Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 13
March 12, 2020
Diario dell’anno della pandemia. Giorno 4. «Dire addio ai propri cari»
Le notizie si susseguono veloci e gli scenari cambiano più volte nel giro di poche ore.
Ce ne sono volute meno ventiquattro alle istituzioni europee per smentire la numero uno della BCE, che con le sue improvvide dichiarazioni ieri aveva gettato nel panico le borse del vecchio continente: gli stati membri potranno contare su tutti i margini di flessibilità necessari per fronteggiare la crisi, con buona pace per Christine Lagarde e per le sue sanguisughe. Le piazze affari sono rimbalzate dopo il tonfo di ieri, ma hanno chiuso comunque in un bagno di sangue una settimana nera: Milano ha perso quasi un quarto del suo valore (-23,3%), Francoforte, Parigi e Londra non sono state da meno (rispettivamente -20,01%, -19,86% e -16,97%). I comparti più colpiti dagli effetti della pandemia sugli scenari globali: quello energetico (-29,15%) e quello turistico (-25,1%).
Meno di quarantott’ore sono quelle che ci sono volute al presidente statunitense Donald Trump per completare la sua giravolta, dal «virus straniero» e dal «rischio per il popolo americano è basso», a dichiarare lo stato d’emergenza. L’annuncio è arrivato quando ormai diverse autorità locali, tra cui lo stato di New York, avevano adottato lo stesso provvedimento. E Trump ha aggiunto che gli USA compreranno eccezionali riserve di petrolio, approfittando del calo dei prezzi – ‘sti cazzi.
Dodici ore ci sono volute invece alla UEFA per annunciare, dopo la chiusura di un turno surreale di Europa League, tra partite giocate e partite rinviate, per sospendere tutte le competizioni a tempo indeterminato. Il calcio si conferma una realtà parallela, un mondo virtuale in cui il mondo qui fuori non può fare altro che riflettersi e scoprirsi per quello che è: nella merda fino al collo.
Ma la notizia che batte di gran lunga qualsiasi altra cosa sia stata detta o fatta oggi è quella che arriva dalla nostra amata Terra di Albione, dove il primo ministro Boris Johnson ha annunciato misure drastiche per fronteggiare la pandemia: parlando alla nazione ha invitato il popolo a prepararsi, perché «molte famiglie perderanno i loro cari prima del tempo». Una strategia contro-intuitiva e potenzialmente catastrofica: l‘obiettivo dichiarato dai consiglieri scientifici del governo è maturare un’immunità di gregge attraverso un piano di mega-infezione che interessi almeno il 60% della popolazione britannica. Se non è un esperimento sociale questo, è uno dei frutti più avvelenati di Brexit: nella sua vocazione all’isolazionismo, il Regno Unito di Johnson & Co. potrebbe davvero trovarsi a usare i body bag accumulati in previsione dei più foschi scenari post-Brexit.
Persino la Premier League ha deciso di fermarsi, ma Downing Street tira dritto. E poco importa se in fondo alla strada che ha deciso di imboccare a fari spenti in piena notte e a tutta velocità possa esserci un muro.
E nel resto del mondo? Israele sta provando a formare un governo di unità nazionale dopo che le ultime elezioni non sono riuscite a definire una maggioranza nella Knesset, il governo del Nepal ha annullato tutti i permessi rilasciati per le spedizioni sull’Everest tra il 14 marzo e il 30 aprile, gli spettacoli di Broadway hanno annunciato la sospensione fino a metà aprile e la moglie del premier canadese Justin Trudeau, Sophie Gregoire, è risultata positiva al coronavirus e dovrà restare in isolamento per quattordici giorni.
In Italia oggi leggera flessione nell’aumento dei casi: +2.547 rispetto a ieri (contro i +2.651 di ieri), ma è presto per parlare di picco raggiunto. Il totale dei casi ha raggiunto i 17.660 contagi, i morti sono 1.266, i guariti 1.439. Dei 7.426 ricoverati, 1.328 pazienti sono in terapia intensiva: l’indice di saturazione sui 5.293 posti disponibili in terapia intensiva è quasi triplicato in una settimana, arrivando a toccare il 25,1%. Già oggi Lombardia e Marche viaggiano intorno al 75% delle rispettive capacità, ma se il trend di crescita non dovesse uscire dalla rampa lineare della sigmoide entro la prossima settimana, il peso sul sistema sanitario nazionale arriverebbe ai limiti della sostenibilità la settimana successiva, con una saturazione intorno al 65%.
Diario dell’anno della pandemia. Giorno 3. La catastrofe incombente
Altra giornata di numeri e annunci, o di conseguenze agli annunci. Dopo la nuova serrata decretata ieri sera dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella notte il presidente degli USA Donald Trump si è rivolto alla nazione in un discorso in diretta televisiva in cui ha annunciato la sospensione di tutti i voli provenienti dai paesi dell’UE per un periodo di trenta giorni, una misura «dura ma necessaria» per contenere «l’orribile infezione». Parole che segnano in qualche modo, nel suo stile bambinesco, superficiale e scriteriato, un deciso dietrofront rispetto ai tentativi di minimizzare nei giorni scorsi, ma che continuano a inanellare falsità attribuendo la causa della diffusione del virus ai paesi europei.
Il consulente del Ministero della Salute Walter Ricciardi, intervistato da Scienza in Rete, solo l’altro giorno non aveva usato mezzi termini per descrivere la situazione americana: «Prevedo che negli Stati Uniti sarà una catastrofe, perché lì il virus sta avanzando incontrastato. Di fatto lì non lo testano neanche, trattandosi di un sistema che non ha grandi risorse di sanità pubblica. Questo potrebbe far sì che fra una settimana-dieci giorni l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiari lo stato pandemico». Come abbiamo visto, la WHO (di cui Ricciardi è membro) ci ha impiegato poco più di ventiquattr’ore per intervenire.
Intanto sempre ieri Tom Hanks e sua moglie, in Australia per le riprese di un nuovo film, hanno annunciato sui social di essere positivi. New York e Chicago hanno annullato le popolari sfilate per il giorno di San Patrizio (17 marzo). E la NBA ha deciso di sospendere gli incontri dopo che un giocatore degli Utah Jazz è stato trovato positivo: qualcosa di analogo a quanto sta succedendo con la serie A in Italia, ma non con la UEFA che si sta ciecamente ostinando a far disputare gli incontri validi per i tornei europei.
Oggi, nel pomeriggio, nell’annunciare le disposizioni per contrastare la crisi, la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde si è lasciata andare a una frase che in molti hanno interpretato come una risposta “francese” al famoso «whatever it takes» del suo predecessore Mario Draghi. Le reazioni non hanno tardato ad arrivare, con le borse europee che hanno lasciato sul terreno oltre il 10% del loro valore precedente e Milano che ha chiuso addirittura a -16,92%, peggior risultato della sua storia. Wall Street non è stata da meno, malgrado l’annuncio della Federal Reserve di immettere nel sistema monetario 1.500 miliardi di dollari tra il 12 e il 13 marzo. Anche in questo caso la politica non è estranea dal tonfo dei mercati, grazie alla vaghezza delle misure annunciate dall’Amministrazione USA per contrastare la pandemia.
Sembra una risposta alle parole della presidente della BCE la nota diffusa in serata dal Quirinale, quasi un sussulto indignato che stride con la figura compassata e pacata del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e che rivelano forse molto più di quello che dicono:
#Quirinale, Nota del Presidente della Repubblica Sergio #Mattarella: pic.twitter.com/o3KbzlVmdv
— Quirinale (@Quirinale) March 12, 2020
In serata, infine, il presidente francese Emmanuel Macron ha rivolto un discorso alla nazione in cui ha definito l’epidemia da coronavirus «la più grave crisi sanitaria che abbia colpito la Francia nell’ultimo secolo», annunciando la chiusura di asili, scuole e università a partire da lunedì prossimo. Un bagno di realtà dopo gli eventi di massa degli ultimi giorni (dal raduno dei puffi in Bretagna… alle migliaia di tifosi del PSG che ieri sera si sono raccolti davanti al Parco dei Principi per incitare la squadra impegnata nel ritorno del turno degli ottavi di finale di Champions League con il Borussia Dortmud, disputato a porte chiuse), ma con misure che potrebbero rivelarsi drammaticamente tardive e necessarie di drastiche correzioni di rotta a giudicare dal trend di crescita dei contagi nel paese, arrivati a 2.284 casi.
Hanno superato la soglia dei 2.000 contagiati anche Spagna e Germania, mentre l’Italia ha fatto registrare un nuovo record, con 2.651 nuovi casi che portano il numero totale a 15.113 e più di mille morti. Dei nuovi casi registrati, 1.445 sono in Lombardia, regione le cui strutture sanitarie erano già molto stressate, che così arriva a 8.725 positivi, di cui circa 5mila casi in sole tre province: Bergamo, Brescia e Cremona. In rete ho scovato questa interessante dashboard realizzata in Power BI per monitorare l’andamento delle statistiche legate alla crisi in Italia.
Un senso di catastrofe incombente regna in queste ore sui titoli e le comunicazioni. Per valutare l’efficacia delle misure adottate negli ultimi giorni bisognerà aspettare ancora la prossima settimana, e forse anche quella successiva. Intanto si spera che i dati mostrino l’arrivo del picco nelle province lombarde, sarebbe un segnale incoraggiante, anche se potrebbe presto essere vanificato da un secondo picco in altre regioni, forse nel Lazio, o in Puglia, o in Sicilia, dove il governatore Nello Musumeci sta considerando l’ipotesi di armare una nave-ospedale per fronteggiare la crisi.
March 11, 2020
Diario dell’anno dell’epidemia della pandemia. Giorno 2. Estensione del dominio della crisi
Quindi alla fine è arrivato l’annuncio dell’OMS, o come la chiamerò d’ora in avanti, della WHO: l’epidemia da coronavirus è stata riconosciuta come pandemia. E si tratta della prima pandemia da coronavirus.
Intervenendo da Ginevra per il consueto bollettino giornaliero, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ricordato che nelle ultime due settimane i casi di contagio da COVID-19 sono aumentati di 13 volte, triplicando il numero di paesi colpiti.
«Ci sono attualmente più di 118mila casi in 114 paesi, e 4.291 persone hanno perso la vita. In migliaia stanno combattendo per la vita in ospedale. Nei prossimi giorni e settimane, ci aspettiamo un numero ancora più alto dei casi di COVID-19, dei morti e dei paesi coinvolti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha studiato giorno per giorno l’evoluzione della crisi e siamo profondamente preoccupati sia dal livello di diffusione e gravità raggiunto, che dall’allarmante livello di inazione. Per questo abbiamo deciso di dichiarare il COVID-19 come pandemia».
Diario dell’anno dell’epidemia. Giorno 2. Zona protetta
Dopo aver scavalcato la Corea del Sud l’altro giorno al secondo posto nella sinistra graduatoria dei paesi con più casi di coronavirus al mondo, da ieri l’Italia ha anche superato la soglia simbolica dei diecimila casi positivi rilevati. La Cina rimane davanti a noi con circa ottantamila casi, ma ormai da alcuni giorni non si registrano più casi al di fuori della provincia dello Hubei, che ha una popolazione confrontabile con quella dell’Italia e in cui si trova Wuhan (cuore di un’area metropolitana con circa 20 milioni di abitanti). I casi registrati in tutto il mondo sono centoventimila e sempre ieri si è registrato il millesimo caso negli Stati Uniti, anche se ci sono validi motivi per ritenere che il calcolo sia ampiamente sottostimato.
L’evoluzione nel tempo della graduatoria dei paesi colpiti è da vertigini:
Update of confirmed #COVID19 cases outside of China:#corona #coronavirus #CoronaVirusUpdate #Korona #koronawirus #Covid_19 #COVID2019 #coronavirusturkey #coronavirusitalIa pic.twitter.com/u75FE6Asgm
— Mahir Turan (@mhr_trn) March 10, 2020
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, anche se la sigla inglese di World Health Organization mi ispira un maggior senso di fiducia visti i miei trascorsi da whovian), fino all’altro giorno sempre molto prudente, ieri ha ammesso per voce del suo direttore Tedros Ghebreyesus che «la minaccia di una pandemia sta diventando molto reale». Non è più una questione di distinguo lessicali e schemi finanziari, ma di quando e come avverrà. Al punto che sempre ieri la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha aperto a un coordinamento centrale delle misure di contenimento e si starebbe pensando di creare un fondo da 25 miliardi di euro «a sostegno dei sistemi sanitari nazionali, delle piccole e medie imprese, del mercato del lavoro e delle parti più vulnerabili dell’economia», ma se basterà anche solo come misura iniziale diventerà chiaro nei prossimi giorni.
Dopo il vertice straordinario a 27 di von der Leyen, l’Italia, che è il primo paese al mondo a essere stato dichiarato «zona protetta» e intanto resta anche l’unico, ha annunciato che stanzierà un fondo di valore confrontabile, necessario per coprire l’assunzione di 20.000 medici, l’acquisto di macchinari per terapia intensiva e semi-intensiva, e le misure previste per sostenere le famiglie nell’accudimento dei figli in età scolastica e le imprese con sgravi fiscali. I dati diffusi ieri registrano un incremento più contenuto dei nuovi casi (meno di mille in tutta Italia), ma mancano i risultati di molti tamponi effettuati in Lombardia, che proprio negli ultimi giorni ha fatto registrare tassi di crescita impressionanti, soprattutto nelle province di Bergamo (che ha ormai superato Lodi) e Cremona, ma anche di Milano e Brescia.
L’Austria ha chiuso il Brennero agli automobilisti sprovvisti di certificato medico e ai treni internazionali, mentre in Vaticano Papa Francesco ha tenuto la prima udienza senza fedeli a causa dell’emergenza coronavirus.
Nell’area metropolitana di Bologna siamo ancora solo a 86 casi, per fortuna. Ma intanto molti esercizi commerciali hanno abbassato le serrande e quelli ancora aperti stanno contingentando gli accessi. Per le strade il traffico si è ridotto in maniera sensibile e i parcheggi che fino alla settimana scorsa scoppiavano di auto oggi sono mezzi deserti. Sembra che una qualche prudenza in più si stia usando, da parte se non di tutti almeno della maggioranza della popolazione.
March 10, 2020
Diario dell’anno dell’epidemia. Giorno 1. Italia Zona Rossa
Alla fine, com’era inevitabile, il governo ha esteso le misure d’emergenza a tutto il territorio nazionale. Le restrizioni pensate per frenare la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 e dell’infezione da esso causata (COVID-19), adottate nella notte tra sabato e domenica, si sono presto rivelate insufficienti. Non per la loro natura, ma per la natura delle persone a cui si chiedeva di rispettarle. Le disposizioni contenute nel DPCM dell’8 marzo 2020, anticipate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in una conferenza indetta per la notte di domenica e ripetutamente posticipata, erano state anticipate da una fuga di notizia che la CNN aveva subito chiarito provenire dall’ufficio stampa della Regione Lombardia.
A chiunque stia seguendo la vicenda dall’inizio, la strategia comunicativa delle autorità appare quantomeno di dubbia efficacia, se non proprio schizofrenica, caotica e disfunzionale. Ogni volta che un provvedimento viene adottato, qualcuno molto in vista che dovrebbe assolvere a una funzione rassicurante in virtù del suo ruolo (ministri, presidenti di regione, assessori, segretari di partito) incorre in qualche incidente comunicativo. Ma quello che è successo la notte dell’8 marzo ha del surreale, al punto da indurre molti a sospettare una manovra “occulta” dietro la fuga di notizie:
Ma l’ipotesi si che l’uscita delle #bozze sia stata un’azione di #infowar viene in mente a me solo perché sono paranoico? #coronavirusitalIa #COVID19italia
— vittorio zambardino (@zambafeed) March 9, 2020
Accanto alla guerra al virus si combatte quella dell’informazione, senza preoccuparsi se il sabotaggio dell’avversario politico possa avere più serie e gravi ripercussioni sul Paese. Lo dimostrano il video irresponsabile del Presidente della Regione Lombardia, la campagna fuori luogo sul più banale dei luoghi comuni dell’operoso Nord, lo sciacallaggio del capo in pectore dell’opposizione ai danni del governo in carica, per citare giusto tre esempi.
A un semplice cittadino chiamato alla responsabilità come chi scrive, l’effetto sortito dal DPCM di domenica scorsa, con migliaia di cittadini in fuga dalla Zona 1 verso le regioni del Sud ancora relativamente poco colpite dal virus e la rivolta ancora in corso in 22 prigioni, ha messo subito addosso un senso di disagio. Come anche le immagini circolate nei giorni scorsi della gente che affollava gli impianti sciistici delle Alpi o le spiagge della Liguria. Disagio amplificato dalle immagini dell’assalto ai supermercati della Capitale diffuse dopo l’annuncio del nuovo DPCM, in aperta violazione delle restrizioni previste nel decreto stesso.
È il 10 marzo 2020 e stamattina l’Italia si è svegliata trasformata in un’unica Zona Rossa. Siamo tutti chiamati alla responsabilità, dopo le prove di irresponsabilità diffusa e generalizzata che abbiamo saputo dare negli ultimi giorni, fino alle ultime ore della scorsa notte. E non è ancora chiaro in che modo il governo ha intenzione di far rispettare le sue disposizioni.
March 8, 2020
L’epidemia: il noir post-apocalittico di Per Wahlöö
[image error]Secondo dei due libri incentrati sulla figura del commissario Jensen, poliziotto inflessibile e apparentemente privo di sentimenti che sembra aver sacrificato l’empatia al rispetto ossessivo delle leggi e al totale assorbimento nel proprio ruolo, L’epidemia fu scritto nel 1968 dallo svedese Per Wahlöö, giornalista, traduttore, nonché padre riconosciuto del giallo scandinavo (come attesta inesorabile lo strillo di Jo Nesbø in quarta di copertina), quattro anni dopo Delitto al trentunesimo piano. Entrambi i libri, caratterizzati da uno stile piano e costruiti su dialoghi serrati, sono di fatto degli ibridi ante litteram, dei noir distopici, ambientati in un futuro imprecisato in cui un paese del Nord Europa mai nominato e dai tratti sfumati è entrato da decenni in un periodo di benessere consumistico, a cui si è accompagnato un volontario isolamento in campo internazionale.
È la società della Concordia, retta dal patto trasversale tra i due grandi blocchi politici dei conservatori e dei socialdemocratici per opporsi alla confinante minaccia comunista, un sistema che non ha davvero sconfitto la povertà e la miseria ma ha invece provato a nasconderle lontano dalla vista, e in cui il dissenso degli oppositori è tollerato nella misura in cui la stragrande maggioranza della popolazione è ormai indifferente, passiva e/o rassegnata all’egemonia della grande coalizione. L’unica piaga che affligge la Concordia sembra essere l’alcolismo, diffuso tra fasce sempre più ampie della popolazione, quando Jensen è costretto a lasciare il paese per sottoporsi a un delicato intervento chirurgico che ha programmato da tempo. Sono i primi giorni di settembre, e prima di partire Jensen fa in tempo a consegnare al suo sostituto l’ultimo ordine ricevuto nientemeno che dal capo della polizia. Contrassegnato dalla dicitura «Salto d’acciaio», il fascicolo prescrive l’arresto di quarantatré persone residenti nel Sedicesimo distretto.
Rimessosi contro ogni aspettativa, tre mesi più tardi Jensen è pronto a tornare in patria ma il suo aereo è costretto ad atterrare in un Paese confinante. Qui viene ricevuto da una delegazione del governo in esilio, da cui apprende che è accaduto qualcosa di terribile e di ancora non del tutto chiarito. Sembra che sia in corso un colpo di stato o comunque un’azione di ampia portata orchestrata dai comunisti. Il commissario deve rientrare di nascosto nella capitale e scoprire la verità. Ed è quello che farà, inarrestabile e senza fantasia, scoprendo presto uno scenario post-apocalittico in cui un’epidemia sembrerebbe aver decimato la popolazione e imposto uno stato di emergenza che ha condotto all’azzeramento di ogni forma di libertà. Per le strade innevate avvolte nella nebbia si aggirano pattuglie di medici e infermieri armati, pronti a trarre in arresto qualsiasi disobbediente: “Pensi ai migliori uomini e donne del Paese, vestiti di bianco, che vanno in giro su ambulanze ululanti. Come veri licantropi, anzi, come vampiri. Sanguisughe nel senso letterale del termine” [pag. 180].
L’epidemia, o comunque la catena di eventi che hanno portato al regime di terrore attuale, offrono a Wahlöö il pretesto per imbastire un solido discorso politico, che ha come bersagli primari il capitalismo e le sue espressioni/conseguenze sul piano sociale (la frenesia consumistica, la demolizione del welfare e il consolidamento del potere detenuto da una classe di reazionari sempre più avanti con l’età) e internazionale (l’imperialismo). Non è raro, nel corso di queste pagine, imbattersi in brani come questo:
Perché la cosiddetta Concordia non è mai stata altro che un bluff. È nata perché il vecchio presunto movimento socialista stava perdendo la presa sui salariati e sulla classe operaia. E in quel momento la socialdemocrazia ha venduto i propri elettori ai conservatori. È entrata nella grande coalizione, la coalizione della Concordia, come venne chiamata più tardi, solo perché una manciata di persone voleva aggrapparsi al potere. Ha abbandonato il socialismo, in seguito ha cambiato programma di partito e ha consegnato il Paese all’imperialismo e alla formazione del capitale [pag. 121].
Per venire a capo dell’enigma, il commissario Jensen dovrà scoprire cosa si nasconde davvero dietro la sigla «Salto d’acciaio» e cos’è il misterioso agente D5H da cui tutto sembra aver avuto origine. Per Wahlöö (1926-1975) costruisce un thriller magistrale, calato in un’atmosfera sospesa in cui il caos assume forme striscianti, sibilanti, raramente manifeste e truculente. L’ascesa di una tecnocrazia ospedaliera, intrisa di follia e dissociata dalla realtà, è descritta con note di colore e particolari dosati in maniera da esasperarne la lontananza, come la sfuggente figura del generale medico al vertice dell’organizzazione o la voce del servizio radio che dirama disposizioni alle ambulanze di pattuglia. A tratti, il realismo distopico di Wahlöö ricorda Gli immortali di James Gunn (prima edizione: 1964, nuova edizione riveduta e ampliata: 2004), in cui proprio l’estensione della vita guadagnata con le trasfusioni del sangue di un miracoloso donatore diventa il pilastro portante di un nuovo ordine politico e sociale. Ma il filone può essere fatto risalire a Stella rossa di Aleksandr Bogdanov (1908) e al suo collettivismo fisiologico basato sulla scambio di sangue.
L’epidemia è un libro che racconta con lungimirante lucidità il controllo sociale, la manipolazione degli strati più deboli ed esposti della popolazione e la spregiudicatezza del potere politico, e di questi tempi la lettura si arricchisce anche di inevitabili risonanze con l’attualità. Scritta più di 52 anni fa, l’indagine distopica di Wahlöö non è invecchiata di un solo giorno.
L’epidemia , Per Wahlöö (2014, pp. 216). Traduzione di Renato Zatti.
March 2, 2020
Ulay, Oh
Frank Uwe Laysiepen, in arte Ulay, è morto oggi a Lubiana. Aveva 76 anni. Nel corso della sua carriera dedicata alla performance art aveva legato indissolubilmente il suo nome a quello di Marina Abramovic: compagni nella vita e nell’arte, avevano concepito e realizzato esibizioni difficili da dimenticare, fino alla separazione suggellata dall’incontro al centro della Grande Muraglia Cinese, dopo tre mesi di percorso a piedi (The Lovers). Quando si ritrovarono, 22 anni più tardi, dopo battaglie legali e tensioni personali, andò così, e con la canzone di How I Became the Bomb a fare da colonna sonora dell’incontro è probabilmente la cosa più bella che vedrete oggi:
February 29, 2020
Captive State: resistere ai tempi dell’occupazione extraterrestre
Captive State è un film del 2019 passato pressoché in sordina, complici i toni non proprio entusiastici delle recensioni che ne hanno accompagnato lo sbarco in Italia e il flop al botteghino registrato in patria. Con un budget di 25 milioni di dollari, non è arrivato a racimolarne nemmeno 6 nelle sale americane e ne ha raccolti meno della metà nel resto del mondo, fermandosi a poco più di 8 milioni e mezzo nel computo totale e segnando una dura battuta d’arresto nella carriera del regista Rupert Wyatt (qui molto apprezzato per il rilancio del franchise del Pianeta delle scimmie).
Cosa sia andato storto nella distribuzione di Captive State è difficile da stabilire. Dalla visuale limitata della mia esperienza personale, posso solo testimoniare di esserne venuto a conoscenza solo a quasi un anno di distanza dalla data d’uscita nelle sale, in seguito all’inclusione del titolo nella programmazione di Sky (mea culpa, Carmine Treanni e Silvio Sosio ne avevano comunque parlato su Fantascienza.com, qui e qui, ma mi era sfuggito). Eppure stiamo parlando di una produzione del gruppo Amblin di sua maestà Steven Spielberg, forte del coinvolgimento di grandi attori come John Goodman e, seppur in una parte piuttosto sacrificata, Vera Farmiga (The Manchurian Candidate, The Departed, Source Code, la serie horror The Conjuring). Scritto dallo stesso Wyatt con Erica Beeney, il film ha diviso la critica: tra i favorevoli e i contrari, mi schiero con decisione dalla parte dei primi.
Anno 2027: la Terra è sottoposta da quasi dieci anni al regime di occupazione di una razza di invasori alieni che si sono insediati in enormi e inaccessibili habitat sotterranei. Il primo contatto si è risolto in maniera decisamente traumatica per la specie umana. Giunti sul pianeta nel 2019, gli invasori hanno instaurato un po’ dappertutto governi collaborazionisti e imposto ai terrestri il controllo di un parassita biosintetico e di sciami di droni in grado di rivelarne in ogni istante la posizione, soggiogandoli in un’opera di sfruttamento intensivo e senza precedenti delle risorse minerarie della Terra. Tutte le leggi promulgate da questi governi sono ispirate dai dominatori extraterrestri, che per questo vengono denominati Legislatori.
La storia si svolge a Chicago, ai margini di una delle principali Zone Chiuse riservate ai Legislatori. William Mulligan (John Goodman) è un comandante della polizia locale sulle tracce di una cellula della resistenza, un’organizzazione chiamata Phoenix che si oppone al governo di occupazioni. Le sue radici sono nel distretto operaio di Pilsen, che dopo l’invasione è diventato una specie di ghetto, in cui vive anche il giovane Gabriel Drummond (Ashton Sanders), che ha visto i genitori uccisi dagli alieni e che si trova suo malgrado coinvolto in un’operazione del gruppo Phoenix. Il ragazzo si trova così davanti a una scelta non semplice tra la tranquilla rassegnazione e il vincolo di sangue con suo fratello, che lo condurrà a incrociare ripetutamente la strada con Mulligan, il cui obiettivo è smascherare il Numero Uno al vertice dell’organizzazione clandestina.
Captive State è un film che procede a ritmo serrato, riuscendo a tenere desta l’attenzione dello spettatore e a nascondere il vero volto dei protagonisti fino alle battute finali, in una rivelazione che lascia spiazzati ma che non risulta affatto forzata. Malgrado il budget, gli invasori vengono mostrati raramente, ma con poche apparizioni e una manciata di dettagli particolarmente ben congegnati (il parassita organico, il sistema di controllo imposto alla città, le possenti astronavi mostrate di sfuggita) la regia di Wyatt riesce a rafforzare il senso di estraneità che ci si aspetta da imperscrutabili intelligenze aliene. Malgrado l’insuccesso ai botteghini, la pellicola si ritaglia così un posto di riguardo tra le recenti produzioni fantascientifiche, miscelando abilmente primo contatto, distopia e thriller.
Tra dilemmi morali e metafore del capitalismo della sorveglianza, Captive State elabora uno dei più cupi scenari politici visti negli ultimi anni, che in qualche modo echeggia sia la stilosa distopia di Anon allestita da Andrew Niccol (per il tema della sorveglianza e della resistenza clandestina) che l’opprimente regime collaborazionista di Torchwood: Children of Earth di Russell T Davies. E probabilmente conferma che Spielberg, nonostante i buoni propositi e risultati degni di rispetto, farebbe meglio a restare alla larga dalle produzioni a base di extraterrestri invasori.
February 22, 2020
L’uomo è antiquato
Come un pioniere, l’uomo sposta i propri confini sempre più in là, si allontana sempre più da se stesso; si “trascende” sempre di più – e anche se non s’invola in una regione sovrannaturale, tuttavia, poiché varca i limiti congeniti della sua natura, passa in una sfera che non è più naturale, nel regno dell’ibrido e dell’artificiale.
Günther Anders, L’uomo è antiquato
Metto il punto finale a un racconto a cui ho lavorato per un mese in cui sono riuscito a far confluire molti dei miei interessi degli ultimi anni: l’ascesa di una superintelligenza forte in grado di prendere il controllo sulla storia dell’uomo, il contatto con civiltà tecnologiche avanzate extraterrestri, l’ingegnerizzazione dell’umanità in chiave postumana, le pulsioni autodistruttive insite nella nostra natura, il pessimismo cosmico di Lovecraft e Ligotti. In diecimila parole.
Il sabato ideale.
January 19, 2020
Neon Future
A Chiba aveva visto svanire in due mesi di consulti e di esami i suoi nuovi yen. Gli esperti delle cliniche clandestine, la sua ultima speranza, avevano ammirato la maestria con cui l’avevano menomato, poi avevano scosso lentamente la testa.
Adesso dormiva negli alberghi bara più economici, quelli vicini al porto, alla luce dei riflettori alogeni che rischiaravano i moli tutta la notte come fossero enormi palcoscenici, là dove non si potevano vedere le luci di Tokyo a causa del bagliore del cielo televisivo, neppure il torreggiante ologramma della Fuji Electric Company, e la baia di Tokyo era una nera distesa in cui i gabbiani volteggiavano sopra masse di bianco polistirolo espanso alla deriva. Dietro al porto iniziava la città, le cupole delle fabbriche dominate dagli enormi cubi delle arcologie delle multinazionali. Il porto e la città erano separati da una stretta linea di confine fatta di strade più vecchie, un’area che non aveva un nome ufficiale. Night City, con Ninsei nel suo cuore. Durante il giorno i bar di Ninsei erano chiusi e anonimi, i neon spenti, gli ologrammi inerti, in attesa sotto il velenoso cielo argento.
Tratto da Neuromante, William Gibson
(Mondadori, 2011 – traduzione di Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli, pagg. 8-9)
In questa galleria di Stefano Gardel, fotografo italiano basato in Svizzera, l’immaginario distopico e le atmosfere cyberpunk di film come Blade Runner e Akira rivivono negli scatti notturni presi per le strade di Tokyo e Osaka. L’abbinamento con le parole di Gibson è inevitabile.
Nostalgia di un futuro già passato.
Altre magnifiche composizioni (incluse le gallerie Dystopia, Electric Lines, Looming Kowloon e Pervading Darkess) sul suo sito.