Lisa Signorile's Blog, page 3

January 12, 2021

Mutazioni e visoni

Tutti mutano, e' il presupposto dell'evoluzione. Anche i virus mutano, e' il presupposto delle malattie epidemiche. Sino a qui, niente di nuovo.

Come corollario, è normale che anche il SARS-CoV-2 muti, facilitato dal fatto che il suo acido nucleico è RNA, per il quale le cellule non hanno meccanismi di correzione delle bozze. Con che conseguenze? Ci sono tre scenari possibili:

1) la mutazione è neutrale, come è già accaduto varie volte, e nulla cambia

2) La mutazione dà al virus la possibilità di infettare un'altra specie, che a quel punto ne diventa un serbatoio (ed è il motivo per cui ne parlo su questo blog)

3) La mutazione cambia la relazione tra il virus e il suo ospite, diventando più o meno in grado di infettarlo, più o meno pericoloso, o con periodi di incubazione più o meno lunghi.

Ecco qui i dettagli

1) Mutazioni neutrali. Numerosi studi da gennaio a oggi hanno analizzato campioni di SARS-CoV-2 presi da varie persone positive intorno al mondo, e ne hanno comparato la sequenza di basi dell'RNA, quella scritta con le 4 lettere A,G,C,U. La stragrande maggioranza di questi studi ha trovato piccole variazioni (in media circa 7 variazioni per virus esaminato), tipo una lettera sostituita con un'altra, o una breve sequenza mancante, ma nessuno di questi studi trovava differenze funzionali nel comportamento del virus, ovvero le mutazioni erano neutrali. Quindi, il virus muta, ma muta nella media dei coronavirus a quanto pare, e poco rispetto ad altri virus a RNA (il virus dell'influenza per esempio ha un tasso di mutazione circa doppio) e ci ha messo un bel po' prima di arrivare a una mutazione che facesse la differenza, per nostra fortuna.

Tecnicamente, la sola mutazione che porterebbe a una differenza sostanziale è nel pezzettino di RNA virale della cosiddetta proteina S che contiene l'informazione per l'aggancio del virus alla proteina ACE2, il recettore presente sulle nostre cellule, consentendo quindi l'ingresso del virus nel nostro corpo e l'avvio dell'infezione. E' proprio questo pezzettino di RNA che è stato usato per i vari vaccini, e ovviamente una mutazione di quel frammento, chiamato in gergo Receptor-Binding Domain (RBD), potrebbe portare i vaccini a essere meno efficienti, ma soprattutto potrebbe portare a un salto d'ospite.

Fonte

2) Visoni. Questo è quello che è successo con la prima mutazione "interessante" del virus, individuata in Danimarca a settembre 2020. Da giugno 214 lavoratori degli allevamenti intensivi di visoni del paese scandinavo si erano ammalati di Covid-19 preso dai visoni, che se lo passavano tra loro. Si tratta di uno di quei casi di spillover al contrario (detto spill-back), ovvero in cui un virus riesce a saltare dall'uomo a un altro animale, solo che poi dai visoni tornava all'uomo. C'erano varie varianti del virus (170, per la precisione, in 40 allevamenti) che circolavano ma rimanevano tra i visoni, chiaramente perché il virus si era adattato a infettare il nuovo ospite. A settembre però nel nord dello Jutland 12 persone tra lavoratori degli allevamenti e i loro familiari si sono infettati dai visoni con una variante mutata del virus, la cui sequenza è stata resa nota a novembre. Questa variante, denominata "Cluster 5", per la prima volta ha destato preoccupazione in quanto il virus rispondeva un po' meno bene all'azione degli anticorpi, e quindi se si fosse diffusa avrebbe potuto (forse, ma non si sa, non ci sono ricerche al riguardo) rendere meno efficaci i vaccini, la cui azione si basa proprio nello stimolare il corpo a produrre anticorpi.

La risposta della Danimarca è stata allo stesso tempo efficientissima e spaventosa: 17 milioni di visoni da pelliccia sono stati sterminati in poche settimane, gli allevamenti chiusi (definitivamente dal 2022) e la variante Cluster-5 e' stata eradicata, al momento non se ne trova piu' traccia nella popolazione danese. I visoni sono ufficialmente stati uccisi in camere a gas con la CO2, ma per un animale semiacquatico abituato a rimanere a lungo in apnea questa è una morte lenta e non umana, lontana dai 30 secondi proclamati, che è un dato che si riferisce ai polli. Prima di indignarvi, per favore, continuate a leggere, perché la storia è più complicata di così.

Le fosse comuni dei visoni danesi. Fonte: Euronews

Le fosse comuni dei visoni danesi. Fonte: Euronews

Innanzi tutto il governo danese ha agito in preda al panico, condannando a morte anche i visoni sani, inclusi i riproduttori. Si potrebbe obiettare che gli animali erano comunque condannati a morte per il loro pelo, ma sembra che mancassero le basi legali per una simile decisione che ha lasciato disoccupate, almeno per ora, circa 6000 persone, incluso il ministro dell'agricoltura che si è dovuto dimettere per questa decisione. A fare bene avrebbero dovuto usare delle zone di contenimento intorno ai focolai, seguendo la normativa europea, la stessa che avrebbe voluto le zone di contenimento per la xylella. Un sistema che come sappiamo funziona male per via dell'ostilità degli stakeholders. Siccome quando si decide in preda al panico le decisioni non sono lucide, invece di incenerire le carcasse i danesi le hanno sepolte in aree militari in enormi fosse comuni poco profonde. A distanza di poco tempo le carcasse, gonfiandosi per via dei gas della putrefazione, stanno riemergendo in superficie, e con loro eventuali virus. Dato che devono passare 6 mesi per essere sicuri di non trovare più virus, queste fosse comuni al momento non si possono toccare. Sei mesi da novembre significa arrivare a maggio, ben oltre il disgelo, quando circa 4 milioni di carcasse saranno riesumate e si spera finalmente incenerite.

In questi sei mesi si teme però l'inquinamento delle falde acquifere da parte delle carcasse in putrefazione, soprattutto un lago balneabile a circa 200 metri dalla fossa comune.

Non se ne parla, ma ho personalmente un'altra perplessità. Visto che l'accesso umano è ristretto, le aree militari spesso sono zone ad alta biodiversità. In Danimarca, incluso il nord dello Jutland, c'è una florida popolazione di visoni selvatici americani, scappati dagli allevamenti. Tutte queste carcasse lasciate a imputridire quanti predatori staranno attirando? Oltre ai visoni, bersaglio principale del virus dopo l'uomo, quali altri carnivori presenti sul territorio saranno sensibili all'infezione (e alla fame)? Se i furetti e i visoni sono sensibili, lontre, tassi, faine, martore, donnole, ermellini e puzzole, tutti mustelidi presenti in Danimarca, stanno per diventare un serbatoio di Covid-19 in Europa? Di quale variante? Di una di quelle neutrali o del misterioso Cluster-5? Tra l'altro, delle circa 1000 "fabbriche" di pellicce di visoni, alcune si sono rifiutate di collaborare col governo (il quale, ripetiamolo, non aveva il framework legale per ordinare lo sterminio). Quanti avranno liberato i visoni piuttosto che ammazzarli? Nella tragedia, la buona notizia è che dallo scorso autunno non ci sono stati altri casi tra gli umani di Covid Cluster 5.

Mentre  la Danimarca si dilettava con il suo armageddon privato sui mustelidi, altri  paesi europei hanno provato la gioia dello sterminio di massa dei visoni, dato che il contagio delle forme mutate (ma neutrali per l'uomo) si stava espandendo a macchia d'olio. Oltre alla Danimarca, tra i contagi contiamo l'Olanda, i primi a rilevare il problema, con un caso di Cluster 5, Francia, Spagna, Svezia, Grecia, Polonia, Lituania,  e naturalmente l'Italia. In aggiunta, fuori dall'Europa abbiamo  USA, Canada e Russia, almeno.

La maggior parte dei paesi europei ha agito con meno panico, ma sulla falsariga della Danimarca, abbattendo i visoni degli allevamenti colpiti. Facciamo però un po' di conti. Secondo un oramai introvabile rapporto di Fur Europe (recentemente autorinominatisi Sustainable Fur), riportato dalla BBC, nel 2018 in Europa sono state prodotte 34.7 milioni di pelli di visone per altrettanti animali abbattuti, 2.6 milioni di pelli di volpe, 227000 pelli di cincillà e 166000 pelli di cane procione. L'industria è in costante calo in Europa per via della cambiata sensibilità, grazie soprattutto alle decennali campagne degli animalisti, ma ciononostante la Danimarca, il paese leader in Europa nella produzione di pellicce, nel 2018 ha prodotto 17.600.000 di pelli, vendute per la maggior parte alla Cina, dove il crescente benessere porta anche a una crescente domanda di pellicce. I civilissimi scandinavi traevano una non indifferente fetta del proprio PIL (circa 1 miliardo di Euro) dalla sofferenza degli animali. Come si dirà tra 50 anni, "il Covid ha fatto anche buone cose", visto che ha portato alla brusca chiusura definitiva di questo sanguinoso commercio non solo in Danimarca, ma anche in Olanda, Francia, Irlanda e forse Polonia, Lituania, Bulgaria ed Estonia, e ha anticipato la chiusura in Olanda dal 2024 a... ieri.

In ogni caso, torniamo ai conti. Dei 34 milioni di visoni circa che si contava di ridurre a pelli nel 2020 in Europa, 15-17 milioni erano quelli Danesi. L'Olanda ha abbattuto 1 milione di visoni e chiuso per sempre con la faccenda. La spagna ne ha abbattuti circa 100.000. La Francia solo 1000 ma pare che chiuderà tutto entro il 2025. La Grecia dovrebbe starne abbattendo, in questo momento, 2500 delle centinaia di migliaia presenti sul territorio. La di un allevamento, ma solo dopo che l'allevatore ha venduto 40000 pelli dello stesso lotto di visoni per il prelievo annuale. Dubito che in una gabbia possano esserci più di una decina di visoni, visto che sono animali solitari. La Polonia ci sta ancora pensando su, su cosa fare, ci sono casi di visono infetti ma non abbattimenti. Anche la Svezia ci sta pensando su, probabilmente spera nell'immunità di gregge anche tra i visoni. L'Irlanda pianifica di abbattere tutti i suoi circa 100.000 visoni, nessuno infetto, e finirla li. Finalmente l'Italia: degli 8 allevamenti ancora presenti sul territorio il maggiore, quello di Capralba, Cremona, ha dovuto abbattere i suoi 28.000 animali. Il governo non sembra avere intenzioni di chiudere l'attività, alla faccia dei rischi alla salute pubblica.

L'abbattimento dei visoni a Capralba. immagine ripresa con un drone da Essereanimali

L'abbattimento dei visoni a Capralba. immagine ripresa con un drone da Essereanimali

A conti fatti, a stare larghi, sono stati abbattuti o sono morti di infezione circa 20 milioni di visoni. Per dare un'idea dei numeri, è come se in poche settimane fosse stata abbattuta l'intera popolazione umana dell'Olanda e metà di quella della Danimarca. Avanzano ancora 14 milioni di visoni. Che ne è di loro? Quanti sono infetti e gli allevatori stanno zitti e fanno sparire le carcasse? Dove le fanno sparire? Quanti si ammaleranno nel prossimo futuro? Questi animali, è bene ricordarlo, si ammalano facilmente per via delle condizioni pessime in cui vivono e fanno da amplificatore e serbatoio del virus, oltre che da fonte di mutazioni interessanti. Ce ne sono ancora 14 milioni sparsi tra noi in Europa.

Naturalmente, il contagio si sta già diffondendo ai visoni selvatici in America, mentre nulla si sa dei visoni selvatici in Europa, di cui ce ne sono due specie, gli autoctoni europei e gli immigrati americani scappati dagli allevamenti e diffusisi sul territorio. Anche i furetti sono sensibili al virus, e i furetti vengono usati per la caccia, stanno sia a contatto con l'uomo che coi selvatici. Chissà se gli altri mustelidi prendono il virus. Se non si riesce a bloccare la diffusione dei virus tra i selvatici, non ci saranno speranze di eradicare completamente il virus, che rimarrà endemico con degli outbreaks, anche col vaccino, e potrebbe causare problemi alla popolazione di visoni europei, già sull'orlo dell'estinzione (Critically Endangered, secondo la IUCN).

Aggiungiamo che non sappiamo assolutamente niente degli altri due grandi produttori di pellicce di visone, Russia e Cina. La Russia però sta producendo un vaccino anti Covid "per animali domestici e visoni". Per animali domestici intende gatti e conigli, ma visto che queste due specie prendono il Coronavirus con estrema difficoltà, mi sembra un voler correre ai ripari da una non dichiarata emergenza visoni. Sarebbe anche molto bello sapere che sta succedendo ai selvatici in Russia e Cina.

3) Le mutazioni efficaci. Tre sono al momento le mutazioni che hanno portato a un effettivo cambiamento nell'azione del virus

a) Regno Unito. Nell'autunno del 2020 a un convegno online di genetisti che tracciavano il SARS-CoV-2 con gli strumenti della filogenetica si sono accorti che qualcosa non andava in Kent: non solo la gente si ammalava di più della media nazionale, ma la sequenza genetica del virus era anche molto diversa. Così diversa da risultare più contagiosa e diffondersi in poco tempo come la forma predominante della popolazione. Il primo ministro Johnson a metà dicembre ha sostenuto che la nuova variante è il 70% più contagiosa. Oddio, provenendo da Johnson uno tende subito a pensare che sia una balla stratosferica. Difatti le autorità sapevano da settembre di questa nuova variante, ma hanno dato la notizia solo a dicembre. Il problema è che quella cifra proviene da un esperto dell'Imperial College, il Dr, Erik Volz, e quindi, insieme al fatto che potrebbe aumentare l'indice Rt di 0.4, è da prendere molto seriamente. Per fortuna sembra che il vaccino funzioni altrettanto bene su questa variante.

b) Sud Africa. In Sudafrica ci sono state molte mutazioni. La più famosa e perniciosa, detta N501Y, sembra anche molto contagiosa ed è già in molte zone la variante dominante. Un test preliminare su poche persone sembrerebbe indicare che il vaccino Pfitzer funzioni, ma occorrono più test su questa e sulle altre varianti. Non preoccupiamoci troppo di chiudere le dogane, secondo la BBC la variante N501Y è già in Austria.

c) Nigeria: Secondo i CDC c'è una nuova variante nigeriana, ma se ne sa pochissimo

d) Sembra che non sia vero che ci sia una variante americana, e i CDC lo confermerebbero. Al momento in cui scrivo non se ne sa di più. vedremo.

Vi sentite circondati? Anche io, ma di visoni e altre pellicce. Come sempre, è la nostra attitudine errata nei confronti degli animali, che ci fa credere onnipotenti, a ritorcersi contro di noi.

Qualche referenza

Phan, T. (2020). Genetic diversity and evolution of SARS-CoV-2. Infection, genetics and evolution, 81, 104260.

van Dorp, L., Richard, D., Tan, C. C., Shaw, L. P., Acman, M., & Balloux, F. (2020). No evidence for increased transmissibility from recurrent mutations in SARS-CoV-2. bioRxiv.

Mercatelli, D., & Giorgi, F. M. (2020). Geographic and Genomic Distribution of SARS-CoV-2 Mutations.

Damas, J., Hughes, G. M., Keough, K. C., Painter, C. A., Persky, N. S., Corbo, M., ... & Genereux, D. P. (2020). Broad Host Range of SARS-CoV-2 Predicted by Comparative and Structural Analysis of ACE2 in Vertebrates. bioRxiv.

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Published on January 12, 2021 11:09

December 1, 2020

La pandemia dei polli (H5N8)

La pandemia da Covid-19, malgrado tutte le tragiche conseguenze per il nostro benessere sia fisico che psichico, ha anche l'innegabile vantaggio di costringerci a vedere cose che non volevamo vedere.


La prima di queste e' che nelle ultime decadi le malattie infettive zoonotiche, ovvero il cui patogeno compie un salto da un animale all'uomo, sono aumentate a dismisura a causa degli sconvolgimenti ecologici da noi stessi causati


La seconda verita' scomoda che facevamo finta di non vedere e' che, se assembriamo animali per i nostri scopi tenendoli in condizioni inumane di stress, sporcizia e miseria, e' piu' probabile che patogeni che si replicano velocemente circolino, e che prima o poi diventino in grado di compiere il salto sull'uomo.


Abbiamo quindi fatto finta di scoprire, in occidente, che i "wet market" dell'estremo oriente sono aberrazioni spaventose in cui animali vivi vengono torturati fisicamente e pricologicamente prima di essere macellati davanti ai loro simili in attesa, con sengue, escrementi, peli, piume e patogeni che schizzano da tutte le parti. Naturalmente nessuno si sogna di applicare sanzioni a una nazione potente come la Cina, che non rispetta neanche i diritti umani, figurarsi quelli degli animali, e quindi i wet market ce li dobbiamo tenere. Ma a scopo unicamente medicinale, naturalmente. Le altre nazioni piu' piccole dell'estremo oriente facciamo semplicemente finta che non esistano.


caged turkeys


Il motivo per cui dobbiamo starci zitti sui wet market e' che la civilissima Europa non e' poi cosi' da meno in quanto a violazioni dei diritti degli animali, con i suoi allevamenti intensivi di maiali, bovini, polli e tacchini, non parliamo neanche degli Stati Uniti. Mentre scrivo e' in corso una epidemia di influenza aviaria del virus H5N8, portata dagli uccelli migratori selvatici negli allevamenti di polli, tacchini, oche e anatre in Europa, parallela al Covid negli allevamenti dei visoni, ma di cui si parla molto meno perche' ancora non ci riguarda, quindi al solito preferiamo ignorare il problema.


La storia e' questa. Si tratta di un ceppo del virus HPAI (Highly pathogenic avian influenza) A, per la precisione H5N8, clade 2.3.4.4, emerso negli allevamenti di polli da una mutazione  del virus H5N1, (responsabile di una forma di influenza aviaria capace di colpire l'uomo, 700 casi noti con una mortalita' del 60%). I primi casi di H5N8 furono segnalati nei polli nel 2010 in Cina, ma entro il 2014 il virus si era diffuso in vari allevamenti di anatre, polli e oche, e negli uccelli selvatici in Corea del Sud, Giappone, Cina, Europa e Nord America. Il virus muto' ancora dividendosi in due gruppi, A e B, di cui B circolava solo in Cina e Corea. In Nord America il virus si rimescolo' con altri virus aviari creando ancora nuovi ceppi. Tutto questo per dire che questo virus influenzale degli uccelli muta, muta, muta incessantemente; ancora non colpisce l'uomo oggi, ma domani chissa'.


Colpo di scena, nel 2016 un nuovo ceppo del virus H5N8 gruppo A fu scoperto in alcuni uccelli acquatici selvatici nei pressi del lago ipersalino UVs-Nuur, al confine tra la Siberia e la Mongolia, proveniente da allevamenti del Bangladesh. Ma gli uccelli migrano e portano a spasso i loro virus. A ottobre 2016 il virus era in Ungheria in un cigno selvatico, e da li' nel resto d'Europa, con allevamenti di pollami colpiti in Austria, Ungheria e Germania. A Novembre 2016 l'Olanda sopprime 190.000 anatre in sei allevamenti, e si riportano focolai in India, Israele, Corea del sud, Taiwan e Russia. A dicembre 2016 il virus arriva nel Regno Unito in un allevamento di tacchini, e ne vengono soppressi 5000, mentre migliaia di altri uccelli d'allevamento vengono soppressi in Germania e l'incredibile cifra di 18.4 _milioni_ vengono eliminati in Corea del Sud per il dilagare del ceppo H5N6. A gennaio 2017 tocca a  800.000 oche francesi, ad alcune migliaia di polli della repubblica Ceca e a 3.5 milioni di uccelli in Nigeria. Per giugno 2017 il virus e' arrivato in Zimbabwe, dove vengono uccisi 140.000 uccelli in un allevamento, e da li' in Sud Africa, dove tocca ad altri 25000 uccelli. a dicembre 2017 tocca a 100.000 uccelli in Arabia Saudita.


Rotte migratorie e distribuzione del virus H5N8. Il rettangolo giallo e' il focolaio di origine del Bangladesh. El-Shesheny, Rabeh, et al.

Rotte migratorie e distribuzione del virus H5N8. Il rettangolo giallo e' il focolaio di origine del Bangladesh. El-Shesheny, Rabeh, et al. "Genesis of influenza A (H5N8) viruses." Emerging infectious diseases 23.8 (2017): 1368.


Si noti che gli uccelli vengono soppressi non perche' malati, ma nel tentativo di impedire la diffusione del virus, ma e' difficile fermare qualcosa che vola. A Febbraio 2020 il virus colpisce di nuovo l'Arabia Saudita uccidendo 22.700 uccelli. Da li gli uccelli sono migrati in estate in Russia occidentale e Kazakisthan e hanno infettato i loro simili che usano altre rotte migratorie. Nell'autunno 2020 gli uccelli infetti col virus H5N8 sono tornati in Europa e per novembre 320.000 uccelli d'allevamento erano gia' stati soppressi in Olanda nel tentativo di fermare il virus. Invano, naturalmente. Il virus e' arrivato nel Regno Unito (polli e tacchini), Germania (selvatici e polli), Irlanda (selvatici) Belgio (selvatici) Danimarca (selvatici e pollame), Francia (pollame), e Svezia (pollame) (300 focolai in tutto). Ogni outbreak europeo e' seguito da una strage degli uccelli d'allevamento. Per fortuna il Regno unito, che non fa piu' parte dell'Europa, ha deciso di recepire le normative europee, peccato che la stampa brexiter non lo ammettera' mai. D'altro canto l'Europa costringe a stragi di milioni di uccelli allevati, ma mi sfugge come intenda limitare il contagio tra selvatici e domestici


In Italia il Ministero della Salute ha disposto, il 4 novembre 2020, il divieto a usare anseriformi (anatre) e caradriformi (vari uccelli acquatici, tipo i pivieri) come richiamo vivo, per "sospendere, o ridurre, tutte quelle attività che possono rappresentare un collegamento tra l’ambiente dell’avifauna selvatica e quello del pollame allevato". Mi permetto di alzare un sopracciglio, forse anche tutti e tre, sull'efficacia di un provvedimento simile. Poveri cacciatori, non possono usare i richiami vivi, ma solo alcuni, e solo in alcune zone. Perche' invece andare a caccia di selvatici e poi portarseli a casa, dove magari ci sono le galline, per spiumarli ed eviscerarli, va benissimo, certamente previene il virus. Il 18 novembre l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, l'ente demandato a questo tipo di controlli, ha individuato un virus del ceppo H5 (non meglio precisato), in un allevamento di capponi e anatre a Pavia, con conseguente abbattimento di 11.214 animali il 23 novembre. A giugno era toccato a 132 struzzi a mantova, per il ceppo H5N3. Insomma, sta arrivando.


Sui giornali tuttavia tutto cio' passa col contagocce. Sono trapelate le notizie sull'eliminazione dei visoni infetti da Covid solo perche' c'era il covid di mezzo. H5N8 al momento non ha ancora avuto uno spillover sull'uomo, ma si tratta di un virus che muta con grande facilita' rimescolandosi con altri virus influenzali. H5N1, da cui deriva, colpiva soprattutto i giovani entro i 40 anni con una mortalita' degna di ebola, c l'OMS non esclude la possibilita' di salto sull'uomo. Questi sono processi casuali, impossibile prevedere se e quando ci sara' uno spillover. Ma se il Covid ci ha insegnato qualcosa, e' che dovremmo indubbiamente stare piu' attenti a cio' che mangiamo e soprattutto a come vive e muore cio' che mangiamo. Perche' non vogliamo un'altra influenza spagnola sovrapposta al Covid-19.


Io a Natale mangio parmigiana di melanzane, non so voi.


Alcune referenze



Lee, D. H., Sharshov, K., Swayne, D. E., Kurskaya, O., Sobolev, I., Kabilov, M., ... & Shestopalov, A. (2017). Novel reassortant clade 2.3. 4.4 avian influenza A (H5N8) virus in wild aquatic birds, Russia, 2016. Emerging infectious diseases, 23(2), 359.


Lee, D. H., Bahl, J., Torchetti, M. K., Killian, M. L., Ip, H. S., DeLiberto, T. J., & Swayne, D. E. (2016). Highly pathogenic avian influenza viruses and generation of novel reassortants, United States, 2014–2015. Emerging infectious diseases, 22(7), 1283.


Lee, D. H., Torchetti, M. K., Winker, K., Ip, H. S., Song, C. S., & Swayne, D. E. (2015). Intercontinental spread of Asian-origin H5N8 to North America through Beringia by migratory birds. Journal of virology, 89(12), 6521-6524.


Lee, Y. J., Kang, H. M., Lee, E. K., Song, B. M., Jeong, J., Kwon, Y. K., ... & Choi, K. S. (2014). Novel reassortant influenza A (H5N8) viruses, South Korea, 2014. Emerging infectious diseases, 20(6), 1087.


El-Shesheny, R., Barman, S., Feeroz, M. M., Hasan, M. K., Jones-Engel, L., Franks, J., ... & Kercher, L. (2017). Genesis of influenza A (H5N8) viruses. Emerging infectious diseases, 23(8), 1368.

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Published on December 01, 2020 08:39

August 28, 2020

Il wombato preraffaelita e altri animali sfortunati

Io non so molto di arte, non ho ricevuto purtroppo una educazione formale, quindi rubo dove posso, visitando musei, parlando con artisti ed esperti di arte, leggendo qua e la'. Alcune forme di espressione artistica, a pelle, mi piacciono piu' di altre. Uno dei miei pittori preferiti e' Dante Gabriel Rossetti, con le sue modelle androgine e sensuali dai lunghi capelli rossi che parlano di donne con un mondo interiore tormentato, complesso e incompreso. Donne come chiuse in un acquario, o esposte in vetrina, come la Beata Beatrix, qui sotto, quasi mai sorridenti, incastonate in una bellezza che deve rimanere senza anima e senza tempo.


Dante_Gabriel_Rossetti_-_Beata_Beatrix,_1864-1870


Non sono un critico d'arte, naturalmente, ed esprimo solo quello che questi quadri trasmettono a me. E quello che mi trasmettono e' una visione del mondo di un pittore il cui lato umano disprezzo profondamente, ma che mi fa pensare. Donne il cui solo valore e' estetico, transitorio, e il cui mondo interiore vale zero. La sorella di Dante, Christina, una che ha rifiutato tre proposte di matrimonio preferendo rimanere nubile che sposarsi con uno qualunque degli amici preraffaeliti del fratello, forse non a torto, scrisse nel poema "In an artist's studio" la sua impressione sulle modelle del fratello, penso in particolare su Elizabeth Siddal, che lui ritraeva ossessivamente: "He feeds upon her face by day and night [...] Not as she is, but as she fills his dream" [si nutre del suo volto giorno e notte, [...] non [la vede] come lei e', ma come riempie i suoi sogni".  Del resto Dante Gabriel Rossetti (DGR da ora in poi) non ha mai esitato a cambiare modella, o musa ispiratrice che dir si voglia, appena la precedente cominciava a mettere su qualche anno, qualche malanno o, in un caso, qualche chilo di troppo. La prima, quella che ritraeva ossessivamente, la tradiva con la governante gia' prima di sposarla. La governante, amante e modella ufficiale dopo la morte della moglie, doveva accettare di coesistere con la moglie di un collega prima e con un'altra modella poi. Quiquiquipotete  trovare lavori scritti da esperti del settore sulle donne di DGR, e non sono esattamente lusinghieri.


Dante Gabriel Rossetti tuttavia era una persona complessa, un genio poliedrico. Oltre che pittore, illustratore, poeta, traduttore era un amante degli animali. Animali che amava come le donne che dipingeva, per il loro valore estetico. Dopo la morte della moglie (si narra che lei si sia suicidata  con una overdose di laudano perche' lui la trascurava e la tradiva), DGR si trasferi con la "governante" in una mansion per l'alta borghesia sul Tamigi, in 16 Cheyne Walk, una bella casa con un giardino. La casa esiste ancora, e quasi certamente nell'ultimo secolo e mezzo non ha subito particolari variazioni catastali. Da Google Earth ho stimato che il giardino misura 250 m2, 0.025 Ha, arriva a 3000 m2 se aggiungiamo un'area verde tutt'ora adiacente (giardino in rosso, casa in blu nell'immagine). Questo coincide con le fonti storiche, che parlano di un giardino di 4/5 di acro, che corrisponde a circa 3200 m2, o 0.32 ettari.


DGR home


In questi 3000 m2, piu' gli spazi interni della casa, che condivideva con altri artisti come il poeta decadente Algernon Swinburne e lo scrittore George Meredith, DGR ospitava, insieme a non meglio definite "ordinarie creature domestiche" (cani e gatti? Donne?) un vero e proprio zoo, con almeno un individuo di una delle seguenti specie: cervi, canguri, zebu', armadilli, kookaburra sghignazzanti, camaleonti, scoiattoli (chissa' che specie, sospetto i primissimi scoiattoli grigi), talpe, marmotta americana, marmotta euroasiatica, topi bianchi, ramarri, salamandra giapponese, pappagalli parlanti, corvi, strigidi (wood owl), un gufo della Virginia imprecisato (Virginia owl), una qualche sottospecie cinese di gufo reale definita "Chinese horned owl", taccole, pappagallini ondulati e wombat (Fonte). L'elenco degli animali varia a seconda della fonte, il che fa pensare che nel corso del tempo diverse specie si siano succedute, presumibilmente a causa dell'alta mortalita'. Per esempio, secondo un'altra fonte, nello zoo privato di DGR c'erano "rapaci notturni, incluso un barbagianni di nome Jessie, due o piu' armadilli, conigli, moscardini e un procione che andava in letargo in una cassettiera [i procioni non vanno in letargo. Forse era un cane procione? N.d.A.]. C'erano pavoni, parrocchetti, canguri e wallabies, di cui purtroppo sappiamo pochissimo. C'era una marmotta canadese, un cucciolo di cane di Pomerania chiamato Punch, un cane da cervo irlandese chiamato Wolf, una salamandra giapponese e due kookaburra sghignazzanti" (fonte). Pare che il rumore fosse assordante. Altre fonti aggiungono un lama e un tucano a cui veniva fatto indossare un cappello da cowboy, e che era addestrato a cavalcare il lama durante le cene. Pare che non abbia comperato un elefante solo perche' costava troppo (400 sterline, quando il suo reddito annuale era di 2000 sterline). Non c'erano scimmie, probabilmente a causa dei vizietti spaventosi del coinquilino Swimburne (se continuate a leggere dopo spiego meglio).


Pare che una volta abbia acquistato un toro bianco di razza bramina perche' aveva "gli occhi di Jane Morris" (una delle sue amanti), per poi scoprire che un toro in una casa vittoriana fa appena appena qualche danno (incluso inseguire per tutto il giardino il suo proprietario) e dovette disfarsene. C'e' molta aneddotica su questi animali perche' erano ovviamente la meraviglia e l'intrattenimento delle cene. George Boyce per esempio racconta: "proprio mentre ci stavamo sedendo a cena Rossetti fece portare la sua marmotta, che continuo' a girare intorno al pavimento per il resto della serata".


Nessun animale tuttavia veniva adorato, amato e apprezzato da DGR quanto il wombat, il marsupiale australiano oggi noto per fare la cacca a cubetti e che sembra un orsetto dai lunghi artigli. Col suo carisma trascinante Dante trasmise l'ossessione per "the most beautiful of God's creatures" (la piu' bella tra le creature di dio) a tutto il suo circolo di preraffaeliti, perche' "The wombat is a joy, a triumph, a delight, a madness!" (Il wombat e' una gioia, un trionfo, una delizia, una follia!) . Del resto, chi non vorrebbe un pet wombat? Guardare questo video (che non riesco a inserire) per credere, ma vorrei sottolineare che questo e' un centro di recupero, per wombat soccorsi dall'epidemia di rogna in corso, non una casa privata. La volta che ho provato ad accarezzare un wombat in un centro di recupero, in Tasmania, mentre era in braccio a chi lo gestiva, per poco non mi staccava una mano. Sono animali selvatici, non domesticati: per quanto siano relativamente mansueti, come molti marsupiali erbivori sono adattati a un mondo lontanissimo dal nostro, pensare di tenerli in casa con quegli unghioni adatti allo scavo e' una bestialita'.


Comunque, tornando a noi, DGR era veramente ossessionato dai wombat. Cosi come esistono migliaia di schizzi e ritratti di Elizabeth Siddal, in tutte le pose e in tutte le ore del giorno e della notte, a livello quasi ossessivo-compulsivo, DGR ci ha lasciato anche centinaia di schizzi, disegni, illustrazioni e vignette ritraenti wombat.


wombat2vignetta


Nel 1857, per esempio, DGR fu invitato ad affrescare le pareti e le volte della biblioteca della Oxford Union Society con il tema della Morte D'Artur di Tennyson, e presto entrarono nel progetto altri preraffaeliti tra cui William Morris, Edward Burne-Jones e altri, all'epoca studenti a Oxford. Gli affreschi sono oggi molto deteriorati, ma quelli che sono ahime' scomparsi del tutto sono gli innumerevoli disegni di Wombat. Uno degli studenti di Oxford arruolati a dare una mano, Val Prinsep, scrisse: "Rossetti era il pianeta intorno a cui noi tutti orbitavamo, copiavamo anche il suo modo di parlare. Tutte le donne belle erano "schianti", i wombat erano le piu' belle tra le creature di Dio". Donne belle e wombat, che si puo' volere di piu', in una vita da esteti? I wombat venivano disegnati sui vetri delle finestre, che erano stati coperti di vernice bianca per ridurre i riflessi della luce, e sembra che i migliori disegni non fossero di GDR, che aveva lanciato la moda (un vero influencer, diremmo oggi), ma quelli di Burne-Jones che, contagiato dalla febbre del wombat, continuo' a disegnarli per svariati anni. Sfortunatamente alla fine dei lavori vennero rimossi tutti i disegni di wombat dalle finestre.




Un poema della sorella di Dante, Christina, scritto nella lingua paterna, sull'immancabile wombat
Un poema della sorella di Dante, Christina, scritto nella lingua paterna, sull'immancabile wombat


L'inghilterra vittoriana viene di solito ricordata per la rivoluzione industriale e per lo sfrutamento delle classi piu' povere, donne, bambini e diseredati. Charles Dickens ci ha lasciato splendidi ritratti di questa classe operaia disperata, sfruttata e sottomessa. Purtroppo nessun grande scrittore inglese ci ha lasciato un affresco altrettanto valido di un'altra categoria martoriata dal senso di supremazia vittoriano, ovvero gli animali selvatici catturati nelle varie colonie dell'Impero. I serragli medioevali si erano trasformati in wunderkammers rinascimentali, e le wunderkammers si erano trasformate in menageries in epoca illuminista, per poi diventare zoo in senso moderno nell'ottocento. Tutte queste strutture si basavano sull'ansia del collezionismo e del possesso dello strano e dell'immaginifico. Quando i racconti dei marinai non bastarono piu', i marinai cominciarono a riportare indietro dai loro viaggi le piu' disparate creature, per rivenderle a caro prezzo, direttamente nei porti, agli importatori di animali vivi.


Uno dei principali importatori di animali vivi della Londra vittoriana fu il tedesco Charles Jamrach, figlio di un ispettore della polizia fluviale di Amburgo che utilizzo' la propria posizione lavorativa per avviare un centro di importazione e allevamento di esotici. Alla morte del padre il figlio si trasferi' a Londra, dove le potenzialita', per via dell'impero, erano immense, e comincio' a importare, allevare e soprattutto vendere esotici a nobili, zoo, circhi e rivenditori minori: gli affari prosperavano soprattutto a causa dell'elevatissima mortalita' di queste specie tropicali, che dovevano essere rimpiazzate a ritmi vertiginosi. Tra i clienti illustri di Jamrach c'erano lo zoo di Londra, il circo Barnum e i grandi collezionisti privati, come Lord Walter Rothschild, forse il piu grande collezionista privato di animali vivi di tutti i tempi, Lord Derby, il duca di Bedford,  Frank Buckland e, immancabile, Dante Gabriel Rossetti, che pote' finalmente coronare il suo sogno di avere un wombat, anzi due. Perche' possedere animali esotici, durante l'impero, era un segno di potenza e dominio sul mondo. Alcuni, come Walter Rotschild, avevano una vocazione zoologica soppressa per curare gli affari di famiglia, ma per altri era una vera e propria ostentazione di opulenza mista a curiosita'.


Prima di riuscire a procurarsi il primo wombat DGR era cosi' ossessionato che per incontrare gli amici dava loro appuntamento davanti alla gabbia dei due wombat dello zoo di Londra, che all'epoca era possibile toccare e coccolare (Non dimentichiamo che si tratta di animali schivi, scavatori, notturni e catturati allo stato selvatico, chissa' com'erano contenti da tute queste attenzioni!).


Il promo wombat arrivo' nella vita di DGR nel settembre 1869, mentre lui era in Scozia per riprendersi da un breakdown nervoso conseguente alla preoccupazione per la vista che si abbassava, all'uso di droghe e all'infatuazione per la moglie del suo amico William Morris, Jane. Il wombat fu chiamato Top, probabilmente perche' il soprannome di Morris era Topsy, e vi sono diverse insinuazioni di DGR sulla sovrapponibilita' tra il suo amico e il Wombat, e non doveva trattarsi esattamente di un complimento. Il fratello di Dante, William Michael, preraffaelita anche lui, si rese conto che si trattava di un cucciolo: "Andai a vedere la bestia, e' il piu' goffo e incapace tra i wombat, ha l'aria di un neonato indifeso, probabilmente non e' molto piu' che un giovane. E' abituato a seguire le persone nella stanza, accucciarsi contro qualcuno e mordicchiare le caviglie o i pantaloni". Dalla descrizione si intuisce che si trattasse di un animale tolto molto giovane al marsupio della madre, spaurito e disorientato. In questo video (che non riesco a inserire, se qualcuno sa come fare me lo dica) potete vedere un giovanissimo wombat che si comporta esattamente come descritto da William Michael, insegue le persone e mordicchia le caviglie. La differenza e' che la famiglia Rossetti non aveva la minima idea di come allevare il cucciolo, del suo bisogno del marsupio materno, e persino delle sue esigenze nutritive. Il fatto che preferisse stare coi conigli era motivo di sorpresa. Che dormisse nel centrotavola durante le cene e mangiasse i cappelli di paglia delle signore sembra sia un fatto.


Non giunge come una sorpresa quindi che prestissimo il cucciolo si ammalo', mostrando segni di rogna (una malattia che purtroppo tutt'oggi sta sterminando i wombat in Oceania). Malgrado le cure di un veterinario ("a dog doctor"), il 6 novembre Top mori'. DGR lo fece impagliare e mettere nell'ingresso della casa. Sembra invece che la storia secondo cui il wombat mori' dopo aver mangiato una intera scatola di sigari sia apocrifa e non veritiera.


deathofawombat1869_Rossetti


La vignetta satirica che Dante disegno', e i versi desolati che scrisse come "funeral card", mostrano senza dubbio il suo dispiacere per la morte dell'animale. Lo stesso tipo di dispiacere che gli fece mettere dei versi incompiuti nella bara della moglie (quella che si suicido' col laudano), per poi andare a profanarne la tomba qualche anno dopo per recuperarli. Un dolore profondo, ma passeggero. Il secondo wombat sembra sia durato solo pochi giorni, o viene confuso con la marmotta canadese, e non ne sappiamo molto.


Essere un animale esotico sottratto al proprio ambiente, imbarcato per mesi in una gabbietta in mezzo alle tempeste, stabulato in altre gabbiette mentre si passa di mano in mano tra i rivenditori, tenuto in casa da un pittore con l'empatia di un alligatore e le conoscenze di zoologia di un caimano e' gia' brutto, ma almeno GDR non faceva loro attivamente del male, al massimo si dimenticava della loro esistenza. Va pero' menzionata un' altra figura di questo quadro, gia' di suo piuttosto scuro: Algernon Swinburne, il sinistro coinquilino di 16, Cheyne Walk, per dare il tocco finale di nero.


Prima di scrivere questo post per me era solo un poeta decadente, neanche uno dei piu' interessanti, a dire il vero. Poi ho cominciato a leggere fatti della sua vita in relazione al suo rapporto con gli animali, e con le altre persone. Swinburne era un noto algolagniaco (sadomasochista, per capirci), alcolizzato e depresso. Era uno che a casa di DGR scivolava nudo lungo i corrimano di legno delle scalinate (presumo per l'effetto doloroso dell'attrito dove non batte il sole), sino a essere rimproverato da DGR stesso "per il chiasso", e che si faceva frustare dalle prostitute. Fino a qui nessun problema, tutto sommato erano fatti suoi. Mise pero' in giro la voce di aver fatto sesso con una scimmia e poi di averla mangiata. Non sappiamo sia vero, ma ci sono dei suoi versi che suonano sinistri: "I would my love could kill thee; I am satiated/With seeing thee live, and fain would have thee dead." (Vorrei che il mio amore potesse ucciderti; sono sazio/dal vederti vivere e con piacere ti vorrei morto). Questo e' abbastanza sinistro, malgrado Oscar wilde sosteneva che Swinburne non fosse ne' un omosessuale ne' avesse parafilie bestiali. Guy de Maupassant tuttavia la pensava diversamente, e per esperienza diretta: nel 1882 comparve un racconto di Maupassant sul giornale Le Gaulois dal titolo L'Anglais d'Étretat, in cui raccontava del suo incontro con Swinburne in Normandia, a Étretat (qui c'e' un saggio con tutti i dettagli su questa storia e qui c'e' il racconto di Maupassant, ovviamente romanzato). Malgrado fosse un ottimo nuotatore alle 10 del mattino Swinbourne era gia' ubriaco e, a causa del mare grosso, rischio' di essere trascinato al largo e di annegare. Dei pescatori lo salvarono, ma Maupassant era li e fu di assistenza, tanto da ottenere per gratitudine un invito a cena a casa di Swinburne e di un altro inglese "eccentrico", George Powell che conviveva con Swinburne (a quei tempi, se eri povero e facevi cose strane finivi ai lavori forzati alle colonie, se eri un nobile o almeno ricco eri solo un eccentrico). Per farla breve, a casa di Powell e Swinburne Maupassant dichiara di aver ricevuto da mangiare carne di scimmia, che c'era una scimmia completamente vestita che viveva in casa, e che c'era una scimmia che condivideva il letto con Powell. La stessa scimmia che pendeva impiccata da un albero alla visita successiva. Pare che a impiccarla fosse stato un giovane servitore stanco di pulire dal letto gli escrementi della scimmia. Il giovane servitore pare fosse uno del lotto di 14-15enni che arrivavano periodicamente dall'Inghilterra per prendersi cura dei due "eccentrici". Il ragazzo, di colore, fu preso a revolverate da Powell, e dovette scappare. In breve, Swinburne era esattamente il tipo di persona che devi tenere lontano con un bastone non dico dal wombat preferito, ma pure dai ratti di casa.


Lo so cosa state pensando. "Erano altri tempi", state pensando. "Ora le cose sono cambiate", state pensando. Ebbene, vi sbagliate. Magari prendere a revolverate i minori ora in Francia ti crea qualche problema (ma non negli USA, per esempio). Ma vorrei portare alla vostra attenzione il signore che porta un suricato al guinzaglio a Roma, nel 2020. Uno solo, che se non muore di solitudine non e' divertente. O anche il signore che si tiene i wallabies in casa in provincia di Siena, di cui al momento in cui scrivo uno e' a casa, uno e' morto e uno e' in fuga. O la signora che porta a spasso a milano un caracal. Di questi esempi ce ne sono infiniti, vogliamo tenerci in casa ogni sorta di selvatico, mammifero, uccello, ragno, rettile o quel che vi pare. Certo, oggi c'e' il CITES a regolamentare il commercio degli animali, ma a quanto pare non basta. Il traffico illegale di esotici viene giusto dopo quello delle droghe e delle armi da fuoco. Le wunderkammers e le menageries non sono morte, tutt'altro, non sono mai state cosi floride.


Se la storia dello zoo privato, e dei sentimenti superficiali, da "esteta" di DGR vi sono sembrati contestabili, dovreste considerare che di persone cosi ce ne sono tantissime in tutto il mondo, Italia inclusa, e sono intorno a voi. Ci sono tantissime persone con la collezione di gechi vivi sotto il letto, con camere piene di animali che non dovrebbero essere li. Ci sono persino persone che si tengono i lupi in casa. Il nostro desiderio di collezione e possesso a spese degli animali e' rimasto completamente immutato negli ultimi 150 anni. Si, dico a te, col pitone nella teca, e a te, con l'ara sul trespolo. E anche a te, che vai al circo. Il fatto che spesso questi animali vengano allevati non sposta nulla del discorso: c'e' sempre l'Algernon Swinburne a far capolino da dietro la balaustra delle scale. Volete un esotico? Oggi si vendono splendidi robottini che soddisferanno tutto il vostro bisogno di collezione. Sarebbe arrivato il momento di abolire il commercio di esotici, e di far cessare le sofferenze inutili di tanti animali.


Vi lascio con dei versi di Elizabeth Siddal, la moglie amatissima e poi trascurata di DGR.


The Lust of the Eyes


I care not for my Lady’s soul

Though I worship before her smile;

I care not where be my Lady’s goal

When her beauty shall lose its wile.


[La lussuria degli occhi


Non mi interessa l'anima della mia donna/Sebbene provi devozione per il suo sorriso;/non mi interesseranno i desideri della mia donna/quando la sue bellezza perdera' il suo raggiro]


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Published on August 28, 2020 10:13

July 31, 2020

Orsi in fuga

Chi non ha esultato all'idea dell'orso in fuga? Persino chi non ama gli orsi non riesce a fare a meno di dire che si e' guadagnato la liberta'. M49 rappresenta non solo la ribellione alla violazione della natura, ma anche quello che noi vorremmo essere e non siamo: quanti di noi hanno il coraggio di ribellarsi non una, ma ben due volte a un destino che sembra segnato e ineluttabile? "Io sono M49", e' uno slogan che gira. Ma la verita' e' che vorremmo essere come lui, forti, indomabili e soprattutto liberi, ma non lo siamo, e allora ci immedesimiamo nell'orso eroe. Infatti dell'altra orsa, la povera DJ3, rinchiusa da nove anni nel minuscolo recinto del Casteller (lo stesso da cui e' evaso "Papillon"), per aver mangiato qualche pecora, sterilizzata anche lei, se ne parla appena, e pochi dicono che dovrebbe essere libera. Perche' lei e' come noi, ha piegato il capo al suo destino, e quindi sembra quasi che quell'ergastolo per aver fatto l'orsa se lo sia meritato.


hero-bear


Contro l'eroe, il Bravehart plantigrado e indomabile, c'e' il cattivo della situazione, il leghista Fugatti. Anche lui in effetti e' uno stereotipo perfetto, sembra il cattivo dei film, antipatico, ossessionato dall'eroe, ingiusto quanto basta, incompetente il necessario. Nel 2011 organizzava banchetti a base di carne d'orso, poi bloccati dai NAS; nel 2018 spargeva fake news sui lupi che secondo lui sarebbero stati intenzionalmente reintrodotti; sempre nel 2018 faceva polemiche col ministro Costa che blocco' i disegni di legge di Trento e Bolzano per l'abbattimento dei grandi carnivori. Nel 2019 decideva che il lupo e' una "grave minaccia alla sicurezza pubblica e stabiliva le "ronde anti lupo", poi rivelatesi immotivate perche' le predazioni sono in calo (-32% nel 2019); sempre nel 2019 richiedeva a Costa (che lo ignoro') di poter abbattere orsi e lupi.


Insomma, una vera ossessione quella di Fugatti, esattamente come nel cliche' del cattivo dei film. Se questo fosse un film, tipo "M49 alla riscossa", Fugatti sarebbe stato morso da piccolo da un orso, che gli avrebbe amputato qualche parte anatomica a scelta, o gli avrebbe divorato un membro a caso della famiglia, e avrebbe sete di vendetta. Sfortunatamente negli anni '70 ne' a Bussolengo ne' ad Avio c'erano orsi o lupi, quindi crolla la questione personale.


Poi c'e' quella che Alfred Hitchcock avrebbe chiamato "la bionda in pericolo", che di solito fa poco, sta li e subisce, ma in un film con eroi e cattivi la bionda ci deve essere per forza. In questo caso nella persona di Giulia Zanotelli, Assessore provinciale all'agricoltura, foreste, caccia e pesca. Che insomma, gia' il fatto stesso che lo stesso assessorato si occupi dell'agricoltura, della caccia e  delle foreste (e quindi degli animali come gli orsi), e sia anche a capo delle competenze veterinarie, la dice lunga sull'approccio della PAT (Provincia Autonoma di Trento) all'ambiente. L'assessora ha fatto il liceo linguistico, poi ha studiato scienze politiche, ha fatto il sindaco e infine e' stata eletta deputato. Una carriera di tutto rispetto per gestire i grandi carnivori. Che ha fatto nei suoi due anni di mandato come assessore? Piu' o meno niente, dal punto di vista delle foreste. Nessun orso era munito di radiocollare nel 2020, nel 2019 solo M49 e F20, l'orsa zoppa con cucciolo inseguita in auto dai due dementi che poi sono stati multati per bestemmie (si sono sbrigati ora in fretta e furia a radiocollarare JJ4, l'orsa che ha ferito due cacciatori per proteggere i piccoli); nessuna assegnazione di fondi pubblici per informare la popolazione, nessuna iniziativa per mitigare le paure infondate, nessuna segnalazione di dove siano le orse con cuccioli (di nuovo, qualcosa e' apparso dopo l'incidente di JJ4, ma prima c'era il vuoto), nessuna forma di sanzione a chi dava da mangiare agli orsi, e un calo del 18% della richiesta delle misure di prevenzione. Oggigiorno un assessorato non si rifiuta a nessuno, purche' porti voti e sia della "fede" politica giusta.


Se questo fosse un film, o un fumetto, non potrebbe mancare l'amico dell'eroe, la spalla che serve a far fare bella figura all'eroe per la sua evidente goffaggine, come Groucho con Dylan Dog (evito Bucky con Capitan America perché, insomma, non sono cosí cattiva). Il ruolo di Groucho lo affiderei per merito al ministro Costa, che certamente sa che politicamente gli conviene essere amico degli orsi, ma all'atto pratico si dichiara impotente: perche' sembra che in Italia il ministro dell'ambiente sia una vittima del cattivo per antonomasia, il terribile e onnipotente Presidente della Provincia, davanti al quale e' cosi' impotente che deve fargli le suppliche tramite i giornali.  Certamente il ministero ha mandato un'ispezione dell'ISPRA un mesetto fa, ma cosa dica questa ispezione giace sulla scrivania del ministro. Sembra che dica che sia tutto a posto, anche se sembra oramai certo che M49 fosse confinato nel bunker di cemento di 80 m2 presente nella struttura, ed evidentemente la recinzione non era a prova di fuga di un orso giovane e pesante 200 kg.


Un eroe che si rispetti ha sempre intorno a se' anche figure ambigue, di cui non sai mai se puoi fidarti o no. Magari ex-nemici che per una volta ti danno una mano (mio marito suggerisce Batroc di Capitan America, o Spike di Buffy). Come per esempio l'ex assessore Dalla Piccola, che ricopriva il ruolo della Bionda in Pericolo durante la giunta Rossi, la stessa giunta che ha fatto fuori sia Daniza che KJ2, una per imperizia e l'altra per intenzione, entrambe con cuccioli che non si sa che fine abbiano fatto. All'epoca di KJ2 Dalla Piccola rifiutava di rilasciare interviste a chi scrive questo blog, mentre ora che e' all'opposizione e si gode la sua schadenfreude, gli e' venuta una gran voglia di parlare ai giornali e di rivelare - ma solo dopo la fuga di M49, non certo prima - che era stato tenuto confinato nel bunker per tre mesi, da aprile sino a tre giorni prima della fuga, il che spiega anche la necessita' dei sedativi e spiega perche' hanno rifiutato tutte le ispezioni che potevano rifiutare.


Me lo vedo Fugatti, l'arcinemico, mentre fissando sornione da dietro gli occhiali la mappa dei nuovi impianti da sci del Trentino accarezza il suo gatto persiano, come da copione (rigorosamente tenuto libero in modo da fare estinguere tutti i passerotti della provincia). "Presidente, abbiamo finalmente catturato M49 per la seconda volta!" "Kiudetelo nel bunker! Mi okkupero' di lui perzonalmente, ja. Kuesta folta parlera' e mi tira' tutti piani di congiura ti orsi kontro PAT", ensibendo un finto monkerino (licenza poetica) e un ancora piu' fasullo accento tedesco, arrivando al massimo all'altoatesino, ma il tedesco suona meglio del veneto per un arcinemico.


Ma seriamente, ma che gli hanno fatto i grandi carnivori a un commercialista perennemente in giacca e cravatta come Fugatti? A lui personalmente in realta' nulla, ma finora la strategia si e' rivelata vincente. Innanzi tutto perche' gli abbattimenti di lupi e orsi e' una idea che e' sempre piaciuta molto ai cacciatori, da sempre serbatoio di voti della Lega nel nord-est. Del resto, ci si stanca di ammazzare per "sport" tutti gli ungulati disponibili, quelli non disponibili come i mufloni di cui hanno riempito il Veneto, le marmotte che invece di incartare la cioccolata "rovinerebbero i prati", i cormorani che si ok, non sono veramente alloctoni, ma ora sono di piu' quindi devono essere immigrati pure loro, e infatti sono neri, i cinghiali che sono ovunque perche' bisognava farci "sport" e infatti sono stati rilasciati dai cacciatori, le lepri che per poterci fare su "sport" devono essere rilasciate ogni anno se no finiscono, quasi ogni sorta di uccellino da due grammi per farci la polenta, quasi ogni sorta di anatra cosi possiamo riempire del piombo dei pallini le zone umide e immacolate della natura vergine del Trentino, lo stesso piombo che e' vietato mettere nella benzina perche' fa male. Stanchi, dicevo, della solita minestra, in carniere i cacciatori ci vorrebbero mettere lupi e orsi, e per farlo votano Lega.


Nel 2015, molto prima di diventare presidente, Fugatti faceva interrogazioni per capire come veniva speso il milione di euro (leggasi 1.000.000 di euro) che la provincia destina annualmente all'Associazione Cacciatori Trentini. Tra le finalita' di questa associazione milionaria c'e' "rappresentare i Soci, tutelarne e salvaguardarne i legittimi interessi" e "assumere ed esercitare la gestione faunistica e venatoria per la Provincia di Trento, a favore della totalità dei cacciatori". Qui potete leggere lo statuto. Naturalmente da quando e' diventato presidente della PAT Fugatti non ha piu' dubbi su come venga speso quel milione di euro - ma io in realta' si. In rete non si trova il bilancio consuntivo ma sappiamo che "il concorso finanziario della Provincia Autonoma di Trento per l'anno 2019 è stato pari a 836.000€". Di questi ci dicono come hanno speso 34.000 euro. Che ne e' degli altri 800.000? Una parte viene spesa nella gestione del Casteller (che viene gestito dall'associazione dei cacciatori!); non sappiamo quanto perche' il bilancio non e' pubblicamente disponibile, ma fonti ben informate mi dicono almeno 60.000 euro. I danni di M49 nel 2019 ammontavano a 45.000 euro, secondo il rapporto grandi carnivori, quindi sembra che i contribuenti risparmierebbero a lasciarlo libero anche se fa danni, ma poi i soldi andrebbero ai proprietari delle arnie e non all'associazione cacciatori. Un'altra parte di quei soldi (quanti? boh) viene spesa per fare i censimenti degli ungulati, in modo da calcolare quanti se ne possono ammazzare. Un po' come chiedere all'oste se il vino e' buono.


Altri soldi dei contribuenti trentini vengono spesi in corsi per rilasciare le licenze di caccia. Risulta particolarmente divertente (in quanto parte dello stereotipo da cattivo dentro) il fatto che nel 2018 Fugatti si sia prodigato per far rilasciare il porto d'armi anche a chi ha precedenti penali, se reo solo di aver commesso "furti, rapine, estorsioni, sequestri di persona e quant’altro". Normalissimo che persone socialmente pericolose possano possedere armi.


Certamente la lega e' un partito adamantino e trasparente, i famosi 49 milioni sono stati solo un incidente di percorso da restituire in 75 anni a interessi zero (solo 18.4 milioni pero'). Anche le associazioni dei cacciatori sono assolutamente trasparenti, percarita', non mi si fraintenda, non si sta insinuando nulla, si sta solo leggendo i giornali e commentando le notizie. Infatti i cacciatori veneti hanno ricevuto dalla regione 70.000 euro e ne hanno dati 64.000 a Fratelli d'Italia, ma in modo assolutamente trasparente e alla luce del sole.


Quello che voglio dire e' che, visto tutto, non ci sono assolutamente dati per dire che la lega di Fugatti vuole tenere M49 dentro anche se risparmierebbe tenendolo fuori solo perche' la lobby dei cacciatori vuole sparacchiare un po' gli orsi, o almeno guadagnare dal tenerli dentro.


Quale potrebbe essere allora la ragione che rende il presidente Fugatti cosi' ossessionato dagli orsi? Certamente la prima fuga di M49 ha polarizzato le notizie, la seconda ancora di piu'. Il ferimento di due  cacciatori (ehm) da parte di JJ4 anche ha riempito le colonne dei giornali. Se, diciamo, M49 avesse un incidente di percorso, o se JJ4 fosse portata al Casteller a dispetto del parere della Cassazione che dice che il problema non era dell'orsa ma della gestione, non si parlerebbe d'altro. Questo sarebbe ottimale, perche' se non si parlasse continuamente di orsi, qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi perche' in piena emergenza covid-19 si e' aspettato il 9 marzo per chiudere gli impianti sciistici, o perche' i lavori stradali urgenti per cui si erano stanziati dei fondi sono fermi dal 2019, o perche' sembra che sia sistematico che il governo centrale debba impugnare le leggi emanate dalla provincia. Non e' meglio fare polemica sulla pelle degli orsi?


Solo che a volte gli orsi bisogna prenderli, prima di venderne la pelle, e in questo momento, con gli occhi del mondo puntati addosso, ci si gioca la carriera politica con una mossa falsa.


Io non so quale sara' il destino di M49, di JJ4 o della povera DJ3 reclusa da nove anni. Non so neanche quale sara' il destino dei circa 90 orsi trentini. Quello che so e' che se non la smettiamo di essere cosi miopi da pensare solo all'orticello di casa senza pensare agli equilibri ecologici, il collasso degli ecosistemi non ce lo toglie nessuno, e il confronto a quello il covid e' stato solo un soffio rispetto a un uragano tropicale


bear facepalm


Disclaimer: Il contenuto di questo post non passa attraverso la redazione di Le Scienze, si tratta esclusivamente di opinioni personali dell'autrice.


nel 2019 possono essere ricondotti a M49 ben 44 eventi di danno, dei quali
26 a patrimoni zootecnici, 11 a patrimoni apistici e 7 ad infrastrutture varie (porte, finestre,
mobili situati all’interno delle abitazioni ecc.). Con riferimento ai soli patrimoni zootecnici,
14 sono stati a carico di bovini (13 capi morti e 4 feriti), 4 a carico di equini (7 capi morti e 1
ferito), 7 a patrimoni ovicaprini (17 capi morti) e 1 a carico di patrimoni avicoli (3 capi morti).
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Published on July 31, 2020 07:32

June 27, 2020

Omaggio al Cricetulo ignoto

Quanto pensiamo agli animali che vivono sugli altopiani del Tibet ci vengono sempre in mente animali grandi e carismatici come i leopardi delle nevi, gli yak, gli argali, o al massimo i gatti di Pallas. Le catene ecologiche, tuttavia, partono dal basso, dagli animali piccoli, che però finiscono con l’essere dimenticati e poco o nulla conosciuti.


Cricetulus alticola

Cricetulus alticola


Delle 19 specie di criceto esistenti, cinque sono in via di domesticazione e vengono tenute come animali da compagnia. Il criceto nano tibetano (Cricetulus alticola) però non è tra queste: è solitario, probabilmente molto aggressivo e soprattutto è specializzato a vivere sino a 5200 metri di quota, tra il Nepal, il Tibet e l’India. A volerlo tenere come animaletto da compagnia la gabbietta bisognerebbe tenerla nel frigorifero, e sarebbe un po' scomodo. Di questa specie si sa davvero pochissimo: per via dell’impervio territorio montano che lo ospita, dell’altitudine e del suo non essere considerato una specie carismatica, non esistono studi scientifici mirati per studiarne l’ecologia, l’etologia o la distribuzione. Si trova sul web una sola foto, quella riprodotta qui su. Lo si assimila di solito a una specie simile, Cricetulus kamensis, che vive sul versante cinese ad altitudini inferiori (sino a 4100 m) e di cui di conseguenza si sa qualcosa di più. Non ci sono dati sull'abbondanza del criceto tibetano. La IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) assume che non sia a rischio perché è possibile che sia diffuso su tutta la fascia tra i 3 e 5000 dell’Himalaya, ma nulla si sa per certo. Coi cambiamenti climatici in corso, ci si aspetta però una restrizione dell’area di alta quota occupata.


Della specie simile, il criceto nano di Kam, si sa che ha ritmi di attività sia diurni che notturni, a differenza dei criceti domestici che sono prevalentemente notturni, scava tane profonde non più di 50 cm in cui crea dispense per conservare il cibo per l’inverno e mangia granaglie, semi e insetti. Entrambe le specie occupano foreste di conifere o betulle, steppe desertiche, cespuglieti, paludi e pascoli di alta quota.


Tra i suoi predatori ci sono sicuramente falchi, la donnola dell’Altai, la volpe rossa e quella del Tibet, presumibilmente il gatto di Pallas e la lince.


E con questo vi ho raccontato più o meno tutto quello che si sa della specie. Ora, vi starete chiedendo: che senso ha un post di poche righe su una specie di cui non si sa nulla? La zoologia per me è come un quadro di Rembrandt: a caratterizzarlo ci sono le luci, ma ci sono soprattutto le ombre. Questo criceto è un'ombra sullo sfondo del quadro della nostra conoscenza scientifica, come ce ne sono tantissime. Come un quadro di Rembrandt, abbiamo chiazze di luce su uno sfondo scuro. A volte diamo una piccola pennellata di bianco al quadro, quando scopriamo nuove specie, o ricerche mirate o fortuite aumentano la conoscenza di una specie. Più spesso, circa 1000 volte più spesso del normale in tempi recenti, diamo una pennellata di nero e facciamo diventare il quadro più buio, quando le specie si estinguono, o come in questo caso ci rendiamo conto che c'è un gap conoscitivo.


Rembrandt, the night watch

Rembrandt, the night watch


Magari qualcuno dice: si ma mica è una tigre o un orso, è un sorcio da 20 grammi bagnato, che se ne sta li a picco di monte e può rimanerci perché tanto non è interessante. Certo, ma il suo habitat sta scomparendo, per via del continuo uso del suolo da parte dell'uomo, e per via dei cambiamenti climatici. Un giorno la specie scomparirà insieme al suo habitat, forse, e il quadro diventerà ancora un po' più buio.


Questo post è quindi una pennellata di colore sullo sfondo buio, un omaggio al cricetulo ignoto, prima che sia troppo tardi.





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Published on June 27, 2020 02:20

June 6, 2020

L'elefantessa e l'ananas

elefante _tartarotti


Immagine per gentile concessione di Stefano Tartarotti, che ringrazio.


Siamo tutti commossi dalla terribile morte di una femmina di elefante chiamata Saumya, in Kerala, India, causata da un'ananas imbottita di petardi. Come sempre accade in questi casi il web esplode, gli animalisti si indignano, i cinici se la ridono, e in generale oggi siamo tutti esperti di pachidermi. Domani del destino dei 27.000 elefanti selvatici rimasti in india e dei 2500 in cattivita' di nuovo non importera' nulla a nessuno.


Ricostruiamo un po' di fatti. L'incidente e' avvenuto nel parco nazionale della Silent Valley, nel distretto di Palakkad, nello stato di Kerala, India, quindi in un'area protetta dove gli animali dovrebbero essere tutelati. La femmina di elefante, 15 anni, al secondo mese di gravidanza sui circa 21 necessari alla nascita del piccolo (95 settimane), da un mese si era avvicinata a un villaggio.


Il 23 maggio i ranger del parco hanno ricevuto la notizia di un elefante che vagava in condizioni di stress. L'hanno quindi cercata e hanno visto una ferita aperta nella mandibola: Saumya vagava alla disperata ricerca di acqua.


Quello che era successo e' che aveva morso un'ananas riempita di un ordigno esplosivo: dei petardi collegati probabilmente a una batteria di cellulare e a un innesco a pressione, possibilmente con in piu' chiodi e pezzi di metallo per rendere il tutto piu' devastante. Per un animale piu' piccolo la morte puo' essere immediata, ma non per un elefante. Quando Saumya ha addentato la trappola, questa e' scattata e i petardi le sono esplosi in bocca, causandole una frattura esposta della mandibola e chissa' che altri danni.


Il 24 maggio l'elefantessa, dopo 24 ore almeno dall'incidente, e' arrivata al fiume Velliyar, secondo quanto riporta The Indian Times, e ha cercato un po' di sollievo al dolore, che doveva essere straziante, in acqua. I ranger si sono accorti che l'animale non accettava cibo -non avrebbe potuto con la mandibola fratturata- e hanno chiamato (finalmente!) un veterinario. L'opinione del veterinario fu che probabilmente non ce l'avrebbe fatta, e di rimanere a guardare e osservare il comportamento del pachiderma. In serata i ranger avevano cominciato a pensare di rimuovere l'elefante dal fiume, ma nel frattempo l'elefantessa era collassata. Il giorno dopo avevano pensata di portarla in un luogo sicuro per un esame approfindito, ma nel frattempo era morta, il 27 maggio.


Indubbiamente anche con strutture appropriate curare danni estesi alla bocca di un elefante non deve essere semplice, ma rimanere per giorni  a guardare l'agonia dell'animale senza intervenire (nel bene o nel male) mi sembra un po' ucciderla due volte.


Quanto ai motivi, qui la faccenda e' un po' complicata. E' girato un articoletto di Bufale.net che diceva: tranquilli, vi spieghiamo noi come e' andata, la bomba non era per l'elefante ma per i cinghiali. Ah, beh, allora tutto a posto, no?


In realta', al di la' dei pareri non richiesti, non e'  cosi.  Le bombe esca sembra siano comuni negli stati dell'India meridionale e non sono usate solo dai contadini ma anche dai bracconieri. Secondo quanto riportato da Times of India, ad Aprile un altro elefante e' stato trovato morto in un altro distretto del Kerala, con ferite compatibili al morso di un ordigno esplosivo. In altri casi i bracconieri hanno usato lo stesso tipo di ordigno in combinazione con dei lacci, causando la perdita della proboscide ad alcuni elefanti. Il bracconaggio, del resto, secondo quanto riportano gli ufficiali forestali del Kerala a Times of India, sembra essere pratica diffusa: in nove anni i lacci hanno causato la morte lunghissima e dolorosa di 24 tigri e oltre 100 leopardi.


Il conflitto tra umani e fauna selvatica al solito e' sempre estremamente complicato. In Kerala ci sono forme di compenso per danno da fauna selvatica, ma ai contadini non piacciono perche' sono molto burocratiche. Gli ordigni esplosivi sono vietati e i cinghiali "problematici" possono essere soppressi solo se si dimostra che abbiano fatto danno, con un colpo di fucile alla testa sparato da persone competenti e autorizzate. Secondo gli esperti di conservazione tuttavia a volte i cinghiali e i danni ai campi sono solo un pretesto per piazzare trappole esplosive a scopo di bracconaggio.


L'India e' la nazione al mondo con piu' vegetariani (38%) e per motivi religiosi molte persone ci tengono al rispetto per gli animali. E' persino scritto nella loro costituzione (Art. 51A): "E' dovere di ogni cittadino in India avere compassione per tutte le creature". Uno dei forestali che ha guardato impotente l'elefantessa morire, Mohan Krishnan, ha scritto un post straziato su facebook (poi ha oscurato il suo profilo, ma nel frattempo era stato condiviso, cosi' ho inserito il link a una condivisione), deve essere stato terribile sentirsi cosi impotenti davanti alla morte di quella splendida creatura. Tutti i colleghi indiani di mio marito, per quanto siano degli informatici che vivono in metropoli, vorrebbero la pena di morte per il colpevole (questo mi sembra un po' esagerato). La doppia natura di un paese enorme e in eterna contraddizione, tra l'amore estremo e il rispetto per tutte le forme di vita e la tradizione di metodi spicci e brutali per sbarazzarsi di forme di vita non desiderate.


Al momento ci sono stati degli arresti perche' le autorita' sono sotto estrema pressione sia dal resto dell'India sia dal resto del mondo. Il colpevole, se trovato, sara' accusato di bracconaggio e detenzione illegale di materiale esplosivo. Speriamo solo arrestino la persona giusta e non il primo che passa per accontentare i media.


Rimane un solo problema: il destino degli altri 27000 elefanti, sotto la pressione antropica che schiaccia e devasta quel che rimane del loro habitat, e soprattutto i 2500 elefanti in cattivita': non e' un mistero per nessuno che queste intelligenti creature siano trattate in modo barbarico contro ogni loro diritto. Speriamo che la morte di Saumya non sia stata inutile, e che serva almeno ad alleviare le sofferenze di altri elefanti

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Published on June 06, 2020 07:14

May 3, 2020

I coronavirus degli altri

Molte persone hanno scoperto l'esistenza dei coronavirus per via della pandemia del COVID-19. Molte persone a dire la verita' non sanno neanche bene cosa sia un virus. "Virus, batteri, so' tutta 'na razza, signoramia. A mia nipote je l'hanno miscati 'a scola, se grattava tutt'a' capa".


Solo che virus e batteri non so' 'a stessa cosa, signoramia. I batteri tengono 'a parete cellulare perche' so' fatti co 'e cellule, e l'antibbiotici je distruggono 'a parete. Come li burdozzer che se so tirati ggiu' la villetta abusiva de mi' cognato a Porto Santa Yersinia, bum, na' botta e so venute giu' de colpo  tutte 'e pareti. Pure i batteri 'so abbusivi, e' normale che je abbattiamo 'e pareti prima che quelli se fanno er villaggio vacanze co 'a piscina e er residens dentr' ai polmoni nostri. Solo che abbatti de qua, abbatti della', mo l'antibbiotici nun funzionano piu' tanto bene perche' i batteri se fanno 'a parete cellulare cor cemento armato, che non viene giu' manco co' 'a bomba, ma questa e' n'artra storia.


I virus, d'artro canto, la parete cellulare no 'a tengono proprio e l'antibbiotici nun funzionano. E che devono abbattere? E' come mandare i burdozzer ner Tavoliere delle Puglie, che non c'e' sta na parete manco a pagalla. E che si devono abbattere, li campi fotovoltaici? Solo che piu' mandi burdozzer a vuoto per i virus piu' i batteri se fanno 'a parete corazzata.


"Si ma allora che dovemo fa' per il coronavirus?" Te starai chiedendo. Tu stai bono calmino, non anna' a le feste e per passarte er tempo leggite sto post, che almeno te fai 'na curtura.


Premessa (Salta se 'o virus 'o sai gia')


I virus sono fatti di un pezzettino di DNA o RNA rivestito di preteine e spesso di lipidi. Il DNA e' di solito come quello che abbiamo studiato a scuola, a doppia elica, ma a volte puo' esserci un'elica sola. Se invece c'e' RNA questo puo' essere a doppia elica come il DNA o puo' esserci un filamento solo. I due filamenti si distinguono perche' sono uno al diritto e uno al rovescio. Il coronavirus contiene un filamento di RNA al diritto, detto filamento +, il che e' teoricamente buono perche' i virus con l'RNA al rovescio sono piu' complicati, ma all'atto pratico cambia poco. I virus a RNA in generale mutano piu' facilmente di quelli a DNA, e quindi se ci deve essere un virus che salta dall'antechino di palude all'oritteropo, e da questo alla sterpazzolina comune, sino a noi, e' molto probabile che sia un virus a RNA.


L'RNA del coronavirus fondamentalmente (spiego in modo un po grossolano per semplicita' e non parlo di ORF, o di cleavage etc, i puristi sopportino) e' un unico filamento che contiene 5 geni: uno che occupa i 2/3 del genoma e serve per formare le varie proteine  che copiano l'RNA (per formare altri virus), e quattro che servono per formare una specie di guscio esterno fatto dalle 4 proteine e da due strati di lipidi (e no signoramia, nunn'e' 'a parete, 'a parete de 'e cellule e' fatta de zucchero come a quella de la casa de la strega de Anzel e Greta, si, certo, quea derriscaldamento globale). Le quattro proteine si chiamano S, E, M e N , ma a volte E manca. S sta per spike, spina, ed e' quella che da al coronavirus il suo aspetto di sole con la corona solare intorno, ed e' anche quella che si "attacca" a una particolare proteina presente sulle cellule dell'animale ospite. S quindi e' molto importante, e' la chiave che apre al virus la cellula, se c'e' la serratura corrispondente che si chiama ACE2, nel caso del COVID-19 (si, signoramia, come er succo Arancia-Carota-Pompelmo, ma t'o puoi bere o stesso, nun fa gnente). Quindi se S muta, o non apre piu' la serratura, o diventa in grado di aprire la serratura delle cellule di altri animali, ed ecco spiegato il salto d'ospite dal pipistrello all'uomo (che mo che so' tutti studiati, signoramia, nun ze dice piu' salto d'ospite, no, mo dobbiamo usare l'inglese che fa scialo, mo se dice spillover).


A' storia d'o virus


Mo dovete sape' che 'sto coronavirus, che e' stato identificato negli anni '30 perche' e' uno dei virus che causa il raffreddore, e' in giro da migliaia di anni. Ma non e' sempre lo stesso: siccome muta, nel tempo prende varie forme e infetta tanti animali diversi, ma sempre o uccelli o mammiferi, e una specie animale alla volta: gli scienziati dicono che i virus sono "specie-specifici". Per indicare i vari tipi di coronavirus (se fossero animali diremmo "le specie")  gli scienziati usano delle sigle fatte di lettere e numeri. Per esempio, 229E e OC43 sono i coronavirus del raffreddore umano - ma il raffreddore e' causato anche da un sacco di altri virus, soprattutto i Rhinovirus.  Non sappiamo bene da quanto esistono i coronavirus, c'e' chi dice 8000 anni, chi dice 55 milioni di anni. chi dice di piu': l'orologio molecolare per calcolare queste date e' un po' come l'orologiaio di questo blog, miope, e non sempre s'accocchia.


Per farla breve, gli scienziati hanno diviso i coronavirus in 4 gruppi, alfa, beta, gamma e delta. In generale, alfa e beta colpiscono i mammiferi, gamma e delta gli uccelli. I virus del gruppo SARS sono beta, ma niente impedisce a un delta, per dire, fare il salto d'ospite e arrivare sino a noi. Ci sono delta coronavirus aviari, per esempio, che hanno fatto il salto d'ospite ai maiali. Sembra che alfa e beta siano tutti derivati in origine da virus dei pipistrelli, mentre gamma e delta derivano da uccelli, ma non si sa con precisione quali. Non mi sentirei di escludere che anche i dinosauri avessero dei coronavirus, considerando che gli uccelli sono un ramo superstite di dinosauri (anche quelli di Giurasse e Parc, che magari tengono 'a cazzimma perche' j'hanno clonato pure 'r raffreddore).


Alfa Coronavirus

Pipistrelli


Sono noti diversi ceppi di alfacoronavirus nei pipistrelli. Certamente ce ne sono molti di piu', ma e' difficile trovarli perche' le malebestie fanno da serbatoio senza avere manco un po' di raffreddore, perche' sono i superstiti di quelli che avevano i sintomi e sono morti: la lunga coevoluzione ha fatto si che i pipistrelli scarrozzino in giro i virus e ne consentano la replicazione senza soffrirne, a mutuo giovamento di entrambi. Tra qualche migliaio di anni pure noi faremo cosi probabilmente, anzi veramente l'abbiamo giá fatto col morbillo nelle Americhe. I virus sono stati trovati cercandoli attivamente dopo che le epidemie di SARS e MERS avevano cominciato a far preoccupare un po' i virologi. Le specie coinvolte sono Miniopterus magnaterMiniopterus pusillusRhinolophus sinicus, Scotophilus kuhlii.


Miniopterus magnater e' diffuso in Asia sud-orientale e Nuova Guinea, non e' a rischio, ma viene mangiato in Nuova Guinea. Eccolo qui, io non lo mangerei: potendo evitare, màgnatero tu. Porta il ceppo AFCD62, detto bat coronavirus 1A


miniopterus magnatus


Fotocredit


Miniopterus pusillus non e' particolarmente piu' carino del precedente, e' solo piu' piccolo, vive grosso modo nello stesso areale, ma non in Nuova Guinea, non si ha idea esattamente di quanti ce ne siano, e sul piatto di chi finisca. Porta due ceppi, AFCD307 e HKU8. Idem per Rhinolophus sinicus che, come dice il nome, vive in Cina oltre che in Himalaya ma di lui sappiamo pochissimo, oltre al suo essere portatore del ceppo HKU2 di cui sono note 4 varieta'. Scotophilus kuhlii e' una specie molto comune nel sud est asiatico, porta il ceppo 512. Tutti ceppi molto simili, certamente imparentati, perche' lo spillover avviene anche tra i pipistrelli, speriamo non salti su uno particolarmente gustoso.


Cani e gatti (e maiali)


Cani e gatti hanno ciascuno il proprio alfacoronavirus. Questi due virus hanno una origine comune da un progenitore sconosciuto, forse un virus del maiale, o dei pipistrelli, o degli uccelli, chissa'. I sintomi sono molto simili, ma anziche' l'apparato respiratorio colpiscono prevalentemente quello digerente. C'e' un terzo virus in questo gruppo, che e' un coronavirus che da la diarrea al maiale, detto TGEV, ovvero 'transmissible gastroenteritis virus'. Tutti e tre questi virus sono geneticamente molto simili, e questa, signoramia, e' una storia complicata.


cani sono piu' semplici, cominciamo da loro.


Il coronavirus classico dei cani causa loro una forma di enterite, in pratica diarrea e vomito, che dura  qualche giorno, a meno che non ci siano complicazioni dovute a contemporanee infezioni di altri virus. Questo CCov (Canine corona virus) fu scoperto in Germania nel 1971 durante una epidemia tra i cani da guardia. I sintomi sono lievi o moderati, peggiori per i cuccioli che per gli adulti, la mortalita' e' molto bassa, a meno che il CCov non sia associato ad altre infezioni virali in soggetti particolari. Tra i cani senza padrone non vaccinati l'80% ha gli anticorpi, e cosi' forse pure i coyote, le volpi e i cani procioni. Sembra anche che il virus ci provi a saltare sui gatti, ma al momento senza successo. E questa era la parte semplice, che si riferisce a un primo ceppo di coronavirus canino, il clade A, sierotipo I, molto simile a quello del gatto, per cui c'e' un vaccino.


Mentre l'antenato comune dei virus del clade A mutava e si evolveva dai pipistrelli per infettare cani e gatti, a un certo punto una particella virale ebbe un incontro clandestino con un altro coronavirus, e fecero quello che per un virus e' l'equivalente del fare sesso, ovvero si scambiarono pezzi di RNA, e da li nacque un nuovo coronavirus ricombinante dei cani, il clade B (o sierotipo 2), che e' geneticamente molto diverso dal primo, tanto che il clade A dei cani somiglia piu' al virus dei gatti che al clade B dei cani. Un cane puo' prendere il clade B anche se ha gli anticorpi o il vaccino per il benigno clade A.  Una delle principali differenze tra A e B canino e' la famosa proteina S, "la chiave cellulare", che e', si dice in gergo, ricombinante, ovvero e' un pezzo dell'RNA del misterioso amante clandestino. Anche il clade B causa gastroenterite.


Poi naturalmente questi ceppi hanno cominciato a mutare. Nel 2003 fu trovato in Inghilterra un nuovo ceppo, detto CrCov, che invece di far venire la diarrea intaccava i polmoni. In un canile i cani ospitati tossivano, a dispetto del fatto che fossero vaccinati. Era successo che il CCov clade B aveva fatto sesso con il coronavirus dei bovini, BCov, che e' un beta coronavirus, e con l'alfa coronavirus umano del raffreddore, OC43, e tra bovini, umani e cani e' venuto fuori questo nuovo ceppo. Oramai quindi c'e' una malattia pandemica respiratoria dei cani che va in giro in Europa, Nord America, Giappone e altri posti,  per cui non c'e' vaccino. Poteva accadere il contrario, ovvero che invece che crearsi un virus ricombinante dei cani saltava fuori un virus ricombinante del raffreddore umano, ma quella volta li' non e' successo, vedremo la prossima. Quando dicono che i cani ci portano le malattie e' perche' non hanno chiesto l'opinione dei cani, a volte siamo noi a portarle a loro. Buttare il cane in autostrada ci rende solo stronzi, non al sicuro dal prossimo rimpasto virale che potrebbe avvenire con la fiorentina al sangue.


Poi il CCov clade B e' mutato ancora, ed e' venuto fuori un nuovo virus ricombinante che causa epidemie mortali tra i cagnolini. Questa volta il ceppo mutante, CaCov, fu identificato nel 2005 a Bari (lo faccio notare perche' Bari e' la mia città, i miei concittadini saranno "orgogliosi" di essere quasi come Wuhan, ma per i cani)  e lo scambio di pezzi di RNA era avvenuto con il TGEV, il simile virus dei maiali. Neanche per questo ceppo, ovviamente, il vaccino funziona, e la malattia si sta diffondendo sul pianeta. Questo ceppo e' stato chiamato "canine pantropic coronavirus", perche' si distribuisce in tutti gli organi interni causando un collasso generale dell'organismo. A Bari i maiali proprio scarseggiano, non mi stupirebbe se la mutazione fosse avvenuta in qualche allevamento-lager nei paesi dell'est europeo, da dove provengono purtroppo molti cuccioli di razza "economici".


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I coronavirus di cani e gatti: in blu le sequenze feline, in arancio le sequenze canine, in rosso le sequenze porcine, in verde non e' dato saperlo. Da Lepoder (2011)


E ora i gatti.


Il coronavirus dei gatti e' un po' come loro, entra, esce, sta li, non si capisce che fa, ma complessivamente e' una carogna.


C'e' l'FCov sierotipo A (o I), e c'e' l' FCoV sierotipo B (o II). Il primo deriva dritto dritto dall'antenato comune (pipistrello?),ed e' quello piu' diffuso (circa l'80% dei casi) mentre il secondo ha subito molteplici eventi di ricombinazione e ha incorporato un notevole pezzo dell'RNA del coronavirus dei cani, tra cui l'intero gene della proteina S. (vedi sopra: il coronavirus dei cani ci prova sempre a saltare sul gatto, per ora si e' limitato a ricombinarsi, probabilmente in un soggetto infettato da entrambi i virus, canino e felino, povera bestia). Il virus colpisce sia gatti domestici sia gatti selvatici (nei quali si e' evoluto), ma ovviamente i suoi effetti sono piu' visibili nei gatti di casa, perche' non sono solitari come la loro controparte "wild". Il sierotipo II raro e' facile da coltivare in laboratorio, quello I no, perche' non conosciamo quale sia la proteina "serratura", quindi gli studi in vitro diventano difficili per cercare un vaccino.


Per i gatti infatti al momento non c'e' vaccino, per nessuno dei due ceppi. A prescindere dal genoma, il comportamento del virus durante l'infezione e' lo stesso sia per il sierotipo A che per il sierotipo B. L'organo bersaglio del virus sono le cellule del lume dell'intestino. Il gatto puo' manifestare lieve diarrea all'inizio o rimanere del tutto asintomatico, ma in alcuni casi diventa portatore cronico per tutta o parte della sua vita, pur rimanendo asintomatico. A volte capita che un gatto portatore si negativizzi, ovvero che non si trovi piu' l'RNA virale nelle sue feci, ma questo non impedisce al gatto di reinfettarsi se vive in un ambiente con altri gatti contagiati e tornare positivo. Prendere appunti per il Covid-19. Il virus e' parecchio contagioso e nelle colonie feline e' estremamente diffuso, sino all'80% nei gattili, dal 10 al 50% in gatti che vivono in ambiente domestico, secondo questo studio. Questa e' la forma virale chiamata FECV, Feline Enteric Coronavirus. Se si limitasse a questo, i gatti sarebbero a posto.


Questa storia pero' ha un altro lato, misterioso, oscuro e mortale, identificato nei tardi anni '6o del secolo scorso. Il virus (sia il tipo I che il tipo II) puo' acquisire mutazioni. Quali, come, quando e perche' rimane ancora tutto da chiarire per la scienza. La forma mutata prende ora il nome di FIP, Feline Infectious Peritonitis, e' fatale per il gatto e consente al virus di saltare su un diverso tipo di cellula ospite, dalle cellule che rivestono internamente l'intestino ai macrofagi, che sono cellule del sistema immunitario. Maggiore e' il numero di contagi e reinfezioni in un certo ambiente, ovvero, maggiore e' il numero di gatti in una casa, in un allevamento o in una colonia felina, e maggiore e' la probabilita' che il virus muti. La mutazione avviene con maggiore probabilita' in soggetti immunodepressi, come gattini molto piccoli, gatti anziani, o gatti con malattie come la FIV (l'AIDS dei gatti, che e' un virus diverso da quello umano, ci tengo a sottolinearlo) o la FELV.


Praticamente, il blando FECV diffonde il genoma virale nella popolazione felina, e il mortale FIP fa strage. La forma FIP e' cosi' letale che non si potrebbe diffondere autonomamente in una specie tendenzialmente solitaria.


Il virus mutato che dá origine alla FIP puo' avere due manifestazioni di sintomi: si riconosce una forma "umida" da una forma "secca", in base alla presenza di un essudato peritoneale o no. I sintomi cominciano con perdita di appetito e di peso, febbre, senso di malessere, in alcuni casi sintomi neurologici. Nella forma umida l'addome si dilata progressivamente con l'accumulo di liquidi nel peritoneo, la morte arriva inevitabile nel giro di poche settimane, al massimo mesi. Nella forma secca non c'e' la pancia gonfia dovuta al liquido, il decorso e' meno rapido, ma l'esito e' fatale comunque.


I gatti affetti da FIP producono una forte reazione anticorpale, che spesso non riesce pero' a eliminare il virus o a prevenirne la replicazione nei macrofagi. Gli anticorpi pero' contrastano l'infezione in fase FECP,  senza consentire la guarigione o impedire che possano avvenire le mutazioni che degenerano in FIP. I macrofagi infettati precipitano e si formano degli accumuli che vanno a bloccare e/o lesionare i vasi sanguigni, provocando lesioni a vari organi interni, ma la patologia della malattia e' poco chiara. Inoltre i macrofagi si difendono come possono provocando quella "tempesta di citochine" (un processo infiammatorio acuto e generalizzato) che avviene anche in alcuni casi col Covid-19 e che abbiamo visto e' fatale anche per gli umani. Si pensa addirittura che in fase FIP la risposta anticorpale possa peggiorare la situazione, e questo rende impossibile lo sviluppo di un vaccino, per cui si stanno cercando farmaci antiretrovirali. Ma gli scienziati che studiano il Covid 19, che ne sanno del coronavirus dei gatti? Sono medici e non veterinari, e spesso non parlano gli uni con gli altri.


Furetti


I furetti hanno un alfacoronavirus tutto loro scoperto nel 1993, molto simile a quello dei visoni, che causa una malattia epidemica che prende il sistema gastro intestinale, chiamata Enterite Catarrale Epizootica (ECE). Questo coronavirus  causa la produzione di diarrea acquosa, verde brillante, piena di muco e odorosa come solo una puzzola addomesticata qual e' un furetto sa produrre, e che ha valso alla malattia il nome di "green slime disease", traduzione a piacere del lettore. Nel frattempo il furetto sta male, ma il tasso di mortalita' e' basso. Nel 2008 pero' hanno scoperto una variante simile alla FIP felina, forma secca, anche nei furetti, negli USA e in Europa, che causa peritonite quasi sempre fatale, e di cui si sa ancora poco. Nessun vaccino o cura esiste al momento, i sintomi si trattano con steroidi che riducono la reazione anticorpale, cosi come per i gatti.


Maiali


I maiali stanno messi maluccio in quanto a coronavirus, ne contano molti tipi che vanno dagli alfa ai delta. Uno dei primissimi coronavirus scoperti e' stato il TGEV (Transmissable Gastroenteritis Coronavirus), negli anni '40, un alfa coronavirus parente di quelli dei cani e dei gatti. Per la precisione, deriva da modifiche del coronavirus dei cani, clade B, (secondo Jaimes et al., 2020), quindi il virus sarebbe passato dai cani al maiale. La mortalita' nei porcellini sotto la settimana di vita' e' del 100%, con l'eta' aumentano le possibilita' di salvarsi da questa enterite che causa una grave diarrea e disidratazione.


A seguire c'e' il PCRV, Porcine Respiratory Coronavirus, sempre un alfa virus, derivato dal precedente a seguito della delezione di un pezzo del gene S, il che lo ha reso in grado di colpire l'apparato respiratorio invece di quello digerente. I sintomi e le modalita' di trasmissione sono simili al nostro Covid 19, passa da un maiale all'altro con le goccioline di saliva e causa polmonite. Sul fronte delle buone notizie, i maiali che hanno gli anticorpi per il PCRV sono parzialmente protetti anche contro il TGEV, per cui il moltiplicarsi di questa forma virale ha causato il declino dell'altra. Magari vale anche per il Covid, chissa', con un po' di fortuna ci rendera' immuni al raffreddore.


Il Porcine Epidemic Diarrhea Virus CV777 deriva invece dal virus umano HCoV-NL63, i sintomi li dice il nome stesso, e la mutazione e' sorta in Europa negli anni '70 e da li si e' diffusa in Asia e negli USA. Ha un'alta mortalita' nei maialini, a volte del 100%


Il Porcine Coronavirus HKU15 e' stato individuato per la prima volta a Hong Kong nel 2014, anche questo causa diarrea nei maialini ed e' un deltacoronavirus, quindi un parente dei coronavirus degli uccelli che e' saltato sul maiale in Asia e poi si e' diffuso in America.


Poveri maiali, non c'e' scampo, hanno anche un beta coronavirus, detto porcine hemagglutinating encephalomyelitis virus (PHEV). Questo virus, il coronavirus bovino BCov e il nostro virus umano del raffreddore OC43 derivano tutti da un antenato comune mutato molto recentemente. Solo che mentre noi ci limitiamo al raffreddore, ai maialini viene l'encefalite, vomito e altri sintomi gastroenterici, mentre gli adulti sono piu' resistenti. Come per gli altri, non c'e' vaccino.


Altre specie


Oltre agli alfacoronavirus gia' menzionati, ce ne sono un sacco classificati come alfa ma che aspettano una ratificazione ufficiale. Oltre ai tanti dei pipistrelli, che vanno dal Kenia a Trinidad, oltre che all'Asia, sono stati isolati alfacoronavirus nella donnola dal ventre giallo, asiatica, nel tasso furetto della Cina e nel cane procione.


Betacoronavirus

I betacoronavirus come il SARS-CoV-2 hanno la proprieta' di essere capaci, a volte, di infettare piu' di un ospite, che e' il motivo per cui alcuni ricercatori si stanno incaponendo a cercarli nei gatti. Dovrebbe essere pero' chiaro da quanto visto finora che questi virus fanno un po' quello che gli pare, per cui potrebbero infettare, che so, l'uomo, le pecore, e gli inseparabili. Per ora i salti sulle altre specie, tipo gatti e tigri, sono stati estremamente moderati.


Tra i betacoronavirus degni di nota ci sono quelli del bovino, del cavallo e del topo, oltre naturalmente a quelli del gruppo SARS umano e una vagonata di virus dei pipistrelli.


Bovini


Alle vacche il coronavirus glielo abbiamo passato noi: il loro BCov deriva dal nostro OC43, quello del raffreddore. I sintomi possono venire in tre forme: diarrea nel vitello, diarrea emorragica negli adulti e infezioni respiratorie a tutte le eta'. Il virus fu scoperto nel 1973 quando i vitelli cominciarono ad ammalarsi. Oltre che i bovini, il virus puo' infettare anche cani in modo subclinico, tacchini, umani (cui causa diarrea) e ruminanti selvatici come il sambar indiano (un cervo), l'antilope d'acqua, la giraffa, il cervo americano dalla coda bianca e probabilmente i camelidi sudamericani. A dispetto delle varie forme e dei vari ospiti, esiste un solo ceppo di questo virus, che colpisce prevalentemente in inverno, quando il freddo lo rende piu' permanente. La forma di diarrea emorragica e' poco letale (1-2%), ma puo' colpire dal 20 al 100% degli animali di una mandria, quindi in grandi allevamenti le perdite possono essere ingenti, e soprattutto la faccenda si fa grave nel caso di ruminanti selvatici ora a rischio, come le giraffe. Non e' chiaro se siano gli animali selvatici a fare da serbatoio del virus e lo passano ai bovini domestici o se e' il contrario. Inoltre i portatori sani sono frequenti, il sistema immunitario non riesce a disfarsi del virus, pur offrendo protezione. Il virus si annida sia nell'apparato respiratorio che in quello intestinale, ed e' facile colpisca quando gli animali, stressati, vengono portati al macello, predisponendo per un batterio patogeno (Mannheimia haemolytica) e insieme causando una forma gravissima forma di broncopolmonite, oltre a sintomi enterici. Io non ho idea se gli animali con questo virus vengano macellati ugualmente, se hanno i sintomi, ma se sono portatori sani io penso proprio che il tampone non glielo facciano. Io non mangio carne, vedete un po' voi come regolarvi con la tartare, considerando l'origine del BCov.


Cavalli


Il coronavirus dei cavalli risale al 2000 negli USA, poi ha colpito nel 2011 in Giappone, e' pericoloso soprattutto per i vitelli ma poco per gli adulti, e' parente di quello dei bovini, causa sintomi enterici tipo diarrea, anoressia, letargia ed e' un problema soprattutto per i cavalli da corsa che col cagotto perdono le gare (vorrei vedere voi a correre col mal di pancia).


Topi


Il coronavirus dei topi (MCoV) e' in realta' una famiglia di coronavirus detti MHV, murine hepatitis virus, che attaccano vari organi con differenti sintomatologie che vanno dall'epatite all'encefalite. Storicamente le prime avvisaglie dell'esistenza di questo virus si manifestavano con sintomi enterici, e fu chiamato “lethal intestinal virus of infant mice” (LIVIM), poi ci si accorse dei sintomi respiratori e poi di tutti gli altri. Dato che le cavie di laboratorio piu' usate nella ricerca sono topi, questo e' uno dei coronavirus piu' studiati, ma che potenzialmente puo' anche causare episodi epidemici non desiderati tra i topi da laboratorio. Alcuni ceppi causano encefalite a causa di demielinizzazione delle fibre nervose, e quindi topi infettati con questo virus sono stati usati come modello animale per lo studio della sclerosi multipla, non saprei dire con quale successo visto che le cause son diverse. Topi infetti sono stati usati anche per studiare l'epatite, ma il virus dell'epatite virale umana, bisogna sottolinearlo, non e' un coronavirus. Nei topi neonati il virus e' letale al 100% nell'arco di 24-48 ore, mentre gli adulti di solito non manifestano sintomi.


Ratti


Anche i ratti hanno il loro coronavirus (dal pomposo nome di Rat sialodacryoadenitis coronavirus), e naturalmente anche questo virus colpisce i ratti usati come cavie da laboratorio ed e' ben studiato. Colpisce le ghiandole salivari e lacrimali, oltre all'apparato respiratorio, e' estremamente contagioso e colpisce ratti di tutte le eta', anche se i sintomi sono piu' severi nei baby-ratti. I ratti neonati smettono di poppare il latte a causa della distruzione dell'epitelio olfattivo, e muoiono. Nei ratti adulti ci sono perdite da naso e occhi, gonfiore a livello cervicale, fotofobia, cheratite e dispnea. Le lacrime sono color sangue perche' tinte da porfirina derivante da lesioni delle ghiandole Harderiane retro-orbitali. Noi umani le ghiandole Harderiane ce le abbiamo rudimentali, quindi le madonne che piangono sangue quasi certamente non hanno coronavirusvirus (anche perche' non ha ancora fatto il salto di specie alle statue). I ratti soffrono inoltre di necrosi delle ghiandole salivari e lacrimali, rinite necrotizzante e polmonite. La guarigione nei ratti e' completa ma ci possono essere danni oculari permanenti a causa delle lesioni alle ghiandole lacrimali. Speriamo che questo virus non faccia mai il salto d'ospite su di noi.


Conigli e porcellini d'India


I conigli soffrono di almeno un paio di ceppi di coronavirus con sintomi enterici, cardiaci e tutta roba spiacevole, i porcellini d'india di almeno uno, ma se ne sa pochissimo. Di nuovo, viene il dubbio se questi coronavirus vengano cercati nei conigli d'allevamento da carne. Diciamo che non mangerei fegato crudo di coniglio come fanno tradizionalmente alcuni cacciatori, che non si sa mai...


Umani e pipistrelli


Tanti betacoronavirus dei pipistrelli, e anche una buona varieta' di coronavirus umani, SARS, MERS, Covid-19, e altri con sintomi piu' lievi (OC43, HKU1) e di altri primati, ma se cerchiamo coronavirus pericolosi al momento li dobbiamo cercare tra i beta, salvo non impossibili salti dai delta come e' successo ai maiali


Gammacoronavirus

Polli


Nel 1931 fu riportata una malattia infettiva in North Dakota (USA) che causava problemi respiratori al pollame, e che fu chiamata bronchite infettiva. Col senno di poi, si capi' che era la stessa malattia che aveva colpito qualche anno prima, nel 1924-25, in New England. Questo fu il primo coronavirus mai scoperto, che oggi causa una delle peggiori malattie infettive del pollame domestico in tutto il mondo. I sintomi sono molto variabili perche' dipendono da eta', razza, stato immunitario dell'uccello, via di contagio, dieta, soprattutto i livelli di calcio, virulenza del ceppo virale (ce ne sono moltissimi), e fattori ambientali come temperatura, ventilazione, esposizione a infezioni batteriche secondarie. L'incubazione e' breve, da 18 a 48 ore, e di solito colpisce tutti i polli presenti. I pulcini da 1 a 4 settimane tossiscono, starnutiscono, hanno essudato nasale, fame d'aria, rantoli, occhi umidi, stress respiratorio e in media la mortalita' e' del 20-30%, fino al 75%, ma varia molto in base al ceppo virale. Infezioni nelle pollastrelle causano problemi permanenti agli ovidotti, con conseguente calo nella qualita' e nella produzione delle uova (e quindi mortalita' della pollastra per mano umana, in un allevamento intensivo che cerca la massima produzione). L'infezione sparisce dal pollaio o dall'allevamento in 10-14 giorni, coi superstiti immunizzati. Per questo coronavirus esiste un vaccino e gli outbreaks sono diminuiti molto nel tempo, ma animali immunodepressi per via delle condizioni ambientali stressanti possono ugualmente prendere la malattia e manifestare i sintomi. Inoltre il vaccino non protegge da tutti i ceppi, e dagli anni '40 in poi nuove varianti virali continuano ad emergere (prendere nota per il covid). La trasmissione e' per via aerea o tramite cibo contaminato con feci, e quindi gli allevamenti a terra sono piu' esposti di quelli in batteria. Il virus non e' presente nelle uova, ma potrebbe esserlo sulla superficie delle uova e resiste vari giorni. Non colpisce l'uomo, ma mi vien da pensare ai wet market e agli allevamenti superintensivi orientali con un virus capace di produrre dozzine di ceppi in pochi decenni, per sentirmi un filo preoccupata. Inoltre varianti del virus possono colpire i fagiani, le galline faraone, i pavoni, alcune anatre e le pernici.


Tacchini


Se i polli hanno sintomi respiratori, i tacchini hanno sintomi intestinali. Il loro gamma coronavirus e' pure diffuso in tutto il mondo, ovunque ci siano allevamenti di tacchini. I sintomi sono perdita di appetito, diarrea acquosa, disidratazione, ipotermia, perdita di peso e apatia, al solito i piccoli hanno una mortalita' molto piu' alta degli adulti. Curiosamente, questo virus muta molto meno del precedente: e' noto dal 1951 ma se ne conosce un solo ceppo. Questo virus probabilmente deriva da un evento di ricombinazione tra il coronavirus dei polli e un virus ignoto, che ha ceduto il gene per la proteina S, ottenendo il ricombinante dei tacchini. Sperimentalmente sembra che il coronavirus dei bovini possa infettare i tacchini, ma non e' stato osservato in natura, per cui, chissa'.


Beluga


I beluga sono cetacei, parenti dei narvali, che sembrano delfini bianchi e sono purtroppo popolari nei delfinari. Un beluga maschio di 13 anni, nato in cattivita' in un delfinario, nel 2008 mori' di una misteriosa malattia caratterizzata da polmonite e insufficienza epatica acuta e fatale. Analisi genetiche delle particelle virali prelevate dalle lesioni epatiche portarono a identificare un nuovo tipo di coronavirus, chiamato SW1. Sebbene molto diverso da quello dei polli e dei tacchini, era comunque sufficientemente simile da essere raggruppato tra i gammacoronavirus, malgrado questi virus colpiscano di solito gli uccelli e non i mammiferi.


beluga


Nel 2014 un gruppo di ricercatori cinesi scopri' un gammacoronavirus in tre tursiopi indopacifici (una specie di delfino). Le analisi del DNA mostrarono che si trattava in realta' del coronavirus dei beluga che, grazie a una mutazione di circa il 25% del gene della proteina S, era riuscito a saltare in tempi recenti sui delfini. I due virus sono pero' abbastanza simili da appartenere alla stessa specie, chiamata Cetacean coronavirus, di cui rappresentano ceppi diversi di un virus in rapida evoluzione.


Altre specie


Tra gli altri gamma coronavirus contiamo quello delle anatre, quello delle oche e quello dei piccioni. Il coronavirus dei piccioni, curiosamente dá loro pancreatite, un sintomo sinora raro.


Deltacoronavirus

I deltacoronavirus sono quelli piu' enigmatici. Sino a tempi recenti erano separati in una famiglia diversa rispetto ad alfa, beta e gamma, ed erano chiamati Torovirus, per la loro forma a toroide. Recenti revisioni tuttavia hanno eliminato i torovirus e li hanno inclusi come quarto tipo di coronavirus.


Oltre al deltacoronavirus dei maiali, cui si e' accennato, tra i deltacoronavirus troviamo quello degli storni, quello dei picnonotidi (bulbul in inglese), che sono una famiglia di uccelli tropicali diffusi in Africa, Asia e Oceania, e quello dei Munia o cappuccini, dei passeriformi. Questi virus sono poco studiati e il passaggio da Torovirus a deltacoronavirus ha ulteriormente complicato le cose. Tra i torovirus, e quindi oggi tra i deltacoronavirus, si contano anche quelli del bovino, del cavallo e uno umano, indicato con HToV, che dá diarrea.


Conclusioni

Questo circo di coronavirus che muta, si scambia pezzi, si scambia ospite, crea nuovi ceppi in poco tempo, e' estremamente inquietante, per quello ho cercato di alleggerire con un po' di linguaggio coatto all'inizio. C'e' chi ha proposto di eliminare "i pipistrelli", come se fossero una sola specie, pensando che questo ci proteggerebbe da altri spillover. Ovviamente e' una visione molto naïf dovuta al non avere idea di cosa si parla, per cui ho cercato di far chiarezza con questa rassegna, una specie di prontuario coatto dei coronavirus. Spero che questo possa portare a riflessioni non di natura infettivologa, o virologica, non sono un medico e non e' il mio compito, ma evoluzionistica. Non sara' un virus probabilmente a spazzarci via, noi e gli altri mammiferi, non lo ha fatto sinora, e se noi continuiamo a selezionarci con individui sempre piu' immunocompetenti verso nuovi virus non avremo problemi come specie. Purtroppo ogni nuova evoluzione del virus ci coglie impreparati nella corsa della regina rossa, quella in cui si corre sempre per non andare da nessuna parte, e ogni nuova evoluzione del virus e' dolorosa per noi a livello di individui che non riescono a superare l'infezione. D'altro canto, poi noi selezioniamo anticorpi e inventiamo i vaccini ed e' il turno di piangere del virus, e si va avanti cosi, da millenni.


Se questo prontuario del coronavirus vi e' sembrato lungo, pensate pero' che questo e' solo uno dei tantissimi virus esistenti, tutti che mutano, si scambiano pezzi, si scambiano ospite, e sono li pronti in agguato a passare da un animale mai sentito nominare prima, come i pangolini, o le civette delle palme, a noi.


Cosa fare? Certamente rispettare di piu' l'ambiente e le specie selvatiche che ospitano migliaia di altri coronavirus, retrovirus, calicivirus etc sinora sconosciuti, anche se questo dovra' comportare un po di rinunce da parte nostra. Ma siamo sette miliardi in crescita, sempre piu' vicini vicini: o facciamo qualcosa per limitarci e limitare i contatti e i relativi salti d'ospite o la prossima pandemia portata, che so, dai casuari, potrebbe essere quella che stermina meta' della popolazione umana con caduta del sistema sociale, e non lo vogliamo. Come diceva un vecchio spot pubblicitario, meglio prevenire che curare. E la prevenzione, ce lo dicono i vaccini, e' il miglior sistema per non ammalarsi, come individuo o come specie.


Alcune referenze (Ma guarda tu signoramia cosa mi son dovuta sciroppare per scrivere ste due righe)


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Published on May 03, 2020 13:46

April 10, 2020

L'articolo di Science su gatti e Covid-19

C'e' un articolo scientifico sui gatti che prenderebbero il coronavirus recentemente apparso su Science che sta facendo il giro dei media e sta gettando nel panico un sacco di persone, per esempio leggi qui (in inglese): ci sono state talmente tante domande da fare andare giu' il server dell'associazione nazionale dei veterinari britannici.


Aspetta a buttarmi!

Aspetta a buttarmi via!


Certamente leggere e capire un articolo di Science richiede una certa preparazione a monte, e non e' da tutti. Io l'ho letto, mi ci e' voluto un pomeriggio a leggerlo e capirlo, e ora lo racconto in modo facile, in modo che ognuno possa valutare da se' cosa c'e' veramente scritto li dentro. Non perche' "tu sei quella dei gatti e come senti gatti non capisci piu' niente", come mi ha detto ieri una tipa sui social, ma perche' mi fa ribollire il sangue veder maltrattata la scienza.


C'e' da fare una premessa. Questo paper era in giro sui media come preprint il 31 di marzo, cosi' come e' venuto fuori dalla penna dei ricercatori, senza essere stato sottoposto al processo di validazione scientifica detto "peer - review", come viene chiaramente specificato nel sito di BioRXiv che lo ospita: "A reminder: these are preliminary reports that have not been peer-reviewed. They should not be regarded as conclusive". Il primo aprile l'articolo e' stato recensito da Nature. L'otto aprile e' stato pubblicato da Science, che ha quindi "battuto la concorrenza". Ho confrontato le due versioni, il preprint non peer reviewed e la versione definitiva pubblicata su Science: salvo due o tre frasette qua e la' aggiunte per chiarezza lessicale sono identici. Quindi Science ha pubblicato solo dopo una lettura dell'editor, che non necessariamente e' un esperto dello specifico argomento, l'editor e' uno che genericamente lavora nell'area della scienza in questione. Da quel che vedo, manca  una rilettura da parte di esperti, i peer reviewers, che dovrebbero passare al vaglio frase per frase per attestarne la validita'. Non credo sia mai esistito un articolo che ha passato il vaglio dei peer reviewer senza modifiche più o meno sostanziali.


Questa premessa era necessaria, perche' tutti ora si stanno sbrigando a pubblicare per primi, a svantaggio della buona scienza, e c'e' una parallela pioggia di articoli ritirati dalle riviste perche' c'e' qualcosa che non va. Sia chiaro, non dico che sia questo il caso, spiego solo come stanno le cose: il paper di Science non sembra essere stato sottoposto a peer review. Mi viene da aggiungere, neanche a una commissione etica che usi standard di welfare animale occidentali.


Andiamo avanti: il paper


Un gruppo nutrito di ricercatori cinesi (21 persone) guidati da Jianzhong Shi (erano 17 nel preprint, 4 son saltati a bordo dopo che Science ha accettato, molto baronale questa cosa) ha inoculato il Covid-19 in furetti, gatti, cani, polli, maiali e anatre, per vederne gli effetti.


Il dosaggio dei virus era lo stesso per tutti, 100.000 unita', con inoculo forzato iniettando attraverso il naso nell'animale anestetizzato. Un dosaggio circa 1000 volte piu' alto di quello necessario a infettare una persona, secondo un parere esperto. Non siamo quindi in condizioni di contagio naturale, con le goccioline di saliva, ma in condizioni artificiali e forzate con dosaggi da cavallo direttamente nelle zone sensibili, perche' lo scopo era capire se in generale gli animali sviluppano sintomi o se sono in grado di replicare i virus, e non di vedere se il micio si infetta nel giardino dei vicini, o se il padrone e' ammalato. Questo deve essere chiaro: non siamo in condizioni di contagio naturale.


I furetti


I furetti, come i gatti, hanno un recettore cellulare del virus molto simile a quello umano, ci sono solo due aminoacidi di differenza nella proteina, e quindi erano candidati ideali.


Due gruppi di cinque furetti femmina di 3-4 mesi ciascuno (si usano solo animali molto giovani in questo studio, anche se gli umani piu' suscettibili sono mediamente di eta' avanzata) sono stati inoculati con due ceppi diversi del virus, uno proveniente da un paziente ammalato e l'altro trovato al mercato del pesce di Wuhan nell'ambiente. Molto stranamente, manca un gruppo di controllo.  Dopo 4 giorni due furetti del gruppo col ceppo del paziente e due furetti del gruppo col ceppo del mercato sono stati ammazzati, e i loro organi interni prelevati per cercare tracce dell'RNA del virus. Tutti e 4 i furetti morti mostravano RNA virale nelle prime vie respiratorie, ma non nei polmoni o in altri organi.


I tre furetti rimanenti per ognuno dei due ceppi sono stati messi in gabbie separate e ogni due giorni veniva ricercato l'RNA virale con lavaggi nasali e tamponi rettali (come vedremo i gatti si ribelleranno a questo trattamento, i furetti erano molto giovani e molto docili). Pochi o niente virus nei tamponi rettali, mentre c'erano virus nei lavaggi nasali sino al giorno 8, poi non li hanno piu' trovati, il sistema immunitario dei furetti cominciava a reagire.


Un furetto per gruppo, al giorno 10 e 12 rispettivamente, ha manifestato febbre e perdita di appetito. Il giorno 13 sono stati uccisi per vedere se la causa fosse il coronavirus. Qui e' dove il gruppo di controllo sarebbe stato utilissimo, ma non c'e', alla faccia dell'articolo su Science. Nessuno dei due furetti aveva coronavirus in nessun organo, solo uno dei due un po' nel naso, il luogo dell'inoculo. Entrambi pero' avevano danni cellulari alle vie respiratorie e bronchite, e anticorpi contro il coronavirus, ma meno rispetto ai furetti rimanenti, che verranno ammazzati il ventesimo giorno senza pero' cercare in loro l'RNA virale (perche'?) ma solo gli anticorpi. Tuttavia, i danni alle vie aeree potrebbero essere stati causati anche dall'inoculo, dai continui lavaggi nasali o da chissa' che altro. Senza un controllo, bisogna essere cauti a dire che sono morti di coronavirus, e ancora di piu' a dire che i furetti sono sintomatici.


Non convinti del non aver trovato il coronavirus nei polmoni dei furetti, i ricercatori hanno preso altri otto furetti, gli hanno sparato direttamente in trachea le centomila particelle virali, e li hanno soppressi a due a due nei giorni 2,4,8 e 14. Niente. Solo un po' di RNA virale nelle alte vie respiratorie di un furetto su due sino al giorno 8, niente al giorno 14: i furetti proprio non collaborano, niente coronavirus nei loro polmoni. I ricercatori si chiedono se magari l'esperimento sarebbe riuscito se avessero usato furetti maschi, dato che gli uomini sono piu' infettati delle donne. Furetti maschi, brace yourselves, dicono gli inglesi, stateve accuort', dicono i napoletani. Concludono pero' che i furetti sono estremamente (perche'? il campione usato e' ridottissimo e i risultati non abbastanza conclusivi per fare una affermazione del genere) suscettibili all'infezione da coronavirus e pensano che costituiscano ottime cavie da laboratorio per lo sviluppo di farmaci e vaccini. Il ragionamento dietro questa affermazione mi e' oscuro, visto che i polmoni non vengono intaccati. I furetti mostrano sintomi? Se si, quali? Mistero. Qui e' dove sarebbe servito un peer reviewer, ma non c'e'.


Gatti


I ricercatori cinesi hanno preso venti gattini non di razza, stavolta misti maschi e femmina, dieci di eta' tra 70 e 100 giorni (da 3 a 5 mesi) e dieci subadulti di circa 8 mesi (6-9 mesi) dal National Engineering Research Center of Veterinary Biologics CORP di Harbin, Cina. Quindi non da un rifugio dove potrebbero avere avuto altre malattie, ma da un istituto di ricerca dove sono allevati apposta per la sperimentazione. Lo specifico casomai qualcuno dicesse "i cinesi dell'emporio qui vicino mi hanno rubato il gatto per fare gli esperimenti", non funziona cosi.


7 subadulti sono stati inoculati col ceppo derivante dal paziente umano. Sempre i soliti 100.000 virioni, sempre nessun gruppo di controllo. Di questi, due sono stati destinati alla soppressione il giorno 3, due il giorno 6, per studiare la penetrazione e la replicazione virale nei vari organi interni. I rimanenti tre sono stati sistemati in minuscole gabbie (25 cm x 38 cm x 37 cm), come un trasportino piccolo, dove a stento potevano muoversi, di fronte a gatti sani posizionati sottovento di un flusso laminare di aria in gabbie altrettanto piccole. Ogni coppia (infettato/sano) era isolata dalle altre due da un transetto. Lo scopo era vedere se i gatti infetti potevano contagiare il loro partner sano.


Mentre i furetti erano docili, i gatti, per giovani che fossero, si sono ribellati al trattamento invasivo dei continui lavaggi nasali e tamponi rettali. Queste le parole dei ricercatori: "It was difficult to perform regular nasal wash collection on the subadult cats because they were aggressive. To avoid possible injury, we only collected feces". Naturalmente, era per evitare danni ai ricercatori.


I due gatti ammazzati il giorno 3, chi piu' chi meno (e' il problema di un campione di due animali, non ci si possono fare statistiche, quindi i dati sono molto fluttuanti) mostravano la presenza di RNA virale in tutte le vie respiratorie, polmoni inclusi, e nell'intestino. Nei due gatti del giorno 6 pero' niente RNA virale nei polmoni, solo  nelle alte vie respiratorie e nell'intestino di solo uno dei due. A occhio le quantita' di RNA virale trovate nei gatti sembrano piu' basse che nei furetti, ma di nuovo e' una cosa che e' veramente impossibile dire con questo numero di esemplari. Forse a parita' di numero di animali conveniva rispondere a un solo quesito scientifico, ma farlo bene in modo che ci si potessero fare su statistiche e dare risposte piu' definitive.


Trovare l'RNA virale e' diverso che trovare i virus belli e pronti. Se si trovano virus impacchettati e montati, questi sono pronti per andare a infettare il prossimo, mentre non si puo' dire se si osserva solo l'RNA, che si replica per i fatti suoi a prescindere dal resto della scatola di montaggio. E' come quando l' IKEA ti manda per errore 10000 mensole ma non la  struttura portante del Billy, i libri comunque non sai dove metterli anche se hai le mensole. Per i furetti si parla solo di RNA virale, nei gatti del giorno sei si menzionano invece degli "infectious virus" nelle vie aeree ma non nell'intestino. Ma non e' chiaro se perche' solo lì li hanno cercati, o se perche' solo lì li hanno trovati, in teoria la seconda, in pratica chissa'. Comunque nei gatti del giorno 6 c'erano particelle virali in vari organi respiratori, ma quasi sempre  in un gatto su due.


Segue un paragrafo poco chiaro, con alcune contraddizioni, non si capisce bene come, chi, quanti animali, si vede che e' stato scritto in fretta.


Da quel che capisco due gatti su tre, quelli nelle gabbiette piccole, il giorno 3 avevano RNA virale nelle feci, tutti e tre l'avevano il giorno 5 e anche uno dei gatti sani il giorno 5 aveva RNA virale nelle feci. Il giorno 11 i primi due gatti sono stati uccisi per guardargli gli organi, e cosi pure lo "spettatore" infettato. I due gatti infetti avevano l'RNA virale nel palato e nelle tonsille (che stanno li per quello, tutto sommato), mentre il gatto spettatore aveva RNA virale in tutte le prime via aeree, quindi sembra sia possibile il contagio aereo gatto-gatto. Per motivi a me misteriosi non gli hanno controllato la presenza di RNA virale, e soprattutto di particelle virali,  nell'intestino e neanche nei polmoni, che sinora sembravano informazioni cruciali, visti tutti i tamponi rettali e le inoculazioni in trachea. Avranno perso interesse, ma a me sarebbe piaciuto almeno sapere se avessero lesioni o sintomi di qualche tipo. Non lo sapremo mai, certo non da questo paper, ma secondo me se avessero manifestato sintomi purchessia lo avrebbero scritto in caratteri cubitali.


I rimanenti gatti sono state uccisi il giorno 12. RNA virale nelle prime vie aeree dei gatti infettati (di nuovo, non hanno controllato polmoni e intestino, misteriosamente), zero assoluto nei due spettatori. Anticorpi nei 4 gatti infettati (i tre inoculati e lo spettatore sfigato), niente nei due sani. Senza controllo pero' e' difficile capire lo stress di questi animali in gabbie piccolissime, con un vento continuo in faccia e un gatto estraneo di fronte. Quanto e se questo incide nella produzione di anticorpi? Inoltre, come era lo stato di salute iniziale di questi gatti? Mistero.


L'esperimento e' stato replicato (ma non e' veramente una replica, visto che i soggetti sono diversi) coi gattini. Da accenni ("the virus-inoculated juvenile cats that died or euthanized on day 3 p.i.") sembra che uno dei due gattini del giorno tre sia morto per fatti suoi, ma stranamente non ci sono dettagli. Entrambi avevano grandi lesioni nell'epitelio del naso della trachea e dei polmoni, che qui sono stati controllati (di nuovo, qui ci voleva il controllo per escludere altri fattori, visto che nei subadulti non e' successo. Per esempio, quanto erano piccoli gli strumenti usati?) Il gattino che e' morto per i fatti suoi, di che e' morto? Non respirava? Perche'? Anche un gattino dell'esperimento sulla trasmissione per via aerea e' morto prima, il giorno 13, per cause non dichiarate. Era il Covid? Aveva sintomi? Era altro? Gli anticorpi anti Covid li aveva. Questi gatti soffrivano di altre patologie? Maltrattamenti in laboratorio? Ai gattini venivano fatti lavaggi nasali. Uno dei gattini aveva RNA virale nei lavaggi nasali. Ma poi? Non si fa cenno di ricerca dei virus negli organi interni. Cosa bisogna concludere? Che non si e' infettato o che non hanno cercato?


Coi dati a disposizione in questo articolo, solo un gatto su sei sembra aver preso il virus da altri gatti. Secondo me con questo risultato bisognerebbe essere cauti, perche' bisognerebbe cercare di replicarlo prima di poter affermare qualsiasi cosa: da qui a dire che i gatti si passano tra loro il covid-19 ce ne passano di croccantini sotto i ponti! Gli errori sperimentali succedono, per quello uno non fa statistica. Come mai non sono riusciti a replicare l'infezione?


Conclusioni dei ricercatori (traduco letteralmente): "Questi risultati indicano che il SARS-CoV-2 si puo' replicare in modo efficiente nei gatti, con i gatti giovani che sono piu' permissivi alla replicazione e, forse piu' importante,  e' che il virus si puo' trasmettere tra gatti per via aerea".


Un gatto su 6 e' poco, senza controlli e senza repliche. E' una affermazione che avrebbe bisogno di maggiori evidenze per essere sostenuta con tanta fermezza e rigore.  Perche' gli altri cinque gatti non si sono infettati? In tempi di pace Science avrebbe defenestrato questo studio ma si sa, i gatti fanno titoli, e neanche una rivista blasonata sembra sia immune da queste cose, oggigiorno.


Cani


Cinque Beagles di tre mesi, stessa procedura, inoculati e posizionati in gabbie vicino a due cuccioli sani. Tamponi orofaringei e rettali presi a giorni alterni. Due cuccioli avevano il tampone rettale positivo il giorno 2, uno il giorno sei. Uno dei due positivi e' stato ucciso e aperto il giorno 4, ma non c'erano tracce di RNA virale nei suoi organi. Due cani avevano prodotto anticorpi il giorno 14. Fine della storia, non si sa che fine abbiano fatto i cani (sicuramente uccisi per motivi sanitari), conclusione: i cani sono poco suscettibili al virus. Non spiega i due cani trovati infetti in Cina. Che sia questione di eta' o razza canina?


Polli, maiali, anatre


Identica procedura dei cani, nessun risultato


Conclusioni mie


Prima di buttare il cane o il gatto in discarica, sarebbe indispensabile riuscire a replicare questi esperimenti altrove: sono preliminari, senza controlli, senza randomizzazione, senza repliche, senza peer review, senza, pare a me, alcuna considerazione per il welfare della cavie.


Del resto, alla data di oggi (10/4/2020) ci sono al mondo 1.650.000 casi accertati di Covid-19. Se la trasmissione uomo-gatto fosse cosi' ovvia, non ce ne saremmo accorti, specie se i gattini manifestano tutti quei sintomi di lesione degli epiteli respiratori?


Aspettiamo, e nel frattempo teniamo gatti e furetti in casa con noi, a farci compagnia.

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Published on April 10, 2020 11:30

April 1, 2020

Niente pesce d'aprile quest'anno

A dispetto della tradizione, che su questo blog va avanti quasi ininterrotta dal 2007, in questo 2020 mi e' sembrato poco opportuno scrivere un post per il pesce d'aprile, perche' mi vengono in mente frasi tipo "sano come un pesce", che per giunta non corrisponde neanche al vero. Rimandiamo i pesci all'aprile 2021, per quest'anno vi lascio la foto di un (vero) pesce con le ali


flying-fish


Presto un post di argomento serio e tono faceto, comunque.

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Published on April 01, 2020 09:39

March 26, 2020

Il mistero della nodding syndrome

Prologo


Stiamo vivendo in tempi interessanti, chiusi in casa, con l'incubo di una grave polmonite che pende su ognuno di noi, per quanto con bassa probabilità. Tuttavia sappiamo che presto arriverà un vaccino, che i nostri governi stanno facendo (piu' o meno) il massimo per prevenire il peggio, guidati da team di epidemiologi esperti, che se ci ammaliamo avremo diritto a tutte le cure necessarie, salvo collasso del sistema sanitario. Conosciamo la causa della malattia e anche cosa fare per non esporci al rischio. Siamo molto fortunati.


Ma se i vostri figli o voi stessi foste minacciati da un verme che vi acceca in assenza di cure, e in aggiunta da qualcosa di misterioso che vi fa diventare epilettici, e poi da qualcosa che vi distrugge piano piano il cervello rendendovi invalidi sempre più gravi, sino alla morte, voi come reagireste? Un qualcosa che non si sa cos'è, ma si diffonde nella popolazione nell'indifferenza generale. Non scappereste, per esempio, col primo barcone disponibile lontano da un simile orrore?


Mentre noi ricchi occidentali facciamo sfoggio di mascherine trendy negli intervalli in cui non ce le togliamo per mangiare o fumare, e paghiamo 30 euro il gel per le mani, migliaia di bambini tra i 5 e i 15 anni, ma anche, in casi rari, adulti sino ai 32, muoiono in Africa di una misteriosa malattia di cui nessuno parla, dimenticati da tutti: dai loro governi, dall'OMS, e anche dalle loro famiglie. Non c'è cura, non c'è causa certa. Ma la morte, se colpiti, è certa. Abbiamo visto pero' che non e' una mossa furba far finta di niente con le malattie epidemiche, perche' alla fine il boomerang torna indietro, e vale quindi la pena parlarne.


La storia


La sindrome dell'annuire (nodding syndrome, secondo l'OMS) fu descritta per la prima volta nel 1962 da Louise Jilek-Aall, una dottoressa norvegese che si ispirava al lavoro di Albert Schweitzer, il missionario premio Nobel per la sua filosofia del "rispetto per la vita". In Tanzania, sulle remote e isolate montagne Mahenge, Jilek-Aall scoprì un gruppo di emarginati che soffrivano di una grave forma di epilessia (in quasi tutta l'Africa ci sono fortissimi pregiudizi sociali nei confronti di questo disturbo) e, tra questi, diversi bambini con attacchi di particolari movimenti della testa, che "ricade ritmicamente nel piatto". Questi movimenti della testa spesso precedevano attacchi epilettici con convulsioni vere e proprie. Con grandi sforzi negli anni successivi Jilek-Aall creò a Mahenge una clinica dove si potesse curare l'epilessia, ma soprattutto cercò di educare la popolazione a non emarginare gli epilettici. Per decenni, tuttavia, al di fuori della Tanzania meridionale questa insolita patologia della testa che ricade in avanti fu ignorata o dimenticata insieme ai reietti che ne soffrivano: tutto quello che ne rimase per gli occidentali fu solo qualche breve rapporto medico della dottoressa.


La dottoressa Jilek-Aall col suo primo gruppo di pazienti epilettiche donna. Fonte https://mahenge.wordpress.com/about/dr-louise-jilek-aall/

La dottoressa Jilek-Aall col suo primo gruppo di pazienti epilettiche donna. Fonte


Nel 1983 i movimenti in avanti della testa associati a epilessia furono descritti in Liberia da van der Waals e coautori, anche in quel caso in una zona dove l'epilessia raggiunge una prevalenza insolitamente alta (28 casi ogni 1000 persone). Col senno del poi si è ricostruito che bambini con questi movimenti ritmici dorsoventrali della testa associati a epilessia erano presenti in Tanzania, Liberia e Uganda orientale sin dagli anni '60, ma rimasero osservazioni isolate che non permisero di identificare una patologia ben definita.


Il termine "malattia dell'annuire" (nodding disease) fu finalmente coniato in Sudan meridionale negli anni '90 per descrivere i movimenti in avanti ripetitivi della testa di alcuni bambini. Da ora in avanti usero' l'espressione inglese "nodding syndrome" per mancanza, al momento, di una traduzione italiana per me convincente. I piccoli, di età tra i 5 e i 15 anni e precedentemente assolutamente sani, subiscono questi attacchi soprattutto alla vista del cibo e alla percezione del freddo, e la patologia e' quasi sempre associata a ritardo neurologico e cognitivo, pubertà ritardata, crescita stentata e spesso epilessia. I bambini sono abbandonati a se stessi dalle famiglie perche' questa malattia e' gravemente invalidante per lo sviluppo psicofisico, e i genitori non hanno i mezzi e i modi per accudirli dignitosamente. Inoltre i piccoli rifiutano il cibo, perche' questo innesca il ciondolare della testa come manifestazione epilettica. Rimangono li, fuori dalle capanne, a volte cadono in acqua e annegano, o nel fuoco e si ustionano, o semplicemente restano li sino a consunzione e morte.


Epidemiologia (poca)


Ad oggi sono riportati migliaia di casi (3000-8000, o forse solo centinaia, i dati sono molto confusi) in una fascia dell'Africa centro-orientale ben definita, sebbene discontinua, che comprende due stati del Sud Sudan (Western e Central Equatoria), tre zone  in Uganda settentrionale (Kitgum, Pader, and Lamwo) e Mahenge in Tanzania meridionale. I casi sono in aumento a detta di tutti medici presenti sul territorio e della letteratura scientifica, ma non esistono dati epidemiologici precisi, né censimenti di chi ne soffre, né statistiche. Aumenta? Si. Di quanto? Non si sa, ma abbastanza. Quanti ne soffrono? Non si sa. Quanti ne soffrivano 10 anni fa? Non si sa, ma c'era, e ora ce n'è di più.  Questa malattia, a detta della OMS, è una patologia "negletta", una di quelle malattie che c'è, e per chi ne è colpito è disastrosa, ma colpisce in zone talmente povere e dimenticate da passare in secondo piano rispetto ad altri problemi, come la malaria, le guerre, le carestie e in generale tutte le priorita' di noi occidentali, tipo l' iPhone nuovo. E' in espansione? Probabilmente. 1962 in Tanzania, 1991 in Sud Sudan, 2000 in Uganda. A meno che quelle siano solo le date di quando viene descritta, e non quelle reali di insorgenza.


Epidemic curve of nodding syndrome cases in Kitgum District, Uganda, by year of onset. Modified from Foltz et al. Da Dowell et al., 2013

Epidemic curve of nodding syndrome cases in Kitgum District, Uganda, by year of onset. Modified from Foltz et al. Da Dowell et al., 2013


Una testimonianza diretta dal Sud Sudan


La letteratura e' incompleta, nessuno parla, o si interessa, della vita e della morte di questi bambini con la sindrome dell'annuire. Gli epilettici a volte ce la fanno a sopravvivere, ma la sindrome dell'annuire sembra degenerativa in modo irreversibile.  Per capirne di piu', ho cercato qualcuno che avesse esperienza diretta della malattia. Ho utilizzato il vecchio principio che tra me e chiunque nel mondo ci sono al massimo sei gradi di separazione (sei "amici di amici") e sono stata fortunata, perche' dopo un paio di tentativi infruttuosi ho trovato la persona giusta con un solo intermediario (Grazie, Alessandro Cristalli!).


Ho telefonato quindi in Sudan (ora i social ce lo permettono!) a Chiara Maretti, una ostetrica che lavora come collaboratrice per il Centro Salute Globale di Firenze, e che paraddossalmente quando l'ho chiamata era bloccata in Sudan dal Coronavirus. Spero che ce l'abbia fatta a rientrare in Italia senza altri problemi. Prima di questa collaborazione lavorava per il ramo italiano (a Padova) del CUAMM, doctors with Africa, una ONG che si occupa di portare cure e medici in Africa. E proprio lavorando per un progetto di ostetricia in Sud Sudan, precisamente a Maridi, tra il 2017 e il 2019, ha potuto vedere con i suoi occhi cosa e' la nodding syndrome.


"Maridi", mi racconta, "e' proprio uno degli epicentri della malattia. In un villaggio a 5 minuti in auto da Maridi, per esempio, ci sono intere famiglie colpite. Ho incontrato famiglie con due bambini affetti e tre gia' morti di "asida disease", il nome locale della nodding syndrome, o famiglie con sei figli di cui 4 affetti. Quello che e' strano e' che magari nella capanna vicina nessun bambino mostra sintomi. Non sappiamo se ci sia una base genetica per questa malattia. La superstizione locale vuole che sia la nodding syndrome sia il "juru-juru", l'epilessia, siano contagiosi, per cui i bambini affetti vengono isolati e allontanati da tutti. A niente e' servito farmi vedere insieme ai bambini per dimostrare che non c'e' rischio di contagio diretto, la convinzione e' troppo radicata".


Mentre parlavo con Chiara mi toglievo un metaforico cappello in segno di rispetto. Andare li per anni a portare conforto agli ultimi, ai bambini emarginati da tutti, non e' impresa per molti di noi, che ci lamentiamo di non poter andare al cinema o al bar per via della quarantena. Forse, a pandemia risolta, avendo toccato con mano com'e' vivere in condizioni disagiate, avremo imparato una lezione fondamentale su quali dovrebbero essere le nostre priorita'. La tolleranza e il rispetto per la vita sono indubbiamente delle priorita', secondo me.


"Queste persone vivono in stato di poverta' assoluta", mi spiega ancora Chiara Maretti. "C'e' una mortalita' infantile molto alta per cause banali, come la malaria, la diarrea o la polmonite. Noi portiamo farmaci di base, antimalarici, antibiotici, farmaci e cure per il parto, ma occorrerebbero farmaci antiepilettici per questi casi. Non esiste un sistema sanitario organizzato, l'ivermectina (un vermifugo molto importante per la prevenzione di un'altra patologia, vedi oltre, N.d.A.) viene distribuita in modo non sistematico in base a campagne di varie organizzazioni, quando e' possibile. I bambini con la nodding syndrome andrebbero ricoverati e nutriti con un sondino, bisognerebbe valutare l'effetto dei farmaci antiepilettici su di loro, ma i genitori non possono, non hanno il tempo per star dietro a un figlio ricoverato, con tutti gli altri bambini e la necessita' di procurarsi da mangiare. Quello che succede e' che questi bambini vengono allontanati dalla famiglia per impedire "il contagio", o vengono legati fuori dalla capanna, e muoiono perche' negletti e denutriti. Del resto il ciondolio della testa comincia proprio quando il bambino vede il cibo, e quindi lo rifiuta. Per fare un esempio, e' comparabile a quello che succede agli ammalati di rabbia quando vedono l'acqua, e hanno attacchi di idrofobia. Io personalmente non ho mai visto un paziente con questa malattia di oltre 15 anni, sono tutti bambini di 5, 7, 10 anni, poi non so che ne sia di loro. Neanche gli epilettici hanno vita facile. Mentre lavoravo con il CUAMM per il progetto sulla salute materna e infantile sono arrivate cinque ragazzine adolescenti, a occhio tra i 16 e i 18 anni, tutte e cinque epilettiche, abbandonate a se stesse dalle loro famiglie. Tutte e cinque erano state violentate e 2 hanno partorito da noi. Sono rimaste li perche' non avevano alcun posto sicuro dove andare, ma ora non so cosa ne sia di loro".


La clinica


Studi sulla mortalita' della nodding syndrome ce ne sono pochi. Uno studio su 62 pazienti in Tanzania (Winkler et al. 2010) riporta due morti in 4 anni, mentre uno studio su 12 pazienti in Uganda tra il 2009 e il 2010 (Sejvar et al., 2013) riporta nessun miglioramento, sei peggioramenti, ma nessuna morte. Bisogna dire pero' che questi sono casi monitorati e seguiti dai medici, non quelli abbandonati fuori dalle capanne. I sintomi variano molto, e si va da bambini che si comportano in modo consono per la loro eta' a bambini (sani prima dell'inizio della malattia) con grave ritardo mentale, che sbavano e non sono capaci di stare in piedi o camminare. Non e' chiaro dalla letteratura se il deperimento e il ritardo nello sviluppo fisico e sessuale siano conseguenza della mancanza di cure o se siano sintomi della malattia stessa, a prescindere dalle cure ricevute. Diversi pazienti hanno difficolta' motorie di vario genere, molti hanno sintomi di encefalopatia epilettica: livelli di coscienza alterati, saliva che sbava, incontinenza urinaria. Il ritardo mentale sembra progressivo e vi sono evidenze di disturbi psichiatrici come allucinazioni visive e uditive in un terzo dei casi, urli e corse in cerchio. Compaiono inoltre disturbi nella memoria a breve termine, deficit di attenzione e difficolta' linguistiche di vario grado. Il ciondolamento della testa accade da poche volte a settimana a molte volte al giorno in cicli di 5-20 al minuto per diversi minuti, e in quel momento il bambino non e' consapevole di cosa lo circonda e di cosa sta facendo.


Alcuni di questi bambini con la nodding syndrome sono stati sottoposti ad esami clinici approfonditi. La risonanza magnetica individua lesioni cerebrali non specifiche, come una generalizzata atrofia cerebrale, cerebellare e dell'ippocampo; non c'e' infiammazione del liquido cefalorachidiano, ma i risultati dell'elettroencefalogramma sono fortemente anomali. Queste evidenze sono differenti da quelle riscontrate negli epilettici "normali". Gli episodi di ciondolamento della testa sono attacchi epilettici atonici: la muscolatura del collo perde improvvisamente tono e la testa ricade in avanti. Non tutti i pazienti colpiti sono epilettici sensu strictu. Secondo Sejvar et al., 2013, su 23 bambini osservati, solo 14 mostravano segni di epilessia vera e propria. Secondo uno studio condotto in Sudan su 32 pazienti, i sintomi piu' gravi sono associati agli elettroencefalogrammi piu' anomali, in modo progressivo, sino alla perdita della normale architettura elettrica cerebrale.


Non ci sono studi clinici in doppio cieco sull'effetto dei farmaci antiepilettici. Phenytoin e Phenobarbital sembrano avere una qualche efficacia, almeno nel ridurre i sintomi, ma meta' dei pazienti continua ad avere episodi di ciondolamento della testa. Il problema principale e' che questi farmaci in Africa scarseggiano (come tutti gli altri).


E, finalmente, le cause (arrivano un po' di bestie brutte)


E ora arriviamo alla questione spinosa della questione, e tocchiamo il punto per cui un blog sugli animali brutti e' coinvolto in questa storia: cosa causa tutto cio'?


Non lo sappiamo, ma non per mancanza di tentativi. Nel 2010 il governo del Sud Sudan, allora non ancora una nazione indipendente, chiese addirittura l'intervento dei CDC per investigare l'aumento dei casi nella zona. Provarono di tutto, e insieme a loro tanti altri medici hanno, nel tempo, cercato le cause, ma il mistero di questa epidemia resta a tutt'oggi irrisolto. Due approcci diversi sono stati tentati. In uno si sono comparati i bambini malati con quelli sani della stessa zona, in un disperato esercizio di "trova le differenze" in termini di esposizione. Nell'altro sono stati testati decine di potenziali agenti causali come infezioni, tossine, carenze nutritive etc nei pazienti colpiti.


Per esempio, non e' stata trovata alcuna associazione con il tripanosoma (quello della malattia del sonno, portata dalla mosca tsetse); con la cisticercosi (causata dal verme solitario, Taenia solium, che a volte si incista nel cervello); con la filariosi causata dal verme nematode Loa loa, portato da tafani, le cui larve migrano sotto la pelle e negli occhi, se ne vanno a spasso nella congiuntiva e si vedono strisciare sottopelle o negli occhi; con la filariasi linfatica, o elefantiasi, una parassitori in cui ti si gonfiano enormemente le gambe a causa del nematode Wuchereria bancrofti, portato dalle zanzare; la malaria cerebrale, una complicazione molto seria della malaria, pure portata dalle zanzare; col morbillo, che in qualche caso puo' evolvere in encefalite; coi prioni, perche' mangiano il cervello di babbuino e di roditori da quelle parti. Avevo promesso animali brutti, e questo e' stato un buon antipasto. Certo che e' veramente un posto di m***a dove vivere: considerando tutte le simpatiche malattie parassitarie che ti possono venire, nel terzo millennio, anche io attraverserei allegramente il deserto e i barconi per scappare. Comunque, nessuno dei suddetti parassiti sembra legato alla nodding syndrome. Cosi come non c'e' correlazione con la mancanza di acido folico, vitamina B12, vitamina B6, Vitamina A, zinco o selenio. O con la tossicita' di metalli come mercurio, piombo, arsenico o rame, o con i pesticidi, o con il consumo di cassava che contiene tiocianato, o col bere acqua dei fiume, o mangiare pesci di fiume, o sorgo rosso. Non e' stata trovata neanche una causa genetica. Niente di niente.


La vera Causa?


Ma ecco accendersi una fiammella di speranza: c'e' un fattore che mostra una correlazione positiva con la nodding syndrome: l'oncocercosi, o cecita' fluviale. Questa parassitosi e' causata da un verme nematode, Onchocerca volvulus, ed e' la seconda causa di cecita' in Africa dopo il tracoma, essendo purtroppo diffusissima. Sfortunatamente e' un'altra malattia considerata "negletta" (Reddy et al, 2007), malgrado colpisca la vista di oltre un milione di persone. Le microfilarie (le larve dei vermi) entrano nell'organismo a seguito del morso di un moscerino della famiglia dei simulidi, che vive in prossimita' dei fiumi (da cui il nome, cecita' dei fiumi). Si incistano sotto la pelle e si sviluppano in vermi adulti, che possono sopravvivere anche 15 anni, producendo milioni di microfilarie che aspettano il morso di un altro simulide per ricominciare il ciclo (vedi immagine), ma nel frattempo se ne vanno a spasso nel corpo del malcapitato.


Life_Cycle_of_Onchocerca_volvulus_PLoS_Medicine-IT Giovanni Maki, derived from a CDC image at http://www.dpd.cdc.gov/dpdx/HTML/Filariasis.htm derivative work


Life_Cycle_of_Onchocerca_volvulus_PLoS_Medicine.jpg: Giovanni Maki, derived from a CDC image at http://www.dpd.cdc.gov/dpdx/HTML/Filariasis.htm derivative work



I noduli producono reazioni infiammatorie con intenso prurito quando le microfilarie muoiono, soprattutto a causa dell'azione secondaria di un batterio simbionte del verme, Wolbachia, che pare sia il vero bastardo della situazione. Le microfilarie possono pero' migrare agli occhi producendo danno ovunque si incistino. In particolare, col tempo, causano una opacizzazione irreversibile della cornea che porta a cecita'. Secondo la OMS in alcuni paesi dell'Africa l'infestazione e' stata cosi' pesante che meta' degli uomini (che vanno a pesca) sopra i 40 anni erano stati accecati. Nel 2017 erano stimati 20.9 milioni di casi in tutto il mondo, di cui 14.6 milioni avevano le correlate patologie della pelle e 1.15 milioni perdita parziale o totale della vista.


La buona notizia e' che questa schifezza e' facilmente curabile e/o gestibile, per cui in molti paesi africani ci sono state campagne sin dal 1989 grazie all' Onchocerciasis Control Programme (OCP) che hanno incluso la disinfestazione dalle mosche spruzzando insetticidi dagli aerei (e si, lo so, ammazzando nel contempo anche specie benefiche, ma la guerra e' guerra) e  somministrando Ivermectina a 40 milioni di persone, piu' altri 146 milioni trattati nel 2017. Sfortunatamente la malattia e' cosi diffusa che la somministrazione di Ivermectina non e' costante, si fa una campagna quando ci sono i soldi e una ONG disposta a racimolarli, quindi e' veramente difficile da eradicare, il problema rimane ed e' diffusissimo, tra le altre, anche nelle zone colpite da nodding syndrome. L'ivermectina, che funziona comunque benissimo nell'uccidere i vermi, specie nelle prime fasi dell'infestazione, in Italia non e' in commercio ad uso umano, perche' manca, chissa' perche', l'approvazione del Ministero della Sanita', malgrado sia per esempio in commercio negli USA con approvazione della FDA. E' pero' in commercio come farmaco veterinario. Quando ho chiesto a Chiara Maretti come ha fatto a proteggersi lei stessa da questa malattia mentre era li, mi ha risposto divertita che e' dovuta andare dal veterinario del suo cane a farsela prescrivere, perche' in Italia non c'e' altro modo di procurarsela. I nostri cooperanti sicuramente non hanno la vita semplificata dalla burocrazia.


In ogni caso, tra nodding syndrome e oncocercosi c'e' una associazione positiva. Il problema e' che, come Chiara stessa mi ha fatto notare, quasi tutti da quelle parti sono stati infestati da O. volvulus almeno una volta nella vita. E' un po' come trovare una correlazione coi capelli ricci. L'ipotesi che e' stata fatta tuttavia (Johnson et al, 2017), e' molto affascinante. Il parassita in se' non ha niente a che fare col cervello, ma causa intense reazioni immunitarie. I ricercatori hanno trovato una associazione positiva con gli anticorpi anti Leiomodina-1, una proteina del verme. Questi anticorpi erano presenti sia nel sangue che nel liquido cefalorachidiano (dove pero', ricordiamolo, la risonanza non individua segni di infiammazione). Guarda tu alle volte, la Lemoiodina-1 e' pero' una proteina espressa anche dai neuroni umani in vitro e nei neuroni corticali, dell'ippocampo e del cervelletto nel ratto, le stesse strutture colpite da degenerazione nella nodding syndrome. In vitro gli anticorpi contro la Leiomodina-1 erano neurotossici. Ed ecco quindi la conclusione: la nodding syndrome e' una malattia autoimmune, causata dagli anticorpi prodotti dal sistema immunitario del paziente contro il nematode della cecita' fluviale, che si rivelano attivi anche contro il cervello del malcapitato.


E' una ipotesi molto elegante, supportata dal fatto che si conoscono altre patologie autoimmuni innescate da un agente esterno. Pero' c'e' un pero', e questo pero' e' nella cartina di distribuzione delle due patologie, eccola qui:


Countries in the former Onchocerciasis Control Programme in western Africa in which onchocerciasis was eliminated as a public health problem through vector control (green); countries in the African Programme for Onchocerciasis Control in which onchocerciasis control is ongoing through annual mass treatment with ivermectin (beige); and areas in Southern Sudan, northern Uganda, and southern Tanzania in which nodding syndrome has been reported (red circles). Da Dowell et al., 2013

Countries in the former Onchocerciasis Control Programme in western Africa in which onchocerciasis was eliminated as a public health problem through vector control (green); countries in the African Programme for Onchocerciasis Control in which onchocerciasis control is ongoing through annual mass treatment with ivermectin (beige); and areas in Southern Sudan, northern Uganda, and southern Tanzania in which nodding syndrome has been reported (red circles). Da Dowell et al., 2013


In verde e beige le aree colpite da oncocercosi. In verde le aree trattate contro la cecita' fluviale spruzzando insetticidi, in beige con la somministrazione (occasionale) di ivermectina, in rosso le tre aree al momento affette da nodding syndrome. Se l'ipotesi degli anticorpi fosse vera, i due terzi dell'Africa dovrebbero essere colpiti dalla nodding syndrome.


Punto e a capo, si ricomincia a cercare.


Una questione ancora non risolta e' in generale perche', in Africa, l'epilessia sia cosi comune. Un altro mistero che si va a sommare a quello della nodding syndrome. C'e' un terzo fattore coinvolto, che media la relazione tra oncocercosi e forme di epilessia varie ed eventuali? O e' semplicemente una correlazione che non implica causa-effetto? (gli anglosassoni usano il seguente adagio: "correlation does not mean causation").


Sara' la mia deformazione professionale, sara' la zoologia ai tempi del coronavirus, ma io mi pongo altre domande, tipo: quanta bushmeat (animali selvatici) mangia questa gente? Non potevo non girare la domanda a Chiara Moretti, la mia donna a La Havana.


"C'e' stato effettivamente un focolaio di ebola nella zona di Maridi, nel 1976. La bushmeat fa parte della loro dieta da sempre, e' "family food". Nelle citta' come Maridi arriva ugualmente, si compera al mercato. Non e' la fonte di cibo principale, che e' costituita da polenta di sorgo, pesce del lago, occasionali fagioli, ma e' ampiamente consumata, soprattutto antilopi, maialini selvatici e scimmie. Prima pero' questi animali erano piu' diffusi, sono quasi scomparsi dopo la guerra, nel 2014 e ora arrivano da oltre il confine del Congo".


A conferma, nel 2019 a cavallo del confine ci sono stati dei casi singoli di ebola, evidentemente i pipistrelli non sono disdegnati. E se la nodding syndrome fosse una misteriosa zoonosi causata dal consumo di un qualche animale selvatico della zona? La discontinuita' delle tre zone focolaio sarebbe compatibile, per esempio, con la discontinuita' dei focolai di ebola. Certo, in zone cosi' povere che la perdita di un figlio e' considerata un male inevitabile, come si fa a convincere la gente a non mangiare animali selvatici, oltretutto senza evidenze scientifiche?


Trovare la causa della nodding syndrome si sta rivelando come cercare un ago in pagliaio. A fronte dei milioni di morti di malaria, o di AIDS, ha senso investire risorse in una epidemia che colpisce solo qualche migliaio di bambini? Se il problema pero' fossero i numeri, dovremmo fare lo stesso discorso per il coronavirus, che almeno al momento non sembra avere la stessa devastante mortalita' della malaria in Africa, e neache della polmonite normale. Potremmo continuare a far finta che e' un problema che non esiste, e far finta di aiutarli a casa loro - salvo vendergli armi che fanno spostare centinaia di migliaia di persone nei campi profughi, come e' avvenuto, appunto, in Sud Sudan e in Uganda, o sfruttare per un tozzo di pane le loro risorse grazie alla corruzione dei leader politici. Ma chi ci dice che non sia effettivamente una zoonosi, e che la prossima mutazione di qualunque agente ne sia la causa non si tramuti in un'altra pandemia letale?


Lascio a voi la risposta. Nel frattempo, vi lascio il link di AMREF, una ONG che lavora (anche) nelle zone colpite dalla nodding syndrome, e del CUAMM Italia. Casomai voleste aiutarli a casa loro, ma per davvero:


https://www.amref.it/


https://www.mediciconlafrica.org/


Millions of Dollars Worth of Israeli Weapons End Up in South Sudan https://www.albawaba.com/news/millions-dollars-worth-israeli-weapons-end-south-sudan-1226656

Millions of Dollars Worth of Israeli Weapons End Up in South Sudan


Alcune referenze usate per scrivere questo articolo


Aall, L. (1962). Epilepsy in Tanganyika. Review and Newsletter-Transcult Res Mental Hlth Probl, 13, 54-7.


Bedford, J., 2019. Key Considerations: Bushmeat in the Border Areas of South Sudan and DRC.


Dowell, S.F., Sejvar, J.J., Riek, L., Vandemaele, K.A., Lamunu, M., Kuesel, A.C., Schmutzhard, E., Matuja, W., Bunga, S., Foltz, J. and Nutman, T.B., 2013. Nodding syndrome. Emerging infectious diseases, 19(9), p.1374.


Johnson, T. P., Tyagi, R., Lee, P. R., Lee, M. H., Johnson, K. R., Kowalak, J., ... & Sejvar, J. (2017). Nodding syndrome may be an autoimmune reaction to the parasitic worm Onchocerca volvulus. Science translational medicine, 9(377), eaaf6953.


Reddy, M., Gill, S. S., Kalkar, S. R., Wu, W., Anderson, P. J., & Rochon, P. A. (2007). Oral drug therapy for multiple neglected tropical diseases: a systematic review. Jama, 298(16), 1911-1924.


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Published on March 26, 2020 08:12