Marco Manicardi's Blog, page 86

December 14, 2015

Penne incazzate

Il lunedì, nel posto in cui vado a mangiare in pausa pranzo, io sono un abitudinario, ordino sempre le penne all’arrabbiata. Da circa un anno, cioè da quella volta che mi è scappato detto che mi piace molto mangiare piccante, si è instaurata questa tacita sfida tra il cuoco e le mie papille gustative, per cui, ogni lunedì che passa, lui, il cuoco, aumenta di un pochino il piccare delle penne, che adesso più che all’arrabbiata sono diventate incazzate, quasi incazzatissime. Devo dire che siamo arrivati al limite, e se non è il prossimo lunedì, sarà quello dopo, cioè il primo disponibile nell’anno nuovo, a vedermi alzare bandiera bianca, quando mi tirerò su dalla sedia e andrò direttamente in cucina col duplice obiettivo di riconsegnare il piatto pieno al cuoco e stendergli la mano celebrando così la sua vittoria culinaria e la resa delle mie papille.

Comunque, oggi, bisogna ammetterlo, mi è andato via quell’accenno di raffreddore che sentivo arrivare da quando mi sono svegliato.

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Published on December 14, 2015 04:40

December 11, 2015

Una nuova speranza

Ho prenotato un posto in prima fila e in prima serata per Star Wars, mercoledì prossimo. O meglio, non ho prenotato io, che col bimbo piccolo e tutte le cose che ultimamente si succedono nella mia vita non avevo ancora avuto modo di organizzarmi e stavo quasi per perdere il treno, così ci ha pensato mio cognato, Francesco, che ha diciassette anni e mi ha detto «Ma vieni con noi!», intendendo con lui e i suoi amici, e aggiungendomi seduta stante a un gruppetto di Whatsapp intitolato “Star Wars”.

In quel gruppetto di Whatsapp intitolato “Star Wars” e popolato da diciassettenni iperconnessi ho notato e capito due cose, che vado qui a elencare:



I diciassettenni usano Whatsapp come fosse un loro organo di comunicazione primario, tipo la bocca, gli occhi o le mani. Nello specifico, l’organizzatore della prenotazione, che qui chiameremo Jackson, includeva ed escludeva continuamente altre persone nel e dal gruppo. Includeva chi pensava potesse essere interessato, e subito escludeva i titubanti e quelli che per cause di forza maggiore (esempio una verifica di matematica il giorno dopo) non avrebbero potuto presenziare all’evento. Questa cosa di aggiungi e togli con frenesia è andata avanti per qualche ora, quando siamo rimasti in cinque, piccolo manipolo di intrepidi superstiti disposti a sedersi in prima fila nella proiezione delle 20. Tutti diciassettenni più il sottoscritto, trentaseienne. Sono sincero: non vedo l’ora che venga mercoledì.
I diciassettenni, forse coadiuvati dal completamento automatico delle parole negli smartphone moderni, devo dire che scrivono in un italiano molto (ma molto molto molto) più corretto di quanto facciano i trentenni su facebook. E questa cosa mi fa sentire bene.
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Published on December 11, 2015 04:55

December 2, 2015

Natasha

Una delle mie paure ricorrenti è che dopo avermi fatto per cinque minuti «meow, meow» davanti alla ciotola vuota, e io, preso da compassione, gliel’ho riempita con una nuova razione di crocchini, la mia gatta, Natasha, si giri verso di me e guardandomi negli occhi compiaciuta mi dica: «Grazie!»


Ci sono qualità vocali peculiari agli uomini, e qualità vocali peculiari agli animali; ed è terribile riconoscere le une in qualcosa che dovrebbe produrre le altre.


(H.P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu, 1928)

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Published on December 02, 2015 04:54

November 26, 2015

Sulla ragione

L’altro giorno, sul socialcoso dove stanno tutti, facevo un rapido bilancio di questi primi sette mesi, quasi otto. Dicevo che, adesso, Guido fa essenzialmente quello che gli pare e che noi siamo completamente in sua balìa. Conclusione: Guido, a sette mesi, quasi otto, è un gatto.

Dopo, sempre sul socialcoso dove stiamo tutti, mi ha contattato la mia amica kumquat, che mi ha detto, a proposito di quella cosa di Guido che era fondamentalmente un gatto, che lei ultimamente stava notando numerose similitudini tra la nipote di dieci mesi e la canetta di quattro mesi, e che «quindi forse le fasi evolutive dei nani passano da gatto a cane».

E mi è venuto da pensare che questa cosa dell’evoluzione umana che passa da uno stato felino a uno canino dev’essere un po’ colpa del progressivo aumento della ragione, che ci istupidisce.

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Published on November 26, 2015 04:43

November 18, 2015

4 novembre 2014

niente, qua oggi c’è una puzza, ma una puzza che pare che s


(trovato nelle bozze di Gmail)

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Published on November 18, 2015 08:11

November 11, 2015

Della massima importanza

L’unica cosa che mi abbia mai detto il vecchio signore al bar nel tavolino di fianco al mio, dopo un paio d’anni di colazioni quotidiane gomito a gomito, ognuno a testa bassa perso nelle proprie letture, io di Tenera è la notte sul Kindle, lui sulle pagine calcistiche della Gazzetta dello Sport, è stata, oggi, cercando il mio sguardo con una sicurezza innaturale, questa: «io davvero non capisco come mai i piccioni fanno la cacca bianca sulle macchine nere, e la cacca nera sulle macchine bianche.»

Sono ancora qui che ci penso.

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Published on November 11, 2015 04:36

November 4, 2015

Tutto ok

Stamattina prima di uscire ho dato un bacino a Caterina. Poi ho dato un bacino a Guido. Lui si è svegliato, ha aperto gli occhietti, mi ha sorriso e ha scoreggiato.

Sono venuto a lavorare saltellando.

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Published on November 04, 2015 04:37

September 30, 2015

Cliché

Stamattina siamo andati in banca (ero con la Caterina e Guido, Guido è nostro figlio) per fare una cosa un po’ onerosa, e ci hanno fatti accomodare in una bella stanza con un tavolo ovale in radica, un bel tappeto ricamato, parquet in legno chiaro, una lampada di design, foto anonime incorniciate alle pareti, e un libro, uno solo, appoggiato in un angolo di un mobiletto basso in completa nonchalance, un libro soltanto, cartonato, copertina bordeaux rilegata a filo e titolo impresso in oro, un migliaio di pagine a occhio e croce. Mentre aspettavamo l’impiegata, che ci aveva detto «accomodatevi» e «arrivo subito», intanto che ci sfilavamo le giacche che sta cominciando ad arrivare la stagione fredda, e tiravamo fuori Guido dal passeggino per mettercelo sulle ginocchia che sarebbe stata una chiacchierata non troppo corta, ho allungato il collo verso il mobiletto e ho letto il titolo: Adam Smith, La ricchezza delle nazioni.

Capirai, ho pensato.


D’altra parte uno ha i miti fondativi (o fondanti, non so mai come si dice) che si sceglie. Io, per esempio, mentre entravamo nella banca spingendo il passeggino, con la Caterina di fianco che dava un dito a Guido, Guido che guardava col naso all’insù le porte a vetri che si aprivano da sole al passaggio del passeggino, camuffando la voce e ingobbendo le spalle per imitare un vecchio decrepito dicevo: «due penny, Guido… due penny.»

E la Caterina mi rispondeva: «No, devo darci da mangiare ai piccioni.»

Siamo fatti così.

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Published on September 30, 2015 09:25

September 29, 2015

La rivista di musica perfetta

Discuto spesso con il Poeta della Musica (un amico cantautore locale) sulle dinamiche del giornalismo musicale (di carta e online) e negli anni abbiamo messo giù una specie di lista delle caratteristiche che dovrebbe avere la nostra rivista di musica perfetta (come se fossimo lì a sprizzare dalle orecchie voglia di fondare una rivista di musica perfetta), e cioè:



Si parla solo di dischi molto belli (saranno completamente ignorati, secondo gli insindacabili giudizi e gusti della redazione, i dischi dal mediocre al brutto).
Se proprio si deve parlare di un disco dal mediocre al brutto, ci si limita a pubblicare in una sezione separata della rivista il comunicato stampa col quale è arrivato in redazione (i comunicati stampa sono sempre molto belli).
Le interviste si compongono di due sole domande fondamentali all’artista o al gruppo X che abbia composto il disco Y: «Perché?» e poi «È bello?»
Non si recensisce alcun demo perché, come diceva un giornalista musicale che adesso mi sfugge, a forza di recensire dei demo si diventa brutti.
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Published on September 29, 2015 04:44

September 21, 2015

Elisir

Ultimamente, per alcuni motivi di lavoro (perché lavoro lontano da casa) e altri contingenti (che sono essenzialmente i fatti miei), mi capita di girare molto in macchina. Per la teoria della relatività di Einstein che lega il tempo e la velocità, si può affermare che io stia invecchiando più lentamente anche se in maniera impercettibile (si parla dell’ordine di dieci alla meno tantissimissimo, ma, oh, è pur sempre un rallentamento). Per questo motivo, quando mi vedi (magari per la strada), o se ci incrociamo (a piedi o in qualche bar), sappi che sono impercettibilmente più giovane di quanto credi.

C’è purtroppo da aggiungere che andare tanto in macchina aumenta vertiginosamente lo scoglionamento (si parla dell’ordine di dieci alla qualcosa, anche se io sono uno che fuori lo fa vedere poco). Quindi quando mi incontri per la strada, o se ci incrociamo a piedi o in qualche bar, sono per la precisione un pelino più giovane ma anche un po’ più incazzato di quello che vedi.

(E basta, questo è quello che volevo dire oggi.)

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Published on September 21, 2015 09:17