Sandrone Dazieri's Blog, page 20
January 4, 2011
Le lotte degli altri
Tra i quattordici e i venticinque anni ho fatto quelli che si chiamano "lavori usuranti", cioè quelli che richiedono fatica fisica: cuoco, imbianchino, facchino soprattutto, ma in fabbrica non ho mai messo piede. Quello che so di quanto avviene davanti a una catena di montaggio l'ho letto sui libri o l'ho sentito raccontare dagli operai con i quali scendevo in piazza ai tempi della militanza nei centri sociali. Oltre a essere ignorante, ho anche l'abitudine di non mettere bocca sulle lotte degli altri: chi le fa, chi le conduce, chi rischia sulla propria pelle licenziamenti e bocciature (e in qualche caso anche botte e galera), ha diritto di decidere per conto proprio, senza che un tizio che passa la giornata davanti al computer gli dica come comportarsi. Per questo non ho mai sentito il bisogno di esprimermi su quanto avviene nelle fabbriche, scioperi o referendum che siano, salvo dire che sono solidale con chi sta peggio, cioè con chi l'auto o quel che è se la suda, e non con chi ci specula in borsa, e le ragioni dei secondi non mi hanno mai tolto il sonno. Solidale significa anche essere solidale con le loro decisioni, come per esempio sull'accordo fiat, che sarà comunque una decisione difficile in un clima che definire ricattatorio è poco. Ma c'è una parte dell'accordo che riguarda le libertà sindacali e su questo non posso stare zitto, e ho ritenuto opportuno sottoscrivere l'appello stilata tra gli altri da Andrea Camilleri, di cui mi fido istintivamente. Lo trovate qui sotto. Per firmarlo invece potete andare qui.
Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l'accordo, l'impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l'insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell'equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.
Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L'inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti.
Andrea Camilleri, Paolo Flores d'Arcais, Margherita Hack
Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa, don Paolo Farinella.
January 2, 2011
Visto che...
oggi ho scritto bene e sono di buon umore, un video meno triste dell'ultimo, che qualcuno si è lamentato... Uno dei miei preferiti in assoluto
January 1, 2011
Stati d'animo
Ci sono alcune canzoni che riproducono esattamente un vostro stato d'animo. Questa, per esempio, per me ora.
December 31, 2010
Buoni propositi
Vediamo. Fine anno, occorre fare dei buoni propositi e cercare di mantenerli. Di solito li scrivo qui così poi potete farmi il culo se non li mantengo. Dovrei rileggermi quelli vecchi, ma non ho il coraggio. E poi non mi rileggo mai, una volta pubblicato... :-)
Allora.
1) Lavoro. Consegnare il nuovo romanzo senza ritardi e senza tirare scemo i miei editor come faccio di solito. Da previsioni dovrebbe uscire in autunno, quindi lo dovrei consegnare prima dell'estate. Apparentemente sono ancora in tempo. Il romanzo ha il nome in codice Silos, ma non si intitolerà così. No, non c'è il Gorilla.
2) Sempre per quanto riguarda il lavoro, non accettare più progetti per la televisione o il cinema del quale non condivida sino in fondo la storia o l'idea di partenza. Dico di partenza, perché poi tra discussioni e mediazioni con produttori - registi - reti... le cose cambiano parecchio. Ma almeno il concept iniziale, pur se non mio, devo condividerlo sino in fondo oppure mollare il colpo. Ne ho passate troppe recentemente.
3) Dieta. Aha! Punto dolente. In un anno e mezzo sono calato tipo venti chili e ne ho ripresi dieci o quasi dall'estate. Quando smollo il controllo, ingrasso. Binge eating, si chiama. Non è questione estetica, ma di salute. Quindi, passate le feste, si ritorna a stecchetto. Per fortuna ho continuato con la palestra e fisicamente mi sento meglio. Ma dovrei correre un po' di più.
4) Cucina. Circa venticinque anni fa ho smesso il mestiere del cuoco. Avevo studiato alla scuola alberghiera, avevo lavorato su e giù per l'Italia per lo più bettole e postacci lerci (con l'eccezione di un paio di alberghi non male), ma non riuscivo a fare il salto: conoscevo la tecnica, ma non avevo la passione sufficiente per diventare bravo. E quindi sono andato in cerca di altro, che poi si è rivelata essere la scrittura. Però recentemente ho ritrovato il gusto di cucinare per amici e parenti e vorrei tenerlo come impegno. Organizzare qualche bella cena e preparare con le mie manine tutto, dalla pasta al dolce. Così quando dovrò scappare all'estero avrò un lavoro per mantenermi.
5) Carattere. Incazzarmi di meno, che mi fa bene alla salute. Ma so già che questo è un impegno che non manterrò.
Direi basta. Tanti auguri a tutti, figliole e figlioli. Io sto già indossando le mutande rosse...
PS Mancava il video di auguri. Eccovelo. Ovviamente L.C.
December 25, 2010
Auguri
Credo in Dio come credo in Babbo Natale e nel Mitico Thor, ma non per questo non vi auguro ogni bene. Abbiatevi cura.
December 23, 2010
... e di nuovo cambio casa
La mia stella si chiama inquietudine. Ho cercato di combatterla per anni, forse per decenni, usando strumenti leciti e illeciti, psicanalisi, farmacie, e bar, ma ha sempre vinto lei. Adesso la accetto come parte di me, qualcosa che mi spinge da dietro e mi tira da sotto, mi fa sentire freddo anche d'estate, e solo in mezzo alla gente. E' una vocina dentro che mi chiede di andare altrove, qualsiasi sia il luogo dove mi trovo. A volte mi tiene separato dagli altri, come un'immensa bolla che rende suoni e luci ovattate, altre volte mi spella e mi fa sentire sulla carne viva qualsiasi fremito dell'aria. L'unica cosa riesce a inchiodarmi davvero a questa terra è la tastiera del computer, quando non le sfuggo per paura. Chi mi vuole bene lo sa, e non si stupisce più quando penso al presente come qualcosa di già passato, che mi sta stretto o annaspo per cercare una direzione, una voce o una parola. E la mia inquietudine mi fa cambiare spesso. Tre anni fa ero nelle peste con il romanzo nuovo. Non usciva o usciva storto, e trovai sollievo in una scrittura più leggera, che era quella per la televisione. Il fatto di non dover scrivere di me o di cose che mi riguardavano (anche se metaforicamente, come sempre nei miei gialli), mi rendeva tutto più facile e divertente. Da tanto tempo non mi divertivo così a scrivere. Per cui Roma divenne una mia meta abituale. Una, due volte la settimana. A volte di più. Gli alberghi mi mettono sempre addosso una certa malinconia (che è un sentimento non disprezzabile quando scrivi, ma meno quando cerchi di addormentarti da solo, ascoltando il movimento dei camerieri nei corridoi), per cui io e la mia compagna facemmo un paio di calcoli. Alberghi e spostamenti costano un sacco, meglio avere un appartamento in loco dove lasciare la roba. E almeno potremo farci qualche weekend che con il lavoro non c'entra.
Era un'idea idiota, ovviamente. Dal punto di vista delle spese in effetti andavamo in pareggio con eventuali alberghi (e spesso avevo una sorta di diaria che potevo convertire in affitto), ma il tipo di impegno che richiede una casa lontana da casa è abominevole se non hai un maggiordomo. Cosa c'è nel frigorifero quando arrivi di notte? Dove sono finiti i calzini? Quante cazzo di paia di lenzuola sporche ci sono disseminate tra Milano e Roma? E quando non lavoravo a Roma, magari per un mese, dover scendere solo perché c'è una casa mi sembrava uno spreco. Poi l'essere diviso su due città, senza contare quelle che avevo nella testa, mi rendeva irrintracciabile dagli affetti. Mentre i rompicoglioni mi trovavano sempre, gli amici non sapevano mai dove beccarmi. Per organizzare una cena dovevamo sicronizzare le agende come James Bond.
E poi c'era qualcos'altro. Roma mi piaceva. Mi piaceva soprattutto il quartiere di San Lorenzo dove avevo scelto l'appartamentino. A pochi passi dalla Stazione Termini, nella Zona Rossa d'eccellenza (che non ha niente a che fare con quelle della questura), dove negli anni ottanta incontravo persone come Vincenzo Miliucci, e andavo a parlare ai microfoni di Radio Onda Rossa. Ma l'entusiasmo per il mondo cinetelevisivo era andato rapidamente scemando. Sono uno scrittore, alla fine, ovvero un allenato alla solitudine, un apneista dei cazzi miei, quindi non si deve pretendere da me troppa socialità. Non ne ho molta, e di solito la tengo per i miei cari. Ma a Roma, per sopravvivere in certi ambienti, devi sapere nuotare nella corrente e io non sono mai stato tanto capace. Ci provo, a volte disperatamente, ma non ci riesco. Poco importa che la corrente sia quella del movimento, del gruppo, dell'azienda, del centro sociale, del party del produttore. Alla fine salto come un cavallo e scarto la prima staccionata portandomi fuori vista. Riprendo la giusta distanza.
Così, ieri ho chiuso un'altra casa. In via Tiburtina Antica, a pochi passi dal Bar Marani e da via dei Volsci. Ero sollevato quando ho portato fuori l'ultima valigia. Mi sembrava di aver ridotto la complessità e aver reso più semplice la mia vita. Poi stanotte ho avuto un po' di nostalgia. Per le montagne che vedevo dal balcone nelle giornate terse, per il geco che veniva a trovarmi quando innaffiavo le piante, per il caffé che prendevo in piedi nella cucina, per una partenza di corsa che mi ha schiantato contro un muro.
Di nuovo cambio casa. San Lee Marvin, proteggimi tu.
December 21, 2010
La lettera degli studenti della Sapienza
Alla c. a. Sindaco di Roma Gianni Alemanno
Alla c. a. Questore di Roma Francesco Tagliente
Alla c. a. del Prefetto di Roma Giovanni Pecoraro
Oggetto: La nostra richiesta di autorizzazione
Con la presente gli studenti e le studentesse della Sapienza comunicano alle autorità che il giorno 22 dicembre sfileranno per le strade di Roma. Apprezziamo davvero la vostra apertura al dialogo che in queste settimane si è manifestata ripetutamente e in vari modi: dalle centinaia di denunce per manifestazione non autorizzata, agli arresti immotivati, alla costruzione di una "zona rossa" permanente e in continua espansione. Siamo molto lieti di tanta premura nel volerci proteggere, tenendoci lontani dai patetici teatrini e compravendite di parlamentari, che avvengono ormai come consuetudine dentro Montecitorio e Palazzo Madama. Potete stare tranquilli: la politica istituzionale si è già allontanata dai noi e dal resto della società molto tempo fa. Sono proprio i nostri cortei e i nostri blocchi stradali ad aver riportato la politica vera nelle strade e nelle piazze, dall'università a tutta la città. Per il movimento studentesco il corteo spontaneo è da anni la vera pratica con la quale far vivere e rendere visibile il diritto di manifestare, la voglia di partecipare e prendere parola sul nostro futuro. Proprio per questo motivo il 22 lasceremo i palazzi del potere nella solitudine della loro miseria e andremo nelle altre zone della città, per parlare con chi come noi è inascoltato da quegli stessi palazzi. Vogliamo però interloquire con chi ha detto, in questi giorni, che bisogna ascoltare il nostro disagio, perciò domani una nostra delegazione porterà una lettera al Presidente Napolitano.
Vi inviamo questa richiesta di autorizzazione e vi chiediamo: siete disposti a garantire il diritto di manifestare?
Gli studenti e le studentesse della Sapienza in mobilitazione
December 19, 2010
Visto che si parla (a cazzo) del 7 Aprile
Devo dire che mai come oggi la mia sensazione è di stupore assoluto per quanto accade nel nostro Paese. Trasecolo. Non solo perché si paragona il movimento degli studenti di oggi all'Autonomia Operaia e alle Brigate Rosse, ma perché Gasparri tira fuori il processo del 7 Aprile 1979, dove i capi di imputazione crollarono quasi tutti miseramente. Ma al di là dell'ironia e dello stupore, rimane la gravità assoluta di un politico che si permette di invocare gli arresti preventivi! In un paese civile, si dovrebbe dimettere. Ma in un paese civile, non l'avrebbero eletto.
Comunque, per saperne di più su cos'era, come è andato e su come è finito il processo 7 aprile, cominciamo con la definizione di wikipedia. Che se Gasparri l'avesse letta almeno non avrebbe sbagliato l'anno.
Padova , Il sostituto procuratore della repubblica Pietro Calogero ordina l'arresto di un gruppo di dirigenti dei gruppi extraparlamentari Autonomia Operaia e Potere Operaio : tra di essi Toni Negri , Oreste Scalzone , Emilio Vesce , Luciano Ferrari Bravo , Franco Piperno , accusati di associazione sovversiva e insurrezione armata contro lo stato. Alcuni degli arrestati vengono anche accusati di aver preso parte al rapimento e all'uccisione di Aldo Moro (l'imputazione cade nel 1980 ). In sede giudiziaria (il processo 7 aprile ), Calogero sostiene che Toni Negri sia stato la "mente" delle Brigate Rosse . Quasi tutte le accuse mosse agli arrestati vengono in seguito a cadere
Poi alcuni link. Questo è una sorta di flusso di coscienza di uno degli arrestati di allora, che mescola un po' tutto, ma che dice anche una serie di cosine interessanti che ci siamo dimenticati: PINO NICOTRI
Il secondo link è lo speciale di Carmilla On line per il venticinquennale.
Il terzo è un pezzo di Franco Fortini, che ancora rimpiangiamo.
Il quarto link invece a un pezzo di Biagi del 2006. Parla di un tizio che delira di rivolte e di proiettili a basso costo, di insurrezioni armate. Se a lui fosse stato applicato il Teorema Calogero, alla base del processo 7 Aprile, come minimo gli davano l'ergastolo. Invece è ancora tra noi.
Mo' basta che è domenica.
December 18, 2010
Bisogna dar retta all'istinto
Alessandra mi telefona all'una del pomeriggio. "Stai partendo?", chiede.Io guardo la neve che scende da oltre la finestra e immagino il caos in città, il traffico convulso, le code ai semafori. "Non ancora" rispondo. "Non riesco a trovare un taxi per la stazione." La gente si stupisce sempre, ma non ho la patente e da casa mia alla stazione, o mi danno un passaggio o prendo un taxi, soprattutto in giornate come queste. "Quindi ho spostato il treno" aggiungo. Poi chiedo. "Sei sicura che devo venire? Perché ha l'aria di essere una di quelle giornatine... magari spostiamo." Alessandra mi spiega che il Festival Black Metropolitan Noir di Roma lo stanno organizzando da mesi e so che è vero, che si sono sbattuti. E io ho promesso di esserci. Non fosse che si tratta di una situazione di base autogestita eccetera tirerei il pacco. Perché lo so. So che sarà una fregatura. Lo sento. Perché in giornate come quelle di ieri non si fanno le cose. Non si viaggia, non si presenta, non si organizzano incontri. Si sta a casa con la copertina fino al naso e una bottiglia di brandy. Invece attacco con Alessandra e mi riattacco con il numero del radiotaxi. Rispondono dopo un'ora di segnale occupato costante, arrivo in stazione che ho perso anche il treno successivo, prendo quello dopo. Penso che arriverò alle sei a Roma, giusto in tempo per la presentazione alle Officine Marconi alle diciannove. Certo, salterò l'intervista a Radio Città Futura, che si rifiuta di farmela via telefono, ma sticazzi.
Il treno si blocca a Firenze e arriva a Roma con un'ora e mezza di ritardo. In pratica, arrivo in stazione quando avrei dovuto cominciare a parlare dall'altra parte della città. Alessandra viene a prendermi con l'auto e attraversiamo una Roma intasata come la camera da letto di Berlusconi: non ci si muove. Alessandra, che mi concede di fumare in auto visto il mio nervosismo. Mi spiega che la presentazione è stata spostata alla 21, e che coinciderà con quello che doveva essere l'inizio del reading, dove un attore leggerà alcune pagine tratte dal mio ultimo romanzo. Così ho il tempo per mangiare qualcosa prima. Arriviamo alle Officine Marconi sotto la pioggia battente. Le Officine Marconi sono un bellissimo edificio di archeologia industriale in zona Tuscolana, che viene affittato o concesso a gruppi dal comune per iniziative culturali. C'era un progetto per trasformarlo in un centro culturale di zona, con cinema per bambini (e credetemi quella zona ne avrebbe molto bisogno), ma poi sono stati tagliati i fondi e arrivederci e grazie. E' enorme, con ganci di metallo che pendono dal soffitto. E gelido. Il responsabile delle caldaie è arrivato con quattro ore di ritardo, perché è rimasto bloccato nel traffico. Mangiamo al piano superiore, in una sorta di sala mensa. Fredda, ma il cibo è buono. Se conto anche me e i ragazzi del Cortocircuito che fanno i cucinieri, e sono bravi, ci sono in tutto venti persone, tutte di staff. Alle 21 arriva anche Sozzo, di Radio Popolare Roma, che mi doveva introdurre. Simpatico, ha letto tutto, e so che si è preparato una bella introduzione. Peccato che non c'è nessuno a cui introdurmi. Alessandra sta per giustificarsi, e so che la frase che sta per uscirle dalla bocca è "Eppure ieri sera con i Wu Ming c'era un bel po' di gente" ma la blocco minacciandola con la forchetta di plastica.
Alle 21 3e 30 mi rifiuto di piazzarmi sul palco per parlare allo staff, e ci sediamo invece su alcuni divanetti posti a semicerchio accanto alla libreria dove nessuno comprerà alcun libro. Mi racconto alla decina di persone che mi stanno attorno. Il resto del posto rimane vuoto e spettrale, rischiarato a tratti dai lampi che attraversano le vetrate. Alle undici assisto al reading del libro, insieme più o meno alle stesse persone. L'attore è bravo, ma il pubblico (?) gelido, forse perché sono amici suoi o si conoscono. Non lo applaudono quasi mai e se ne vanno alla spicciolata durante i momenti più drammatici della lettura. Eppure legge bene, penso. Penso che forse è quello che legge che non interessa. Mentre le parole che ho scritto mi entrano nelle orecchie, penso che forse dovrei cambiare mestiere (lo penso sempre quando le serate vanno male). Magari andare al grande fratello o all'isola dei famosi, così sarei certo di trovare qualcuno quando attraverso mezza Italia per fare una presentazione. Mi pagherebbero per fare l'uomo immagine nelle discoteche, anche...
A mezzanotte comincia il concerto. Declino. Mi trasportano dall'altro lato della città, dove alle 22.30 avevo promesso di passare per una cena di natale. Quando arrivo, con due ore di ritardo, sono tutti mezzi sbronzi, o sbronzi del tutto, e ballano i lenti sotto. Mi siedo in un angolo e mi verso un bicchiere di vodka. Un grosso bicchiere di vodka.
December 16, 2010
A proposito di cortei e buoni maestri
Vi racconto cosa mi è successo. Ero a Roma per lavoro, e durante una riunione ho seguito dal computer la votazione sulla sfiducia. Ho visto lo spettacolo pietoso del parlamento ridotto a mercato delle vacche e teatrino, dove tutta l'attenzione si appuntava su quella decina di onorevoli che il giorno prima si erano prodotti in dichiarazioni vanziniane sul loro voto: non lo so, non ci ho ancora pensato, dipende, ne discuterò con la mia coscienza. Ho visto il disastro e il ridicolo. Mi sono depresso. Mi è mancata l'aria. Sono uscito. Per caso, mi sono trovato nel mezzo della manifestazione studentesca nei momenti del maggior casino. Ho visto ragazzi contrari agli scontri, ragazzi che spaccavano vetrine, ragazzi che scappavano, ragazzi che tiravano sassi alle banche, spostavano cassonetti e davano loro fuoco, ragazzi che discutevano e ragazzi che piangevano, ragazzi che raccoglievano da terra i loro compagni e ragazzi che camminavano zoppicando o sfregandosi le botte. Ho visto tanta rabbia, tanta. E ho pensato che la rabbia è bella, perché vuol dire che sei vivo e ci tieni, e ho pensato alle tante volte che avrei dovuto arrabbiarmi e non ci sono riuscito, diventato come sono troppo cinico e disilluso. E mi sono sentito meglio. Perché le nuove generazioni non sono un deserto come vogliono farci credere, ma una speranza.
E vorrei dire a tutti quelli che in questi giorni stanno commentando e fornendo saggi consigli agli studenti (non fate così, non fate cosà, avreste dovuto fare così, nel futuro fate cosà) che non spetta a noi, giudicare quanto è accaduto. Non sta a noi, distinguere tra buoni e cattivi, stupidi e intelligenti. Spetta a loro, a chi c'era, agli studenti, a chi ha organizzato il corteo, a chi sta lottando da settimane al freddo, sui tetti e nelle strade decidere se la violenza che c'è stata (due pietre, parliamoci chiaro, gli scontri tra Ultras fanno molti più danni) sia stata giusta o sbagliata, necessaria o inutile, bella o brutta. Sta a loro chiarirsi, discutere, prendersene le responsabilità politiche e umane. Separare i percorsi, se lo ritengono opportuno, o trovare una mediazione. Spetta a loro scegliere gli strumenti della loro lotta, perché è la loro lotta. Spero, certo, che non ripetano gli errori della mia generazione e di chi ci ha proceduto, ma non saremo noi a poterlo impedire se dovesse accadere. A noi spetta solo scegliere da che parte stare, se con loro o contro di loro, e risparmiare il fiato: non saranno mai come noi vorremmo che fossero, così come noi non siamo stati quelli che saremmo dovuto essere.
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