Sandrone Dazieri's Blog, page 19
February 8, 2011
la musica è finita... gli amici se ne vanno...
Massimo Turchetta è stata la prima persona che ho visto il primo giorno che ho messo piedi in Mondadori, ed è stato il mio capo per più anni di quanto mi piaccia ricordare. Mi ha insegnato la maggior parte di quello che ho imparato sull'editoria e su come si fanno i libri. Ha avuto fiducia in me quando la maggior parte dei colleghi mi vedeva solo come uno strano tizio dei centri sociali che non aveva fatto il classico. Ne ha avuta talmente da affidarmi persino il comparto dei libri per ragazzi, e non si è nemmeno incazzato troppo quando mi sono licenziato per fare lo scrittore a tempo pieno. Ricordo con lui, a parte parecchie nottate a chiacchierare in quel di Francoforte, un divertente viaggio negli Stati Uniti durante il quale finimmo con la macchina nel mezzo di una specie di tromba d'aria e dormimmo in un motel da serial killer. Per cui, anche se sono contento per lui, che è andato ad occupare un posto di prestigio in RCS, mi sembrerà molto strano non vederlo più spuntare nei corridoi di Segrate. E anche un po' triste. Comunque, i tipi di via Rizzoli hanno fatto un buon affare, visto che Massimo è uno dei migliori manager editoriali che ci sia sulla piazza. Che venga citato sui giornali solo in merito all'affaire Saviano mi sembra riduttivo. Comunque, ciao Massimo e buon lavoro. Tanto ci becchiamo ancora
Ho cercato una foto per decorare questo post di saluto e di augurio, e ne ho trovata con lui una piuttosto strana: quella del mio matrimonio. E già, è stato mio testimone. Lui è quello a destra.
February 7, 2011
Dedicato a Nova100 (se va avanti cosi')
Ps. Qualcuno sa come si fa a traslocare un blog?
PIGIA QUI PER LA COLONNA SONORA
La Morte schifosa, la Morte lasciva!
La Morte! La Morte! La Morte che arriva!
La Morte, la Morte, dolcissima e amara,
la Morte che avanza nella notte chiara.
La Morte di pietra, la Morte di neve
la Morte che arriva con passo lieve.
La Morte che dona, la Morte che prende,
la Morte che ruba, la Morte che rende,
la Morte che passa, la Morte che sta,
la Morte che viene, la Morte che va.
La Morte che arriva con il suo dolore,
e avvolge ogni cosa con il suo fulgore.
La Morte regina senza scettro e corona,
La Morte! La Morte! La Morte in persona!
La Morte! La Morte! La Morte furiosa,
la Morte maligna, la Morte pietosa,
la Morte sicura, la Morte carogna,
la Morte che ha il muso di un topo di fogna.
Verrà la Morte e i tuoi occhi avrà
e la bellezza tua, vanità di vanità…
Verrà la Morte e porterà con sé
tutto il tuo impero, tutto, insieme a te…
Verrà la Morte e taglierà il legame
così sottile e forte, così bello e infame…
Verrà la Morte, sarà la tua coscienza,
è stata tua compagna in tutta l'esistenza…
Verrà la Morte, e a te che non sei niente
porgerà la mano, in mezzo all'altra gente…
…e tu sarai il primo, come vorrà la sorte,
a danzare con lei la danza della Morte!
La Morte bizzarra, la Morte normale,
la Morte che viene a lenire ogni male
la Morte che vive, la Vita che muore,
la Morte! La Morte! La Morte nel cuore!
La Morte ha danzato, la Morte civetta,
la Morte ti ha scelto, la Morte ti aspetta!
La Morte trionfante, la Morte gloriosa!
La Morte! La Morte! La Morte tua sposa!
Verrà la morte e a te che non sei niente
porgerà la mano, in mezzo all'altra gente…
…e tu sarai il primo, come vorrà la sorte,
a danzare con lei la danza della Morte!
Verrà la Morte, sarà la tua coscienza,
è stata tua compagna in tutta l'esistenza…
Verrà la Morte e taglierà il legame
così sottile e forte, così bello e infame!
La Morte che vive, la Vita che muore,
la Morte! La Morte! La Morte nel cuore!
La Morte! La Morte! La Morte furiosa!
La Morte trionfante! La Morte gloriosa!
La Morte bizzarra, la Morte normale,
la Morte che viene a lenire ogni male!
La Morte regina senza scettro e corona,
La Morte! La Morte! La Morte in persona!
La Morte, La Morte, dolcissima e amara,
la Morte che viene nella notte chiara.
La Morte schifosa, la Morte lasciva.
La Morte! La Morte! La Morte che arriva!
La Morte sicura, la Morte carogna,
La Morte che ha il muso di un topo di fogna.
La Morte ha danzato, la Morte tua sposa,
la Morte maligna, la Morte pietosa…
La ballata della morte, di Tiziano Sclavi
February 6, 2011
Ballata del vecchio cazzone
(se qualcuno ci mette la musica magari ci facciamo una canzone da osteria)
Mi è difficile spiegare
che Berlusconi mi fa orrore,
ma che sono anche certo che chi l'ha preceduto non sia stato migliore.
Perché se è vero che Berlusca è un puttaniere sfegatato
Non è stato lui a creare Gladio e le stragi di stato.
Che se è vero che il Biscione controlla la televisione
sono stati altri a inventare la strategia della tensione.
E mi viene la pellagra, quando mi dicono che pria
c'erano sì mafiosi, corrotti e amici della Cia
ma la politica era sana, o come minimo "normale"
e gli eletti avevano (quasi) tutti un alto senso morale.
Non so proprio come dire
che le manifestazioni mi mettono allegria,
anche se rompono vetrine e ci sono scontri con la polizia
e che invece mi danno realmente una brutta sensazione
le folle oceaniche e plaudenti in attesa del santone.
E se tra quello di destra e quello di sinistra ci sono mille e una differenza
mi sembra un po' patetico che si finisca sempre a cercare l'uomo della provvidenza.
E mi viene la pellagra quando sento la parola "movimento"
usata per comizi di tromboni e intrattenimento.
Perché il movimento è fatto di assemblee, militanza sulla strada e rotture di coglioni
non di click sulla rete, elenchi di giusti e dissociazioni.
Non so come fare a dire,
che non vedo in Berlusconi il centro del problema
perché credo sia solo un ingranaggio di quel che chiamano sistema.
Che sarà pure un pessimo statista e un mistificatore,
ma chi prenderà il suo posto non sarà granché migliore.
Senza amanti in parlamento, col cilicio nei calzoni
ma sul resto dello schifo non facciamoci illusioni.
Si morirà sempre di guerra e per poter lavorare
i poveri creperanno poveri, i rom nella merda e i migranti in mare.
E mi viene la pellagra, se penso a un cambiamento
nato in questo vuoto di idee e in questo grande smarrimento.
Destra centro e sinistra uniti dal nemico
purché si taccia su qualcosa che è molto più antico.
Più vecchio del Drive in e dell'Italia federale
magari qualcuno si ricorda: si chiamava capitale.
January 27, 2011
Le mutande del capo
Nel 1970, James G. Ballard pubblicò La Mostra delle Atrocità, un'antologia che si riallacciava al percorso della new wave fantascientifica inglese portandola alle estreme conseguenze. Nel racconto intitolato "Ecco perché voglio fottere Ronald Reagan", Ballard raccontava della trasformazione del corpo del futuro presidente degli Stati Uniti in un oggetto di culto mediatico e di attrazione erotica, innestando su di esso gli echi dell'omicidio Kennedy e della seguente autopsia. Fu uno scandalo e se ne discusse a lungo, senza poter prevedere che quanto prefigurato da Ballard sarebbe diventato realtà nel nostro paese, a quarant'anni di distanza. Oggi, grazie a intercettazioni e interrogatori fedelmente trascritti e discussi nei talkshow, quotidianamente veniamo inondati da nuovi particolari sulle abitudini sessuali dell'attuale presidente del consiglio. Sappiamo come si eccita, quando ha fatto sesso l'ultima volta, a che ora, quante volte, come gli piace toccare e farsi toccare, se preferisce penetrare vagine, bocche o culi. Abbiamo contezza delle sue difficoltà erettive dovute all'operazione alla prostata e impariamo i metodi che usa per combatterla. E lo vediamo nudo, anche se per interposta persona. Scopriamo che sotto gli abiti tagliati su misura ha il "culo flaccido", che sotto il trucco sembra "più di là che di qua", che è vecchio e decrepito. Non solo spiamo nella sua camera da letto, ma direttamente nel suo gabinetto grazie alle sue ospiti dotate di telefonino.
Ora, due precisazioni, anzi tre. Primo. Non ho alcuna simpatia, né personale né politica per Berlusconi. Sono, anzi, un suo fervente oppositore. Secondo. I giornalisti fanno il loro mestiere, ed è giusto che lo facciano liberamente. E hanno una giustificazione deontologica precisa. Mostrando quello che avviene nella corte di Arcore, anche quando non giuridicamente rilevante (a chi frega che cosa pensa la Minetti di Berlusconi?) vogliono raccontare la decadenza che lo circonda e spiegare quanto sia inadatto moralmente alla carica che ricopre. Vogliono, inoltre, farci intravedere un quadro di scambi di favori sessuali che incidono sulle scelte politiche e le nomine di governo. Terzo, il diritto alla privacy per chi ci governa è grandemente ridotto, ed è giusto così.
So, anche, che il primo a mettere al centro della scena la sessualità di Berlusconi e il suo corpo è stato Berlusconi stesso. Sono stati innumerevoli i momenti nei quali ha elogiato le sue capacità amatorie, la sua resistenza fisica, la sua prestanza. Ci ha raccontato che dorme quattro ore per notte, ha fatto dire ai suoi medici che il suo corpo è quello di un quarantenne con la freschezza mentale di un ventenne. Ci ha fatto sapere che potrebbe campare fino a cento, centocinquant'anni. Diventare immortale, financo. Quello che sta accadendo oggi è quindi il giusto contrappasso per tanta vanteria.
Ma terminata la gioia maligna per le sue figuracce, il godimento nello scoprire ciò che realmente pensavano di lui persone che in pubblico gli si professavano amiche e sodali, quello che provo davanti a tanta pornografia casereccia con il premier protagonista è un senso di vuoto, molto simile a quello che si prova dopo essersi masturbati davanti a un film. Perché ho paura che quello che tutti noi stiamo facendo altro non sia che masturbarci con la decadenza di Berlusconi, con le sue miserie sessuali. Ci masturbiamo perché non siamo riusciti a fotterlo. A fottere lui e il suo governo e farlo cadere. Perché l'opposizione parlamentare è patetica e non riesce nemmeno a sfiduciare Bondi, perché non siamo riusciti a far cambiare idea ai suoi elettori anche gridando nelle piazze, sui giornali e nei libri quello che il suo governo ha fatto a questo paese. Per il trattamento che ha riservato ai lavoratori, agli immigrati e in generale alle fasce più deboli. Per la legge Bossi Fini. Per la gestione delle carceri. Per la distruzione di quello che rimaneva dello stato sociale, per il disprezzo nei confronti della cultura. Per la mancanza di un serio piano economico che investisse sulla ricerca e sull'innovazione, permettendoci di rialzare la testa dopo la crisi. Per quello che è accaduto durante il G8 di Genova. Per il conflitto di interessi. Per i libri messi all'indice. Per l'idea di un'Italia spezzettata secondo gli interessi dei vari comitati d'affari travestiti da partiti popolari.
Non ho alcuna simpatia per chi va con le prostitute, anche se adulte e vaccinate, figuriamoci se ne ho per chi va con ragazze che avrebbero bisogno di una famiglia amorevole che spieghi loro che cedere il proprio corpo in cambio di soldi o notorietà non ti trasforma in un vincente, ma in un servo. Ma niente mi toglie la convinzione che se il governo cadrà per il caso Ruby, dopo Berlusconi verrà un uomo pio. Devoto alla famiglia, morigerato negli usi e nei costumi. Certificato dalla Chiesa cattolica, per quel che ce ne può importare. Ma che niente altro cambierà. L'uomo pio proseguirà la politica fascista e razzista di questo governo.
A noi scontenti, a noi che ci rifiuteremo di applaudire il nuovo uomo della provvidenza, non rimarrà altro che tornare a spiare nel buco della serratura, sperando di vedergli le mutande sporche.
January 17, 2011
La versione di Sandrone
Ogni tanto mi boicottano.
La mattina scarico la posto o faccio un giro su internet e scopro di essere finito in una qualche lista di cattivi. Di solito non da solo, ma in buona compagnia, una compagnia che varia a seconda di chi lancia il boicottaggio. Quando pubblicai il mio primo romanzo, alcuni centri sociali mi fecero sapere che non ero più gradito, perché lo avevo fatto al di fuori del circuito dell'autoproduzione e invitavano i compagni a non comprarmi più. Poi fui boicottato perché la major in questione era la Mondadori, ed essendo io di sinistra avrei dovuto fare obiezione di coscienza. In seguito fui boicottato dai filoberlusconiani per lo stesso motivo. Un'altra volta fui boicottato per non aver aderito al boicottaggio contro gli scrittori israeliani al salone del libro di Torino, che è un boicottaggio al quadrato. Di solito lascio che la cosa si sgonfi da sola, perché preferisco occuparmi d'altro e perché penso che uno ha il diritto di pensarla su di me come gli pare. Altre volte mi tocca lasciare il mio lavoro e difendere il mio diritto di continuare a farlo liberamente. Come adesso. L'ultima campagna di boicottaggio nei confronti miei e di un altro centinaio di autori (qui la lista) è stata lanciata dall'assessore della cultura della Provincia Di Venezia Raffaele Speranzon, per aver firmato nel 2004 l'appello alle autorità francesi perché non estradassero Cesare Battisti. Lo chiamo boicottaggio, ma il termine giusto sarebbe lista di proscrizione, perché il suddetto assessore si è rivolto direttamente ai gestori delle biblioteche della Regione chiedendo che siano ritirati i libri di tutti quelli che hanno firmato l'appello, definiti amici di Cesare Battisti e, in qualche modo, fiancheggiatori morali delle sue azioni terroristiche. Un bel salto logico, ammettiamolo. Immagino che per aver firmato l'appello contro la condanna a morte di Sakineh, si potrebbe boicottarmi dicendo che fiancheggio l'uxoricidio, e per aver firmato contro la condanna a morte di numerosi prigionieri americani, per lo più poi giustiziati, di essere complice morale di numerosi reati, che vanno dallo stupro, all'omicidio multiplo. Vorrei anche dire che molti dei miei scrittori preferiti, presenti nelle biblioteche, hanno fatto le peggio cose in vita loro: rapinatori, ladri e assassini, ma io continuo a leggerli con grande gusto.
Ma torniamo al caso Battisti. Non mi sono mai espresso pubblicamente sul perché della mia firma all'appello. Era una firma a un appello, si commenta da sola e ho sempre rifiutato di parlarne in pubblico. Ma a voi posso raccontare tutto, visto che voi leggete quello che scrivo. E quello che leggerete sarà la pura verità, senza filtri, perché altrimenti dovrei starmene zitto.
Ho conosciuto Cesare Battisti in Francia credo alla fine degli anni novanta (non farò ricerche, ve lo dico subito, vado a memoria), subito dopo aver pubblicato il mio primo romanzo. Fui invitato a un convegno di giallisti da qualche parte Oltralpe, mi presentarono Battisti come uno di quelli che stava lì e non poteva rientrare, non ci feci molto caso. Ce n'erano parecchi. Battisti non mi stava particolarmente simpatico. Non perché aveva fatto questo e quest'altro, ma perché era stato un militante degli anni settanta, e come quasi tutti i militanti politici di quegli anni, vedeva quelli come me come degli ingenui, che non sapevano niente del mondo. Da parte mia, invece, pensavo che quelli che avevano partecipato a esperienze in gruppi armati negli anni settanta, assassini o meno, avessero fatto un mare di porcate e avessero contribuito a chiudere gli spazi di agibilità politica a chi non si allineava. Io ho cominciato a fare politica negli anni ottanta, e ogni volta che in corteo voleva una pietra ci davano dei brigatisti. Se occupavamo una casa eravamo sulla strada per ammazzare qualcuno. Quello era il clima. Non mi stavano simpatici quelli delle P38, proprio per niente.
Tornando a Battisti, ero quindi diffidente su di lui, ma la terza volta che lo incontrai alle tavole rotonde del giallo, gli chiesi che cazzo avesse combinato davvero. E lui mi raccontò la sua vicenda processuale, che trovate qui spiegata molto meglio di come potrei fare io, e io mi feci la seguente opinione: aveva fatto sicuramente un mucchio di cazzate, ma gli credevo quando mi diceva di essere innocente degli omicidi che gli erano stati attribuiti. Era uno sfigato preso in mezzo e per quello aveva già pagato abbastanza con vent'anni di esilio.
Certo, c'era una sentenza del tribunale che diceva il contrario, ma io ho il diritto di formarmi una mia opinione anche in contrasto con le sentenze passate in giudicato. Di pensare, anche, che una persona a trent'anni di distanza da fatti di cui si dichiara innocente sia cambiata, e che ficcarla in galera oggi, ripeto, con il dubbio della sua innocenza, non sia giustizia, ma un modo per chiudere brutalmente un capitolo ed evitare di farsi domande. E finché non assalto un carcere armi in pugno per liberare qualcuno, o ficcarci dentro qualcun altro, credo nessuno me lo possa contestare questo diritto. Per esempio, non credo alla sentenza su Pinelli, quella che dice che si buttò dalla finestra per un malore attivo. Così come non credo che Sofri sia colpevole per l'omicidio Calabresi. Altro assassino, per lo stato italiano, per il quale ho firmato una pigna di appelli alta così, ma quello era più fashion e non ho avuto grossi problemi. O che Pasolini sia stato ucciso da Pelosi. Oppure, vediamo, non sono d'accordo sulle assoluzioni per Piazza Fontana, o sull'archiviazione dell'omicidio di Fausto e Iaio. Di sicuro questo fa sicuramente di me un cattivo cittadino e un pericoloso sovversivo, ma non ci posso fare nulla. Ho l'abitudine di pensare con la mia testa. E anche di sbagliare, eventualmente.
Però stiamo su Battisti.
La mia opinione su Battisti valeva quello che valeva, ma nessuno mai me la chiese. Lui stava lì, io qui. Un paio di anni dopo che l'avevo visto per l'ultima volta, il governo italiano chiese l'estradizione alla Francia, e amici e colleghi che rispettavo mi chiesero di firmare un appello al governo francese perché si opponesse all'estradizione.
Mi presi un giorno di tempo per rifletterci. Avevo ancora ragionevoli dubbi sulla sua colpevolezza, ma sapevo che se avessi firmato mi avrebbero rotto le palle a manetta e sapevo che, per rispondere a quanto mi sarebbe piovuto sul capo, avrei dovuto intorcinarmi in discussioni sugli anni settanta, la violenza, la rivolta eccetera, e ne avevo voglia zero. Perché è difficile, oggi, parlare di anni settanta con qualcuno che non si è mai occupato della questione o legge solo il Giornale. Perché non capisce, per esempio, che gli anni di piombo non furono quattro assassini che sparavano a destra e a manca, ma furono anche depistaggi, infiltrazioni, progetti di golpe, P2, Piano Solo, Strategia della Tensione, leggi speciali.
Stragi impunite. Di cui non si sa niente, né esecutori, né mandanti. Piazza Fontana. Ustica. Piazza della Loggia. Italicus.
Che c'era sì chi voleva abbattere lo stato con la violenza, ma c'era anche chi lo voleva cambiare in modo pacifico e creativo, e finirono tutti quanti in galera, nelle stesse galere. Che c'era sì chi difendeva lo stato con la propria vita, e a loro va il mio rispetto, ma anche chi difendeva la sua idea dello stato con i servizi segreti deviati e con le bombe. Chi pensava che lo stato fosse "cosa loro". Che se lo voleva mangiare, lo stato.
Perché in quel bordello che erano gli anni settanta, c'erano sì in giro i gruppi armati deliranti, ma c'erano anche in giro i servizi segreti di mezzo mondo, che infiltravano e depistavano. Che i giudici mettevano in galera i delinquenti, ma anche centinaia di persone che non c'entravano un tubo, presi in mezzo perché il loro nome era sull'agendina dell'amico di qualcuno effettivamente terrorista, o aveva fatto un corteo contro la repressione. E finivano nei carceri speciali. E in questi carceri magari venivano massacrati di legnate.
Leggetevi gli Invisibili di Balestrini. Il protagonista era un amico mio.
Che c'erano gli assassini i che venivano abbattuti armi in pugno, ma che c'erano anche quelli che si prendevano un proiettile semplicemente per essere sembrati sospetti a un posto di blocco.
Leggetevi, se lo trovate, un libro che si chiama 625, pubblicato dal comitato Luca Rossi, sui cosiddetti morti di Legge Reale.
Perché sapevo che oggi, nel post post moderno televisivo, è impossibile dire queste cose, senza passare per giustificazionisti di chi ha fatto la guerriglia armata. Prova a spiegare che un certo processo è una bruttura giuridica e che hai dei dubbi sul mostro di turno, senza diventare immediatamente un fiancheggiatore, un cinico, amici dei cattivi e nemico dei buoni. Filoterrorista cui non importa niente delle vittime.
Sapevo che sarebbe accaduto se avessi firmato. Però sono una testa di cazzo. Continuo a fare quello che mi sembra giusto quando mi sembra giusto farlo.
Firmai.
Questa è la storia. Vorrei avere la certezza che Battisti sia innocente, averne le prove materiali e darvele. Ma non ce le ho. Ho solo i miei ragionevoli dubbi, che vi ho espresso.
Non c'è altro da dire.
January 13, 2011
Un'intervista
... su di me e il mio lavoro fatta Blogolo nel buio. Che ringrazio. La trovate QUI
January 10, 2011
Mostra e dimostra: Dali'
Faccio quella che si dice una "doverosa premessa". Non conosco praticamente nulla di quello che non riguarda direttamente pochi argomenti ben connessi al mio lavoro: giallo, cucina, horror, omicidi, autopsie, cinema, televisione e fumetto. Non guido la macchina, non pratico sport e non li seguo. Ho imparato da poco che cos'è il fuorigioco, so vagamente in confini italiani, e per quanto mi ricordi l'anniversario della Liberazione e delle stragi di stato, fatico a collocare le Cinque giornate e le Guerre puniche. Riesco a citare qualche passo del Capitale, ma ho dimenticato quasi tutti gli studi economia e di sociologia, a parte Weber e Goffman. Insomma, sono ignorante come una capra.
In special modo non so nulla di arte. La storia dell'Arte l'ho fatta solo alle medie, e quando ti mancano le basi hai voglia a darti da fare. Le basi continuano a mancarti. Come tutti gli ignoranti che si vergognano di esserlo, ho cercato di compensare. Ho sposato una tizia con due lauree e tre master e, per quanto riguarda l'arte, ho girato un po': ho visitato il Louvre, il Moma, il Gugghenheim, il Maxxi, il Macro, tutti i musei di Mosca e buona parte di quelli di Tokyo. Alla fine, sempre da ignorante, mi sono fatto un'idea su cosa mi piace e cosa no e, soprattutto, cosa mi piace in una mostra e cosa no. Terminata la doverosa premessa, che colloca quello che segue nella giusta luce, volevo dirvi che ieri sono andato a vedere la mostra di Dalì al Palazzo Reale di Milano. Ho fatto un'ora e mezza di fila per lo più sotto la pioggia, poi finalmente sono entrato. Non so cosa mi aspettassi, ma non l'ho trovato.
Il curatore ha fatto sicuramente un grande sforzo di collocazione delle opere, dividendole in base alle tematiche di Dalì più che in un percorso cronologico, e dal punto di vista divulgativo funziona molto bene... se sei uno studente delle medie. Se sei uno studente, una mostra come quella di Dalì è perfetta: ti spiega tutti i passaggi, senti la voce di Amanda Lear nell'audioguida e scopri che non era solo una cantante ma la "musa" del pittore, puoi vedere molti documentari inediti nelle salette e prendere appunti. Ma se non sei uno studente ma, per esempio, il sottoscritto, da quella mostra esci deluso. Perché non volevi che ti facessero una "lezione" su Dalì con qualche esempio, ma volevi immergerti nell'opera di un autore e non ti è stato possibile. Le opere esposte di Dalì erano interessanti, ma decisamente poche, credo una sessantina. Mancavano molte delle più famose, come Persistenza della Memoria. Perché tutte le opere erano infilate in stanze anguste, dove dovevi fare a pugni per vederle e spesso male illuminate. Perché un trittico di grandi dimensioni come quello della Bambina che salta la corda (il nome non lo ricordo, sono ignorante), che dovresti vedere a dieci metri per apprezzarlo, è in una sorta di corridoio dove stai al massimo a due metri, con la gente che ti passa davanti e delle volte la tocca (!) o ci striscia contro. Perché della riproduzione della stanza di Mae West non mi importa nulla, proprio perché è una riproduzione e me la posso vedere su Internet, anche se ci si può fare la foto ricordo, e avrei preferito che quello spazio fosse usato per dare aria alle opere. Lo dicevo, sono ignorante, ma come a tutti gli ignoranti caproni, non mi va di essere obbligato a seguire una lezione, per quanto fatta sicuramente con il cuore.
Tolto questo, quando sono uscito e ho visto la fila per entrare a vedere il museo del 900. Era lunga il triplo di quella che avevo fatto e una tizia piangeva per il freddo, perché era lì da due ore che aspettava. Mi sono consolato.
Mostra e dimostra: Dalì
Faccio quella che si dice una "doverosa premessa". Non conosco praticamente nulla di quello che non riguarda direttamente pochi argomenti ben connessi al mio lavoro: giallo, cucina, horror, omicidi, autopsie, cinema, televisione e fumetto. Non guido la macchina, non pratico sport e non li seguo. Ho imparato da poco che cos'è il fuorigioco, so vagamente in confini italiani, e per quanto mi ricordi l'anniversario della Liberazione e delle stragi di stato, fatico a collocare le Cinque giornate e le Guerre puniche. Riesco a citare qualche passo del Capitale, ma ho dimenticato quasi tutti gli studi economia e di sociologia, a parte Weber e Goffman. Insomma, sono ignorante come una capra.
In special modo non so nulla di arte. La storia dell'Arte l'ho fatta solo alle medie, e quando ti mancano le basi hai voglia a darti da fare. Le basi continuano a mancarti. Come tutti gli ignoranti che si vergognano di esserlo, ho cercato di compensare. Ho sposato una tizia con due lauree e tre master e, per quanto riguarda l'arte, ho girato un po': ho visitato il Louvre, il Moma, il Gugghenheim, il Maxxi, il Macro, tutti i musei di Mosca e buona parte di quelli di Tokyo. Alla fine, sempre da ignorante, mi sono fatto un'idea su cosa mi piace e cosa no e, soprattutto, cosa mi piace in una mostra e cosa no. Terminata la doverosa premessa, che colloca quello che segue nella giusta luce, volevo dirvi che ieri sono andato a vedere la mostra di Dalì al Palazzo Reale di Milano. Ho fatto un'ora e mezza di fila per lo più sotto la pioggia, poi finalmente sono entrato. Non so cosa mi aspettassi, ma non l'ho trovato.
Il curatore ha fatto sicuramente un grande sforzo di collocazione delle opere, dividendole in base alle tematiche di Dalì più che in un percorso cronologico, e dal punto di vista divulgativo funziona molto bene... se sei uno studente delle medie. Se sei uno studente, una mostra come quella di Dalì è perfetta: ti spiega tutti i passaggi, senti la voce di Amanda Lear nell'audioguida e scopri che non era solo una cantante ma la "musa" del pittore, puoi vedere molti documentari inediti nelle salette e prendere appunti. Ma se non sei uno studente ma, per esempio, il sottoscritto, da quella mostra esci deluso. Perché non volevi che ti facessero una "lezione" su Dalì con qualche esempio, ma volevi immergerti nell'opera di un autore e non ti è stato possibile. Le opere esposte di Dalì erano interessanti, ma decisamente poche, credo una sessantina. Mancavano molte delle più famose, come Persistenza della Memoria. Perché tutte le opere erano infilate in stanze anguste, dove dovevi fare a pugni per vederle e spesso male illuminate. Perché un trittico di grandi dimensioni come quello della Bambina che salta la corda (il nome non lo ricordo, sono ignorante), che dovresti vedere a dieci metri per apprezzarlo, è in una sorta di corridoio dove stai al massimo a due metri, con la gente che ti passa davanti e delle volte la tocca (!) o ci striscia contro. Perché della riproduzione della stanza di Mae West non mi importa nulla, proprio perché è una riproduzione e me la posso vedere su Internet, anche se ci si può fare la foto ricordo, e avrei preferito che quello spazio fosse usato per dare aria alle opere. Lo dicevo, sono ignorante, ma come a tutti gli ignoranti caproni, non mi va di essere obbligato a seguire una lezione, per quanto fatta sicuramente con il cuore.
Tolto questo, quando sono uscito e ho visto la fila per entrare a vedere il museo del 900. Era lunga il triplo di quella che avevo fatto e una tizia piangeva per il freddo, perché era lì da due ore che aspettava. Mi sono consolato.
January 6, 2011
Temperare la voce
Ho sempre scritto i miei romanzi usando la prima persona. All'inizio, quando ho creato il Gorilla, l'ho scelta perché il romanzo doveva essere una sorta di diario di un mio alter ego che viveva in un mondo simile al nostro ma leggermente differente, e che si rivolgeva in qualche modo al lettore. Poi ho continuato a usarla perché mi pareva il modo più efficace per un certo tipo di racconto, anche per via della tradizione noir cui umilmente mi rifacevo e rifaccio. Un esempio?
"Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari."
(Questo è l'incipit de Il Grande Sonno, di Chandler. Ah, che meraviglia.)
La prima persona ti permette di essere maggiormente diretto, permette di usare un certo tipo di ironia, di essere tranchant, di saltare di palo in frasca... A forza di usarla, la prima persona è diventata per me uno strumento che ha ben preso la forma della mia mano, come una sgorbia con la quale riesco a intagliare quello che voglio. Secondo le mie capacità, beninteso, che sono ben lontane da quelle dei giganti come il creatore di Philip Marlowe. Romanzo dopo romanzo, questa prima persona l'ho comunque ragionata e modificata: usando il tempo passato o presente, facendo commentare di più o di meno al mio protagonista, facendolo essere più o meno ironico. Se confrontate, per esempio, Attenti al Gorilla (il mio romanzo del 1999) con La Bellezza è un Malinteso (2010), noterete che il protagonista parla un po' di meno con sé stesso, che ha meno voglia di scherzare, che è più in "sottrazione", come si dice. Questo non vuol dire necessariamente che La bellezza sia meglio di Attenti, o peggio, (anche se voi lettori avete giustamente le vostre preferenze e sull'ultimo la forbice è molto ampia, da chi pensa che sia il mio migliore a chi pensa sia il peggiore), ma uno stile narrativo più asciutto mi sembrava più adatto all'ultimo libro della serie: dal primo in cui era più scanzonato e simpatico, all'ultimo in cui è più cinico e incazzato. Ed è normale che sia così: pensate a quanti morti ha visto e a quante botte hanno preso in questi dodici anni il povero Gorilla e il Socio.
Il romanzo che sto scrivendo ora, invece, è in terza persona. Volevo creare un tipo di suspense che con la prima persona non sarebbe possibile. E poi i protagonisti sono due, ci sono un paio di comprimari che ogni tanto hanno un capitoletto e forse aumenteranno mano a mano, ci sono descrizioni a volo d'uccello e interludi. Insomma, la terza serviva e avevo voglia di rispolverarla e darle un po' più di fiato che nelle poche pagine dei racconti in cui l'ho usata. In questi primi mesi di scrittura, il maggior impegno è stato per me quello di trovare un equilibrio che mi soddisfacesse tra il punto di vista dei personaggi, quello cioè che è la trascrizione di ciò che passa loro per la testa, e le descrizioni universali del narratore, cioè io che introduco e racconto quello che avviene attorno ai personaggi e fuori di loro, indirizzando lo sguardo del lettore verso qualcosa che ritengo importante. Magari avvenuto prima.
Detto così è ovviamente molto generico, ma vi faccio un esempio banale sul quale ho perso un paio di giorni di ragionamenti (togli e metti, come faccio sempre). Uno dei protagonisti incontra un comprimario. Il comprimario mette la mano sul braccio al protagonista, il protagonista si sottrae con un moto di fastidio. Questo potrebbe bastare. Ma, siccome il comprimario e il protagonista hanno dei pregressi, in una versione avevo descritto come i due si conoscessero e si detestassero, e per quale motivo. Poi ho pensato che fosse troppo, e ho tolto l'interludio, poi ne ho rimesso un pezzetto, più asciutto. Avrei potuto far vederela scena a una terza persona che poi, interagendo con uno dei primi due, ottenesseuna spiegazione del gesto. Oppure far trapelare qualcosa dal dialogo. Ma in questo caso, mi sembra di aver fatto la scelta giusta. Mi sembra di aver detto il necessario, senza grasso superfluo. Mi sembra che la voce della mia narrazione si sia intonata per cantare nel modo corretto il nuovo accordo, la nuova melodia, mentre prima mi sembrava stonasse, gorgheggiasse troppo, o fosse troppo sottotono. Peccato che non ci siano ricette universali per queste cose. Devi vedere se come scrivi quella data pagina produce l'effetto che volevi ottenere. O se pensi che lo produca, perché come reagisce il lettore non puoi saperlo davvero. Devi andare per tentativi. Devi avanzare ascoltandoti e scrivere leggendoti. Io lo sto facendo e ho una gran voglia di vedere come andrà a finire.
January 4, 2011
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Questo blog ha aumentato la sua visibilità nella infosfera, mi comunicano gli amici di Wikio. Non so come vengano stilate le classifiche, e di solito me ne curo poco, ma so che se è accaduto è per merito vostro, che che questo blog lo leggete e lo linkate di qui e di là. Quindi grazie.
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