Andrea Indini's Blog, page 58
April 20, 2021
Lavoretti, evasori, sfigatissimi: l'odio rosso per l'Italia in ginocchio
 Commercianti, ristoratori, partite Iva con l'acqua alla gola devono pure subire il processo della sinistra snob che li vede solo come evasori e che vorrebbe persino tassarli di più
Commercianti, ristoratori, partite Iva con l'acqua alla gola devono pure subire il processo della sinistra snob che li vede solo come evasori e che vorrebbe persino tassarli di più
  April 16, 2021
La priorità di Letta: riaprire l'Italia... agli immigrati
 Prima la battaglia per lo ius soli, poi l'assist all'Ong sagnola Open Arms: il segretario Pd dimentica gli italiani in ginocchio e sposa la crociata dei porti aperti
Prima la battaglia per lo ius soli, poi l'assist all'Ong sagnola Open Arms: il segretario Pd dimentica gli italiani in ginocchio e sposa la crociata dei porti aperti
  April 13, 2021
Niente contanti per riaprire. "Vi dico perché è ridicolo"
 Il Cts vuole vietare l'uso dei contanti in bar e ristoranti. Bassetti: "Non ha alcun senso". E c'è chi intravede dietro un'operazione antievasione
Il Cts vuole vietare l'uso dei contanti in bar e ristoranti. Bassetti: "Non ha alcun senso". E c'è chi intravede dietro un'operazione antievasione
  April 10, 2021
Smontati gli ultrà dei migranti Crolla il diktat dei 'porti aperti'
 La richiesta di archiviazione è un doppio schiaffo: ai talebani dell'immigrazione, che vogliono tenere i porti sempre aperti, e agli ex alleati grillini (da Conte a Toninelli) che sono corsi a scaricare Salvini
La richiesta di archiviazione è un doppio schiaffo: ai talebani dell'immigrazione, che vogliono tenere i porti sempre aperti, e agli ex alleati grillini (da Conte a Toninelli) che sono corsi a scaricare Salvini
  Smontati gli ultrà dei migranti. Crolla il diktat dei porti aperti
 
 La richiesta di archiviazione è un doppio schiaffo: ai talebani dell'immigrazione, che vogliono tenere i porti sempre aperti, e agli ex alleati grillini (da Conte a Toninelli) che sono corsi a scaricare Salvini
"La difesa della patria è un sacro dovere e io ritengo di aver difeso la mia patria. Non chiedo un premio per questo ma se ci deve essere un processo che ci sia. In quell'aula non andrò a difendermi ma a rivendicare quello che, non da solo, ma collegialmente abbiamo fatto". Quando l'11 febbraio del 2020 Palazzo Madama stava per votargli contro e mandarlo a processo, Matteo Salvini aveva guardato in faccia gli ultrà dell'accoglienza e aveva rivendicato ogni singola decisione presa al Viminale in tema di contrasto all'immigrazione clandestina. Anche quella che lo ha portato a tener a bordo della nave militare Gregoretti 131 extracomunitari per quattro giorni prima di permetter loro di sbarcare nel porto di Augusta. 152 senatori si erano schierati contro il leader leghista sognando di vederlo condannato per sequestro di persona. "C'è bisogno di una cavia? Eccomi", gli aveva tenuto testa lui. E, dopo aver detto ai suoi di non votare contro il processo, si era preparato a far valere le proprie ragioni davanti alla procura di Catania. Ragioni che oggi il pm Andrea Bonomo ha riconosciuto portandolo a chiedere, davanti al gup Nunzio Sarpietro, il "non luogo a procedere" nei confronti dell'ex ministro dell'Interno.
"Non fu sequestro di persona". Il pm Bonomo lo ha scandito senza tentennamenti durante l'udienza preliminare che questa mattina si è tenuta nell'aula bunker di Catania. Secondo la sua ricostruzione, Salvini "non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali" dal momento che le sue scelte erano "condivise dal governo". Come si legge nella richiesta di archiviazione, la procura di Catania ha spiegato che "l'attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà" visto anche che le "limitazioni sono proseguite nell'hot spot di Pozzallo" che, come ha fatto notare l'avvocato Giulia Bongiorno all'agenzia ItalPress, non è certo "un albergo a cinque stelle". "Se mettiamo a confronto il verbale di ispezione della nave Gregoretti e il verbale di ispezione dell'hotspot - ha commentato a margine dell'udienza - non è che siano molto diversi...". Non solo. Sulla nave sono stati sempre "garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità" e "lo sbarco immediato di malati e minorenni". Per tutti gli altri, invece, il ministero dell'Interno si è preso il tempo necessario per organizzare l'accoglienza degli immigrati. Per il pm Bonomo non esiste "l'obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato". Questo perché, come ha spiegato la Bongiorno, le norme non prevedono tempistiche determinate, ma soltanto "il tempo necessario". "C'è l'obbligo di soccorso - specifica - ma per lo sbarco c'è flessibilità". Flessibilità riconosciuta anche dalle stesse convenzioni internazionali. Quei tre giorni, insomma, non furono un blocco navale, ma il tempo necessario a "ottenere una ridistribuzione in sede europea" dei clandestini che si trovavano a bordo della Gregoretti.
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La richiesta di archiviazione da una parte fa crollare il diktat dei "porti aperti" propugnato dai talebani dell'immigrazione , dall'altra smaschera tutte le bugie dell'ex premier Giuseppe Conte e degli ex ministri pentastellati che sono corsi a scaricare Salvini. Un duplice schiaffo che fa piazza pulita del castello di accuse montato non appena il leader del Carroccio si è insediato al Viminale e ha deciso di contrastare gli sbarchi e l'immigrazione clandestina. Se però i primi (gli ultrà dell'accoglienza) sono sempre stati "coerenti" nel condannare Salvini, gli ex alleati grillini (da Luigi Di Maio a Danilo Toninelli) hanno fatto una retromarcia senza precedenti: prima lo hanno appoggiato, poi hanno fatto finta di non saperne nulla. Peccato che, come ha sottolineato la Bongiorno, il Conte bis non ha cambiato il modus operandi del Conte I, ovvero "prima la redistribuzione, poi lo sbarco". È stato così, per esempio, per la Ocean Viking, la Alan Kurdi, la Aita Mari e la Open Arms. Anche in tutti questi casi sempre trascorsi dai tre ai dieci giorni dalla richiesta del Pos allo sbarco. Il voltafaccia di Conte e dei Cinque Stelle non si può, quindi, spiegare se non come un attacco politico al leader leghista che nel frattempo era passato all'opposizione.
Al di là del valore giuridico la richiesta del pm ha un valore anche giuridico. Perché oltre alla resa del fronte grillino, che crolla sotto le sue stesse bugie, il "non luogo a procedere" avanzato dalla procura di Catania smonta (finalmente) l'automatismo del porto aperto per qualsiasi nave carica di clandestini che punta dritta all'Italia. Un automatismo che per anni ha trasformato il nostro Paese nel campo profughi d'Europa. "Sentire dire la pubblica accusa che ho rispettato le norme italiane e internazionali, ho salvato vite e fatto il mio mestiere e non commesso alcun reato, mi ripaga di mesi e mesi di amarezze", ha commentato il leader della Lega uscendo dall'aula bunker. "Torno tranquillo dai miei figli e spero che il 14 maggio si chiuda tutto".
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Tag: caso Gregoretti Persone: Matteo SalviniApril 9, 2021
"I generali restino in caserma" Murgia spara ancora sui soldati
 Il lockdown, i morti a decine di migliaia e l'economia devastata. Per la Murgia non siamo in guerra e vorrebbe relegare i militari in caserma
Il lockdown, i morti a decine di migliaia e l'economia devastata. Per la Murgia non siamo in guerra e vorrebbe relegare i militari in caserma
  "I generali restino in caserma" La Murgia spara ancora sui militari
 
 Il lockdown, i morti a decine di migliaia e l'economia devastata. Per la Murgia non siamo in guerra e vorrebbe relegare i militari in caserma
"Sono incazzatissima". Michela Murgia non fa mea culpa. Le sfugge la gravità delle dichiarazioni rilasciate, qualche sera fa nel salotto di Giovanni Floris, sul generale Francesco Paolo Figliuolo. "Gli unici uomini che ho visto in divisa davanti alle telecamere che non fossero poliziotti che stavano dichiarando un arresto importante - ha detto a DiMartedì - sono i dittatori negli altri Paesi". Ne è scaturita un'ovvia polemica. Ma la scrittrice, anziché ripensarci su e analizzare quanto detto, eccola rilanciare con un'intervista alla Stampa in cui non solo conferma le proprie opinioni sui nostri militari ("I generali lasciamoli in caserma a fare quel che devono fare, la Difesa") ma tira anche il ballo le destre brutte e cattive accusandole di voler "chiudere la bocca a una scrittrice che fa il suo lavoro".
Si trincera dietro alle parole, la Murgia. Le usa per dire che quello che non le piace è il "linguaggio da guerra", un linguaggio non la rasserena, ma la verità è che la infastidisce vedere una divisa in prima linea. "È un forte atto simbolico", spiega. E questo traspare in modo viscerale dalle sue parole. Dichiarazioni che non sono poi così lontane da quel sentimento d'odio nei confronti dei nostri militari che serpeggia tra le frange più radicali della sinistra (anche di quella che siede comodamente sugli scranni del parlamento). Dal "fastidio" per le divise agli slogan "10, 100, 1000 Nassirya", poi, il passo è davvero breve. Per questo certi paragoni non sono ammissibili. Accostare a figure sanguinarie, che hanno portato avanti dittature militari da condannare senza se e senza ma, un soldato che sta cercando di vincere una guerra (piaccia o no alla Murgia, quella contro il coronavirus è una guerra) che fino a oggi i politici e soprattutto i tecnici hanno dato prova di non essere in grado di affrontare con successo. Se, infatti, il generale Figliuolo è lì dove si trova oggi, è perché il premier Mario Draghi, visti i disastri combinati dall'ex commissario all'emergenza Domenico Arcuri, ha preferito affidare l'incarico (non facile) a una figura che per formazione ed esperienza sa cosa significa combattere in prima linea, prendere decisioni difficili e organizzare una difesa (in questo caso sanitaria) di un Paese messo in ginocchio. Come ci spiegava, solamente qualche settimana fa, proprio un militare assunto prima da Amazon e oggi in Arabia Saudita: "La scelta di mettere un Generale a capo di questa situazione è, a parer mio, da ricercare nel fatto che i militari sono più abituati a gestire situazioni di emergenza sotto un alto livello di stress. Questa per l’Italia è sicuramente una situazione di grande emergenza ed inoltre Figliuolo, ha dimostrato brillantemente di saper gestire una realtà logistica complessa a capo del Comando Logistico dell’Esercito".
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La Murgia tollera appena che i militari restino confinati nelle missioni all'estero e nelle emergenze di protezione civile. Non è disposta a concedere altro. "Se uno Stato si affida ai militari per delle funzioni civili - spiega nell'intervista alla Stampa - significa che dichiara fallimento". "E - continua poi - quando sento tanti che si dicono più rassicurati da un generale, vuol dire che hanno talmente poca fiducia nella politica, che per loro chiunque è meglio, anche un militare". Che la politica abbia fallito, lo dimostrano i numeri. Non solo dei morti da coronavirus, percentualmente più alti rispetto alla media mondiale. I pasticci fatti con le mascherine, il primo piano fallimentare per la vaccinazione di massa, la raffica di ordinanze per chiudere e riaprire, i banchi a rotelle. Ma davvero dobbiamo elencare tutti gli sfaceli del Conte bis per ricordare alla Murgia che non è andato tutto bene? Ma davvero è già tutta acqua passata? Per l'incompetenza di alcuni sono state aperte inchieste su cui i magistrati stanno cercando di vederci chiaro. Per l'avventatezza di certe dichiarazioni molti italiani si sono ammalati e sono morti. Per i ritardi che si sono accomulati tra le innumerevoli task force tanto care all'ex premier Giuseppe Conte in alcune zone d'Italia più che di pandemia bisogna parlare di ecatombe. Ma davvero la Murgia non ricorda la carovana dei camion dell'esercito che, stracarichi di bare che i forni crematori non stavano più dietro a smaltire, attraversavano il centro di Bergamo? Eppure è successo appena un anno fa. Anche allora non la rassicurava vedere in giro le mimetiche dei nostri militari?
La Murgia non vuole sentire parlare di guerra. "Sono incazzatissima - tuona - io dico cose ovvie. Non si affida a un generale la gestione di cose civili, quali le vaccinazioni. Non mi risulta che sia successo in nessun altro Paese d'Europa o forse del mondo. Per questo ho usato il riferimento alla dittatura, ovvero quando i militari subentrano alla politica". Ma davvero non siamo in guerra? La Murgia, forse, farebbe bene a guardarsi intorno. Certo, non c'è alcun conflitto con uno Stato nemico, eppure un virus invisibile è riuscito a piegare il mondo intero. Certo, non ci sono palazzi devastati dai bombardamenti, ma ci sono negozi sventrati dalla crisi economica. E le code di decine di metri alla Caritas o al Pane Quotidiano sono le stesse che vedremmo durante una guerra. E i decessi? Nessuno piange famigliari uccisi al fronte. Ma, come per quelli non c'è un corpo su cui disperarsi, per i morti di Covid non c'è la possibilità di un ultimo saluto prima che vengano inghiottiti dalle terapie intensive.
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La prima risposta che lo Stato ha saputo dare, ai primi di marzo dell'anno scorso, è stato chiudere tutto. Lockdown, esattamente come in guerra. Ma si è fermato lì. I governo Conte non si è poi comportato come se ci fosse un nemico da battere. E così ha perso trasformando l'emergenza del primo mese in uno stato di endemica insicurezza che ha devastato l'intero Paese. All'estero chi ne è uscito prima di tutti ha preso decisioni fuori dal comune. L'Italia ci è arrivata soltanto ora. E l'auspicio è che riesca a fare ora quello che i giallorossi hanno "toppato". Per il resto, se alla Murgia danno tanto fastidio le divise ("Se avessimo per premier un medico, e quello si presentasse con il camice bianco, direi lo stesso") se ne faccia una ragione e volti lo sguardo altrove. Perché alla stragrande maggioranza degli italiani sta bene se un oncologo usa "termini bellicistici". Magari non si sentiranno rasserenati, ma quello che gli interessa, se hanno "a che fare con un cancro", non è certo la "terminologia che ti sbatte in trincea" ma la competenza di chi può farti vincere la battaglia. E il curriculum di Figliuolo parla chiaro. La Murgia lo lasci in pace. E, anziché pensare alla "forzatura del sintagma", si auguri con tutti noi che questa guerra venga finalmente vinta.
Speciale: Coronavirus focus Persone: Michela MurgiaApril 8, 2021
I 4 motivi per cui il "sofagate" è (anche) colpa dei 2 leader Ue
 L'arroganza di Erdogan, il radicalismo islamico, l'impotenza di Michel e la debolezza dell'Unione europea. Quella "sedia mancante" dice molto sullo stato di salute dell'Europa
L'arroganza di Erdogan, il radicalismo islamico, l'impotenza di Michel e la debolezza dell'Unione europea. Quella "sedia mancante" dice molto sullo stato di salute dell'Europa
  Ecco 4 motivi per cui il "sofagate" è molto più di uno sgarbo diplomatico
 
 L'arroganza di Erdogan, il radicalismo islamico, l'impotenza di Michel e la debolezza dell'Unione europea. Quella "sedia mancante" dice molto sullo stato di salute dell'Europa
L'imbarazzo. Dev'essere serpeggiato ovunque. Solo dopo ha lasciato spazio all'irritazione. Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Ue e quindi rappresentate di ogni singolo Stato del Vecchio Continente alla corte del Sultano, mollata in piedi senza una sedia su cui accomodarsi. Le hanno riservato un sofà, qualche metro più in là, a debita distanza dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che, senza batter ciglio, si godeva la scena studiata a tavolino per infierire sulla debole Unione europea e per ribadire non solo che in quella stanza comanda lui ma soprattutto che tra le due controparti è lui ad essere quello forte. Una forza che gli deriva dai successi ottenuti sul campo, nella lotta allo Stato islamico nella Siria martoriata, nell'ingerenza strategica sul territorio libico devastato dalle lotte clandestine e nella gestione della bomba migratoria alle porte dell'Europa.
La Von der Leyen non ha battuto ciglio: ha incassato e si è seduta, relegata sul sofà. Le proteste sono arrivate dopo, attraverso un comunicato stampa, quando ormai era troppo tardi. "La presidente era chiaramente sorpresa - ha provato poi a spiegare il portavoce della Commissione, Erica Mamer - ha preferito dare la priorità alla sostanza piuttosto che alle questioni di protocollo o di forma, e questo è certamente ciò che i cittadini dell'Unione europea si aspettavano da lei". In realtà, nel vedere quelle immagini lì (guarda il video), la stragrande maggioranza deve aver pensato che la presidente della Commissione europea avrebbe dovuto opporsi, magari andarsene, anziché ingoiare il rospo e tacere dimostrando, ancora una volta, la sottomissione dell'Unione europea ai capricci del Sultano. Sottomissione resa ancora più plastica dall'impassibilità del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che si è accomodato senza farsi troppi poroblemi alla destra di Erdogan. Tanto più che, nelle goffe scuse pubblicate qualche ora dopo, ha dimostrato di non aver compreso a fondo la gravità del fatto. "Sono rattristato - ha scritto infatti - perché questa situazione ha messo in ombra l'importante e benefico lavoro geopolitico che abbiamo svolto insieme ad Ankara e di cui spero che l'Europa raccolga i frutti". Ma è possibile raccogliere frutti con chi non ti rispetta? Quanto accaduto ad Ankara travalica, infatti, i confini dello "sgarbo diplomatico". È molto più grave soprattutto se si considera il fatto che in futuro potrebbe ripetersi in altri contesti diplomatici e questo per ben quattro motivi.
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L'aggressività islamista di ErdoganSe inizialmente il suo obiettivo era avvicinare la Turchia all'Unione europea, da un po' di anni a questa parte il suo orizzonte è cambiato diametralmente. Il nazionalismo, bussola della sua politica interna ed esterna, sta portando il Paese nelle braccia del radicalismo islamico. La dimostrazione più efficace di questa strategia è stata la riconversione di Santa Sofia in moschea. Senza dimenticare il modo in cui Ankara finanzia buona parte dell'islamismo radicale in Europa. L'aggressività con cui si muove Erdogan non è poi così dissimile dall'uso che fa dei migranti, rinchiusi nei tanti campi profughi aperti sul suolo turco, per ricattare Bruxelles e ottenere sempre più soldi. Anche l'interventismo nello scacchiere mondiale è figlio di questa strategia: non solo nella vicina Siria dove, dopo aver tacitamente spalleggiato le forza islamiste anti Assad, è sceso in campo contro le milizie dello Stato islamico anche per cogliere l'occasione per far carne da macello dei combattenti curdi, ma anche nella più lontana Libia dove, insieme al presidente russo Vladimir Putin, è riuscito a spezzare l'influenza europea su Tripoli e Bengasi.
La visione islamista della donnaIl secondo motivo, sempre connesso alla Turchia, è la visione che l'islam più radicale ha della donna. È anche vero, come ha notato Lorenzo Vista su InsideOver, che in passato il presidente turco aveva accolto altre leader donna come Angela Merkel o Theresa May, ma non si può non considerare i passi indietro recenti sul tema. Non più di due settimane fa Erdogan aveva deciso di ritirare il proprio Paese dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne. Quello strappo non era piaciuto alla Von der Leyen che aveva commentato: "Sono profondamente preoccupata per il fatto che la Turchia si sia ritirata dalla Convenzione di Istanbul. Si tratta di proteggere le donne e i bambini dalla violenza. E questo è chiaramente un segnale sbagliato in questo momento". Al di là delle dichiarazioni di pancia l'Ue finge quotidianamente che il problema non esista: non solo nei rapporti diplomatici con la Turchia o con altri Paesi che calpestano dichiaratamente i diritti della donne, ma con le comunità islamiche più radicali che vivono nel Vecchio Continente.
Il grave silenzio di MichelIl terzo motivo, forse il più grave, è la figura del presidente del Consiglio europeo. Che non si è scomposto quando la Von der Leyen è stata relegata a quattro metri di distanza da lui, di fronte al ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu che, stando al protocollo diplomatico, ha uno status inferiore. Anche Michel, a ben vedere, viene dopo per gerarchia alla presidente della Commissione europea. Fosse anche solo per questo avrebbe dovuto far il gesto di cedere il posto che Erdogan aveva pensato per lui. "In quel momento, pur percependo la natura deplorevole della situazione - si è poi giustificato - abbiamo scelto di non peggiorarla con un incidente pubblico". Eppure sarà stato chiaro anche a lui che quel "teatrino" era stato ordito ad hoc per metterli in difficoltà. Una sorta di prova di forza per stabilire che non solo in quella stanza a dettare le regole era lui, il Sultano. È così, dunque, che l'Europa intende rapportarsi nei confronti della Turchia?
Così l'Ue non difende i propri valoriIl quarto motivo va cercato in seno all'Unione europea. Sulla carta la presenza di Von der Leyen e Michel doveva mostrare tutta la forza dell'Unione, ma allo stesso tipo ha creato le condizioni per non riuscire a parlare con una voce unica, come leader politici di spessore. Non solo. Non importa quanto a livello comunitario si faccia per difendere i nostri valori, se non appena mettiamo il naso fuori restiamo impassibili dinnanzi a chi li calpesta. Si perde continuamente tempo dietro a battaglie futuli dettate dal politically correct e si perde via via di vista la difesa di quanto abbiamo di più caro: la nostra cultura. La Von der Leyen è stata trattata così non solo perché critica nei confronti delle politiche del Sultano, ma anche (e soprattutto) perché donna e per di più infedele. Se Michel avesse ceduto il proprio posto, avrebbe rimarcato con forza che certi valori non si discutono. Se entrambi i presidenti europei avessero lasciato quella stanza, avrebbero dimostrato al Sultano che l'Europa non può trattare con chi non la rispetta. Il punto è questo: vale di più quello in cui crediamo o la ragion politica?
Persone: Ursula von der Leyen Recep Tayyip ErdoganApril 6, 2021
La verità sui contagi? Stessi malati pre stretta
 La chiusura delle classi non ha influito positivamente sulla curva dei contagi. Bassetti: "Il problema non è lì". Ecco cosa dicono i numeri
La chiusura delle classi non ha influito positivamente sulla curva dei contagi. Bassetti: "Il problema non è lì". Ecco cosa dicono i numeri
  Andrea Indini's Blog
 


