Paolo Attivissimo's Blog, page 21
September 8, 2023
Podcast RSI - Cronaca di una truffa online “made in Switzerland”

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico () e qui sotto.
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.
---
[CLIP: Raffica di suoni di notifica di WhatsApp su iPhone]

Di solito, invece, c’è di mezzo una frontiera, in modo da complicare le indagini, ma nel caso tuttora in corso che mi è stato segnalato tutto avviene in Svizzera, e per incompetenza o spavalderia i truffatori usano numeri di telefono locali, di cui è facile identificare i titolari. È una tecnica di inganno ben strutturata, che è meglio conoscere e far conoscere per evitare di finire nella sua complessa e costosa ragnatela.
Benvenuti alla puntata dell’8 settembre 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
Tutta la vicenda prende il via alla fine di agosto 2023. Trattandosi di una storia che ha anche dei risvolti legali ancora aperti, nel raccontarla cambierò i nomi delle persone e di alcuni dei luoghi e siti coinvolti, lasciando comunque intatta la sostanza della tecnica della truffa.
[per la stessa ragione non posso pubblicare il nome del sito truffaldino e dell’agenzia]
La vittima, che chiamerò Mario e risiede in Svizzera, viene contattata su WhatsApp da una persona che si presenta come rappresentante di un’agenzia che gli offre un lavoro: una situazione frequente e assolutamente normale, soprattutto per una persona come Mario, che come tante altre ha un profilo professionale pubblico su LinkedIn proprio per ricevere offerte lavorative. L’agenzia, fra l’altro, è piuttosto ben conosciuta, e nei siti antitruffa come Scamadviser o Trustpilot gode di ottima reputazione fra le aziende che si occupano di recensire prodotti.

Il lavoro proposto consiste nell’aiutare altre aziende a migliorare i risultati di vendita facendo compravendite di prodotti in cambio di una provvigione. Per rassicurare Mario, l’agenzia gli propone di aprire un account di prova per una settimana e gli affianca una persona che non solo lo guida e lo assiste, ma deposita anche sull’account del denaro dell’agenzia, da usare per le compravendite. Mario esegue diligentemente i compiti che gli vengono assegnati e alla fine del periodo di prova risulta che ha guadagnato quasi mille dollari di provvigioni. Tutto si svolge online, sul sito dell’agenzia, che per ovvie ragioni non posso nominare qui, e via WhatsApp.
Mario vede che il meccanismo funziona e quindi apre un account effettivo, sul quale carica una piccola cifra in criptovaluta, che ogni sera gli viene effettivamente restituita, insieme alle provvigioni guadagnate, depositandola sul suo conto presso Binance.com, che è estranea al raggiro.
Fino a questo punto, insomma, Mario ha incassato più di quanto abbia investito. I suoi soldi sono rientrati sul suo conto Binance: non sono numeri fittizi di un conto altrettanto fittizio sul sito dei criminali, come avviene spesso. E su WhatsApp entra in contatto con altri collaboratori dell’agenzia, che è un nome di spicco nel suo settore, e tutti sono molto contenti dei guadagni che stanno ottenendo. Sono pareri rassicuranti, resi ancora più credibili dal fatto che i numeri di telefono visibili su WhatsApp di queste persone sono nazionali: hanno il prefisso locale 022, che corrisponde a Ginevra, non a qualche nazione lontana.
Ma se gli incassi di Mario sono maggiori dei suoi investimenti, allora dove sta la truffa?
La truffa del “retail rating boost”I truffatori hanno costruito attentamente la propria trappola. In realtà non rappresentano affatto una nota agenzia affidabile, ma hanno creato un sito falso che replica il nome e la grafica di quell’agenzia e lo hanno reso quasi invisibile ai principali motori di ricerca per non attirare attenzioni indesiderate.
Vanno in giro su siti come LinkedIn e guardano i profili delle persone in cerca di lavoro, selezionando quelle che hanno maggiori probabilità di diventare vittime, in base alla situazione lavorativa, all’età e ad altri fattori. Da quei profili estraggono i numeri di telefono e poi contattano le persone via WhatsApp.
Se la persona contattata accetta la proposta e apre un account presso il sito dei truffatori, i criminali inizialmente la mettono a proprio agio e le fanno fare piccole compravendite che hanno successo [questo tipo di truffa viene a volte chiamato retail rating boost scam o boosting sales scam]. Come ulteriore rassicurazione, fanno fare alla vittima anche un certo guadagno. Tutto sembra andare per il meglio, e anzi arriva la grande occasione: una compravendita molto importante, che promette provvigioni altrettanto importanti.
Alla vittima viene quindi chiesto di procedere come al solito, ossia anticipando la cifra, qualche migliaio di dollari, e poi arriva un’occasione ancora più grande, per la quale va versato un altro anticipo, cosa che le vittime fanno spesso, perché hanno visto che il sistema funziona e le provvigioni promesse sono arrivate. È a questo punto che scatta la trappola: i criminali continuano a rilanciare, offrendo compravendite sempre più impegnative, finché la vittima non ha più soldi da inviare.
A quel punto i soldi inviati, decine di migliaia di dollari, euro o franchi, non tornano più indietro, e se la vittima contesta, i truffatori rispondono accusandola di non aver rispettato le regole del contratto, che prevedono un numero minimo di transazioni prima che vengano erogate le provvigioni. In realtà sono tutte scuse, il “contratto” è carta straccia e i criminali non hanno la minima intenzione di restituire il maltolto.

A Mario è andata esattamente così: ha eseguito gli acquisti iniziali come richiesto, e tutto è andato liscio. Ma poi gli è arrivato un cosiddetto “package”, una serie di tre acquisti di importo superiore a quello presente sul suo account ma con provvigioni promesse molto elevate. Ha versato qualche migliaio di dollari in criptovaluta per colmare la differenza e ha completato le prime due transazioni. Poi ne è arrivata un’altra, che richiedeva circa diecimila dollari di versamento, li ha racimolati e li ha inviati. Ma a quel punto è arrivato un altro “package”, che avrebbe richiesto un anticipo di altri quindicimila; Mario ha protestato e i truffatori gli hanno risposto che senza questo ulteriore versamento non avrebbe ricevuto le sue spettanze, come previsto dal contratto.
Mario non ha più rivisto il proprio denaro e ha sporto denuncia alla polizia, raccontando tutti i dettagli della vicenda, che poi ha raccontato a me, sperando che la storia di quello che è successo a lui possa essere di aiuto, e di monito, a qualcun altro.
In chat con i truffatoriQuello che colpisce in questa truffa, oltre al danno economico ingente subìto dalla vittima, è l’uso di numeri di telefono nazionali, ai quali corrispondono persone reali, non bot. Me ne sono accorto perché esaminando il codice HTML pubblico del sito dei truffatori ho trovato il link al loro “servizio clienti”, che in teoria sarebbe appunto accessibile solo a chi ha un account, ossia alle vittime, e ho iniziato una conversazione via WhatsApp con uno degli “agenti” del sito truffaldino, che ha dato risposte decisamente umane e non preprogrammate alle mie domande, intenzionalmente molto differenti da quelle gestibili da un eventuale sistema automatico.
Queste persone reali, con numeri di telefono di rete fissa nella zona di Ginevra, sono tutte complici? Oppure nel gruppo WhatsApp dei collaboratori ci sono anche altre vittime che ancora non si sono accorte di essere finite in una truffa? Lo appureranno, si spera, le indagini delle autorità, che non dovrebbero avere particolari difficoltà a rintracciare gli intestatari di quei numeri. Se non altro, qui non c’è l’ostacolo abituale di doversi rivolgere a forze di polizia di altri paesi.
Nel frattempo, ho segnalato il nome del sito dei truffatori a Google, a Microsoft e ad altri servizi di protezione degli utenti, come Netcraft e Antiphishing.ch, in modo che chi usa Chrome, Firefox, Edge e altri browser riceva automaticamente un vistoso avviso se cerca di collegarsi a quel sito.

Ho poi contattato il registrar, ossia la società che gestisce il nome di dominio usato dai truffatori, per avvisarla della situazione. I criminali probabilmente riapriranno un altro sito entro pochi giorni, ma nel frattempo qualche vittima, forse, avrà evitato la trappola.
[aggiornamento: guardando l’HTML del sito dei truffatori ho anche trovato un link a un servizio di chat commerciale, contenente quello che sembrava un identificativo numero di cliente. Ho contattato i gestori del servizio di chat, spiegando la situazione, e hanno detto che si tratta effettivamente di un ID di un ex cliente, di cui hanno ancora i dati; hanno aggiunto che sono disposti a fornire tutti i dati dell’ex cliente dietro richiesta formale delle autorità ]
[altro aggiornamento (2023/09/08 14:40): i criminali hanno riaperto con un altro nome di dominio. Ho segnalato anche quello]
Sono piccoli gesti di contrasto che ogni utente di Internet può fare e che collettivamente rendono un po’ più difficile la vita ai criminali. Trovate i link per fare queste segnalazioni presso Disinformatico.info.
Ma c’è anche un altro gesto di contrasto utile che chiunque può fare: raccontare agli amici, ai familiari e ai colleghi truffe come questa, come raccomanda anche il sito della Prevenzione Svizzera della Criminalità, per mettere in guardia chi potrebbe incapparvi perché comprensibilmente fa fatica a immaginare che ci possano essere criminali dall’aria così rispettabile, così premurosi e pazienti, con numeri di telefono nazionali e addirittura disposti a dare dei soldi inizialmente alla vittima per poi rubargliene molti di più in seguito. E non c’è da vergognarsi o da sentirsi stupidi: questi truffatori sono professionisti e sanno esattamente come mettere sotto pressione le persone e approfittare della loro fiducia.
E non hanno pietà: mentre registro questo podcast, stanno ancora tormentando Mario dicendogli che i suoi soldi sono ancora lì, e che se li rivuole deve racimolare altri soldi da versare per completare il contratto, facendo se necessario una colletta fra amici e parenti o chiedendoli anche a uno strozzino. Quando Mario li ha avvisati che si sarebbe rivolto alla polizia, hanno risposto che questo avrebbe violato la clausola di confidenzialità del contratto e hanno minacciato di citare lui, la vittima, in giudizio.
In attesa di un intervento delle autorità, si può solo fare prevenzione. Se un’offerta online sembra un po’ troppo remunerativa, se non richiede competenze professionali specifiche, e soprattutto se esige che il lavoratore paghi il presunto datore di lavoro invece del contrario, è fondamentale mantenere i nervi saldi e non cedere alla pressione psicologica e alla speranza di aver trovato la soluzione per i propri problemi finanziari o lavorativi. Tutte cose facili da dire quando si esaminano queste situazioni dall’esterno, ma molto meno facili da fare quando ci si è in mezzo, e l’emozione è un macigno. Siate prudenti.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.September 7, 2023
Che fine ha fatto SpinLaunch, lo sparasatelliti elettrico?
Quasi due anni fa ho scritto un articolo a proposito di SpinLaunch, una società privata che propone di lanciare piccoli satelliti usando un sistema a frombola, con un braccio rotante che viene accelerato ad altissima velocità e rilascia il satellite all’istante opportuno; il satellite parte quindi come un proiettile balistico, attraversando gli strati più densi dell’atmosfera senza usare propellente, riducendo (in teoria) i costi e l’impatto ambientale di un lancio tradizionale basato su propellenti chimici.
Da quell‘articolo è passato un bel po’ di tempo senza novità significative. SpinLaunch ha pubblicato alcuni video dei lanci suborbitali di prova che ha effettuato, come questo, che si riferisce a un test del 27 settembre 2022, in cui ha lanciato dei carichi sperimentali di NASA, Airbus U.S., Cornell University e Outpost. Non è stata indicata la quota raggiunta, ma le notizie (Space.com) parlano di accelerazioni di circa 10.000 g e di una dimostrazione della realizzabilità di carichi utili in grado di sopportare queste sollecitazioni usando componenti standard. I carichi sono stati recuperati con successo. Questo è stato il decimo lancio di prova effettuato e il primo con carichi di terze parti.
Flight Test #10 - The First Payloads from Tiffanie Rose Ignacio on Vimeo.
La notizia più recente pubblicata nella rassegna stampa sul sito di SpinLaunch risale al 9 ottobre 2022, quasi un anno fa, e parla del decimo lancio di prova, notando che la velocità massima raggiunta dal veicolo è intorno ai 7.500 km/h. Notevole, ma per un’orbita bassa servono 28.000 km/h (che non è necessario raggiungere con il braccio, dato che il progetto di SpinLaunch prevede che il veicolo abbia un motore a propellente chimico che si accenderebbe dopo il superamento degli strati atmosferici più densi, accelerando fino alla velocità orbitale).
Un articolo del 2 settembre 2023 su The Space Bucket (con relativo video) riferisce che SpinLaunch sembra aver trascorso quest’ultimo anno andando in cerca di finanziamenti e di un sito dove costruire la versione orbitale del proprio lanciatore, senza effettuare altri lanci. I siti presi in considerazione includono l‘Alaska, l’Australia e le Hawaii (il lanciatore attuale è nello stato del New Mexico, negli Stati Uniti). SpinLaunch attualmente dichiara nelle sue FAQ che “il primo Sito di Lancio Orbitale è in via di selezione finale in un luogo che verrà rivelata prossimamente situato in una regione costiera degli Stati Uniti” (“The first Orbital Launch Site is in final selection in a soon-to-be-disclosed location in a coastal region of the United States”), ma questa FAQ risale a oltre un anno fa.
Un servizio video della CBS News datato 3 settembre 2023 (cinque giorni fa) mostra immagini del lanciatore, dei lanci e dei veicoli/proiettili di prova e intervista il fondatore, ma non fornisce novità.
Il 7 settembre 2023 Chris Bergin di NasaSpaceflight.com ha riportato su X (l’ex Twitter) un estratto di un comunicato stampa di SpinLaunch che annuncia una partnership di investimento da parte della giapponese Sumitomo Corporation. Non vengono indicate cifre.
E questo, per il momento, è tutto: per il futuro, il sito di SpinLaunch descrive il progetto del lanciatore orbitale, denominato L100, che avrebbe una camera a vuoto circolare obliqua con un diametro di circa 90 metri, collegata a un tubo di lancio dotato di portelli ad apertura e chiusura ultrarapida (e, presumo, molto ben sincronizzata) che impedirebbero la ripressurizzazione della camera dopo il lancio e in teoria consentirebbero una cadenza di lancio molto rapida (un paio d’ore fra un lancio e l’altro).

Non è difficile notare che quello che Spinlaunch ha costruito e propone di costruire è non solo un lanciatore di veicoli spaziali, ma anche in sostanza un cannone elettrico, che spara proiettili ipersonici. Se li lanciasse angolati, anziché verticalmente come sta facendo, avrebbero una gittata non trascurabile, e sarebbero dei proiettili assai difficili da intercettare. La soluzione di usare un braccio rotante, invece di un acceleratore lineare come nei cannoni elettrici militari (railgun) attuali, riduce il picco di energia elettrica richiesto, dato che il braccio può essere portato alla velocità di lancio gradualmente. Le applicazioni e implicazioni militari, insomma, non sono trascurabili, anche se le velocità di lancio raggiunte finora da SpinLaunch sono inferiori ai 12.000 km/h dei railgun lineari.
Inoltre un sistema del genere sarebbe molto interessante se installato sulla Luna o su altri corpi celesti che non hanno un’atmosfera densa o non ne hanno affatto: costituirebbe un metodo efficace per lanciare carichi senza dover portare o fabbricare propellente, senza sollevare polvere superficiale al decollo e senza contaminare la zona di lancio con il proprio scarico di gas combusti, evitando la necessità di collocare il sito di lancio lontano dalle strutture abitate (sarebbe sufficiente metterlo dietro una collinetta che conterrebbe eventuali malfunzionamenti catastrofici). L’energia per alimentarlo sarebbe elettrica, e quindi generabile in loco usando dei pannelli solari e un sistema di accumulo.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.September 6, 2023
(AGG 2023/09/09) Starship aggiornata sulla rampa di lancio, pronta per il secondo test di volo: foto spettacolari
Pubblicazione iniziale: 2023/09/06 18:32. Ultimo aggiornamento: 2023/09/09 11:50.
Ieri (5 settembre) SpaceX ha assemblato la versione più recente della Starship e del vettore Super Heavy sulla rampa di lancio a Boca Chica, in Texas, in preparazione per il secondo test di volo. Secondo Elon Musk su X, il veicolo è pronto e in attesa dell’approvazione al lancio da parte della FAA (Ars Technica).
Si nota il nuovo anello interstadio che dovrebbe consentire l’accensione dei motori della Starship prima dello sgancio del vettore (hot staging).
Il piano di volo prevede, come per il primo tentativo, un volo suborbitale che farà quasi il giro del mondo e terminerà vicino alle Hawaii.
Non è stata annunciata una data, ma si ipotizza che il tentativo non avverrà prima della metà di settembre.
Nel frattempo, godiamoci le foto spettacolari che trovate in fondo a questo articolo.
2023/09/08La FAA ritiene conclusa l’indagine sulle anomalie e sui danni verificatisi durante il primo test di volo, avvenuto ad aprile scorso, dicendo (PDF) che SpaceX deve effettuare 63 azioni correttive per evitare il ripetersi del problema: “Corrective actions include redesigns of vehicle hardware to prevent leaks and fires, redesign of the launch pad to increase its robustness, incorporation of additional reviews in the design process, additional analysis and testing of safety critical systems and components including the Autonomous Flight Safety System, and the application of additional change control practices”.
La FAA precisa esplicitamente che la conclusione dell’indagine non è segnale di una ripresa immediata dei lanci della Starship a Boca Chica. L’indagine è gestita da SpaceX sotto la supervisione della FAA; è SpaceX che analizza e implementa le azioni correttive (fonte; FAA).
2023/09/09Ars Technica, come consueto, ha un ottimo articolo in inglese che chiarisce la situazione e soprattutto i ruoli di SpaceX e FAA nel gestirla.
In sintesi, l’indagine richiesta dalla FAA e svolta da SpaceX è conclusa, ma questo non comporta automaticamente l’autorizzazione al lancio. Il rapporto di SpaceX sulle anomalie del lancio è riservato perché contiene informazioni proprietarie di SpaceX e altre informazioni regolamentate dalle norme statunitensi sull’esportazione di tecnologie.
Sembra che molte delle azioni correttive richieste siano già state realizzate. La rampa di lancio è ora dotata di un sistema di riduzione della pressione acustica, la cui mancanza aveva causato danni molto gravi e la proiezione di grandi detriti e polveri a grandi distanze. Il veicolo è stato modificato per ridurre le perdite di propellente e gli incendi alla base del vettore Super Heavy che avevano portato al tranciamento dei collegamenti con il computer di bordo primario, portando alla perdita di controllo dell’intero veicolo, ed è stato migliorato e riqualificato il sistema automatico di autodistruzione, che non aveva funzionato correttamente (si era attivato automaticamente come previsto dopo una deviazione dalla traiettoria normale e i detonatori si erano attivati, ma il veicolo non si era disintegrato subito come avrebbe dovuto fare), come riferisce SpaceX:
[...] During ascent, the vehicle sustained fires from leaking propellant in the aft end of the Super Heavy booster, which eventually severed connection with the vehicle’s primary flight computer. This led to a loss of communications to the majority of booster engines and, ultimately, control of the vehicle. SpaceX has since implemented leak mitigations and improved testing on both engine and booster hardware. As an additional corrective action, SpaceX has significantly expanded Super Heavy’s pre-existing fire suppression system in order to mitigate against future engine bay fires.
The Autonomous Flight Safety System (AFSS) automatically issued a destruct command, which fired all detonators as expected, after the vehicle deviated from the expected trajectory, lost altitude and began to tumble. After an unexpected delay following AFSS activation, Starship ultimately broke up 237.474 seconds after engine ignition. SpaceX has enhanced and requalified the AFSS to improve system reliability.
SpaceX is also implementing a full suite of system performance upgrades unrelated to any issues observed during the first flight test. For example, SpaceX has built and tested a hot-stage separation system, in which Starship’s second stage engines will ignite to push the ship away from the booster. Additionally, SpaceX has engineered a new electronic Thrust Vector Control (TVC) system for Super Heavy Raptor engines. Using fully electric motors, the new system has fewer potential points of failure and is significantly more energy efficient than traditional hydraulic systems.
SpaceX also made significant upgrades to the orbital launch mount and pad system in order to prevent a recurrence of the pad foundation failure observed during the first flight test. These upgrades include significant reinforcements to the pad foundation and the addition of a flame deflector, which SpaceX has successfully tested multiple times. [...]
Il veicolo è stato inoltre dotato di un sistema elettrico di controllo dell’orientamento degli ugelli al posto di quello idraulico e di maggiori protezioni fisiche intorno a ciascuno dei 33 motori Raptor del primo stadio per ridurre il rischio che l’esplosione di un motore possa danneggiare quelli adiacenti, portando a un effetto valanga.




(AGG 2023/09/08) Starship aggiornata sulla rampa di lancio, pronta per il secondo test di volo: foto spettacolari
Ieri SpaceX ha assemblato la versione più recente della Starship e del vettore Super Heavy sulla rampa di lancio a Boca Chica, in Texas, in preparazione per il secondo test di volo. Secondo Elon Musk su X, il veicolo è pronto e in attesa dell’approvazione al lancio da parte della FAA.
Si nota il nuovo anello interstadio che dovrebbe consentire l‘accensione dei motori della Starship prima dello sgancio del vettore (hot staging).
Il piano di volo prevede, come per il primo tentativo, un volo suborbitale che farà quasi il giro del mondo e terminerà vicino alle Hawaii.
Non è stata annunciata una data, ma si ipotizza che il tentativo non avverrà prima della metà di settembre.
Nel frattempo, godiamoci queste foto spettacolari.
Fonte: Ars Technica.
[2023/09/08: la FAA ha terminato la propria indagine sulle anomalie e sui danni verificatisi durante il primo test di volo, avvenuto ad aprile scorso, dicendo (PDF) che SpaceX deve effettuare 63 azioni correttive per evitare il ripetersi del problema: “Corrective actions include redesigns of vehicle hardware to prevent leaks and fires, redesign of the launch pad to increase its robustness, incorporation of additional reviews in the design process, additional analysis and testing of safety critical systems and components including the Autonomous Flight Safety System, and the application of additional change control practices. ”. La FAA precisa esplicitamente che la conclusione dell’indagine non è segnale di una ripresa immediata dei lanci della Starship a Boca Chica. L’indagine è gestita da SpaceX sotto la supervisione della FAA; è SpaceX che analizza e implementa le azioni correttive (fonte; FAA)]




Starship aggiornata sulla rampa di lancio, pronta per il secondo test di volo: foto spettacolari
Ieri SpaceX ha assemblato la versione più recente della Starship e del vettore Super Heavy sulla rampa di lancio a Boca Chica, in Texas, in preparazione per il secondo test di volo. Secondo Elon Musk su X, il veicolo è pronto e in attesa dell’approvazione al lancio da parte della FAA.
Si nota il nuovo anello interstadio che dovrebbe consentire l‘accensione dei motori della Starship prima dello sgancio del vettore (hot staging).
Il piano di volo prevede, come per il primo tentativo, un volo suborbitale che farà quasi il giro del mondo e terminerà vicino alle Hawaii.
Non è stata annunciata una data, ma si ipotizza che il tentativo non avverrà prima della metà di settembre.
Nel frattempo, godiamoci queste foto spettacolari.
Fonte: Ars Technica.




September 5, 2023
(AGG 2023/09/08) Sondaggio per i libri lunari: come abbreviereste il nome del Modulo Lunare? Ecco i risultati

La traduzione in italiano delle 188.000 parole di Carrying the Fire, l’autobiografia dell’astronauta lunare Michael Collins, è stata completata. Ora inizia la fase della revisione del testo impaginato, per snidare refusi e forme non idiomatiche, e ci stiamo scontrando con una scelta linguistica e grafica molto problematica (una delle tante) per la quale chiedo il vostro parere: è emersa durante le prove tecniche per un possibile audiolibro.
Come probabilmente sapete se frequentate questo blog, il veicolo spaziale Apollo includeva un modulo lunare (Lunar Module in originale), che durante le missioni sulla Luna (1969-72) fu usato da due dei tre astronauti per raggiungere la superficie lunare, mentre il terzo membro dell’equipaggio restava nel modulo di comando (Command Module) agganciato al modulo di servizio (Service Module).
In Carrying the Fire questi veicoli e i loro acronimi vengono ovviamente citati spessissimo. Nella versione originale, il modulo di comando diventa CM, il modulo di comando accoppiato al modulo di servizio diventa CSM, e il modulo lunare diventa LM, creando gli acronimi dalle rispettive iniziali. Siccome si tratta di acronimi che all’epoca furono usati internazionalmente lasciandoli invariati, non avrebbe senso tradurli in MC, MCS o ML: si creerebbe solo confusione.
Pertanto nella nostra traduzione manteniamo gli acronimi storicamente noti, e in italiano scriviamo il CM (pronunciato “il ci emme”), il CSM (pronunciato “il ci esse emme”), e... l’LM (pronunciato “lelle emme”). Avete già intuito il problema linguistico e di lettura ad alta voce: lelle emme, dellelle emme e simili sono orrendamente cacofonici e la grafia “l’LM” è un pugno in un occhio.
Cosa ancora più importante, chi si ricorda o ha rivisto le storiche telecronache di Tito Stagno di allora, o ha letto i giornali e le riviste di quel tempo o i libri di Oriana Fallaci, sa che il modulo lunare in italiano non veniva chiamato “elle emme”, ma “lem”. E anche in inglese l’acronimo veniva pronunciato “lem”, non “ell emm”. Come mai?
La ragione è semplice: al suo debutto come progetto, nel 1962, il veicolo di allunaggio era stato denominato ufficialmente Lunar Excursion Module (LEM), ossia “modulo per escursione lunare”, ma a giugno del 1966, dopo quattro anni di uso intensivo di questo acronimo, la NASA decise che “excursion” era troppo frivolo e dava l’idea di una costosissima scampagnata mordi e fuggi, per cui il nome fu cambiato in Lunar Module e l’acronimo fu ridotto formalmente da LEM a LM. Troppo tardi: l’acronimo originale LEM era ormai entrato nell’uso, e quindi la pronuncia restò invariata. Si scrive LM, ma si pronuncia “lem”.



Il problema è che le generazioni più giovani non sanno nulla di tuttaquesta faccenda e di questa regola di pronuncia ad hoc per nullaintuitiva, e quindi se scriviamo “il LM”, come si è sempre fatto negli ultimicinquant’anni, molti lettori lo percepiranno come un errore (“il elle emme”),aspettandosi l’elisione e l’apostrofo (“l’LM”). E non è giusto pretendere che ungiovane lettore di oggi sappia che “il LM” va pronunciato “il lem”.
Se invece scriviamo “l’LM” (pronunciato “lelle emme”), che sarebbe la forma ortograficamente corretta in italiano, creiamo confusione e produciamo una brusca frattura rispetto a cinquant’anni di articoli di giornale, telecronache e radiocronache che usano la pronuncia “il lem”. I puristi e i lettori vintage ci scuoieranno.
Se facciamo come fece Oriana Fallaci in Se il sole muore (o come fa Wikipedia in italiano) e manteniamo l’acronimo iniziale (LEM), la pronuncia corretta viene spontanea a chiunque, ma commettiamo un falso storico, perché Collins e tutti gli astronauti di cui l’editore, Cartabianca Publishing, ha curato e sta curando la traduzione delle autobiografie usano correttamente “LM”, e lo stesso fa la NASA in tutte le illustrazioni e i grafici.
Se cerchiamo di aggirare il problema scrivendo sempre “modulo lunare” per esteso, acronimi ricorrenti come “LM/CSM” diventano chilometrici “modulo lunare / modulo di comando e di servizio” e non ci stanno nelle tabelle presenti nel libro.
C’è anche un’altra possibilità: scrivere “il Lem”, come facevano molti giornali italiani (esempio). In questo modo non è più un acronimo, ma è una sorta di nome proprio. Si resta fedeli alla pronuncia storica, si evita il falso storico di usare l’acronimo obsoleto, ma non si è del tutto fedeli all’originale, che usa appunto l’acronimo.
In tutti i casi sarebbe comunque necessaria una nota esplicativa per chiarire le ragioni della scelta fatta.
Voi cosa fareste? Scegliereste “il LM”, “l’LM”, “il LEM” o “il Lem”? Scrivete il vostro parere nei commenti; meglio ancora, se volete partecipare a un sondaggio informale, mandatemi una mail a paolo.attivissimo@gmail.com con la vostra scelta nel titolo: basta che scriviate “il LM”, “l’LM”, “il LEM” o “il Lem”. Io farò la conta delle vostre mail e pubblicherò qui il risultato.
Ho pubblicato inoltre due sondaggi, su Mastodon e su X:
Sondaggio (versione corretta) per i libri lunari: come abbreviereste il nome del Modulo lunare? Spiegone: https://t.co/3CBYFoZvzN
— Paolo Attivissimo @ildisinformatico@mastodon.uno (@disinformatico) September 5, 2023
La vostra scelta è molto importante, perché l’editore sta per procedere non solo all’impaginazione di Carrying the Fire, che uscirà in tempo per Natale 2023, ma anche alla nuova tiratura delle autobiografie precedenti, Forever Young e L’ultimo uomo sulla Luna, che verrebbe fatta aggiornando il testo per includere questa scelta e uniformare i libri della collana. Grazie!
I risultati del sondaggioSu X/Twitter (685 voti): “il LEM” 69,3%; “il Lem” 15,8%; “il LM” 12%; “l’LM” 2,9%.
Su Mastodon: 179 voti): “il LEM” 51%; “il Lem” 18%; “il LM” 26%; “l’LM” 4%.
Via mail (25 voti): “il LEM” 8 (32%); “il Lem” 11 (44%); “il LM” 6 (24%); “l’LM” 0 (0%).
In sintesi: “l’LM” (che è la scelta adottata finora per ragioni di purismo e fedeltà storica) non piace praticamente a nessuno. Invece “il Lem”, in cui l’acronimo diventa nome italiano a tutti gli effetti, è piaciuto parecchio, e anche “il LM” si difende bene. Ma “il LEM”, anche per motivi affettivi, si conferma il preferito.
La terminologa Licia Corbolante mi segnala inoltre che “il LEM” o “il Lem” è lemmatizzato da tutti i vocabolari, anche se con grafia diversa: Lem nello Zingarelli, lem nel Devoto-Oli, LEM nel Treccani e nel De Mauro, lem o LEM nel Sabatini-Coletti. Inoltre nei libri di autori italiani del decennio scorso che usano la versione “italiana” le due grafie prevalenti sono LEM e Lem.
Il commento più bello: “In televisione si entusiasmarono tutti per il LEM, non si può cambiare il nome al protagonista, ma si può riempire di asterischi a pié pagina che citano lo spiegone. Una piccola nota a piede di pagina, un grande passo per l'umanità”.
Sarei quindi dell’idea di adottare “il LEM”, aggiungendo la prima volta una nota di questo genere: “In originale, Collins usa l'acronimo “LM”, che fu adottato formalmente dalla NASA a giugno del 1966 dopo quattro anni di uso intensivo dell’acronimo LEM, ossia Lunar Excursion Module. La NASA cambiò acronimo perché ritenne che “excursion” fosse troppo frivolo, ma l’originale “LEM” era ormai impresso nel lessico comune e rimase in uso nei media, specialmente in italiano. Questo testo adotta “LEM” per continuità storica italiana e per maggiore leggibilità.” Che ne dite?
Ne ho discusso con l’editore, che concorda.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.Sondaggio per i libri lunari: come abbreviereste il nome del Modulo Lunare?

La traduzione in italiano delle 188.000 parole di Carrying the Fire, l’autobiografia dell’astronauta lunare Michael Collins, è stata completata. Ora inizia la fase della revisione del testo impaginato, per snidare refusi e forme non idiomatiche, e ci stiamo scontrando con una scelta linguistica e grafica molto problematica (una delle tante) per la quale chiedo il vostro parere: è emersa durante le prove tecniche per un possibile audiolibro.
Come probabilmente sapete se frequentate questo blog, il veicolo spaziale Apollo includeva un modulo lunare (Lunar Module in originale), che durante le missioni sulla Luna (1969-72) fu usato da due dei tre astronauti per raggiungere la superficie lunare, mentre il terzo membro dell’equipaggio restava nel modulo di comando (Command Module) agganciato al modulo di servizio (Service Module).
In Carrying the Fire questi veicoli e i loro acronimi vengono ovviamente citati spessissimo. Nella versione originale, il modulo di comando diventa CM, il modulo di comando accoppiato al modulo di servizio diventa CSM, e il modulo lunare diventa LM, creando gli acronimi dalle rispettive iniziali. Siccome si tratta di acronimi che all’epoca furono usati internazionalmente lasciandoli invariati, non avrebbe senso tradurli in MC, MCS o ML: si creerebbe solo confusione.
Pertanto nella nostra traduzione manteniamo gli acronimi storicamente noti, e in italiano scriviamo il CM (pronunciato “il ci emme”), il CSM (pronunciato “il ci esse emme”), e... l’LM (pronunciato “lelle emme”). Avete già intuito il problema linguistico e di lettura ad alta voce: lelle emme, dellelle emme e simili sono orrendamente cacofonici e la grafia “l’LM” è un pugno in un occhio.
Cosa ancora più importante, chi si ricorda o ha rivisto le storiche telecronache di Tito Stagno di allora, o ha letto i giornali e le riviste di quel tempo o i libri di Oriana Fallaci, sa che il modulo lunare in italiano non veniva chiamato “elle emme”, ma “lem”. E anche in inglese l’acronimo veniva pronunciato “lem”, non “ell emm”. Come mai?
La ragione è semplice: al suo debutto come progetto, nel 1962, il veicolo di allunaggio era stato denominato ufficialmente Lunar Excursion Module (LEM), ossia “modulo per escursione lunare”, ma a giugno del 1966, dopo quattro anni di uso intensivo di questo acronimo, la NASA decise che “excursion” era troppo frivolo e dava l’idea di una costosissima scampagnata mordi e fuggi, per cui il nome fu cambiato in Lunar Module e l’acronimo fu ridotto formalmente da LEM a LM. Troppo tardi: l’acronimo originale LEM era ormai entrato nell’uso, e quindi la pronuncia restò invariata. Si scrive LM, ma si pronuncia “lem”.

Il problema è che le generazioni più giovani non sanno nulla di tutta questa faccenda e di questa regola di pronuncia ad hoc per nulla intuitiva, e quindi se scriviamo “il LM”, come si è sempre fatto negli ultimi cinquant’anni, molti lettori lo percepiranno come un errore (“il elle emme”), aspettandosi l’elisione e l’apostrofo (“l’LM”). E non è giusto pretendere che un giovane lettore di oggi sappia che “il LM” va pronunciato “il lem”.
Se invece scriviamo “l’LM” (pronunciato “lelle emme”), che sarebbe la forma ortograficamente corretta in italiano, creiamo confusione e produciamo una brusca frattura rispetto a cinquant’anni di articoli di giornale, telecronache e radiocronache che usano la pronuncia “il lem”. I puristi e i lettori vintage ci scuoieranno.
Se facciamo come fece Oriana Fallaci in Se il sole muore (o come fa Wikipedia in italiano) e manteniamo l’acronimo iniziale (LEM), la pronuncia corretta viene spontanea a chiunque, ma commettiamo un falso storico, perché Collins e tutti gli astronauti di cui l’editore, Cartabianca Publishing, ha curato e sta curando la traduzione delle autobiografie usano correttamente “LM”, e lo stesso fa la NASA in tutte le illustrazioni e i grafici.
Se cerchiamo di aggirare il problema scrivendo sempre “modulo lunare” per esteso, acronimi ricorrenti come “LM/CSM” diventano chilometrici “modulo lunare / modulo di comando e di servizio” e non ci stanno nelle tabelle presenti nel libro.
C’è anche un’altra possibilità: scrivere “il Lem”, come facevano molti giornali italiani (esempio). In questo modo non è più un acronimo, ma è una sorta di nome proprio. Si resta fedeli alla pronuncia storica, si evita il falso storico di usare l’acronimo obsoleto, ma non si è del tutto fedeli all’originale, che usa appunto l’acronimo.
In tutti i casi sarebbe comunque necessaria una nota esplicativa per chiarire le ragioni della scelta fatta.
Voi cosa fareste? Scegliereste “il LM”, “l’LM”, “il LEM” o “il Lem”? Scrivete il vostro parere nei commenti; meglio ancora, se volete partecipare a un sondaggio informale, mandatemi una mail a paolo.attivissimo@gmail.com con la vostra scelta nel titolo: basta che scriviate “il LM”, “l’LM”, “il LEM” o “il Lem”. Io farò la conta delle vostre mail e pubblicherò qui il risultato.
Ho pubblicato inoltre due sondaggi, su Mastodon e su X:
Sondaggio (versione corretta) per i libri lunari: come abbreviereste il nome del Modulo lunare? Spiegone: https://t.co/3CBYFoZvzN
— Paolo Attivissimo @ildisinformatico@mastodon.uno (@disinformatico) September 5, 2023
La vostra scelta è molto importante, perché l’editore sta per procedere non solo all’impaginazione di Carrying the Fire, che uscirà in tempo per Natale 2023, ma anche alla nuova tiratura delle autobiografie precedenti, Forever Young e L’ultimo uomo sulla Luna, che verrebbe fatta aggiornando il testo per includere questa scelta e uniformare i libri della collana. Grazie!
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.September 4, 2023
Chi c’è nello spazio? Aggiornamento 2023/09/04: 10 persone
Stanotte (ora italiana) sono rientrati sulla Terra, a bordo di una capsula Dragon di SpaceX, quattro astronauti (Bowen, Hoburg, Alneyadi e Fedyaev) che hanno trascorsos sei mesi nello spazio, nella Stazione Spaziale Internazionale.
Welcome home, #Crew6!
— NASA (@NASA) September 4, 2023
After six months of science and discovery aboard the @Space_Station, our Crew-6 team splashed down at 12:17am ET (0417 UTC) and will be picked up shortly by recovery teams. pic.twitter.com/zf635dfUKF
Questo è il comunicato stampa della NASA:
Stazione Spaziale Internazionale (7)After splashing down safely in a SpaceX Dragon spacecraft off the coast of Jacksonville, Florida early Monday morning, NASA’s SpaceX Crew-6 completed the agency’s sixth commercial crew rotation mission to the International Space Station. The international crew of four spent 186 days in orbit.
NASA astronauts Stephen Bowen and Woody Hoburg, as well as UAE (United Arab Emirates) astronaut Sultan Alneyadi and Roscosmos cosmonaut Andrey Fedyaev, returned to Earth at 12:17 a.m. EDT. Teams aboard SpaceX recovery vessels retrieved the spacecraft and its crew. After returning to shore, the crew will fly to NASA’s Johnson Space Center in Houston.
“After spending six months aboard the International Space Station, logging nearly 79 million miles during their mission, and completing hundreds of scientific experiments for the benefit of all humanity, NASA’s SpaceX Crew-6 has returned home to planet Earth,” said Administrator Bill Nelson. “This international crew represented three nations, but together they demonstrated humanity’s shared ambition to reach new cosmic shores. The contributions of Crew-6 will help prepare NASA to return to the Moon under Artemis, continue onward to Mars, and improve life here on Earth.”
The Crew-6 mission lifted off at 12:34 a.m. EST March 2, 2023, on a SpaceX Falcon 9 rocket from NASA’s Kennedy Space Center in Florida. About 25 hours later, Dragon docked to the Harmony module’s space-facing port. On May 6, the crew completed a port relocation maneuver to the Earth-facing port ahead of the arrival of a SpaceX Dragon cargo spacecraft carrying new solar arrays, science investigations, and supplies to the orbiting laboratory. The crew undocked from the space station at 7:05 a.m. Sunday, to begin the trip home.
Bowen, Hoburg, Alneyadi, and Fedyaev traveled 78,875,292 miles during their mission, spent 184 days aboard the space station, and completed 2,976 orbits around Earth. The Crew-6 mission was the first spaceflight for Hoburg, Alneyadi, and Fedyaev. Bowen has logged 227 days in space over four flights.
Throughout their mission, the Crew-6 members contributed to a host of science and maintenance activities and technology demonstrations. Bowen conducted three spacewalks, joined by Hoburg for two, and Alneyadi for one, preparing the station for and installing two new IROSAs (International Space Station Roll-Out Solar Arrays) to augment power generation for the station.
The crew contributed to hundreds of experiments and technology demonstrations, including assisting a student robotic challenge, studying plant genetic adaptations to space, and monitoring human health in microgravity to prepare for exploration beyond low Earth orbit and to benefit life on Earth. The astronauts released Saskatchewan’s first satellite which tests a new radiation detection and protection system derived from melanin, found in many organisms, including humans.
This was the fourth flight of the Dragon spacecraft, which was named Endeavour by retired NASA astronauts Bob Behnken and Doug Hurley on its first voyage for the agency’s SpaceX Demonstration Mission 2. The spacecraft will return to Florida for inspection and processing at SpaceX’s refurbishing facility at Cape Canaveral Space Force Station, where teams will inspect the spacecraft, analyze data on its performance, and prepare it for its next flight.
The Crew-6 mission is part of NASA’s Commercial Crew Program, and its return to Earth follows on the launch of NASA’s SpaceX Crew-7, which docked to the station Aug. 27, beginning another long-duration science expedition.
The goal of NASA’s Commercial Crew Program is safe, reliable, and cost-effective transportation to and from the International Space Station and low Earth orbit, which maximizes research time and increases opportunities for discovery aboard humanity’s microgravity laboratory and testbed for exploration, including helping NASA prepare for human exploration of the Moon and Mars.
Jasmin Moghbeli (NASA) (dal 2023/08/26)
Andreas Mogensen (ESA) (dal 2023/08/26)
Satoshi Furukawa (JAXA) (dal 2023/08/26)
Konstantin Borisov (Roscosmos) (dal 2023/08/26)
Francisco Rubio (NASA) (dal 2022/09/21)
Sergei Prokopyev (Roscosmos) (dal 2022/09/21, attuale comandante della Stazione)
Dmitri Petelin (Roscosmos) (dal 2022/09/21)
Stazione Nazionale Cinese (3)Jing Haipeng (dal 2023/05/30)
Zhu Yangzhu (dal 2023/05/30)
Gui Haichao (dal 2023/05/30)
Fonte aggiuntiva: Whoisinspace.com.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.August 31, 2023
Podcast RSI - Quando l’intelligenza artificiale dà voce a chi non ce l’ha

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico () e qui sotto.
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.
---
[CLIP: Dialogo fra Ann e il suo partner]
Quella che avete sentito non è la classica conversazione fra un utente e il suo assistente vocale. La voce femminile che risponde non è quella standard di Alexa, Siri o Google: è quella, sintetica, di Ann, una donna che ha perso la capacità di parlare in seguito a un ictus ma che ora può di nuovo comunicare a voce semplicemente pensando di parlare, grazie a una rete di sensori applicati al suo cervello e grazie all’intelligenza artificiale, che è l’unica tecnologia capace di interpretare la complessa attività dei neuroni e tradurla in suoni usando oltretutto la voce originale della persona.
È una delle tre storie di intelligenza artificiale che dà voce a chi non ce l’ha della puntata del primo settembre 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Le altre due riguardano l’idea di usare l’intelligenza artificiale per decodificare il linguaggio degli animali e uno strano esperimento di collage acustico in cui la voce di Elvis Presley, morto nel 1977, canta le parole di Baby Got Back di Sir Mix-A-Lot, classe 1992, sulle note di Don’t Be Cruel, classe 1956. Lasciamo stare un momento il perché di una creazione del genere, perché è molto più importante il come, che potrebbe decidere le sorti di tutto il mondo musicale nei prossimi anni.
Benvenuti. Io sono Paolo Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
L’IA che ridà la voce captando le parole pensateRestituire la voce a chi l’ha persa per malattia è ora possibile, perlomeno in alcuni casi specifici. Lo annunciano, con molta dovuta cautela, due articoli scientifici (A high-performance speech neuroprosthesis; A high-performance neuroprosthesis for speech decoding and avatar control) pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature, che raccontano le storie di Ann e Pat, due donne che avevano perso la capacità di parlare a causa della scleròsi laterale amiotrofica e di un ictus. Entrambe hanno una caratteristica particolare: non possono più articolare parole, ma ricordano perfettamente come si fa.
Ann e Pat si sono offerte volontarie per farsi impiantare dei sensori che rilevano l’attività dei neuroni delle aree del cervello associate ai movimenti facciali. Quando pensano di parlare, questi sensori captano i segnali di questa attività immaginata e li passano, attraverso un connettore, a un computer sul quale gira un software di intelligenza artificiale che li interpreta, riconoscendo i movimenti pensati, e poi riconosce anche quali suoni verrebbero prodotti da quei movimenti. Questi suoni, o fonemi, vengono infine convertiti in parole, che nel caso di Pat vengono mostrate su uno schermo, mentre nel caso di Ann vengono pronunciate da un sistema di sintesi vocale che usa campioni della sua voce tratti dal video del suo matrimonio e pilota un avatar digitale su uno schermo.
I risultati sono notevolissimi. Pat è in grado di comunicare alla velocità media di 62 parole al minuto e Ann arriva a 78, stracciando i record precedenti dei vecchi sistemi, che si fermavano a circa 15 parole al minuto. Per fare un paragone, una conversazione vocale normale procede a circa 160 parole al minuto, come il podcast che state ascoltando. Fra l’altro, i loro pensieri privati sono al sicuro: il software funziona solo quando Pat e Ann immaginano specificamente di parlare.
[Video: https://www.youtube.com/watch?v=iTZ2N-HJbwA]
Le apparecchiature presentate dai ricercatori in questi articoli sono ingombranti e richiedono alcuni mesi di addestramento, oltre a un delicato intervento chirurgico per impiantare i sensori, che poi tendono a spostarsi e richiedono frequenti ricalibrazioni, e il tasso di errore è ancora significativo. Ma l’idea stessa che basti ascoltare i segnali elettrici di meno di trecento neuroni per riconoscere una funzione complessa come parlare, e che sia possibile usare il software di intelligenza artificiale per decodificare questi segnali e captare parole pensate, è assolutamente affascinante e promettente. Il principio, impensabile dieci anni fa, è stato ormai dimostrato in pratica; ora si tratta di perfezionare e miniaturizzare questa tecnologia.
[Fonti aggiuntive: UCSF.edu; Ars Technica]
Si può usare l’IA per capire i linguaggi degli animali?Ormai da qualche tempo i vari software di intelligenza artificiale sono in grado di fornire traduzioni automatiche passabili da una lingua all’altra, almeno per i concetti elementari, espressi senza ambiguità, e da sempre chi ha un rapporto stretto con un animale ne riconosce i suoni caratteristici e viceversa molti animali hanno dimostrato di riconoscere una vasta gamma di suoni emessi da noi umani e di avere un sistema di comunicazione sofisticato.
Sarebbe possibile usare l’intelligenza artificiale per creare un traduttore che capisca per esempio il gattese, il delfinese o il cincese? Sì, perché le cince, a quanto risulta dalle ricerche, hanno una comunicazione sonora incredibilmente complessa e flessibile, e ce l’hanno anche i cani delle praterie, con vocalizzi specifici per comunicare concetti complessi come “la donna con la maglietta blu è tornata”.
A prima vista insegnare a un’intelligenza artificiale un linguaggio animale non sembra un problema insormontabile. Esistono software di traduzione fra lingue umane straordinariamente differenti per suoni o struttura, come il cinese e l’islandese, e il metodo tipico di addestramento di un’intelligenza artificiale consiste in sostanza nel prendere tantissimi dati di una lingua e dell’altra, quello che si chiama in gergo un corpus, e poi lasciare che il software trovi gli schemi e le correlazioni. Il successo esplosivo dei traduttori automatici, dopo decenni di fallimenti dei software di traduzione basati su vocabolari e regole di sintassi e grammatica, è dovuto in gran parte a questo approccio: dai a un’intelligenza artificiale un corpus di qualche petabyte di dati e ti tirerà fuori qualcosa di interessante. E procurarsi qualche milione di ore di registrazioni di “conversazioni" di gatti, delfini o cince non sembra particolarmente difficile.
Ma in realtà non è così semplice. Per addestrare un modello linguistico servono anche altri due elementi. Il primo è una comprensione almeno elementare delle correlazioni fra le due lingue: un cosiddetto corpus parallelo, una sorta di Stele di Rosetta che faccia da ponte e indichi come si dice per esempio “cibo”, “sole”, “pericolo” nelle due lingue. Senza questo corpus parallelo l’intelligenza artificiale può riuscire lo stesso a fornire traduzioni accettabili, ma con molta più fatica.
Il secondo elemento è la cosiddetta struttura concettuale latente. Come spiega Noah Goodman, professore di psicologia, informatica e linguistica alla Stanford University in una recente intervista a Engadget, nel tradurre da una lingua umana a un’altra diamo per scontato che certi concetti, come per esempio “uomo” o “donna”, esistano in entrambe. Non possiamo darlo per scontato nelle lingue degli animali, per i quali magari la distinzione fra uomini e donne è irrilevante come lo è per noi la differenza fra alligatori e coccodrilli, e senza questa struttura concettuale il problema si complica.
Tuttavia c’è una speranza: se i suoni degli animali vengono registrati in modo multimodale, ossia includendo anche il contesto, con informazioni come le condizioni ambientali, l’ora e il periodo dell’anno, la presenza di prede o predatori, allora è possibile usare l’intelligenza artificiale come ponte linguistico fra umani e animali. Lo si sta già tentando per esempio con i delfini, raccogliendo le posizioni relative dei singoli esemplari insieme ai loro suoni, e un esperimento del 2017 è riuscito a decodificare tramite l’intelligenza artificiale il lessico abbastanza limitato delle conversazioni delle scimmie note come callìtrice o marmosetta con un’accuratezza del 90 per cento.
Ma per il momento in generale i dati a disposizione sono troppo pochi e le risorse di calcolo scarseggiano. Nel prossimo futuro aumenteranno inevitabilmente, per cui la sfida è solo rinviata e chi sperava di portarsi a casa un collarino o un’app che traducesse esattamente cosa sta cercando di dirci Fido o Felicette dovrà aspettare ancora un bel po’.
Il vero problema, non tecnico, è che forse non abbiamo molta voglia di sentirci dire dagli animali cosa pensano di noi e di quello che facciamo a loro.
I cantanti clonati con l’IA non sono sotto il vincolo del copyright?[CLIP: “Elvis” canta Baby Got Back, https://www.youtube.com/watch?v=IXcITn507Jk]
La voce è quella di Elvis Presley, la musica è quella del suo brano classico Don’t Be Cruel del 1956, ma le parole sono quelle di Baby Got Back, un brano di Sir Mix-A-Lot che risale al 1992, quindici anni dopo la morte di Elvis.
Ovviamente il Re del Rock’n’Roll non può aver previsto i testi di Sir Mix-A-Lot e quindi la sua voce deve essere stata sintetizzata. Ma di preciso come si fa a ottenere un risultato del genere? Avrete già intuito che c’è di mezzo l’intelligenza artificiale, ma c’è anche moltissimo lavoro umano, e questo è molto importante per il futuro della musica in generale.
Il brano interpretato dal finto Elvis Presley è stato realizzato da Dustin Ballard, titolare del canale YouTube There I Ruined It e non nuovo a ibridazioni musicali di questo genere. Per prima cosa ha dovuto registrare il brano cantando lui stesso, con la sua voce, imitando lo stile ma non le tonalità di Elvis, e poi ha dato questa registrazione in pasto a un particolare modello di intelligenza artificiale dedicato alla conversione delle voci cantate, che è diversa dalla conversione del parlato. La parte strumentale, invece, è stata realizzata in una comune applicazione per la composizione di basi musicali.
Il convertitore, però, ha bisogno di campioni accuratamente selezionati della voce che deve produrre, e quindi è necessario prima di tutto procurarsi una serie molto ampia di registrazioni di alta qualità di quella voce, isolate dagli strumenti musicali di accompagnamento, cosa non proprio facile da ottenere. Su Discord ci sono comunità dedicate specificamente alla creazione di modelli vocali di persone famose, e Dustin Ballard ha usato uno di questi modelli, realizzato da Michael van Voorst, per la sua canzone dimostrativa.
Il risultato può piacere o non piacere, ma dimostra molto chiaramente che oggi è possibile creare a basso costo versioni di canzoni interpretate da voci sintetiche ispirate a quelle di cantanti celebri del passato o del presente, con tutte le implicazioni legali che ne conseguono. È abbastanza intuitivo che sia illecito o almeno discutibile usare la voce di qualcun altro senza il suo permesso, ma è meno intuitivo il paradosso del fatto che questa versione sintetica è libera di circolare, mentre quella originale, quella Don’t Be Cruel del 1956, è vincolata dal copyright e se tentate di condividerla su YouTube verrà bloccata dai filtri antipirateria su ordine della Universal Music Group. Rischiamo di essere sommersi dai cloni canori gratuiti, usabili senza problemi su YouTube o TikTok, mentre gli originali a pagamento sono sotto chiave e finiscono in disuso perché i video che li usano anche solo in sottofondo a una festa vengono bannati.
L’esperimento di Dustin Ballard rivela anche un’altra questione sulla quale ci sarà molto da discutere: il ruolo dell’intervento umano nelle creazioni sintetiche di questo genere. Il mese scorso una giudice federale statunitense ha stabilito che le illustrazioni generate dall’intelligenza artificiale, come per esempio quelle di Midjourney, non possono essere protette dalle leggi sul diritto d’autore, perché in queste produzioni manca completamente la mano umana. “La creatività umana è il sine qua non al centro della tutelabilità tramite copyright”, ha scritto nella sentenza.
Ma nel caso dell’Elvis sintetico la mano umana c’è eccome, e c’è anche la voce umana usata come punto di partenza, oltre alla scelta creativa di abbinare quella voce a quel brano e a quel testo. E nelle immagini sintetiche c’è l’intervento umano, che consiste nel comporre il testo del prompt, ossia della serie di istruzioni date all’intelligenza artificiale per guidarla nella generazione dell’immagine.
Per esempio, è un atto creativo sufficiente chiedere a un software di generare un’illustrazione dicendogli “Fai un dipinto di Tom Cruise vestito da marinaretto, a figura intera, mentre cavalca un unicorno pezzato muscoloso e rampante, sotto la pioggia, nello stile di Caravaggio”? In fin dei conti, contiene una serie di scelte umane forse discutibili ma sicuramente ben precise, un po’ come un collage prende pezzi di opere altrui ma li rimonta secondo le scelte del suo ideatore.




Dove stia il limite non è ancora chiaro, ma i tribunali verranno chiamati sempre più spesso a deciderlo, man mano che le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale si estenderanno. In attesa di queste decisioni, non ci resta che ascoltare un’altra delle creazioni, se così è lecito chiamarle, di Dustin Ballard e del suo software: la voce sintetizzata e inconfondibile di Johnny Cash che canta Barbie Girl a modo suo.
[CLIP di “Johnny Cash” https://www.youtube.com/watch?v=HyfQVZHmArA]
[Qualche altro esempio extra podcast, se questo non vi è bastato]
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.August 30, 2023
Pranzo dei Disinformatici 2023: tutti i dettagli per partecipare il 16 settembre alle 13

La data e l’ora si sapevano già dall’annuncio di giugno (16 settembre, ritrovo ore 13, inizio mezz'ora più tardi), ma ora ho ricevuto il placet del Sempiterno Maestro di Cerimonie, Martino, per comunicarvi tutti i dettagli: se vi interessa partecipare e informarvi sui dettagli (il costo, per esempio, dovrebbe essere intorno ai 40 euro a testa), scrivetegli a martinobri chiocciola outlook.it, indicando nome e cognome, eventuale nick utilizzato su questo blog e provenienza.
Anche quest’anno la Cena dei Disinformatici è in realtà un Pranzo: abbiamo visto che è un orario decisamente più pratico per tutti e soprattutto per chi viene da lontano.
Il Luogo Segreto ove si terrà il Lauto Pranzo verrà comunicato ai partecipanti: è comunque in zona Milano. I complottisti verranno filtrati all’ingresso usando l’infallibile Test della Monetina sul Braccio Vaccinato.
Come consueto, per la foto di gruppo a fine Pranzo verranno distribuiti i Censurex® 3000.
Ci vediamo!
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.Paolo Attivissimo's Blog
- Paolo Attivissimo's profile
- 5 followers
