Alessandro Bonino's Blog, page 8

July 3, 2012

A che ora è la fine del mondo

Arrivo a casa, Maia sta stendendo, in cucina c’è l’acqua che bolle, mi chiede di buttare la pasta. Lo faccio volentieri. Guardo il pacchetto, deve cuocere undici minuti. Facciamo dieci. Guardo l’orologio. È un orologio di quelli che ti misurano anche le pulsazioni, sono appena tornato da un giro in bicicletta. Mentre aspetto, vado a darmi una sciacquata. Poi rientro in cucina, mi metto a leggere qualcosa su internet. Dopo un po’ Maia entra in cucina, dice Quanto tempo fa hai buttato la pasta? Io mi gratto la testa con sguardo imbarazzato e interrogativo. Non me lo ricordo, però avevo le pulsazioni a 92.




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Published on July 03, 2012 05:11

June 27, 2012

Oi dialogoi

«Hai visto Pippi?»

«È in camera sua».


(Pippi è l’aspirapolvere)




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Published on June 27, 2012 06:00

Un po’ una dichiarazione

La mia macchina nuova mi piace proprio, la guardo e penso che mi piace. Mi dà soddisfazione, guardarla. Penso che ho fatto proprio una bella scelta, che ho un gran gusto: il modello, il colore, come son fatti i fari, un po’ tutto mi piace di questa macchina. A volte glielo dico, e lei lo sa. Quando capita che è parcheggiata in mezzo a delle altre macchine, io arrivo di soppiatto, e quando son a qualche metro da lei le dico: Qual è la macchina più bella di questo parcheggio? E dicendolo schiaccio il bottone del telecomando, e lei subito risponde aprendo gli specchietti e lampeggiando le quattro frecce. È evidente, ci piacciamo.




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Published on June 27, 2012 00:21

June 26, 2012

Poesia della farfalla morta

Quando muore una farfalla

e ti cade sul davanzale

sembra un ricciolo

che ti cade

mentre temperi la matita.




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Published on June 26, 2012 00:09

June 17, 2012

Guardati dai falsi amici

A volte mi capita di vedere delle interviste a degli sportivi, e nelle interviste questi sportivi dicono che loro son confidenti, poi i commentatori dicono anche loro che son confidenti, lì son tutti confidenti, ma confidenti di cosa, saran confidenti gli uni con gli altri, si scambieran delle confidenze, tutti lì, negli spogliatoi, gli sportivi e i commentatori, tutti a farsi delle confidenze, e a me vien da pensare che se io li conoscessi, quegli sportivi e quei commentatori, che me li immagino, sottovoce, dentro degli spogliatoi che son come dei confessionali, a farsi delle confidenze, a parlarsi nelle orecchie, se li conoscessi io andrei lì e gli direi Stai attento, stai attento a far delle confidenze, che poi ti fregano, gli mettono un microfono davanti e loro non si tengon mica, loro van lì, gli mettono un microfono davanti, e loro dicon tutto, spiattellano tutto, altroché farsi delle confidenze, porca miseria, far delle confidenze a quella gente lì è come andare a dirlo in televisione, stai attento, e stai attento anche a dirlo in giro, che sei confidente, che magari poi ci son delle persone che voglion sapere che cosa sono quelle confidenze, e poi vedi, magari ti rapiscono, ti torturano, ti mettono gli spilli sotto le unghie, ti strappan le dita con le tenaglie, ti spengono le cicche di sigaretta addosso, se ci penso mi fa male anche per te.


Quando ero piccolo c’era un giornale da donne che si chiamava Confidenze. Poi ce n’era anche uno che si chiamava Intimità.




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Published on June 17, 2012 22:51

June 7, 2012

La corsa dell’evoluzione

L’umano, ho sempre pensato, nella sua evoluzione, mi dicevo, è sempre stato caratterizzato da una progressiva perdita di pelo. È vero, cosa vuoi fare, se guardi le scimmie, poi guardi i vari stadi dell’evoluzione, ci son sempre meno peli in ballo, e io, nel mio essere glabro, mi ritengo, e mi son sempre ritenuto, un passo avanti, un post-umano, e a ragione, secondo me. Li guardi, certi capelluti, certi barbuti, e non puoi non pensare che debbono esser rimasti un po’ indietro, son gente che, evidentemente, ha i geni pigri, che magari si son fermati a riposarsi un po’, si son fermati a bere una bevanda in un chioschetto, poi vuoi non fare due parole, e magari prendi anche un po’ di formaggio, un bicchiere di vino, poi passa il tempo, e quando guardi l’orologio è già tardi, la corsa per l’evoluzione l’hai bella che persa. Io, mi son sempre detto, son un passo avanti, son tra i primi nella corsa per l’evoluzione, di sicuro salirò sul podio, magari non primo, ma sicuramente mi piazzo bene. Poi l’altro giorno mi son guardato, ho un bel po’ di peli, sotto le ascelle. A cosa servano non so, ma di sicuro, un po’, nella mia corsa, mi rallentano. Uno di questi giorni li taglio.




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Published on June 07, 2012 08:22

June 5, 2012

Poesia della costiera amalfitana

A Minori (SA),

nella costiera amalfitana,

si chiamano tutti Antonio.

Si chiama Antonio il panettiere,

Antonio il farmacista,

Antonio il prete.


In paese,

per distinguersi,

tra di loro si chiamano:

Tonino.


Si chiamano tutti Antonio,

tranne uno,

che si chiama Gennaro,

ma non è molto ben visto.


In paese

lo chiamano tutti:

L’originale.




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Published on June 05, 2012 14:26

May 29, 2012

Sulle tragedie

Quand’è morta mia nonna, son stato un giorno intero in camera mortuaria, all’ospedale, facevo le medie, mi ricordo che in quei giorni dovevo studiare a memoria A Silvia, la poesia, una poesia che non ho mai imparato, né allora né dopo, mi ricordo soltanto un verso, E quinci il mar da lungi, ed ero lì, nella camera mortuaria, che non mi capacitavo che era morta mia nonna. Non sto a farla lunga, ma i miei lavoravano, io buona parte della mia vita, fino ad allora, l’avevo passata coi nonni. Porca vacca, era morta mia nonna. E stavo lì che non mi capacitavo. La gente muore. Anche quella a cui vuoi più bene. L’ho già scritto una volta, ma mi vien da riscriverlo. Stavo lì nell’ingresso, dove da un lato c’era la porta della sala d’aspetto, e dall’altro il corridoio che portava alle sale mortuarie. Davanti alla porta d’ingresso c’era una vetrata, e al di là del vetro stava un inserviente. Mi annoiavo, un po’ leggevo, un po’ guardavo quel che c’era, quel che succedeva. Succedeva poco. Mi ricordo di un momento in cui avevano chiamato l’inserviente, l’avevo visto mettersi il camice e i guanti di lattice, l’avevo sentito parlare, avevo capito che da sopra, dall’ospedale, era arrivato un morto, e bisognava vestirlo e metterlo nella cassa. Avevo sentito armeggiare, avevo provato a guardare, ma la porta era chiusa, l’avevo visto uscire e poi rientrare, e poi l’avevo visto rientrare al suo posto, al di là della vetrata. Che lavoro, pensavo. Chissà come si fa ad abituarsi. Al di là del vetro, l’avevo visto togliersi il camice e i guanti, poi l’avevo visto chinarsi per cercar qualcosa, poi si era rialzato in piedi e ho visto che si stava mangiando un bel panino al prosciutto.


C’era un filosofo, forse il più grande dei nostri tempi, un filosofo che si chiama Learco Pignagnoli, che aveva scritto “Se non c’è niente da ridere vuol dire che non c’è niente di tragico, e se non c’è niente di tragico, che valore vuoi che abbia”, e io, da quando ho letto questa frase per la prima volta, mi son messo a riflettere sul mio approccio alle tragedie, collettive o personali, e mi son reso conto che anche nel momento peggiore, nel momento in cui sono addolorato o addirittura disperato, gattini.




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Published on May 29, 2012 23:08

May 26, 2012

L’uomo che aveva la macchina nuova e dentro ci metteva dello yogurt greco

Io non ho mai avuto una macchina coi cerchi in lega. Fino a ieri. Erano compresi nel pacchetto. Non è che io li volessi, però mi son sempre chiesto come ci si sente, ad avere i cerchi in lega. Adesso lo so.

Ci si sente un essere umano di livello superiore.


Poi c’è il climatizzatore bizona, che non so ancora cosa faccia effettivamente perché viaggiavo da solo oggi, però bello, c’è il cassetto che se vuoi è refrigerato, l’ho provato, ci ho messo un vasetto da cinquecento grammi di yogurt greco a Cuneo, poi a Viareggio l’ho tirato fuori, era bello fresco. Peccato che ci ho messo un vasetto solo, se ne avevo due ne mangiavo due. La prossima volta lo so, ci metto un chilo o due di yogurt greco, io lo mangio a chili, lo yogurt greco, mi sento che se ne avessi un quantitativo illimitato potrei andare avanti all’infinito, potrei anche arrivare fino in Africa, fino in Madagascar, fino in Antartide, poi basta, tornerei indietro, ché lì fa freddo, in macchina c’è anche il riscaldamento, dicono che funzioni bene, ma secondo me lì in Antartide fa persin troppo freddo, anche se il riscaldamento va bene.


Poi dentro la macchina c’è anche una presa dell’accendisigari nel baule, io non so a cosa serva, dice Stefano che se per caso rapisco qualcuno, e a lui gli vien voglia di fumare, vien comoda.




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Published on May 26, 2012 08:34

May 23, 2012

Start & Stop

Son andato a vedere una macchina, ché la mia non ce la fa più, e il venditore che c’era lì nel concessionario mi ha spiegato un po’, mi ha detto che dentro, quella macchina lì, ha una cosa avveniristica che quando ti fermi al semaforo lei si spegne. Bello, ho pensato, mi ricorda il mio motorino.




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Published on May 23, 2012 02:04