Alessandro Bonino's Blog, page 7
September 12, 2012
Sono un deficiente
C’era questa storia, che ho scoperto su quel pregevole sito chiamato Cloridrato di Sviluppina, in cui una professoressa è stata condannata per aver fatto scrivere cento volte a un ragazzino “Sono un deficiente”. Son convinto anch’io che abbia sbagliato, la professoressa, perché se a me avessero fatto scrivere cento volte “Sono un deficiente” credo che mi sarei convinto di essere un deficiente, e non va bene, perché poi se ti convinci lo diventi, secondo me, ma se invece mi avessero fatto scrivere cento volte “Se non la smetto di fare lo scemo poi mi cadranno tutti i capelli” penso che ci avrei guadagnato.
Poi non so.
La semplicità
September 2, 2012
È settembre, piove, e tu
È settembre, piove, piove tanto, e tu sei tornata dopo una settimana, sembrava un anno. Sei partita che faceva caldo, e adesso fa freddo, tu ti metti a letto, io mi faccio il caffè e poi arrivo, e come arrivo cerco i tuoi piedi, tu cerchi i miei piedi, e i tuoi sono freddi, sono freddi come fuori, e i miei, i miei sono caldi, come sempre, e tu avvinghi i tuoi ai miei, mi fai venire i brividi, tanto freddi che sono i tuoi piedi, non so come fai a avere i piedi così freddi.
Mi mancava tanto.
August 26, 2012
La smania e la noia
Ieri, a metà pomeriggio, quando sono arrivato, mi sono reso conto che molto probabilmente per le prossime tre settimane sarò solo in casa. Cosa fa l’uomo solo in casa? Adesso mi metto a leggere, si dice l’uomo solo, oppure mi metto a scrivere, oppure mi metto a fare quel lavoro là che voglio fare. L’uomo solo si lambicca nel pensiero di cosa può fare da solo in casa e si rende conto che non riesce a fare niente, perché lo colpisce quella cosa lì che non ha nessun senso e gli impedisce di fare alcunché. L’uomo solo si rende conto che è solo, e gli viene la noia. Gli viene la smania di fare e gli viene la noia di esser solo.
Anche la settimana scorsa, in ospedale, mi ero portato dei libri che volevo leggere, mi dicevo In ospedale non c’è niente da fare, vedi come leggo, vado come un treno, dai dai dai, alla fine ero contento di stare in ospedale, mi dicevo, tutto il giorno a leggere nel letto senza dover fare niente, poi in tre giorni son riuscito a leggere meno di cento pagine che per me è uno smacco, proprio uno smacco, a pensarci adesso non so come ho fatto, a sprecare tutto quel tempo libero.
Non facevo altro che andar su e giù per le scale: andavo al piano interrato dove c’è il bar e le macchinette, poi salivo fino al sesto piano, poi guardavo il panorama, poi scendevo di nuovo al piano interrato, poi risalivo, e via così. Dev’esser così, mi dicevo, essere in pensione.
Ieri quindi quando mi son reso conto che ero da solo, mi è presa quella smania e quella noia che non riesci a star fermo ma non riesci a far niente, quella stessa che avevo in ospedale, e mi son detto, anche se faceva un po’ caldo, mi son detto che era meglio se provavo a andare a correre.
Eran due mesi che non correvo, perché l’ultima volta mi ero fatto male, e mi avevano consigliato di stare un po’ fermo, ma ieri ho deciso che era il momento di riprovare, così mi passava la smania, e la noia, anche se sapevo che non avrei corso molto, per via del caldo, per via della paura di farmi di nuovo male, ma mi è presa la voglia, e torniamo a correre, e via.
Pantaloncini, maglietta qualunque, e scarpe, ho di quelle scarpe con il tallone pronunciato, anche se correndo, ci ho fatto caso, il tallone non lo appoggio mai, e con tutta quella gomma sotto il tallone, finisco che corro sulle punte, come fossi una ballerina, con la grazia di una ballerina un po’ disgraziata, poverina.
Son sceso giù, al parco fluviale, e, diversamente dal solito, ho tirato a sinistra; probabilmente c’è meno sole, mi son detto, e arrivato giù ho cominciato a correre, piano piano, passettino dopo passettino, facendo attenzione a non strafare, facendo attenzione alle gambe e alle pulsazioni.
Ho fatto tre chilometri e poco, piano piano, sono andato fino alla confluenza dei due fiumi, e poi son ritornato su. C’era il tramonto, e anche se dal lato in cui ero il tramonto di per sé non si vedeva, bastava vederne gli effetti laggiù sulla pianura, la luce radente e arancione rendeva tutto più vivo proprio prima che venisse il buio. Tornando verso casa sono passato lì, sul lungogesso, dove c’è il viale di ippocastani; lì ho visto i primi ricci e la prima castagna per terra.
Sono contento di essere andato a correre, stamattina oltretutto non ho niente male da nessuna parte, che era un po’ la mia paura, ma la sensazione non l’ho persa, quella gioia di andare in giro per le campagne soltanto con le tue forze, con i tuoi piedi, con il tuo fiato, quella gioia talmente potente da accorgerti, dopo, di aver fatto il giro intorno al depuratore e non averne neanche sentito l’odore.
August 22, 2012
Nove cose che devi sapere sulla rinosettoplastica
1.
Eran cinque anni che mi dovevo fare operare al naso, però poi dicevo, ma no, cosa vuoi operarti al naso, hai vissuto trenta e passa anni con questo naso qua che respira male, che è rotto da quando eri piccolo, cosa vuoi operarti. Poi in primavera, sarà stato aprile o maggio, mi son deciso, e m’han messo in lista, come fosse un trapianto.
2.
Il dottore m’ha detto che non sapeva quando sarebbe stato, se era luglio, se era ottobre, poi m’han chiamato per l’unica settimana dell’anno in cui ho l’ufficio chiuso. Guarda te le coincidenze.
3.
Ero un po’ preoccupato, visti i tempi lunghi, mi dicevo Sarà mica un trapianto? Io non lo voglio mica il naso di un altro, magari di un morto che aveva autorizzato all’espianto del naso.
4.
Poi ci pensavo, magari era uno che aveva un naso bellissimo, che funzionava benissimo, e magari il dottore gli aveva detto che nel caso malaugurato che gli fosse successo qualcosa di fatale, non sia mai, ma nel caso malaugurato che gli fosse successo, sarebbe stato molto generoso da parte sua donare il suo naso, veramente un gioiellino di naso, a chi era stato meno fortunato di lui.
5.
Dolore non ne ho sentito, solo fastidio, che per tre giorni devi portare i tamponi nel naso, ti senti il naso pieno come se fossi raffreddatissimo, solo che non ti puoi soffiare. Solo fastidio, respirare dalla bocca per tre giorni, dentro l’ospedale, tre giorni di cui uno è ferragosto, insieme a uno che è caduto dal cavallo e si è spaccato il naso in due, e insieme a uno malandato, sporco, rumoroso e un po’ matto che doveva stare in un altro reparto ma non c’era posto. Però dolore no.
6.
Quando ti tolgono i tamponi, che a vederli son delle cose grandissime e non hai idea di come facessero a starci dentro il tuo naso, quando te li tolgono è una roba che ti sembra di essere risorto, una roba che quasi quasi me li farei rimettere per provare quella sensazione lì di quando te li tolgono. No, magari no.
7.
L’altro giorno son andato a farmi visitare dal dottore che m’ha operato, m’ha detto che va tutto bene, m’ha tolto l’archetto di metallo che mi teneva insieme il naso e ci ha messo al posto dei cerotti, che devo tenere quattro o cinque giorni, solo per evitare che il naso gonfi troppo. A guardarmi, adesso, senza l’archetto, mi sembra che il mio naso assomigli molto a quello che avevo, però è un po’ diverso, è un po’ più dritto sia visto da davanti che di profilo, solo mi sembra un po’ più grosso.
8.
Si vede che non ne han trovato uno della mia misura, mi son detto. Però, quelli che si fan operare al naso, che si fan fare la cosiddetta chirurgia estetica, di solito se lo fan mettere più piccolo. Io invece.
9.
Comunque mi hanno detto che quando mi son svegliato dall’anestesia totale avevo un forte accento di Macerata.
Poi, dopo un po’, è passato.
August 20, 2012
Rinosettoplastica
Mi sono fatto operare al naso. Non una roba estetica, giusto per respirare. (dicono tutti così)
Ho degli ematomi sotto gli occhi, belli viola. Ho risolto con una polo viola.
August 9, 2012
Pino
Dici che i sassi sono tutti uguali, ma poi, se li guardi bene, non ce n’è uno, non uno, che sia uguale a un altro.
Lo diceva anche la cassiera del supermercato, solo che lei non parlava di sassi, lei si riferiva ai carrelli.
Diceva, lei, mentre noi eravamo lì che ne prendevamo uno, e io cercavo di prenderne uno che avesse tutte e quattro le rotelle e che girassero tutte, diceva che quello lì che stavo scegliendo io sì le aveva tutte e quattro, e sì giravano tutte, però quel carrello lì, diceva, tirava un po’ verso destra.
Diceva lei che ormai li conosce tutti, e quello lì che tirava da una parte e con cui stavamo partendo per far la spesa si chiamava Pino.
Mentre facevamo la spesa ce ne siam accorti, che aveva ragione, che quel carrello lì tirava un po’ da una parte, e più lo riempivi, più tirava da una parte, e siam rimasti impressionati, ci siam detti che dopo, all’uscita, saremmo andati da quella cassiera lì per farle i complimenti. Mentre eravam lì che sceglievamo i vini abbiam sentito chiamare Pino, noi ci siam girati, non capivamo più niente, e ci siamo accorti che c’era una signora che chiamava Pino, diceva Pino, Pino, nella nostra direzione,poi abbiam visto un bambino che arrivava di corsa e lei gli diceva Quante volte ti devo dire di non allontanarti.
Poi siamo andati a vedere se erano arrivati i tomini freschi, che l’altra volta non c’erano.
August 7, 2012
Nato per correre
L’anno scorso, nel tour delle Marche, mi ricordo che leggevo un libro che si chiama Born to run, nati per correre, che ha scritto un reporter americano che si chiama Christopher McDougall. È un peccato che non l’abbiano mai tradotto. Mi ricordo che ero sul balcone dell’hotel di San Benedetto del Tronto, faceva caldo, leggevo quel libro lì, in digitale, sul coso che sembra una calcolatrice.
L’altro giorno mi son messo a rileggerlo, perché poi, alla fine, ho dovuto comprarlo di carta, tanto mi era piaciuto.
E domani riparto per il tour delle Marche, e me lo porto anche stavolta. Tu guarda le coincidenze, alle volte. Vedo di arrivare presto a San Benedetto del Tronto, così magari ho dieci minuti per leggere, al caldo, sul balcone, lo stesso libro che leggevo l’anno scorso.
Mi ha chiamato l’altro ieri un cliente, mi ha chiesto se potevo fare un salto da lui ché aveva un problema da risolvere, io ho colto l’occasione e ci son andato leggendo. È bellissimo leggere camminando, qualcuno mi prende per matto ma a me non dà fastidio. Mi ha detto, il mio cliente, Mi spiace che ti ho fatto correre, io gli ho fatto vedere la copertina del libro, Born to run, nati per correre, e siamo stati contenti tutti e due.
July 22, 2012
Fiumi, pietre, uccelli
Bisogna scendere al fiume, per camminare. Là, lungo il fiume, c’è una pista ciclabile, e camminabile, e corribile, che fa tutto il giro della città. Basta scendere giù, fai un paio di centinaia di metri, e ti sembra di essere in un altro mondo, lontano da tutto, lontano da tutti. A volte, nei giorni di festa, c’è pieno di gente, gente che cammina, che corre, che va a farsi un giro in bici. Ieri no, non c’era nessuno: abbiamo incontrato cinque o sei persone in tutto. A volte parlottavamo, a volte stavamo zitti. C’è una parte del percorso in cui cammini proprio vicino al fiume. È secco, il fiume, oggi. Non mi sono mai accorto che il fiume fosse così largo. Stavamo in silenzio, mentre costeggiavamo il fiume, e il paesaggio sembrava lunare, quasi; una distesa di pietre grigie, inframmezzate da delle isolette verdi, con cespugli, e alberi, che erano isolette, sì, un tempo, ma adesso sono isolette in mezzo a una pietraia, una pietraia di pietre grigie e arrotondate.
Quando facevamo silenzio, si sentivano gli uccelli cantare. Ho una sveglia, che fa il suono degli uccellini, è una sveglia che mi avevano regalato, che comincia a fare una luce fioca mezz’ora prima dell’ora a cui suona, e pian piano, in quella mezz’ora, si accende sempre più: dicono che simulerebbe lo svegliarsi con il sole. Quando si illumina del tutto, quando è l’ora di svegliarsi, fa il suono degli uccellini. Ieri mattina, camminando lungo il fiume, quando mi accorgevo del canto degli uccellini, senza pensarci mi dicevo, via, è ora di svegliarsi, e mi veniva da spegnerli.
July 17, 2012
Sogni
Sono entrato completamente nudo in un piccolo supermercato senza che nessuno me lo facesse notare. Sono passato vicino alla cassa, poi dopo poco mi son accorto che qualcosa non andava, e ho detto ad alta voce: Porca miseria mi son dimenticato le mutande, e la cassiera, che evidentemente mi conosceva, ha detto: Sei sempre il solito sbadato.
Poi son tornato all’entrata, mi son messo delle mutande che avevo da qualche parte, forse in una borsa, e non so com’è andata a finire.


