Marco Manicardi's Blog, page 23
June 15, 2021
Così va la vita (fake-guitar hero)
E in un libro che si chiama Corpicino, del 2013, Andrea Paggiaro, che conoscevamo tutti come Tuono Pettinato, anzi forse che si chiamasse Andrea Paggiaro l’abbiamo scoperto ieri, dice che Pinocchio era un burattino di legno che voleva essere un bambino, e tutte le volte che diceva una bugia il naso gli cresceva a dismisura. Così, ogni volta che mentiva non riusciva a nasconderlo, e tutti si accorgevano subito che stava mentendo. Questo rendeva Pinocchio l’unica persona sincera in città. Non si poteva dire lo stesso di tutti gli altri, le cui menzogne non erano così evidenti.
Il babbino Geppetto era molto preoccupato. Il piccolo innocente bugiardo non avrebbe mai potuto convivere con tutti gli altri ben più crudeli bugiardi. Così Geppetto decise che l’unica soluzione era portarlo lontano, nel profondo degli abissi, dove nessuno avrebbe potuto fargli del male.
Perché gli abissi non conoscono le bugie.
Non giudicano.
E nel buio e nell’oblio custodiscono ogni piccolo segreto.
(un adesivo appiccicato nei primi anni zero su un armadietto dell’Ex Ekidna di Migliarina, dove abbiamo la sala prove)
LAGHETTO – live @ Rottura del Silenzio – 19 Giugno 2005 (c’eravamo tutti quella volta)
Ciao Tuono.
Così va la vita.
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June 13, 2021
Lessico famigliare (8)
Sono andato a fare la spesa, c’era una marca di birra da supermercato che piace molto a Grushenka (e che d’ora in poi chiamerò per semplicità birra-da-supermercato-che-piace-molto-a-Grushenka) ma che non compriamo quasi mai perché costa sempre un pochino troppo, solo che era in offerta e allora ne ho prese 25 bottiglie.
Sono arrivato a casa, ho appoggiato le sporte fuori dall’ascensore, ho preso su una cassa della birra-da-supermercato-che-piace-molto-a-Grushenka e con una mezza mano libera ho aperto la porta, e ho detto a voce alta: «Mi dai una mano?»
Lei è arrivata, mi ha visto con la cassa in mano e tutta contenta ha detto: «Ma dai, hai preso la birra-da-supermercato-che-piace-molto-a-Grushenka? Ma che bravo!»
E intanto, mi ha detto dopo, pensava “peccato che ne abbia presa solo una cassa.”
Nel frattempo sono tornato sul pianerottolo, ho preso su l’altra cassa di birra-da-supermercato-che-piace-molto-a-Grushenka e l’ho portata in casa.
E lei ha sorriso tantissimo e mi ha detto: «Va bene, allora ti sposo.»
(Stiamo insieme da quasi sedici anni e mezzo.)
(Qui c’è un altro po’ di lessico famigliare)
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June 10, 2021
Finalmente
E oggi, finalmente, torniamo a essere tutti commissari tecnici della nazionale di calcio.
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June 9, 2021
14 giugno: DUEPONTI al Coccobello
E quindi, improvvisamente, si ricomincia a suonare, e lunedì 14 giugno saremo davanti a della gente a fare del rumore di chitarre bassi e batterie con un gruppo che si chiama DUEPONTI (in maiuscolo, tutto attaccato).
Condivideremo il palco con i MALPELO nel riverbero generale del Chiostro di San Rocco, a Carpi, in provincia di Modena, per un festivalino che i carpigiani conoscono molto bene e che si chiama Coccobello.
Non costa niente e potete prenotarvi qui.
Ovvio che ci trema già un po’ l’orlo delle mutande.
Metto di seguito la locandina perché in tutto il programma del Coccobello, dal 12 al 27 giugno, c’è della gente che, a vederci nello stesso cartellone, non ci sembra verissimo:
Se poi siete curiosi di sapere come suonano i DUEPONTI, sono circa così:
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June 7, 2021
Trentaquattro anni fa
Era il 7 giugno del 1987, avevo otto anni e dormivo dai nonni insieme a mio papà. Erano le quattro o le cinque del mattino, mi ero svegliato perché c’era del trambusto che veniva dal piano di sotto. Ero sceso dal letto, mi ero infilato le ciabattine e affacciandomi alle scale avevo visto mio papà che, vestito per uscire, stava prendendo le chiavi della macchina.
«Papà, posso venire anch’io?» gli avevo chiesto.
«No,» aveva risposto mio papà, «devi andare a scuola, torna a letto.»
Qualche ora dopo ero in classe, in seconda elementare, erano gli ultimi giorni poi sarebbero iniziate le vacanze. Avevo aspettato che la maestra finisse di fare l’appello, poi avevo alzato la mano.
«Marco, cosa c’è?» aveva chiesto la maestra.
«Devo dire una cosa,» avevo risposto.
«Va bene, dilla pure.»
«Stanotte è nata mia sorella.»
E tutta la classe, mi ricordo, si era messa ad applaudire.
Dopo, al pomeriggio, mio papà era tornato a casa, aveva mangiato qualcosa, mi aveva caricato in macchina e mi aveva portato all’ospedale di Carpi. C’era da attraversare un corridoio che mi ricordo molto lungo, poi si entrava in una stanza divisa a metà da un vetro. Dall’altra parte del vetro c’erano due o tre incubatrici con dentro dei bambini molto ma molto piccoli. Io arrivavo a vederli solo in punta di piedi, e mentre ero lì che guardavo senza saper bene come stare e che cosa fare, mio papà con un dito mi aveva indicato una delle incubatrici.
«È quella lì.»
Allora non avevo ben capito il perché fossero tutti così in ansia, invece adesso, che sono papà anch’io, quando ci ripenso mi viene un po’ il magone. Mia sorella era un cosino tutto scuro, quasi violaceo, rannicchiato a occhi chiusi dentro una teca di vetro, era nata prima del previsto, un po’ troppo per poter essere fuori pericolo, e per qualche settimana andavamo là tutte le sere per vedere se tutto procedeva come doveva procedere.
In parole povere, andavamo a vedere se era ancora viva.
E adesso mia sorella compie trentaquattro anni.
Io ne ho quarantadue e pian piano va a finire che diventiamo coetanei.
Ci penso e mi viene solo da dire una cosa banale, ma che comunque è abbastanza vera: «vacca d’un cane, come passa il tempo.»
Auguri, sorellina.
Avanti così.
(E anche questa, che mia sorella sia d’accordo o meno, è una cosa che posto tutti gli anni)
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June 5, 2021
Ramone
E in un libro che si chiama Blitzkrieg punk. Sopravvivere ai Ramones, del 1998, Douglas Glenn Colvin, conosciuto ai più come Dee Dee Ramone, morto diciannove anni fa, il 5 di giugno del 2002, a Hollywood, California, dice che chi entrava a far parte di un gruppo come i Ramones non proveniva da situazioni familiari particolarmente stabili, né si poteva dire che il punk rock fosse una forma d’arte granché ricercata, ma nasceva dalla rabbia dei ragazzini in vena di creatività. E dice che loro dei Ramones, per esempio, erano conosciuti perché buttavano i televisori dai tetti delle case.
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June 3, 2021
Ieri pomeriggio
E comunque, ieri pomeriggio, non saprei bene dire a che ora, nel campetto più improvvisato e raffazzonato possibile, con le porte delimitate da pali fatti con sedie di plastica e tronchi di alberi che sovrastavano il campo con una cupola di foglie, con un’area di gioco non proprio rettangolare e anche lei con degli alberi in mezzo da schivare all’occorrenza, e dopo aver bevuto degli ottimi Pecorini, delle Ribolle, dei Prosecchi, dei Pignoletti e dei Lambruschi di Sorbara, grazie a un traversone perfetto calciato dal mio amico Gira, spiccando un balzo al momento giusto che neanche io so come, mi è capitato di fare un gol di testa.
Non succedeva dal 1997. O forse addirittura non era mai successo.
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June 2, 2021
Dei ricordi (30)
Il 2 giugno del 2019 era la Festa della Repubblica, ma era una domenica e, dopo aver preso il caffè, avevo scritto una cosa intitolata “Relativa pace in Europa” e che diceva così:
Pensavo stamattina, mentre ero ancora a letto e la luce del giorno arrivava dal corridoio e le campane che chiamavano i fedeli alla messa mi tiravano fuori da un sogno che adesso non mi ricordo, pensavo che quando era nato mio padre la guerra era finita da meno di otto anni, e quando ero nato io la guerra era finita da meno di trentaquattro anni, e poi quando era nata mia sorella la guerra era finita da circa quarantadue anni e, per ultimo, quando era nato mio figlio la guerra era finita ormai da settant’anni; e dopo ho pensato che, per la prima volta da quando esiste questo stato delle cose, nel comune in cui vivo adesso si va al ballottaggio per le elezioni amministrative e che probabilmente questo è l’ultimo giro di giostra per la sinistra locale che, questa volta forse no, anzi speriamo proprio di no, ma la prossima volta, tra cinque anni, se perderà, la guerra sarà finita da circa ottant’anni; e poi, alla fine, ho pensato che, se tutto va bene, tra circa venticinque o ventisei anni la guerra sarà finita da cento anni, cioè da un secolo, e chissà quanto durerà questo periodo qui, al quale i posteri probabilmente si riferiranno come a quel periodo lunghissimo e forse inedito e forse addirittura stupefacente di relativa pace in Europa, una cosa che non si era mai vista.
E poi sono andato a fare la doccia. E dopo ho bevuto un caffè.
E il 2 giugno del 2017 era sempre la Festa della Repubblica, ma era un venerdì, e poco dopo l’ora di pranzo avevo scritto una cosa intitolata “pensierino del venerdì festivo” e che diceva così:
Questa trasformazione epocale in atto della comunicazione da orale a scritta proprio in uno dei momenti di minimo storico per la capacità di comprensione del testo sarà forse oggetto di studio per le generazioni a venire. O più probabilmente per una civiltà aliena.
Sempre dei pensieri altissimi, il 2 giugno, che è ancora la Festa della Repubblica, e oggi è mercoledì.
(Qui ci sono degli altri ricordi, se uno è interessato)
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May 29, 2021
E oggi
E oggi è il nono anniversario dell’unica volta che mi è servito davvero Twitter.
(Anche questa è una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo)
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May 28, 2021
Se non ora, quando? (prego)
Ho appena finito di leggere un libro che si chiama Se non ora, quando?, del 1982, di Primo Levi, un libro che secondo me è bellissimo e molto importante, e forse addirittura gigantesco, come ho scoperto da poco essere gigantesco il Primo Levi narratore, che viene solitamente adombrato dal Primo Levi testimone che conosciamo – e dobbiamo conoscere, mi viene da dire – dai tempi delle scuole.
Ma comunque, dicevo che Se non ora, quando? di Primo Levi è un libro bellissimo e molto importante, e scritto così bene, ma così bene, che ogni tanto sembra scritto da un russo, se si capisce cosa voglio dire. Uno di quei libri dove ogni parola, ogni segno di interpunzione, tutto sembra messo lì dove deve stare, insostituibile, magnifico.
Ed è per questo che mi sono bloccato, a un certo punto, anzi mi sono proprio schiantato e ho dovuto smettere per un attimo di leggere e tornare indietro e riprovare ad andare avanti, quando ho incontrato, su 327 pagine, una parola, una sola, che era lì che mi sembrava fuori posto. L’unica parola incomprensibile di un libro perfetto: era la parola allegramente. Non la parola in sé, si capisce, ma la parola allegramente messa lì dove l’ho trovata, verso la fine di pagina 158.
Ovvio che subito ho pensato: senti, Many, ma chi sei te per dire che una parola in un libro di Primo Levi sia una parola sbagliata? Ovvio che non sono nessuno e che sicuramente mi sbaglio. Però mi è rimasta lì, e dopo qualche giorno sono tornato indietro e l’ho sottolineata con una righina tremolante, come facevano a scuola gli insegnanti con le parole dei temi che secondo loro non andavano bene. Ci ho fatto anche una foto:
Per il resto, che Se non ora, quando? di Primo Levi fosse un libro bellissimo e molto importante, forse addirittura gigantesco, non me l’aveva mai detto nessuno. Quindi, nel caso, ve lo dico io adesso: Se non ora, quando? di Primo Levi è un libro bellissimo e molto importante, forse addirittura gigantesco. Ve lo consiglio.
Prego.
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