Emanuela Navone's Blog, page 38

March 12, 2018

La focalizzazione in narrativa

La focalizzazione in narrativa

Uno dei primissimi aspetti da studiare allorché ci si appresa a entrare nel magico mondo della scrittura è la focalizzazione.


Ossia: l’angolo da cui osserviamo una scena.


Dall’alto? Accanto a uno (o più) protagonisti? Nella loro testa? Da esterni?


La scelta della giusta prospettiva è un fattore importante e occorre spenderci qualche ora.


Anni fa, quando iniziai (per la prima volta) il mio romanzo (Io sono l’usignolo), avevo inconsciamente deciso per una narrazione calata dall’alto, dove il narratore sapeva tutto di ogni personaggio. In seguito, quando l’ho ripreso, ho preferito focalizzarmi su tre personaggi precisi mantenendo la terza persona e dando solamente le informazioni che sapevano loro. Neanche quella era la strada giusta e, alla fine, ho deciso per la prima persona e l’utilizzo di un solo personaggio — il protagonista, logicamente.


Questo breve esempio per farti capire quanto la scelta della giusta focalizzazione sia fondamentale per la buona riuscita del romanzo o del racconto.


Ma cos’è, di preciso, questa focalizzazione? Come funziona?


Lo vediamo adesso.


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La focalizzazione in narrativa: cos’è e a cosa serve

Come abbiamo visto prima, la focalizzazione è l’angolo dal quale osserviamo una scena.


La visuale osservata può essere molto ampia, fino a restringersi a mano a mano che decidiamo di concentrarci su uno o più personaggi — o addirittura di essere esterni a qualsiasi personaggio.


Come esempio, immagina una piramide: alla base, larga, corrisponde un’ampia visuale, che piano piano diventa sempre più ridotta fino ad arrivare alla punta, che corrisponde alla visuale limitatissima.


Ognuna di queste visuali ha un nome:



Focalizzazione zero
Focalizzazione interna (a sua volta suddivisa in fissa, variabile, multipla)
Focalizzazione esterna

Vediamole nello specifico una per una.


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12019/Pixabay


La focalizzazione zero

È la prospettiva più ampia: il narratore sa tutto di ogni personaggio e addirittura ne sa più di loro.


Stiamo parlando del narratore onnisciente, e il classico più citato in questo caso sono I promessi sposi del Manzoni.


La visuale è “calata” dall’alto e il lettore osserva la scena da una prospettiva “privilegiata”, conosce ogni pensiero di ciascun personaggio e spesso è osservatore silente anche di intrusioni, più o meno pesanti, del narratore, che dice la sua e si permette di giudicare come una maestrina.


Focalizzazione zero e head hopping

Abbiamo già visto in un precedente articolo uno degli errori più antipatici che affligge lo scrittore alle prime armi: l’head hopping.


In breve, l’head hopping consiste nel saltare di continuo da un personaggio all’altro e senza seguire una regola precisa.


Lo scrittore alle prime armi ha sempre il terrore che il lettore non capisca e vuole a tutti i costi raccontargli tutto e, in questo “tutto”, vi sono anche i pensieri di ogni singolo personaggio in una scena. Lo scrittore alle prime armi, allora, in ogni scena decide di far vedere ogni personaggio cosa dice, fa e (questo l’errore) pensa. Il risultato è un continuo palleggiare da una testa all’altra che confonde il lettore e rischia di innervosirlo.


Spesso lo scrittore emergente confonde l’head hopping con la focalizzazione zero.


È un errore.


È un errore pensare che, se il narratore sa e vede tutto, può entrare quando e come vuole nella testa di ogni personaggio.


La priorità è sempre la buona riuscita di una storia. Quindi, se ti accorgi che stai troppo saltellando di qua e di là, posa la penna e pensa: qual è il personaggio che voglio fare emergere in questa scena? Una volta scelto, concentrati solo su di lui e, se proprio vuoi far vedere anche cosa pensano gli altri personaggi, fallo attraverso gli occhi del tuo protagonista.


La focalizzazione interna

Nella focalizzazione interna, il narratore ne sa quanto i personaggi: vede, fa e pensa solo quello che vedono, fanno e pensano loro.


La narrazione può essere alla terza o alla prima persona.


La piramide si va via via stringendo e la visuale, adesso, è più limitata rispetto al narratore onnisciente.


La focalizzazione interna può essere:



Fissa: la prospettiva adottata è solamente di un personaggio — ad esempio i romanzi scritti in prima persona con un solo protagonista. La focalizzazione interna fissa è semplice da strutturare, ma, come puoi immaginare, talvolta limitata, poiché qualsiasi azione ed emozione degli altri personaggi è filtrata attraverso gli occhi del protagonista — e di lui soltanto.
Variabile: in questo caso, le visuali sono di due o più personaggi, che di volta in volta raccontano e vivono una scena. È una delle focalizzazioni più usate, sia in prima sia in terza persona.
Multipla: anche qui vi sono più personaggi, ma, a differenza della focalizzazione variabile, i punti di vista riguardano più personaggi per lo stesso evento. Un po’ come se ogni personaggio dicesse la sua su un certo avvenimento.

Focalizzazione esterna

In questo ultimo caso di focalizzazione, siamo al punto più piccolo della piramide: la visione è ridottissima.


Nella focalizzazione esterna, il narratore ne sa meno dei personaggi.


Egli, in un certo senso, si limita a riportare gli eventi senza entrare nella testa dei personaggi né esprimere le loro emozioni.


La sfida della focalizzazione esterna è riuscire a rendere vivi i personaggi e le loro emozioni senza parlarne ma solo mostrandoli attraverso le loro azioni e le loro parole.


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Published on March 12, 2018 00:00

March 8, 2018

Sulle rive dei nostri pensieri di Cristiano Pedrini: recensione a cura di Maura Chegia

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La trama

[image error]Lee Newman, astro nascente del partito repubblicano, durante il suo viaggio a bordo dell’American Queen, ritrova il desiderio di tornare ad amare dopo aver incontrato Nicholas, un giovane dipendente di bordo. Ma con esso è costretto ad affrontare gli intrighi che la vita, la società e il destino gli pongono come ostacoli ad un amore che vorrebbe nascere ma che forse è destinato a morire.Nicholas è davvero chi dice di essere?Quanto può essere profondo un viaggio dentro e fuori al proprio cuore?Cosa ha permesso loro di incontrarsi su quel lussuoso battello che scivola sulle acque calme e brillanti del fiume più grande d’America, per ritrovarsi a lottare per loro stessi e quello che di loro sarà? Perché Lee e Nicholas sono destinati a conoscersi, conquistarsi e appassionarsi per poi perdersi per sempre? Quanto possono essere pericolosi i segreti, il nostro passato e quello che siamo agli occhi del mondo? Un romance intenso, avventuroso e originale, che vi condurrà lungo il viaggio più emozionante della vita, alla scoperta del vero amore.


La recensione

L’autore si fa portavoce di un cambiamento della società che nella realtà purtroppo ancora fatica a decollare: un personaggio pubblico di spicco (Governatore di Stato americano) dichiaratamente gay non subisce critiche tali da non farlo eleggere. Magari fosse così! Il romanzo racconta l’amore tra i due uomini con una semplicità disarmante, incorniciato da arte e natura molto presenti.


Il battello su cui si trovano naviga l’Old Man River, il fiume americano per eccellenza, il Mississippi, e con esso ogni tappa ripercorre l’epoca coloniale con fermate in città simbolo della schiavitù e della lavorazione del cotone. Opere d’arte sono citate e ben descritte, rendendo il protagonista ai nostri occhi un esperto di bellezza (busti marmorei, tele di Albert Bierstadt).


È chiaro che l’autore ha a cuore la questione dei diritti delle coppie gay. La storia d’amore raccontata è ostacolata inizialmente dall’unico personaggio femminile del libro, la Capo Staff  Katrine Olbright, infine anche lei rinuncerà a contrastare la volontà del protagonista di seguire l’amore a tutti i costi.


La presenza di esponenti della DEA e dell’FBI lascia il lettore fino alla fine col dubbio dell’epilogo infelice; invece, inaspettatamente, sarà l’onestà e l’amore a vincere sulla corruzione e l’odio.


Consigliamo la lettura perché dovremmo leggere di più sul tema, ancora tabù per molti.


Dati tecnici

Titolo: Sulle rive dei nostri pensieri


Autore: Cristiano Pedrini


Genere: Romance M/M


Casa editrice: Self-publishing


147 pagine


Prezzo: 2,99 euro



Chi ha scritto la recensione

[image error]Maura Chegia è nata il 4 marzo 1976 e vive a Santa Marinella (Roma), piccolo paese sul mare (di cui difficilmente farebbe a meno). Assicuratrice per lavoro, Host di Airbnb per divertimento, ha recentemente aggiunto la passione per la scrittura, riscoperta dopo anni grazie alla Scuola di Omero di Roma. Ama la sua famiglia (marito e due figli), le amiche, il vino e i viaggi. La sua prima opera pubblicata è “Estate 1958 a S. Marinella” facente parte de “I racconti di Cultora – Lazio” di Historica. È presente nella raccolta “Sette Sabati” con due racconti: “C’è bionda e bionda” e “Confessioni”.


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Published on March 08, 2018 23:00

March 3, 2018

Come costruire la pagina di vendita del tuo libro

La pagina di vendita del tuo libro

La pagina di vendita del tuo libro è fondamentale.


Appurata questa brevissima premessa, oggi cercheremo di capire che cosa sia e in che modo strutturarla al meglio per attirare lettori.


Innanzitutto mi preme uno dei miei soliti (e pallosi, lo so, ma cerca di perdonarmi

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Published on March 03, 2018 23:00

March 1, 2018

Drop of blood di Deborah P. Cumberbatch: recensione

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“Il tuo destino vive in te, Paige. Devi solo avere il coraggio di vederlo, perché il coraggio è più importante della paura stessa”.


La trama
[image error]Da quando la sua famiglia si è trasferita nel paesino più noioso e piovoso del mondo, Paige vuole solo lasciarsi la sua tragedia alle spalle e allontanarsi da sua madre e dal Destino che vuole imporle, per decidere il suo futuro da sola.
Non permetterà a nessuno di rovinare i suoi piani, nemmeno i sogni che la terrorizzano ogni notte, che le mostrano strani segni e persone oscure e dilaniate, o il nuovo saccente, egoista e presuntuoso vicino, la quintessenza della perfezione, con il suo fascino pericoloso, che tenta di innervosirla in ogni possibile modo, come se fosse la sua missione di vita.
Ma nemmeno Paige riesce a negare l’intensità con cui è attratta da lui, come se il loro futuro fosse inesorabilmente intrecciato.
E forse è proprio così, perché la vita è fatta di scelte e, a volte, per capire chi siamo davvero, non dobbiamo far altro che accettarci. E vivere.
Ed è proprio allora che tutto può accadere.

 


 


La recensione

Se si ha la pazienza di proseguire la lettura sino alla fine, questo corpulento urban fantasy riserva numerose sorprese.


Questo ho pensato quando, la settimana scorsa, ho raggiunto la pagina finale di “Drop of blood”. E ho chiuso il libro, soddisfatta.


L’enorme mole del romanzo può spaventare il lettore meno incallito: quasi ottocento pagine.


Tuttavia, la scrittura è godibilissima e, una volta entrati nel “mood”, nel libro, non ci accorgiamo nemmeno della lunghezza.


Il filo conduttore è uno dei classici degli urban fantasy: Paige, la protagonista, è una sedicenne arrabbiata con il mondo e con i genitori, che l’hanno tenuta all’oscuro dal destino che l’aspetta, ossia diventare una Cacciatrice di vampiri, come la madre prima di lei.


Come tante adolescenti, Paige non vuole che qualcuno le progetti la vita, e farà di tutto per opporsi al volere dei genitori e del Consiglio. Lei detesta i vampiri, e vi è una ragione ben precisa, che riguarda il fratello maggiore — ma che, per ovvi motivi, non vi rivelerò.


La sua vita viene sconvolta, e non poco, con l’arrivo di un nuovo vicino di casa: l’enigmatico, bello e strafottente Nathan.


Una persona tanto odiosa quanto attraente, che non passerà inosservata agli occhi della ribelle Paige.


Ma qualcosa trama nell’oscurità, e il Male è sempre in agguato, pronto a colpire quando meno te lo aspetti.


Riuscirà Paige a seguire il suo destino e a far ragionare il proprio cuore?


Il romanzo è scritto in modo semplice e a volte banale, ma rispecchia perfettamente l’animo controverso e ribelle della protagonista.


Apparentemente, leggendo i primi capitoli, si potrebbe (erroneamente) pensare di trovarsi davanti a uno dei tanti romance che spopolano oggi: lei e lui, lui stronzo, lei gli corre dietro suo malgrado, eccetera.


Tuttavia, proseguendo la lettura, scopriamo un universo ben più vasto, che racchiude in sé anche numerosi elementi della mitologia greca, che l’autrice padroneggia alla perfezione.


Verso le battute finali, poi, il romanzo ha una forte accelerazione, e siamo catapultati nell’azione, un colpo di scena dietro l’altro.


Insomma, di certo “Drop of blood” non annoia, e devo dire che, nonostante la lunghezza, l’ho letto in poco tempo.


I personaggi sono caratterizzati al meglio, a partire dalla protagonista: leggendo la sua storia (narrata in prima persona), “sentiamo” i suoi sedici anni, le sue paure e i suoi desideri. Ammetto che certe volte sarei voluta entrare nel libro e darle due schiaffi, ma non è forse questo, il bello di un personaggio vivido e vivo? Il fatto che sappia regalarci un’emozione, bella o brutta che sia?


In conclusione, consiglio vivamente questo urban fantasy, anche se avrei ridotto di un poco la prima parte, che, forse, è un po’ troppo lenta.


Se i libri lunghi non vi spaventano e volete leggere qualcosa di diverso, “Drop of blood” fa per voi.


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Published on March 01, 2018 23:00

February 25, 2018

I 5 elementi fondamentali del fantasy

Gli elementi del fantasy

Il fantasy è uno di quei generi che si presta a tantissime interpretazioni ed è ricchissimo di dettagli e contenuti.


Il primissimo fantasy in assoluto che ho letto è stato La storia infinita di Ende: un vero e proprio colpo di fulmine, a tal punto che l’ho riletto altre tre volte (e mi sa che a breve ne arriverà una quarta). Da lì sono passata per molte saghe, tra cui La spada della verità di Goodkind o quella di Avalon della Bradley. Di recente, mi trovo spesso a recensire e correggere molti urban fantasy, e alcuni sono davvero piccole perle (ad esempio dai un’occhiata a Tander di Cristina Vichi).


Quando ero adolescente ho anche provato a scrivere un piccolo romanzo fantasy e a costruirne l’ambientazione; il romanzo è finito in un cassetto, incompiuto, l’ambientazione è ancora lì, completa in tutte le sue parti.


Scrivere un romanzo fantasy non è semplice, e richiede numerosi accorgimenti, tra cui, infatti, proprio l’ambientazione, che deve essere costruita a opera d’arte.


Ma quali sono, inoltre, gli altri elementi che un romanzo fantasy deve contenere?


Lo vediamo in questo articolo.


I 5 elementi fondamentali del fantasy

Non bastano una trama ben costruita e un’ambientazione ricca di dettagli per scrivere un romanzo fantasy: questi elementi li trovi anche in un qualsiasi altro genere letterario.


Il fantasy, lo abbiamo visto in un precedente articolo, ha mille sfaccettature, dall’epic all’urban passando per il dark.


Ma cosa accomuna tutti questi sottogeneri?


Ho trovato ben cinque elementi fondamentali del fantasy, e oggi li vedremo insieme:



Magia e creature fantastiche
Quest del protagonista
Villain “cattivissimo”
Mentore che accompagna il protagonista
Prove durante il percorso per raggiungere quella finale

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La magia e le creature fantastiche
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Darksoul1/Pixabay


Un fantasy che si rispetti deve contenere almeno qualche elemento magico o la presenza di creature sovrannaturali, come vampiri, licantropi, streghe (è il caso, ad esempio, degli urban fantasy e paranormal romance à la Twilight).


Inoltre la magia deve essere presente: il protagonista deve interagire con essa o, comunque, essa deve essere una componente imprescindibile dell’ambientazione. In caso contrario, non si potrebbe parlare di fantasy propriamente detto.


Ricorderai sicuramente l’Anello de Il Signore degli Anelli, che rende invisibili ma avvicina a Sauron; oppure i poteri magici insegnati nell’accademia di Harry Potter.


La magia può anche essere “latente”, non del tutto espressa, come nel caso del bellissimo fantasy orientale scritto da Francesca Angelinelli e che ho avuto il piacere di recensire qualche tempo fa, Chariza – il soffio del vento: in questo caso, l’elemento magico fa da collante alla storia, ma non viene mai del tutto definito. È qualcosa che trascende tutto, una sorta di dio immanente che regola il corso degli eventi.


Tanti autori si divertono, poi, a immaginare creature fantastiche diverse da quelle classiche, come fate, maghi, streghe, demoni, vampiri, eccetera. È il caso di Tander, di Cristina Vichi, dove il Tander è una creatura nata dall’unione di un uomo e un fulmine.


Che tu voglia rimanere nel classico o armarti di fantasia, ricorda che la magia (in senso lato) è uno degli elementi fondamentali del fantasy.


La quest del protagonista
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Mastermindbc/Pixabay


In ogni fantasy che si rispetti il protagonista dovrà affrontare una quest, un viaggio per raggiungere un obiettivo (che può essere anche simbolico o allegorico), ovviamente non scevro di ostacoli.


Richard Cypher, il protagonista della saga La spada della verità, dovrà partire dalla sua terra per raggiungere il D’Hara e sconfiggere il suo nemico. Lo stesso Frodo Baggins dovrà lasciare la Contea e recarsi al Monte Fato dove gettare l’Anello.


Nei romanzi di tipo urban fantasy, solitamente il protagonista viene catapultato in un mondo che non conosce, fatto di creature magiche, e spesso riveste un ruolo fondamentale in questo mondo.


Angel Watson, protagonista di Amethyst di Silvia Castellano, scopre in poco tempo dell’esistenza di vampiri, licantropi e ibridi, e scopre altresì di essere al centro di una profezia che la identifica come Ametista, e che per questi motivi viene inseguita dal re dei Vampiri.


L’ultimo urban fantasy che ho letto e di cui scriverò in questi giorni la recensione, Drop of Blood di Deborah Cumberbatch, racconta della sedicenne Paige che scopre di essere la Cacciatrice, e dalla sua scelta di accettare o no il suo fato dipenderanno le sorti di molte persone.


Può anche capitare che il protagonista non parta immediatamente per la quest; bensì può rifiutarsi, preferendo rimanere ancorato al mondo ordinario (secondo le definizioni di Vogler). Accadrà qualcosa, in questo caso (come l’incontro con un mentore), che lo spingerà a intraprendere il viaggio.


La quest di un paranormal romance, invece, è leggermente diversa: di norma la battaglia che il protagonista si trova ad affrontare è lo scontro con chi avversa l’amore che prova per l’altro, di solito una creatura sovrannaturale.


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Villain “cattivissimo”
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FotoEmotions/Pixabay


Okay, cattivissimo forse è esagerato, ma era per far capire che, in un fantasy, la presenza del villain è fondamentale.


Non vi sono viaggi o prove del protagonista che non osteggiate da un antagonista, che farà di tutto affinché l’eroe non riesca nella sua impresa (e, di solito, questa impresa consiste nello sconfiggere il villain).


Il villain di un fantasy vuole conquistare il mondo o uccidere il protagonista: Sauron e le sue armate de Il Signore degli Anelli o Darken Rahl e il suo esercito de La spada della verità sono due esempi illuminanti.


Esistono, poi, anche villain più, come dire, evanescenti, ma pur sempre ostici da sconfiggere: in La storia infinita, Atreiu dovrà lottare contro un male oscuro e mai del tutto specificato chiamato Nulla, come anche contro la malattia che ha colpito l’Infanta Imperatrice e che rischia di far crollare tutta Fantàsia.


Vi possono essere più villain, ovviamente, e vedremo tra poco come essi siano collegati con le diverse prove che il protagonista dovrà affrontare durante la sua quest. Tuttavia l’antagonista principale deve essere sempre presente e, soprattutto, deve costantemente minacciare il protagonista; insomma, come un’ombra oscura che lo segue durante il suo viaggio.


Nei paranormal romance, il villain può essere chi osteggia l’amore tra i due protagonisti (una persona, ma anche la società, che non conosce il mondo sovrannaturale e ha paura del “diverso).


Mentore che accompagna il protagonista
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Dieterich01/Pixabay


Secondo Vogler, il mentore è un ex eroe, qualcuno che, quindi, ha già compiuto il viaggio, conosce il mondo straordinario che il protagonista dovrà affrontare e lo aiuterà grazie alle sue conoscenze e alla sua saggezza.


In ogni quest che si rispetti, il protagonista deve essere accompagnato da un mentore. Per tornare agli esempi precedenti, non posso che chiamare in causa il buon Gandalf de Il Signore degli Anelli o lo scorbutico Zed de La spada della verità. Entrambi appoggiano i due protagonisti e li seguono durante il viaggio.


Un mentore può essere qualcuno, anche, che insegna al protagonista come padroneggiare i propri poteri: è il caso, ad esempio, di alcuni urban fantasy dove il protagonista si ritrova improvvisamente con dei poteri che non conosce e deve imparare a usarli. Una Sibilla, come nel caso di Amethyst della Castellano, o un Osservatore, come in Drop of Blood della Cumberbatch.


Prove durante il percorso per raggiungere quella finale
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Robert_z_Ziemi/Pixabay


L’ultimo degli elementi fondamentali del fantasy è la presenza di prove minori, o sotto-prove, che il protagonista dovrà affrontare per raggiungere lo scopo finale.


Atreiu, durante il suo viaggio per la Torre d’Avorio, incontrerà numerose creature di Fantàsia e sarà sottoposto ad altrettante prove, come quella contro Ygramul nel Profondo Abisso o il varco delle tre sfingi per accedere all’Oracolo Meridionale.


La stessa compagnia dell’Anello dovrà affrontare numerose prove… e battaglie, come quella memorabile del Fosso di Helm.


Se, poi, un romanzo fantasy fa parte di una saga, e solo alla fine di essa il protagonista riuscirà a completare la quest, le sotto-prove saranno ancora maggiori.


Richard de La spada della verità, dopo aver sconfitto uno dei primissimi nemici, se ne troverà di fronte alcuni ben più cattivi, per raggiungere infine l’obiettivo finale (uccidere il malvagio Jagang). Ogni volume della saga, tranne che per i primi e per gli ultimi, racchiude una vera e propria prova minore, senza, ovviamente, mai perdere di vista lo scontro finale.


Conclusioni

Questi sono i cinque elementi fondamentali del fantasy, ma non credere che tutto si risolva a essi.


Come ho scritto all’inizio, dovrai curare in modo particolare anche l’ambientazione e come i tuoi personaggi vi interagiranno.


La trama, inoltre, dovrà essere ben costruita e prevedere quella che viene chiamata “sospensione dell’incredulità”: ossia, il fatto che il lettore accetti ogni parte della storia, anche se essa può non essere verosimile o contenere elementi non congrui. La sospensione dell’incredulità fa sì che il lettore accetti la presenza di magia, creature sovrannaturali, oggetti che si muovono e animali che parlano.


Non è un procedimento semplice, e anche per questo spesso (e purtroppo!) tanti fantasy sono inverosimili e di difficile comprensione.


Difficile è anche riuscire a unire l’ordinario allo straordinario, senza stravolgere troppo l’impianto narrativo.


Tanti autori danno per scontato la presenza di creature fantastiche o di ambientazioni immaginarie… perché semplicemente ci sono. Tuttavia il lettore vuole sì, fantasticare, ma pretende anche che gli venga spiegato qualcosa.


Nel momento in cui ti appresti a scrivere un fantasy, ricordati sempre di seguire le 5 w del giornalismo: chi? Cosa? Perché? Quando? Dove?


E di spiegare, o, almeno, giustificare l’esistenza di creature e costrutti magici.


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Published on February 25, 2018 23:00

February 17, 2018

Una giornata con l’autore: Claudio Secci

Una giornata con l’autore
Il 3 febbraio Claudio Secci ha presentato il suo ultimo libro a Sanremo

È un cielo plumbeo e sporco e ci scappa qualche leggero fiocco di neve, mentre aspetto Claudio in un piccolo parcheggio di un’altrettanta piccola cittadina a cavallo tra Liguria e Piemonte.


Appena arriva e ci presentiamo, capisco subito che ho davanti una persona sicura di sé e molto gentile. Con lui la giovanissima Ginevra, attrice del trailer dell’ultimo romanzo: “A piedi nudi”, edito dalla sanremese Leucotea, bestseller della casa editrice a un mese dall’uscita e con presenza nella top ten di Amazon.


[image error]Sanremo è anche la nostra meta: oggi, infatti, Claudio presenterà il suo libro presso la libreria Giunti.


E io ho l’onore (e onere) di condurre la presentazione.


Durante il viaggio Claudio mi parla di lui e della sua carriera di scrittore: sa quello che vuole e non ha paura della presentazione imminente, nonostante mi confidi che la piazza sanremese non sia tra le più facili. Per fortuna una sua amica, anch’ella autrice, lo ha aiutato, pescando qua e là curiosi e interessati al suo romanzo.


Il sottile filo di timore attanaglia anche me: non ho mai condotto una presentazione, le uniche volte che ho parlato in pubblico sono state durante i miei anni di accompagnatrice turistica durante l’università.


Tuttavia siamo entrambi fiduciosi, né il tempo, che vicino ad Arma di Taggia ci regala un bell’acquazzone, ci preoccupa più di tanto.


Sanremo è una città caotica, e oggi più degli altri giorni: il festival è imminente, il clima è ancora gradevole, ultimo baluardo di una primavera imminente che sarà schiacciata dal freddo dei giorni successivi; le nuvole latitano ma decidono di essere clementi e non riversano sul terreno nemmeno una lacrima di pioggia.


La libreria Giunti è piccola, raccolta ma molto accogliente, come anche le due librarie. Laura, che si è occupata di allestire la scena, ci accoglie sorridente e ci aiuta a sistemare gli sgabelli e il tavolo.


Mentre Claudio posiziona roll-up ed espositore per il trailer video, e io e Ginevra ogni tanto lanciamo occhiate sfuggevoli all’orologio e ai libri esposti, iniziano ad arrivare curiosi che chiedono l’orario di inizio della presentazione.


Presentazione che si avvicina piano piano, e tutti siamo un po’ agitati, soprattutto perché l’ospite d’onore, la giornalista Monica Napoli di Sky TG24, ha chiamato Claudio dicendogli che potrà presenziare solo verso la fine a causa di un problema personale.


[image error]Claudio non esita un attimo, e insieme riformuliamo la scaletta della presentazione.


Ed ecco che il momento arriva, e la paura lascia la libreria Giunti, che nel frattempo si è riempita di amici e interessati. La piazza è difficile, sì, ma gli sgabelli sono tutti occupati e dobbiamo prenderne degli altri. Un buon risultato!


Appena Claudio inizia a parlare, capisco ancora di più che la sua passione per la scrittura non è solo una passione bensì qualcosa che conserva gelosamente nell’anima. Gli brillano gli occhi, la voce ha quel tono estatico che ognuno di noi ha quando parla di qualcosa che ci fa sognare.


Ci racconta di scrivere ormai da anni, e che i suoi libri affrontano sempre tematiche “scomode”, come il bullismo o, nel caso di “A piedi nudi” della violenza minorile. Ci racconta che scrive la sera, prima di addormentarsi, per unire la sua passione con il lavoro e la vita di tutti i giorni.


È proprio la protagonista di “A piedi nudi”, la piccola Gisèle, a far battere il cuore a tutti noi, e sono certa che più di una persona in sala si sia commossa nel pensare ai soprusi che la giovane deve sopportare.


[image error]Claudio parla di Gisèle con trasporto, e capisco che ha messo tutto nel costruire questo personaggio emblematico, ridotto allo stato brado ma con una grandissima voce di vivere.


Gisèle non parla, Gisèle è muta ma i suoi occhi raccontano tutto. La sua voglia di emanciparsi inizia da lì, da quei piedi nudi a cui il titolo si riferisce, a quei piedi nudi che amano correre sull’erba e lungo le stanze dell’ospedale e della casa-accoglienza.


Claudio ci racconta tutto questo senza un tremito nella voce, ma in cuor mio so che anche lui è commosso.


Quando parte il trailer e la piccola Gisèle osserva ognuno di noi attraverso lo schermo del video-riproduttore, un piccolo brivido mi accarezza la schiena.


Claudio ci confida anche qualche anticipazione legata ai progetti futuri: il tour di “A piedi nudi”, infatti, è solo agli inizi.


Ad aprile sarà a Roma presso il teatro Imperiale e a Villa Toso (che, tra l’altro, è la location dove è stato girato girato il trailer) ad Asti; a maggio sarà al Salone del Libro di Torino. Dopo le vacanze estive, sono previste ancora due tappe: Salerno e Milano.


A fine presentazione, finalmente arriva Monica, che da esperta di cronaca locale e nazionale ci confida come non esistano dei rimedi veri e propri contro la violenza infantile, né esistono strutture adeguate in Italia, come associazioni o Onlus.


[image error]È un breve intermezzo, ma sono stata felice di conoscere anche lei e la sua professionalità.


Il tempo è agli sgoccioli: un giro di autografi, vendita di alcune copie del libro, smontaggio di roll-up e proiettore, e dobbiamo correre via.


Il viaggio di ritorno si prospetta lungo, ma ciò non toglie una breve visita all’Ariston, già transennato per l’imminente festival, e un hamburger serale in uno dei tanti fast-food della zona.


Sono quasi le nove di sera quando salgo sulla mia macchina per tornare a casa, infreddolita, stanca, ma contenta della giornata.


Claudio è davvero una bella persona e anche io, come Gisèle, durante la presentazione ho camminato a piedi nudi sulla scia delle sue parole.



Dati

Titolo: A piedi nudi


Autore: Claudio Secci


Genere: Thriller


Editore: Leucotea


111 pagine


Prezzo: 12,90 euro


Gisèle è un vortice che attrae tutte le difficoltà che una ragazza orfana e di limitata cultura può incontrare. Il racconto vede in questa ragazza di quattordici anni una donna cresciuta troppo in fretta. Gisèle non deve solo pagare il prezzo di essere sola ed abbandonata, schivando pericoli e difficoltà che le stanno attorno, ma anche quello di essere particolarmente curiosa e abile nel risolvere enigmi e dare risposte a misteri che la riguardano da vicino. La spensieratezza e la genuinità di un’anima che si è fatta letteralmente le ossa da sola, dopo la perdita del padre, si mescolano a un discontinuo bagaglio di conoscenze, consapevolezze, paure. Gisèle è tenace e molto astuta, tanto da riuscire a colmare più di una volta le sue lacune culturali e la sua selvaggia esperienza accumulata durante lo stato di abbandono. Ruota tutto attorno a un unico punto fermo: la voglia di ribellarsi al mondo per tutte le crudeltà vissute dalla nascita. Una storia che racchiude tutti i quotidiani disagi esistenziali che una ragazza di cruda bellezza, a cavallo della sua adolescenza, assorbe in scenari diversi.


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Claudio Secci è nato nel 1979 a Torino, è un informatico di professione da vent’anni. Ama viaggiare con sua moglie Francesca e dal 2009 ha iniziato a pubblicare vecchi romanzi nel cassetto e nuove opere, di genere sempre diverso.


www.claudiosecci.com


L'articolo Una giornata con l’autore: Claudio Secci proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.

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Published on February 17, 2018 23:00

February 15, 2018

Dimensioni Coesistenti di Max Penna: recensione a cura di Ilaria Grasso

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La trama

[image error]Valeria ed Evelyn, due anime unite dallo stesso destino.

Due dimensioni che condividono lo stesso spazio, ma non lo stesso tempo.

Folli ricercatori disposti a tutto pur di comprendere l’incomprensibile.


La tua dimensione non è l’unica.


Il tempo non è lineare.


La morte non esiste.


 


 


La recensione

Max Penna in questo suo romanzo fantascientifico affronta uno degli eterni misteri della vita, ovvero il mistero della morte, mistero insondabile nonché incomprensibile per il genere umano.


Valeria ed Evelyn sono le protagoniste di questa intricata vicenda, due figure femminili così diverse l’una dall’altra eppure così profondamente simili, accomunate soprattutto dalla fragilità di fondo.


Valeria ed Evelyn vivono in due dimensioni parallele, coesistenti, appunto, come lo stesso titolo indica, due mondi apparentemente lontanissimi per i quali la sola possibilità di interazione è legata proprio alla loro comunicazione che avviene con costanza ed è incomprensibile alle persone che vivono accanto a Valeria, condividendone il cammino.


Sullo sfondo, ma altrettanto importanti, stanno scienziati folli, disposti a tutto, grazie all’ausilio di una tecnologia che non conosce limiti, coltivando il solo intento di cogliere il mistero della vita che poi diviene morte: studiosi, vero, ma soprattutto persone senza scrupoli che in nome di una gloria vana non esitano ad affrontare ogni esperimento anche grottesco ed eticamente inaccettabile, fino al raggiungimento dell’epilogo finale che chiarirà al lettore molte cose.


Storia intensa ed avvincente, soprattutto per gli amanti del genere, e ben scritto.


Cinque stelle.


Dati

Titolo: Dimensioni Coesistenti


Autore: Max Penna


Genere: Fantascienza


142 pagine


Prezzo e-book: 1,99 euro



Chi ha scritto la recensione

[image error]Ilaria Grasso, medico di professione, appassionata da sempre del mondo della comunicazione, redattrice per varie riviste online e speaker radiofonica. La sua più grande passione è la scrittura e per questo è felicissima di condividerla con i lettori. Ha pubblicato, in self publishing, sulla piattaforma Amazon, due raccolte di racconti ed un romanzo breve (“Quando trema il cuore – Storie di donne e di catastrofi naturali”, “Fragili età” e “Roma Parigi solo andata”). Ama occuparsi di libri, cultura e non solo.


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Published on February 15, 2018 23:00

February 8, 2018

L’egemonia del drago di Nunzia Alemanno: recensione a cura di Sonia Sottile

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Una storia davvero impegnativa.


La trama

[image error] Karl Overgaard è un brillante bambino di appena sei anni. Vive a Silkeborg, in Danimarca, insieme alla madre, Karen, e la nonna, Amanda. In seguito ad alcuni strani avvenimenti (la ‘voglia’ dietro la nuca che, inspiegabilmente, inizia a sanguinare e l’orrenda visione di un drago fuori dalla finestra della sua camera), Karl, all’improvviso scompare.

L’ispettore Johan Kallen si prende carico delle indagini, ritenendo Karen, a causa degli strani disturbi psichici che la affliggono, la sospettata principale per la scomparsa del bambino.

Il destino di Karl è legato a quello di Ambra, una giovane fanciulla di Castaryus. Qui, in questo piccolo mondo disperso nella galassia di Ursantia, subiranno la persecuzione di Elenìae, una maga perfida e spietata dai poteri illimitati che brama il dominio assoluto. Per conquistare tale supremazia, la sanguinaria strega dovrà impossessarsi dei cuori pulsanti del bambino e della giovane Ambra, da immolare durante un rito sacrificale. Ciò le permetterà di distruggere il Drago, l’onnipotente divinità di Castaryus che governa su tutti i popoli da oltre duemila anni.

Che cosa può accomunare due mondi cosi diversi e così lontani?

Attorno alla magia di paesaggi leggendari e creature fantastiche, ruotano le vicende di re, maghi e forti guerrieri, storie d’amore che appassionano, avventure che lasciano senza fiato. La disperazione condurrà una madre alla follia (è veramente pazza o è divenuta cosciente del mondo in cui si trova suo figlio e vuole andare a tutti i costi a riprenderselo?) e non mancherà l’impegno di coloro che, per proteggere Ambra e il piccolo Karl, non si risparmieranno nella lotta mettendo in gioco la propria vita.


La recensione


La prima opera di quest’Autrice è uno di quei libri nel mio personale limbo dei sospesi: ovvero libri che mi sono capitati per le mani e per dei motivi non ben definiti rimangono lì intere ere; fortunatamente non è più il caso de “L’egemonia del Drago”, che ho finalmente concluso.


Il modo in cui l’Autrice ci addentra nella sua storia è innegabilmente simile al mito “La storia infinita”, quella voce narrante che ti introduce in una storia incredibilmente vera. Tutto ciò mette l’Autrice in una posizione piuttosto spinosa, perché se poi ci troviamo davanti un libro scadente?

L’incipit ci regala la più classica delle scenette romantiche, illudendoci di aver a che fare con un romance medievale, saremo smentiti e capiremo presto che la conformazione dei territori, le varie situazione socio/politiche, tutti i personaggi che incontreremo, le trame e le sotto-trame e la narrazione generale racconteranno una storia condita della più svariata gamma di sentimenti e situazioni. Una cosa è certa, per la presenza di alcune scene piuttosto macabre non è consigliato ad un pubblico sensibile o immaturo.

La grande particolarità di questo primo (corposo) volume è che potremo leggere una storia ambientata in due mondi paralleli: la nostra terra e il pianeta nato dalla fantasia dell’Autrice: Castaryus.

Se si legge la descrizione di Nunzia Alemanno si scoprirà che si tratta di una casalinga, dedita alla famiglia, al lavoro, si leggerà che all’improvviso in lei è nata la voglia di scrivere, ma solo alla fine del primo libro posso affermare che davvero qualcuno le ha sussurrato nell’orecchio.
Ha scritto un romanzo molto impegnativo, a tratti lungo, a tratti sconvolgente, ma ha saputo re interpretare magistralmente le figure classiche del Fantasy, come il drago ma anche l’Unicorno e le ha mescolate come una ricetta vincente in un romanzo contemporaneo dal doppio sapore: Urban e Classico. Non credo che sia stato facile.

In conclusione, per riallacciarmi al discorso iniziale riguardante l’impostazione delicata del volume, simil “La storia infinita”, sì: Nunzia Alemanno ha creato davvero un poema epico e direi anche più ricco del classico sopra menzionato.
Brava, Nunzia, molto brava!


Dati tecnici

Titolo: L’egemonia del drago


Serie: Il dominio dei mondi volume 1


Autore: Nunzia Alemanno


Genere: Fantasy


390 pagine


Prezzo: 3,99 euro e-book (gratis per Kindle Unlimited), 14,90 euro cartaceo



Chi ha scritto la recensione

[image error]Anno ’74, secondo il “personology” è l’anno dell’avventura fantasmagorica. Sono una lettrice accanita, special modo da quando posseggo il Kindle, sono anche una frequentatrice assidua dell’immenso bar di Internet. Sono pigra a ciabattara ma fortunatamente longilinea (anzi, vorrei ingrassare), non ho figli ma ho un fidanzato bambino ed un coniglio puffoso per peluche (che ovviamente tratto nel massimo rispetto). Amo fare shopping, ma solo nelle librerie, adoro andare a mangiare fuori. Amo il caldo e la natura.


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Published on February 08, 2018 23:00

February 6, 2018

Consigli di editing: le letture

Editing e letture

L’editing è quell’arte grazie a cui un romanzo o un saggio vengono migliorati e sono finalmente pronti per essere pubblicati o inviati a un editore.


Riassumere in poche righe che cosa sia di preciso l’editing è difficile, pertanto se ti interessa saperne di più ti consiglio i miei articoli in proposito (qui, qui, e qui).


Oggi vorrei entrare più nello specifico dell’editing: le letture.


Ebbene sì: ho usato di proposito il plurale, perché una revisione ben fatta prevede molteplici letture. In caso contrario, la correzione sarà solo frammentaria.


Considero le letture di un manoscritto l’aspetto fondamentale di tutto il lavoro di editing.


Oggi parlerò proprio di questo.


Che cosa sono le letture? Come vanno effettuate? Quante volte?


Iniziamo!


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Engin_Akyurt /Pixabay


C’è lettura e lettura

Le letture non sono tutte uguali, logicamente. Le prime sono più approfondite, per diventare a mano a mano lettura di rifinitura, per eliminare refusi o sviste (anche dello stesso editor).


Anche il modo in cui farle cambia: le prime su schermo del PC, le seconde ad alta voce per “sentire” il testo, le ultime  su carta o su un dispositivo e-reader.


Perché questa differenza?


Le prime letture hanno lo scopo di concentrarsi sul testo, di capire quali parti funzionano e quali no, di vedere e correggere eventuali erroracci o veri e propri orrori. Una volta corretto parzialmente lo scritto, si può procedere con una lettura ad alta voce, grazie alla quale si capisce se il testo scorre fluido, se vi sono ripetizioni, cacofonie o allitterazioni fastidiose. Le letture su carta (o dispositivo e-reader) sono una sorta di controllo, come scrivevo prima, per eliminare refusi e sviste. La lettura su carta è importante: avere davanti il testo non sul PC permette di cogliere meglio quegli errori che, invece, potrebbero sfuggire.


Molti consigliano anche una lettura al contrario: in questo caso i refusi balzano subito alla vista.


Vediamo queste letture una per una.


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Le prime letture su PC

Una volta che abbiamo in mano il manoscritto da correggere, sia che lo abbiamo già letto, sia che è la prima volta (ma non lo consiglio: è sempre meglio leggere prima tutto il manoscritto per avere un’idea del lavoro da svolgere e della trama), dobbiamo iniziare a correggerlo.


La correzione varia a seconda della persona; oggi ti parlo di come la faccio io.


Se il manoscritto richiede una forte revisione, la mia prima lettura è solo di controllo: segno quali sono i punti da correggere ed eventualmente annoto la frase o il periodo che andrebbero rivisti. Tuttavia non correggo ancora direttamente il testo: mi limito a evidenziare i punti più difficili e a scrivere accanto la frase riformulata. Se vi sono periodi poco chiari o punti della trama oscuri, li segno e li tengo da parte per farlo sapere all’autore. Evito di correggerli prima di aver saputo come l’autore vuole muoversi: come ogni editor, ho a cuore il suo parere, che è quello più importante.


Una volta chiariti i punti più nebulosi, passo alla correzione vera e propria, la quale, usando Word o un altro software di scrittura, sarà effettuata con lo strumento revisioni attivo: questo per evidenziare le parti eliminate e quelle aggiunte. Mai correggere un testo senza lo strumento revisioni: l’autore non capirebbe quali parti abbiamo eliminato e quali inserito (a meno che non conosca a memoria il suo libro, ma ne dubito).


Se ancora qualche frase o parola mi sembrano stonate, sbagliate, le evidenzio e le lascio lì per la seconda tornata di letture.


Una volta terminata la prima correzione, rileggo velocemente per controllare se per caso non vi fosse qualche altra revisione da fare.


Le letture ad alta voce

Come ho scritto prima, le letture ad alta voce servono per sentire la musicalità del testo: se scorre, se vi sono ripetizioni, cacofonie, eccetera.


Di solito non faccio la lettura ad alta voce lo stesso giorno della correzione su PC, per lasciare che il testo abbandoni la mia testa e per poi tornarvi a mente lucida.


Durante le letture a voce alta capisco subito se vi sono ripetizioni o cacofonie, e provvedo a eliminarle, inserendo sinonimi o riscrivendo una frase. Molti sconsigliano un vasto uso di sinonimi, perché spesso essi rendono una frase troppo artefatta. Anche io la penso così, infatti, spesso per evitare una ripetizione riformulo il periodo. Altre volte, invece, la ripetizione non si sente e preferisco lasciare la frase così com’è, senza evitare di arrampicarmi sugli specchi e snaturare il testo.


Può capitare che alcune delle mie correzioni, leggendo ad alta voce, non filino; è normale, anche noi editor possiamo sbagliare. Allora provvedo a riformularle o addirittura a tornare alla frase originale — magari non era così sbagliata come mi era apparsa in principio.


Consiglio a tutto una o due letture ad alta voce, che servono anche per i dialoghi. Leggendo, immaginiamo le persone che parlano e cerchiamo di calarci nei loro panni. Ci accorgiamo subito se i dialoghi sono troppo artefatti o non funzionano. So che può essere ridicolo, ma mentre leggiamo, atteggiamoci come se fossero i personaggi a parlare: in questo modo riusciremo a capire se le azioni legate al dialogo sono probabili o paradossali (esempio: se Mario parla e deglutisce, è impossibile. Prima parla, poi deglutisce. Non può pare le due cose insieme. Provare per credere).


Terminate le letture ad alta voce (che possono essere una sola o più, dipende dalla complessità del testo e delle correzioni), è tempo di passare alla fase di controllo.


Le letture di controllo su carta o dispositivo e-reader

Le ultime letture sono solo un controllo delle nostre correzioni. Servono per vedere se il testo effettivamente fila, se manca ancora qualcosa e se le correzioni sono state apportate in maniera corretta.


Per questo motivo, queste letture devono essere fatte su carta o su un dispositivo e-reader: dobbiamo leggere il testo come se lo trovassimo stampato, come se fosse un libro vero e proprio.


Ci accorgeremo subito se qualcosa non va: ad esempio, queste letture sono utili per valutare gli a capo e controllare se sono posizionati al loro posto o se staccano troppo il testo (magari due paragrafi possono essere uniti in uno solo).


Le letture su carta sono fondamentali se il libro sarà anche un cartaceo (perdona la ripetizione): stampando il testo come dovrebbe essere impaginato (quindi, per esempio, in formato A5), noteremo subito “brutture” grafiche, come mozzini, righe orfane o vedove. Inoltre controlleremo rientri, caratteri, allineamento.


Le letture su carta, quindi, servono anche per controllare l’aspetto grafico del testo.


Finite le letture: e poi?

Questa lunghissima fase, che può durare anche giorni, è solo la prima fase dell’editing.


Sì, perché salvo casi particolari (un testo ben scritto in partenza, ad esempio), una volta terminata la lettura si provvede a inviare il testo allo scrittore. Lui correggerà e valuterà le revisioni, ed eventualmente apporterà delle correzioni.


In genere chiedo sempre agli autori di reinviarmi il testo per una lettura successiva alle sue correzioni: mi è utile per valutarlo nella sua interezza e per controllare se tutto “fila”.


Ovviamente, più un testo necessita di correzioni, più questo “va e vieni” tra autore e editor durerà.


Il lavoro è terminato solo quando il testo sarà perfetto per la pubblicazione o invio all’editore.


Conclusioni: le letture sono importanti!

Che tu sia uno scrittore o un aspirante editor, metti particolare impegno nella lettura di un testo, sia per correggerlo sia per controllarlo.


L’editing è un lavoro lungo e complesso, necessita di una mente lucida e sgombra da altri pensieri. È fondamentale stare più ore su ogni singola frase che non convince: non dobbiamo terminare fino a che non siamo del tutto sicuri che vada bene.


Molti autori mi chiedono spesso delle tempistiche con cui correggere il loro testo; altri sperano che per far ciò basti un mese o nemmeno; altri ancora mi pregano di farlo in poche settimane.


Purtroppo, spesso non si accorgono della mole di lavoro che c’è dietro alla correzione di un testo, e pensano che una lettura sia sufficiente… per poi lamentarsi se qualche errore è rimasto.


Pazienta, quindi, e se un editor ti risponde che per correggere il tuo libro ha bisogno di due mesi, lascialo fare senza pressarlo. Ne va del tuo libro

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Published on February 06, 2018 23:00

February 1, 2018

Chariza – Il soffio del vento: recensione

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La trama

[image error]Un misterioso nemico trama nell’oscurità mettendo in pericolo il Drago d’Oro, la sua discendenza e la pace nell’intero Si-hai-pai. Chariza è la migliore combattente dei Monti Sacri, ma è anche un’assassina e la traditrice su cui ricade la maledizione della Dea Sole che la porta a desiderare ciò che c’è di più raro e prezioso. A lei, donna affascinante e in lotta con se stessa e il proprio passato, verrà affidato l’incarico di proteggere dalle insidie del nemico il piccolo Suzume, unica speranza per il futuro del regno e dell’Alleanza.


Preparatevi ad incontrare guerrieri, demoni, cortigiane e sovrani in un viaggio che vi condurrà lungo le strade di un grande e antico impero. I profumi dell’Estremo Oriente inebriano leggendo una storia in cui azione e suspense, introspezione e sentimento sono dosati con sapienza.


“Chariza. Il soffio del vento” raccoglie i romanzi precedentemente editi come “Chariza, il soffio del vento” e “Chariza, il Drago Bianco” in una nuova, rivista e affascinante veste.


La recensione

Di Francesca conoscevo già la sua passione per l’Oriente dopo aver letto e recensito “Shinigami & Cupcake” (ecco la mia recensione).


Quando ho deciso di leggere e recensire “Chariza – Il soffio del vento”, sapevo che mi avrebbe di nuovo catapultata nell’estremo Oriente.


Questa volta, però, Francesca ha abbandonato la modernità per lanciarsi in una suggestiva narrazione di un Oriente medioevale e immaginario, ma così vivido da sembrare reale.


Siamo nello Si-hai-pai, un fantastico impero governato dal Drago D’oro. La combattente Chariza viene assoldata dall’imperatore Yoshio per proteggere il figlio Suzume, al centro di una minaccia che vorrebbe vederlo morto. Spinta da impulsi inconciliabili, l’affetto per l’imperatore e la maledizione che la rende avida, Chariza decide, suo malgrado, di accettare. Tuttavia la missione non è così semplice come si prospetta a prima vista, né tanto meno banale: una spirale di eventi minacciosi avvolge lei, il piccolo Suzume e il soldato Yukai. Eventi sempre più misteriosi collegano i sicari inviati per fare del male a Suzume ai Draghi, membri dell’Alleanza che tiene in vita l’impero. È davvero tutto come sembra? Chi sta muovendo le fila del destino di Chariza? E, soprattutto, riuscirà la combattente a sconfiggere la maledizione che la soffoca e a comprendere davvero le sue emozioni?


In “Chariza – Il soffio del vento” c’è tutto: combattimenti, intrighi, mistero, passioni.


È un fantasy che per certi versi, negli intrighi di corte, ricorda “Il trono di spade”, ma a mio avviso con qualche traccia di “epic”: la magia, seppur non menzionata direttamente, esiste, anche se è latente e mai si manifesta apertamente. Per questo motivo non mi sento di definire il romanzo un vero e proprio “epic fantasy” stile Tolkien, bensì un connubio tra cavalleria ed elementi magici. E c’è anche un po’ di “spionaggio”, passatemi il termine, per dire la verità, visti gli intrighi che scuotono l’immaginario Si-hai-pai.


Per questo “Chariza – Il soffio del vento” è un romanzo a dir poco unico: in esso troviamo tantissimi elementi, che l’autrice ha saputo unire e plasmare senza per questo cadere nel paradosso, nel già detto o nell’inverosimiglianza.


L’ambientazione, poi, è costruita perfettamente. Farò ridere, ma fino a un certo punto, leggendo, mi domandavo dove questo Si-hai-pai fosse ubicato in Oriente, per poi capire dopo un po’ che non esisteva…


Francesca sembra conoscere davvero ciò che scrive: questo è avvalorato dalle numerose descrizioni tecniche e fisiche, e dall’utilizzo dei cinque sensi.


La scrittura è magistrale, e questa è veramente una nota di pregio: finalmente un romanzo autopubblicato e curato in ogni piccolo dettaglio.


La narrazione trascina sin dalle prime pagine e, anche se il romanzo è molto lungo (più di 500 pagine), non si sente la pesantezza, né vi sono parti noiose o che andrebbero rimosse.


I personaggi sono ottimamente caratterizzati, a partire da Chariza: lei è l’emblema della forza e della volontà. Una volontà in lei forte e resistente, nonostante la maledizione che la schiaccia e i sentimenti che la confondono. Chariza è una donna che non rinuncia ai propri valori, seppur continuamente sottoposta a numerose tentazioni. E lo scontro finale renderà il personaggio ancora più forte e unico.


In conclusione, mi sento di consigliare “Chariza – Il soffio del vento”  a tutti gli amanti del fantasy (anche non orientale).


Se volete leggere qualcosa di diverso e di unico, questo è il romanzo che fa per voi.


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L'articolo Chariza – Il soffio del vento: recensione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.

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Published on February 01, 2018 23:00