Andrea Indini's Blog, page 151

April 14, 2014

L'Europa ribelle

Un tempo era il sogno di milioni di europei, l’ideale capace di unire i Pirenei agli Urali. Oggi, a dodici anni dall’entrata in vigore della moneta unica, a poche settimane dal voto del 25 maggio l’ideale europeo sembra sul viale del tramonto. Persino nell’Italia, culla degli ideali europei, la rabbia dei cittadini promette di diventare il volano capace di moltiplicare i voti dei partiti “euroscettici”. In altri paesi monta una rivolta capace di ridisegnare non solo il panorama politico dell’Europarlamento, ma persino - come in Francia ed Inghilterra - quello dei parlamenti nazionali. L’Europa ribelle, l’Europa stanca dei diktat emanati da un gruppo di burocrati lontanissimi dai sogni e dalle aspirazioni di 500 milioni di cittadini, è sul piede di guerra. Dalla Francia all’Ungheria, dai Paesi bassi al Regno Unito, dall’Italia alla Germania, i nemici di Bruxelles sono pronti a investire sulla crisi dell’Euro e sul malessere generato da ricette economiche sbagliate e spesso incomprensibili. E i falò divampati nel cuore del vecchio Continente minacciano di non essere semplici fuochi di paglia, ma di dar vita ad un unico, devastante incendio. Un incendio capace di mandare in cenere i sogni di chi per decenni ha creduto al progetto di un’Europa capace di far concorrenza agli Stati Uniti, alla Cina e alle altre grandi potenze emergenti Per questo non possiamo e non dobbiamo ignorare il rogo alimentato dalla rabbia anti euro. Questa rabbia va studiata, analizzata e raccontata con la stessa attenzione che si dedicherebbe ad un conflitto capace di devastare il continente.


Come ogni conflitto anche questo va innanzitutto osservato da vicino. E capito. Per questo Andrea Indini, giovane e curioso giornalista de “il Giornale On Line” molto attento alle dinamiche dei nuovi gruppi politici e Gian Micalessin, rodato inviato di guerra reduce da tutti i conflitti degli ultimi trent’anni, uniranno le loro sensibilità e vi accompagneranno in un viaggio attraverso le trincee dell’Europa Ribelle. Viaggeranno separati, ma uniti dalla voglia di offrirvi nel minor tempo possibile, vista la vicinanza del voto, un nuovo grande reportage. Per portarlo a termine Gian e Andrea visiteranno le città e le regioni dove i partiti anti europeisti hanno costruito i propri santuari. In ognuno di questi santuari identificheranno e investigheranno il disagio politico e il malessere sociale fonte della rabbia anti Bruxelles. Andrea Indini visiterà le regioni inglesi dello Yorkshire e del Cambridgeshire dove l’Uk Indipendence Party di Nigel Farage si prepara a raccogliere più consensi dei conservatori del premier David Cameron. Gian Micalessin vi porterà in Francia, nei santuari dove il Front National di Marin Le Pen coagula il risentimento degli agricoltori impoveriti, dei minatori senza più lavoro, delle periferie urbane assediate da una immigrazione clandestina che minaccia soprattutto i ceti meno abbienti e meno protetti. In Olanda cercheremo di capire perché la crisi e gli errori del multiculturalismo hanno innescato un fervore anti islamico che continua a regalare voti al partito di Geert Wilders.


Ma cercheremo anche di spiegare perché neppure la Germania di Angela Merkel, eminenza grigia e tetragona impersonificazione delle austere ricette di Bruxelles, sia al riparo dalla rabbia anti europea. Nelle città della Sassonia scopriremo cosa cova dietro i sentimenti euroscettici che animano l’opposizione ad una coalizione di governo apparentemente assai solida. Per fare tutto ciò avremo ancora bisogno del vostro aiuto, della vostra fiducia e della vostra partecipazione. Grazie ai reportage in Libia realizzati con il crowdfunding de “Il Giornale” vi abbiamo anticipato le ragioni dello spaventoso esodo che riversa sulle nostre coste decine di migliaia di clandestini. E con il vostro contributo Fausto Biloslavo ha potuto raccontare, minuto per minuto, le concitate fasi dello scontro in Ucraina che minaccia di avere devastanti conseguenze per tutta l’Europa. Contribuite a questo reportage e vi faremo capire l’importanza della partita celata nelle urne del 25 maggio, i suoi rischi e le sue devastanti incognite.


www.gliocchidellaguerra.it


A poche settimane dal voto, l'Ue è scossa dagli euroscettici. Ecco perché vogliamo raccontarvela. Vai sul sito Gli occhi della guerra: sostieni il reportage





Tag: 

Europa
euroscettici
ue
elezioni europee




Andrea Indini
Gian Micalessin



Londra, Farage popolare come il premier
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 14, 2014 08:54

Renzi cambia i vertici dei colossi statali

È da almeno un paio di lustri che i principali colossi, di cui lo Stato è ancora l'azionista di riferimento, non sperimentano un autentico ricambio nominale e generazionale. Ad eccezione dell'amministratore delegato di Terna, il 50enne Flavio Cattaneo, i vertici delle holding sono in mano a ultra sessantenni a cui il premier Matteo Renzi vuole dare il ben servito dando, una volta per tutte, un segnale di discontinuità col passato. Perché, al di là dell'età, molti dei manager in scadenza hanno già completato tre mandati triennali. E così, a mercati chiusi, dovrebbe arrivare la short list del Tesoro coi nuovi dirigenti di Eni e Finmeccanica. Le assemblee delle due società sono, infatti, già state fissate l’8 e 9 maggio e l’obbligo di comunicazione scatta a 25 giorni dall'assemblea.


Qualche tassello nella complessa partita inizia a definirsi. In mattinata Renzi è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, subito dopo, ha a sua volta ricevuto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan a Palazzo Chigi. Un faccia a faccia, quello col titolare del Tesoro, che è andato avanti per oltre quattro ore. Sul tavolo, appunto, il puzzle delle nomine ai vertici delle aziende pubbliche. L’attesa per conoscere tutti i nomi dei nuovi "capi" dei maggiori gruppi pubblici potrebbe però essere anche più lunga. Se domani la scadenza obbligatoria è per Eni e Finmeccanica, per Enel e Terna, ad esempio, c’è più tempo, dal momento che le convocazioni per gli azionisti sono fissate al 22 e al 27 maggio, anche se non è ancora escluso che, come in passato, la comunicazione del Tesoro sia unica e le comprenda tutte. Per la guida di Enel è in pole position Francesco Starace, attualmente amministratore delegato della controllata "verde" Green Power, mentre appare quasi scontata la promozione di Claudio Descalzi dalla poltrona di direttore generale a quella di amministratore di Eni.


Oltre al ricambio generazionale la novità è anche "rosa". "Vogliamo fare una rivoluzione culturale - ha commentato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio - per questo puntiamo a promuovere le donne, fino ad arrivare a una sostanziale parità di genere nelle nomine. Lo facciamo per colmare un ritardo italiano che è di almeno 30 anni rispetto ad altri Paesi". Nelle ultime ore sono già circolati i nomi dell’ex ministro Paola Severino ed Emma Marcegaglia, industriale ed ex numero uno di Confindustria. Ma questi nomi potrebbero essere frenati da problemi legati a possibili conflitti di interesse. Circola anche il nome dell’attuale numero uno di Olivetti, Patrizia Grieco, indicata alla presidenza di Enel al posto di Paolo Colombo. Per Terna una donna potrebbe arrivare alla presidenza, anche se non è da trascurare la possibile conferma di Luigi Roth, mentre l'amministratore delegato sarebbe Aldo Chiarini, attuale numero uno di Gaz de France Italia.


Cambio della guardia in vista anche a Finmeccanica, tranne che per la presidenza alla quale è ormai certa la conferma dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro. Per la poltrona di amministratore delegato (ora di Alessandro Pansa) all’ultimo momento è spuntato il nome dell’attuale ad di Fs, Mauro Moretti. Si fanno anche i nomi di Giuseppe Giordo (Alenia) e Francesco Caio, mentre perderebbe quota Domenico Arcuri. Giuseppe Recchi, presidente di Eni, potrebbe essere sostituito da Elisabetta Belloni (in arrivo dalla Farnesina), Paola Severino o l’ambasciatore Giampiero Massolo, attuale direttore del Dis, ossia l’organismo di coordinamento dei servizi segreti. "Renzi vuole fare anche le Poste - ha annunciato Delrio a Repubblica - per dare il segnale di un governo che affronta subito i nodi". Al posto di Massimo Sarmi viene indicato lo stesso Francesco Caio. Ma si fanno anche i nomi di Monica Mondardini (accostata anche alla presidenza di Eni) e Bianca Maria Farina, che potrebbero ricoprire un ruolo operativo. Se si concretizzasse il passaggio a Finmeccanica, Moretti lascerebbe il posto alle Fs a Domenico Arcuri in arrivo da Invitalia.


L'operazione di rinnovamento rischia di costar davvero cara. Renzi dovrà, infatti, tener conto delle buonuscite. L'Espresso ha, infatti, calcolato che la buonuscita di Conti dall'Enel dovrebbe ammontare a 6,4 milioni e quella di Scaroni dall’Eni a 8,3 milioni. Sommando tutte le liquidazioni dei manager in scadenza, lo Stato dovrebbe arrivare a 25 milioni di euro. Tutte cifre stabilite da contratto.


Quasi fatta per Descalzi all’Eni e Starace all’Enel. In ballo vertici di Poste e Finmeccanica. I nomi a Borse chiuse





Tag: 

Matteo Renzi
nomina
Eni
Enel
Finmeccanica
vertici
dirigenti




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 14, 2014 08:37

April 11, 2014

Ma chi è il vecchio tra Renzi e Grillo?

È probabilmente l'insulto peggiore che un politico possa mai rivolgere a Beppe Grillo. "Sei vecchio, stai diventando come i vecchi politici". A urlarglielo in faccia è stato Matteo Renzi con cui da giorni è in corso un violentissimo scontro verbale. I due si scambiano epiteti, insulti e accuse senza andare troppo per il sottile. Così il premier si è preso dell'ebetino, del "Gabibbo circondato da quattro veline", è stato tacciato di andare in giro a raccontare balle agli italiani, è stato sbeffeggiato sui social network. Niente di nuovo sotto il sole. Il comico è solito far politica con nomignoli e slogan. 


L'ultima sprata è arrivata all'indomani della presentazione delle liste del Pd. Grillo ha storto il naso nel vedere cinque donne alla guida delle circoscrizioni per le Europee. Le ha chiamate veline, tanto per non farci mancare i soliti insulti sessisti a cui ci avevano a lungo abituati gli anti berlusconiani contro le ministre del Pdl. E se Alessandra Moretti, Simona Bonafè e candidate varie si sono prese delle veline, Renzi è passato da Renzie a Gabibbo. Il comico genovese sembra una goccia fastidiosa che batte, incessantemente, sempre sullo stesso punto. E, in piena campagna elettorale per la corsa all'Europarlamento, eccolo dare il meglio o il peggio di sé. "Tutti i giorni Beppe Grillo mi attacca e discute di ciò che faccio - ribatte il presidente del Consiglio - sta diventando come i vecchi politici di una volta. Noi parliamo agli italiani mentre lui attacca gli avversari". E aggiunge: "Noi facciamo proposte per il paese mentre Grillo attacca gli altri. Noi stiamo tra la gente e lui guarda i sondaggi. È una strategia che magari funziona ma il mio compito è stare nell’Italia che funziona come Vinitaly, il Salone del mobile e l’Expo, mentre loro stanno sempre più tra gli addetti ai lavori".


Non è certo la prima volta che Renzi invita Grillo a uscire dal cortocircuito della rete. Glielo ha detto pure in faccia, quando i due si sono incontrati alle consultazioni. Un faccia a faccia durato meno di dieci minuti per colpa dello stesso Grillo. Che, di fatto, aveva fatto fallire l’incontro che gli era stato imposto con una consultazione in rete. Sin dalle prime battute il colloquio lampo si era trasformato in un comizio del comico: "Tu sei una persona buona, però rappresenti un potere marcio. Noi faremo degli errori ma siamo coerenti. Noi non prendiamo soldi". E Renzi: "Non è il trailer del tuo show, non so se sei in difficoltà sulla prevendita e se mai ti do una mano. Questo non è Sanremo. Esci da questo blog". Ma da quel blog, Grillo sembra non essere ancora uscito. Così come Renzi non sembra essere ancora riuscito a uscire dagli slogan e dalle promesse che ogni giorni sciorina agli italiani. È una sfida ad armi pari tra due campioni della comunicazione. I mezzi, il pubblico e i toni sono differenti, ma l'obiettivo resta lo stesso: conquistare l'attenzione dei mass media e vincere le elezioni. A conti fatti nessuno dei due innova. Entrambi seguono i "vecchi" schemi della "vecchia" poilitica".


Da settimane i due si affrontano a suon di insulti. Renzi si prende dell'ebetino e replica dando del "vecchio" a Grillo. Sono poi così diversi?





Tag: 

Matteo Renzi
Beppe Grillo
governo
M5S




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 11, 2014 08:01

April 10, 2014

Renzi alla minoranza dem: "Si adegui alla maggioranza"

Ci prova Matteo Renzi a far la voce grossa con la minoranza dem che sulla riforma del Senato non intende sentire ragioni. Ci prova ma ci riesce. Perché nell'agone di Palazzo Madama i numeri del premier sono tutt'altro che positivo: risicatissimi e, di ora in ora, sempre meno certi. Così, quando invita la minoranza piddina ad adeguarsi alla maggioranza del partito, ovvero alla linea da lui stesso dettata, il ribelle Pippo Civati gli scodella sotto il naso che una dozzina di fuoriusciti Cinque Stelle hanno sotto scritto il testo di Vannino Chiti: "Le riforme costituzionali sono prerogativa del Parlamento e non si fanno a colpi di maggioranza, nè tantomeno con ddl imposti dal governo".


Renzi guarda avanti. Non lascia spazio agli intoppi. Nemmeno la decisione del Tribunale di Sorvegliaza su Silvio Berlusconi potrebbe mettergli i bastoni tra le ruote. "Le questioni della giustizia riguardano la giustizia", ci tiene a far notare. Nei prossimi giorni si vedrà, faccia a faccia, col Cavaliere per mettere a punto l'iter della riforma costituzionale. Per il momento non è stata ancora fissata la data. Ma il vertice si farà, eccome. Perché per il premier è un bene che anche Forza Italia si sieda al tavolo per scrivere le regole del gioco. "Ci vedremo a Palazzo Chigi o al Nazareno dove ci siamo trovati bene", fa sapere non senza malizia, forse tirando una stoccata ai malpancisti del suo stesso partito che non vedono di buon occhio l'intesa con Berlusconi. Dal quartiere generale di Forza Italia, però, i segnali che arrivano sono diversi. È proprio il consigliere politico del Cavaliere, Giovanni Toti, a spiegare che ad oggi non è avvertita l'esigenza di un incontro col capo del governo. "Forse ci sarà in futuro...", dice a Porta a Porta lasciando uno spiraglio al dialogo.


Ma le frizioni più preoccupanti arrivano proprio da via del Nazareno. Il ddl Chiti piace. E non solo alla minoranza dem. Ai primi ventidue piddì, che hanno apposto la propria firma in calce al documento, si sono aggiunti altri sei senatori democrat, che si barcamenano tra le due fazioni, e soprattutto i dissidenti grillini che, stando a sentire Civati, avrebbero dato già il proprio appoggio. Per non parlare del Movimento 5 Stelle che, per quanto inaffidabile quando si parla di alleanze, ha dimostrato non pochi apprezzamenti al testo proposto da Chiti. "Il Pd ha delle regole al proprio interno - ha tuonato - la minoranza non va per i fatti suoi ma va dove va la maggioranza. Lo dico io che per anni sono stato in minoranza". Per Renzi il ddl Chiti è buono solo per "essere sventolato sui giornal, ma non ha alcuna possibilità di essere realizzata". Un richiamo all'ordine che non è affatto piaciuto a Civati che si è affrettato a invitare il proprio segretario di partito a "rileggere l’articolo 67 della Carta", quello sulla libertà dal vincolo di mandato. "Non ricorra inutilmente alla disciplina di partito quando c’è un dibattito aperto", ha concluso sapendo di avere dalla sua i numeri per far inceppare il cammino della riforma.


Il premier: "Forza Italia si sieda al tavolo delle riforme". Ma Toti chiude: "Per ora nessun incontro col Cav". E nel Pd infiamma la polemica sul ddl Chiti





Tag: 

Matteo Renzi
Pippo Civati
ddl chiti
senato
riforma
forza italia
Silvio Berlusconi




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 10, 2014 11:56

April 9, 2014

Alfano spalanca le porte ai clandestini

C'è una stima del Viminale che spaventa la Marina Militare. E questa stima parla di 600mila clandestini pronti a prendere d'assalto le nostre coste. Lo stivale come trampolino di lancio per arrivare in Italia e nella non più così ricca Europa. Dinnanzi a questa invasione il ministro dell'Interno Angelino Alfano spalanca le porte a chiunque voglia intraprendere il viaggio della speranza. Dal Viminale è stata, infatti, inviata una circolare a tutti i prefetti affinché si attivino per accogliere le migliaia di immigrati sbarcati nelle ultime ore. "Caro Alfano - ha commentato il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini - ti pagano lo stipendio per difendere i confini, non per farci invadere da migliaia di disperati e delinquenti".


"Non fatevi prendere le impronte digitali, evitate il riconoscimento". Sono i consigli mimati a gesti dalla banchina del porto di Pozzallo da due giovanissime eritree sbarcate ieri nel Ragusano. Sedute a terra, gesticolano senza dire una parola per invitare le persone a bordo a non dare le proprie generalità. Tra i suggerimenti che si scambiano gli extracomunitari c’è quello di rivestire i polpastrelli con lo smalto per le unghie, così da impedire i rilievi dattiloscopici. Nelle ultime quarantott'ore sono sbarcati in Italia oltre quattromila clandestini obbligando la Marina Militare a impiegare oltre 1.600 navi per i soccorsi. Si tratta di una progressione di eventi che allarma il Viminale. Come stimato dal portavoce del commissario Ue Cecilia Malmstrom, dalla Libia sarebbero pronti a partire 600mila immigrati alla volta delle coste italiane. Una situazione catastrofica per cui non bastano gli 80 milioni di euro stanziati da Frontex. Come spiegato da Alfano, l'Italia spende ogni giorno 300mila euro, 9 milioni al mese, per soccorrere gli extracomunitari. Stando ai dati del Vimanle, dal 18 ottobre scorso la Marina Militare avrebbe già soccorso 14.500 persone. "Lo sbarco degli immigrati sulle coste italiane - ha spiegato ieri Alfano al Senato - è un fenomeno che non è destinato a decrescere ma anzi ad aumentare". 


"Questi sono numeri che non rappresentano una tantum ma rischiano di diventare quasi quotidiani - spiega l’ammiraglio Roberto Camerini, comandante della Marina Militare in Sicilia - è un flusso enorme aumentato di dieci volte rispetto allo scorso anno". Le risorse aggiuntive a Frontex, al di là degli 80 milioni di euro previsti, dipendono dalla volontà dei 28 Stati Membri. Ma la partita dell’Italia su questo fronte, per il 2014 è ancora tutta da giocare, soprattutto in vista del semestre di presidenza Ue. Tuttavia, l'abolizione del reato di clandestinità e le politiche lassiste del governo Renzi non lasciano sperare in una inversione di rotta. Tanto più dopo la circolare di oggi spedita dal Viminale ai prefetti affinché trovino, al più presto, le strutture per "accogliere le migliaia di immigrati sbarcati nelle ultime ore". A chiedere al Viminale il pugno duro contro gli sbarchi è Salvini che da settimane sta girando il Paese per raccogliere le firme contro l'immigrazione incontrollata. "Non accetto chi dice che preferiamo salvare 15mila vite. Sarebbe meglio avere 15mila morti? - ha tuonato il ministro dell'Interno - lo dico a gente, come i leghisti, che fa campagna elettorale sull'immigrazione". "Chi si nasconde dietro ai morti per cercare alibi alla propria incapacità di gestire le politiche sull’immigrazione ci crea non poco imbarazzo - hanno replicato i deputati del Carroccio, Nicola Molteni e Guido Guidesi - noi non vogliamo un solo immigrato morto ma non vogliamo nemmeno un solo clandestino in più".


C'è una stima del Viminale che spaventa la Marina Militare. E questa stima parla di 600mila clandestini pronti a prendere d'assalto le nostre coste





Tag: 

immigrazione
Angelino Alfano
viminale
prefetture




Andrea Indini



Salvini: "Pronto referendum sul reato di clandestinità"Sbarchi, oltre 2400 immigrati soccorsi in 72 ore
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 09, 2014 11:41

April 8, 2014

Riforme, Grillini e minoranza piddì pronti a fare la festa a Renzi

Il testo del ddl costituzionale, che riformerà il Senato e il Titolo V, non è ancora stato depositato negli uffici di Palazzo Madama. Licenziato dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa, è tuttora al vaglio del Colle. Quando ci arriverà, forse in settimana, si aggiungerà ad altri undici ddl sullo stesso tema. Ce ne sono di tutti i gruppi parlamentari. Lega, Pd, Sc, Ncd, ex grillini, gli ultimi in ordine di presentazione sono quelli di Sel, di Mario Monti e un testo alternativo del Pd, o meglio di una sua parte, a prima firma Vannino Chiti, presentato insieme ad altri 19 senatori democratici e sottoscritto anche da Dario Stefano di Sel e Enrico Buemi del Psi. Non solo. Il testo di Chiti non dispiace nemmeno ai grillini. "È di fatto il nostro testo, ad eccezione di una questione che riguarda il taglio delle indennità - ha commentato il presidente dei senatori stellati Maurizio Santangelo - ma su tutto il resto non possiamo non essere d’accordo visto che ricalca la nostra proposta".


In via del Nazareno l'iniziativa di Chiti è considerata minoritaria. Secondo fonti vicine al Partito democratico, nessuno vorrà davvero mettere in discussione il progetto presentato dal presidente del Consiglio che è anche il segretario del partito. All'assemblea dei senatori dem, convocata d'urgenza per discutere delle riforme, il capogruppo Luigi Zanda ha provato a insistere sul fatto che i "paletti" messi dallo stesso Matteo Renzi a difesa del ddl non possono essere superati. "L’obiettivo del gruppo deve essere da una parte tenere ferma la data del 25 maggio come scadenza ultima di approvazione in prima lettura - ha spiegato - dall’altra portare tutti i senatori del gruppo uniti all’approvazione della riforma". Per evitare pasticci Nicola Latorre ha, quindi suggerito di ritirare il ddl alternativo per trasformarlo in emendamenti al testo del governo. Una proposta subito rispedita al mittente. Dagli interventi di alcuni dei 22 firmatari della proposta alternativa avanzata da Chiti è, infatti, emersa la determinazione ad andare avanti su quel testo.


Ma mentre il Pd fa il processo al ddl di Chiti, che non ha potuto presenziare all'assemblea perché impegnato a Bruxelles per il consiglio europeo, il fronte anti Renzi ha continuato ad allargarsi. "Intorno al provvedimento si sta coagulando una maggioranza ampia", ha sottolineato Corradino Mineo. E, infatti, il ddl Chiti sembra trovare un interesse trasversale nella sinistra che siede in parlamento. Oltre al Sel e al Psi, anche gli stellati potrebbero dar man forte alla minoranza piddina e far così naufragare il piano di riforme di Renzi. Santangelo ha già fatto sapere che i voti del Movimento 5 stelle potrebbero confluire sul testo presentato da Chiti.. Un'apertura che entusiasma Mineo: "Abbiamo votato con M5S la decadenza di Berlusconi, perchè non dovremmo provare a votare insieme le riforme istituzionali?".


Zanda detta la linea sulla riforma del Senato. Ma la minoranza non molla. E il M5S apre: "Pronti a votare il ddl Chiti"





Tag: 

riforme
senato
ddl chiti
M5S
Matteo Renzi
governo
Pd




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 08, 2014 06:32

Professori con la coda tra le gambe: "Matteo ascolta la nostra proposta"

I Professoroni adesso abbassano i toni. Dopo aver sbattuto il muso contro la sicurezza imperturbabile di Matteo Renzi e del suo fidato ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, eccoli fare un passo indietro e ammettere che l'appello contro "la svolta autoritaria del governo" è stato un tantino forzato. Forse. Perché non si tratta di un vero e proprio me a culpa, ma solo una strategia più dolce per farsi sentire dal capo del governo prima che il ddl costituzionale venga approvato da entrambe le Camere. "Forse l'appello è stato tranchant, ma quali strumenti vede oltre l'appello? Il problema è che l'unico modo di mettersi in gioco, per Renzi, sembra essere quello di dire sì a Renzi". Sono queste le parole del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky che, in una intervista alla Stampa, torna a chiedere a Renzi di aprire un tavolo sulle riforme.


Baroni universitari, economisti, accademici. Da sempre sono i guru della sinistra chic. A Renzi va dato il merito di aver rotto questo sodalizio che va avanti da decenni e che per decenni non ha fatto altro che bloccare le riforme in una scellerata difesa dello status quo. Davanti all'ennesima petizione di Libertà e giustizia, l'associazione dei vari Rodotà, Zagrebelsky, Settis che da anni raccoglie firme e appelli e che, a questo giro, si schiera in difesa del vecchio Senato, il premier ha preferito non scendere a compromessi. Almeno per ora ha tenuto botta. Una linea condivisa da gran parte del governo. "In questi trent'anni - ha fatto notare anche la Boschi - le continue prese di posizione dei professori hanno bloccato un processo di riforma non più rinviabile". D'altra parte lo stesso Renzi ci ha tenuto a ricordare che, in qualità di presidente del Consiglio, ha "giurato sulla Costituzione, non sui professoroni". Un termine dispregiativo, "professoroni", più di casa nel centrodestra che nel Pd. "È una parola di scherno - spiega Zagrebelsky - ci gonfiano per poterci umiliare e cantare vittoria". Perché, di essere un professore, il costituzionalista si vanta ecconome: "Il mio habitat è l'Università, a contatto con gli studenti. Varie volte mi sono state offerte candidature. Ho sempre rifiutato perché la politica non fa per me". Eppure non ha mai disdegnato di intralciare quella politica buona che, su mandato popolare, ha provato a cambiare il Paese.


Nelle parole di Zagrebelsky si nasconde un disprezzo atavico per i politici. Non è, infatti, un caso se Silvio Berlusconi ha sempre diffidato dal mondo accademico. Una disillusione ricambiata sempre con violenta ostilità. Peccato che, a conti fatti, il Cavaliere abbia sempre avuto ragione. "Lo abbiamo visto quanto sono bravi i professori della Bocconi... Guardi Monti quanto è bravo, ha rovinato l'Italia", aveva risposto il leader di Forza Italia battibeccando con un docente in televisione. "L'unico potere, per quelli come me e Rodotà - chiosa il costituzionalista - è dire ciò che si pensa...". Salvo poi rimanere convinto che la minoranza illuminata debba comunque avere la meglio sulla maggioranza del Paese. "Renzi l'ho incontrato due volte, non recentemente - conclude - non avrei immaginato la vena di una certa presunzione che mi pare emerga ora e si manifesta con battute e frasi fatte al posto di argomenti. La presunzione consiste nella chiusura a ogni discussione, un atteggiamento che presuppone il possesso del criterio del bene e del male". Il "professorone", sotto sotto, spera ancora in un incontro col premier. Come lo spera anche il giurista Stefano Rodotà che, in un intervento su Repubblica, torna a chiedere un confronto sulle riforme: "Chi sinceramente vuole una Costituzione all'altezza dei tempi, e delle nuove domande dei cittadini, non deve cercare consensi con appelli populisti". Anche davanti alla resa, però, il piglio resta sempre quello autoritario dei "professoroni" che da trent'anni fanno il male del Paese.


Zagrebelsky e Rodotà fanno un passo indietro: "Forse l'appello è stato tranchant". Ma il piglio autoritario non cambia





Tag: 

Matteo Renzi
riforme
senato
gustavo zagrebelsky
stefano rodotà
professoroni




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 08, 2014 02:43

April 7, 2014

Euroscettici e antieuro: ecco l'Italia che non ci sta

ESCLUSIVO Viaggio tra i partiti e i movimenti che vogliono smontare la Ue e abolire l'euro. Le divisioni ideologiche rischiano di frenare l'assalto all'europarlamento






euroscettici
euro
elezioni europee
M5S
lega nord
Marine Le Pen




Andrea Indini



Url redirect: http://www.ilgiornale.it/static/repor..., ecco l'Italia
che non ci sta
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 07, 2014 04:05

Aci, consorzi, municipalizzate: ecco il piano "Sforbicia Italia"

L'obiettivo del Tesoro è di tagliare almeno 6,6 miliardi di euro per ridurre di un migliaio di euro l’Irpef. O in alternativa di introdurre misure analoghe di decontribuzione. Tutto, comunque, senza ricorrere a maggiore flessibilità del deficit. E poi una riduzione dell’Irap. Che però nel 2014 sarà solo del 5%, visto che l’aumento del prelievo sulle rendite finanziarie scatterà solo dal primo luglio e quindi consentirà di coprire solo la metà di quel 10% di riduzione d’imposta previsto a regime. "Ora che la politica sta dando il buon esempio, non ci saranno più santuari intoccabili". È questo lo spirito che animerà lo "Sforbicia-Italia", il piano di taglio degli enti annunciato dal premier Matteo Renzi su Qn.


Matteo Renzi è totalmente concentrato sulla pratica del Def. "Lo sta correggendo da solo - racconta il leader dell'Udc Pierferdinando Casini - Matteo ha una capacità di lavoro impressionante". Fatti i conti, il pil di quest’anno dovrebbe attestarsi attorno allo 0,8%, più in alto dello 0,6% indicato dalla commissione Ue, ma anche sotto l’1% previsto dall’ultimo aggiornamento del Def. Non è previsto alcun sforamento sul deficit, per finanziare misure. Per quest’anno si attesterà tra il 2,5% (indicato dal governo lo scorso settembre) e il 2,6% (ora stimato dalla commissione Ue). Ma la conferma che si vogliono rispettare i vincoli europei arriva dalla previsione per il 2015: il deficit scenderebbe all’1,8%, un valore lievemente superiore all’1,6% previsto a settembre dello scorso anno ma che rispetterebbe i criteri di riduzione e sarebbe ben lontano dalla soglia del 3% oltre la quale scattano le sanzioni Ue. Rimane il nodo debito. Su questo il governo sta ridefinendo il quadro di rientro che dal 2015 vedrebbe scattare il fiscal compact e richiederebbe forti manovre correttive. Sul debito pubblico, in particolare, si scaricherebbero gli effetti dei maggiori rimborsi per la Pa, rallentando così il decalage ora previsto. Uno nodo che il governo dovrà trattare con l’Europa e sul quale, prima di prevedere modifiche, è necessario anche il voto favorevole del parlamento. Il Def conterrà anche gli impegni che il governo attuerà la prossima settimana con il decreto taglia-tasse. Non indicherà nel dettaglio i capitoli di spesa, ma gli importi che ci si propone di realizzare con la spending review. Per il 2014 saranno pari a 6,6 miliardi, quanto serve per aumentare di 80 euro al mese le buste paga dei redditi medio bassi, con il meccanismo delle detrazioni. 


Il governo è al lavoro per la messa a punto dei prossimi provvedimenti economici. Per tutto il fine settimana Renzi ha lavorato, in continuo contatto telefonico, con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Primo obiettivo: definire il quadro macro economico, cioè l’impalcatura sulla quale costruire gli interventi per il rilancio dell’economia, riorganizzando lo Stato. Ci saranno scelte, anche radicali, come la cancellazione di organismi considerati inutili. D'altra parte, alla presentazione del ddl costituzionale, il capo del governo aveva fatto notare che l'abolizione di Senato, Province e Cnel è solo "l'antipasto" di una più ampia dieta. "Interverremo su tutte le sacche di micropotere e sottopotere - aveva annunciato - santuari che finora nessuno ha mai pensato di toccare, e non risparmieremo nessuno". Mettere mano alla Pubblica amministrazione significa anche andare a smontare l’architettura dello Stato. Nel mirino finirà un'accozzaglia di strutture come le 103 Ragionerie territoriali, le 103 Commissioni tributarie provinciali, le 107 sedi distaccate dell’Agenzie delle Entrate, le direzioni locali del ministero del Lavoro, le 32mila stazioni appaltanti e, ovviamente, le 4.800 municipalizzate che gestiscono i servizi degli enti locali. Le Camere di Commercio, invece, verrebbero completamente cancellate alla stessa stregua di enti bollati come "inutili" (Aci, Motorizzazioni e Consorzi di bonifica). Il tutto produrrà quei circa 85mila esuberi che fanno venire la pelle d'oca ai sindacati. "Già da ora in tanti possono cominciare a tremare", dicono fonti vicine al governo sentite dal Corriere della Sera.


Palazzo Chigi minaccia: "In tanti possono cominciare a tremare". Ecco il piano di spending review per tagliare almeno 6,6 miliardi di sprechi





Tag: 

Matteo Renzi
spending review
sprechi
tagli
def
municipalizzate




Andrea Indini



Renzi ha paura di Bruxelles: dimezzato il taglio IrapRenzi e le foto con i fan in libreria
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 07, 2014 01:21

April 4, 2014

La Boschi rottama Rodotà & Co: "Da 30 anni bloccano le riforme"

"Avanti come un rullo compressore sulle riforme". Matteo Renzi non guarda in faccia nessuno. Dopo aver blindato il ddl costituzionale con Denis Verdini, che per conto di Silvio Berlusconi ha garantito l'appoggio di Forza Italia, il premier tira dritto e non si lascia imbrigliare dalla premiata ditta Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà che negli ultimi giorni sono tornati alla ribalta col solito appello contro le riforme e contro la "svolta autoritaria" del governo. Non vogliono che si tocchi la casta dei senatori, difendono lo status quo e, soprattutto, si schierano contro una struttura pachidermica e costosa che, attraverso il bicameralismo perfetto, sta affossando il Paese. "In questi ultimi trent’anni - tuona il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi - le continue prese di posizione dei Professori abbiano bloccato un processo di riforma oggi non più rinviabile per il Paese".


Qui sta la vera staffetta generazionale, non quella del ministro Marianna Madia. La staffetta generazionale tra l'ideologico "no" alle riforme e l'impegno a cambiare un Paese fiaccato dalla burocrazia e da una Costuzione che per certi soloni è intoccabile. Così, è bastato che Renzi calendarizzasse la riforma del Senato e l'abolizione del Cnel (ente inutile per eccellenza e antipasto di una spending review a più ampio raggio), ed eccoli spuntare come funghi. I nomi sono sempre i soliti, non stupiscono più - anche perché molti sembrano cambiare idea e casacca a seconda dell'occasione. "Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale, per creare un sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali - tuonano Zagrebelsky e compagni - con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare". E giù l'intellighenzia rossa a firmare contro Renzi, contro le riforme. Vorrebbero ingessare il Senato, la Costituzione e l'Italia. Ma Renzi non sembra curarsene granché. Punta ad arrivare a una prima lettura entro il 25 maggio, quando gli italiani saranno chiamati a votare per le elizioni europee.


Contro questi Professori che difendono lo status quo si è schierata anche la Boschi dopo che ieri sera, ai microfoni di Otto e mezzo, lo stesso Renzi ha ricordato come una trentina di anni fa Rodotà volesse riformare il Senato. Addirittura, nel 1985, fu il secondo firmatario di una petizione per abolirlo. "A me va tutto bene, non ho la verità in tasca, ma chiedo che si guardino i fatti e che si chiamino col loro nome - ha spiegato il premier incalzato dalla Gruber - Rodotà può anche aver cambiato idea. Ma non si può dire, se lo dice lui, che io sono anticostituzionale". Come fa notare anche la Boschi, sono proprio queste prese di posizione che nella Seconda Repubblica hanno pericolosamente osteggiato la spinta riformatrice del Paese. Dalla Costituzione alla giustizia, dalla burocrazia alla pubblica amministrazione, i soliti soloni della sinistra si sono sempre schierati contro. "Ci possono essere posizioni diverse che sono legittime - fa notare il ministro per le Riforme - ma ci sono anche altrettanti costituzionalisti validi che invece sostengono il nostro progetto".


Renzi: "Avanti come un rullo compressore". E la Boschi zittisce i soloni della sinistra: "Bloccano le riforme"





Tag: 

Matteo Renzi
gustavo zagrebelsky
riforme
senato
stefano rodotà
Maria Elena Boschi




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 04, 2014 04:19

Andrea Indini's Blog

Andrea Indini
Andrea Indini isn't a Goodreads Author (yet), but they do have a blog, so here are some recent posts imported from their feed.
Follow Andrea Indini's blog with rss.