Emanuela Navone's Blog, page 36
June 12, 2018
I consigli di scrittura di Umberto Eco (parte seconda)
Navigando qua e là su internet alla ricerca di consigli di scrittura, mi sono imbattuta un po’ di tempo fa in quelli di Umberto Eco, che con il suo tono ironico e schietto riesce più di altri autori a farci capire come scrivere meglio.
Siccome non mi va che il mio articolo sia solo un copia e incolla di altri, cercherò di dare anche una breve spiegazione per ogni consiglio.
Questa è la seconda parte sui consigli di scrittura di Umberto Eco.
Se ti sei perso la prima, ecco il link:
I consigli di scrittura di Umberto Eco (prima parte)
Consiglio numero 6: ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso
Usare di frequente le parentesi, in effetti, può causare antipatie… visive.
Pensaci bene: quante volte quelle fastidiose parentesi ti hanno annoiato o, peggio, hanno affaticato la tua lettura, facendoti perdere il filo?
Soprattutto quando si tratta di parentesi che racchiudono periodi molti lunghi, che sai quando iniziano ma poi ti perdi per strada.
Ricordo i numerosi testi universitari, spesso pieni di parentesi. La metà delle cose che leggevo entravano da una parte e uscivano dall’altra; sì, magari erano noiose, ma le parentesi appesantivano di molto l’intero discorso.
Quindi: se puoi, evita di usare troppe parentesi. Se devi inserire un inciso per spiegare qualcosa, magari usa le virgole o, se ce ne sono già troppe sul testo, spezzettalo.
Consiglio numero 7: stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione
Di questo ne avevo già diffusamente parlato in un mio articolo sui puntini di sospensione.
Uno degli errori più frequenti dello scrittore, soprattutto se esordiente, è infarcire il proprio testo e i dialoghi di puntini sospensivi.
I puntini di sospensione, in un dialogo, indicano una reticenza, una frase lasciata in sospeso. In caso contrario, sono da evitare.
Riporto l’esempio del mio precedente articolo, in modo da darti un’idea:
Mattia lo raggiunse. Si sedette accanto a lui, passando le mani sul tessuto dei jeans.
«È tutta una merda, Mattia…», disse Piero. «Quando sei in un pozzo completamente ricoperto di merda, non puoi risalire…».
«Tutti risalgono, prima o poi…». Mattia continuava a lisciarsi i pantaloni. «Una volta sul fondo, non puoi che risalire…».
«Non se sei già annegato… e io sono annegato da tempo…».
«Non è vero…».
«Lo è…».
Come hai notato, questa ripetizione di puntini di sospensione è davvero antipatica. O entrambi i protagonisti sono reticenti (ma non sembra), o forse è meglio evitare questa sovrabbondanza di puntini.
E non è nemmeno il caso che ti dica che i puntini di sospensione vanno usati SEMPRE e SOLO in numero di tre, vero?
Consiglio numero 8: usa meno virgolette possibili: non è “fine”
Per quanto concerne l’utilizzo delle virgolette, come nel caso dei puntini di sospensione, è preferibile inserirle il meno possibile.
Le virgolette alte doppie (“”) vengono usate nei dialoghi, nei pensieri (al posto del corsivo), e per identificare un dialogo nel dialogo se si scelgono le caporali.
Secondo le norme redazionali di Vocifuoriscena, le virgolette vanno usate anche:
nelle citazioni,
quando si cita una parola in quanto tale,
quando si cita una parola in senso ironico, figurato,
nelle espressioni gergali (ma non sempre),
per i capitoli interni o di altri volumi citati,
per titoli di giornali, riviste, collane
per nomi di negozi, alberghi o ristoranti particolarmente complessi.
Cerca di limitarti, quindi, a usare le virgolette solo in questi casi.
Se vuoi dare enfasi a una parola, puoi anche usare il corsivo, sempre senza esagerare.
Consiglio numero 9: non generalizzare mai
Generalizzare, ossia, per dirla in parole più semplici, parlare e scrivere senza scendere nei particolari, genera una scrittura poco efficace.
Perché essere generici quando abbiamo una mente piena di immagini, suoni e odori?
A tal proposito mi voglio allacciare brevemente alla questione degli aggettivi in scrittura.
Appena iniziamo a scrivere (ma purtroppo a molti capita anche dopo anni), abbiamo la tendenza ad “aggettivare” numerosi concetti, perché forse non riusciamo a esprimerli meglio, o non ne abbiamo voglia.
Scrivere, ad esempio: “Mario scese dall’auto. Davanti a lui si estendeva una magnifica villa”, che cosa ci induce a pensare? Che cos’abbiamo davanti? Quale immagine si para innanzi ai nostri occhi?
Sì, sappiamo che la villa davanti a Mario è magnifica, ma lo sappiamo perché lo scrittore ce lo ha detto. Magari a noi fa schifo.
Orbene: evita di arroccarti su aggettivi e spiega perché, ad esempio, la villa vista da Mario è magnifica. Descrivila. Mostra alcuni dettagli.
Non generalizzare, appunto.
Consiglio numero 10: le parole straniere non fanno affatto bon ton
Ti prego, aiutami anche tu nella mia crociata contro i forestierismi!
La nostra lingua è così bella, perché sporcarla con parole straniere? Le nostre non sono forse belle ugualmente?
Se proprio non è necessario, usa l’equivalente italiano, che tanto in un romanzo ci sta bene, anzi, ci sta ancora meglio del forestierismo.
Usa le parole straniere solo se necessario, appunto. Quelle entrate ormai nel lessico comune lasciale stare, ma se proprio puoi evitare, negli altri casi ricorri all’italiano.
Soprattutto, ad esempio, se stai scrivendo un fantasy: che c’azzecca la parola straniera?
[continua…]
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June 9, 2018
Quali sono le fasi di creazione di un libro?
Tanti autori in erba e aspiranti mi scrivono per chiedermi quali siano le fasi di creazione di un libro: da dove iniziare? Che cosa fare dopo la stesura? In che modo renderlo presentabile prima di pubblicarlo o inviarlo a un editore o agente letterario?
Ebbene, se anche tu fai parte di questo gruppo, ti consiglio di continuare a leggere: in questo articolo ti elencherò tutte le fasi di creazione di un libro e come completarle nel modo migliore.
Iniziamo!
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Pexels/Pixabay
La creazione di un libro: pianificazione
Be’, questa fase è tanto semplice quanto fondamentale.
Innanzitutto il libro va pianificato.
Sì, tanti autori amano scrivere di getto e affidarsi a idee che vengono a mano a mano che la stesura va avanti, ma la maggior parte delle volte si rischia di giungere al punto in cui ti domandi: “E adesso?” Insomma, esaurita la vena creativa, ti ritrovi davanti a un vicolo cieco.
Per questi motivi consiglio agli scrittori di pianificare il loro libro, ad esempio tramite:
Una scaletta che evidenzi le scene principali
Un elenco cronologico dei maggiori avvenimenti che saranno raccontati
Una trama architettata tramite la struttura in tre atti
La cosa migliore sarebbe avere tutte e tre questi elementi, ma se hai fretta e poco tempo, l’importante è che tu scriva che cosa vorresti inserire nel tuo libro: inizio, svolgimento, fine. Almeno saprai subito dove andare a parare.
Se stai scrivendo un saggio (o anche una tesi di laurea!), a maggior ragione la scaletta è fondamentale. In un saggio nulla può essere lasciato al caso, e il lettore vuole sapere da subito dove andrai a parare o il messaggio che vuoi trasmettere.
In questo caso, un indice con i principali argomenti che tratterai è la risorsa migliore
La creazione di un libro: la preparazione
Dopo aver pianificato la trama o gli argomenti che affronterai, è ora di prepararli.
La seconda fase, forse, può essere noiosa, ma anch’essa è fondamentale.
Se ti accingi a scrivere un romanzo, è importante preparare nel modo migliore i suoi componenti, e quindi: personaggi e ambientazione.
Redigi la scheda di ciascun personaggio e studia bene l’ambientazione. Se la inventi (come, ad esempio, in un fantasy), disegna una mappa dei principali luoghi: ciò ti servirà per avere chiare in mente le distanze geografiche e temporali, per sapere qualcosa sul clima, la geografia, eccetera.
Stessa cosa se l’ambientazione esiste già. Se soprattutto non sei mai stato nel luogo in cui ambienterai il romanzo, usa tutti gli strumenti a tua disposizione per ottenere quante più informazioni possibili. Ad esempio Google Earth, Google Maps e la Street View sono strumenti davvero utili.
Per quanto riguarda la preparazione di un saggio, scegli e cerca le fonti che ti serviranno: quotidiani, riviste, libri, articoli, siti internet… Più materiale avrai, meglio sarà.
Ricorda, poi, ti inserire in bibliografia ogni fonte utilizzata.
La creazione di un libro: prima stesura
È ora di scrivere!
Che tu abbia in cantiere un romanzo o un saggio, questa è la fase in cui lasciar correre la vena creativa.
Scrivi, scrivi e scrivi: non pensare a errori, incongruenze, amenità grammaticali. A quello avrai tempo per dannarti dopo.
Ti consiglio di scrivere il tuo romanzo o saggio dall’inizio alla fine e di evitare di correggerlo di volta in volta: questo perché rischi di tornare indietro se qualcosa non ti convince, di fermarti o, peggio, di cominciare da capo.
Se qualcosa non ti piace, lo correggerai dopo.
La creazione di un libro: seconda stesura
Tantissimi autori, dopo aver terminato la prima stesura, ne fanno un’altra.
Non si tratta di una revisione nel vero termine della parola, bensì di una vera e propria riscrittura.
In questa fase, sapendo già dove vorrai andare a parare e quali sono stati i dilemmi della prima stesura, puoi riscrivere il romanzo o saggio da zero, e migliorarlo laddove necessario.
Personalmente, dopo la prima stesura passo direttamente all’editing, perché mi trovo meglio a correggere lì i punti che non mi convincono.
Se anche tu sei come me, passa alla fase successiva.
Un appunto: la seconda stesura o riscrittura NON sostituisce l’editing. Sono due fasi distinte.
La creazione di un libro: l’editing
E qui casca l’asino.
Non storcere il naso, ma dopo anni passati a leggere, recensire e correggere manoscritti, so per certo che tanti autori tralasciano questa fase, vuoi per fretta (perché devono assolutamente pubblicare), vuoi perché non sanno che cosa sia. Molti magari si limitano a una veloce rilettura, pensando che questa risolva i loro problemi.
No.
L’editing è una delle fasi più importanti nella creazione di un libro.
E non te lo dico perché il mio mestiere è quello dell’editor, ma perché… semplicemente lo è.
Non puoi pensare di inviare un manoscritto ad agenti letterari o editori o a pubblicarlo senza averlo corretto.
Sì, obietterai che sarà l’editore a correggertelo, ma pensaci bene: un editore accetterà un libro scritto male?
Intanto, fai una prima correzione.
Se ti affidi al self-publishing, il discorso è lo stesso: non puoi tralasciare questa fase così importante.
E quindi: cerca un editor o un’agenzia di servizi editoriali oppure, se hai un budget più limitato, tenta la via fai da te. A tal proposito, ti consiglio questo mio articolo su come fare l’editing del proprio romanzo.
La creazione di un libro: la correzione di bozze e la rilettura
Dopo aver operato una (se possibile) bella modifica al tuo libro, tagliandolo e ricucendolo come un vestito, è ora di darvi una bella ripulita.
Infatti, durante la fase della correzione ti capiterà di lasciare per strada qualche errore, refuso, svista…
La correzione di bozze ti aiuterà a rimuovere tutte queste brutture e anche a preparare la fase successiva, quella dell’impaginazione.
La correzione di bozze va a braccetto con la rilettura: rileggendo, magari dopo aver fatto trascorrere un po’ di tempo (giusto per “estraniarti” dal tuo libro), lo sguardo cadrà subito su tutti quegli errori che prima non avevi notato.
Ci sono tanti modi per rileggere un romanzo: in questo mio articolo ti spiego come farlo per eliminare i refusi.
La creazione di un libro: l’impaginazione
Anche se deciderai di inviare il tuo libro a un editore o un agente letterario, è utile comunque impaginarlo e darvi una veste grafica quantomeno accettabile.
Se, invece, lo pubblicherai tramite self-publishing, l’impaginazione è una tappa importantissima, visto che l’averlo scritto su Word o un programma simile non ti risolve i problemi.
Esistono due tipi di impaginazione:
L’impaginazione del cartaceo
L’impaginazione dell’e-book
Alcuni scrittori usano un unico file sia per il cartaceo sia per l’e-book. Non te lo consiglio, e il motivo è semplice: formattare un libro che sarà stampato e uno che diverrà e-book segue regole e linee diverse, quindi meglio avere due file diversi.
Per quanto riguarda l’impaginazione del cartaceo, se puoi usa un software apposito, come Adobe Indesign o Quark Xpress. Entrambi non sono a costo zero e, se sei alle prime armi, sono un po’ difficili da usare, ma basta prenderci la mano e ti si apre un mondo. Certo, va bene anche il classico Word, ma spesso l’ho trovato troppo rigido, soprattutto nella formattazione dei paragrafi, e non mi ha mai convinta del tutto. In ogni caso, qui troverai alcune dritte su come impaginare il tuo libro con Word o simili.
Sull’impaginazione dell’e-book, programmi come Word o Open Office vanno bene, ma anche in questo caso puoi provare a usare software come Sigil (specifico per gli ePub) o il nuovissimo programma di creazione e-book offerto da Kindle Direct Publishing. Pure StreetLib offre uno strumento di questo tipo: StreetLib Write.
La creazione di un libro: la copertina
Siamo arrivati all’ultima fase della creazione di un libro!
Abbiamo pronto il testo e impaginato: è ora di pensare alla copertina.
La prima cosa che ti consiglio, se ti affidi al self-publishing, è di NON usare gli strumenti di creazione cover offerti da piattaforme come Kindle Direct Publishing. Davvero: sarà semplice usarli ma le copertine sono davvero brutte.
Piuttosto, se non mastichi la grafica, affidati a uno strumento come Canva oppure acquista una cover già pronta o ancora chiedi aiuto a un grafico. Canva è gratis, mentre per cover premade o grafici dovrai spendere qualcosa — fidati, però, che ne vale la pena.
Creare una copertina non ti serve a molto se invierai il manoscritto a un editore o a un agente letterario, ma puoi comunque “graficare” qualcosa da allegare come cover provvisoria o di presentazione.
… e adesso?
Be’, il tuo libro, almeno nella forma è pronto!
Però non pensare che sia tutto finito qui… magari!
Dopo averlo realizzato, vi sono altri step successivi, diversi a seconda che lo invii a editori o agenti letterari o che lo autopubblichi.
Vediamoli brevemente.
Se invii il libro a un editore o agente letterario:
Ti servirà una sinossi
Ti servirà una quarta di copertina
Ti servirà una biografia
Se ti autopubblichi:
Ti serviranno sinossi e quarta di copertina
Dovrai scegliere la piattaforma più adatta alle tue esigenze
Dovrai pianificare data di uscita e prezzo
Dovrai iniziare la promozione
Come vedi, la vita di un libro non si esaurisce nella sua creazione… ma inizia una volta terminato!
Continua a seguirmi perché nelle prossime settimane affronterò tanti altri argomenti che ti aiuteranno nella preparazione del tuo libro.
E se ti sembra manchi qualcosa, scrivimelo pure!
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June 5, 2018
Pillole di punteggiatura: la e accentata
Di tanto in tanto le lettere dell’alfabeto escono dalla tastiera e prendono possesso del mio PC. Oggi sono la e accentata minuscola e quella maiuscola ad avermi legata in un angolo, perché vogliono dirti qualcosa.
Ti prego di ascoltarle perché sono davvero fastidiose.
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Free-Photos/Pixabay
La e accentata minuscola: un po’ ribelle, ma facilmente domabile
Ciao, sono la e accentata. Hai presente? Ogni tanto mi piace indossare il mio cappellino e portarlo un po’ a destra e un po’ a sinistra. Ma non pensare che lo faccia a casaccio! In realtà, sono molto volubile e lo indosso a seconda dell’umore.
Gli umani, però, spesso non gradiscono questa mia libertà, e hanno deciso di darmi delle regole. Ebbene sì! Non potrò più indossare il mio cappellino come e quando voglio, né gettarlo a terra quando mi arrabbio.
Lo devo portare rivolto verso destra quando sono grave.
E che vuol dire? Semplice: dovrò essere pronunciata in modo aperto.
Vi è chiaro?
Hai sentito? Prova a pronunciare la frase precedente: senti come suono… appunto… aperta?
In realtà a me ‘sta cosa non è che piaccia tanto, e se il cappellino volessi spostarlo a sinistra? Ebbene, non posso.
Però posso farlo quando sono acuta, e quindi pronunciata in modo chiuso.
Perché? Perché mi dovete rompere le scatole co’ ‘ste regole?
Ecco un altro esempio.
E bada bene a non sbagliare la posizione del mio cappello quando cado alla fine di una parola! Quindi scrivi perché e non perchè e né e non nè. Anche perché, se lo fai, la bacchetta di Word ti segnalerà subito errore con la sua penna rossa.
E se bevessi del té al posto del tè? Di certo non avrebbe lo stesso sapore. Né il caffé al posto del caffè. Insomma, mi ritroverei con una bevanda sciapa o amarissima. Meglio evitare.
E poi ci sono anche i numeri: antipaticissimi, li odio a pelle, davvero. Eppure in alcuni casi devo indossare il cappellino anche lì: trentatré, ventitré… e bada bene che devo indossarlo rigorosamente inclinato verso sinistra! Sennò i numeri si arrabbiano e mi rifilano un bello scappellotto. Ahia!
Per non parlare dei verbi… che noia. Eppure: ripeté, poté. Sempre con il cappello verso sinistra.
Insomma, avrai capito che ‘sto cappellino la maggior parte delle volte devi girarlo verso sinistra, anche se quando sono usata come verbo essere alla terza persona presente è imperativo girarlo a destra.
E pensare che tutti ‘sti giri mi stanno facendo venire il mal di testa.
Allora esco e colgo un fiore: to’, un nontiscordardimé. Ecco, anche lì devi mettermi il cappello.
Noioso, vero? Ma stai a sentire ti dirà la mia sorella maggiore!
La e accentata maiuscola: un triangolo amoroso
Salve, sono una e accentata maiuscola. Più seria della mia sorellina, ma meno considerata. E questo mi ha fatto diventare molto suscettibile.
In realtà la colpa è anche un po’ mia: sono un’inguaribile romantica. E vanitosa.
Sì, perché il mio cappello è più bello di quello della mia sorellina e, udite udite, adesso ne ho anche due!
Un bel triangolo amoroso, e non so mai decidere quale usare.
Il berretto inclinato a mo’ di coppola mi piace particolarmente: È ed É. Non trovi sia graziosissimo?
Quello dritto, E’, mi piace molto di meno, ma ultimamente me lo infilano in tanti… e ormai mi attrae quasi morbosamente.
Che poi, come farà a starmi addosso? Non lo vedi che è staccato dal mio corpo? Cos’è, ha la forza di gravità? O forse anche lui è così innamorato di me che non riesce ad abbandonarmi.
Gli umani più bravi, però, mi lasciano infilare il cappellino inclinato a destra o a sinistra, e le regole sono le stesse di quelle della mia sorellina. Storcono la bocca e spalancano gli occhi quando vedono accanto a me il berretto dritto, e non ci pensano due volte a strapparmelo via e a schiacciarmi sulla testa l’altro.
Eppure, il giorno successivo me lo ritrovo di nuovo accanto. Sì, è proprio innamorato.
Lo so, io non sono di parte e per me puoi mettermeli entrambi, perché sono vanitosa e mi piace atteggiarmi a diva, ma se non vuoi incorrere in strigliate o lavate di capo, è meglio che lasci perdere il mio amante dritto (a proposito! Ho sentito che si chiama apostrofo e che con me c’entra ben poco) e usi l’altro mio amante, quello inclinato.
Che poi, non mi rende molto (ma molto) più graziosa?
Per concludere
La e accentata minuscola è diversa se la parola viene pronunciata aperta o chiusa e l’accento va inserito obbligatoriamente quando cade sull’ultima sillaba: perché, né, è, caffè, tè, poté, ripeté.
Stesso discorso per la e accentata maiuscola, ma in questo caso evita di usare l’apostrofo al posto dell’accento.
Come? Non trovi la e accentata maiuscola sulla tua tastiera? Be’, puoi creare una nuova combinazione rapida per inserirlo usando i tasti oppure accedendo ai simboli. Facile, no?
E non lasciarti intenerire dal fatto che ‘sta E’ la vedi dappertutto, pure al telegiornale: è un errore. Fine.
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June 2, 2018
I consigli di scrittura di Umberto Eco (parte prima)
Navigando qua e là su internet alla ricerca di consigli di scrittura, mi sono imbattuta un po’ di tempo fa in quelli di Umberto Eco, che con il suo tono ironico e schietto riesce più di altri autori a farci capire come scrivere meglio.
Siccome non mi va che il mio articolo sia solo un copia e incolla di altri, cercherò di dare anche una breve spiegazione per ogni consiglio.
Essendo tanti (quaranta!) li suddividerò in più puntate.
Via alla prima, allora!
Consiglio numero 1: evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi
Secondo Treccani, l’allitterazione è la “ripetizione, spontanea o ricercata… di un suono o di una serie di suoni, acusticamente uguali o simili, all’inizio (più raram. all’interno) di due o più vocaboli successivi.”
Come evidenzia la definizione, l’allitterazione può essere ricercata, come in questo verso del Petrarca: ““Di me medesmo meco mi vergogno”, dove viene accentuato il suono della lettera emme. Di solito questa figura retorica viene usata nella poesia, ma è frequente trovarla anche nella prosa; tuttavia, a mio modesto avviso, l’eccessiva frequenza di allitterazioni in un testo narrativo possono dare fastidio alle orecchie (come nell’esempio citato da Eco nella sua regola).
Un esempio di allitterazione nella prosa: sereno è, sereno sarà, se non sarà sereno si rasserenerà.
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lolame/pixabay
Consiglio numero due: non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario
No, Eco non si è bevuto un Tavernello a digiuno… ma il suo esempio ci fa capire come, se usiamo il congiuntivo a casaccio, una frase suoni davvero brutta.
Sul congiuntivo se ne è detto e se ne dirà ancora per molto, oggi ti basti ripassare questa semplice regola: il congiuntivo è il tempo dell’incertezza, della volontà e dei sentimenti.
Temo non torni a casa, voglio che tu vada a cercarlo, ho paura che si sia fatto male.
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ulleo/pixabay
Consiglio numero tre: evita le frasi fatte: è minestra riscaldata
Frasi fatte e cliché sono ormai entrati nel linguaggio di tutti i giorni e li usiamo senza rendercene conto (di certo l’avrò fatto anche io in questo articolo!).
Tuttavia, quando scriviamo un testo narrativo, dobbiamo stare attenti a non cadere troppo nel banale e, invece, cercare di usare la fantasia (senza esagerare, ovvio!).
Ecco un esempio usando le frasi fatte più in voga negli italiani secondo Liberiamo:
Nella splendida cornice di Genova ho incontrato finalmente l’anima gemella: oggi come oggi, scovare l’amore della nostra vita può essere difficile, ma, a mio modestissimo parere, è proprio vero il detto “Chi cerca trova”. Certo, bisogna tentare più volte e non lasciarsi abbattere: nella vita non si può mai sapere.
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stevepb/pixabay
Consiglio numero quattro: esprimiti siccome ti nutri
In altre parole: parla come mangi!
E si spera di mangiare bene, sennò caschiamo in strafalcioni come l’esempio di Eco, o peggio.
Conosci l’amore sviscerato? Nemmeno io, ma solo a pensarci mi vengono i brividi.
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RyanMcGuire/pixabay
Consiglio numero cinque: non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
Ecco, queste aberrazioni sono… aberrazioni, soprattutto in un testo di narrativa.
Certo, a meno che non siano fondamentali.
Sennò evita di scrivere “esco con Mario & co.” oppure “ho mangiato una pizza con salame, pomodoro, mozzarella etc.”
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debbienews/pixabay
[to be continued…]
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May 29, 2018
Il mio prossimo romanzo sarà un fantasy
“Varie parti di me”, così si potrebbe intitolare questa rubrica. Articoli in cui finalmente scoprirai chi c’è dietro lo schermo e che ti rompe le scatole con i suoi discorsi sull’editing. Magari non ti interessa, magari sì. In ogni caso, fermati qualche minuto e dedicalo a conoscermi.
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Inauguro questa nuova rubrica che parla di me con un articolo dedicato alla mia ultima fatica: il primo capitolo della quadrologia fantasy “Le cronache di Charma”.
In realtà ho giocato sporco, perché questo romanzo non l’ho scritto in questi mesi, bensì quando ero adolescente, quindi di acqua ne è passata sotto i ponti!
Come sempre quando la mia testa si fissa su qualcosa ma poi la abbandona, ho scritto un’ottantina di pagine e poi l’ispirazione mi ha condotto verso altri luoghi. Il povero manoscritto ha preso la polvere, in senso letterale, per oltre dieci anni. Poi, una mattina, ho deciso di recuperarlo e di darvi nuova veste.
Devi sapere che soffro di insonnia. È una brutta malattia, l’insonnia, perché ti fa passare ore e ore a rigirarti nel letto senza tregua e senza che il sonno arrivi a darti ristoro. A tutto questo ci mettiamo anche la mia testa, che decide proprio in quei momenti di darmi “l’idea del secolo”, come vuoi che possa riaddormentarmi?
In una di queste lunghe sessioni insonne, chissà perché, mi è balzato alla mente il vecchio manoscritto fantasy. Davvero, non ci pensavo da anni. E così mi sono detta: “Bene, lo pubblicherò”.
Più semplice di così…
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La modella nella foto, per gentile concessione di Darksoul1/Pixabay è Dravien O’Alhrein, una delle tre protagoniste del romanzo.
Se anche tu sei amante del fantasy o scrivi di questo genere, saprai bene che è molto complicato. Sì, perché ci sono tantissimi aspetti da valutare: l’ambientazione, i personaggi e le loro caratteristiche, la verosimiglianza, la magia…
Prima di iniziare a scrivere “Le cronache di Charma” (che all’inizio non si chiamava nemmeno così, ma il nome era troppo simile a un altro romanzo, per giunta nemmeno fantasy, perché potessi mantenerlo), da buona studentessa modello (mica tanto, a quei tempi), e soprattutto da buona lettrice di autori come Tolkien, la Bradley ed Ende, ho creato un mondo da zero, Charma, appunto, cercando di renderlo il più verosimile possibile. Che ci sia riuscita o meno lo dirà il lettore.
Non basta scrivere fantasy per saperlo fare, né bastano due o tre nomi ci città e qualche razza per avere un’ambientazione. Il primo step da intraprendere qualora si voglia avventurarsi in questa, perdona la ripetizione, avventura, è creare un mondo da zero. Questo soprattutto per gli epic fantasy.
Che poi di questo mondo useremo solo una piccola parte, poco conta: dobbiamo conoscerlo a menadito.
Pensa che l’isola di Charma consta di ben più di dieci Regni, ma nel mio romanzo parlerò solo di quattro o cinque. Gli altri, poveretti, rimarranno lì ad aspettare altre storie.
Questo è uno degli aspetti che mi piacciono di più del fantasy: il fatto che, una volta che hai il tuo mondo pronto all’uso, ne puoi fare qualsiasi cosa e scrivervi qualsiasi storia ambientata in qualsiasi posto. Non trovi sia fantastico? La mia testa sta già partendo per nuove vie, lo sento… ma devo tenerla ancorata qui.
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L’Equilibrio è il vero protagonista del romanzo: la colonna su cui si regge tutta l’isola di Charma. Immagine di Darksoul1/Pixabay
Ma veniamo al contenuto del romanzo, perché come sempre mi sono persa a divagare.
Potrei arrangiarmi con un “semplice, è la solita e trita lotta del Bene contro il Male”, ma se voglio anche solo vendere qualche copia, devo impegnarmi di più di così.
Già da adolescente la mia testa era intricata, e questo romanzo non è da meno.
Charma si fonda sull’Equilibrio, uno stato tale che nessun Regno prevarica sugli altri. L’Equilibrio è garantito da Veltantel, lo Spirito in Due, che, grazie alle sue Colonne, impedisce che avvengano guerre. Le Colonne di Veltantel sono tre autorità di Charma: la Dea Eletta, la Matrice e la Grande Saggia. Sono loro le protagoniste del romanzo.
Nel tempo in cui si svolge la narrazione, uno dei Regni di Charma, Eartha, decide di spezzare l’Equilibrio. Molte ere addietro, Eartha era stata bandita sottoterra da Veltantel per aver mosso guerra contro il Regno confinante: Kaulta Landa. Il Reggente di Eartha, il giovane Sebastian Erden Mellyes, ha scoperto un modo per spezzare l’incantesimo che lo vincola alla terra e liberare finalmente il suo popolo da una prigionia durata secoli.
L’Equilibrio è così spezzato, e spetta alle Colonne di Veltantel ricostruirlo e impedire che Eartha scateni una guerra.
La Matrice, Eva Rock Vento, la Dea Eletta, Dravien O’Alhrein e la principessa di Rinau Mairam Minorn sono così coinvolte in un destino che vede le loro strade avvicinarsi, dividersi e poi riavvicinarsi… fino a…
Be’, di certo non voglio spoilerare troppo!
Ricordo che ero elettrizzata quando scrivevo questo romanzo, e lo sono anche adesso che l’ho ripreso in mano e vi sto dando una veste leggibile.
Ho cercato di dare un tono quantomeno neutrale alla narrazione, che si incentra sulle tre protagonista sopracitate e su Sebastian, l’antagonista (ma siamo davvero sicuri che lo sia?).
Non so se ho raggiunto lo scopo, e saranno i lettori a dirmi se ho scritto un prodotto buono o una schifezza — come sempre, il fantasy italiano è spesso sottovalutato.
Per il momento spero di non averti annoiato e di aver almeno stuzzicato la tua curiosità.
Il romanzo uscirà a fine luglio, ma puoi prenotarlo già adesso su Amazon al prezzo in offerta di 0,99 euro. È meno di un caffè, e sarà una lettura davvero molto leggera e veloce.
Se ti va di darvi un’occhiata, ecco il link:
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May 24, 2018
Recensione “Non scegliermi” di Natasa Ursic – a cura di Monica Gabellini
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La trama
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Danielle a causa di un forte trauma, perde la memoria. Grazie a dei flash che ha nei vari momenti e nelle varie situazioni, intravede ciò che era e ciò che le è successo, scoprendo che non è andata come le fanno credere.
Nel suo percorso incontrerà Richard con cui avrà un rapporto d’amore e odio, amicizia e antipatia, attrazione e … disgusto che inconsapevolmente la aiuterà a scoprire la verità sul suo passato.
Quando Mark ritorna a Birmingham e ‘esprime il desiderio ‘ di portare Danielle con sé. A Orlando dove lui studia e ha una vita sociale attiva, Danielle incontrerà Nick che potrebbe essere la sua rinascita in tutto e per tutto. Lui potrebbe darle l’amore e la tranquillità che tanto desidera. Ci proverà in tutti i modi per conquistare Danielle, fino a fare un gesto inaspettato tanto da convincerla a tentare. Almeno finché Richard non le fa visita e manda all’aria l’autocontrollo della ragazza e tutto ciò a cui aveva lavorato.
Danielle chi sceglierà? Sarà una scelta giusta la sua o no? Il Clan, c’entra qualcosa in tutto questo? Il Clan le permetterà di scegliere?
La recensione
La trama di questo romanzo è piuttosto complicata. O meglio, è stata resa complicata dall’autrice.
In fondo è la classica storia della ragazza che sembra indifesa e si imbatte nel bad boy di turno, se ne innamora e forse riuscirà anche a far ravvedere il ragazzo. Il problema è che la ragazza in questione ha subito un forte trauma e non ricorda quasi nulla del suo passato, le persone intorno a lei fanno di tutto per nasconderglielo (nascondendolo anche a noi) e i vari flashback che vive non sono di grande aiuto perché sono molto confusi.
La storia narra di Danielle, figlia di un importante boss della malavita, che, dopo essere uscita dall’ospedale, si trasferisce con i fratelli e la madre. Qui fa amicizia con i vicini di casa, i fratelli Linda e Richard: lei diventa la sua migliore amica mentre con il fratello ha un rapporto di amore/odio.
L’inizio è un caos, perché diventa davvero difficile capire cosa sta succedendo. Va bene mantenere un alone di mistero, ma a mio parere l’autrice ha esagerato. Non vuole farci conoscere particolari che suppongo vorrà svelare per il colpo di scena finale, ma così facendo inficia anche la comprensione del presente. Sono rimasta in attesa di uno “spiegone” grande come una casa, ma niente.
La parte centrale, che racconta l’avvicinarsi di Danielle a Richard, è più scorrevole, per poi ridiventare tutto misterioso nel finale.
Danielle e i suoi due fratelli, all’inizio, hanno un comportamento un po’ ambiguo. Sembrano avere dodici anni ed essere un po’ troppo attaccati alla sorella. Capisco che la vogliano proteggere ma non ho potuto fare a meno di immaginarmeli sotto le vesti di un cartone animato: Georgie e i suoi fratelli.
Richard non mi sembra molto sveglio. All’inizio la tratta come una bambina ma continua a pensare a lei e a chiedersene il motivo. Non è difficile da intuire, soprattutto per uno abbastanza esperto come lui. Anche in altre occasioni ho pensato: “ma datti una svegliata, ragazzo!”
I personaggi sono fin troppo stereotipati, con la caratteristica di cambiare umore di punto in bianco, senza un motivo apparente.
Credo che l’intero romanzo necessiti di una revisione per correggere i numerosi errori, l’abbondanza di aggettivi, la punteggiatura e anche qualche verbo. Nei dialoghi si perde spesso il filo e a un certo punto non si capisce più chi sta parlando. In questo caso il problema può essere che non si è spiegato bene, con piccoli dettagli, chi sta parlando o chi ha appena detto una determinata frase oppure, e questo è più grave, che i personaggi usano tutti lo stesso timbro e lo stesso modo di parlare. E i continui cambi di pov non aiutano.
Il libro fa parte di una trilogia e spero che alla fine tutto venga chiarito in modo esauriente, perché i dubbi sollevati sono tanti.
È strano, ma non so dire se mi sia piaciuta o meno questa lettura. Ho provato un tale nervoso mentre leggevo senza riuscire a capire! Però continuavo a farlo, spinta più dalla curiosità che dalla trama in sé.
Come detto, la storia è un po’ un cliché, ma quello che si nasconde mi intriga. Ed è proprio con queste considerazioni che mi sorge il dubbio: “forse, allora, l’autrice ha fatto bene il suo dovere, perché quello che mi ha dato più fastidio è anche quello che mi ha spinto a continuare”.
Sono sempre più confusa…
Dati
Titolo: Non scegliermi
Serie: The Unloved Series #1
Autore: Natasa Ursic
Genere: Romance
479 pagine
Prezzo: 0,99 euro e-book (gratis per Kindle Unlimited), 13,81 euro cartaceo
Chi ha scritto questa recensione
[image error]Mi chiamo Monica e sono nata nel 73 in Brianza, dove vivo ancora con il marito e due figlie ormai adolescenti. Grazie a un fratello più grande ho imparato a leggere prima di cominciare la scuola e non ho mai smesso. Leggevo e rileggevo le favole fino a che non le sapevo a memoria e, in mancanza d’altro, mi leggevo tutti i cartelli pubblicitari quando ero in macchina. Sono talmente fissata con la lettura che perfino quando guardo la tv e, sotto le immagini, scorrono dei testi, io bado solo a quelli. L’amore per i romanzi veri e propri è nato grazie a Stephen King che, con la sua raccolta “A volte ritornano” mi ha conquistata nel lontano 1987. Da allora ho voluto ogni suo libro e la fame di lettura è sempre andata crescendo, quindi ho pian piano ampliato la lista dei titoli, degli autori e dei generi. Mio marito spesso mi prende in giro, dicendo che non sono normale perché i miei autori preferiti sono King e Jane Austen, e la cosa si rispecchia anche sui film che mi piacciono: o polpettoni romantici o horror sanguinari.
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May 22, 2018
Piccoli scrittori crescono: una chiacchierata con Ilaria Caserini
Ormai è un dato certo: in Italia ci sono più scrittori che lettori. Soprattutto adesso, con le infinite possibilità che dà il self-publishing, pubblicare qualcosa è più che semplice: basta scrivere, seguire le procedure step by step e il libro sarà reperibile online in tutta Italia.
Purtroppo, questo ha anche aumentato il numero di pseudo-scrittori che non conoscono nemmeno le basi della grammatica italiana e non sanno nemmeno da che parte iniziare a scrivere un romanzo. La resistenza del pubblico italiano nei confronti dell’emergente (soprattutto se self o se etichettato come “caso editoriale”) la conosciamo ormai tutti.
Io, nel mio piccolo, forse perché anche io sono una scrittrice molto in erba, cerco sempre di sostenere i piccoli autori, semi-conosciuti o annegati dell’oblio, perché spesso molti di loro nascondono sorprese: piccole perle da raccontare, storie da condividere, emozioni da trasmettere…
Così, quando Claudio mi ha chiesto se avessi potuto intervistare Ilaria Caserini, mi sono detta: “Perché no?”. In fondo ogni piccolo autore ha bisogno di piccoli luoghi dove iniziare a farsi conoscere. E soprattutto ero davvero curiosa di parlare con questa autrice emergentissima, la cui tematica del romanzo al quale sta lavorando, la depressione, mi interessava in prima linea.
E così…
Due chiacchiere con Ilaria Caserini
[image error]Di Ilaria, la prima caratteristica che ti balza agli occhi appena la conosci è l’indiscutibile modestia e l’ancor più indiscutibile umiltà. Come a dire: “Che, vuoi davvero parlare con me? Ma non credo che possa interessarti…”
E invece.
Il romanzo a cui sta lavorando, “Autopsia di un’emozione”, e che ho avuto il piacere di leggere in anteprima, è una piccola gemma che, a mio modestissimo parere, meriterebbe, una volta terminata la stesura, di entrare a pieno titolo negli scaffali delle librerie: emozioni come dolore, rabbia, allegria… ma anche una trama ben orchestrata che ti invoglia alla lettura.
A dir la verità, leggendo quelle poche pagine, non mi sembrava di aver davanti un autore emergente.
Forse è perché Ilaria ha vissuto in prima persona le esperienze raccontate nel romanzo, e quindi chi meglio di lei sa esprimerle con chiarezza; o forse, chissà, semplicemente quella di scrivere è una dote innata.
Quello che è certo è che Ilaria crede davvero nel suo romanzo, come trapela dalle sue parole. Raccontare e parlare di un tema complesso come la depressione può spesso far cadere nel già sentito o nello stereotipo o nell’eccessivo tecnicismo, ma Ilaria, pur non essendo una psicologa, riesce a unire l’argomento a una trama scorrevole e “che prende”.
Ilaria Caserini spero davvero riesca a trovare un editore che creda in lei e nel messaggio che il suo romanzo vuole veicolare: non sono un’emozione, ma anche una grande passione per la scrittura che emerge in ogni pagina.
Ecco l’intervista, condotta durante lo scorso Salone del Libro a Torino.
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May 17, 2018
Ivory di Ross Cage: recensione a cura di Monica Gabellini
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La trama
[image error]George è un pittore di talento che conduce una vita dissoluta ad Atlanta.
Un giorno i suoi occhi si posano su una giovane sconosciuta dalla pelle d’avorio e ne rimane ammaliato. Decide così di farne la sua nuova musa; peccato che la passionale Linda, la sua attuale modella, non sia per nulla intenzionata a lasciarselo sfuggire.
La donna farà davvero di tutto per l’uomo che ama e verso cui prova un insano attaccamento.
La recensione
George incontra casualmente una ragazza dalla pelle d’avorio. Ne rimane stregato e la invita nel suo studio a posare per lui. Ci si aspetterebbe che la storia del racconto debba essere questa: la modella che si reca nello studio del pittore e la scintilla che scatta fra i due.
Colpo di scena, in realtà George ha una relazione con la bellissima Linda, sua modella da tempo. La loro relazione è complicata: lui che la usa per soddisfare le sue voglie, lei completamente e totalmente assorbita da lui.
La descrizione lo inserisce tra i romanzi erotici, ma a mio avviso è molto di più. Descrive un amore malato, non corrisposto, dove lui è alla ricerca di nuove esperienze e continua a frequentarla solo perché al momento gli conviene; lei, invece, sarebbe disposta a qualsiasi cosa pur di tenerselo stretto.
Forse la questione dei soldi e degli strozzini, parte importante della storia, è descritta un po’ ingenuamente. Non credo che nella realtà le cose sarebbero potute andare davvero così.
Inoltre Ivory è il titolo del racconto e questo fa pensare che la ragazza dalla pelle d’avorio sia la protagonista indiscussa della storia. Invece la incontriamo, la conosciamo e poi scompare nel nulla. Non solo non è la protagonista, ma non è nemmeno fondamentale ai fini della storia. Non ho capito la scelta dell’autrice, in questo caso.
Nel complesso è una storia interessante, ben scritta e piacevole.
Dati
Titolo: Ivory
Autore: Ross Cage
Genere: Romanzo erotico
71 pagine
Prezzo edizione digitale: 0,99 euro (gratis con Kindle Unlimited)
Chi ha scritto questa recensione
[image error]Mi chiamo Monica e sono nata nel 73 in Brianza, dove vivo ancora con il marito e due figlie ormai adolescenti. Grazie a un fratello più grande ho imparato a leggere prima di cominciare la scuola e non ho mai smesso. Leggevo e rileggevo le favole fino a che non le sapevo a memoria e, in mancanza d’altro, mi leggevo tutti i cartelli pubblicitari quando ero in macchina. Sono talmente fissata con la lettura che perfino quando guardo la tv e, sotto le immagini, scorrono dei testi, io bado solo a quelli. L’amore per i romanzi veri e propri è nato grazie a Stephen King che, con la sua raccolta “A volte ritornano” mi ha conquistata nel lontano 1987. Da allora ho voluto ogni suo libro e la fame di lettura è sempre andata crescendo, quindi ho pian piano ampliato la lista dei titoli, degli autori e dei generi. Mio marito spesso mi prende in giro, dicendo che non sono normale perché i miei autori preferiti sono King e Jane Austen, e la cosa si rispecchia anche sui film che mi piacciono: o polpettoni romantici o horror sanguinari.
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May 15, 2018
Un giorno, tutto questo: al Salone del Libro di Torino con S.E.U.
È una giornata caldissima, a Torino, nonostante non sia nemmeno mezzogiorno. Così calda che appallottolo nello zaino giacchetta e sciarpa, schiacciandole sopra l’ombrello che ho portato dietro per precauzione — maggio è pazzo, quest’anno: un giorno ti uccide con il sole, l’altro con la pioggia.
Nel pomeriggio mi aspettano allo stand S.E.U. (associazione Scrittori Emergenti Uniti) per una sessione di interviste con alcuni autori soci, ma il mattino è tutto per me, e ne approfitto per un giro beato tra stand di libri, qualche chiacchierata con autori e editori e tanti sospiri sopra le copertine. Nemmeno dieci minuti e ho già una lista di libri da comprare lunga un chilometro.
Quando finalmente arriva l’ora prefissata, ammetto di essere un po’ in agitazione: non tanto per le interviste che farò, quanto perché saranno riprese dalla videocamera e ancora oggi mi mette in soggezione — chissà perché!
Non devo preoccuparmi, però, perché i ragazzi di S.E.U. sono gentilissimi come sempre, e come sempre Claudio (autore de “A piedi nudi”, edito da Leucotea), che ha organizzato tutto, sa mettermi a mio agio. Anche gli autori che dovrò intervistare sono simpatici; alcuni li conosco già, come Massimo Procopio (leggi qui e qui le recensioni ai suoi libri) e Manuela Siciliani, altri li conosco sul momento, anche se, come nel caso di Francesca Cominelli, il caso vuole che stia leggendo proprio il suo libro in questi giorni.
Le interviste durano cinque o sei minuti, ma ciò non le rende meno interessanti: in questi pochi minuti ogni autore riesce a sintetizzare al meglio il contenuto dei propri romanzi e a far passare il messaggio da essi trasmesso.
Cathlin B è un’autrice di romanzi rosa e storici. Al Salone decide di parlarmi di “Amor eretico“, un breve ma intenso romanzo ambientato nel secolo Mille e che parla della storia d’amore tra un cavaliere e un chierico. Un amore eretico, dunque, come mi svela Cathlin, che mi racconta di aver impiegato molto tempo per svolgere le ricerche storiche che stanno dietro all’ambientazione. Alla mia domanda sul perché abbia scelto il self-publishing, risponde serafica: “Non ho mai contattato una casa editrice, con il self-publishing mi sento più libera”. Sante parole!
Con Silvia De Meis, invece, entriamo in tutt’altro tema: quello dei racconti per bambini e ragazzi. L’argomento mi incuriosisce molto, sia perché ho lavorato per qualche anno in una casa editrice specializzata in letteratura per infanzia e adolescenza, sia perché, lo ammetto, i libri per bambini e ragazzi mi piacciono ancora adesso.
“Esopo 2.0” e “La Divina Commedia 2.0“, entrambi editi da Astro Edizioni, sono una rivisitazione di due classici famosissimi: le fiabe di Esopo e la Commedia dantesca. Silvia ha deciso di reinterpretarle al fine di darvi un tocco moderno, soprattutto per la Divina Commedia, e originale. Mi ha confessato di aver voluto riscrivere le fiabe di Esopo affinché potessero avere un lieto fine, mentre la sua Divina Commedia, scritta a quattro mani con Daniele Bello, è un piccolo romanzo di formazione per ragazzi, in cui il giovane protagonista Lucciarelli si risveglia nell’Inferno dantesco e dovrà cavarsela in qualche modo.
Il bello delle interviste con S.E.U. è che ogni autore porta con sé tante novità e le proprie esperienze personali. Inoltre è come un piccolo viaggio tra i vari generi letterari.
Infatti, Francesca Cominelli è autrice di una trilogia romance autopubblicata su Amazon: “La mia fine, il mio inizio“, di cui il terzo volume è in fase di stesura.
Nei suoi romanzi, Francesca esprime tutta la sua passione per i cavalli, e mi confessa che li inserirà anche nei prossimi. Una passione fortissima, davvero, e si sente leggendo i suoi libri. Infatti, la trilogia è ambientata in un ranch texano e racconta dell’incontro scontro tra Amanda e Jared, lei newyorkese un po’ snob e lui cowboy strafottente.
Nei romanzi di Francesca incontriamo numerosi stereotipi che l’autrice ha voluto inserire senza forzarli bensì per giocarci e farci capire come spesso ci limitiamo a guardare l’apparenza senza prestare attenzione alla sostanza.
Altro giro, altra corsa 
May 10, 2018
La prova gratuita: cos’è e a cosa serve?
Ricordo che quando acquistavo un giornale di moda, il novantanove percento delle volte trovavo un campioncino di profumo o di crema. Stessa cosa quando andavo in negozi come la Bottega Verde: spesso mi regalavano piccoli campioni dei loro prodotti.
La prova gratuita può essere considerata come il campione di un prodotto.
Insomma, prima provi, poi decidi se acquistare. E se il profumo non ti piace, lasci perdere
Parlando di servizi, è la stessa cosa. Soprattutto nell’era internet, dove chiunque si spaccia per professionista, è sempre meglio andarci con i proverbiali piedi di piombo e “testare” prima di acquistare.
Numerose agenzie e professionisti, ad esempio, quando vendono un corso o un manuale regalano sempre qualche capitolo (o video, o audio) in anteprima per stuzzicare il cliente e per fidelizzarlo.
Per quanto riguarda i servizi editoriali, numerose agenzie e freelance, me compresa, offrono per prima cosa una prova gratuita sul loro lavoro, così che l’autore possa, prima di decidere se affidarsi a loro o a lui, valutarne il lavoro.
Oggi parleremo proprio di questo: della prova gratuita.
Cos’è? A cosa serve? Perché può esserti utile?
Iniziamo subito!
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quinntheislander/Pixabay
Che cos’è la prova gratuita nei servizi editoriali?
In genere, chi offre servizi editoriali come l’editing propone una prima prova gratuita e non vincolante per mostrare all’autore come lavora. Di solito effettua il lavoro su un campione di cartelle inviate dall’autore, massimo cinque o sei — non di più, perché sarebbe un lavoro dispendioso, né di meno perché aiuterebbe poco l’autore.
L’autore potrà così valutare se il lavoro di editing, ad esempio, soddisfa le sue esigenze o se è meglio guardare altrove.
Inoltre, la prova gratuita è utile all’autore per capire quali sono i problemi sul suo libro e su cosa lavorare.
Certo, non pensare che una prova su cinque cartelle possa risolverti il problema dell’editing! Però puoi già farti un’idea su dove lavorare e cosa migliorare.
Alcuni editor, inoltre, oltre che alla prova gratuita danno anche un parere su quanto scritto e qualche consiglio su come migliorarlo — certo, anche in questo caso il parere è limitato a ciò che si corregge, quindi è da prendere con le pinze.
Ricapitolando…
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Quando richiedere la prova gratuita e in che modo?
Non c’è un momento specifico nel quale richiedere la prova gratuita, anche se ti consiglio di farlo una volta terminata la prima stesura e magari pulito il testo da refusi e altro — anche grazie all’aiuto di beta reader.
In questo modo l’editor potrà focalizzarsi su errori di tipo contenutistico e stilistico, anziché dover pulire (anche) il testo da orrori grammaticali.
L’elemento da tenere in considerazione, nel momento in cui andrai a chiedere la prova gratuita, sono le modalità di invio del file richiesto.
Mi spiego meglio. Ogni editor, o agenzia di servizi editoriali, ha le proprie preferenze: c’è chi preferisce il formato di Word (quindi .doc o .docx), chi l’.odt (che usa Open Office); alcuni chiedono anche una sinossi dell’opera o, comunque, sapere di cosa parla; altri ancora non accettano generi specifici.
Quindi leggi attentamente le linee guida per evitare noiose gaffe.
Nella mia pagina per la richiesta della prova gratuita, ad esempio, non ho troppe pretese: ti basta inviarmi le prime cinque cartelle del tuo libro (non ho generi di preferenza) attraverso il form. In genere ci impiego una settimana o anche meno per rispedirti la prova corretta.
Quindi la prova gratuita mi serve?
Assolutamente sì!
Se sei alla ricerca di qualcuno che corregga il tuo libro, è fondamentale prima conoscere come lavora. Non puoi fare un acquisto a scatola chiusa e trovarti, magari, con un prodotto scadente. Meglio sincerarsi, ove possibile, del tipo di lavoro che sarà fatto sul tuo libro.
Certo, se non ti interessa davvero cercare qualcuno per la correzione, allora non perdere tempo: sarà del lavoro in più per l’editor (che di lavoro già ne ha di suo) e un documento di poca utilità per te.
L'articolo La prova gratuita: cos’è e a cosa serve? proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.


