Sandrone Dazieri's Blog, page 22
October 15, 2010
Attenzion, popolazion. Aggiornamento Ebook
Abbiamo fatto una piccola discussione sugli Ebook italiani di Biblet, dicendo che non si potevano leggere sull'ipad per via dei pallosi DRM. Ebbene, c'è una soluzione semplice per l'Ipad: l'app gratuita BlueFIRE, fatta apposta per far leggere tutti i libri Adobe Digital Edition, quindi protetti. Occorre naturalmente avere un account Adobe (gratuito), scaricare il libro sul Mac o Pc e poi sincronizzare con Itunes come si fa di solito con le applicazioni. Non si può, per ora, scaricare direttamente da Ipad, ma è già un passo avanti notevole. Ecco. In questo mondo digitale tutto corre molto veloooooooce. Non si fa a tempo a incavolarsi che tutto cambia.
La Pulsazione della rete
Il problema di Internet come fonte di informazione, come tutti sappiamo, non è la mancanza, ma l'eccesso di notizie e dati. A parte casi come quello cinese, dove la rete è filtrata e occorre essere utenti esperti per superare i blocchi (e non è detto che ci si riesca), nella normalità del ricco occidente le informazioni circolano liberamente e in modo sovrabbondante, senza alcun controllo o censura possibile. Questo significa che ricercando un lemma o un aggiornamento su un fatto di cronaca, potremo trovare il più autorevole commentatore ed esperto quanto il peggiore cialtrone da blogpalude, e sta a noi, alla nostra capacità di discernimento e alle nostre conoscenze pregresse, sapere come orientarci e, in sostanza, di chi fidarci. La selezione delle informazioni è quindi un'attività importante e dispendiosa per chiunque non si accontenti del giornale di partito o del telegiornale e io sono tra questi.
Perciò, quando trovo fonti affidabili, e per fonti intendo "aggregatori" o "selezionatori" nella rete, tendo a usarli il più possibile. Cercando tra le novità della rete attraverso il nuovo gadget di famiglia che è l'Ipad ho scoperto l'APP PULSE (che trovate qui o sull'app store). Pulse è in sostanza un Feedreader, ovvero un coso che ti permette di ricevere gli aggiornamenti delle fonti che tu segui purché abbiano un Feed Rss (che è questa ROBA QUI): blog, siti, pagine web... Ma, a parte questo, che sarebbe solo un modo graficamente carino di leggere quello che già leggi di solito (l'interfaccia è realmente eccellente), è possibile anche seguire alcuni, chiamiamoli "canali", gestiti direttamente da Pulse, che preselezionano le notizie in base all'attualità e alla loro rilevanza. Questo ha creato qualche accusa a Pulse di violare copyright a destra e a manca, anche se a onor del vero si limita a riportare quanto pubblicamente già visibile sulla rete (e l'interezza dell'articolo è leggibile solo sul sito originale), ma è quanto di più simile a un "nuovo media" o alla forma che dovrebbe avere un "nuovo media" che io abbia mai trovato sulla rete. Io seguo sostanzialmente solo la loro selezione di notizie riguardo alla tecnologia e alle avanguardie culturali, e devo dire di essere impressionato dal lavoro dei loro editor. Certo, in realtà il loro lavoro è evidenziare "quello di altri" che effettivamente le notizie le creano, ma senza Pulse, io al novanta per cento di quelle notizie non arriverei. Pulse ha anche un altro bonus, ovvero la possibilità per tutti i lettori, di crearsi il proprio "canale", il proprio Mypulse, selezionando a loro volta le notizie e diventando editor in proprio. Il feed è leggibile attraverso l'applicazione, oppure sulla rete. Io ho aperto il MyPulse Sandrone, che altro non è che un'ulteriore selezione, un po' a capocchia, di quello che mi colpisce mentre faccio la mia rassegna-pulse-stampa mattutina. Una selezione della selezione con dentro di tutto, da La Repubblica a Wired, utile soprattutto a me come promemoria. Se vi interessa e avete Pulse cercate Sandrone, se non l'avete potete trovarmi http://sandrone.pulsememe.com/.
October 13, 2010
Il mistero dei "Giovani Adulti"
La mia amica e collega Marta Mazza sta scrivendo una tesi in editoria sul romanzo per ragazzi e mi ha fatto le domande che seguono. Riporto le risposte perché magari possono interessarvi, visto che sono argomenti di cui discutiamo anche qui.
Young Adult: un genere letterario o un'invenzione commerciale?
Direi che è un segmento di mercato che è più o meno sempre esistito, ovvero i libri per i ragazzi che si avvicinano all'età matura. Se prima ci si limitava a inserirli o tra i romanzi per adulti o tra quelli per ragazzi, adesso, dopo il successo ottenuto da alcuni best seller internazionali, si tende a evidenziarli.
Quali sono le sue caratteristiche? Elencane tre.
1) I protagonisti sono adolescenti o poco più grandi. 2) La trama rispecchia la visione del mondo che hanno gli adolescenti: sempre a tinte forti. Gli amori sono unici, tragici e straordinari, i tradimenti brucianti, le gioie immense, le scelte irrevocabili. 3) Il tema centrale, per quanto spesso reso metafora, è quello del passaggio all'età adulta: il primo amore, il primo rapporto completo, la scoperta della propria mortalità, l'abbandono del nido e la separazione dai genitori.
Perché interessa sempre di più anche gli editori per adulti?
Perché gli YA possono essere letti anche dai genitori, che non solo vi trovano tematiche capaci di stimolare ricordi e identificazioni tardive, ma soprattutto NON vi trovano alcune delle caratteristiche dei romanzi per adulti che selezionano l'accesso. Faccio alcuni esempi, tanto per essere chiari, anche a costo di tagliare con la zappa: un romanzo d'amore o una chick lit generalmente respingono i lettori maschi, un romanzo spionistico ad alta tecnologia scoraggia, per lo più, il pubblico femminile, l'horror richiede una predisposizione... Alcuni dei romanzi d'intrattenimento per adulti, poi, quelli più complessi nel linguaggio o nella struttura, si pensi a un Camilleri o a uno Scott Turow, richiedono anche uno sforzo di comprensione, spesso non gradito al pubblico meno colto. Tutto questo non avviene con gli YA. Per quanto riguarda i contenuti, anche i più orrorifici sono più soft di quelli per adulti, sesso e violenza non disturbano, le trame e le psicologie sono semplificate. L'universo di riferimento e il linguaggio, riferendosi alle conoscenze di uno studente delle superiori, risultano perfettamente fruibili da tutti. Questo fa sì che, potenzialmente, un romanzo YA possa essere acquistato da un bacino enorme di lettori. Se azzecchi il titolo giusto è un buon affare, insomma. Quello che molti editori non capiscono, però, è che un romanzo YA non è un romanzo per adulti scemi o bambinoni. Non è, cioè, un sottoprodotto trash della "vera" narrativa o letteratura. È un genere a sé per il quale si richiedono competenze specifiche, esattamente come servono per scrivere o pubblicare un libro per bambini o per adulti.
I tre titoli più rappresentativi.
Twilight, Tre metri sopra il cielo, Le cronache del Mondo Emerso.
October 7, 2010
I miei primi ebook 'ufficiali'
Qualcuno di voi se li sará già scaricati pirata, ma qui ci sono i miei primi ebook prodotti dalla mia casa editrice (fatto salvo l'esperimento di qualche anno fa nel defunto formato LIT). Il sito è tutto nuovo, quello di BIBLET, ma ne avrete già sentito parlare. Tanto tuonò che piovve... E adesso parto per Francoforte
October 1, 2010
Elogio delle retrovie
Sono appena rientrato da Palermo, dal set di Squadra Antimafia 3. Nonostante il lavoro di un editor termini prima delle riprese, servono incontri periodici con il cast per mettere a punto il motore: alcune scene non si possono girare come sono state scritte per problemi di location, altre vanno spostate da giorno a notte o da dentro a fuori, altre vanno modificate per agevolare gli spostamenti degli attori... Ho lavorato per tre giorni a stretto contatto con i responsabili dei reparti tecnici, splendidi professionisti che stanno "dietro" la macchina da presa, senza i quali nessun film, telefilm o serie sarebbe possibile realizzare. Gia' che c'ero ho fatto qualche foto orrenda. Eccone alcune a scopo didattico :-)
Il programma quotidiano, affisso nell'atrio dell'albergo dove è ospitata la troupe. Qui viene indicato che lavoro si farà il giorno dopo, chi è stato convocato, a che ora deve farsi trovare pronto e a che ora finirà di girare. Vale per gli attori, ma anche per la troupe, gli stunt, gli attrezzisti...
La planner Lucia e lo scenografo Alessandro controllano le scene che verranno girate nelle prossime settimane.
Filippo, l'organizzatore generale, che stava in piedi nonostante la febbre. A lui è delegato il coordinamento di tutti i reparti e la gestione del budget. Vaglia le spese del reparto artistico, trattando come un tappetaro. "Se vi do cinquanta comparse oggi, domani pero' vi accontentate di dieci...." cose così.
Manolo, il produttore esecutivo. Segue tutti i progetti della casa di produzione e risponde direttamente a Dio, ovvero al produttore. Lui si becca le rogne che vengono dall'alto e tutte quelle che vengono da troupe e cast. Si spiega così l'espressione non proprio allegra. Un buon amico, comunque.
Buoni e Cattivi cercano un accordo su dove cenare...
September 28, 2010
Scappo dalla città...
Sono nato a stretto contatto con la campagna. Quando ero ragazzo, dalla mia casa di Cremona mi bastava fare dieci minuti di bicicletta per trovarmi in mezzo ai campi e in un'oretta raggiungevo il Consorzio Agrario di Cella Dati, gestito da mio zio, dove potevo giocare tra i sacchi di grano e vedere le sarchiatrici in azione. Mi piaceva? Non lo so. Sta di fatto che a quattordici anni sono partito per il collegio di San Pellegrino Terme, dove ho studiato da cuoco, poi da lì mi sono mosso verso Milano e a Cremona non sono più tornato se non per brevi visite. Milano, quando ci sono arrivato, aveva tutto quello che desideravo: la possibilità di un lavoro, i cinema, i teatri, i concerti, le librerie, le edicole aperte anche di notte. Mi piaceva leggere, volevo scrivere, e questa città mi sembrava la più adatta, anche se ho tenuto la residenza a Cremona, per motivi tecnici: cambiavo spesso casa e mi serviva un luogo dove arrivassero con certezza la posta. Mia madre, dopo tanti anni, ancora la tiene per me in una vecchia zuppiera, in attesa che passi a ritirarla. Però, con gli anni, qualcosa è cambiato. Prima di tutto sono cambiato io: sono più vecchio, e me ne frega di meno andare in giro per locali di notte. E per quanto riguarda il mio lavoro, per lo più lo faccio in casa, oppure in giro per l'Italia. Non devo più, per fortuna, timbrare alcun cartellino, se non quello con la mia coscienza. Per quanto riguarda gli amici, anche quelli sono sparsi per il paese, e a volte vedo più spesso quelli lontani che quelli vicini.
Secondariamente è cambiata Milano: la vitalità degli anni Ottanta, per quanto anni di merda, si è spenta. Ormai la cultura ufficiale è quella museale, la cultura alternativa ha pochi spazi e non produce niente di nuovo da un bel pezzo, almeno niente di significativo, che sia al di fuori delle reti. E la città è gestita come una bottega dalla quale tirar fuori un profitto, da un comitato di affari che non vorrei incontrare in un vicolo buio. Se sei ricco, nella Città da Bere ci puoi anche vivere bene, a patto che non ti importi del traffico e delle polveri sottili. Se sei una persona vagamente normale come reddito, fai fatica. Soprattutto se hai figli. Mi pare di incontrare solo gente che ci sta male, o ci soffre per qualche motivo. E non mi piace la mentalità chiusa e spaventata che è diventata la norma.
Terzo è cambiato il mondo. Quello che prima cercavo fisicamente (libri, film, scambi di idee) ora si può avere per via telematica, per la gran parte. I libri li compro in formato elettronico, le mail mi raggiungono ovunque, i film si possono scaricare anche legalmente. Anche i fumetti li posso comprare sul sito della Marvel o della Dc Comics e leggermeli sullo schermo. La necessità della città, del grande luogo di aggregazione, rimane per chi è costretto a recarsi ogni giorno a un posto di lavoro fuori da casa propria, altrimenti ogni luogo può farne le veci, purché con una buona connessione e magari un'antenna satellitare.
Visto i ragionamenti precedenti, sto levando le tende da qui. Con gli stessi soldi con i quali mi comprerei un brutto appartamento a Milano, posso comprare una cascina da qualche parte, dove fare il mio lavoro e la mattina respirare aria pulita. Vedere campi, uccelli, farfalle e lucciole (quelle sopravvissute). E quando mi prende la voglia di vedere un po' di casino... bè, esistono i treni e le autostrade, gli amici disposti a ospitarmi, i viaggi di lavoro. E' ancora solo un pensiero, ma presto troverà forma in qualche cosa di solido e possibilmente immerso nel verde. Vi farò sapere.
A presto, Cari e Care. E guardatevi il video che merita
s
September 26, 2010
Cinque cose da evitare se volete scrivere una fiction sorprendente
... che prenda il posto di Lost nel cuore degli spettatori (scritto dopo la visione
della prima puntata di THE EVENT, ma anche tutto Flashforward, Persons Unknown,
Happy Town…)
(nella foto il cast di The Event)
1)
La costruzione della vicenda tutta attraverso flashback e
flashforward. Se il plot è palloso messo in modo cronologico, lo rimane anche
se è spezzettato a tal punto che lo spettatore deve prendere appunti.
2)
Una setta segreta con scopi vagamente inspirational (salveremo
il mondo, cambieremo il mondo) e lo sguardo rivolto per lo più al cielo. Costruite
cattivi che vogliono fare cose cattive per i soldi: è così che vanno le cose di
solito.
3)
I personaggi che sanno tutto, ma non lo dicono per un qualche
migliaio di puntate. Che i protagonisti si comportino come farebbe qualsiasi
persona di buon senso: li prendano a calci finché non sputano tutto.
4)
I presidenti neri, franchi e democratici. Un bel presidente
stronzo, magari anziano e biondo, sarebbe una novità apprezzata.
5)
I finali ambigui che provocano infinite discussioni sui blog (erano tutti vivi, erano tutti morti). Siate
didascalici per favore: i fans con la bava alla bocca non li reggiamo più.
September 15, 2010
Dal Vecchio al Nuovo
E' l'ultima settimana di presentazioni del vecchio romanzo, questa. Il romanzo nuovo sta lentamente prendendo una parvenza di forma, anche se sono ancora lontano dal pensarmi soddisfatto anche di un solo rigo. Passare dalla prima alla terza persona nasconde possibilità e insidie. Ve ne parlerò più avanti, ma salvo strane cose le mie prossime presentazioni avverranno quando il romanzo nuovo sarà pronto. Intanto, piccolo riassunto.
Mantova: non ho un giudizio possibile del festival, perché non ho visto niente. A pensarci avrei potuto vendere il mio pass. Non ho visto nessuna presentazione perché ero troppo intento a preparare le mie, come sempre timoroso di sembrare che improvvisassi. Il primo incontro che ho fatto è stato Venerdì, in Piazza Marconi, di fronte a una delle ultime librerie indipendenti di Mantova, se non l'ultima. Era la presentazione della nuova Smemoranda per la quale ho scritto un racconto. Con me c'erano Gino&Michele, Michela Murgia e Cristiano Cavina. E' stata l'occasione per fare due chiacchiere con Michela, cui mi lega una certa simpatia. Mi ha parlato un po' del suo prossimo libro, e mi è parso interessante. Ho fatto anche i complimenti a Cristiano, che penso abbia scritto ottimi romanzi. Io e lui ci incontriamo ogni due o tre anni circa, e lui ha il pregio di rimanere sempre lo stesso. Per la presentazione della Smemo ha parlato un po' della sua infanzia tempestosa, e io penso che gli darà storie ancora per molti anni.
Il secondo incontro l'ho fatto il giorno dopo, e questo era più difficile. Dovevo, alla Tenda Sordello (una specie di istallazione sponsor di Telecom) raccontare in mezz'ora il mio rapporto con la follia nel noir.
Ho cercato di impostarla parlando prima dei grandi maestri del passato, poi del perché io la utilizzavo nei miei romanzi. La difficoltà è stata quella di tenere una via di mezzo in quello che dicevo: spiegando cose semplici a chi magari non sapeva niente di giallo, ma dando qualche elemento anche a chi magari ne sapeva anche più di me. Spero di non essere stato troppo palloso. Per chi interessa è QUI (io non oso rivedermi).
Poi domenica ho presentato Ian Rankin.
Ian (a destra nella foto) è l'autore di una quindicina di romanzi con protagonista l'ispettore Rebus e ambientati a Edimburgo. Poi, l'anno scorso ha mandato in pensione il personaggio e adesso sta scrivendo romanzi differenti. E' qualcosa, questa, che abbiamo in comune, a parte che lui è molto più bravo di me: il pensionamento del proprio alter ego. E ne abbiamo discusso un po' a tavola, prima del dibattito ufficiale. I suoi libri sono in apparenza classici (poliziotto burbero, città d'adozione, police procedural), ma la scrittura di Rankin e la sua passione per la musica che impregna letteralmente le pagine, nonché una certa maestria per i colpi di scena, lo alzano di una spanna sopra il genere. Ha raccontato è che lui non ha mai guardato un singolo minuto della serie tv dedicata al suo personaggio. Dice che non voleva farsi influenzare. "La voce del personaggio deve essere la mia, non quella dell'attore che lo interpreta". In effetti ha ragione. Dopo il film del Gorilla quando scrivevo di lui mi vedevo Bisio invece che me stesso in uno specchio deformante (per quanto ami Claudio e la sua interpretazione, non siamo perfettamente sovrapponibili) e ho dovuto aspettare cinque anni per ritrovare il tono mio.
Poi ieri sera ho partecipato a BRUMA, un ciclo di dibattiti alla biblioteca Civica di Brugherio, dove si prende un autore e lo si sviscera dagli esordi in poi. Non so se chi ascoltava si è divertito, io sì. Se non siete venuti ieri sera, avrete occasione migliore per recarvi a Bruma la settimana prossima, quando arriverà il buon Domenico Starnone.
Prossimi appuntamenti: Pordenone Legge, sabato.
A presto, cari e care.
Sandrone
September 9, 2010
Tornare sul luogo del Delitto: Mantova, Festival
Voi che siete così gentili da leggere quello che scrivo qui, sapete che verso il Festivaletteratura di Mantova ho sentimenti contrastanti. Da un lato sono lieto di poter sentire parlare alcuni autori che leggo, adoro la città soprattutto se c'è bel tempo, non vedo l'ora di incontrare alcuni amici che vedo solo in occasioni del genere... dall'altro ho in uggia un certo modo di spettacolarizzare l'evento, mi stanno sulle palle i presentatori che presentano sé stessi e rubano applausi a chi si è magari fatto diecimila chilometri per esserci, non sopporto più i capannelli di funzionari editoriali ove si dicono sempre le stesse cose, le tavolate ai Garibaldini, le cene placé con gli autori seduti in ordine di importanza... E poi, maledizione, sto invecchiando. Che sarà pure l'unico modo per non morire giovani, ma prima dell'oblio ti dona anche memorie cui fare riferimento. Una volta noi noiristi italiani formavamo grupponi impressionanti che affollavano i tavolini di piazza Sordello o strusciavamo sotto i portici come corvi (l'abito nero era quasi un must), adesso è difficile ritrovarsi più di due alla volta, travolti come siamo dai vari impegni e casini, e quelli che hanno fatto più fortuna di noi hanno sempre almeno un addetto stampa al seguito e un funzionario della casa editrice che gli scandisce il tempo per gli appuntamenti. Arriviamo tardi e partiamo presto, ci sono mogli, mariti e figli, gastriti che impediscono la birra, la professionalità che in molti casi supplisce all'entusiasmo. E, insomma, ce la godiamo di meno. Però la cosa che rimane stupenda, e che vale la pena sempre, è il popolo dei lettori, che dà un senso al lavoro che facciamo e che possiamo incontrare faccia a faccia e sentire sulla pelle. Io sarò lì da giovedì sera o venerdì mattina e, se vorrete fare due chiacchiere, mi troverete per lo più ai tavolini di qualche bar dove si vede tutti quelli che passano. E' il modo migliore per fare il Festival. Oppure, da programma, mi troverete QUI SABATO (EVENTO 0) E DOMENICA (dove avrò l'onore di presentare Ian Rankin), mentre venerdì presenterò (fuori programma Festival, ma a Mantova) la nuova Smemoranda con Michela Murgia, che adoro, e Gino&Michele, che venero :-)
A presto.
s
September 7, 2010
Critiche
Come ho già avuto modo di dirvi, casa mia tre sere la
settimana si trasforma in una visione collettiva di serie tv in lingua inglese.
Un po' per la curiosità di scoprire quello che propone la tv di oltreoceano od oltre
manica, un po' per il piacere puro dell'intrattenimento. La visione procede
sino alle due di notte circa, e le serie più gettonate sono quelle che tengono
insieme le diverse richieste dei membri della platea, che vanno dalla storia coinvolgente
ai personaggi che bucano lo schermo. Ecco le quattro che Casa Dazieri ha
seguito recentemente. Il finale non lo racconto, perché sono serie che non so
se avete visto e in alcuni casi non ancora trasmesse in lingua italiana. Ma
qualche spoiler qua e là ci casca. Siete avvisati.
PERSONS UNKNOWN
E' una di quelle serie basate su uno spunto iniziale che
risponde alla domanda: cosa succederebbe se… o per gli anglofili What If. Cosa succederebbe se atterrassero gli alieni
(Visitors)? Cosa succederebbe se scoppiasse una bomba nucleare e un paesino
rimanesse isolato (Jerico)? Cosa succederebbe se una tizia salisse in aereo con
la figlia e poi la figlia, sparisse e nessuno si ricordasse di averla vista
(questa non è una serie, ma un film, Fightplan). Sia chiaro, tutti i film e le
serie con una forte storia orizzontale partono da un evento iniziale scatenante, ma in alcuni casi, come quelli
che ho scritto qui sopra, l'evento scatenante è la serie. Due sono i problemi che una serie di questo tipo può avere: se l'evento scatenante non viene gestito producendo altri eventi e colpi di
scena crescenti, facendo nel contempo crescere i personaggi, la serie implode, come accadde per
Jerico (dove dopo un po' dei guai dei protagonisti non te ne fregava più
nulla). Oppure, se per tenere l'attenzione si costruiscono colpi di
scena sempre più improbabili, alla fine la sospensione dell'incredulità svanisce (tipo Lost e Fightplan,
per esempio). E il finale risulta abborracciato, perché tutti i fili che penzolano non si riescono più ad annodare. Questa lunga premessa solo per dire che Persons Unknown riesce nel difficile
intento di mancare entrambi i bersagli. L'evento scatenante è semplice da
raccontare, (deve essere sempre semplice, la famosa riga che il produttore
legge). Sette sconosciuti si risvegliano nel motel di una cittadina che sembra
il set di un film ambientato negli anni cinquanta. Non sanno perché sono lì, né
chi li ha rapiti, sono costantemente sorvegliati e non possono fuggire. La
cittadina è deserta, a parte un gruppo di cuochi e camerieri cinesi che dà loro
da mangiare, ma non parla la loro lingua, e un direttore d'albergo che spiega
di non sapere nulla. Se provano a scappare vengono colpiti a distanza o
drogati. Tra i prigionieri nascono alleanze e rivalità, mentre cominciano a capire
che forse uno di loro è un traditore. Intanto, una coppia di giornalisti cerca
di indagare sulla scomparsa di uno dei sette, scoprendo la mano di una setta
segreta potentissima, che cancella abilmente le proprie tracce.
Questo il plot. La prima puntata è intrigante. Cosa
succederà, cosa scopriranno, chi sono i cattivi? Riusciranno a fuggire? Il
problema è che, dopo un paio di puntate, la serie comincia a girare a vuoto. I
colpi di scena non sono tanto colpi di scena, e per lo più il tempo viene
passato con questi che parlano dei cavoli loro, senza che tu venga più di tanto
coinvolto. E affiorano rapidamente le implausibilità. Sei prigioniero, vieni
accudito da un direttore d'albergo che dice di non sapere nulla ma che
evidentemente sa qualcosa? Bé, nella vita reale questo direttore lo riempiresti di cazzotti finché non parla. Ci provano anche loro all'inizio, ma
poi stranamente smettono, e non ci provano più. E nemmeno perquisiscono le sue
stanze. Questo non è credibile. Quando scoprono che uno di loro è un traditore
(avviene abbastanza presto nella serie) pensano di costringerlo a parlare ma
poi desistono, e lui non è certo il Ben di Lost, che riusciva a menare tutti
per il naso (nelle prime stagioni). Il problema della serie è, in buona
sostanza, la scrittura. Il soggetto era troppo risicato per fare una serie di
tredici puntate e risulta eccessivamente diluito. Fosse stata una miniserie di
due, si sarebbe salvato, così è chiaramente sforzato e debole. I motivi di interesse vanno scemando di puntata in puntata, e il pubblico americano, che l'ha abbandonato, se n'è accorto. VOTO DELLA CASA: 4
BEING HUMAN
Sono stato un ammiratore fervente di Buffy, che ho citato
molto spesso anche nei miei romanzi (nel racconto Sesso sui sassi uno dei
protagonisti è un fanatico ammiratore della Cacciatrice), ma da allora, devo
ammettere, nessuna serie con vampiri e affini è riuscita a coinvolgermi.
Soprattutto l'ultima leva tutta amorazzi e sospiri (da True Blood a Twilight,
che rimangono ottimi prodotti). Ma Being Human è qualcosa di differente.
Intanto è una serie inglese: quindi meno effetti speciali e più recitazione.
Poi i protagonisti sono splendidi. E' sostanzialmente una sitcom del tipo Tre
cuori in affitto, solo che i tre cuori sono
quelli di un vampiro, di un licantropo e del fantasma di una ragazza, che
convivono nella casetta dove quest'ultima abitava con il suo fidanzato prima di
morire, e ancora sospira per lui. A differenza dei licantropi e vampiri che
siamo abituati a vedere ultimamente, però, quelli di Being Human non sono
particolarmente attraenti. Oddio, il vampiro è abbastanza belloccio, ma non
molto cool, soprattutto perché cerca di non ammazzare la gente, ma non ci
riesce sempre, mentre il licantropo è decisamente imbranato. Entrambi lavorano
in ospedale, infermiere e inserviente (altro lavoro poco cool) e con il fatto
che evitano di andare con le donne per paura di accopparle al momento
dell'orgasmo, l'aria che si respira tra i due è quella di una coppia gay che
finge di essere etero. La serie riesce a passare dall'umorismo sbracato, a
quello raffinato, alla commozione all'orrore vero e proprio, e possiede anche
una sottile trama orizzontale che tiene insieme le puntate (una sorta di complotto
dei vampiri cattivi). C'è anche un po' di filosofia (chi siamo e dove andiamo)
che non guasta. VOTO DELLA CASA: 8
RUBICON
Immaginate un Office senza umorismo, con le spie che altro
non sono che grigi burocrati, e una premessa alla Tre giorni del Condor. Il
protagonista è un analista dei servizi segreti, che scopre un codice nascosto
tra le parole crociate. Questa scoperta porta alla morte del suo capo, che era
anche suo suocero e forse non è proprio morto. Il protagonista continua allora
a indagare di nascosto, mentre si capisce un po' alla volta che cosa significa
quel codice. Per il resto, grigia vita da ufficio, tra analisti abituati ad
analizzare informazioni di varia natura nascoste tra testi di ogni genere, e
che lentamente sono diventati un po' schizzati e vagamente autistici. Va anche
aggiunto che i colpi di scena sono pochissimi, e che la trama orizzontale si
snoda con lentezza impressionante, che le bizzarie degli agenti sono molto
lontani da quelle, per esempio, molto plateali di Numbers. L'azione è zero, o
quasi. Descritta così sembrerebbe una serie soporifera, ma non lo è. Merito
della scrittura, che riesce a costruire personaggi di grande spessore e
dialoghi ottimi, e della regia, che mantiene sempre un'aria di sottile
paranoia. Riesce a creare tensione con poco, basta l'inquadratura di un piede
in una telecamera di sorveglianza. Insomma, siamo dalle parti di Le Carré, più
che di 24. Per ora siamo arrivati alla quarta puntata. Se continua così, direi
che è una delle serie più belle della stagione. VOTO DELLA CASA: 9
NERO WOLFE
Di Nero Wolfe, il personaggio creato da Rex Stout, ho visto
tre riduzioni per la televisione. La prima era quella italiana con Paolo
Ferrari e Tino Buazzelli degli anni Sessanta. Da bambino mi colpì, ma da adulto
la trovo inguardabile. Gli attori sono ottimi, ma l'impianto teatrale e da
commedia, dove tutti i personaggi finiscono per essere macchiette, la rendono
davvero datata. Poi è leeenta. La seconda era
quella con William Conrad degli anni Ottanta, che stravolgeva totalmente il protagonista
tentando di aggiornarlo, con risultati patetici e innervosenti, e la terza è
questa, con Timothy Hutton (che firma in molti casi anche regia e
sceneggiatura) e Maury Chaykin ed è PERFETTA. Perfetta per chi ha amato i
libri, naturalmente, dei quali mantiene la struttura sino alla voce off che
riprende il testo scritto. Le storie raccontano le avventure di una coppia di
investigatori degli anni Trenta/Quaranta. Nero Wolfe, grasso, eccentrico,
burbero e geniale, e il suo assistente Archie Goodwin, faccia da schiaffi,
simpatico, uomo d'azione; in ogni episodio la Wolfe risolve un caso di
omicidio incassando un lauto compenso da un cliente. L'impianto è quello del
mistery classico, con tanto di sospettati riuniti in una stanza alla fine della
puntata, e deve piacervi il genere, ma per me che su quei gialli mi sono
formato, è un piacevole ritorno. Nota di merito per lo scenografo, che
costruisce eccellenti ambienti Art Deco, e per la colonna sonora. VOTO DELLA
CASA (ma lo guardiamo solo io e mia moglie): 10
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