Eppure il presidente del Senato Piero Grasso chiede al parlamento una nuova legge di cittadinanza. Un'intrusione politica che arriva a ridosso dei maxi sbarchi dello scorso fine settimana che hanno riversato in Sicilia oltre duemila extracomunitari. "È giunto il momento di pensare a un nuovo percorso di cittadinanza - ha spiegato - le nostre norme sono fra le più severe in Europa e rischiano di escludere dai diritti migliaia di persone che con il loro lavoro onesto contribuiscono al benessere e al progresso della nostra società, che è anche la loro società".
Tutti gli annunci hanno un prezzo. Oggi l'Italia paga, infatti, le promesse del governo Letta che, anche attraverso gli annunci dell'ex ministro all'Integrazione Cecile Kienge, ha di fatto dato un segnale di speranza a migliaia di persone in fuga dal Nord Africa. Tanto che i fondi stanziati per l'operazione "Mare Nostrum" sono già finiti e la Marina Militare è costretta a mettere mano alle proprie casse. Il governo Renzi non sta certo facendo di meglio. L'emergenza immigrazione non rientra nemmeno tra gli ultimi punti del programma. Proprio per questo il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha annunciato, giusto ieri, che presenterà una sfiducia del ministro all'Interno Angelino Alfano. Di tutta risposta Grasso ha invitato il parlamento a mettere mano alla legge di cittadinanza per aprire la società agli immigrati. "Penso ai giovani nati nel nostro paese, che qui studiano, che parlando la nostra lingua e i nostri dialetti, che tifano o giocano nelle nostre squadre di calcio - ha aggiunto Grasso - mi sono sempre chiesto amaramente perché questi giovani combattono per la giustizia e per il futuro di un paese di cui non sono e non saranno mai cittadini, almeno finché la legge non sarà cambiata". Per il presidente del Senato, il futuro dell'Italia dipende dalla capacità di integrare i nuovi arrivati: "La sfida della costruzione di una nuova società multietnica e multiculturale deve muovere dalla scuola, che oggi è arricchita in tutta Italia dai bei volti di ragazzi che arrivano da luoghi geograficamente e culturalmente lontani".
Nel tessere le lodi della società multietnica Grasso si guarda bene dall'affrontare tutte le problematiche connesse alle ondate migratorie che nelle ultime settimane hanno ripreso a muovere contro le nostre coste. Alfano ha già fatto sapere che il governo rivedrà i tempi di permanenza dei clandestini nei Centri di identificazione ed espulsione. Il titolare del Viminale non ha indicato quali saranno i nuovi termini né se si agirà con un decreto legge o con un altro provvedimento, ma ha detto chiaramente che la normativa sarà rivista. Non solo: il governo punterà anche a "rafforzare il sistema dei richiedenti asilo" per fare in modo che "le risposte arrivino prima". Aperture che hanno messo in guardia la Lega Nord che rinfaccia al titolare del Viminale di essere il responsabile non solo della "cancellazione della Bossi-Fini" e di una "fallimentare politica sull’immigrazione", ma anche dello "svuota-carceri e dello smantellamento della politica di sicurezza". "L’incredibile accoppiata Renzi-Alfano - ha tuonato Salvini - sta riuscendo in ciò che neanche la Kyenge era riuscita a fare: riempirci di clandestini".
Dall'inizio del 2014 sono già sbarcati 15mila clandestini. Eppure il presidente del Senato loda la società multietnica: "Scuole italiane arricchite dai bei volti di ragazzi che arrivano da lontano"
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Andrea Indini
Le auto blu all'asta su eBay: veri tagli o solo propaganda?
Il battitore d'asta è pronto a far cassa. Dalle slide a eBay. "Venghino, siori, venghino", gigioneggiava Matteo Renzi in conferenza stampa annunciando la svendita delle auto blu e strappando qualche sorriso smaliziato ai più. Perché, se da una parte piazzare le berline ministeriali fa sicuramente colpo sul sentimento anti casta, dall'altra è subito circolato il dubbio che i danée in arrivo nelle casse dello Stato potrebbero essere di gran lunga inferiori rispetto alle aspettative. Il piazzista di Palazzo Chigi inizierà a mettere il parco auto su eBay già tra qualche giorno. Si inizia con una prima tranche di 25 auto. E subito si capirà l'aria che tira.
"Se riusciamo raccontiamo anche chi sono i singoli ministri che le hanno utilizzate - scherzava il premier sempre in conferenza stampa - se qualcuno volesse comprarsi l'auto che ha usato La Russa, perché no?". Ora che è finito il tempo delle battute sornione e delle spacconate da televendita, Palazzo Chigi deve passare ai fatti. Sul sito della presidenza del Consiglio apparirà a giorni un banner per tener d'occhio le offerte dell'ultimo minuto. Si parte con le prime 170 auto blu che saranno messe all'asta in sei tranche da venticinque pezzi. Alla concessionaria di Palazzo c'è un po' di tutto, anche cimeli che non vengono nemmeno più prodotti. Dalla Maserati 139 Quattroporte, il cui prezzo di mercato viaggia intorno ai 50mila euro, alle Lancia K, che di euro ne vale poco più di un migliaio, e la Lancia Thesis, che a seconda delle condizioni potrebbe far intascare dai 2.500 ai 12mila euro. Cifre tutt'altro che da capogiro. Su eBay finiranno anche le Volvo S60 del Viminale che potrebbero essere piazzate a massimo 9.500 euro, se sono di prima serie (ora fuori produzione), o a massimo 30mila euro, se di seconda. Nel calderone potrebbero finire anche le Bmw 52d del ministero di Giustizia, le Alfa 159 e 156 del Viminale e le Audi A6. Queste ultime sono stimate intorno ai 50mila euro.
Ma quanto andrà a guadagnare Renzi con la spending review delle auto blu? Impossibile dirlo. Nel piano firmato dal commissario Carlo Cottarelli rientrano in quei 100 milioni di euro di risparmio che vanno sotto il capitolo "riduzione delle consulenze e delle auto blu". Un po' vago. Quando sedeva a Palazzo Vecchio, Renzi ci aveva già provato coi tagli agli sprechi. Non gli era andata granché bene. Per quattro berline di grossa cilindrata, tre Alfa Romeo e una Volvo, aveva portato nelle casse del Comune di Firenze poco più di 17mila euro. Una magra consolazione, insomma. Lo stesso buco nell'acqua rischia di ripetersi. Anche perché vendere le auto blu dei ministeri è una mossa di facciata. Come spiega il Corriere della Sera, al netto delle vetture in uso da Fiamme Gialle, carabinieri e polizia, le 58.688 auto blu costano "quasi 950 milioni di euro tra spese di acquisto, noleggio, gestione personale". Ma il grosso di questa fetta non è nelle mani di Renzi. "Le Regioni hanno oltre 51mila auto, oltre il 90% del totale - ricorda il presidente del Formez, Carlo Flamment - e sono proprio loro i centri di spesa più evidenti". Tanto che da qui al 2015 sono già calendarizzati nuovi acquisti. Il Consip avrebbe già messo gli occhi su 5.500 berline da acquistare entro il 2015. Un'operazione che dovrebbe costare intorno ai 55 milioni di euro. E questi, a differenza dell'introito dell'asta, sono certi.
In vendita Maserati, Audi e Lancia. Molte sono fuori produzione. E Renzi rischia di guadagnare un pugno di euro. Intanto il Consip si prepara ad acquistare 5.500 auto blu nuove
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Andrea Indini
March 24, 2014
La Le Pen fa paura a Grillo
Inutilmente anti euro. Anche a Bruxelles Beppe Grillo e la compagine pentastellata finirà per commettere lo stesso, spocchioso e grossolano, errore dell'anno scorso quando vanificò il voto di quasi 9 milioni di italiani rifiutandosi di sporcarsi le mani facendo una scelta di campo. "Nessuna alleanza con Marine Le Pen", annunciano tronfi il comico genovese e il guru Gianroberto Casaleggio all'indomani della "marea blu" del Front National che ha travolto la Francia alle Comunali. Una chiusura netta e programmatica che si pone in antitesi rispetto alla scelta fatta da altri leader europei come l'inglese Nigel Farage, l'olandese Geert Wilders o il leghista Matteo Salvini. "Francamente non capisco l’odio di Grillo nei miei confronti - ha commentato la Le Pen all'Ansa - in realtà, i nostri partiti sono d’accordo su molti temi, a partire dalla lotta contro l’euro".
"La Francia è solo l'inizio". L'orizzonte della Le Pen è l'Europa. Per questo chiama a raccolta tutte le forze euroscettiche del Vecchio Continente: "Alleiamoci in difesa degli Stati nazione, del ritorno della democrazia, della sovranità dei popoli e delle identità nazionali". Ma il primo a scappare è proprio Grillo che dell'euroscetticismo ha fatto la bandiera del M5S. A Bruxelles, come a Roma. Niente alleanze, niente compromessi. Morale? Nessun risultato. Le battaglie, i programmi e le promesse resteranno inchiostro nero su carta straccia. Non troveranno sbocco all'europarlamento, come non hanno trovato terreno in cui attecchire alle Camere. L'hanno scorso, all'indomani della magra vittoria del Pd, Grillo sbattè la porta in faccia a Pier Luigi Bersani e si mise in un angolo. Preferì fare di testa propria, preferì andar da solo. E andò a sbattere la zucca contro il muro. In un anno di non governo, stordito dal calo dei consensi e l'incapacità di incidere in parlamento, il Movimento 5 Stelle ha visto le proprie schiere depauperarsi di generali e soldati semplici tra espulsioni, epurazioni e defezioni. Un triste epilogo per un partito che aveva promesso agli italiani di aprire il parlamento come una scatola di sardine.
A fatica Grillo sta girando il Paese per riacciuffare i voti degli scontenti. Va detto che ce la sta facendo. Gli ultimi sondaggi danno i Cinque Stelle intorno al 25%. Se così fosse, sarebbe il secondo partito per consensi. Il comico genovese sta facendo leva sul sentimento anti europeo che aleggia in tutta Italia. Trova terreno fertile nel tuonare contro gli euroburocrati, contro le politiche di austerità della cancelliera Angela Merkel e contro il cappio della moneta unica. Non c'è che dire. Le proposte sono chiare: rinegoziare il fiscal compact, rivedere il Fondo salva Stati e i trattati "scomodi", indire il referendum sull’euro per uscire dalla moneta unica. Proposte che resteranno urla al vento. Non si tradurranno in niente. Perché, ancora una volta, Grillo ha deciso che all'Europarlamento non si alleerà con nessuno. "Il M5S non è né di destra né di sinistra - ha spiegato - allearsi con il Front National in vista delle europee vorrebbe dire spostare l’asse del Movimento a droite". Insomma, la linea non cambia nonostante l’ascesa della Le Pen alle comunali francesi. Eppure, stando a quanto riferiscono all’Adnkronos fonti vicine ai vertici del Movimento 5 Stelle, Grillo gongola per le notizie che arrivano da Oltralpe e che premiano l’ondata anti-euro e populista contro i vincoli stringenti e l’austerità della Ue. Oggi come non mai, però, il voto ai Cinque Stelle si rivela inutile: inefficace perché, svincolato da qualsiasi alleanza, non potrà mai incidere.
"Al contrario del Front National - fa notare la Le Pen - Grillo si limita a contestare senza assumersi le proprie responsabilità". E l'ex comico ha pronta la risposta: "Nessuno odia Marine Le Pen. Ha però un'appartenenza politica diversa dal M5S e per questo non sono possibili accordi. Rien d'autre. Adieu".
Il comico chiude al Front National: "Nessuna alleanza alle europee". Le Pen: "Mi odia, ma i programmi sono simili"
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