Anastasia Anastasia’s Comments (group member since Jan 21, 2012)


Anastasia’s comments from the Reading Challenges group.

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Apr 28, 2020 05:26AM

62280 Finito Lo spirito dell'illuminismo di Todorov.
Si tratta di un saggio di storia delle idee, fondamentalmente, con l'intento di mostrare come l'apparato di idee illuministiche si possa rapportare con il presente. Cos'è cambiato? E quali concetti vanno salvaguardati?
Todorov procede in punti, analizzando vari concetti cardine dell'epoca illuministica, illustrando i dibattiti interni ai contemporanei per ognuno di esso, ma anche le risposte più tarde, i modi in cui essi si sono poi evoluti fino ad oggi. A capo c'è il progetto generale (con i rifiuti che ne sono divenuti, qualcuno posto in modo corretto rispetto all'essenza dell'illuminismo, altri che hanno preso una deriva estrema di esso scambiandola per la corrente principale e dando dunque obiezioni un po' meno pertinenti) innanzitutto. Più nel dettaglio il concetto di autonomia, da quella di pensiero a quella politica. Il concetto di laicità, dunque l'importanza della separazione tra potere temporale e potere spirituale e di un governo che garantisce certi servizi, ma non diventa invasivo sulla morale né paternalistico (sono mostrati esempi di deriva del governo, simil-totalitario proprio per la sua pretesa di controllare l'interezza della vita dell'individuo, già da Robespierre per poi passare ai governi totalitari del Novecento, e altri accenni all'oggi tramite i governi islamici). Il concetto di verità, di separazione tra il vero e il bene, e di dubbie derive anche qua, tra moralismo e scientismo, e si mostrano anche qua, poi, l'evoluzione dove il vero è sottomesso all'utile del governo o a un preteso bene per tutti, sia nel Novecento, ma tristemente anche oggi, dove lo stesso concetto di verità si è fatto tristemente meno rilevante nella cultura dei media e del potere (si fanno accenni giusti alla politica statunitense, utilitarista, che mi hanno fatto venire in mente un intero saggio dedicato al concetto di verità in tempi contemporanei, e come è "decaduta", cioè La morte della verità. La menzogna nell'era Trump - Trump è la deriva estrema della totale irrilevanza del concetto di verità, Todorov ne sarebbe sconsolato!). Il concetto di umanità, e come l'epoca religiosa che voleva Dio sopra tutto si è sostituita ad etiche più terrene, con al centro l'uomo che compie autonomamente il proprio percorso, senza rinunciare a valori cardine per molti pensatori illuministi come l'amore per il prossimo e l'importanza fondamentale della felicità tramite gli affetti. Infine il concetto di universalitàillustrando la teoria del diritto naturale ai tempi di Hobbes, Hume e poi fino al '700 e oltre, ove tutti gli esseri umani, proprio in quanto umani, hanno dei diritti fondamentali al di là di divisioni di genere, di nazione e altro. Un ultimo capitolo è dedicato ad analizzare perché l'illuminismo sia nato proprio in Europa e se per caso il contesto europeo è stato indispensabile per far sorgere questo tipo di pensiero, di cultura (spoiler: sì, lo è, e devo dire che le riflessioni sulla pluralità insita nel continente europeo, con le sue conseguenze e pregi mi sono piaciute molto).

Saggetto scritto in modo scorrevole, e com'è solito per lo stile di Todorov (che è più uno storico che un filosofo), è sicuramente leggibile anche senza essere esperti o molto navigati, fornendo anzi molte nozioni di base sull'illuminismo. Direi che è accattivante anche per il suo tentare di rapportarsi al presente, attualizzare, e non solo fare un resoconto storico. Non direi nemmeno che semplifica eccessivamente nel tentativo di stare in un breve volume o di fare un'ala panoramica, anzi, ammiro Todorov per la capacità di concentrazione efficace, senza sacrificare a osservazioni più dettagliate, ad esempi o paragrafetti dedicati a interventi, pensieri, opinioni singole di autori e particolari eventi storici tra epoca moderna ed epoca più contemporanea usati come esempio. L'approccio riflessivo dell'autore è un valore, dato che è una prerogativa che attraversa tutta la sua opera rielaborare il passato cercando di vederne l'utilità per il presente. Direi che come libro è piacevole anche a chi, come me, aveva già le nozioni dei cardini illuministici, proprio per questo modo di rielaborare di Todorov e per il fatto che qui e là fa considerazioni e integrazioni di particolari interessanti.
Apr 26, 2020 04:30AM

62280 Antonella wrote: "Se posso usare la preposizione articolata “della”, mi aggancerei a Pierre con il libro di Simenon “Il cavallante della Providence”. Link al libro:
https://www.goodreads.com/book/show/9...
Attend..."


Antonella, non credo vada bene. Da regolamento: "sono esclusi gli articoli, preposizioni, pronomi, congiunzioni".

Se ci ho preso, provo ad agganciarmi a Pierre con Lo spirito dell'illuminismo di Tzvetan Todorov (stesso luogo di nascita dell'autore: Bulgaria).
Apr 26, 2020 04:27AM

62280 Ho finito Passione di Jeanette Winterson.
Verso questa scrittrice mi trovo di nuovo in una disposizione ambivalente. Sicuramente Winterson ripudia l'ordinario. Tant'è che nei suoi saggi sull'arte dice chiaramente che la corrente letteraria vittoriana o in genere "realista", come la definisce lei, avrebbe travisato il più alto fine dell'arte che non dovrebbe essere di pallida resa della vita quotidiana così com'è (non ne gradisce, insomma, la svolta un po' empirista accaduta al nascere del romanzo nel '700), ma dovrebbe trascenderla, altrimenti non è "arte", e in altre interviste in modo confuso vorrebbe ripudiare addirittura di scrivere "novels", romanzi, nonostante sappia che il romanzo è anche quello modernista di Virginia Woolf, suo grosso apprezzamento che io condivido, e di cui si sente ereditiera. Winterson è un po' così: le mezze misure non le piacciono né tantomeno un atteggiamento razionalista, esattamente come accade per i suoi personaggi. Un'autrice che, sin dal titolo, fa del sentimento, della passione più profonda, delle forme d'amore il suo leitmotiv, mettendo in secondo piano l'importanza della trama (e per questo si rifa ai modernisti) per far trionfare, spesso, la poesia dei sentimenti. Passione, romanzo (lo è!) storico, si divide in due grossi "centri": Henri e Villanelle. Henri è un uomo semplice, campagnolo, che si arruola nell'esercito di Napoleone, nei tempi d'oro della sua impresa di conquista. Henri è un ragazzo ingenuo, per certi versi, che però cova una sorta di naturale predisposizione alla passione, che cerca finalmente un canale in cui riversarsi, e la figura del leader Napoleone è il suo pretesto. Tuttavia Winterson mostrerà nella sua storia gli orrori della guerra, l'egoismo del leader politico e la sua egomania, raccontando allora anche il progresso di un sentimento d'amore - pur in veste storico-politica. L'altra parte è di Villanelle, figlia di un gondoliere veneziano, appassionata del gioco, dell'avventura, in un certo senso, che si innamora invece di una donna, vivendo un amore fulmineo ma vincolante, decisivo per tutta la sua vita. I due destini dei personaggi si intreccieranno, dalla Russia e poi di nuovo a Venezia.
Winterson scavalca infatti la narrazione prettamente documentaria che è lo standard di un romanzo storico, non le interessano tanto i fatti in sé stessi o una scrupolosa narrazione del progresso degli eventi storici, di un certo sentore del tempo o altro. I luoghi e i personaggi storici sono pretesti, seppur mai inseriti a sproposito, per una sorta di geografia dell'anima. Venezia non è quella vera, è una venezia fiabesca, specchio del personaggio Villanelle, labirintica, amica dell'oscurità, città dell'astuzia, della scaltrezza (in bene e in male), della passione per il gioco d'azzardo e per il rischio. Una città, insomma, della smaliziata Villanelle (di contro al più "puritano" e semplice Henri). La vera avventura chiaramente è quella della passione, in un ventaglio di sfumature: da quella religiosa della madre di Henri, con quel senso del sacro che per Winterson può essere trasposto nell'amore per un altro essere umano, in tutto c'è l'importante scoprirsi, rivelarsi di sé stessi. La venerazione di Winterson per il senso di sacralità che si può provare nelle proprie vite, per le "alture" sentimentali che possiamo provare è commovente, apprezzo anche la sua devozione all'arte. La mia disposizione è ambivalente semplicemente per gusto personale, Winterson scrive bene, tant'è che lessi Scritto sul corpo ed era un tripudio di frasi da sottolineare, di bellezza immortalata sul sentimento amoroso (a cui, in quel romanzo, si dedicava ancora più totalmente, dallo stile alla, ancora più "esile" storia), tuttavia è una personalità un po' sopra le righe, dove a volte lo stesso stile sentimentale (ma nient'affatto stupido, anzi, contiene sempre una certa consapevolezza e capacità di coglierne le sfumature, anche ammirevole) sfora qualche volte nello stucchevole. Il suo modo di inserire derive fiabesche, fantastiche sempre in comunanza con l'amore mi risulta lontano, qualche volte anche un po' caricato - conseguenza d'altronde plausibile se si pensa che i personaggi sono accomunati dal rigettare le "passioni tiepide", un po' come Winterson rigetta la resa dell'ordinario nei romanzi - con delle scelte stilistiche/idee narrative che non mi risuonano. Come dire, per una maggior parte sì, qualche volta arriccio il naso.
Interessante e bella tutta la parte anche sul tempo, sui ricordi, su come cambia il proprio concetto di futuro, presente e passato, specialmente in Henri.
Apr 17, 2020 06:17AM

62280 Mi aggancio a Rowi con Passione di Jeanette Winterson. Stesso genere: romanzo storico.
Apr 17, 2020 06:15AM

62280 Finito Persepolis di Marjane Satrapi.
Bella storia di vita, di crescita, e allo stesso tempo di un paese con le sue lotte, l'Iran. L'autrice è protagonista della storia, che sostanzialmente è la sua biografia. Satrapi percorre un lasso di tempo che va dalla fine degli anni '70, la sua infanzia, con i sconvolgimenti politici che porta, e va fino all'inizio degli anni '90, quando ormai è una donna adulta. Mi è piaciuto come la narrazione, nonostante si tratti di eventi del passato per l'autrice, è sempre pari passo con la sensibilità che lei aveva nel momento in cui ha vissuto gli eventi. E viene reso con semplicità eloquente nei disegni: il tratto non è raffinato, ma allo stesso tempo riesce subito, attraverso una particolare vignetta, un'espressione, a rendere talvolta anche l'orrore di alcuni momenti (ad es. la vignetta nera, o parti senza dialogo o didascalie dove mancano davvero le parole per raccontarlo, come accade in alcune retate). Satrapi fornisce anche tutte le informazioni di contesto, avvicinandosi talvolta esplicitamente al lettore con il suo personaggio dal ditino alzato che precisa dei fatti storici di allora che danno un senso, magari al lettore contemporaneo disinformato, ai fatti altrimenti non subito chiari. Il contesto politico è sempre presente ma assolutamente accessibile, confluisce nella narrazione di vita della protagonista, accattivante devo dire. C'è l'ingenuità dell'infanzia, che recepisce eventi più grandi e complessi con i propri schemi; ma c'è anche la crescita, l'adolescenza, e soprattutto mi è piaciuto tutto l'aspetto riguardante l'integrazione. Una parte della storia è ambientata infatti in Europa, dove Marjane fa il liceo, lontana dai pericoli del proprio paese per volere dei genitori. Bella onestà, devo dire, resa di nuovo in modo semplice eppure efficace, attraverso varie abitudini, i gruppetti inevitabili che si formano a scuola e dove Marjane cerca di integrarsi. Il fatto è che non riuscirà mai a integrarsi davvero tra i coetanei europei: è pur sempre un'iraniana cresciuta in un contesto tradizionalista e islamico che si ritrova, di colpo, davanti a un mondo dove non c'è la stessa reverenza familiare, non c'è lo stesso concetto di sessualità, del corpo e soprattutto dove lei sarà sempre e comunque diversa dagli altri (e in fondo diversa lo è anche tra i compaesani coetanei, per il suo carattere, più consapevole di altre e immune a tante mode). Ci sono anche le vere e proprie "hipsterate" di tanti ragazzini, ognuno identificato con una particolare sottocultura (punk, intellettuale di sinistra ma senza nozione reale, ecc) -, e c'è anche la foga di provare ad ambientarsi, dove rischia di perdere qualcosa di sé. Tuttavia l'importante formazione offerta in Europa sarà influente anche nel ritrovato contesto iraniano, riuscendo ad essere mai troppo occidentale in Occidente e mai troppo a casa in Iran. In fondo, alla fine, tanto dipende proprio dalle difficoltà di un paese oppressivo, che toglie tante libertà, obbliga alla fuga, al cercare casa in un altro paese nonostante non possa essere mai come la casa natale, ma anche a scelte di vita precoci, che non rispecchiano il proprio sentire. La storia di Satrapi è anche il faticoso cammino di una bambina, ragazza e poi donna di carattere che cerca di raggiungere anche un maggiore equilibrio con sé stessa in un contesto storico dove questo, magari, è cento volte più difficile, cercando di riallinearsi con ciò che è veramente, prendendo un po' da una cultura, un certo modo di pensare libero, e un po' dal calore dei propri affetti familiari e le abitudini, i pensieri e i valori che si portano dietro. Come in ogni storia di vita, c'è l'amore, di coppia, filiale, genitoriale, l'amicizia. Una storia "calda" in questo senso (nel senso inglese di "warm"), senza rinunciare ad una naturale ironia che spesso stempera rispetto al drammatico contesto.
Apr 14, 2020 10:19AM

62280 Anna [Floanne] wrote: "❌Allora ho sistemato il primo post e gli ultimi tre agganci non vanno bene perché l’ultimo titolo accettato era quello di MonicaEmme.❌"

Credo sia solo una svista di Alice nel riportare il nome dell'ultima che ha agganciato. Infatti le iniziali che ha giocato, RB, sono quelle di Robert Bloch - Psycho che è l'aggancio di MonicaEmme.
Apr 14, 2020 08:44AM

62280 Mi aggancio ad Abc con Persepolis di Marjane Satrapi. Stesse iniziali.
Apr 13, 2020 04:35PM

62280 MonicaEmme wrote: "Mi aggancio a @Daniele con Carrie per stesso luogo di ambientazione (Stati Uniti)"

Hmm. Ho un dubbio, @Floanne: per il criterio del luogo di ambientazione vale il generico Stati Uniti o è come il luogo di nascita dell'autore, cioè che nel caso di USA vale il singolo stato?
Qua son diversi, uno è NY e l'altro è il Maine.
Apr 12, 2020 04:32AM

62280 Buona Pasqua a tutti! :)

Finito Acquadolce di Akwaeke Emezi.
Bellissimo esordio letterario di un'autrice nigeriana, contenta di averlo finalmente letto. Non è una lettura facile, ma non tanto per via del peculiare punto di vista narrante, ma per il dolore contenuto. La storia è quella di Ada, nella cui persona vivono più entità. La narrazione è fatta dagli dei, derivanti dalla mitologia igbo, che la abitano, definiti "Noi" a tratti e in altri, specialmente durante l'età adolescenziale e adulta di Ada, con "Asghara", e che hanno un po' la forma dei trickster che anche la mitologia occidentale, ad es. greca, conosce. Secondo la loro narrazione, questi dei son rimasti come incastrati in questo mondo, se non proprio nel corpo di Ada, essendosi chiuse incomprensibilmente le porte del loro, per tornare dalla madre Ala. C'è il dramma del vivere chiusi in un corpo, nella carne, quando s'era abituati a più grandi e indefinite vastità. C'è il dramma dell'essere sconvolti dalle tante entità che vivono in un solo corpo, tant'è che molti hanno riletto il libro come un libro sulla malattia mentale, sulla "personalità multipla" in senso psichiatrico e non soprannaturale. Tuttavia io credo che l'autrice non dia volontariamente una lettura univoca, anzi, si mantenga molto bene in quel confine tra un romanzo soprannaturale e un romanzo invece molto psicologico, con tutta la realtà del vivere dilaniati da dentro, del vivere le relazioni, del sopravvivere ai propri conflitti esterni e con tanti cocci rotti sulla scia. L'abuso prende strade diverse: degli dei, o se si vuole di Ada, su sé stessa (c'è autolesionismo in più tratti, ma anche quella capacità che hanno gli umani di farsi del male cercando deliberatamente i propri coltelli nel mondo là fuori, con persone cattive, sfruttanti, e altro). Il romanzo è una polifonia ed è anche una sorta di affermazione autobiografica dell'autrice, che porta dentro il romanzo istanze di non-binarietà di genere (lei è trans) e rielaborazioni di eventi che ha vissuto davvero. Da polifonico qual è è anche un bel romanzo sull'impossibilità di tracciare netti confini identitari, del fatto che non esista una sola versione di sé, ma tante, ma anche della difficoltà di governarsi e di cercare una luce, insomma, alla fine del tunnel, del proprio inferno personale, con il problema di convivere con le proprie instabilità, le tante voci dentro di sé, qui caricato a mille nella traccia soprannaturale chiaramente per il tema del politeismo incarnato e che preme, graffia, svaluta il corpo in cui vive e ne fa strumento, con quel capriccio che conosciamo nei dei greci, per quanto non in modo così interiore, carnale, di spettro covato nelle profondità della mente; o caricato a mille per il tema psichiatrico se si accetta questa via interpretativa. Il corpo come prigione è costante, essendo continuo il punto di vista degli dei, ma si rilegge anche nel senso più prettamente "umano", da parte di un'autrice che ha ben sentito d'altronde proprio la prigione del corpo e di ciò che impone la società su di esso.
La traccia mitologica è interessante, e in alcune parti davvero assume tratti peculiari, immaginativi, con uno stile che sa ben rendere come gli dei siano sparsi, frammentati all'interno della carne di Ada, fino alle ossa, alle pareti corporali interne, ma anche soltanto la gestione narrativa di più personalità (lei stessa ha riferito nei ringraziamenti che sul piano soprannaturale è stato come il lavoro di un attore dall'Actor's Studio) con i loro caratteri precisi, riconoscibili e come si facciano carico degli impulsi contraddittori all'interno di Ada; in genere una trattazione e scrttura intensa e sempre credibile. Lo stile in generale è davvero notevole per un esordiente, e se già questo è il primo risultato, chissà che cosa può ottenere con l'esperienza, in futuri romanzi.
Apr 01, 2020 05:10AM

62280 Mi aggancio con Acquadolce di Akwaeke Emezi (stesso anno di pubblicazione: 2018).
Mar 30, 2020 02:57PM

62280 Finito Gli uccelli di Tarjei Vesaas.
Il filone è quello dello "scemo del villaggio", "dell'idiota", di colui che è affetto da ritardo mentale, ma che ha anche una sensibilità spiccata che gli altri non comprendono. Mattis vive nel bosco - un setting quasi fiabeso, di vita ancora connessa ai tempi del raccolto, dell'approvigionamento diretto di risorse naturali, di familiarità con il ciclo naturale - con la sorella Hege. Nel silenzio si consuma una vita familiare tristemente vincolante per la sorella: viene sempre mostrata mentre sferruzza, per fare maglioni che diano delle entrate alla famiglia, dal momento che Mattis non lavora. Nei suoi non-detti c'è l'amarezza della solitudine, di una vita sacrificata, addirittura, per lei, "insensata", senza prospettive, e tanta incomunicabilità, dal momento che non riesce a comunicare normalmente con il fratello, non si trova affatto con lui ed ormai si limita a tollerarlo pazientemente. Mattis infatti è consapevole di essere considerato da poco dagli altri, si trova, anzi, quasi braccato, intimidito proprio dai recinti angusti di un villaggio dove tutti conoscono tutti, e dunque dove tutti conoscono lui, tacitamente un po' ne ridono, per quanto si mostrino gentili. Proprio la sua spiccata sensibilità lo fa soffrire, il fatto stesso di essere conscio di non essere in grado di lavorare come gli altri, di non essere molto "sveglio", "pronto d'intelletto" (tant'è che tutti gli altri, fondamentalmente, son chiamati da lui "gli intelligenti" con genuina ammirazione), lo fa eludere i contatti sociali, molto spesso, le occasioni di dover esporsi e temere un'umiliazione, la vergogna, nonostante mai nessuno nella narrazione lo tratti davvero malamente. In ciò che sottosta, nel non-detto, ma avvertito da lui si cela già un forte disagio che lo rattrista. Come i bambini, Mattis forse non sembra poter esprimersi allo stesso livello degli altri, ma sente, capisce quando c'è qualcosa che non va, qualcosa di nascosto per cortesia, per buone maniere.
Vesaas costella il romanzo di poesia della natura - come m'aspettavo, d'altronde -, ma anche della sensibilità del diverso, del debole in un mondo smaliziato e talvolta violento. Lo stile riflette i pensieri peculiari di Mattis, che dentro di sé cova un mondo intero; ed è sul flusso indiretto, con punteggiatura talvolta "libera" (ma niente di seriamente sperimentale od ostico). Se con gli umani può gioire solo sporadicamente di qualche gioia, tutta derivata dal "camuffamento", dal tentare di essere normale proprio con gli sconosciuti, ignari, che non sanno che lui è l'"Idiota" del paese, invece con la natura ha un rapporto privilegiato agli altri ignoto, abitandola in modo indifferente, semmai come orizzonte del "pratico", ma non profondamente contemplativo. Il linguaggio segreto, colmo di simbolismi, che Vesaas riversa attraverso il punto di vista di Mattis nella natura è pieno di presagi, segni: il volo di una beccaccia, l'ombra di morte portata dai fulmini (per cui il protagonista ha una vera e propria fobia), ma anche una particolare colorazione del cielo, e così via. Mattis ha genuini entusiasmi su cose che ritiene talmente un fatto, come il fatto che la beccaccia porti buone nuove essendo straordinario che voli sopra la sua casa, da dover essere percepiti da tutti gli altri. Sostanzialmente dunque è una reciproca "incomunicabilità", irrisolvibile.
C'è uno strato di violenza nel mondo di Vesaas che si palesa in realtà non tanto con il comportamento dei cosiddetti "intelligenti", ma proprio nella natura stessa, ancora simbolica, rappresentando le leggi della vita che sovrastano l'individuo debole, che lo possono schiacciare con indifferenza.
(Tuttavia mi aveva colpito di più Il castello di ghiaccio dello stesso autore, per una componente di ineffabile, mistero, d'ambiguo d'altronde più unica che rara)
Mar 27, 2020 04:18AM

62280 Finito Inseguendo l'amore di Nancy Mitford.
Piacevole! Ha l'ironia inglese e anche un certo atteggiamento di simpatia per i propri personaggi (d'altronde se è Mitford che racconta con accenni autobiografici) che si fa piacere, senza affabulare. Casualmente ho fatto due letture di fila (l'altra era Gli anni della leggerezza - che per me è superiore, ma con portata d'altronde più ampia anche soltanto letteralmente) su classi agiate britanniche alle soglie della seconda guerra mondiale, con la bella vita da dimenticare, ma ricordata proprio perché è stata un momento di cara felicità. La prospettiva è quella della narratrice, emblema di una vita tutto sommato ordinaria, sicura, con un matrimonio felice ma non di certo fonte di disordinate passioni o sregolatezza, che guarda invece l'amica Linda, vera protagonista della storia, mentre si destreggia tra l'infanzia, l'adolescenza, e poi un amore e l'altro, tra cantonate e rivelazioni più serie, fuori dai canoni vittoriani che, come nel libro della Howard, pian piano stanno facendosi ben più relativi, nonostante i borbotti della generazione precedente. Qui in particolare c'è il ritratto di una nobiltà terriera, di una specifica famiglia un po' indisciplinata ma che si fa ben volere dal lettore, con i ritratti dei singoli componenti familiari (zio Matthew mi ha fatto ridere apertamente più volte, ma anche Lord Merlin e Davey), i modi di pensare di questa classe sociale pittorescamente confrontati con l'imminente guerra, con i tanti temuti stranieri che si porta dietro, con la classe borghese commerciante, specie di coacervo di disprezzato utilitarismo e caratteri noiosi e slavati, e le reazioni alle scorribande dei figli di famiglia, con le loro zig-zagate nella vita, dove sbagliando, sbagliando, si spera di averla imboccata giusta (ovviamente in ambito sentimentale, essendo Linda la protagonista). Serie carina, affabile con cui non sarebbe male proseguire prima o poi.

Ora però è il momento di un'ultima giocata e di variare il tono delle letture: mi aggancio ad Antonella con Gli uccelli di Tarjei Vesaas (autori Norvegia).
Mar 24, 2020 05:56AM

62280 MonicaEmme wrote: "Anastasia wrote: "Mi aggancio a Nadia con Inseguendo l'amore di Nancy Mitford (stessa ambientazione: Inghilterra)."
Io invece leggerò Oh, boy ! stesso luogo di nascita..."


Non torna qualcosa perché Nancy Mitford è nata a Londra, mentre Maurie-Aude Murail a Le Havre in Francia a quanto mi risulta.
Mar 24, 2020 05:18AM

62280 Mi aggancio a Nadia con Inseguendo l'amore di Nancy Mitford (stessa ambientazione: Inghilterra).
Mar 24, 2020 05:16AM

62280 Finito Creature ostinate di Aimee Bender.
Raccolta originale senza dubbio. Dà da pensare, da rielaborare, digerire perché di primo acchito in verità non saprei nemmeno dire quanto mi sia davvero piaciuta. E molti racconti lasciano di certo l'occasione di suggerire altro, al di là della sequela di stramberie. Il surreale regna sovrano, ma mi piace ciò che ho letto in altri commenti sul libro: Aimee Bender (autrice che io non avevo mai letto prima) è in un approccio di accettazione totale dell'incredibile. Se un Gregor Sasma kafkiano si sveglia e lo stupore è di trovarsi scarafaggio, le stranezze di Bender sono date già per assunte, nonostante permanga un'assurdo, direi, o un'angoscia che alla fine sono nient'altro che le angosce umane, della vita che tutti viviamo. Piccoli uomini in gabbiette in un piccolo mondo, donne con la testa di zucca che danno alla luce bambini con la testa da ferro da stiro, patate viventi (e di certo ostinate), ecc ecc. Bender spesso sottolinea le sue stesse invenzioni o trovate inventive, ad es. ripetendo spesso come soggetto nella frase la strana ed essenziale qualità del personaggio (la donna con la testa da zucca disse; ecc ecc, e lo ripete nel racconto), cosa che evidentemente vuole accrescere il surreale per il lettore, nonostante per la donna con la testa da zucca non sia un fatto strano avere la testa così (per chiudere il paragone con Gregor Samsa). L'andamento spesso pare quasi quello della parabola (ad es. una versione alternativa del Giobbe biblico) e si fanno i conti con i temi del desiderio (quello adulto, quello adolescente in fase di scoperta), della solitudine, del dolore, dell'amore (bellissimo, e parabolico ma stranamente non fantastico "Conoscersi"; ma anche quello materno, in fondo, in "Carestia" o "Testa di ferro"), del disadattamento, e altro. Si può davvero ritrovare tante cose a interpretare, visto che Bender sembra dare adito a letture simboliche. Le creature ostinate sono probabilmente le manifestazioni della vita nelle sue più svariate forme, contro l'uomo, da parte dell'uomo, dell'uomo contro il resto, si parla talvolta, forse del tentativo di esprimersi in questo mondo, resistere, re-inventarsi, riscoprire o riscoprirsi.
Di sicuro è una di quelle raccolte dove l'immaginazione della Bender è sguainata e possono essere interessanti da leggere già al livello basico dell'interesse per le sue invenzioni, delle creature semi-umane che immagina, delle strane situazioni che fa accadere o del modo bizzarro in cui le racconta.
Mar 17, 2020 08:14AM

62280 Mi collego a Patty_pat con Creature ostinate di Aimee Bender (stesso luogo di nascita dell'autrice: California).
Mar 15, 2020 04:55AM

62280 Letto The Passenger – Giappone. Veramente interessante e davvero grazioso, capisco l'apprezzamento di Rowi! :)
Riesce ad essere "a metà": quasi narrativo, con il gusto per l'aneddoto, per la storia da sviluppare, poi bello da leggere con inserti, note, foto, occasionali grafici su dati generali del Giappone, ma anche un buon approfondimento per chi vuole farsi un'idea della cultura giapponese più profonda, dalla politica (io sono un po' ignorante di politica estera al di là delle cose più strombazzate, ma non sapevo della situazione della frangia estremista nazionalista in Giappone ad es.), alla società, al rapporto corrente tra i sessi, alla cultura e tante cose; e troppo carini, poi, i consigli su manga, film, musica, altri libri da leggere. Nonostante i nomi di Yoshimoto o Murakami facciano gola magari per il lettore, devo dire che i loro contributi sono carini, ma sono stati tra i più stringati, anche se con informazioni interessanti sul mercato immobiliare o sulla situazione di calo del desiderio in Giappone (bello però il contributo di Ryoko Sekiguchi sulle donne casalinghe, più dettagliato e ragionato) - ma è anche bello vedere magari una nota personale di questi autori, un loro rapporto con il loro paese, come nel caso di Yoshimoto. Interessanti invece quelli di approfondimento più estesi, anche da parte di persone un po' meno conosciute, ma esperte nella loro materia.
Mar 11, 2020 03:38AM

62280 Rowizyx wrote: "Se posso già riattaccarmi, scelgo Il matrimonio di mia sorella (stessa parola, matrimonio)"

Se fino a questo aggancio va tutto bene, mi attaccherei per stesso anno di pubblicazione (2018) con The Passenger – Giappone di Jake Adelstein, Cesare Alemanni, Banana Yoshimoto, Ryu Murakami, Amanda Petrusich, Richard Lloyd Parry, Giorgio Amitrano, Ian Buruma, Léna Mauger, Ryoko Sekiguchi.
Mar 08, 2020 07:03AM

62280 Finito qualche giorno fa Trilogia di New York. Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa di Paul Auster.
Secondo libro di Auster che leggo dopo l'appena precedente (in bibliografia) L'invenzione della solitudine e l'autore continua a piacermi. Qui forse la struttura si complica perché si entra davvero nell'ambito del racconto di finzione, non quel pezzo auto-riflessivo che era il libro dedicato al padre scomparso di Auster. E Auster è davvero post-moderno: i tre romanzi sono labirinti di rimandi letterari, culturali, meta-testuali, a partire da WIlliam Wilson, ripreso da un racconto di Poe, che è pseudonimo in Città di vetro dello scrittore Daniel Quinn, il quale a sua volta ha le stesse iniziali di Don Chisciotte, e così via..
Da una parte c'è il classico tema dell'identità, da cui Auster è ossessionato: la perdita d'identità nel mondo moderno e metropolitano, dove spesso questa si perde in un anonimato nella folla, i confini sempre più labili di tale fragile identità, in racconti dove peraltro il tema del doppio è costante, tant'è che la Città di vetro, New York, è una città labirintica, ma si chiama così anche per gli infiniti rispecchiamenti, riflessi, sia nella trama che nei sottotesti del romanzo. Due Daniel, Daniel Quinn e lo stesso Paul Auster come personaggio, ma anche gli sconfnamenti veri e propri nelle vite degli altri, prendendone le redini, vivendo al posto loro come in La stanza chiusa.
La riflessione, però, è anche sul linguaggio: la perdita di sé è anche una condizione più larga, esistenziale, che risale addirittura - sempre in un contesto di riflessione culturale, letteraria - al peccato originale biblico, alla caduta dell'uomo, che è, dopo Babele (emblematica per il tema), condannato a usare un linguaggio che non denota veramente le cose. C'è dunque un allontanamento tra l'uomo, perso nei suoi stessi labirinti, nei suoi stessi schemi mentali (e anche questo è importante nel libro, dove i tre protagonisti sono persi in un loro disegno mentale su come stanno le cose) dalla realtà "nuda e cruda", qualcosa di molto esterno e inavvicinabile. E insieme al linguaggio c'è la riflessione costante per Auster della creazione letteraria, della scrittura: tutti e tre i protagonisti della trilogia hanno a che fare con la scrittura, chi per professione, chi per una situazione occasionale in cui son incappati, e con la preoccupazione di riportare l'accaduto, di renderlo fedelmente, con tutti gli scarti, i fallimenti che non possono che accadere in un contesto dove già lo stesso linguaggio è fragile, ma c'è anche la creazione come tale, praticata continuamente, l'edificazione di storie, trame. Belli in questo senso i riferimenti a Don Chisciotte, nell'approccio sempre un po' spurio di Auster, dove si mescola la prosecuzione narrativa ad aneddoti, a considerazioni culturali, letterarie. Ed è bella anche la rielaborazione del giallo in Città di vetro: rispetto al classico giallo che deve presupporre uno sfondo razionale, dove poter ricostruire i pezzi, il contesto moderno di Auster è un contesto dove niente torna mai per davvero, dove non esiste risoluzione, dove il mondo è dominato da un certo caos e non uno schema ordinato, ricomponibile come un puzzle per il detective, dove ci sono tanti forse, tante ricostruzioni possibili e nessuna strada definitiva.
Mar 01, 2020 10:56AM

62280 Posso collegarmi a Paola con stesso riconoscimento letterario all'autore? Sia Yu Hua che Paul Auster sono stati insigniti della medaglia dell'Ordine delle arti e delle lettere.
Libro: Trilogia di New York. Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa.