Anastasia’s
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Scusatemi il ritardo nel rispondere!@Marina: grazie dei consigli, vada per L'ibisco viola!
@Lilirose: ahia, sono una persona poco indicata per consigli sui fantasy, che non ne leggo quasi mai! Per sentito dire: dovrebbe essere bello Circe di Madeline Miller, La forma dell'acqua di Del Toro, Fidanzati dell'inverno di Christelle Dabos, Il sognatore di Laini Taylor.
Ci sono anche io! 3/4 opzioni dallo scaffale "consigli-possibili": https://www.goodreads.com/review/list...Vanno bene tutti, anche quelli che risultano già letti (come possibili riletture!).
Mi aggancio anche io con Jacques il fatalista e il suo padrone di Denis Diderot, stesso numero di pagine (273 pag).@Anna: già che ci sono ed è sempre in tua gestione, potresti cambiare l'edizione che ho dichiarato nello scarabeo di questo mese? Avevo detto che avrei letto proprio questo libro. La mia biblioteca oggi mi ha fatto arrivare questa edizione invece che l'altra con più pagine che credevo mi avessero prenotato.. Ora mi leggo questa!
Antonella wrote: "Ciao, eccomi qui.Due/tre suggerimenti (non tanto lunghi, poiché maggio è già abbastanza pieno..) dal mio scaffale "consigli" https://www.goodreads.com/review/list......"
Antonella, ti consiglio
- Macbeth di Shakespeare: proprio non posso resistere dal consigliarlo se lo vedo, è uno dei miei libri preferiti in assoluto! Col Bardo, a questi livelli poi, non si sbaglia al di là del mio gusto!
- Io, Robot di Asimov, perché l'autore è sempre geniale!
- Medea: Voci di Christa Wolf: non l'ho letto, ma tra i non troppo lunghi è uno di quelli di cui ho sentito parlar davvero bene. L'autrice è davvero interessante.
Marina (Sonnenbarke) wrote: "Anastasia wrote: "Eccomi! Dallo scaffale c-pds. 4 opzioni! Ci sono anche libri già letti, possono valere come potenziali riletture."Ciao Anastasia! Ti consiglio questi 4:
[book:I racconti di Pie..."
Scelgo Gogol'! Sono molto curiosa al riguardo. :)
Eccomi! Dallo scaffale c-pds. 4 opzioni! Ci sono anche libri già letti, possono valere come potenziali riletture.
@Antonella: ti ringrazio allora per la generosità! :) Infatti ho dovuto pensarci un po' prima di rispondere con il titolo, c'erano varie proposte allettanti... Leggerò La saggezza nel sangue di Flannery O'Connor. @Marina: con "un consiglio" non so se intendi proprio un'opzione oppure generalmente un gruppo di consigli. Nel primo caso ti consiglierei allora La lotteria di Shirley Jackson! Ho letto altri suoi racconti e Abbiamo sempre vissuto nel castello. questa sarà una breve lettura e tesa, sinistra, spero bella come il resto della sua produzione.
Se preferisci altre opzioni tra cui scegliere, direi Our Man in Havana di Greene, autore scorrevole e sempre interessante e Venere privata di Scerbanenco, unico libro della shelf che ho effettivamente letto e di cui ho un ricordo tutto sommato buono. :)
Ci sono! 4 opzioni da questo scaffale: https://www.goodreads.com/review/list...Valgono anche libri che risultano letti, li ho messi come potenziali riletture.
Meglio tardi che mai, ho tempi notevoli, ma pian piano leggo i consigli! Ho finito qualche giorno fa un consiglio di Klela, L'invenzione della solitudine di Paul Auster. Lei me l'aveva messo tra le opzioni, io prima ho accettato un libro di King, poi ho deciso di cambiare con questo altro suo consiglio. Non me ne pento di certo: ottima lettura, ****.Era anche la mia prima esperienza con l'autore e ne farò seguire altre molto volentieri. Il libro si presenta come una riflessione biografica dello scrittore, a tre settimane dalla morte del padre, ed è divisa in due parti abbastanza differenti: Ritratto dell'uomo invisibile e Il libro della memoria. Auster cerca nella prima parte di ripercorrere la sua esperienza con il padre per sondare la sua persona, cercare di carpirvi qualcosa che è al di là della superficie che sempre ha offerto, piana, spesso neutra, "prevedibile", dice, talvolta quasi non empatica e con picchi opposti, di maschera istrionica, ma assolutamente artificiale. Si intuisce un disperato tentativo, che è quello di scrutare nel padre per bisogno filiale, per trovare qualcosa di più delle briciole date dalla figura paterna quand'era in vita, qualcosa forse che lo "nobiliti" (come animo, seppur segreto), ma non è soltanto un brancolamento - peraltro tipicamente americano, l'intento di ricerca spesso con esito incerto - di questo tipo, è il brancolamento di affidare ad una scrittura che pare di getto, di rievocazione per associazione, l'essenza di una persona in generale, un progetto che pare fallimentare già dal principio. Non si riesce mai restituire il 100% di una persona per quello che era, qualcosa sfugge alla parola, persino al ricordo, alla rievocazione, come in generale alla comunicazione umana. Ottimo stile quello di Auster: il libro per sua natura, anche nella seconda parte, appare come un affastellamento di episodi, di dettagli, ma scorre fluidamente e coglie in profondità, vivido, nell'introspezione del lutto, della condizione esistenziale stessa allo stesso tempo. La seconda parte diventa ad ampio respiro culturale: Auster non parla più in prima persona, ma in terza, parla di un personaggio che non é che sé stesso (con tutta la sua biografia snocciolata in alcuni aneddoti, ancora), A. Qui davvero emerge la capacità di Auster di fare collegamenti, di far vedere tutta una rete attraverso cui le cose sono collegata fino a elevarlo a un'intuizione riflessiva sui mille legami di quello che ancora pare, nonostante le tante coincidenze, il caso, sul bisogno in verità della ragione che sembri più di questo anche per scavalcare la solitudine di un uomo che pensa e cerca di sopportarsi, chiuso in una stanza. Qui davvero l'associazione mnemonica fa da padrona, ma si allarga perchè va oltre il vissuto biografico e incorpora parti di commento letterario ad opere (Pinocchio, ad es, nel rapporto padre-figlio tra il burattino e Geppetto), la letteratura classica (Enea, Cassandra, ecc) e di nuovo dà tanti spunti, offre molto dell'esperienza umana in generale, con dettagli originali e autentici. Si giunge ancora alla stessa scrittura, alla necessità di raccontarsi storie per poter toccare più profondamente chi ci circonda, i nostri padri, per poter vivere, sempre toccando quella soglia tra vita e morte, come nel caso di certo di questo libro, che parte dalla morte di un padre che scatena nel figlio l'esigenza di scrivere e di costruire, dunque, un racconto, una narrazione per raccapezzarsi. Bello, bello.
Ero in E8. Ho tirato e mi è uscito 4, mi sposto in D13 (unico edificio vicino alla casella della strada), l'università. Farò il primo livello e leggerò Kristin figlia di Lavrans di Sigrid Undset, premio Nobel.
Per il primo livello del canile/colonia felina finalmente ho letto I cuccioli - I capi di Mario Vargas Llosa.Mi piace davvero molto questo autore, di cui avevo già letto La zia Julia e lo scribacchino, La festa del caprone, Avventure della ragazza cattiva e La città e i cani (il mio preferito). Con questo volumetto torno alle sue opere prime. Specialmente la racconta di racconti I capi è proprio quella di esordio e certamente si nota comunque che le capacità dello scrittore qui affiorano ancora parzialmente, stanno in fucina, in lavorazione, nell'area della bozza. Lo stile ad esempio di questa raccolta è classico, diverso dallo sperimentalismo di La città e i cani che poi torna pure in I cuccioli (la parte migliore di questo volume Einaudi a mio avviso), che scopro essere stato pubblicato (scritto non so) qualche anno dopo. Però emergono già alcuni argomenti cari a Vargas Llosa: tutto il volume assomiglia ad esempio a La città e i cani per come unisce la gioventù e la violenza, l'idea di una società giovanile, crudele prova del futuro mondo adulto, dove l'inclusione è una sfida, dove il valore, l'essere uomo deve essere provato con la prevaricazione (la nuotata a mare tra Miguel e Rubèn di Domenica quasi fatale, lo sciopero studentesco a suon di botte del racconto che dà il titolo a I capi). Mi ricorda il romanzo sopracitato proprio per come l'idea distorta che condiziona i personaggi porti anche a condizionare la loro mente, a farli vivere in un sistema di vincoli, soffocante, ecc. Infatti insieme a questo c'è da contrappeso l'inquietudine di questa età, la paura, l'incertezza, il percorso di crescita, di formazione nella durezza di questo ambiente, c'è posto per il sentimento d'amore, ma questo è strettamente connesso al senso da provare della propria virilità, ossessione di questa rete sociale. Punta di diamante è appunto I cuccioli: qua, come accade già dalle prime pagine, un bambino, Cuèllar, viene castrato da un cane, pagandone le conseguenze per il resto della sua vita. Qui si vede lo sperimentalismo avviato già prima da Vargas Llosa, quindi un certo flusso stilistico dove si uniscono concitate onomatopee, parentesi che riflettono un vero e proprio flusso di pensiero, e poi l'oscillazione tra un "noi" e un "loro" come soggetto, a rappresentanza della percezione mutevole di gruppo, da narratore onnisciente, che oggettiva nel ricordo quello che accadeva, ad uno più calato, più immerso, che fa riemerge l'identità così collante di quel periodo di gioventù. Vi è anche la parte positiva del gruppo sociale maschile giovanile: una certa bonarietà, il cameratismo, al di là dell'ossessione per il confronto. I personaggi infatti, a parte Cuellar, non sono distinguibili, sono come una voce corale che risponde a lui, dei suoi atteggiamenti, detta anche il suo condizionamento psicologico per le tappe di vita che si cerca di affrontare insieme; la scuola, il senso di squadra nelle attività sportive, il futuro scolastico/lavorativo, le donne (punto dolente di Cuèllar, per via della sua condizione, e che lo logorerà). Il racconto dà una malinconia e si allarga ad una visione più universale sull'esistere, sul crescere e l'inasprirsi della propria condizione, l'appesantirsi della sofferenza. Quella castrazione forse, al di là del simboleggiare una tremenda casualità della vita, un incidente gratuito di cui portare i segni, può ricordare in fondo tutto il mondo "animale" e violento che circonda i ragazzi e che agisce come marchio-ferita al ragazzino. Davvero bello, ha una nota triste e malinconia che colpisce rispetto a tutto l'arco di vita di questo personaggio.
A me invece piacque quel libro della Atwood!E non lo dico soltanto perché sto per agganciarmi! Ahah!
Ci metto: La vita delle ragazze e delle donne di Alice Munro (stessa parola declinata al plurale: donna/donne*).
*se non erro si può fare, altrimenti faccio valere la stessa nazionalità dell'autrice, canadese
Ho finito Un anno sull'altipiano di Emilio Lussu.In questo caso a scrivere è direttamente un ufficiale dell'esercito, Lussu stesso, che ricorda i momenti più impressi durante l'anno passato ad Asiago, in trincea durante la prima guerra mondiale.
Come dice lui stesso: "il lettore non troverà, in questo libro, né il romanzo, né la storia. Sono ricordi personali , riordinati alla meglio e limitato ad un anno, fra i quattro di guerra ai quali ho preso parte. Io non ho raccontato che quello che ho visto e mi ha maggiormente colpito. Non alla fantasia faccio appello, ma alla mia memoria [..] ho rievocato la guerra così come noi l'abbiamo realmente vissuta, con le idee e i sentimenti d'allora. Non si tratta quindi di un lavoro a tesi: esso vuole essere solo una testimonianza italiana della grande guerra."
Infatti è proprio questo che suscita la lettura: non una denuncia ideologica né una forte presa di posizione politica, ma la verità dell'esperienza dal punto di vista dei soldati, con la sincerità delle loro disposizioni, la vividezza del ricordo della trincea, del logoramento, dello stress e dell'alcolismo (il cognac torna e ritorna, fino a diventare l'unico appiglio per mandare avanti il carro, più di qualsiasi altro ricordo o affetto personale), qualche dettaglio capitato in maniera casuale, sorprendente talvolta, e che parla per sé senza alcuna retorica di ciò che soggiace all'assurda follia dell'essere in guerra. Non vi sono psicologismi, lunghe introspezioni, ma da una descrizione, impressione si trae tanto di tutta una situazione. Passano volti umani dietro a chi prende parte alla guerra, talvolta questa umanità è la debolezza dell'individuo rispetto alla sua carica, ad esempio nel caso dell'incompetenza dei generali (spicca il personaggio del generale Leone, probabilmente non tanto a posto di testa) che pure decidono così tanto della vita dei loro sottoposti, mandando tanti di loro a morte inutilmente, con strategie stupide, sprechi e lavaggi del cervello della parte interventista in cui sono rimasti invischiati (si accenna anche a Cadorna nel periodo degli ammutinamenti), ma anche volti umani in un altro senso, un accenno del passato da civili di alcuni di loro, tanti di essi sono solo studenti universitari, giovani, strappati al loro mondo e annaspanti nella realtà della guerra. La morte, poi, che viene spesso paragonata ad un atto fulmineo, che butta giù uomini come tronchi d'albero falciati, senza alcun avviso, recidendo brutalmente una persona che fino ad un secondo prima viveva, parlava come sempre, ignara spesso di vivere gli ultimi istanti. Il libro è ricco di dettagli sui movimenti, le difese e gli assalti dei battaglioni, ma senza risultare ostico. Il ruolo militare di Lussu non lo rende in verità esplicitamente contro la guerra da lui vissuta, ma riporta una sorta di scetticismo moderato, di chi ascolta, registra, riporta e riscrive più che prendere posizione, anche rispetto ai discorsi degli altri, si trova comune allo sconsolamento di altri dei battaglioni, che hanno vissuto l'orrore senza alcuna giustificazione né necessità, anche nel caso in cui - come Lussu - prima di entrare in guerra fossero stati interventisti.
@Evey: grazie dei consigli!Vada per La chimera: finalmente colmerò anche questa lacuna!
@Ippino: tra quelli sotto le 150 pagine direi:
- Alcune questioni di filosofia morale della Arendt. Non ho letto proprio questo della Arendt, ma Vita activa, e lei merita senza dubbio. In poche pagine potrà sicuramente stimolare e dare spunti interessanti.
- Metropolis di Thea Von Arbou. Mi piace moltissimo il film e avevo sentito parlare del libro, ma non l'ho mai letto! Dovrebbe essere però molto curioso da leggere, visto il capolavoro correlato e così importante per il cinema.
- L'amico ritrovato di Uhlman. Un classico!
Mi aggancio a Marina con Un anno sull'altipiano di Emilio Lussu, criterio: stesso anno di nascita dell'autore, 1890.
Anche a me piace pensare di non essere a questo giro in "ritardissimo, ma solo in ritardo", ahah! Ho finito il consiglio di Klela: Cecità di Saramago.
Temevo di trovare difficoltà quanto in una lettura precedente che avevo fatto dello stesso autore, L'uomo duplicato, non ero riusita a farmi piacere granché lo stile, invece nonostante ciò che avevo sentito dire dello stile adottato nel romanzo e per cui temevo addirittura che sarebbe stato più difficile per me, questo Cecità è stato decisamente meno ostico, anzi, mi è piaciuto leggerlo! Fondamentalmente al di là dell'uso della punteggiatura e del discorso diretto-indiretto inconsueto, e dei personaggi senza nome, erti quasi a tipi simbolici come gran parte della situazione narrata, per il resto lo stile nelle parti descrittive è anzi scorrevole. Saramago narra di un mondo fittizio come localizzazione geografica, mai specificato peraltro, in cui scoppia un'epidemia di cecità "bianca", ovvero che si vede tutto bianco invece che nero. Lo spunto è utilizzato dall'autore per un'indagine sulla condizione umana e sull'essere umano in sé stesso, che cosa sia in una nuda profondità e situazione fuori dai comuni agi sociali, di privazione grave e di necessità animale di sopravvivenza (non diversamente d'altronde da molte storie con una partenza narrativa analoga, fino ad un vero proprio sotto-genere, dove Saramago in particolare si concentra sull'assetto sociale da riconfigurare, ma specialmente sulla ricezione psicologica, talvolta individuale - di particolari personaggi - in contemporanea a tutti i cambiamenti in cui incorre l'ambiente sociale popolato dai personaggi). La cecità in fondo accade come allusione ad una sorta di menomazione morale, che non c'entra con cause biologiche, fisiche rintracciabili e curabili, ma manifestazione "somatica" dell'egoismo, dell'indifferenza e dell'avidità umana. Alla fine tuttavia non è un semplice homo homini lupus, ma Saramago, pur mostrando anche questo lato della faccenda, ha un approccio più prismatico, facendo agire i suoi personaggi femminili specialmente con un maggiore senso di solidarietà, di cura umana e di capacità di empatia e compassione, ma anche di soccorso, di aiuto o di far, organizzare comunità, tutto questo specialmente attraverso il personaggio emblematico della moglie del medico (che fin dall'inizio si distingue per quella che non sembra toccata dall'epidemia). Alla fine nella ricchezza descrittiva data dall'autore emerge anche l'altrettanto basilare solitudine umana, la speranza e la disperazione, e ancora altro.
Piaciuto, piaciuto!
@Lilirose:Non mi hai indicato un numero preciso quindi vado un po' a piacere e te ne consiglio un po' dalle letture che ho fatto e che potrei consigliarti, così hai anche una certa libertà di scelta tra reperibilità, i tuoi interessi, ecc!
- Se non sbaglio in un mese precedente già mi capitò di consigliarti Autobiografia di Malcolm X e ribadisco il mio consiglio, dei pochi che ho letto del genere è tra i preferitissimi e scorre con la ricchezza e il piacere di un romanzo, sulla stessa scia tematica anche Ragazzo negro di Richard Wright (più concentrato sulla storia di formazione e di adolescenza-infanzia, mentre Malcolm X parla di tutta la sua vita fino al momento in cui sta scrivendo).
- Inoltre un libro di cui avrai già sentito parlare è Le ceneri di Angela di Frank McCourt: anche qui ricopre il periodo della gioventù, ambientato in Irlanda, racconto di povertà, di difficoltà e di spirito famigliare, con un tono molto sincero e tuttavia ironico nelle avversità. Lo lessi un sacco di tempo fa ma mi piacque moltissimo e lo ricordo con piacere!
- Se si va più sullo spirito di descrizione di altre realtà sociali viste dall'esperienza di chi scrive, quindi sempre autobiografie però non concentrate necessariamente su tutto un arco di vita ma sulla vita vissuta in un dato posto, mi vengono in mente: Sette fiori di senape di Conor Grennan, ambientato in Nepal e racconto dell'esperienza specialmente con i bambini locali di Grennan, anche questo di stile scorrevole, leggero nonostante il tema, La mia lotta per la libertà di Yeonmi Park in Nord Corea, dove la giovane autrice racconta del regime là vigente e della sua esperienza nel cercare di scapparne e delle difficoltà drammatiche incontrate (questo è pure di stile scorrevole, ma meno leggero di certo..), e anche Leggero il passo sui tatami di Antonietta Pastore se ti interessa in particolare il Giappone, da quest'ultimo non aspettarti qualcosa di eccezionale, ma dà vari aneddoti interessanti su come si è trovata (la traduttrice di Murakami peraltro!) a vivere in Giappone da zero, senza saperne granché, e alla fine secondo me è una lettura corta, piacevole e che dà un'idea di alcuni aspetti interessanti della differenza di cultura tra Italia e Giappone.
- Infine Nelle terre estreme di Krakauer, vicino al vero e proprio, ben documentato, reportage, con uno stile descrittivo associato. Fitto di informazioni, ricostruzioni de movimenti di McCandless (di cui può essere che tu abbia pure sentito parlare, con il film Into the Wild), le sue motivazioni per il viaggio che ha intrapreso.
...Credo possa bastare, ahah! Spero che ci sia qualcosa di tuo interesse.
