Andrea Indini's Blog, page 84

November 16, 2019

La sinistra vuole zittirci tutti

Andrea Indini




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Matteo Salvini
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Published on November 16, 2019 09:04

November 15, 2019

La miopia dei talebani della censura: i centri sociali sono liberi di odiare

Andrea Indini




Le violenze degli antagonisti passano ancora sotto silenzio. i tutori della commissione anti odio finsono di non vedere l'odio anti leghista


I pasdaran della censura non si sono indignati per l'ennesimo episodio di odio dei centri sociali. Non li ha scalfiti l'assalto degli antagonisti che, ieri sera a Bologna, sono scesi in piazza per zittire Lucia Borgonzoni, la candidata unitaria del centrodestra alle elezioni del prossimo gennaio. Ora che l'Emilia Romagna rischia di essere effettivamente scippata alla sinistra dopo decenni di monocolore rosso tutto è permesso. Sia i big del Partito democratico, che temono irrimediabili ripercussioni sul governo giallorosso, sia i facinorosi che affollano le reti no gloabal della città temono seriamente che il vessillo della Lega possa sventolare sul palazzo della Regione. Per questo, da qui alla prossima tornata elettorale, dobbiamo aspettarci un nuovo tsunami d'odio contro Matteo Salvini & Co. Un'ondata di violenze (non solo verbali) che non turberanno i crociati della commissione contro l'odio.


Le immagini dei centri sociali a Bologna, tra strade occupate, lancio di petardi e bottiglie di vetro e scontri con le forze dell'ordine, non sono affatto nuove. Scorrono sotto gli occhi come un triste déjà vu. Negli ultimi tempi, va detto, sembrava si fossero addirittura dati una calmata. Dopo la rottura con il Movimento 5 Stelle e il collasso del primo governo guidato da Giuseppe Conte, la rete antagonista ha mollato la presa contro il Carroccio. A inizio anno, quando al Viminale veniva messo in atto il pugno duro contro l'immigrazione clandestina e il business dell'accoglienza, gli attacchi dinamitardi alle sedi della Lega e le intimidazioni contro gli uomini di Salvini erano all'ordine del giorno. Ora il clima è tornato a farsi teso come in quei giorni. A preoccupare la sinistra è, appunto, la possibilità che il centrodestra riesca a portarle via un'altra roccaforte rossa: dopo l'Umbria, ora tocca all'Emilia Romagna. I sondaggi parlano chiaro: le due coalizione possono giocarsela in un testa a testa che non ha precedenti storici. Fino a qualche anno fa, infatti, era anche solo immaginabile che un candidato del centrodestra potesse tener botta all'armata rossa. Ora gli equilibri si sono ribaltati. E, senza l'apporto dei Cinque Stelle, Stefano Bonaccini rischia adirittura di avere la peggio.


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Sebbene in piazza si siano visti i soliti cliché dei centri sociali (guarda il video), in questi tempi di crociate contro l'odio ci si sarebbe aspettato qualcosa di più contro i violenti che ieri hanno provato a zittire la Borgonzoni. Nessuno di quelli che nei giorni scorsi hanno gridato all'emergenza fascismo affibiando alla destra addirittura simpatie neonaziste e antisemite, si è preoccupato dell'estremismo rosso. Questa miopia non stupisce affatto. La commissione Segre, come d'altra parte il codice proposto da Laura Boldrini tempo fa, ha come unico scopo quello di imbavagliare il nemico. Quando poi l'odio soffia da sinistra, non viene mai stigmatizzato. Anzi, passa del tutto sotto traccia. È così quando i social network vengono usati da scrittori, pensatori e politici progressisti per attaccare, infangare e insultare un esponente di segno opposto. Ed è lo stesso quando in piazza scendono gli antagonisti la cui matrice d'odio è scandita sia negli slogan brutali sia nelle azioni violente. I loro attacchi si riversano immancabilmente sugli agenti che cercano di mantenere l'ordine. Perché dunque i radical chic, che tanto si sono battuti per la commissione Segre, non si battono per mettere un freno ai centri sociali? La domanda è ovviamente retorica. Perché da sempre l'intellighenzia rossa è strettamente legata alle frange più estremiste. E da sempre le usa per picchiar duro laddove ha bisogno.


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centri sociali






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Elezioni Regionali 2019 focus





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Lucia Borgonzoni
Matteo Salvini
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Published on November 15, 2019 03:05

November 13, 2019

Quello che i buonisti dimenticano: i militari muoiono pure per loro

Andrea Indini




I radical chic delirano ogni volta che un militare cade sul campo. Ma la loro libertà di parola è garantita dal sacrificio di quei giovani


C'è un punto in particolare che sembrano ignorare tutti questi pseudo pacifisti da strapazzo che ingrossano le file della sinistra giallorossa. E cioè che i soldati in missione all'estero, come anche tutti gli uomini e le donne in divisa, rischiano quotidianamente la propria vita per difendere anche la libertà di certi soggetti di dire nefandezze come quelle pronunciate ieri da padre Alex Zanotteli. In una intervista all'agenzia AdnKronos il missionario arcobaleno, che in passato ha dimostrato di tenere più all'ideologia cattocomunista che al magistero della Chiesa, se l'è presa con gli italiani morti il 12 novembre 203 a Nassiriya. "I militari vittime di quell'attentato non andrebbero definiti 'martiri'", ha detto accusando lo Stato italiano di essere lì, in Iraq, solo "per difendere con le armi il nostro petrolio". Parole di una violenza inaudita che vanno di pari passo con lo stillicidio che si consuma quotidianamente per screditare l'esercito e, più in generale, le forze dell'ordine.


A impressionare non sono soltanto le parole di padre Zanotelli. Certo, quelle infangano la memoria dei nostri caduti e aprono nuove ferite nei familiari che sedici anni fa hanno perso un caro nell'attentato rivendicato dai jihadisti di Al Qaeda. La loro violenza, però, va ben oltre questo brutale oltraggio. Mettono infatti in discussione l'impegno del nostro esercito che all'estero si impegna in prima persona a combattere, in Iraq come altrove, l'odio islamista e danno spazio anche a chi siede in parlamento per fare distinguo imbarazzanti. "Martiri? Non saprei...", ha detto per esempio il piddì Emanuele Fiano pur riconoscendo che "la lotta contro l'Isis è una lotta giusta". Nulla a che fare con l'ennesimo delirio del missionario che in passato aveva proposto di dare il premio Nobel a Carola Rackete dopo che questa aveva speronato i nostri militari per portare (illegalmente) un manipolo di clandestini nel porto di Lampedusa. In quei giorni la capitana della Sea Watch 3 era, infatti, diventata l'eroina di democratici e talebani dell'immigrazione perché si era opposta fisicamente alle leggi volute da Matteo Salvini.


Per anni i muri della nostre città sono stati imbrattati dagli antagonisti e dai violenti dei centri sociali con la scritta "10, 100, 1.000 Nassiriya". E ancora oggi nelle manifestazioni targate sinistra vengono scanditi slogan violenti contro le forze dell'ordine. È nel loro dna. Tant'è che non mancano di dimostrarlo ogni volta che c'è da prendere di mira un poliziotto o un carabiniere. È il caso, per esempio, di chef Rubio che, dopo la morte di due agenti a Trieste, si è fiondato su Twitter a scrivere che erano "impreparati". O quando Roberto Saviano, sempre sui social, ha definito la polizia come il "servizio d'ordine" di Salvini. O ancora: tutte le volte che il piddì propone di mettere sui caschi un numero identificativo o vuole usare il "reato di tortura" per incastrarli. Eppure politici, gente dello spettacolo, radical chic e no global che sventolano in piazza e in parlamento le bandiere arcobaleno devono capire che la loro sicurezza è garantita dalle divise che mal sopportano o la loro libertà è permessa anche da quei soldati che, lontani dalle loro famiglie, combattono per garantirci un futuro tranquillo.





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esercito italiano
missioni all'estero







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Chef Rubio (Gabriele Rubini)
padre Alex Zanotelli
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Published on November 13, 2019 12:58

November 12, 2019

L'Occidente impazzito incapace di difendersi da se stesso

Andrea Indini




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non si sa difendere da se stesso
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Published on November 12, 2019 03:00

November 6, 2019

"Se tirano troppo la corda...". L'ira dei dem su Renzi e Di Maio

Andrea Indini




I continui scontri logorano i giallorossi: i sondaggi penalizzano Pd e M5s. E i dem adesso hanno paura: "Ogni giorno che passa è un voto in più a Salvini"


Due mesi di vita e il governo è già in un tunnel senza uscita. I protagonismi di Matteo Renzi e Luigi Di Maio, gli scontri (violentissimi) sulla manovra economica, il braccio di ferro sulla presidenza di Giuseppe Conte e soprattutto lo scossone della scottante sconfitta alle elezioni regionali in Umbria hanno messo a nudo la maggioranza giallorossa scatenando un uno contro tutti che non solo sta lacerando l'esecutivo ma che sta logorando tutti i partiti che ne fanno parte. E, mentre dall'Emilia Romagna arrivano sondaggi a dir poco allarmanti per la sinistra, Nicola Zingaretti ha convocato una riunione urgente con la delegazione di governo del Pd durante la quale sono emersi tutti i malumori nei confronti degli alleati.


"Dicevate che Salvini è un cretino. E invece, adesso si sta capendo tutto...". Parlando con Repubblica dell'esperienza con il Movimento 5 Stelle al governo e la chiusura dell'alleanza che ha segnato le cronache politiche della scorsa estate, il leghista Giancarlo Giorgetti spiega molto bene il pantano in cui è andato a invischiarsi il Partito democratico scendendo a patti con i Cinque Stelle. Negli ultimi due mesi i giallorossi non hanno fatto altro che litigare su tutto. Dall'emergenza immigrazione alle misure economiche, è stato un tutto contro tutti continuo. Tra i due litiganti, poi, si è messo pure Renzi che, oltre a drenare parlamentari ai dem, li sta pure puntellando sul territorio facendogli perdere consensi ovunque. "Quel che ha fatto Matteo (Salvini, ndr) in estate si sta rivelando un investimento sul futuro. Vedrete, vedrete...", commenta l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Che non si tira indietro dal dare un consiglio netto a Zingaretti: "Se fossi al posto di quelli del Pd, scapperei a gambe levate, me ne andrei all'opposizione". Per ora la sete di poltrone e i timori un nuovo flop elettorale, sta tenendo incollata la maggioranza. Ma al Nazareno, come scriveva già ieri sera Alessandro De Angelis sull'Huffington Post, qualcosa sta iniziando cambiare. "Se l’andazzo è questo - avrebbe detto Paola De Micheli durante una riunione a Fincantieri - ogni giorno che passa è un voto in più a Salvini".


All'incontro di questa mattina insieme a Zingaretti erano presenti anche il capo delegazione dem Dario Franceschini e i capigruppo di Camera e Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci. Sulla carta, come spiega l'agenzia Agi, l'incontro avrebbe dovuto essere l'occasione per fare il punto sulla manovra economica, ma fonti del Partito democratico hanno poi fatto trapelare che dal vertice è emersa una "forte esasperazione nei confronti degli atteggiamenti tenuti in queste ore da Renzi e Di Maio". "Se tirano troppo la corda - è stato il ragionamento durante la riunione - questa rischia di spezzarsi...". Il punto è che, negli ultimi giorni, il capo politico dei Cinque Stelle e il leader di Italia Viva si sono comportati come se fossero entrambi all'opposizione. Le liti sulla plastic tax, il braccio di ferro sul balzello sulle auto aziendali e, poi, il dossier Arcelor Mittal: ogni occasione è stata buona per scornarsi. E, mentre i sondaggi resigistravano flessioni continue sia per i Cinque Stelle sia per il Partito democratico, al Nazareno qualcuno ha iniziato a sventolar bandiera bianca. "Se andiamo avanti così, si va a sbattere", hanno fatto presente in molti a Zingaretti suggerendogli, senza troppi giri di parole, di staccare la spina al Conte bis. "Se la logica è 'ognuno fa come diavolo gli pare' - hanno confidato all'HuffPost gli uomini di Zingaretti - facciamo capire che anche noi ci siamo stufati...".


Per il momento, però, il governo (per quanto perennemente appeso a un filo) non sembra per nulla in bilico. Troppi interessi di bottega sembrano spingere i leader dei partiti, che siedono al tavolo con Conte, ad evitare qualsiasi crisi politica. "Se qualcuno pensa di andare a votare dopo una manovra gestita male è da Tso", ha messo le mani avanti Roberto Speranza dopo l'ultimo Consiglio dei ministri. "Questa operazione - ha detto - ha senso se dura tre anni, altrimenti, se ci spaventiamo alla prima curva, era meglio andarci a settembre". Intanto l'ultimo sondaggio realizzato da Ixè per la trasmissione Cartabianca inchioda il Pd al 20% e i Cinque Stelle al 17%, mentre il centrodestra sfiora il 50% dei consensi con la Lega che guida le danze oltre il 32% dei voti. Un avviso di sfratto che Zingaretti ora vuole provare a gestire al meglio per perdere meno scranni possibile.





Tag: 

Partito democratico (Pd)







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Nicola Zingaretti
Luigi Di Maio
Matteo Renzi
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Published on November 06, 2019 02:58

November 2, 2019

Macron sfida ancora l'Italia: ci rimanda indietro un tir pieno di migranti

Andrea Indini




I clandestini beccati vicino a Nizza e subito rimpatriati in Italia. Salvini accusa il governo Conte: "È complice o incapace?"


I clandestini, la gendarmerie li ha pizzicati a pochi chilometri da Nizza. Erano tutti e trentuno stipati su un camion che stava viaggiando su un'autostrada nel sud-est della Francia. Dopo essere stati fermati durante un controllo di routine, i pachistani sono stati portati nel nostro Paese mentre l'autista è stato arrestato e portato a Mentone. Un'azione che, pur seguendo le procedure di non ammissione che sono entrate in vigore nel 2015 dopo la chiusura dei valichi con l'Italia, ha scatenato l'ira della Lega. "Altro che Orbàn, è l'europeista Macron a confermarsi spietato", ha lamentato Matteo Salvini accusando il governo Conte di essere "complice" dei francesi o "incapace" a gestire l'emergenza immigrazione.


Dal 2015, con la scusa dell'emergenza terrorismo, il governo francese ha sospeso gli accordi di Schengen e ha iniziato a pattugliare tutti i confini e i valichi con l'Italia. Come già documentato la scorsa estate in un reportage del Giornale.it, il limite dei due anni imposto dai trattati è stato ampiamente aggirato. E così non passa giorno senza che la gendarmerie non batta a tappeto i treni provenienti dall'Italia in cerca di clandestini o le autostrade del sud del Paese per fermare i passeur. E così, una volta che i migranti vengono pizzicati senza il permesso di soggiorno, vengono immediatamente caricati su un furgone, trasferiti al confine e consegnati alle autorità italiane per essere rimpatriati (guarda il video). Così è successo anche ieri, come annunciato dal procuratore di Nizza, quando durante un controllo su un'autostrada nel sud-est della Francia, a qualche chilometro dal confine italiano, trentun pachistani sono stati trovati dentro a un camion.


[[video 1727790]]


"Tra gli occupanti del camion - ha fatto sapere il procuratore di Nizza - c'erano tre adolescenti di circa 15 anni ma senza famiglia". Senza pensarci troppo, i francesi hanno consegnati i trentun pachistani alle autorità italiane. "Abbiamo agito sulla base della procedura di non ammissione in vigore dal ripristino del controllo di frontiera nel novembre 2015", ha dichiarato la prefettura francese ricordando che questo tipo di procedura si applica quando il controllo avviene in uno dei cosiddetti "valichi autorizzati". Una sorta di frontiera virtuale che permette agli agenti di fermare tutti gli irregolari, indipendentemente dall'età. Peccato che, come ricorda il vice presidente del Senato Roberto Calderoli, la decisione di sospendere gli accordi di Schengen e di ripristinare i controlli alla frontiera sia stata unilaterale. "Questa è l'Europa a cui siamo inchinati - tuona il leghista - veniamo trattati da repubblica delle banane e ci trattano come se fossimo un centro di raccolta di clandestini a cielo aperto".


Ora l'ufficio del procuratore di Nizza si ripromette di mettersi al lavoro per rintracciare la rete di trafficanti che ha permesso ai trentun pachistani di arrivare fino a pochi chilometri da Nizza. La realtà, però, è che il loro unico scopo è di respingere il maggior numero di stranieri possibile. Tanto che la stessa prefettura delle Alpi Marittime ha rivendicato "l'efficacia delle misure per combattere l'immigrazione clandestina, che opera 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana", per rimandare i clandestini nel Belpaese. Anche quelli che, come dimostrato dal Giornale.it, vengono beccati a centinaia di chilometri dal confine italiano (guarda il video). E gli stratagemmi usati dalla gendarmerie, su impuslo del governo francese, sono molteplici. Tra questi anche la falsificazione dei documenti. Eppure, nonostante le continue denunce, l'Unione europea, che tanto si è spesa contro i porti chiusi dell'Italia e i respingimenti dell'Ungheria, non ha mai mosso un dito per contrastare il pugno duro di Emmanuel Macron.


[[video 1729354]]





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immigrazione
Francia
respingimenti







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Emmanuel Macron
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Published on November 02, 2019 10:01

Quel piano dei pasdaran Pd che renderà l'Italia meno sicura

Andrea Indini




Maggioranza in fibrillazione sul nodo immigrazione. Gli ultrà dell'accoglienza vanno all'attacco. Il Pd vuole lo stralcio dei dl Sicurezza e del memorandum sulla Libia


Mentre continua il braccio di ferro sulla manovra economica, il governo ha un'altra gatta da pelare, ovvero il memorandum sulla Libia. La volontà dell'esecutivo, come spiegato in aula dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è di modificarne i contenuti. Ma in maggioranza non mancano i malpancisti che - oltre a rivedere il patto firmato nel 2017 dall'allora ministro dell'Interno Marco Minniti con le tribù libiche - vogliono cancellare con un tratto di penna i due decreti Sicurezza, simbolo del Viminale leghista. In prima linea è scesa anche Laura Boldrini che, in una intervista a Repubblica, ha minacciato il governo che non voterà il rifinanziamento della Guardia costiera libica, se l'intesa con Tripoli non verrà modificata "radicalmente".


Il fronte è caldissimo. A preoccupare maggiormente il premier Giuseppe Conte è il Memorandum con Tripoli. L'ala più oltranzista dell'esecutivo è pronta a dare battaglia affinché venga modificato "radicalmente". Nelle ultime ore è scesa in campo la Boldrini che ha appunto minacciato di non votare il rifinanziamento della Guardia costiera libica. Per l'ex presidente della Camera, oggi deputata del Partito democratico, l'intesa "non va" perché "non tiene conto di quanto successo nel frattempo". Sventolando i recenti rapporti dell'Onu, accusa il Paese nordafricano di non rispettare i diritti umani e i centri di detenzione di praticare la tortura. "Inoltre - continua - c'è una guerra civile e alcuni membri della Guardia costiera risultano collusi con i trafficanti di uomini. Il quadro di accordi va quindi radicalmente cambiato".


Quello di cui la Boldrini non tiene conto è che l'Italia rischia grosso a stralciare il memorandum. Una presa di posizione così netta lascerebbe uno spazio vuoto a Tripoli con il presidente Fayez Al Sarraj subito pronto a cercare altri partner. E il presidente francese Emmanuel Macron è in pole position per prendere il posto del governo italiano che oggi sostiene le forze governative libiche anche con 300 soldati presenti a Misurata e con un rapporto che permette a Roma di avere l'unica ambasciata di un Paese occidentale operativa a Tripoli. Per l'ex presidente della Camera, come per tutti gli ultrà dell'accoglienza, ora il premier Giuseppe Conte "deve fare sul serio". La parola d'ordine è svuotare i centri di detenzione dove attualmente sono ospitati circa 5mila migranti. "Bisogna organizzare l'evacuazione umanitaria di queste persone verso altri Paesi", conclude la Boldrini che vorrebbe anche togliere alla Guardia costiera libica il ruolo di coordinamento dei soccorsi. Il combinato delle misure, però, porterebbe una nuova ondata di partenze dalle coste libiche e una conseguente recrudescenza degli sbarchi di clandestini nei nostri porti.


Presto i nodi dovranno venire al pettine. Fonti parlamentari fanno sapere all'agenzia LaPresse che già nei prossimi giorni i dem chiederanno l'abolizione, o quantomeno la modifica, dei decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini. "Un punto che - sottolineano - è stabilito nel programma di governo". L'accelerata, però, sarebbe stata decisa nelle stanze del Partito democratico sia come vendetta alla chiusura di Luigi Di Maio all'alleanza in Emilia Romagna sia per spostare il baricentro dell'esecutivo più a sinistra. "Non rassegniamoci alla barbarie", fa eco anche Matteo Orfini chiedendo, oltre alla cancellazione dei decreti Salvini, anche il ripristino delle missioni di salvataggio in mare e l'interruzione immediata di qualsiasi collaborazione con la Guardia costiera libica. In questa battaglia i piddini potrebbero trovare la sponda del partito di Matteo Renzi, Italia viva, e sarebbe la prima volta dopo la scissione. Il tutto nel segno della discontinuità e dell'anti salvinismo.





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immigrazione
Partito democratico (Pd)







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Laura Boldrini
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Published on November 02, 2019 02:59

October 31, 2019

October 28, 2019

October 23, 2019

Ecco cosa c'è dietro il volto di Joker nelle proteste che bruciano il mondo

Andrea Indini




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nelle proteste di tutto il mondo
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Published on October 23, 2019 01:32

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Andrea Indini
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