Alessio Brugnoli's Blog, page 239
July 3, 2016
Orrifici Misteri
Tornando a parlare di Fantascienza, tema a cui, in teoria, dovrebbe essere dedicato questo blog, sono alquanto scettico sul fatto che quest’anno riesca a pubblicare un nuovo romanzo: la stesura di Come un tuono d’Estate, il progetto a cui sto lavorando, ambientato in un Esquilino ucronico, con un’Italia degli anni Venti diversa da quella che conosciamo, mi sta prendendo più tempo del previsto, sia per l’accumularsi di idee, sarà la quarta o quinta volta che modifico la trama, sia per gli impegni di lavoro… La sera arrivo talmente distrutto e fuso, da non riuscire a mettere due righe in fila.
Però, in compenso, è forse l’anno dei racconti: assieme a Preneste, pubblicato in Operazione Europa, a proposito, in occasione della nuova edizione del Fantafestival, l’antologia sarà presentata il 14 luglio presso il cinema Savoy, a Roma, in Via Bergamo, 25, dalle parti di Piazza Fiume, ne è uscito un altro per Orrifici Misteri, uno speciale di Edizioni Scudo.
Speciale, a cui partecipo con Hafgufa, un racconto dedicato ai soliti Beppe e Andrea, stavolta sulla via del ritorno nella loro amata Roma: anche stavolta, si ritrovato ad avere a che fare con gli innominabili orrori del solitario di Providence… E come sempre, se la caveranno a modo loro…
June 29, 2016
Sull’Esquilino, sulla Brexit e sul prendere a frustate i calciatori inglesi
Chiacchierare con Alan S. Cooper (non ho mai capito per cosa stia la S… Il cugino, una sera in cui era più sbronzo del solito,mi disse che era l’iniziale di Sergei, per la passione dello zio per per Rachmaninoff, ma poco ci credo) non serve solo a dar fuoco alle polveri alle polemiche sul mural di Mauro Sgarbi, ma anche per riflettere sia sull’evoluzione del rione Esquilino, sia per fare due chiacchiere su quanto è successo questi giorno in Gran Bretagna.
L’Esquilino regola o eccezione ?
No, nonostante il mio affetto per il rione, la sua evoluzione rispecchia un processo comune alle grandi città, siano esse in Europa, in Cina, negli USA o in Sud America. Un processo che comincia negli anni Cinquanta, con lo spopolamento del Centro Storico di Roma e che nella zona di Piazza Vittorio raggiunge il culmine tra gli anni Sessanta e Settanta.
Processo che per l’Esquilino dipende da vari fattori: da una parte, diminuendo il grado di segregazione spaziale per classe sociale, l’alta borghesia abbandona il rione, seguendo un processo centrifugo che la porta a stabilirsi nei nuovi quartieri residenziali. Dall’altra, l’apertura della Metro A, che ha modificato la collocazione sull’asse centro-periferia, ridefinendo le aree e i flussi commerciali di Roma, ha messo in crisi il tessuto imprenditoriale della zona.
A questo si è aggiunto il problema della manutenzione dei palazzi storici e dello scarso effetto delle politiche urbanistiche del Comune sul Rione: risultato, il buco demografico ha creato un’ampia disponibilità di vani sul mercato immobiliare, facendone diminuire il prezzo.
Di questa disponibilità, ne ha approfittato la comunità cinese, che aveva una propensione all’investimento superiore a quelle di altre comunità, sia per le riforme economiche di Deng Xiaoping, che avevano creato un tessuto economico capace di finanziare imprese all’estero, sia per la strategia della relazione su cui è basata la loro migrazione.
Strategia in cui un’intera comunità investe i propri risparmi nell’apertura di attività in terra straniera, che funge da testa di ponte per preparare il terreno ai successivi arrivi, che così risultano facilitati.
Con il tempo, si è creata una divisione della comunità cinese: i più ricchi si sono borghesizzati, creando anche un mercato per le loro esigenze di status symbol, mentre i più poveri, per l’aumento dei costi delle case nel rione, lo hanno abbandonato, trasferendosi nei quartieri lungo l’asse Casilina- Prenestina, sostituiti dagli immigrati del subcontinente indiano
Aumento del prezzo delle case ?
Senza dubbio. Da una parte, è stato un trend comune in tutta Europa, dall’altro è aggiunto dal 2000 il fenomeno della turisticizzazione: la disponibilità di vani, la vicinanza alla stazione Centrale, la disponibilità dei mezzi pubblici, superiori al resto della città, ha reso l’Esquilino uno dei poli dell’accoglienza low cost a Roma. Ciò ha influito sui prezzi, diminuendo l’offerta potenziale.
Turisticizzazione che ha cambiato anche l’economia della zona: il proliferare dei minimarket e dei ristoranti a basso costo è legato proprio a questo fenomeno.
Sai, una cosa che mi fa ridere nell’osservare le polemiche sui gruppi social dell’Esquilino ?
Dimmi
Tutti a lamentarsi se due ristoranti indiani aprono l’uno accanto all’altro, ma nessuno apre bocca su quel tratto di viale Manzoni, in cui in 200 metri vi sono 4 ristoranti, due bar con cucina e in cui sta aprendo un pub… Forse perché la cucina locale fa meno impressione di quella etnica. Oppure, come succede a Londra, l’ideologia del decoro è un ottimo alibi per coprire il proprio razzismo
Tornando a noi..
La terza fase del processo è la cosiddetta gentrificazione. La disponibilità di case di lusso, al di fuori delle tasche e degli interessi degli immigrati e non utilizzabili per il mercato turistico, ma a prezzo più basso di quelle di altre zone di Roma, ha portato il ritorno dell’alta borghesia e degli intellettuali nel rione, in un processo di sovrapposizione, più che di sostituzione.
E queste componenti, immigrazione, turisticizzazione, gentrificazione creano un equilibrio instabile, che è la ricchezza del rione, ma anche fonte di tensione.
Tra l’altro la gentrificazione ha un effetto molto interessante: la cancellazione della memoria dell’Esquilino reale del Passato, con tutti i suoi problemi, droga, prostituzione, violenza diffusa, e la sostituzione con un’immagine mitica, di una presunta età dell’oro precedente all’arrivo dell’immigrazione.
E come si potrà risolvere , questa tensione sociale ?
Il fattore decisivo è l’andamento del mercato immobiliare: se il valore delle case riprende a salire a ritmo sostenuto, per i proprietari conveniente più vendere a ricchi borghesi che investire in b&b. Al contempo, anche gli immigrati tenderebbero, come a Londra a monetizzare gli investimenti per trasferirsi in periferia, replicando una situazione analoga a Trastevere.
In caso contrario, prevarrà la componente di turisticizzazione. E’ una specie di tiro alla fune, in cui è ancora impossibile ipotizzare l’esito
Passando ad altro, come hai presto la Brexit ?
Come uomo, male, come studioso, purtroppo me lo aspettavo: l’Unione Europea, più che amata, è stata sopportato da buona parte dei miei concittadini come male necessario.
Da una parte, le mancava un mito fondativo, come per esempio per l’Italia il manifesto di Ventotene, che ne giustifica l’esistenza dinanzi all’opinione pubblica; dall’altra, per come si è evoluta l’UE, un enorme leviatano burocratico, questa il viola quella che secondo il senso comune britannico è l’essenza della democrazia: il continuo controllo da parte degli eletti sugli elettori.
Questa cosa è stata sopportata come un male necessario, finché gli svantaggi percepiti sono stati ritenuti superiori ai vantaggi reali.
Secondo te, quanto è cominciato questo processo di distacco ?
A mio parere, con la caduta dell’URSS: prima la paura delle divisioni corazzate sovietiche faceva passare sopra a ogni mugugno. Hanno provato a riproporre come bau bau Putin, ma non è credibile: una Russia che non ha soldi per finanziare a oltranza una spedizione coloniale in Siria, certi non può pensare a mettere sotto scacco i suoi vicini occidentali.
Sino a quel momento, l’Europa era basata su una balance of power tra quattro nazioni: UK, Francia, Germania e Italia. Questo equilibrio permetteva un’equa ridistribuzione di carichi, risorse e responsabilità. Con l’unità tedesca, questo equilibrio salta: la Germania progressivamente, come negli anni precedenti alla Prima e Seconda Guerra Mondiale, comincia a drenare risorse dalla periferia del continente per trasferirle al centro e modificare le direttive europee, come ad esempio quelle sulle banche, a proprio vantaggio.
Per rafforzare questa politica, ha favorito una ridistribuzione iniqua delle risorse, a favore delle componenti della società che potevano appoggiare una politica filo tedesca. Il voto inglese non è uno scontro tra vecchi e giovani, tra contadini bifolchi e cittadini civilizzati, ma gli have e have not, i disoccupati, gli operai, i piccoli borghesi e i pensionati.
Però questo concetto non è chiaro ai media e alle classi dirigenziali d’Europa, che condividono lo stesso approccio alla partecipazione di chi contestava il mural di Mauro Sgarbi al Mercato Esquilino: la democrazia va bene, finché decide quello che voglio io, altrimenti il popolo è idiota.
E il caso Scozia e Irlanda del Nord ?
Londra, per tenere buono l’indipendentismo scozzese, ha ribaltato su Edimburgo le poche risorse ridistribuite dal Centro: Belfast invece, è da anni integrata economicamente con Dublino. Il loro voto era scontato.
Che succederà adesso?
Non lo so. In un mondo ideale, si potrebbe raggiungere un accordo razionale tra le parti, capace di lasciare le cose pressoché invariate. Ma purtroppo non è così…
Parlando dell’altra Brexit…
Io applicherei ai nostri calciatori e Hodgson i metodi tradizionali della Royal Navy: una trentina di frustate sul fondo schiena, accompagnate dal suono della Rogues’ march… Ma a quanto pare, sono un paio di secoli che si è persa tale tradizione.
June 21, 2016
Numeri elettorali
Come sempre, dare un poco di numeri, relativamente alle elezioni romane.In termini assoluti, Virginia Raggi ha preso 770.564 voti , ben più di quelli presi da Marino, pari a 668.890 voti, ossia in termini percentuali, sul corpo complessivo dei votanti, il 34% a fronte del 27% del vecchio sindaco, ma meno di Alemanno, che ne prese 783.225 e di Veltroni che arrivò alle bellezza di 926.932 voti.
Tradotto in termini concreti, la Raggi gode allo stato attuale di una rappresentatività più ampia di Marino ed ha un margine di sicurezza rispetto alla soglia di Roote, il 25%, al di sotto della quale non si verifica la luna di miele con gli elettori e la conflittualità tra cittadini e amministrazione, vista come un corpo estraneo alla Polis, è tale rendere impossibile il governo della città.
Marino era al limite di tale soglia e non è stato capace di ampliare il suo consenso: la Raggi è sicuramente in condizioni migliori, ma se vuole reggere nel tempo, deve da una parte proporre delle soluzioni condivise dall’intero corpus elettorale e non solo dalla minoranza che l’ha eletta, dall’altra saper comunicare al meglio le sue scelte.
Il primo punto, dipende dall’elasticità di un programma elettorale, a prima vista abbastanza vago, da adattarsi a tutto e al contrario di tutto, senza correre il rischio di contestazioni. Inoltre, a differenza del PD, deve avere la forza di spostare il proprio baricentro amministrativo dal Centro alle Periferie.
Sul secondo, deriva dalla capacità che avrà la Raggi, con la comunicazione web, di contrastare i media tradizionali, schierati dalla parte dei suoi avversari
June 20, 2016
Parlando del mural di Mauro Sgarbi al Nuovo Mercato Esquilino
E’ sempre interessante chiacchierare con Alan S. Cooper. Primo, anche se non lo sa, è una delle fonti di ispirazione per tanti personaggi dei mie romanzi. Secondo, perché alla sua veneranda età non ha ancora preso a randellate il cugino, pittore tanto gaudente, quanto di pessimo carattere.
Terzo, per il suo italiano, forbito, ma ahimè pronunciato con un accento simile a quello con cui venivano doppiate le comiche . Stanlio e Ollio. Quarto, per l’oggetto dei sui saggi, a cavallo tra urbanistica e sociologia, sul gap tra utopia e realtà nei progetti di smart e sulla gentifricazione degli spazi urbani.
Proprio quest’ultimo tema, lo ha portato ad utilizzare come case study l’Esquilino, assieme ad altre realtà romane: incrociandolo per caso, volevo fare due chiacchiere sui cambiamenti del nostro rione, me più per sua iniziativa che per mia, siamo finiti a parlare del mural di Mauro Sgarbi al Mercato Esquilino, che, per certuni, sembra essere diventato la principale causa di degrado del rione.
In questi giorni, qualcuno, qui all’Esquilino, sta dipingendo la street art come la calata dei barbari, non è esagerato ?
Più che esagerato, è frutto di una visione arcaica, che sembra uscire dalle pagine di Ruskin: la città vista come un fossile, un insieme di rovine morte, indipendenti dalle persone che vi vivono, visti come inutili o addirittura come un cancro. La città è invece un sistema olistico, fatta non solo dagli edifici, ma anche dalle storie e dalle esperienze del quotidiano: un’entità vivente, che muta ogni giorno e basata su infinite sovrapposizioni.
Il negarlo, il voler tutelare e valorizzare a prescindere il passato, senza dare spazio al presente e al futuro, a prima vista sembra meritorio, ma alla lunga porta a ragionare come Muñoz; distruggere la Storia, la Roma vissuta, deportando anche i suoi abitanti, per creare una realtà di carta pesta.
Per cui, viva la Street Art, che è il trionfo della vita, che cambia l’aspetto della Città: che poi, è un leitmotiv dell’Arte e dell’Urbanistica occidentale. A coloro che esaltano la sacralità del muro sporco, vorrei ricordare come gli edifici classici fossero pesantemente colorati o le architetture descritte da Huizinga nell’Autunno del Medioevo o le macchine scenografiche barocche.
Una delle critiche al progetto è stata la sua mancanza di dimensione partecipata
Il problema è che cosa si intende per Partecipazione: dal mio punto di vista significa estendere gli spazi di Democrazia, rendendo il cittadino comune responsabile della progettazione e gestione dei Beni Comuni: detto fra noi, l’Esquilino, per l’esperienza dei vari comitati, mi sembra all’avanguardia, sotto questo punto di vista.
Invece, i contestatori dell’opera di Mauro Sgarbi, ne propongono un’idea distorta, quasi fascista, centrata sulla dittatura di una piccola minoranza sulla maggioranza dei cittadini, che sono posti al di fuori da qualsiasi decisione e che devono soltanto approvare e applaudire.
Parlano di commissione di artisti che deve decidere sul cosa e sul come fare, in una riunione carbonara: ma chi assicura a priori sulla trasparenza dei loro criteri decisionali ?
E chi garantisce che la loro opinione coincida con quelle del resto degli abitanti del Rione ? Sempre per parlare del mural al mercato, forse mi sbaglio, ma il senso comune sembra preferire un trionfo di vita e di colori a una parete scrostata, con gli inserti di polisterolo a fingere il marmo
L’accusa di scarsa trasparenza è un’accusa rivolta anche progetto di Street Art
In cinque minuti, sui vari gruppi Facebook dedicati all’Esquilino, che non sono la Realtà, ma una loro rappresentazione parziale e limitata, ho trovato bozzetti e copia delle autorizzazioni e relativi dibattiti: ora, più che parlare di trasparenza, chi fa questa accusa dovrebbe riflettere sul proprio analfabetismo informatico
La Street Art deve essere limitata alle periferie degradate ?
Chi fa quest’accusa, dimostra una superficiale conoscenza del tema, confondendo il graffitismo americano, che è un grido di rivolta contro l’emarginazione delle periferie, con la public art europea, che ha il suo punto focale nei centri storici e nel recupero dei loro spazi urbani. E su questo Roma è stata all’avanguardia, basti ricordare l’esperienza dei murales di Tor di Nona.
Tra l’altro, ci sono numerosi studi che legano la diffusione della street art alla gentrificazione: Roma sotto questo aspetto, è un’eccezione, perchè a fenomeni di questo tipo si integrano azioni di mecenatismo, come a Tor Marancia o di recupero dal basso di realtà marginali, come il MaaM.
Il tuo giudizio sull’opera ?
Premesso che non amo il Figurativo, devo riconoscere come Mauro Sgarbi abbia creato un’immagine iconica, dal forte valore simbolico, su cui costruire l’identità civica del Rione. Cosa non riuscita a un riuscita a un altro progetto, di cui ho grande stima, che è Il Giardino dei Poeti, perché non parla all’Uomo comune, ma la sua narrazione è autoreferenziale a un’ élite ristretta.
Mauro Sgarbi ha creato un simbolo di speranza, in cui la diversità non viene vista come pericolo, ma come fonte di nuova e più ampia armonia.
Inconsciamente, chi contesta il mural, contesta questo messaggio, schierandosi dalla parte del populismo di Trump e di Salvini
June 12, 2016
Lithica, maschera ucronica
Negli ultimi giorni, ho ricevuto un paio di recensioni su Lithica. La prima, di un lettore molto connotato politicamente, che ha accusato il libro di essere sia uno strumento di propaganda del PD, sia omofobo.
Accuse che mi hanno lasciato perplesso: per quando è ambientato il libro, al massimo può essere accusato di fare propaganda occulta alla restaurazione del Papa Re… La seconda accusa, visto quanto accaduto oggi a Orlando, non la ritengo degna di essere presa in considerazione: sono fiero però di aver raccontato la storia con tutte le sue sfumature, rimpianti e contraddizione tra Alan Stuart e Thomas Edward Lawrence.
Alla fine, tale recensione non è che l’ennesima riprova che troppa campagna elettorale fa male ad alcuni cervelli…
Invece, degna di nota, è la recensione di un’affezionata lettrice che copio integralmente
Non sono certo un’esperta, né una letterata… purtroppo. Lo dico perché questo romanzo meriterebbe di essere esaminato pagina per pagina, tanti sono i riferimenti ed i rimandi a fatti, racconti, personaggi, veri o di fantasia, che presidiano ogni avvenimento. Presidiano, in quanto ad ognuno di loro viene assegnato il compito di far fluire il proprio pensiero, oltre ad essere presenti ed attivi.
Il punto di forza del libro è questa fascinazione culturale anche se sono preponderanti gli aspetti ucronico e dark. Non mancano la solita ironia, i dialoghi rapidi e divertenti, come le riflessioni filosofiche e un po’ di sofferenza. Una sofferenza umana e che svela a tratti il carattere empatico dell’autore. E’ la maschera che nasconde l’anima?
Ma è solo una breve occhiata, subito si torna al colpo di scena, al mistero, alla battuta. Una lettura che, una volta finita, ti fa desiderare di incontrare nuovamente i suoi personaggi. Un piccolo appunto: il mio latino è forse troppo arrugginito…una nota ogni tanto?
May 25, 2016
Operazione Europa
Da poco è uscita per Elara Libri Operazione Europa, un’antologia, curata da Pier Luigi Manieri in cui autori attivi sulla scena della narrativa di SF italiana e da creativi di aree concomitanti come il cinema, il fumetto, l’animazione e persino il videogioco e la musica, hanno provato a immaginare un’Europa prossima ventura.
Antologia a cui ho partecipato, la cui pubblicazione è forse stata sottovalutata dagli addetti ai lavori, ma mi ha affascinatcome progetto narrativo, dato che riprende e attualizza uno schema nobile della letteratura italiana, le novelle racchiuse una cornice narrativa, che funge da loro filo logico.
Oltre a farmi riflettere su come un sogno, nato dal trattato di Roma, mostri sempre più crepe, incapace di rispondere con efficacia alle sfide di una società liquida e post-industriale, mi ha permesso di rivisitare tutto il mio immaginario pop, figlio di telefilm e fumetti.
E soprattutto riprendere una sfida che mi ha sempre affascinato: scrivere narrativa fantastica ambientandola nelle città di provincia, mostrando come ciò infici, ma rafforzi, le suggestioni dell’immaginario.
Il mio racconto è infatti a Palestrina, in cui futuro e rovine si affiancano, nella speranza di straniare il lettore
May 24, 2016
Il Barocco in Lithica
Ogni tanto, qualcuno legge e recensisce Lithica; stavolta è il turno del buon Giampiero Stocco, che ringrazio per l’attenzione e che approfondisce il suo discorso sul suo blog
Intenso e ricco come la sostanza della Roma che è la sua città e la sua ispirazione, ma anche come un romanzo di Lovecraft, con qualche goccia di Poe e molto Stephenson. Questo è Lithica di Alessio Brugnoli. Un’opera non sempre facile o scorrevole, ma ricchissima di sfumature e particolari, godibilissima nel subplot di Beppe e Zerlina, quello che io personalmente ho più apprezzato, un po’più “pietrosa” appunto, o litica nelle parti che rendono omaggio ai classici del fantastico di cui sopra. Spesso ci si perde tra una fontana e una piazza fantasma alla Segno del Comando, ma si apprezza il tentativo di “summa” fantastica in chiave romana. E anche la cote’ steampunk, l’atmosfera verniana di sottofondo non guasta. Un bel 7,5 alle intenzioni, che diventa un sette pieno a lettura ultimata.
Giampiero ha ragione nel definire Lithica contorto, barocco, forse dispersivo: ma è una scelta stilistica ben voluta e ricercata. In una fantascienza italiana che negli ultimi anni si è assopita in romanzi quasi standardizzati, in cui lo stile si appiattisce e si è persa ogni volontà di sperimentazione linguistica, a volte è necessario osare.
Creare dei rizomi, delle reti di citazioni postmoderne che avvolgono il lettore, costringendolo, come dice il mio Ugo, a leggersi un’enciclopedia per capirci qualcosa, dilatare i tempi, è una ribellione alle trame lineari, ai personaggi fotocopiati e alla lingua da doppiatori.
Bisogna ritrovare il coraggio di osare: poi il rischio, come ovvio, è che non tutte
Sempre a proposito di coraggio, Davide Del Popolo Riolo riprende un vecchio discorso
A suo tempo ho fatto ad Alessio i complimenti per il coraggio: non è facile scrivere il seguito del proprio primo romanzo e farlo completamente diverso. Ambientarlo ancora a Roma, con un nuovo caso per il principe Conti e il valletto sarebbe stata una soluzione molto più “facile”. Alessio invece ha scelto una strada più rischiosa e ardua, e questo secondo me è molto apprezzabile
Come già accennato, riscrivere uno stesso romanzo, con piccole variazioni, senza rimettersi in discussione è una mancanza di rispetto sia nei confronti del lettore, che merita di leggere sempre qualcosa di nuovo, sia nei confronti di se stessi, bisogna rimettersi in discussione, sia nei confronti dei personaggi..
Se questi funzionano, con i propri pregi e difetti, perché non provarli in un altro contesto ?
May 20, 2016
L’Aureliano Buendia della politica italiana
Incrociai Pannella un paio di anni fa, in una delle tante feste di Piazza Vittorio. Può sembrare ridicolo, ma la prima cosa che pensai vedendolo fu un
“Ammazza quanto è alto !”
Poi mi resi conto che quell’uomo, dal volto pieno rughe, emaciato, dai capelli bianchi raccolti in un codino e con due mani che sembravano palanche, mi accompagnava con le sue battaglie da quando ero nato.
Alcune le ho condivise, altre no, forse diverse le ignorate. Però, anche se non l’ho mai votato, gli rendo onore. Perchè Pannella è stato l’Aureliano Buendia, capace di participare a 32 rivoluzioni, di perderle tutte e di trovare il coraggio di intraprenderne una trentatreesima.
E con le sue sfide, folli, improbabili e visionarie, ha cambiato l’Italia. Di quanti, non dico dei soloni che lo sbeffeggiano su FB, ma dei tanti politici con cui ha incrociato le lame, si può dire altrettanto ?
May 3, 2016
Critica ?
Nel mio mestiere, c’è un detto che dice
“Nessuno è mai stato licenziato per aver scelto un router Cisco o uno storage EMC”
Un invito ad andare sul sicuro, anche a scapito del risparmio o di prestazioni inferiori a quello di altre tecnologie. Situazione simili l’ho trovata nel mondo dell’Arte. Al di là di tutti i giri economici che vi sono dietro, è assai più semplici recensire un pittore che ha dietro una galleria nota o un buon curatore, che uno dell’ambiente underground.
Perchè nel secondo caso bisogna sporcarsi le mani, rimettersi in discussione, confrontarsi con il nuovo e con il diverso, rischiando anche di prendere cantonate, cosa che spesso accade.
Cosa che accade sempre più di rado e secondo me, questa mancanza di osare, di esplorare i lati oscuri ed eretici della ricerca, l’adagiarsi sul noto e sul presunto sicuro, è una della cause della progressiva perdita di forza propositiva dell’Arte Italiana, che ogni anno si provincializza sempre di più.
Un fenomeno simile temo che si stia realizzando nel mondo della Fantascienza Italiana: si scrivono saggi, più o meno profondi o eruditi, alcuni anche divertenti e ben fatti, ma che riguardano sempre i soliti noti: perchè manca il tempo, perchè manca la voglia, perchè ci abbiamo altro da fare nella vita e come dice Li er barista
“Legge ‘n libro novo me abbotta”
Insomma, le scuse per giustificare ciò abbondano. Però, se per alcuni è lecito che la critica si limiti a definire un corpus di auctoritas, con cui riempirsi la bocca all’infinito, cambiando solo l’ordine in cui vengono citate, per me invece è il suo fallimento.
Perché compito del critico non è guardarsi dietro le spalle, quello lo fa lo storico, ma intuire cosa si agita oltre l’orizzonte.
May 1, 2016
Roma e Fantascienza ?
In questi giorni, sono stato tentato di scrivere due righe su un articolo di Domenico Gallo, su come la fantascienza italiana ha descritto Roma, ma a causa del caos lavorativo e dell’impegno che sto mettendo nel portare avanti “Come un Tuono d’Estate” (a proposito, grazie a Mauro Valentini per gli spunti che mi ha fornito), ho sempre esitato.
Poi, ieri è nato mio nipote… Che emozione vedere quel bambino, così pacato, ma dallo sguardo tanto vivace, che somiglia così tanto a mia sorella infante… Insomma, ho avuto bel altro a cui pensare.
Però, visto che la condivisione dell’articolo, associato a una battuta scherzosa, ha scatenato un bel dibattito, non posso esimermi dal confronto.
Dal mio punto di vista l’articolo di Gallo, ben scritto e documentato, rappresenta la sua personale visione del rapporto tra Roma e Fantascienza italiana.
Alcune tesi le ho trovate condivisibili, altre meno, probabilmente non avrei citato Un Marziano a Roma tanto per far numero e perchè Flaiano fa figo e da un’aria di rispettabilità alla fantascienza, ma avrei parlato, partendo dalla vicende di re Farouk e dal Taccuino del Marziano, di come l’autore partendo dalla cronaca spicciola abbia creato un apologo disincantato sul tentativo fallito di una città provinciale di atteggiarsi a capitale internazionale, un elogio della disillusione, in cui si anticipa Warhol sul tema dei quindici minuti di celebrità e sul potere dei media di indirizzare l’opinione pubblica, in cui per citare l’autore
La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità.
O piuttosto che l’Urbe scontata e banale di Verso, forse avrei parlato di quella visionaria e trascendente di Battisti, o quella dei racconti underground del collettivo Li Bai, dal nome del poeta, fatto da ragazzi cinesi, immigrati di terza generazioni, che mischiando il cantonese al romanesco, creano una realtà fuori di testa.
Però in finale è una questione di letture e gusti: la questione vera è che la visione è quella dell’individuo Gallo… Potrebbero esserne ben altre e ben diverse dalla sua, di interpretazione sul rapporto tra Fantascienza e Roma e che potrebbero, citando un diverso pattern di autori, altrettanto argomentate.
Forse ci vorrebbe un libro, non un semplice articolo, per sviscerare il tema… Ma la vera questione, quanto è sensato spacciare una visione parziale, per quanto autorevole, con un’interpretazione globale ?
Non è che perdendosi i pezzi, guardando al passato, invece al presente, come sembra mostrare l’articolo di Gallo, la fantascienza non si fossilizzi in una sorta di canone, rinunciando a qualsiasi vitalità eversiva ?
Alessio Brugnoli's Blog

