Alessandro Bonino's Blog, page 9
May 22, 2012
Il caffè è una cosa seria
L’altro sabato ero al Salone del libro con Andrea Libero Carbone, Paolo Nori, Diego Viarengo e Gianni Minà, siamo andati a prendere il caffè e l’abbiam preso tutti senza zucchero. Non mi era mai capitato.
Probabilmente sono abituato male io coi caffè, ché io spesso vado a prendere il caffè con un mio amico, andiamo al bar che c’è dall’altro lato della piazza e lui ordina un caffè macchiato. Io invece, dico sempre al barista, preferisco il caffè da uomo.
C’è questo problema a prendere il caffè senza zucchero, è che ti accorgi subito se il caffè è buono o non è buono. E in generale non è buono.
A volte mi è capitato di assaggiarlo, e dopo metterci lo zucchero. Ché senza, a volte, ci son dei bar, porca miseria, dovrebbero arrivare i NAS e mettergli i sigilli.
All’autogrill Sarni di Aulla sulla Parma-Spezia direzione Spezia mi hanno fatto un caffè molto buono, una volta. O forse ero di buon umore io, non so.
(Gianni Minà non c’era veramente, ma ci sarebbe stato bene)
May 15, 2012
L’uomo che accendeva il mondo
La mattina, ti svegli presto, spegni la sveglia, che come al solito non ha fatto in tempo a suonare, ti alzi, prendi le cose che stai leggendo dal comodino e te ne vai in cucina. Chiudi tutte le porte, facendo il minimo rumore possibile, accendi la luce piccola, ché è ancora tutto buio e tu hai bisogno di abituarti alla luce a poco a poco, metti un po’ d’acqua nella tazza alta, e accendi il microonde. Un minuto e venti. Dopo un minuto e venti il microonde fa quattro suoni, lo apri, metti del caffè solubile nell’acqua calda, lo giri col cucchiaino, e poi ti metti al computer con il tuo caffè, a leggere quel che altri hanno scritto nella notte.
C’è silenzio.
Gli unici rumori che hai sentito finora li hai fatti tu, alzandoti, chiudendo le porte, accendendo la luce, aprendo il rubinetto, usando il microonde, girando il caffè, spostando la sedia per sederti.
Poi, piano piano, cominci a sentire le prime macchine che passano, i cinguettii degli uccellini, e ti piace pensare, anche se lo sai che son pensieri da bambini, ti piace pensare che sei stato tu, il primo, il primo a rompere il silenzio, e se tu non ti fossi alzato, se tu non avessi fatto quei rumori, quei piccoli rumori impercettibili, il resto del mondo non si sarebbe mai svegliato, e sarebbe rimasto nel silenzio.
Elettrolibri
Adesso è un po’ di giorni che non scrivo niente, ma ho delle ragioni, ne ho tante, e son principalmente ragioni alle quali ho voluto dedicare tutto il mio tempo libero – quello in frammenti superiori ai venti secondi – e quindi ho dovuto trascurare cose di cui posso occuparmi in qualsiasi momento, come un blog, come questo, che per definizione è aperiodico, asincrono, e fatto a cazzo di cane, come si dice tra noi nobili dentro.
C’è stato il Salone del libro, abbiamo presentato lo Spinoza III, un volumone spesso due centimetri, abbiamo presentato le nuove uscite della Sugaman, la casa editrice che ho con Paolo Nori, e s’è parlato tantissimo, specialmente di libri digitali, detti anche, come dicono gli amici di Barabba, elettrolibri. È bellissimo, elettrolibri. Quasi quasi lo adotto anch’io. Elettrolibri. Suona bene.
L’anno scorso insieme a Letizia Sechi avevo fatto un libricino che si chiamava Questo non è un ebook, che poi veniva distribuito al Salone del libro, ma anche come elettrolibro, lo trovate ancora qui, se volete, e ho visto che quest’anno, l’ho letto sulla Stampa, è andato fortissimo al salone. Son contento, perché quest’anno, se ne avessi avuto il tempo, avrei voluto fare un altro ebook, chiamiamoli così che così capiscon tutti, un altro ebook che spiegasse cosa sono gli ebook.
Nella mia testa, se avessi avuto il tempo di farlo, questo ebook si sarebbe chiamato: Che cos’è un ebook? e dentro ci sarebbe stato scritto: Una roba tipo questa.
E basta così. Secondo me sarebbe andato forte.
May 3, 2012
Poesia dell’oscuro scrutare
A volte vorrei
vedermi
quando non mi vede nessuno
quando sono da solo
quando sono lì
in cucina
che faccio le cose
che sistemo
che scrivo
che penso
(a volte penso)
vedere
che facce faccio
come mi muovo
ma poi penso
che vedermi
o meglio
sapere che mi vedo
cambierebbe
il mio modo di comportarmi
di agire
cambierebbe
le mie espressioni
l’altra mattina
ero lì
vicino alla finestra
che bevevo il caffè
mi son scoperto
che sorridevo
April 20, 2012
Favola di Luciano che aveva un cane
Luciano Blini era un bambino di otto anni, e aveva un cane che si chiamava Bobi. Luciano ogni tanto guardava Bobi e pensava: «Io ho un bravo cane», mentre Bobi lo guardava e pensava: «Io ho un buon amico».
April 18, 2012
Vai, campione
Nei film o telefilm americani capita che ci sia una scena in cui, dopo che magari padre e figlio eran divisi per diverso tempo per i motivi piu improbabili, oppure che il figlio dopo che per tutta la vita non è riuscito a fare qualcosa e finalmente ci riesce, vuoi l’essere accettato dai compagni, o giocare a baseball, ecco, io ho sempre in mente questa scena, l’avrò vista centinaia di volte, dove ci sono il padre e il figlio ai bordi di un campo da baseball, il padre vestito normale, il figlio vestito da baseball, in cui il padre, dopo un discorso sulla forza di volontà, o sull’unità famigliare, o chissà quale altra cosa, mette la mano sulla testa del bambino, gli scuote i capelli e tutta la testa, gli dice, Vai, campione, e il bimbo, tutto sorridente, corre verso il campo da gioco. È una scena che ho in testa da quando è primavera, da quando ho messo i vasetti con le nostre piantine fuori sul terrazzo e ogni tanto vado a guardarle, mi accuccio e guardo le mie piantine che crescono, e chi l’avrebbe mai detto che sarebbero cresciute davvero. Le guardo un po’, e poi, prima di alzarmi, strofino la mano aperta sul rosmarino, o sul timo, l’annuso, è tutta profumata, e Vai, campione.
April 17, 2012
Furgoncini
Io passo, vado in macchina, ogni tanto ci son i camioncini che vendono le arance, non mi fermo, ma le arance, magari portate fresche fresche appena colte dalla Sicilia, possono essere una cosa anche golosa, io lo capisco che uno magari passa, va in macchina, vede il camioncino delle arance rosse di Sicilia, gli fan gola, si ferma e ne compra una cassetta. Le arance son buone, poi c’è a chi piaccion di più, e c’è a chi piaccion di meno, ed è naturale, non siam mica tutti fatti alla stessa maniera, ci son quelli a cui piace il gorgonzola, io lo capisco, a me non piace non lo posso neanche guardare, ma lo capisco che esistano. Le arance son un altro discorso, le arance piaccion quasi a tutti, hanno poi anche un bel colore, le arance, è un colore che attira, quel bell’arancione vivo che io non so come si fa a rimanere indifferenti. Che poi peraltro l’arancione è anche il mio colore preferito, in assoluto: se io dovessi scegliere un colore tra tutti sarebbe l’arancione, se io avessi un solo colore per dipingere un’isola deserta, sarebbe l’arancione, un bell’arancione caldo e vivo e gioioso. Non c’è niente come l’arancione, io penso. E anche le arance, mi piace guardarle, forse mi piace più guardarle che mangiarle, le chiamano così, le arance, perché son arancioni, e non come si pensa, che il colore derivi dal frutto, ma viceversa, la bellezza del colore è incommensurabile rispetto alla bellezza del frutto, e se qualcuno sostiene il contrario, avrà anche ragione, ma secondo me sbaglia, cosa volete che vi dica. Comunque, dicevo, mi son perso, io a volte mi metto a parlar delle cose e poi mi perdo, capita, in ogni caso, volevo dire che è comprensibile che quei furgoncini delle arance esistano e che abbiano un mercato, non c’è problema, è anche auspicabile che esistano, ma a volte, quando passo, andando in macchina, mi capita di vedere dei furgoncini che vendono anfore. Non li capisco, i furgoncini che vendono anfore. Non immagino uno che passa di lì, che sta andando al lavoro, o al supermercato, vede il furgoncino delle anfore e improvvisamente gli vien voglia di un’anfora. “Dai, le anfore, che bello, ne ho sempre desiderata una.” Secondo me c’è qualcosa sotto.
April 16, 2012
Poesia della Szymborska
E comunque io,
dopo quella sera,
la Szymborska,
non la posso più bere.
(oggi E io che mi pensavo compie otto anni, grazie a tutti)
April 13, 2012
I lavori veri
Il muratore, dopo che ha lavorato, ha fatto una casa, un muretto. L’agricoltore, gli son cresciute le piante. L’idraulico, prima aveva i tubi che perdevano e adesso non perdono più.
Io, essendo uno che ha sempre fatto dei lavori nel terziario, dei lavori che alla fine del lavoro non hai un risultato tangibile di quello che hai fatto, non vedi la casa finita, non vedi il grano maturo, non vedi la stanza imbiancata, ogni tanto mi ritrovo a provare invidia per chi fa questi lavori qua. Non tanta, che son lavori che fan fatica, ma un po’ sì.
Con Paolo Nori, son tredici mesi che stiam dietro a questo libretto qui, che si chiama Storia del Partito del progresso moderato nei limiti della legge, di Jaroslav Hasek, e adesso, è uscito. Costa due euro e cinquanta (c’è un buono sconto in regalo, anche) e tutti quelli che l’han comprato mi fanno i complimenti, perché è un libro bellissimo, lo dicon loro ma lo dico anche io, senza falsa modestia, perché, come c’è scritto nel libro, “la modestia abbellisce l’uomo, ma l’uomo non deve abbellirsi, e perciò non dobbiamo esagerare in modestia”.
E quando, tra intoppi e rallentamenti, lavori per tanto tempo alla riuscita di qualcosa, e poi alla fine riesce, ed esce un libro, o un libro digitale, ecco, quelle volte lì ti sembra di far qualcosa che ci assomiglia, un po’, a quello che fanno i muratori, gli agricoltori, quelli che fanno i lavori veri.
Sembra che tutto abbia un po’ più di senso.
(compratevelo, è bellissimo)
April 10, 2012
Poesia delle lingue
Sono alla finestra
sono le otto del mattino
Sotto la mia finestra
c'è un signore
un signore che parla al telefono
parla in piemontese
un piemontese strettissimo
un piemontese di montagna
un piemontese
che anche io
che sono piemontese
faccio fatica a capire
parla in piemontese
velocissimo
e ogni tanto dice OK
come quei ragazzi
maghrebini
che vedo uscire dalla scuola
italiana
che parlano tra loro in una lingua
maghrebina
ma ogni tanto affiora
in italiano
un vaffanculo.


