Lisa Signorile's Blog, page 9
May 28, 2014
Tassonomia aggiornata dei draghi letterari
La tassonomia linneiana ha da sempre classificato i draghi come un sottordine dei rettili per via delle caratteristiche anatomiche macroscopiche, come la pelle squamosa e l’aspetto generale.
Come e’ accaduto per molti altri animali, tuttavia, e’ possibile che studiando il gruppo con gli strumenti della filogenesi e della cladistica moderne si debbano rivedere le posizioni classiche, possibilmente con la creazione di nuove categorie sistematiche.
Al momento nessun autore si e’ ancora accinto a tentare un sequenziamento completo del DNA dei draghi, e mancano del tutto anche dati sul DNA mitocondriale su GenBank per il barcoding (codice a barre), il che compromette gli studi filogenetici, per non parlare della genetica di popolazione.
Sarebbe ad esempio interessante stabilire se il clade e’ mono- o polifiletico, cioe’ se discende da uno o da molti progenitori comuni. In attesa di dati esaurienti provenienti dalla biologia molecolare, e’ comunque doveroso un riesame su base anatomica dei draghi letterari alla luce delle conoscenze moderne. Al momento tutte le specie conosciute sono incluse nell’ordine Dracones.
Georgius Martinus, nel suo Chronica de Igne Glacieque, descrive lo sviluppo di tre esemplari a partire dalle uova. Le uova sono di colore differente (beige, verde e nero) ma di forma e dimensioni simili. Non e’ dato sapere se provengano dalla stessa nidiata o da nidiate differenti ma le differenze di colore lasciano propendere per la seconda ipotesi, con il colore connesso all’habitat di differenti popolazioni (sabbia, foresta e grotta), per ragioni mimetiche. Le modalita’ di sviluppo delle uova sono comunque simili. Il guscio viene descritto come oltremodo duro e spesso. Nel caso degli uccelli e degli altri rettili, lo spessore dell’uovo ha dei limiti massimi a causa della velocita’ di diffusione dell’ossigeno per la respirazione dell’embrione. Nel caso di questi draghi sembrerebbe invece che l’embrione entri in una forma di criptobiosi che gli consente non solo di rimanere nell’uovo per secoli, ma anche di non avere bisogno di scambi gassosi con l’esterno. Dati lo spessore e la durezza del guscio, risulta evidente che e’ impossibile per l’embrione rompere dall’interno un simile uovo pietrificato, rendendo necessario un rituale taumaturgico e, soprattutto, alte temperature, in grado di incrinare l’uovo. Martinus riferisce di un allattamento al seno di questi esemplari, sebbene il latte di mammifero non risulti essere una dieta particolarmente indicata per un rettile. E’ possibile che si tratti di un caso simile a quello osservato in questo filmato, in cui i paperotti accettano il latte felino in mancanza d’altro.
Draco martinus drogo
I tre esemplari mostrano dimensioni differenti gia’ da subadulti, riflettendo probabilmente una forma di dimorfismo sessuale o, in alternativa, l’appartenenza a sottospecie (specie?) differenti. Un’analisi genetica dettagliata sarebbe necessaria per verificare questo punto, ma ipotizziamo qui la specie Dracus martini, con due sottospecie, Dracus martini drogo , di colore nero e Dracus martini danaerysensis, che puo’ essere dimorfico beige o verde. I draghi descritti dai Chronica sono carnivori obbligati ma non e’ chiaro quale componente del metabolismo imponga loro di mangiare solo carne cotta, presumibilmente qualche tipo di deficit enzimatico nella demolizione delle proteine. Un carattere singolare, dato che probabilmente la fiammata per la cottura della preda costa loro, in termini metabolici, quasi quanto le calorie assunte dalla preda stessa, ma possiamo assimilarla a una forma di predigestione esterna, come fanno ad esempio i ragni. Questi draghi hanno il corpo da rettile, ali membranose sottese solo tra gli arti anteriori, e code e colli lunghi. La forma suggerirebbe che questi draghi non siano volatori eccellenti e che abbiano difficolta’ all’atterraggio e al decollo, richiedendo posti elevati per compiere tali operazioni, a dispetto di quanto riferito da Martinus.
Come da olotipo classico del clade, anche questi draghi sono in grado di emettere fuoco. Gli organi deputati a tale funzione non vengono descritti in alcun modo ma il comburente sembrerebbe dissociato dal cibo, dato che gli animali sembrano in grado di produrre fiammate anche quando a digiuno. Si ipotizza un qualche prodotto endocrino emesso da ghiandole della bocca o della gola, forse delle parotidi modificate. Il secreto avrebbe una bassa temperatura di ignizione e prenderebbe fuoco spontaneamente una volta a contatto con l’ossigeno dell’aria. In alternativa, due diversi composti chimici potrebbero essere prodotti e, una volta mescolati, andrebbero incontro a un processo di autocombustione. Questi draghi hanno la pelle scagliosa in grado di resistere alle proprie fiammate, che possono arrivare a temperature tali da fondere il metallo. Sarebbe bello conoscere quale composto organico possa arrivare a tanto, gli usi industriali di un derivato sintetico della pelle di drago sarebbero pressoche’ infiniti. Si ritiene tuttavia che queste specie possiadano un meccanismo di regolazione della temperatura delle fiamme che impedisce di ridurre il cibo in cenere. La specie fu purtroppo spazzata via da un’eruzione vulcanica, un modo singolare di estinguersi per animali cosi’ resistenti alle alte temperature. L’eruzione deve aver causato una discesa di gas tossici piu’ che temperature elevate, probabilmente distruggendo l’unico sito di nidificazione della specie. Non e’ chiara l’intelligenza di questi animali, ma non sembrano la banana piu’ furba del casco.
Ungaro spinato. Fonte
In De Henrico Vasario Caliceque Igneo, Rowlingus descrive diverse specie di drago. Come nel caso precedente, anche qui le uova richiedono alte temperature per schiudersi, fornite dalle fiammate della madre. Quello del deporre le uova sembra un vincolo imposto dal volo, esattamente come accade negli uccelli, in quanto non sono note specie di drago vivipare o ovovivipare. Rowlingus cita a sua volta un altro testo precedente, Dragon Breeding for Pleasure and Profit, in cui si raccomanda di allevare i draghetti appena fuoriusciti dall’uovo con brandy e sangue di pollo, una dieta sicuramente piu’ sana del latte umano. La specie meglio descritta da Rowlingus e’ senza dubbio il dorsorugoso di Norvegia, Dracus norvegicus. L’uovo del dorsorugoso e’ descritto nero e molto resistente. L’animale che ne emerge e’ marrone scuro con carenature nere. Anche in questo caso si tratta di carnivori stretti con abitudini predatorie, ma in questo caso gli animali non hanno bisogno di carbonizzare il cibo. E’ interessante che questi draghi siano anche velenosi, probabilmente perche’ prediligono nutrirsi di grandi mammiferi e hanno bisogno di immobilizzare la prima di poterla ingerire. Questa del veleno e’ una caratteristica insolita che puo’ avere una rilevante valenza tassonomica per identificare la specie. Studi biochimici sulla natura del veleno sarebbero altamente consigliabili.
L’altra specie ben destritta da Rowlingus e’ l’ungaro spinato (Dracus spinosus). Come il precedente, anche questo drago e’ alato. Di lui sappiamo che e’ aggressivo, ha le pupille verticali come quelle dei gatti (un carattere diagnostico ahime’ inutilizzabile, non conoscendo la forma delle pupille degli altri draghi) e un corpo da lucertola. La variegazione delle scaglie e delle spine e’ molto simile a quella del Dracus martini drogo, nera con motivi bronzei e similmente emette fiamme ad altissima temperatura dalla bocca e dalle narici ed e’ un buon volatore. Non ci sono dati sul suo modo di nutrirsi ma dalle caratteristiche anatomiche possiamo ipotizzare che Dracus spinosus e Dracus martini drogo siano in realta’ la stessa specie e i due nomi siano quindi sinonimi.
Dracus smaugi
Un terzo tipo di drago letterario ben descritto dal punto di vista anatomico ed etologico e’ il drago che Tolkien descrive in “Hobbitus ille, seu illuc et rursus retrorsum“, Dracus smaugi. L’aspetto morfologico generale del rettile e’ piuttosto simile a quello descritto nei casi precedenti, alato, con corpo da lucertola e in grado di emettere fiamme dall’apparato respiratorio. Ne differisce soprattutto per un carattere etologico, ovvero la grande e perversa intelligenza. Questa specie sembra forzata ad accumulare oro, argento e altri metalli nobili: sebbene abbia squame robustissime sul dorso, ne manca completamente nella parte ventrale, e usa i tesori accumulati per rinforzare la fragile epidermide toracica e addominale, rivestendo i metalli con tessuto cutaneo durante il processo di incorporazione. Non e’ chiaro perche’ la scelta per questa corazzatura secondaria ricada su un materiale fragile come l’oro. Si postula che i metalli nobili siano un componente essenziale della biochimica enzimatica della specie, probabilmente connesso con l’emissione delle fiamme ma, per le difficolta’ dovute al reperimento di individui e al lavoro di campo dei ricercatori una volta ritrovato un esemplare, non se ne sa di piu’. Per via della grande intelligenza e della parte ventrale esposta questa specie e’ filogeneticamente piu’ lontana dalle altre.
Nell’Edda Snorri Sturluson ci descrive una specie artica che sembra essersi separata prima dal resto dei cladi qui descritti e appare essersi evoluta in solitudine, Geodracus yggdrasili. Questa specie e’ nota per un unico esemplare, soprannominato dalla stampa locale Níðhöggr, o Nidhogg dai corrispondenti esteri. La specie e’ endemica nella regione dello Niflheimr e, sebbene in grado occasionalmente di volare, ha abitudini ipogee, vivendo prevalentemente tra le radici dei frassini. Questa specie e’ onnivora, prediligendo sia le radici del frassino stesso sia la carne umana. Non e’ invece in grado di predare gli scoiattoli rossi quando scendono a terra dal frassino per foraggiare. Si ritiene che sia serpentiforme ma, se si assume che le ali derivino da una modifica degli arti anteriori, sono solo gli arti posteriori a mancare. Questa specie non e’ in grado di emettere fiamme di alcun tipo ma, come Dracus smaugi, e’ intelligente e in grado di comunicare.
Una specie estinta ma di elevata significativita’ per la commistione di caratteri primitivi ed evoluti che presenta era lo Gilgameshus humbabae, che viveva nei boschi di cedro del Libano in Mesopotamia. Questo taxon potrebbe addirittura non essere derivato dai rettili, e sembrare un drago solo per convergenza evolutiva. La testa leonina ci fa pensare a un sinapside, un rettile mammalomorfo, ma i resti fossili di cui disponiamo sono troppo incompleti per esserne sicuri. Anche le quattro zampe sarebbero leonine, sebbene coperte da scaglie, ma come gli altri draghi vola ed emette fiamme dalla bocca. Ornamentazioni che somigliano a corna di toro sono presenti sulla testa. La specie si protegge grazie a “radianze”, ovvero illusioni, ma quando e’ l’animale e’ distratto e’ abbastanza debole da essere sconfitto a mani nude, poiche’ le dimensioni sono molto inferiori rispetto a quelle degli altri draghi descritti: questa specie e’ la piu’ piccola tra quelle note, e questa caratteristica ha purtroppo portato questi animali verso una rapida estinzione, per via della caccia indiscriminata che veniva loro inflitta dagli eroi babilonesi.
Autori minori descrivono specie ispirate al genere Dracus, come il cronista Christophorus Paolinus nel suo “Eραγoν“, McCaffrey in “Equites draconis” o il piu’ recente ”De pilo draconis” di Hickman & Weis, ma queste opere sembrano descrivere specie di fantasia, dal momento che mancano completamente prove fossili o museali. Di conseguenza, non sono state prese in considerazione nella presente trattazione.
Sulla base delle specie qui descritte, viene prodotto il seguente albero filogenetico:
Tutte le specie di drago oggigiorno sono estinte o classificate come Vulnerabili o Endangered dalla IUCN, soprattutto per perdita di habitat, caccia indiscriminata da parte di santi, eroi e maghi e riduzione cinematografica della storia originale. Ci si auspica che questo articolo possa risollevare interesse nel clade, e che misure preventive possano essere messe in atto per rallentare il declino di queste carismatiche creature prima che sia troppo tardi.
Ringraziamenti
Un grazie particolare ad Anna Rita Longo per le traduzioni in latino
Bibliografia
Martin, G.R.R. (2012) A dance with dragons. In: A song of ice and fire. Harper Voyager, pp 707
Rowling, J.K.(2012) Harry Potter and the goblet of fire. Bloomsbury, London, pp 636
Tolkien, J.R.R (1937) The Hobbit, or there and back again. George Allen & Unwin pp 304
Sturluson, S. (1220) Edda. Pergamena, Reykjavik
Sinleqiunnini (1200 a.C.) L’epopea di Gilgamesh. Tavolette, Baghdad.
April 27, 2014
Cervello di gallina: come gli uccelli pescano e altre storie imbarazzanti
Noi mammiferi siamo quelli intelligenti, giusto?
E noi primati siamo quelli piu’ intelligenti di tutti, perche’ manipoliamo le cose, giusto?
Sbagliato.
E’ che ci piace crederlo, ci fa sentire tanto superiori. I dinosauri erano grossi, ma -si dice- avevano un cervello “di gallina”, cosi’ noi con un cervello grosso e capaci di manipolare possiamo sentirci “la specie dominante”
Sfortunatamente le dimensioni del cervello non contano in modo del tutto significativo, altrimenti le balene si scambierebbero le ricette per il sushi di baleniere giapponese e ci spargerebbero su della salsa di soia per vedere se, come in questo video, balliamo come i calamari decapitati.
Un’altra cosa che ci fa sentire importanti e avere sviluppato delle mani in grado di manipolare gli oggetti. Le lontre marine aprono le conchiglie con le pietre, i primati si construiscono piccoli utensili, e noi abbiamo delle mani sofisticatissime in grado di suonare il pianoforte. Evidentemente le mani devono essere essenziali nello sviluppo dell’intelligenza, uno penserebbe. La teoria vacilla un po’ quando guardiamo i delfini, intelligentissimi pur non avendo le mani, ma su, e’ un errore sperimentale, non stiamo a sottilizzare.
In base a questa logica e’ ovvio che un T. rex, avendo il cervello piccolo e le manine atrofiche, doveva essere stupido, e di conseguenza lo devono essere anche i suoi cugini uccelli, tutte e diecimila le specie viventi in blocco, considerando che non hanno le mani e neanche la neocorteccia, la zona del cervello dei mammiferi responsabile dell’autocoscienza e dell’intelligenza. Uno studio del 1964 di Thomson A.L. sosteneva che l’unico caso documentato di uccello, tra le 10.000 specie esistenti, in grado di usare oggetti era uno dei fringuelli di Darwin delle Galapagos, il fringuello picchio Camarhynchus pallidus, che usa rametti per estrarre bruchi dagli alberi e ricicla molte volte lo stesso utensile (qui un video di 78 secondi che lo mostra in azione)
Gli uccelli naturalmente non sono della stessa opinone, e che abbiano un’opinione ci sono ormai pochi dubbi.
E’ difficile stabilire le capacita’ cognitive e in generale l’intelligenza di un’altra specie, soprattutto perche’ neanche per gli esseri umani riusciamo a dare una definizione univoca di intelligenza. Estendere il concetto a specie che si sono evolute in modo indipendente e che probabilmente hanno approcci al mondo e filosofie di vita completamente diverse dalla nostra e’ un compito ancora piu’ arduo, e difficilmente generalizzabile. Concentriamoci dunque sulla capacita’ di compiere azioni logiche in sequenza, possibilmente usando oggetti. Non e’ onnicomprensivo come strumento, non e’ il massimo, ma se non altro possiamo usarlo per comparare tra specie diverse.
Secondo uno studio francese del 2002, ben 104 uccelli sono capaci di usare strumenti, di cui 39 in modo proprio (come usare bastoncini o colpire un uovo con una pietra per aprirlo) e 86 borderline (ad esempio i gabbiani che lasciano cadere le uova su una pietra per aprirlo, ma non manipolano direttamente la pietra). Cio’ ammonterebbe a circa l’1% delle specie, ma bisogna anche dire che di molte specie si sa veramente poco. Tra i mammiferi, inclusi noi, circa una ventina di specie (su quasi 5000) sono note per usare strumenti, propriamente o borderline, ovvero lo 0.5%. Urge un esame di coscienza.
I corvidi gia’ dai tempi di Conrad Lorenz hanno gettato la maschera e mostrato capacita’ sconcertanti persino per i mammiferi (checche’ ne pensasse Thomson nel 1964), ma recenti esperimenti mostrano che questi uccelli sono capaci di risolvere puzzle che sarebbero complicati anche per alcuni umani di mia conoscenza. L’animale del video, libero ma tenuto in cattivita’ per tre mesi, e’ stato gia’ a contatto coi singoli pezzi del puzzle ma non li ha mai visti tutti insieme, ne’ ha mai dovuto creare la sequenza logica necessaria per arrivare al premio. Se vi preoccupa che il video e’ in inglese e non lo capirete perche’ non conoscete la lingua, pensate che neanche la cornacchia dell’esperimento la conosce, ma ha capito benissimo di che si trattava. Specie dominante, si?
La taccola del prossimo video, invece, conosce le bottiglie di acqua ed e’ molto piu’ brava lei a spiegare cosa vuole di quanto lo siano gli umani che ha intorno a capire che ha sete e non fame
Lo studio francese del 2002 elenca, tra le 104 specie di uccelli manipolatori, almeno una trentina di specie di corvidi, di cui sette usano piu’ di una tecnica di manipolazione degli oggetti. Il corvo comune Corvus brachyrhynchos e’ la specie che usa piu’ tecniche in assoluto: usa le pietre per martellare le ghiande e aprirle, fa la punta ai bastoncini per sondare i buchi in cerca di insetti, lancia le noci sulle strade asfaltate aspettando che passino le auto e le aprano, strofina i pesci sulla sabbia per desquamarli e, in cattivita’, sa usare un cucchiaio per trasportare l’acqua e inumidire il cibo.
Gli altri grandi manipolatori (nel senso di usare oggetti) sono i passeriformi come le cince, mentre i quattro casi riportati di pappagalli includono solo animali in cattivita’, come il caso in questo video. Cio’ non li rende meno sensazionali e pieni di risorse, non saranno corvi ma sono bravini, come mostra bene questo video di 108 secondi
Il kakatoa prende la pasta, la intinge nella salsa anche se diventa scivolosa e difficile da manipolare e infine, quando e’ ben saporita, la offre al cane. I cani sono animali intelligenti, giusto? Quanti cani conoscete che messi davanti a due ciotole, una con la pasta e l’altra con la salsa, penserebbero di mescolarle e offrirle a una bestia di un’altra specie aspettandosi il ritorno della cortesia? E si noti che il cervello del cane e’ molto piu’ grande di quello del pappagallo.
E se avete in casa due gatti e un pappagallo annoiati, quello in grado di intrattenere la compagnia fornendo giocattoli e’ sicuramente il pappagallo
Ok, forse finora vi ho convinti che i corvidi, i passeriformi e i pappagalli sono intelligenti quanto i mammiferi, a volte di piu’. E per quanto riguarda gli altri ordini? Non ci sono casi documentati tra i fagiani, le anatre, i colombi, i falchi, i rondoni e gli svassi, ne’ in altri gruppi di uccelli piccoli e poco studiati come i colini della Virginia. i quetzal, e altra roba tropicale con nomi interessanti.
In compenso bestie come gli aironi, su cui mai avremmo scommesso, sanno fare cose carine come pescare con un’esca. L’airone verde americano e il simile airone striato (un tempo ritenuti la stessa specie) lanciano in acqua pezzi di pane (gentilmente forniti dagli umani, ancora non arrivano a panificare), insetti, piume o rametti che usano, come faremmo noi, per attirare i pesci e prenderli una volta a tiro. Il pezzo di pane viene ripetutamente e sapientemente lanciato in acqua con pazienza, esattamente come fa un pescatore, guardate qui (2 minuti e dieci):
Non tutti gli aironi verdi pescano in questo modo, il comportamento e’ osservato per lo piu’ in quegli uccelli costretti a pescare in campo aperto, dove i pesci vedono facilmente la loro sagoma, ma questo comportamento opportunista depone a favore della plasticita’ e dell’intelligenza di questi animali.
Se pensate sia facile, ecco per comparazione coi mammiferi un gatto (69 secondi) alle prese con lo stesso problema, ovvero come prendere un pesce usando del pane come esca (nel caso del gatto pero’ l’esca non e’ spontanea, e’ fornita dagli umani)
Altri uccelli capaci di usare un’esca, anche se con molta meno competenza dell’airone verde, sono il nibbio bruno, la sgarza ciuffetto, lo zafferano (che e’ un gabbiano, non una spezia, in questo caso), il tarabuso del sole e il martin pescatore bianco e nero.
Vi risparmio il resto dell’aneddotica, concentriamoci ora sul punto principale: tutta questa insospettata intelligenza aviaria da dove deriva, da un punto di vista fisiologico?
Si dimostra una correlazione positiva tra le dimensioni del cervello e la reale capacita’ (non borderline) di manipolare oggetti. Le dimensioni pero’ si e’ gia’ detto che contano relativamente, e sono buoni predittori di capacita’ di manipolazione solo se accompagnate da una grande area nel neostriato (quella di colore viola intermedio nel riquadro in alto a sinistra dell’immagine qui sotto). Neostriato e’ il vecchio nome di una delle aree del telencefalo degli uccelli oggi ritenute equivalenti alla neocorteccia dei mammiferi.
Contrariamente infatti a quello che si pensava sino a 30 anni fa, ovvero che solo una piccolissima area del cervello degli uccelli fosse devoluta alle funzioni cognitive superiori, e il resto era pura robotica istintuale, oggi si sa che un buon 75% del cervello di pappagalli, passerotti etc e’ costituito da un sofisticato sistema di elaborazione delle informazioni che funziona pressappoco nello stesso modo della corteccia del cervello umano. Fondamentalmente tutta la zona anteriore del cervello (oggi chiamata Pallium e Striatum) e’ devoluta alle funzioni cognitive e quest’area e’ in molti casi piu’ estesa in proporzione che nei mammiferi. Nei mammiferi infatti solo la “crosta”, la zona esterna del cervello elabora le informazioni, mentre negli uccelli la grande porzione anteriore del cervello e’ interamente devoluta allo scopo. Forse Hitchcock aveva ragione, dobbiamo davvero temerli, gli uccelli.
Le parentele contano poco, e grandi cervelli e pallii sembrano apparire qua e la’ senza grande correlazione filogenetica, per cui si pensa che i processi cognitivi che portano all’uso di strumenti si siano evoluti ripetutamente e indipendentemente in diversi ordini di uccelli. E senza mani.
Referenze
Lefebvre, L., Nicolakakis, N., & Boire, D. (2002). Tools and brains in birds.Behaviour, 139(7), 939-974.
Thomson, A.L. (1964). A new dictionary of birds. —Nelson, London
March 31, 2014
Il maiale cubico e l’inaccettabilita’ degli OGM
Chi scrive questo blog ha sempre avuto simpatia per il progresso scientifico e per la possibilita’ di manipolare il DNA di specie viventi, per curare dalle malattie e per sfamare sette miliardi di persone senza abbattere le poche foreste rimaste, minimizzando anche l’uso di pesticidi.
Come tutto, naturalmente, questo ha un costo, ad esempio in termini di diversita’ delle specie cerearicole o arboricole piantate. Basti pensare alle banane, che derivano tutte da pochissimi cloni, o ai pioppi da carta, che in Italia sono tutti cloni I-214. Il loro DNA non e’ stato manipolato da un genetista ma da un coltivatore, ma il risultato non cambia.
Ci sono dei limiti pero’ oltre i quali non si dovrebbe andare, limiti alla decenza morale e al benessere delle specie coinvolte.
Mi riferisco alla manipolazione sperimentale del DNA dei maiali per ottenere animali con il corpo a sezione quadrata invece che tonda, in modo da impilarli meglio in gabbie dove non possono neanche muoversi una volta che le dimensioni corporee raggiungono quelle della gabbia. Ricorda un vecchio film degli anni novanta, ma e’ inquietante realta’. Anche l’apparato digerente dei maiali quadrati e’ modificato in modo da accettare solo una dieta liquida, per poter essere nutriti continuamente tramite un sondino che viene applicato alla nascita.
Questa foto me l’ha mandata un mio contatto, un’amica danese che lavora per un’industria farmaceutica e ha potuto visitare gli stabulari
I maiali sono animali intelligentissimi e geneticamente cosi’ simili a noi da consentirci di usare i loro organi per i trapianti, ma sembra che neanche questo sia riuscito a ispirare un po’ di umanita’ negli sperimentatori.
Gia’ anni fa c’erano stati alcuni esperimenti preliminari sui gatti. Adesso l‘Universita’ di Copenhagen sta mettendo a punto questi nuovi maiali geneticamente modificati per intensificare la produzione degli allevamenti. Il responsabile della ricerca, il Dr. Christian Holst, ha recentemente dichiarato ai giornali danesi (relata refero) che questo nuovo ceppo di suini OGM contribuira’ a risolvere il problema della fame nel mondo. Aaron Stræde, anche lui coinvolto in questo studio i cui risultati non sono ancora stati pubblicati, si dichiara solo rammaricato dal fatto che le popolazioni musulmane non potranno beneficiare di questo brevetto. Non sarei stupita, viste queste dichiarazioni, se lo stesso gruppo di ricerca stesse provando a modificare anche le mucche con lo stesso criterio, per soddisfare i bisogni del medio oriente.
Cosa ne penseranno gli animalisti?
Il maiale cubico e l’inacettabilita’ degli OGM
Chi scrive questo blog ha sempre avuto simpatia per il progresso scientifico e la possibilita’ di manipolare il DNA di specie viventi, per curare dalle malattie e sfamare sette miliardi di persone senza abbattere le poche foreste rimaste, minimizzando anche l’uso di pesticidi.
Come tutto naturalmente questo ha un costo, ad esempio in termini di diversita’ delle specie cerearicole o arboricole piantate. Basti pensare alle banane, che derivano tutte da pochissimi cloni, o ai pioppi da carta, che in Italia sono tutti cloni I-214. Il loro DNA non e’ stato manipolato da un genetista ma da un coltivatore, ma il risultato non cambia.
Ci sono dei limiti pero’ oltre i quali non si dovrebbe andare, limiti alla decenza morale e al benessere delle specie coinvolte.
Mi riferisco alla manipolazione sperimentale del DNA dei maiali per ottenere animali con il corpo a sezione quadrata invece che tonda, in modo da impilarli meglio in gabbie dove non possono neanche muoversi una volta che le dimensioni corporee raggiungono quelle della gabbia. Ricorda un vecchio film degli anni ottanta, ma e’ inquietante realta’. Anche l’apparato digerente dei maiali quadrati e’ modificato, in modo da accettare solo una dieta liquida per essere nutriti continuamente tramite un sondino che viene applicato alla nascita.
Questa foto me l’ha mandata un mio contatto, un’amica danese che lavora per un’industria farmaceutica e ha potuto visitare gli stabulari
I maiali sono animali intelligentissimi e geneticamente cosi’ simili a noi da consentirci di usare i loro organi per i trapianti, ma sembra che neanche questo sia riuscito a ispirare un po’ di umanita’ negli sperimentatori.
Gia’ anni fa c’erano stati alcuni esperimenti preliminari sui gatti. Adesso l‘Universita’ di Copenhagen sta mettendo a punto questi nuovi maiali geneticamente modificati per intensificare la produzione degli allevamenti. Il responsabile della ricerca, il Dr. Christian Holst, ha recentemente dichiarato ai giornali danesi (relata refero) che questo nuovo ceppo di suini OGM contribuira’ a risolvere il problema della fame nel mondo. Aaron Stræde, anche lui coinvolto in questo studio i cui risultati non sono ancora stati pubblicati, si dichiara solo rammaricato dal fatto che le popolazioni musulmane non potranno beneficiare di questo brevetto. Non sarei stupita, viste queste dichiarazioni, se lo stesso gruppo di ricerca stesse provando a modificare anche le mucche con lo stesso criterio, per soddisfare i bisogni del medio oriente.
Cosa ne penseranno gli animalisti?
March 20, 2014
Quando le dimensioni contano davvero: il fochicidio tra gli elefanti marini
Si fa un gran parlare in Italia di femminicidio (vorrei tanto conoscere chi ha coniato questo termine per impeciarlo e impiumarlo) e quando questo accade salta sempre su il moralista a dare degli “animali” agli assassini o stupratori di turno, seguiti di solito dall’altro capo del bar dal commento dell’intellettuale di turno che dice che noi siamo peggio degli animali. A nessuno degli avventori-tipo salta in mente che anche il loro bar preferito e’ frequentato da animali, e non mi riferisco agli scarafaggi.
Ma e’ quindi vero che noi umani siamo sempre peggiori degli ALTRI animali? Piu’ violenti verso le femmine della specie? L’intelligenza di cui ci vantiamo ci rende allo stesso tempo insensatamente piu’ brutali degli altri mammiferi? Possibile che noi siamo sempre i peggiori, o e’ come quando si guarda a quello che succede all’estero, dove e’ sempre tutto migliore?
Tra gli elefanti marini dell’emisfero australe (Mirounga leonina) il rapporto, in termini di dimensioni, tra maschio e femmina e’ estremo tra i mammiferi, con maschi che pesano sino a 4 tonnellate e femmine che possono pesare appena 400 kg, il che rende i maschi sino a dieci volte piu’ pesanti delle femmine, cinque in media. In questo caso si sta per scoprire che i ciccioni brutali tra i maschi sono in realta’ i meno peggio, ma tutta la specie non brilla in simpatia.
Maschio (a destra) e femmina di elefante marino. Source
Questo e’ dovuto al loro modo di riprodursi e all’attitudine poco romantica della specie. Durante la stagione riproduttiva i maschi arrivano a terra per primi e lottano selvaggiamente tra loro per stabilire le gerarchie e i territori a suon di minacce posturali, trombettii emessi con la proboscide e, se non basta, wrestling col proprio peso e morsi violenti. Dal momento che sulla spiaggia non c’e’ posto per tutti, con l’avanzare della stagione aumentano anche le risse, e gli sconfitti sono costretti ad allontanarsi. Si calcola che solo un maschio su cento in media riesce ad avere un harem.
Quando arrivano le femmine, sono gia’ incinte e prossime al parto e si raggruppano in harem di massimo una cinquantina di individui, cento in condizioni estreme, per maschio dominante. Gli altri maschi restano nei paraggi, tanto piu’ vicini al maschio alfa quanto piu’ alto e’ il loro status sociale, ad aspettare che l’alfa si distragga. Alle femmine non interessa essere corteggiate, interessa solo che i loro figli abbiano buoni geni, e questo viene stabilito dalle lotte prima del loro arrivo. Purche’ si tratti di un alfa, quindi, questo o quello per me pari sono.
Le lotte tra maschi sono molto violente ma raramente mortali. Source
Dopo il parto e lo svezzamento, prima che le femmine tornino in mare, l’alfa copre tutto l’harem una o piu’ volte, per garantire i piccoli del prossimo anno. L’essere cosi’ ciccioni e’ funzionale anche alla sopravvivenza, in quanto per tutto il periodo che stanno a terra gli adulti non mangiano e non bevono e dipendono solo dalle loro riserve di grasso per sopravvivere. I maschi passano il loro tempo a inseguire e cacciare via i rivali, sorvegliare le femmine e accoppiarsi, dev’essere un’attivita’ estenuante. Le femmine al contrario passano un mese sdraiate a dormire, prendere il sole e allattare il proprio cucciolo.
Il problema e’ che l’alfa non e’ perticolarmente delicato quando e’ il momento di accoppiarsi, piu’ o meno usa il suo peso e un morso sul collo senza tanti complimenti o preliminari per bloccare l’elefantessa marina a terra, e fa quello che deve fare senza chiedere permesso. Questo e’ pero’ il male minore, perche’ la femmina e’ generalmente consenziente, e se non lo e’ fatti suoi, lui pesa dieci volte di piu’, poteva pensarci prima di mettere la minigonna o venire proprio su quella spiaggia.
Dopo questo simpatico trattamento, quando la femmina e’ pronta a lasciare compagno e cucciolo ormai svezzato sulla spiaggia per riprendere il mare, tra lei e la liberta’ ci sono i maschi esclusi, a quel punto decisamente assatanati. Gruppi di elefanti marini con le occhiaie competono tra loro per la femmina che a quel punto non e’ piu’ protetta dall’alfa, la inseguono e fanno di tutto per accoppiarsi con lei, che la poveretta lo voglia o no. Questi accoppiamenti forzati possono avvenire sulla spiaggia o anche in acqua, con inseguimenti che si protraggono anche per 500 m, e possono anche concludersi con la morte della femmina.
Di solito dopo ogni accoppiamento forzato gli altri maschi litigano fra loro per il proprio turno, e questo consente alla femmina di guadagnare un po’ di metri verso il mare, salvo cadere vittima del vincitore della lotta, per tante volte sino a quando non arriva al mare e riesce a scappare.
I “fochicidi” da stupro sono circa un caso su mille, 300 volte i casi di femminicidio in Italia, il che riporta noi umani, se non in cima alla lista degli animali piu’ gentili, se non altro nella casistica media dei mammiferi di grandi dimensioni.
Referenze
Lindenfors P., Gittleman J.L., Jones K.E. Sexual size dimorphism in mammals. In: Fairbairn D.J., Blanckenhorn W.U., Szekely T., editors. Sex, size and gender roles: evolutionary studies of sexual size dimorphism. Oxford University Press; Oxford, UK: 2007. pp. 19–26.
LeBoeuf, B. J., and Mesnick, S. L. (1991). Social behavior of male northern elephant seals. I. Lethal injuries to adult females. Behaviour 116, 143-162.
March 9, 2014
La grande bellezza, secondo gli uccelli giardinieri
Gli uccelli giardinieri sono un gruppo di passeriformi della famiglia dall’impronunciabile nome di Ptilonorhynchidae, che vive in Australia e Nuova Guinea. Per citare sir David Attemborough, “sono straordinari perche’ sono artisti, scultori e pittori, e i maschi usano le loro creazioni e i tesori che collezionano per fare colpo sulle femmine, in un modo che non ha simili tra nessun altro animale sulla terra, ed eccezione, ovviamente, di noi”. Anche Charles Darwin ebbe l’opportunita’ di vedere questi uccelli durante il suo viaggio a bordo del Beagle, e ne rimase profondamente colpito : “Le costruzioni finemente decorate degli uccelli giardinieri devono essere considerate gli esempi piu’ straordinari di architettura degli uccelli mai scoperti”.
Sericulus chrysocephalus, maschio. Photosource
La caratteristica che rende questi uccelli “straordinari” e’ l’attirare le femmine con la loro abilita’ di costruire gallerie d’arte. Queste “esibizioni permanenti”, che gli inglesi chiamano “bowers” che significa tanto boudoir che nido d’amore (oggi diremmo, meno romanticamente, pied-a-terre), presentano aspetti diversi in base alla specie. Alcune specie costruiscono nidi “a viale” (avenue bowers), innalzando su una piattaforma due pareti contrapposte di ramoscelli posti in verticale, con un sentierino che passa nel mezzo. Nella maggior parte dei casi il sentierino culmina in uno spiazzo che serve ad ospitare i vari elementi decorativi che “l’artista” posa per costruire le sue installazioni.
©2011 Rupert Steggles
I nidi a palo (maypole bowers, il maypole e’ un palo tradizionale innalzato nelle feste rurali nel mondo anglosassone) invece vengono costruiti intorno a un alberello o a una felce intorno a cui una fitta rete di ramoscelli viene intrecciata. Su questi ramoscelli, come su un albero di natale, vengono a volte posti dei ninnoli decorativi come ad esempio deiezioni di bruchi o bacche. L’”albero di natale” e’ circondato da una piattaforma circolare dai bordi rialzati, spesso costituiti di muretti di muschio.
Due specie costruiscono un grande tetto a spiovente fatto di rametti intorno al nido a palo che va a costituire la copertura di una sala che si apre all’aperto, nello spiazzo dell’esibizione. Il pavimento della sala e’ ricoperto di un tappero di soffice muschio.
Un’altra specie ancora dipinge le pareti interne del suo nido a viale usando vegetazione masticata come stucco. Gli spazi espositivi interni e, soprattutto, esterni vengono decorati con cataste di vari oggetti colorati. Il colore puo’ essere uno solo o vario. L’uccello giardiniere occidentale (Chlamidera guttata), ad esempio, decora il viale del suo avenue bower con sassi, guschi di chiocciole, ossa, tutti oggetti rigorosamente bianchi (prima immagine in alto). L’uccello giardiniere satinato (Ptilonorhynchus violaceus), il cui maschio ha il piumaggio blu scuro con l’iride degli occhi blu acceso, preferisce gli oggetti blu e ammucchia pile di elitre di coleotteri in un angolo, bacche blu come mirtilli in un altro angolo, o piume di uccelli azzurri in posizione ben evidente perche’ sono rare. Se ne trova, non disdegna manufatti umani pure di colore azzurro, come tappi di bottiblie di plastica o pezzetti di vetro. A volte aggiunge piccole note di colore verdi o arancio sparse qua e la’.
L’uccello giardiniere di Vogelkop, uno di quelli che costruisce il tetto a capanna sul bower, ha invece preferenze di colore del tutto personali e ogni uccellino crea cataste di oggetti ognuna con un diverso colore. Ad esempio c’e’ il giardiniere che ama le nature morte, e ammucchiera’ da un lato fiori rossi e dall’altro funghi arancio, mentre il suo vicino preferisce i colori scuri e ammucchia elitre di coleotteri neri ed escrementi di cervo marrone scuro o nere. La disposizione degli oggetti non e’ casuale ma dettata da quello che potremmo definire il “senso estetico” dell’uccello giardiniere: se gli oggetti vengono spostati, il loro proprietario si affrettera’ a rimetterli a posto.
Le femmine visitano vari bower, osservano, esaminano, giudicano e alla fine fanno la loro scelta in base sia all’architettura del bower che alla perizia e ricchezza delle sue ornamentazioni, sia al piumaggio del maschio. Secondo i ricercatori Stephanie Doucet e Robert Montgomerie la qualita’ del bower sarebbe un’indicazione per la femmina della quantita’ di parassiti esterni, la cui resistenza e’ un tratto ereditabile geneticamente, mentre il colore del piumaggio riflette la resistenza alle infezioni da parassiti interni. Entrambi i tratti dimostrano la fitness del maschio ma mentre uno e’ il classico fenotipo inteso nel senso mendeliano del termine, l’altro e’ quello che Richard Dawkins chiama il “fenotipo esteso”, come la diga dei castori o la decapottabile rossa degli uomini in crisi di mezza eta’, che dimostrano la fitness e lo status sociale del maschio.
Se la femmina si avvicina ad esaminare meglio il bower i loro compagni si lanciano in una danza di corteggiamento tecnicamente ed esteticamente ineccepibile, e spesso offrono i loro tesori piu’ preziosi come dono nuziale alla femmina. Se l’accoppiamento avviene, la femmina non si ferma al bower, si allontana, si costruisce un nido tutta da sola e da li’ in avanti si comporta da ragazza madre. Il maschio continua invece a sistemare il suo bower e accumulare tesori in attesa della prossima femmina.
Se il proprietario di un bower di successo si allontana per mangiare o cercare altri tesori, non e’ infrequente che un vicino arrivi di soppiatto e rubi oggetti di valore per portarli al proprio nido. A volte compiono veri e propri atti vandalici rimuovendo rametti o spostando oggetti in modo che il nido del vicino, che e’ sempre piu’ verde, o piu’ bianco, o piu’ azzurro, faccia meno colpo sulle femmine. Il furto e’ cosi’ diffuso tra gli uccelli giardiniere che la parola che li designa in una delle lingue aborigene dell’Australia del Nord e’ “suocero”, perche’ ai suoceri in quella cultura e’ concesso di andare e appropriarsi liberamente delle proprieta’ dei generi.
Disclaimer: questo brano e’ un’anticipazione del mio prossimo libro. Spero che l’editore non se la prenda troppo per quest’anteprima, ma le circostanze lo richiedevano
February 10, 2014
Il cucciolo di giraffa e i mostri
Questo post trae spunto da un fatto di cronaca che sembra fare inorridire molti sulla rete, ma che forse bisognerebbe cercare di capire a mente lucida prima di gridare all’orrore. Sono state fatte cose sbagliate? Probabilmente si. Sono state fatte cose giuste? Probabilmente si. Proviamo ad analizzare cosa e’ successo.
I fatti:
1) una giraffa subadulta dello zoo di Copenhagen un maschio di nome Marius, e’ stato abbattuta dalle autorita’ dello zoo.
2) I veterinari hanno eseguito un’autopsia pubblica sul corpo della giraffa davanti ai visitatori dello zoo che desideravano assistere, fornendo spiegazioni e rispondendo alle domande del pubblico.
3) Le parti della giraffa non di interesse scientifico sono state date in pasto ai leoni dopo l’autopsia.
Le motivazioni:
1) Lo zoo e’ uno dei 400 circa zoo affiliati all’EAZA, la European Association of Zoos and Aquaria. Uno degli scopi principali dell’EAZA e’ il captive breeding (riproduzione in cattivita’) degli animali a rischio, e per far cio’ gli alberi genealogici degli animali ospitati vengono scrupolosamente annotati e condivisi, in modo da evitare incroci tra consanguinei. Cio’ serve a mantenere alta la diversita’ genetica degli animali ed evitare di conseguenza malformazioni o morti precoci. Animali in buona salute e poco imparentati potrebbero in giorno costituire il nucleo da cui ripartire se la popolazione selvatica crollasse, come e’ successo con l’orice del deserto o il cavallo di Przewalski.
2) I genitori di Marius non sono particolarmente imparentati e la giraffa era in buona salute. I suoi fratelli, sorelle, cugini, nipoti e cosi’ via sono pero’ gia’ distribuiti negli zoo europei. Questo vuol dire che se Marius fosse stato dato a, per dire, il Bioparco di Roma, avrebbe rischiato di accoppiarsi con una sorella o una cugina o una procugina, generando progenie figlia di consanguinei o “inbred”, come si dice in termini tecnici, quindi a rischio di malattie ereditarie o malformazioni.
3) Lo zoo di Copenhagen ha cercato posto per Marius nelle strutture dell’EAZA ma o non c’era lo spazio materiale o c’era gia’ un suo parente, e quindi quella strada non era percorribile
4) Non si poteva dare Marius a piccoli zoo che non tengono traccia delle parentele degli animali, anche se si erano offerti, perche’ si rischia di vanificare gli sforzi di non generare una popolazione inbred, quindi neanche quella strada era percorribile
5) Non si poteva dare Marius a un circo perche’ e’ contro la policy di welfare degli animali della EAZA scambiare animali con circhi o con privati
6) Non si poteva tenere Marius allo zoo di Copenhagen in quanto rischiava di accoppiarsi con sua madre e/o parenti prossimi.
7) Non si poteva tenere Marius separato dalle altre giraffe primo perche’ avrebbe sofferto immensamente per la segregazione, e secondo perche’ un maschio di giraffa in piena crisi di testosterone e non controllato dal branco puo’ facilmente uccidere un uomo con un calcio, diventava pericoloso tenerlo
8 Si poteva sterilizzare Marius? Forse si, ma la giraffa castrata sarebbe stata fonte di proteste e accuse di mostruosita’ almeno altrettanto energiche [vedi animalisti che hanno bloccato la procedura di sterilizzazione degli scoiattoli grigi a Genova], sarebbe vissuto li per decadi sottraendo risorse ad animali piu’ a rischio rimanendo li’ come marchio di infamia dello zoo. Un gatto o un toro castrato non ci turba, un grande mammifero selvatico si perche’ associamo questi animali a idee del tutto umane di liberta’, lotta per la sopravvivenza etc. Sarebbe stato forse addirittura peggio.
9) Si poteva portare Marius in Africa e liberarlo? No, per liberare gli animali degli zoo ci vogliono appositi progetti molto complessi in termini organizzativi, molto costosi e che durano anni. Portarlo nella savana e lasciarlo al suo destino significava spendere soldi per farlo mangiare al primo leone di passaggio, visto che gli animali degli zoo sono tontoloni e non sono abituati al pericolo. Tanto valeva darlo in pasto ai leoni di Copenhagen
10) Sopprimerlo e’ stata l’ultima risorsa, tutte le alternative erano impossibili e non credo che lo zoo abbia affrontato la cosa a cuor leggero. Sarebbero stati dei pazzi sadici se avessero preferito uccidere la giraffa invece che darla via, ma non era cosi’.
E cosi’, a torto o a ragione, Marius e’ stato soppresso. Era anestetizzato e il colpo in testa ne ha causato la morte immediata. Se fosse stato mangiato da un leone o da una iena, cosa che capita alle giovani giraffe in Africa, avrebbe sofferto certamente molto di piu’. Si fa la stessa cosa con gli altri ungulati, come i cervi, sia negli zoo che allo stato selvatico, la caccia di selezione non e’ stata inventata ieri, ma siccome siamo abituati a pensare ai cervi come a companatico per la polenta la cosa non ci scandalizza piu’ di tanto. Gli occhioni da Bambi della giraffa (non frequente pietanza sulle nostre tavole) sono invece motivo di scandalo. Per inciso, anche se fossimo in un mondo di vegan l’ abbattimento per evitare l’inbreeding sarebbe stato necessario lo stesso. Portare la questione su “l’uomo e’ cattivo, mangia le mucche e uccide le giraffe” non e’ un’argomentazione. Anche il leone mangia le giraffe e uccide le mucche, se puo’, e nessuno protesta. Siamo dei superpredatori? Ebbene si, siamo dei superpredatori, e’ ora che qualcuno lo dica, facciamocene una ragione. La predazione non si limita al cibo, usiamo gli animali in moltissimi modi, dalla compagnia al trasporto, e la cosa non e’ innaturale, perche’ noi non siamo al di fuori della natura. Neanche le formiche che allevano afidi a proprio uso e consumo sono innaturali.
Un altro modo di usare gli animali e’ sezionarli dopo morti per capire come sono fatti dentro. E’ una conoscenza che ci serve, tra le altre cose, per curare altri animali.
Detto questo, penso anche io che l’autopsia pubblica sia stato un autogol mediatico prossimo a un suicidio. Non per i bambini presenti, sicuramente. I bambini sono curiosi per natura e non hanno un’etica congenita, hanno l’etica che gli viene imposta dai genitori, almeno sino a che non se ne formano una propria. I bambini dei cacciatori-raccoglitori non sono mai stati traumatizzati dal vedere un animale macellato, ci siamo evoluti cosi’, per un buon paio di milioni di anni. I nostri antenati a vedere una giraffa morta avrebbero avuto l’acquolina in bocca, piuttosto che inorridire. Alcuni adulti invece inorridiscono non a vedere (assistere era facoltativo), ma a pensare che si possa fare l’autopsia pubblica di una giraffa. Giusto o sbagliato che sia e’ cosi’, e le autorita’ dello zoo avrebbero dovuto tenerne conto della human dimension della cosa e fare l’autopsia a porte chiuse, come si fa di solito, con presenti solo gli studenti di veterinaria per imparare il mestiere. Gli zoo sono strutture che servono non solo a educare ma anche a sensibilizzare. Se c’e’ gente sensibile vuol dire che hanno fatto bene il loro lavoro, non distruggiamolo facendo venire a mancare il rapporto tra il pubblico e lo zoo, che gia’ e’ delicato.
E’ giusto dare la giraffa in pasto al leone? Si. Sia per il cavallo del macello (il pasto tipico dei grandi carnivori degli zoo) che vede la sua vita risparmiata di qualche giorno, sia per il leone, che per una volta mangia la sua preda naturale. Se avanzano 250 kg di carne, perche’ buttarli via e non ricreare una cosa naturale come un leone che mangia una giraffa? E’ giusto dare la giraffa in pasto al leone sotto gli occhi del pubblico? No, per i motivi di prima, altro suicidio mediatico.
Lo zoo ha sbagliato, su molti punti. Primo, nel creare tutta quasta situazione, facendo riprodurre le giraffe liberamente senza pensare alle conseguenze. Si spera che da ora prendano precauzioni. Non ha sbagliato nell’eutanasizzare la giraffa, non aveva scelte. Secondo, lo zoo ha sbagliato, molto, nel creare un evento mediatico che molte persone trovano aberrante. Non era necessario e rischia di distorcere il messaggio che dovrebbe dare uno zoo moderno. Terzo, non ha sbagliato a dare la giraffa in pasto al leone. Ha sbagliato di nuovo pero’ facendone uno show.
Non che dovesse fare tutto di nascosto, ma sicuramente farlo con piu’ riserbo senza fare il pubblico patibolo sarebbe stato piu’ adeguato per non ferire la sensibilita’ di molte persone e un giusto tributo di rispetto nei confronti della giraffa. Da qui pero’ a dire che sono un manipolo di mostri ce ne passa. Direi che fondamentalmente hanno bisogno di licenziare il loro press officer e rivedere le loro politiche relativamente alla comunicazione e al management dei grossi ungulati. Si spera che abbiano imparato.
January 27, 2014
L’esorcista, la shoah e il genetista
Questa non e’ una storia di animali strani come le altre, quanto piuttosto la cronaca di un fatto imbarazzante. O magari mi sbaglio, ed e’ una storia di animali strani.
Tutto incomincia quando vengo a conoscenza della presentazione del libro “Come difendersi dal diavolo“, intervista di Patrizia Cattaneo al decano degli esorcisti, Padre Cipriano de Meo, Presidente ad interim dell’Associazione Italiana degli esorcisti (ebbene si, anche gli esorcisti, nel loro piccolo, si sindacalizzano).
Io credo nella liberta’ individuale di credere e pensare quello che si vuole, dal Flying Spaghetti Monster alla creazione del mondo in sei giorni passando per i sogni degli antenati, e non trovo il libro in se’ particolarmente shockante o sconvolgente. Le Edizioni Paoline da sempre pubblicano testi del genere, rimangono nell’ambito del loro mercato e siamo tutti contenti. Quello che trovo inaccettabile e’ che un libro oscurantista e dal sapore medioevale venga presentato dal rettore dell’universita’ di Bari, professor Uricchio, nell’aula magna del Palazzo Ateneo. In altre parole che una delle principali universita’ italiane ratifichi con un’aura di approvazione ufficiale un libro ascientifico e superstizioso, calpestando tutti coloro che in quella stessa universita’ cercano di fare ricerca per il progredire della conoscenza e della tecnologia, facendo improvvisamente scadere gli sforzi e la credibilita’ scientifica di tutti gli alumni dell’universita’ stessa. Inclusa, ahime’, la sottoscritta.
Dopo aver lanciato un po’ di segnali di allarme sui social network e al CICAP, ho cercato informazioni sull’autrice del libro, e non e’ stato difficile trovarle. Leggendo affascinata il sito della signora Cattaneo scopro che “Anche quando i laici sviluppano una certa competenza, o sono esperti medici e psicologi, la certezza della presenza diabolica la dà solo l’esorcista, dopo avere pregato sul soggetto. Ci sono infatti casi di possessione completamente asintomatici e molto complessi e un laico, per quanto dotto e preparato, rischia di rifiutare un paziente che ha invece bisogno estremo dell’esorcista”. Chissa’ quanti portatori sani di demonicita’ si aggirano intorno a noi, solo che non ce ne accorgiamo. Speriamo che scoprano un vaccino. Scopro anche che “Dal cancro si puo’ guarire, parola di frate”, con una pozione a base di grappa, aloe e miele, e questo non e’ sarcasmo. Inoltre, se doveste avere “problemi legati ai disturbi malefici, segnaliamo alcuni esorcisti a noi noti, che attualmente esercitano il ministero con il mandato REGOLARE e UFFICIALE del loro Vescovo. Il nostro unico criterio di scelta è la conoscenza personale, per cui non è ovviamente esaustiva.” In pratica, la signora fa da tramite tra esorcisti in cerca di spiritati e posseduti in cerca di cura per i loro “disturbi malefici” o problemi mentali che dir si voglia. Risulta dal sito che nessuno screening viene effettuato e tutti i candidati ad avere “disturbi malefici” vengono prontamente inviati dall’esorcista, indipendentemente dai pareri medici, incluso un bambino di sette anni.
Di casi di bambini uccisi mentre venivano esorcizzati la cronaca e’ piena, vedi qui o qui, ma naturalmente secondo i rappresentanti ufficiali dell’Ateneo barese non c’e’ nulla di male nel presentare un libro che parli di queste cose.
Arrivato il pomeriggio fatidico dell’evento e trovandomi per coincidenza nel posto giusto al momento giusto, mi dirigo verso l’aula magna col mio bel “domandone” in tasca, pronta a partecipare al contraddittorio, anche se qualche dubbio sulla qualita’ o esistenza del contraddittorio gia’ la nutrivo.
La sala e’ piena, circa un centinaio di posti o poco piu’, di un pubblico molto eterogeneo che va da signore impellicciate a studenti con la keffiyeh.
Mi sistemo in prossimita’ della porta posteriore dell’aula, cercando di occupare una posizione che mi dia piena visibilita’ dell’aula e dei relatori. Di fianco a me ci sono dei cronisti locali e un gruppo di studenti. Il gruppo di studenti si rivela essere li per i miei stessi motivi. Sette ragazzi del sindacato studentesco LinkBari che promettono allegri un’azione dimostrativa ma allo stesso tempo sono spaventati dalla sicurezza o peggio, di essere schedati dalla DIGOS.
L’inizio dei lavori parte molto in ritardo perche’ il Rettore, dopo essersi fatto attendere, opta saggiamente per trovarsi altrove e diserta l’evento. Apre la presentazione il prof. Giorgio Otranto, molto noto per la sua militanza cattolica, spiegando che in contemporanea a questo c’e’ un evento sulla Shoah. In effetti, la presentazione di un libro sugli esorcismi il giorno della memoria e’ “proprio per onorare la Shoah”, secondo il professor Otranto, che si lancia in uno sperticato (e a mio parere di dubbio gusto) parallelo tra il male diabolico e il nazismo (”i due eventi si devono collegare perche’ siamo in presenza del male”) implicando che la Shoah e’ frutto del demonio, solo che evidentemente nessun esorcista penso’ che valesse la pena di esorcizzarlo.
Un altro punto su cui Giorgio Otranto, docente di storia del cristianesimo, insiste molto, e’ che “l’esorcismo e’ un fenomeno storico che precede la religione cristiana”, ma non e’ molto chiaro sino alla fine dove questo filo voglia condurre, anche perche’ dopo alcuni minuti dall’inizio della conferenza incominciano interruzioni e commenti ad alta voce. Poca roba, solo qualche parola, ma il professore sceglie di non ignorare il disturbo, ribatte in toni rudi e propone un dibattito a porte chiuse, ma il pubblico e’ abbastanza compatto nel chiedere un dibattito pubblico.
Si, perche’ almeno un terzo dei presenti e’ in realta’ li per protestare, e per chiedere a gran voce che la loro universita’ sia un luogo dove la conoscenza scientifica venga valorizzata, e il disappunto e’ greve e pesante nelle ultime file. Solo, il professore non sembra amare il contraddittorio ed e’ evidentemente seccato. Volano scambi di parole pesanti anche tra il pubblico “siete dei fascisti di merda”, “Ca’ nisciun’ e’ fess” e amenita’ simili. Il punto caldo e’ pero’ raggiunto quando i ragazzi di LinkBari si alzano in piedi, in silenzio, indossando delle corna rosse, ed escono dall’aula tra le urla di disappunto di molti e gli applausi di pochi. Qualcuno, una signora in pigiama, o forse in un completo elegante, ricorda indignata come “questa gente non abbia fatto andare il papa Ratzinger a parlare alla sapienza nel 2008″ e si congratula che a Bari le cose vadano meglio.
L’intervento di Patrizia Cattaneo e’ breve e inconcludente, si limita a relazionare sui motivi per cui ha scritto il libro, sulle sue vicissitudini per pubblicarlo e da’ dettagli del tutto irrilevanti sui tempi editoriali e sulla competizione per la pubblicazione, intervallando frasi come “vite rovinate”, “karma inevitabile”, “cultura del diavolo”, “visione demonocentrica”. L’intervento dell’esorcista e’ invece francamente disarmante. Non ce la faccio a prendermela con un signore novantenne e poco lucido che biascica mezze frasi con l’accento gutturale foggiano, neanche se questo signore sparge superstizioni da sessant’anni a detrimento di persone psicolabili. Il succo del discorso di Padre Cipriano de Meo e’ piu’ o meno: “il diavolo c’e', ma non si vede, penitenziagite”. Parla evidentemente per slogan ripetuti per sessant’anni dall’alto dei pulpiti e dal basso delle camere di malati. “E’ il diavolo che ci fa credere che non esiste” “Il diavolo ha sparso la notizia della sua morte” “Dio permette il demonio perche’ ci vuol bene” “il demonio si approfitta di questa nostra dabbenaggine” (riferendosi agli studenti di LinkBari).
Anche il discorso dell’esorcista e’ interrotto da provocazioni, a mio avviso fuori luogo dato che il frate ha evidenti problemi di udito, ma Giorgio Otranto interviene in sua difesa ricordando che questa presentazione e’ compensata da un precedente seminario sull’ateismo. Non mi e’ pero’ chiaro come una cosa compensi l’altra, qui non si tratta di par condicio ma di uscire dal medioevo.
Dopo un altro intervento poco significativo del professor Indellicato si arriva a quello che tutti attendono trepidanti, il dibattito. Dopo anni nel Regno Unito non riesco a tornare alle vecchie abitudini baresi di non fare la coda e prevaricare gli altri sgomitando e cerco di iscrivermi a parlare alzando la mano educatamente. Otranto mi vede e mi ignora: dal momento che ero seduta per caso vicino ai ragazzi deve aver pensato che ero una provocatrice e fino alla fine non mi concede la parola.
Nel dibattito vengono comunque fuori quasi tutti i punti chiave di quello che sarebbe stato il mio intervento, anche se intervallati da gente stizzita che grida “se non siete d’accordo ve ne potete anche andare”.
L’intervento pero’ piu’ inaspettato e sicuramente il piu’ interessante e’ quello di Mariano Rocchi, genetista e Preside di Biologia nella stessa universita’ (ma dov’era il professor Rocchi quando io studiavo biologia?), che lascia Otranto & Co. di ghiaccio perche’ con fredda e impassibile educazione ricorda che oggi conosciamo cose come il DNA e l’evoluzione, sappiamo come funzionano i geni e il cervello umano, e che parlare ancora di indemoniati e’ un anacronismo e un voler negare le conoscenze attuali. Riceve come risposta che le sue sono pure opinioni come quelle degli altri (inclusa l’evoluzione, ca va sans dire). L’intervento successivo di una biologa che lavora con Rocchi solleva ilarita’ tra prime file quando dichiara di essere sbattezzata, e disappunto quando rimarca con forza l’inopportunita’ di tutta la conferenza.
C’e’ speranza per un buon terzo dell’universita’ di Bari, se quello era un campione rappresentativo, ma mi chiedo come mai Rocchi sia stato l’unico accademico ad avere il coraggio di dire la sua in aperto contrasto con i suoi colleghi. Dov’erano i fisici, i chimici e i matematici? Le scienze dure sono disposte a tornare all’alchimia? Dov’era l’ateo Luciano Canfora? Dov’erano i filosofi razionalisti? Proud to be a biologist, ancora una volta.
Alla fine, quando la discussione si era trasformata in zuffa verbale per colpa di un disturbatore, qualcuno mi ha spintonata brutalmente subito prima che mi lasciassero accesso al microfono: dovevo fare spazio al Magnifico che arrivava dalla Shoah, ha fiutato l’aria e senza molte parole ha salomonicamente mandato tutti a casa, passando come una ruspa sulla liberta’ di espressione, sull’idea di dibattito democratico e soprattutto sul disappunto dei molti che si ritrovano in un’universita’ che si vanta di cercare il demonio invece che promuovere la formazione scientifica.
January 6, 2014
Guida temporale per autostoppisti – Il Triassico
Il viaggio nel tempo con mezzi di fortuna presenta indubbiamente dei vantaggi rispetto all’autostop galattico. Consente innanzi tutto di rimanere sul proprio pianeta anche nel caso in cui la Societa’ Autostrade ritenga di dover demolire la Terra per costruire una Salerno-Reggio Calabria in questo sperduto braccio della Galassia. Consente anche di desinare non solo al termine, ma anche all’inizio dell’Universo conosciuto.
Presi dunque il proprio asciugamano, della corda, gli opportuni amuleti +10 e altri eventuali accessori personali come un fucile Weatherby Custom Mark V Dangerous Game calibro .416 Weatherby Magnum, ci si puo’ avviare verso nuove avventure ma, soprattutto, verso il doversi inventare nuovi e interessanti modi di sopravvivenza tra un passaggio e l’altro.
Scopo di questa guida e’ soprattutto di investigare la Paleoculinaria, ovvero come procurarsi da mangiare molto, ma molto tempo prima dell’evoluzione delle piante e degli animali moderni e soprattutto dei supermercati, nel caso in cui il traffico temporale ci costringesse a soste prolungate in tempi interessanti.
Il Triassico
Il Mesozoico e’ da tutti ricordato come l’era dei Dinosauri, e dagli addetti ai lavori come l’era del mantra “Triassico-Giurassico-Cretassico Cretaceo”. Quale delle tre epoche sia stata piu’ interessante e’ difficile a dirsi, ma supponiamo pero’ di aver ricevuto un passaggio sino al Triassico e diamo un’occhiata intorno.
Ricostruzione del paesaggio delle Dolomiti nel medio Triassico secondo Watchler, 2011
Il Triassico, occorso tra 250 e 200 milioni di anni fa, e’ un’era di passaggio, un periodo speciale di transizione in cui dopo una grande estinzione di massa le specie viventi si riprendono pian piano. 252.28 milioni di anni fa una colossale catastrofe, la peggiore -per quel che ne sappiamo- catastrofe mai avvenuta sulla faccia della terra, fece estinguere il 96% delle specie marine, il 70% dei vertebrati terrestri e l’83% degli insetti. Quella del Permiano-Triassico (P-Tr) e’ l’unica estinzione di massa cosi’ violenta da aver colpito gli insetti, altrimenti generalmente resistenti alle catastrofi ambientali. Se siamo fortunati, il passaggio temporale ci lascera’ a meta’ Triassico: qualunque cosa abbia causato la catastrofe, meteoriti, eruzioni vulcaniche, rilascio di metano dai sedimenti marini o altro, sarebbe sconveniente dovervi assistere in prima persona.
In ogni caso, portatevi il costume da bagno e la crema solare perche’ fara’ caldo. Gli sconvolgimenti dell’inizio del Triassico hanno lasciato la terra in pieno effetto serra dovuti a un aumento sia di metano che di CO2, e la temperatura media (mediando tutta la superficie terrestre e tutto il Triassico) e’ di circa tre gradi piu’ alta rispetto a oggi, 17 gradi Centigradi contro 14 odierni. La quantita’ di ossigeno e’ diminuita bruscamente ed e’ piu’ bassa di un buon 20% rispetto a oggi (16% in media contro il 21% attuale). Si respira come a 2800 m di quota. All’inizio del Triassico (dove speriamo di non essere lasciati) la quantita’ di ossigeno era addirittura del 12%, ovvero la stessa che si ha a 5300m s.l.m.
La Terra nel Medio Triassico. Foto
I continenti sono riuniti nella Pangea, enorme, arida, desertica e torrida al suo centro. Le uniche aree umide e abitabili sono lungo le coste. Dal momento che il viaggio temporale non richiede anche lo spostamento nello spazio, partendo dall’Italia avremmo la fortuna di essere lasciati nei pressi della Tetide, un oceano caldo e poco profondo circa al centro della Pangea. A meno che non partiate da una zona dell’arco alpino, la nostra navicella temporale sarebbe costretta a un ammaraggio nella Tetide, dato che l’Italia non c’era ancora, quindi cominciate a remare.
L’antipasto
Gia’ che siamo in acqua, possiamo cominciare a procacciarci del cibo con poco sforzo. Le trilobiti sono state spazzate via dall’estinzione P-Tr, per assaggiarle occorrera’ cercare un passaggio verso il Paleozoico. Sono pero’ fortunatamente rimaste le ammoniti, anche se al limite P-Tr se ne e’ estinto il 90% delle specie. In ogni caso le specie sopravissute, a meta’ triassico hanno raggiunto nuovamente una grande biodiversita’. Consigliate sono le specie Ceratites nodosus (nell’immagine in alto, da qui, mentre in quella in basso si vede la ricostruzione di un’ammonite viva) o Ceratites elegans, entrambe molto comuni nelle acque lagunose della Tetide settentrionale dove vi trovate.
Le distinguete dalle altre ammoniti per via della conchiglia bitorzoluta e decorata. Essendo cefalopodi come i polpi e i calamari, viene consigliata una cottura all’acqua pazza dentro la conchiglia stessa. Dopo la cottura, in acqua di mare (cosi’ non vi dovete preoccupare di salarla), provvederete all’estrazione del mollusco. Tagliate l’ammonite a fettine seguendo i segni delle varie camere della conchiglia. Condite con olio di pinoli di Alpia anisica e un battuto di germogli di felce saltati. Scegliete le felci piu’ piccole, quelle di sottobosco, ma fate attenzione a scegliere solo specie commestibili.
Panem sine circensibus
Le piante da fiore, ovvero tutte quelle che di solito consumiamo, appartengono a un futuro lontano, lontano, quindi il viaggiatore temporale del Triassico deve adattarsi a usare quello che c’e’ a disposizione come fonte di amido. Questo include la totale assenza di cereali, riso, patate e tuberi assortiti. La buona notizia e’ pero’ che si sono de poco evolute le Cicadeae, e il pane di cicadea e’ una delikatessen irrinunciabile per il gourmet del Triassico. Le Cicadeae sono piante simili alle palme ma, a differenza di queste, sono Gymnosperme come le conifere, quindi non fanno fiori. Tutte le 300 specie di cicadee moderne hanno pero’ un vizietto fastidioso, sono velenose, ma c’e’ modo di detossificarle. Non ci sono dati sulla velenosita’ delle cicadee Triassiche ma, nel dubbio, conviene presumere che lo siano. Le dolomiti dell’Italia del Nord-est (Trentino alto-Adige e Veneto) hanno rivelato ben sette specie diverse di cicadee. Conviene puntare il jolly su Bjuvia dolomitica (nell’immagine, tratta da qui), una cicadea relativamente simile alle moderne Cycas, che sappiamo essere commestibili. Ci sono due principali fonti di amido nelle cicadee, la parte centrale del tronco e della radice e i semi, entrambi ricchi di amido. Per detossificare i semi si puo’ procedere nel seguente modo: si tagliano a meta’ e li si pone in un secchio di legno (o nell’asciugamano), immerso in acqua corrente, per tre giorni, oppure se si ha fretta li si bollisce per tre volte, ogni volta per mezz’ora, cambiando l’acqua. Una volta detossificati li si lascia asciugare e li si riduce a farina in un mortaio. Simile e’ il procedimento per ottenere il sago (la farina di amido di cicadea) dal fusto, lo si riduce in poltiglia, si mette la pasta ottenuta nell’asciugamano e la si lava molte volte, e poi molte altre, giusto per paranoia, almeno per tre giorni, poi si lascia asciugare. Per conservare a lungo la farina di cicadea, occorre affumicare i semi o i fusti su piattaforme di legno rialzate prima di detossificarli. Una volta ottenuta la farina, la si puo’ cuocere al vapore e quindi impastare con acqua salata e lievito, se si riesce a imbroccare quello giusto in modo naturale: i lieviti esistevano gia’, ma non tutti fermentano l’amido. Vietatissimo portarseli da casa, in quanto si introdurrebbe una specie allocrona. Le pagnotte possono essere decorate con pinoli assortiti o con semi di gingko triturati.
Se non vogliamo rischiare i simtomi del Lytico-Bodig da avvelenamente da cicadea, niente paura, abbiamo un piano B.
Il piano B consiste nell’usare l’amido estratto dai rizomi di felce. Non tutte le felci vanno pero’ bene, in quanto alcune contengono sostanze cancerogene o tossiche, quindi selezionatele accuratamente se volete sperimentare. Il rizoma allargato alla base di Neuropteridium elegans (immagine tratta da Wachtler, 2011) farebbe al caso vostro, se cominciate il vostro viaggio dalle Dolomiti orientali: si tratta infatti di una pianta endemica della Tetide settentrionale. Tagliate il rizoma e lavatelo ripetutamente, seccatelo e riducetelo in polvere. Se usato fresco ottenetene una polpa in un mortaio e poi filtrate via i liquidi dalla pasta ottenuta attraverso l’asciugamano. Aspettate che la polpa contenente l’amido si asciughi e poi lavoratela con acqua salata per ottenerne un impasto da cuocere in forno di argilla per ottenere delle focacce azzime di felce.
Il companatico
La carne a buon mercato nel Triassico abbonda, soprattutto se vi siete portati il Weatherby. Se volete provare qualcosa di nuovo e insolito, comunque, ci sono due indicazioni principali:
1) Agli amanti della pesca viene consigliato il filetto di ittiosauro. Gli ittiosauri nel Triassico medio in cui vi trovate si sono appena evoluti a partire da mai chiariti rettili terrestri, e rappresentano pertanto una primizia di stagione era geologica. Sono comunque gia’ completamente indipendenti dalla terraferma: i denti da rettile sono modificati per catturare i cefalopodi di cui si nutrono. Sono vivipari, partoriscono vivi i figli, per non dover tornare sulla terraferma, e sono anche omeotermi, mantengono costante la temperatura corporea come fanno i moderni tonni. Nelle acque basse in cui vi trovate dovrebbe essere facile osservare banchi di Mixosaurus cornalianus ( nell’immagine, da qui) cacciare insieme come fanno i barracuda. Sono ittiosauri piccoli e primitivi, lunghi un metro o poco piu’, anche se molto pesanti, anche un quintale a esemplare. Per non cadere al fondo, questi rettili devono continuare a nuotare spingendosi con le grandi pinne anteriori e le pinne posteriori, piu’ piccole. La coda infatti e’ molto lunga ma ancora non ha la forma da pesce tipica degli ittiosauri successivi, e la pinna dorsale e’ poco sviluppata. Se avete fretta e siete molto bravi, potete provare a sparargli quando saltano fuori dall’acqua per respirare, se no vi tocca usare la corda per fare una rete. Potete cuocere i filetti al vapore su un letto di rami di equiseto intrecciato, o potete preparare gli esemplari giovani interi, in crosta di sale, tanto i depositi di sale non mancano perche’ il livello dell’acqua e’ calato
2) Il Triassico e’ l’epoca della grande radiazione adattativa dei rettili mammalomorfi. Solo una manciata dei rettili mammalomorfi del tardo Permiano e’ sopravissuto ma le poche specie superstiti gia’ nel medio Triassico si sono molto diversificate. Sfortunatamente, le nuove specie si estingueranno quasi completamente entro la fine del Mesozoico: di tutti i rettili mammalomorfi (Therapsida) oggi sopravvivono solo i mammiferi. Consoliamoci comunque, non mancano i grandi erbivori che occupano la nicchia ecologica delle mucche. Se vi imbattete in un branco di Kannemeyeria (nell’immagine, da qui) siete a posto, tre metri di bestia e diversi quintali di bistecca sono a vostra disposizione. Attenzione pero’ al forte becco fiancheggiato dai due lunghi canini, un colpo puo’ esservi piu’ fatale di quello di un ippopotamo, quindi mirate da lontano (ma tanto se vi siete portati dietro quel giocattolino si spera che abbiate un mirino telescopico; non fatevi calpestare dal branco spaventato). La morte sua e’ alla griglia. Sfortunatamente nel medio Triassico e’ quasi impossibile fare un barbecue decente. Gli sconvolgimenti al limite P-Tr hanno portato all’eliminazione delle piante che formano i giacimenti torbosi e le piante del triassico non carbonificano naturalmente, per cui o trovate carbon fossile, o vi fate il carbone dalla legna, o non ne trovate in fieri, soprattutto non trovate torbiere. Vi conviene usare come combustibile il legno dell’ultimo licopode arboreo rimasto, Lycopia dezanchei, tanto sta per estinguersi e nessuno si accorge se avete preso gli ultimi esemplari: oggi i licopodi sono delle piantine piccole che sembrano spazzolini per lavare le provette, ma sino al limite P-Tr c’erano ovunque grandi foreste di altissimi licopodi arborei. Le pigne dei licopodi arborei, oltretutto, in associazione alle pigne delle conifere, evolutesi di recente, danno un buon profumo alla carne.
Se invece avete voglia di una bella frittata, avete l’imbarazzo della scelta: i rettili acquatici abbondano e se gli ittiosauri sono riusciti a diventare vivipari, diventando praticamente i delfini e le focene del Triassico, questo non e’ vero per molte altre specie, obbligate a tornare a terra per deporre le uova sotto la sabbia. C’e’ solo l’imbarazzo della scelta sul proprietario delle uova. Ad esempio coccodrilli vegetariani (ma mordono ugualmente, sono corazzati, sono lunghi almeno due metri, spesso di piu’ in base alla specie, e soprattutto hanno cure parentali, quindi andate a fare visita al nido col Weatherby, cosi’ ne vien fuori anche un prosciuttino di Aetosauro, nell’immagine in alto). I coccodrilli-facenti-funzioni si chiamavano Phytosauri e anche deponevano uova nella sabbia, ma erano carnivori, occhio a mammina.
Soprattutto, pero’, le uova di notosauro meritano una menzione. Se gli ittiosauri erano i delfini, i notosauri erano le foche del Triassico, e tornavano a terra per riprodursi e deporre le uova. Ceresiosaurus ad esempio (nell’immagine a fianco, da qui), viveva alla latitudine giusta, era lungo 4 metri, e le femmine tornavano a terra per deporre, nelle spiagge giuste, quindi se siete fortunati potete gioire di una frittatona di uova giganti. se la bestia mostrasse cure parentali, comunque, ricordatevi che e’ un po’ come rubare l’arkenpietra a Smaug.
Come contorno vengono consigliati i tuberi di alcune specie di felce. Non sanno esattamente di patate, ricordano piu’ le castagne d’acqua o i topinambur, in quanto servono come riserva d’acqua nel clima caldo e asciutto del Triassico. I tuberi della moderna felce Nephrolepis cordifolia contengono il 96% di acqua e del rimanente 4% l’ 1.25% e’ amido, il 13.42% altri carboidrati, l’ 1.34% proteine, il 14.88% fibre; non sono quindi esattamente un sostituto delle patate, per buona pace del Sam Gamgee che e’ in noi. Non sappiamo se le felci del Triassico producessero gia’ tuberi, e come erano composti, si attendono i resoconti dei viaggiatori temporali. Se siamo proprio disperati, possiamo ricorrere comunque ai tuberi degli equiseti piu’ piccoli (Equisetites).
Dessert
Se riuscite a mungere un rettile mammalomorfo potreste provare a produrre del formaggio. Dato pero’ che le bestie erano incazzose assai e probabilmente producevano latte come gli ornitorinchi, da ghiandole del torace, l’operazione risulta complicata. Le api e i fiori non si erano ancora evoluti, quindi niente miele. Ottenere zucchero da tuberi come la barbabietola e’ improbabile, occorrono le molto piu’ efficienti angiosperme per queste cose, e questo esclude la possibilita’ di un dolce. Rimane solo la frutta, o meglio, un suo surrogato ottenuto usando i semi delle Pteridospermatophyta, ovvero le misteriose felci a seme, che scompariranno alla fine del Mesozoico e che hanno il loro periodo di speciazione sfrenata proprio nel Triassico. Questi semi hanno un grande sarcotesta, ovvero il germe e’ rivestito da un involucro commestibile come i semi moderni. Nelle Dolomiti c’erano ad esempio Peltaspermum bornemannii (immagine tratta da Wachtler, 2011), Scytophyllum bergeri e Caytonia fedelei, tra le altre. Dal momento che non esistono piu’ felci a seme non e’ possibile dire se i “frutti” fossero commestibili. Tuttavia e’ possibile che i grandi semi servissero per essere mangiati dagli animali che agivano da dispersori dei semi, e quindi oltre che ricchi di zucchero i “frutti” erano probabilmente anche molto colorati. Se commestibili potrebbero offrire un gustoso dessert a base di macedonia, a cui si aggiungerebbero anche i semi delle numerose specie di gingko: l’unica specie di gingko arrivata sino a noi, il Gingko biloba, produce frutti molto apprezzati in estremo oriente. Aspettiamo i resoconti dei viaggiatori temporali per ampliare questa sezione con nuove e succulente ricette. Nel dubbio, fate prima assaggiare i frutti al vostro fedele cinocefalo, se proprio non vuole farsi mungere.
Bevande
Dalle foglie del gingko si ottiene tutt’ora un gustoso infuso e sicuramente si puo’ sperimentare molto, vista la grande biodiversita’ di specie. Dai germogli e dai rizomi di alcune felci il viaggiatore temporale puo’ anche ricavare della birra, se imbrocca i lieviti giusti. Distillando l’amido di cicadea si puo’ ottenere un liquore digestivo.
Soddisfatti cosi’ i nostri appetiti Triassici, occorre ora solo aspettare un passaggio verso una nuova Era.
Referenze
Wachtler, M. (2011). Ferns and seedferns from the Early-Middle Triassic (Anisian) Piz da Peres (Dolomites – Northern Italy) Dolomythos, 57-79
Kustatscher, E., van Konijnenburg-van Cittert, J.H.A., 2005. The Ladinian Flora (Middle
Triassic) of the Dolomites: palaeoenvironmental reconstructions and palaeoclimatic
considerations. Geo.Alp 2, 31–51.
Kandutsch, G., (2011): Other ferns from the Early-Middle Triassic (Anisian) Piz da Peres (Dolomites – Northern Italy), Dolomythos, 80-87, Innichen.
Wachtler, M., (2011): Seedferns from the Early-Middle Triassic (Anisian) Piz da Peres (Dolomites – Northern Italy), Dolomythos, 88-104, Innichen.
Kustatscher, E., van Konijnenburg-van Cittert, J.H.A., 2005. The Ladinian Flora (Middle Triassic) of the Dolomites: palaeoenvironmental reconstructions and palaeoclimaticconsiderations. Geo.Alp 2, 31–51.
http://www.cycad.org/grants/2008/TCN-march2009-bread-from-the-wild.pdf
http://www.seedbiology.de/evolution.asp
January 2, 2014
L’oroscopo dell’Orologiaio del 2014
I segni zodiacali sono un esercizio dadaista che prevede l’unire dei puntini a caso tra alcuni miliardi di stelle e vederci degli animali, oggetti o persone particolari con cui i pastori nomadi delle steppe erano familiari 5000 anni fa. E’ ora che anche l’oroscopo si evolva, come tutto, e tenga conto del milioncino e mezzo di bestie scoperte nel frattempo nel resto del pianeta e delle ultime scoperte scientifiche. Ecco quindi una versione dell’oroscopo riveduta e corretta, per il 2014.
Taenia saginata (21 Marzo- 19 Aprile). I nati sotto il segno della Tenia tendono a essere solitari e introversi. Nei prossimi mesi avrai la sensazione che tutto intorno a te sta cambiando e comincerai a soffrire di problemi digestivi. Diffida di quell’amico medico, soprattutto se ti propone del Niclosamide. Non cercare di aprirti al mondo, accontentati di quello che hai intorno e diffida delle diete. In amore tutto bene come sempre, i nati della Tenia sanno sempre come trovare un partner che stimano veramente.
Clone (20 Aprile – 20 Maggio). Il vostro cibo preferito saranno quest’anno le banane e l’uva senza semi, ma attenzione a non mangiarli in ambienti differenti dal solito. Evitate soprattutto le vacanze in posti insoliti, in quanto potreste non avere sufficiente variabilita’ genetica per affrontarli. Sul lavoro siete troppo cooperativi e vi aspettate che tutti facciano le cose come voi. Amore: sappiate che esiste. Il vostro segno del cuore quest’anno e’ la Tenia.
Demone di mare (21 Maggio – 20 Giugno). Siete ansiosi per natura e temete di essere lasciati soli. Avete per questo l’abitudine di ingannare e manipolare il prossimo. Oltre che i venditori di auto usate e i broker ci sono altri lavori pronti ad aspettarvi nel 2014: potrebbe liberarsi un posto nella segreteria del Pd o dei LibDem inglesi, ad esempio, senza contare il florido mercato delle cure miracolose. Amore, Lui: questo sara’ un anno eccezionale, scoprirete che non siete soli nel vostro modo di interagire col partner, c’e’ anche la Overly attached girlfriend. Amore, Lei: sappiate che esiste.
1) Esca per adescare i grulli con le lucine colorate 4) maschio parassita della femmina. Foto
Tardigrado (21 Giugno – 22 Luglio). Salute: sarete in grado di resistere allo zero quasi assoluto, alla bollitura a 150 gradi in alcol, all’assenza di ossigeno, all’ipersalinita’, ai raggi X, e alle radiazioni. Se stanno per capitarvi tutte queste cose, comunque, rassegnatevi che sara’ un anno di merda. Amore, Lui: smettete di copulare nei vestiti usati di lei, potrebbe giovare al rapporto di coppia
Programmatore (23 Luglio – 22 Agosto). Salute: quel fastidioso prurito e’ lo scorbuto dovuto all’uso esclusivo di cibi precotti e pizza. Suggerimenti per il 2014: mangiate un’arancia. Amore: sappiate che esiste, e non solo quello virtuale.
Zibetto del caffe’ (23 Agosto – 22 Settembre). Siete ultimamente troppo nervosi, dovreste passare al decaffeinato. La vostra dieta esotica potrebbe starvi arrecando danni alla salute, consentendo pero’ di arricchirsi a chi vi suggerisce la dieta. Amore, lei: travestirvi da uomo non aumenta le vostre possibilita’ di riprodurvi
Palolo (23 Settembre – 22 Ottobre). Siete dei romanticoni e vi piace farlo con la luna piena. Peccato che cio’ accadra’ quest’anno una volta sola, a Ottobre, forse, se la fase lunare sara’ giusta, se sara’ un mese con la R, se il cielo sara’ limpido, se la temperatura sara’ giusta e se voi sarete dell’umore giusto. Amore: Il vostro partner ideale e’ il Programmatore.
Sacculina (23 Ottobre – 21 Novembre). Tendete sempre ad approfittare della situazione, e questo di solito va a vostro favore. Nel 2014 il lavoro vi andra’ a gonfie vele, avrete la scelta se vendere armi in Siria, cellule staminali in Italia o liberare visoni in Bielorussia. Organizzerete manifestazioni anti-Tav se lavorate per la Societa’ Autostrade o accuserete i magistrati di essere comunisti se vi sorprendono a evadere il fisco. In amore il vosto partner ideale e’ il Demone di mare. Salute: quella degli altri e’ a rischio se gli siete intorno
Picnogonide (22 Novembre – 21 Dicembre). La vostra ossessione per le diete dimagranti vi ha fatto cambiare nel tempo. Raggiungere la taglia zero pero’ non e’ tutto. Nel 2014 dovrete spostare l’intestino nelle cosce e le ovaie/testicoli nelle ginocchia per indossare i jeans taglia -8. Amore: con le ovaie/testicoli nelle ginocchia la vostra vita sessuale sara’ sicuramente interessante quest’anno.
OGM (22 Dicembre – 19 Gennaio). Hai la sensazione che tutti ce l’abbiano con te. Ti senti fuori posto ma sai dentro di te che puoi fare grandi cose. Il 2014 sara’ per te un anno interessante, soprattutto se vedi gente armata di pale e forconi avviata nella tua direzione. Salute: la tua o quella degli altri? Amore: quest’anno riuscirai finalmente a lasciare i tuoi geni in quel campo di cicorielle selvatiche che ti piace tanto.
Hallucigenia (20 Gennaio – 18 Febbraio). Siete un segno di argilloscisti, quindi per voi la vita e’ sempre misteriosa. La vostra personalita’ e’ poco chiara, e’ difficile intuire chi siete dietro le coltri del tempo. A guardarvi meglio l’opinione su di voi potrebbe addirittura essere capovolta. Quest’anno sara’ per voi come gli ultimi 550.000.000, piuttosto statico.
Fumarola (19 Febbraio – 20 Marzo). Siete consapevoli che fumare causa mutazioni, e vi compiacete del vostro contributo alla causa della biodiversita’. Il vostro fumo ha nutrito cellule di cui nessuno sospettava l’esistenza, e da cui e’ scaturita nuova vita che si riproduce, si riproduce, si riproduce… Anche nel 2014 vi riproporrete di smettere di fumare, e anche nel 2014 non ci riuscirete, a beneficio delle nuove forme di vita che si generano nelle acque calde e ricche di insolite sostanze chimiche dei vostri alveoli anfratti.