Marco Manicardi's Blog, page 21

August 15, 2021

Nel giorno più caldo dell’anno

E invece ieri, nel giorno più caldo dell’anno, sdraiato sul letto in mutande e maglietta leggera davanti all’unico televisore della casa, col condizionatore acceso, trascurando abbondantemente la famiglia e gli amici per circa sette o otto ore, e forse anche di più, visto che ogni tanto dovevo fare delle pause per mangiare, bere, pisciare o anche solo respirare un attimo, mi sono messo lì e ho guardato tutta la tetralogia Rebuild di Neon Genesis Evangelion. Volevo apporre qui, oltre a un GRAZIE maiuscolo e doveroso per la pazienza di Grushenka, la mia pacata e autorevolissima recensione: WOW!

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Published on August 15, 2021 02:59

August 13, 2021

L’Emilia-Romagna, spiegata bene (sempre d’estate)

E poi, e come sempre al netto della costa ferrarese che meriterebbe un discorso a parte, volevo ripetere una cosa che avevo già detto l’anno scorso e anche l’anno prima, e cioè che d’estate c’è il mare anche in Emilia, solo che è nebulizzato.

__________
Gli altri post che parlano dell’Emilia-Romagna, spiegata bene, sono questi:
– L’Emilia-Romagna, spiegata bene
– E ancora meglio di enzo (polaroid)
– E un’altra cosa di eio
– L’Alta in basso e la Bassa in alto di Tinni
– La Lutazia-Romagna, spiegata bene di Paolo Colagrande
– Felice
– D’estate
– Onomastica
– da Google Maps
– Ghost Towns di [mini]marketing
– Coff, coff
– Il Primo maggio

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Published on August 13, 2021 00:25

August 9, 2021

:(

Tutti i martedì sono uguali, ma alcuni martedì sono più uguali degli altri:

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Published on August 09, 2021 23:43

August 8, 2021

Sono uno che si accontenta

E comunque, sono molto contento di una cosa, addirittura fiero, se dirlo non è troppo disturbo, e cioè che ho fatto delle foto delle vacanze con gli orizzonti abbastanza orizzontali. Sono uno che si accontenta con poco.

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Published on August 08, 2021 08:12

August 7, 2021

Immancabilmente

E, immancabilmente, torno dalle vacanze e trovo un avviso di giacenza nella cassetta delle lettere, e allora penso “mavaccaboia, un’altra multa, che due maroni”, poi vado a letto, il giorno dopo mi alzo, faccio colazione, vado a piedi alle Poste sbuffando a ogni passo, e intanto che passo l’avviso sotto il vetro all’impiegato penso che è impossibile, visto che non ho nessuna macchina intestata. Succede tutti gli anni. Difficile che mi abitui.

Musica:

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Published on August 07, 2021 05:05

August 2, 2021

2 agosto 1952, 2 agosto 1980, 2 agosto 1998

Quando arrivava il 2 di agosto, mio nonno, Corrado, diceva sempre che il 2 di agosto del 1952 era notte e…

… ero andato in bicicletta a casa dell’Ada, l’avevo caricata sulla canna e via, ci eravamo sposati che era già incinta… l’avevo presa sulla canna della bicicletta e lei, che era la più povera del paese, aveva una scatola da scarpe come dote… ma non era mica piena, eh, la dote era proprio la scatola da scarpe, pensa te com’era povera… però era bella, l’Ada, e l’avevamo chiamata a lavorare in campagna da noi e non sapeva fare niente, e quando c’era da spostare il fieno le cadeva sempre tutto addosso che io e mio padre facevamo di quelle ridute che cascavamo per terra.

E oggi sarebbero stati 69 anni di matrimonio, se l’Ada e Corrado fossero ancora al mondo. Mi mancano moltissimo, ma così va la vita.

Invece, parlando del 2 di agosto del 1980, Grushenka dice sempre che…

… la puntualità non è una dote innata. C’entra coi comportamenti abituali, con quelle cose che inizi a fare in un certo modo e che poi rimangono così. O sei sempre stato puntuale o non lo sei mai stato. Ma dipende, son cose che hanno un inizio, non sono innate. Io non sono puntuale e neanche i miei genitori sono mai stati puntuali.
Mia madre l’indomani voleva prendere il treno, s’era fissata con questa idea, diceva a mio padre dai Imbeni, domani ci svegliamo presto e prendiamo quello delle nove, che ci vuole. Poi però si sono svegliati tardi, mia madre ci metteva un sacco di tempo a prepararsi, è una che ci ha sempre messo molto tempo. Mio padre si prepara una moka di caffè mentre mia madre sbuffa in bagno e le dice vabbè dai, ci andiamo in macchina pian pianino. Dice sempre pian pianino, mio padre, non è mai stato un tipo puntuale. A Bologna dovevano trovare un libro, un testo universitario. Mia madre si era riscritta all’università di Modena ma si vede che a Modena quel libro non l’aveva trovato. Mi ha ripetuto spesso che le ho dato io la forza di finire l’università, che quando è rimasta incinta ha deciso di riprendere gli studi e di laurearsi. Era incinta di sette mesi, io sarei dovuta nascere in ottobre, anche se poi son nata a metà novembre, in ritardo. Arrivati a Bologna erano in un bar del centro a fare colazione quando è iniziato un via vai di gente concitata, è scoppiata una caldaia alla stazione, diceva qualcuno entrando, è terribile, ci son dei morti, poi telefonavano e uscivano e intorno l’agitazione aumentava. Una caldaia in agosto? pensava mio padre e ha preso mia madre e son risaliti sulla macchina ma verso la stazione deviavano il traffico, non facevano avvicinare nessuno, accidenti, è qualcosa di grosso, pensavano spaventati. Allora hanno preso la via Emilia, e pian pianino siamo tornati tutti a casa.

E così, quel giorno là, quella che trentaquattro anni dopo sarebbe diventata la mamma di mio figlio aveva perso il treno, per fortuna.

E poi, per finire, il 2 di agosto del 1998…

… avevo 19 anni, io e i miei amici ci eravamo appena diplomati e dovevamo passare quella meravigliosa estate di nulla totale che ci separava dall’università o dal lavoro a vita. Avevamo pensato di farci un interrail di ventidue giorni in Francia, Belgio e Olanda.
Avevo fatto di tutto perché il 2 di agosto fossimo a Parigi, e nessuno capiva il perché, ma appena eravamo scesi dal treno avevamo preso la metro ed eravamo arrivati sugli Champs-Élysées. Spuntati in superficie, mi ricordo che mi ero messo a correre, avevo tirato fuori dallo zaino una bandiera tricolore e mi ero diretto senza pensare verso le transenne, zampettando come un matto. Stava arrivando il Tour de France, e tra la lunga fila di corridori ce n’era uno con la maglia e il pizzetto gialli.
Non credo di aver pianto come quella volta davanti alla televisione mentre guardavo l’arrivo sull’Alpe d’Huez del 1995. Però era stata lo stesso una bella botta di gioia.
Non è che capiti a tutti di vedere un Dio dal vivo. Non ho mai visto dal vivo né Maradona né Michael Jordan. Ma Pantani sì. Era lì, a qualche metro da me, era bellissimo, lo potevo quasi toccare.

E queste sono tre ricorrenze del 2 di agosto che mi piace ricordare.
Lo faccio tutti gli anni, quando mi ricordo.

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Published on August 02, 2021 01:00

July 25, 2021

Wu Ming 1 e Santachiara (e Calvino, Pavone e Revelli)

E in un libro che si chiama Point Lenana, del 2013, Wu Ming 1 e Roberto Santachiara dicono che in quelle settimane di sbandamento, per dirla con il partigiano Kim in Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, bastava «un nulla, un passo falso, un impennamento dell’anima, e ci si trova[va] dall’altra parte». E che «questo nulla», come aveva scritto lo storico Claudio Pavone, era «capace di generare un abisso». E che poteva trattarsi di «un incontro casuale con la persona giusta o con la persona sbagliata; e poteva ricollegarsi al modo in cui si erano vissute le giornate seguite al 25 luglio [1943]», cioè alla caduta di Mussolini. E che in quei giorni Nuto Revelli era un tenente degli alpini appena tornato dalla Russia, ma era già un partigiano quando, il 12 ottobre 1943, scrisse sul suo diario: «Al 26 luglio si poteva anche scegliere sbagliato. Se mi picchiavano, se mi sputavano addosso, forse sarei passato dall’altra parte, con i fascisti, con le vittime del momento. Oggi sarei con le canaglie, con i barabba, con le spie dei tedeschi.»

una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo, il 25 di luglio)

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Published on July 25, 2021 01:16

July 24, 2021

:)

E in libro che si chiama Dialogo, del 1984, che è appunto un dialogo su temi scientifici, fantascientifici, sociali e personali tra Primo Levi e Tullio Regge, a un certo punto, mentre parlano di scrittura, Primo Levi dice a Tullio Regge che adesso che era in pensione gli sembrava di disporre di valanghe di tempo libero, e se prima aveva scritto tre o quattro libri lavorandoci di sera e la domenica, adesso ne avrebbe dovuti scrivere venti o trenta, e invece non era andata così. E gli dice che c’era un suo amico che gli diceva che per fare le cose «bisogna non avere tempo» e che quindi il tempo è un materiale eminentemente compressibile.

Perciò, visto che ora devo postare una cosa che posto tutti gli anni, e cioè:

penso che per le prossime 2.1428571428571429 settimane (cioè, se non ho sbagliato a fare i conti, due settimane e un giorno) io è difficile che riesca a fare qualcosa.

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Published on July 24, 2021 06:08

July 20, 2021

#lantifascismononsiarresta (un discorso)

[E questo è il testo della cosa che ho letto ieri sera a Novi di Modena, più o meno a metà del concerto dei Flexus, tra Cinque monete e I pugni in tasca; mi sono impappinato un paio di volte, ma tutto sommato è andata molto bene]

Buonasera.
Si sente? Bene.

Allora, ciao, io mi chiamo Marco Manicardi, sono il figlio di Iules e il nipote di Corrado, e sono un novese, o meglio lo sono stato per i primi 26 anni della mia vita, dopo sono andato ad abitare a Carpi per questioni d’amore. Abito lì da 16 anni e sono 16 anni che la mia compagna mi dice che secondo lei mi ha tolto il selvatico.
Forse qualcuno di voi mi ha sentito leggere altre volte proprio qui, in questo anfiteatro del Parco della Resistenza – senti che bel nome: Parco della Resistenza – e mi ha sentito leggere delle cose che parlavano a volte del terremoto, altre volte di Novi e dei novesi, di nonni e di bisnonni, di piccole lotte private contro il fascismo e di tante altre cose che, nel Novecento, sembravano normalissime.
Ecco, oggi, no. Oggi, se non vi dispiace, vorrei parlare di quello che è successo, e sta ancora succedendo, a dei miei concittadini, dei miei amici carpigiani. Vorrei parlarne perché secondo me è una cosa che c’entra con questa serata, con questo posto, il Parco della Resistenza, con questo giorno, il ventennale del 20 luglio del 2001, e anche con voi, anzi noi, che veniamo dal paese del Coro delle Mondine di Novi di Modena.
Ma andiamo con ordine.

La storia che vi racconto inizia a Carpi, il 4 agosto del 2017.
Era sera, stava già venendo buio, e in via Carlo Marx, vicino allo Stadio Cabassi, si era radunato, autorizzato dalla Questura, un gruppo di militanti di Forza Nuova davanti a un palazzo destinato dall’amministrazione comunale a ospitare alcuni richiedenti asilo. Era il 2017, l’immigrazione veniva usata con prepotenza nella campagna elettorale di tutta la destra, da quella più moderata fino alle frange estreme e neofasciste come Forza Nuova, che girava per l’Italia con uno slogan, “Stop Accoglienza Business”, che oltre che razzista e irrispettoso era anche brutto, bisogna dire, grammaticalmente parlando.
Quella sera, il Sindaco di Carpi e varie associazioni come ANPI, ARCI e CGIL avevano organizzato in Piazza Martiri una contromanifestazione, per dare voce al dissenso democratico contro gli slogan razzisti dell’estrema destra. Ma un altro gruppo di cittadini aveva cominciato a radunarsi spontaneamente in via Carlo Marx, proprio di fronte ai manifestanti di Forza Nuova. Era un gruppetto che cresceva sempre di più, contando alla fine quasi un centinaio di persone, molte di più delle venti o trenta, quasi nessuna di Carpi, peraltro, di Forza Nuova. A dividerli c’era un cordone di polizia, a protezione del presidio autorizzato di Forza Nuova. Ma i cittadini carpigiani, che erano andati lì a manifestare contro il presidio, non avevano fatto altro che radunarsi e cantare. Cantare per disturbare gli slogan razzisti e fascisti di Forza Nuova. Intonare canti popolari. Bella Ciao.

Il resto è successo molto velocemente (lo descrivo all’imperfetto, come i verbali dei Carabinieri, così forse rendo l’idea): la polizia, per far defluire il corteo di Forza Nuova, caricava il gruppo di carpigiani che cantavano. I carpigiani venivano travolti e ne nasceva un piccolo tafferuglio, che i militanti di Forza Nuova cavalcavano come sono addestrati a fare, e infatti un agente veniva ferito: unico ferito di quella sera; era stato colpito dall’asta di una bandiera di un militante di Forza Nuova.
Fine della serata. Tutti a casa.
I neofascisti da una parte; gli altri, gli antifascisti, dall’altra.
Sembrava finito tutto lì.
E invece.

E invece, nella prima metà dell’anno dopo, il 2018, arrivavano 26 notifiche di condanna per manifestazione non autorizzata a 26 persone pescate a caso tra gli antifascisti, prese dai filmati e dalle foto del 4 agosto dell’anno prima.
La condanna prevedeva per ciascuno quindici giorni di arresto commutati in ammenda di 1.125 euro. Nella stessa notifica comparivano altre due condanne a militanti di Forza Nuova per aggressione (al poliziotto ferito e al gruppo degli antifascisti): un mese di arresto commutato in ammenda di 2.250 euro.
Una condanna senza processo, in base al TUPLS, il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza che si basa sul Regio Decreto n. 773 del 18 giugno 1931, ancora in vigore. Un Regio Decreto, badate bene, del 1931. E, oltre al Re, sappiamo bene chi c’era al governo nel 1931.
Una condanna, dicevo, e non una denuncia. Una condanna con esecuzione immediata salvo l’opposizione dei condannati entro 15 giorni dalla notifica.
I 26 condannati a quel punto, in fretta e furia si contattavano, si opponevano formalmente e nominavano un avvocato difensore e alcuni testimoni.
E poi… e poi niente.

Due anni e mezzo dopo, il 5 febbraio del 2021, si tiene l’udienza.
La sentenza è fissata per il 23 aprile, ma poi viene spostata a luglio, alla settimana scorsa. Com’è andata finire ve lo dico dopo, prima vi voglio raccontare una cosa successa durante l’udienza del 5 febbraio.
Tra i primi a testimoniare a favore dei 26 condannati c’è una ragazza. Il pubblico ministero le chiede (i dialoghi li romanzo un po’, visto che non c’ero all’udienza e me l’hanno solo raccontato):
«Signorina, c’era anche lei tra i manifestanti non autorizzati il 4 agosto del 2017?»
«Sì», risponde la testimone.
«E cosa facevate?»
«Cantavamo.»
«Ha cantato anche lei?»
«Sì»
«Sia più precisa. Si ricorda quali canzoni ha cantato?»
E lei risponde: «Bella Ciao.»

A questo punto la deposizione viene interrotta e viene chiesto alla testimone di nominarsi un avvocato difensore, perché anche per lei si profila la stessa accusa. Secondo il TULPS, che, ricordiamolo, si basa su un Regio Decreto del 1931, chiunque dichiari di aver preso parola durante una manifestazione non autorizzata viene considerato come organizzatore della manifestazione stessa.
E lei aveva preso parola. Aveva usato la voce. L’aveva usata per cantare Bella Ciao.

Ora, provate a fare uno sforzo di immaginazione.
Immaginate di essere nel 2017, siete continuamente vessati da tutti i mezzi di comunicazione sulla questione immigratoria, c’è quello là che tutti i giorni si fa dei selfie e fa campagna elettorale sulla pelle di povera gente che se riesce ad attraversare viva prima il deserto, poi la Libia, poi un mare difficilissimo su imbarcazioni di fortuna, arriva qui ed è continuamente calpestata, umiliata e derisa
Ma insomma, immaginate che il comune di Novi conceda un posto e un tetto dove stare temporaneamente ad alcuni rifugiati, quattro o cinque in tutto, mica mille, mica cento: quattro o cinque
Immaginate Forza Nuova che arriva, autorizzata dalla Questura, per dire “Stop Accoglienza Business” davanti alla porta di questo stabile fornito dal comune a quattro o cinque rifugiati.
Immaginate allora un gruppetto di novesi che decidono spontaneamente di aggregarsi lì davanti e si mettono a cantare. Tra di loro vuoi mica che ci sia anche qualche Mondina?
Le Mondine, le conosciamo, sono le nostre sorelle, le nostre mamme, le nostre nonne e bisnonne. Non si lasciano mica intimorire, allora qualcuna va là e canta. Canta Bella Ciao come la sa cantare solo una Mondina del Coro delle Mondine di Novi di Modena.
Qualche mese dopo le arriva una notifica, a nostra sorella, a nostra mamma, a nostra nonna: quindici giorni di arresto commutati in ammenda di 1.125 euro salvo opposizione entro 15 giorni. Per aver cantato Bella Ciao.

Ecco. Forse così, facendo uno sforzo di immaginazione e portando la vicenda più vicina a noi, si capisce meglio quello che è successo.
È successo che un Comune voleva dare un tetto a quattro o cinque persone, altre venti o trenta persone, quasi nessuna residente nel comune, peraltro, sono andate a dire che non li volevano. Un altro centinaio di persone gli si è messo di fronte cantando che non era d’accordo con loro. E infine uno stato democratico, nato sulle ceneri di un’Italia devastata da un Regime Fascista, ha condannato questi ultimi, perché non erano autorizzati. Perché avevano usato la voce. Perché avevano cantato.
Ecco.

Poi siamo arrivati a qualche giorno fa. Alla sentenza: assolti.
Tutto a posto, allora, no?
No.

Lo stesso giudice che li assolve dalle accuse, ovvero l’aver preso parola durante una manifestazione non autorizzata, chiede alla Procura la riqualificazione del reato, e quindi un nuovo processo, per “Radunata Sediziosa Armata” con lo scopo di sovvertire l’ordine pubblico (art. 655 del Codice Penale, arresto fino a 1 anno e comunque non inferiore a 6 mesi).

Lo scandisco meglio: Radunata. Sediziosa. Armata.

Radunata Sediziosa, secondo il Codice Penale, è una “Riunione di dieci o più persone nello stesso luogo diretta a provocare pubblico scompiglio nella vita collettiva attraverso un atteggiamento ostile di ribellione, rivolta o insofferenza verso i pubblici poteri o verso l’autorità statale”.
Ed era pure armata, secondo il giudice.
Ma Armata di cosa?
Di canzoni?

Beh. Fine.
O meglio: non lo sa nessuno come andrà a finire. Speriamo bene.
Ci sono solo un altro paio di cose che volevo dire.

Una la volevo dire a voi, anzi a noi, che veniamo dal paese del Coro delle Mondine di Novi di Modena, e cioè che se Bella Ciao è davvero considerata un’arma, beh, allora penso che ce l’abbiamo tutti il porto d’armi. Ce l’hanno consegnato le nostre sorelle e i nostri fratelli, le nostre madri e i nostri padri, le nostre nonne e bisnonne e i nostri nonni e bisnonni, quando ci hanno ridato un’Italia libera dall’oppressione, dalla guerra e dal fascismo.
Se Bella Ciao è un’arma, siamo autorizzati a usarla, a spararla, a volume alto, dove e come ci pare.

E l’altra cosa che volevo dire è questa: è che pensando anche al motivo per cui quelle persone si erano radunate, quel 4 agosto del 2017, per cantare la loro solidarietà a quattro o cinque rifugiati che dovevano venire ad alloggiare a Carpi, ecco, mi viene in mente che c’è anche una canzone dei Flexus che dice “La terra è terra di tutti e per questo resistiamo”. La terra con la t minuscola, quella che si lavora, ma anche la Terra con T maiuscola, quella su cui poggiamo i piedi, il nostro pianeta, dove nasciamo per caso in una sua porzione, e magari stiamo bene, o da cui dobbiamo scappare per vivere meglio, o anche solo per vivere.

La Terra è Terra di tutti. E per questo resistiamo.
E, se posso dirlo, con le nostre canzoni, ci armiamo.

Ho finito.
Grazie.

Se volete saperne di più (e meglio di come l’abbia detto io) sulla storia delle condanne e la vicenda ancora in corso, potete leggere questo post: Confesso che ho cantato “Bella Ciao” (è reato?) su lastoriatutta.org e seguire gli aggiornamenti e le iniziative di Carpi Antifascista (e il loro hashtag in giro per l’internet: #lantifascismononsiarresta).

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Published on July 20, 2021 23:51

July 19, 2021

Domani (e Unamuno)

Domani è il ventesimo anniversario del 20 luglio 2001 e io, se tutto va bene, dovrei essere nel mio natìo borgo selvaggio, a Novi di Modena, nell’anfiteatro del Parco della Resistenza, verso le 21:30, a leggere una cosa in mezzo al concerto dei Flexus; è una cosa che non c’entra con quello che è successo a Genova nel 2001, ma più con un’altra cosa capitata a Carpi nel 2017 e che sta succedendo ancora adesso, anche se, come dire, forse c’entrano una con l’altra o comunque stanno nello stesso campo semantico. Dicevo: “se tutto va bene”, perché sono ancora qui che la scrivo e spero di riuscire a finire in tempo e che sia una cosa sensata.

E poi, niente, ho appena trovato un post che avevo scritto su un altro blog nel 2007, si intitolava “Chi è senza peccato” e riportava una frase presa da un libro che si chiama Vita di Don Chisciotte e Sancho Panza, del 1905, di Miguel de Unamuno y Jugo che dice così:

Ci si impunta oggi a mettere in rilievo questa considerazione e a chiedere una società in cui per merito esclusivo della polizia nessuno possa recar danno agli altri, e nessuno in conclusione operi male, anche a costo che nessuno abbia il concetto di bene.
Che vita tremenda questa! Che putredine sotto il verde placido manto di verzura! Che quieto stagno d’acque velenose! No, no, mille volte no! Piuttosto ci conceda Iddio un mondo in cui tutti si sentano a loro agio, anche se tutti recheranno danno; in cui gli uomini si battano acciecati dall’affetto; in cui tutti soffriamo in silenzio per il male che ci vediamo trascinati ad affliggere agli altri. Sii generoso, e assali pure tuo fratello; comunicagli il tuo spirito, e sia pure a suon di botte.
Esiste qualche cosa di più intimo di ciò che siamo soliti definire “morale”, e si tratta di una sorta di giurisprudenza che sfugge alla polizia; vi è qualcosa di più profondo del Decalogo stesso, che è una tavola della legge – una tavola, una tavola, e della legge per giunta! – vi è uno spirito d’amore.

Non so, forse c’entra.
Ma comunque, se domani non sapete cosa fare e siete vicini a Novi di Modena, vi aspettiamo al Parco della Resistenza. Aveva contribuito a costruirlo anche mio nonno e ha un bellissimo nome, per un posto in cui passare il 20 luglio 2021.
Ciao.

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Published on July 19, 2021 08:41