Alessandro Bonino's Blog, page 24
November 23, 2010
Sono una persona orribile /24
A volte mi rendo conto che mi compiaccio troppo delle cose che faccio. Tipo l'altro giorno ho pensato Ah, che scorreggia geniale.
November 22, 2010
Ain't no sunshine when she's gone
Ero in una grande città del nord. Piovigginava, di una pioggia malinconica. Entravo in stazione, dovevo prendere il treno, andare a Voghera, poi a Alessandria, dove avevo lasciato la macchina che si era rotta, prendere la macchina sostitutiva, e poi tornare a casa. Ero lì, da solo, e sapevo che ci sarebbe voluto tutto il giorno, per tornare a casa. La sera prima era stata, come dire, emozionante. Eran successe delle cose belle, e per vederle succedere, ci tenevo, per vederle succedere avevo poi dovuto spendere centocinquanta euro di taxi. Si era rotta la macchina, la pompa della benzina, m'avrebbero poi detto quelli dell'officina di Alessandria. Nell'aria, nella stazione, suonava quella canzone che dice "Ain't no sunshine when she's gone". Ero in anticipo, prendo un caffè nel baretto, poi vado al binario. Nell'aria della stazione suonava di nuovo "Ain't no sunshine when she's gone", è la musica di una pubblicità, di sicuro, ma non importa, non importa da dove arrivi e per quale motivo, io sono al binario e canticchio "Ain't no sunshine when she's gone", ho gli occhi lucidi e penso che lei non se n'è andata, non se n'è andata affatto: è a casa, che m'aspetta, e entro sera sarò là.
November 19, 2010
Improbabilità infinita
Sono qua. Sono dentro un romanzo difficilissimo. Un romanzo dove non si capisce niente. Ci son dei termini, dentro, che possono significare una cosa ma anche il suo opposto. Ci son delle trame intricatissime, non risolvibili; è impossibile, ti dici, che l'autore riesca a tirare i fili di tutte queste trame e sottotrame che ha sparso per il romanzo e dargli un senso, ci son delle trame e sottotrame che deviano pesantemente verso il nonsenso, verso l'improbabilità. Ci son dei personaggi, porca miseria, che se fosse un romanzo vero lo scaglieresti dalla finestra, tanto son poco verosimili, tanto son contorti nelle loro personalità e azioni. Se fosse un romanzo vero, sarebbe poco credibile. E invece, viverci, uno non ci fa mica caso, ci si vive, in questo romanzo qua, in questo romanzo improbabile. Forse aveva ragione quello là, chissà chi era non lo so, ma forse aveva ragione lui, quello là che diceva che la fiction dev'essere credibile, ma la realtà questo dovere non ce l'ha mica.
November 17, 2010
Sono una persona orribile /23
November 14, 2010
Sciopero di mangiare
Ogni tanto sento dire che qualcuno sta facendo lo sciopero della fame, ma tutte le volte che uno dice che fa lo sciopero della fame, magari per una protesta, magari in alcuni casi anche sacrosanta, su di me non sortisce l'effetto desiderato, che presumo essere di empatia, di simpatia, di appoggio, o qualcosa del genere. Perché io non posso fare a meno di pensare che è un po' paradossale, dire di star facendo lo sciopero della fame, perché quando fai sciopero di qualcosa, quel qualcosa lo riduci a zero, e invece, nello sciopero della fame, di fame ne hai tantissima. Non l'ho mai fatto, ma secondo me dev'esser così. Secondo me, quando uno fa sciopero della fame, dovrebbe mangiare un casino.
November 9, 2010
Nasi chiusi
Mi sveglio in un posto, non so mica bene dove sono. C'è uno che russa, nel letto vicino. Lo conosco. Ci metto un po' ma lo riconosco. Mi ricordo anche dove sono e perché. Il tizio lì nel letto vicino continua a russare, io penso che sia strano di non averlo sentito stanotte mentre dormivo, magari è proprio il fatto che dormivo che mi ha impedito di sentirlo, e forse anche io, anzi, quasi sicuramente, anzi, sicuramente russo anche io, e magari lui ieri sera mi ha sentito, chi lo sa. Bisognerebbe, quando due che russano dormono nella stessa stanza, sincronizzarsi, decidere esattamente il momento in cui ci si addormenta insieme, e decidere esattamente il momento in cui ci si sveglia insieme, di modo che nessuno dei due senta il russare dell'altro, di modo che il russare si annulli, il russare diventi effettivamente non esistente, come il rumore di quell'albero nella foresta, che chissà, se fa rumore, se nessuno lo sente. E niente, adesso gli tiro una botta in testa.
November 8, 2010
C'è un universo che lavora per te
Questo potrebbe essere un segnale, mi dicevo. Potrebbe essere il segnale che mi fa capire come vanno veramente le cose. Avevo lasciato il sacchetto dell'immondizia lì, e non c'è più. L'avevo lasciato lì, vicino alla porta, e non c'è più. Sono sicuro, sarà mezz'oretta fa, l'avevo lasciato lì un attimo, mi son detto Poi mi metto le scarpe e lo porto, l'ho lasciato lì, son rientrato in casa e ho fatto delle cose, poi mi son messo le scarpe, son uscito e non c'era più. Questo potrebbe essere un segnale, mi dicevo. Ma di cosa? Che c'è qualcuno che fa le cose per te? Che l'universo si autoregola, e se c'è dell'immondizia che avevi intenzione di buttare la butta via lui? Ma non c'era l'entropia? Non c'era quel principio della termodinamica che dice che le cose, pian piano, si dirigono verso il disordine? E allora come mai c'era quel sacchetto di immondizia, mezz'ora prima, e adesso non c'era più? A questo pensavo, questa cosa è un segnale, di sicuro, ma che segnale è, mi dicevo, mentre rientravo in casa e vedevo la posta sul tavolo, che avevo preso prima, dalla buca, mezz'oretta prima, mentre tornavo da portare giù l'immondizia.
November 5, 2010
E a mezzanotte c'è l'oscurità
E a mezzanotte c'è l'oscurità e saltano fuori i mostri. Mostri gialli, mostri verdi, mostri blu, che nell'oscurità diventano tutti mostri neri, ma tu lo sai, li immagini perfettamente, quei mostri, che anche se sono tutti neri tu lo sai perfettamente come sono, gialli, verdi e blu. Poi accendi la luce, guardi sotto il letto e sono spariti. Loro stanno nell'oscurità, e l'oscurità è la loro ragion d'essere, e nel momento in cui accendi la luce, che sia la luce generale della camera, che sia l'abat-jour, che sia anche solo una piccola torcia o quel succedaneo che si usa adesso, lo schermo del telefono cellulare, nel momento in cui tu accendi una qualsiasi di queste luci loro spariscono, in un secondo, anche meno, ed è qui che la luce dimostra tutta la sua impotenza, la sua incapacità di illuminare i mostri gialli e verdi e blu che albergano sotto il tuo letto e di rivelarli come sono, mostri gialli e verdi e blu. E gli occhi, gli occhi non li possono vedere, gli occhi hanno le stesse limitazioni della luce, non puoi farci niente, contro i mostri sei cieco, non puoi farci niente, sai che sono lì ma non li puoi vedere, sai di che colore sono, ma non li puoi vedere, li hai immaginati perfettamente, lo sai come sono, ma niente, non li puoi vedere. Non puoi farci niente, i mostri gialli, verdi e blu sono sotto il tuo letto, non li puoi vedere ma lo sai che sono lì, e che prima o poi mentre si lì che dormi loro ti saltano addosso e ti mangiano.
November 4, 2010
Dei santi avanguardisti e iconoclasti
Dopo c'erano dei santi che si facevano ammazzare per esser oltre che santi anche martiri. Che poi non erano neanche santi, ma era tutto un millantare, che si sa che i santi sono tutti morti, e si fanno santi solo da morti, e non ci sono santi vivi, e non ci sono santi che definiscono se stessi come santi, altrimenti non sarebbero santi.
E c'eran dei santi che non volevano mica morire, dei santi che volevano ribellarsi a questa definizione convenzionale di santo che dev'essere morto, eran dei santi avanguardisti e iconoclasti, volevano che le convenzioni fossero rovesciate, e si definivano santi. Non solo erano vivi, e tutti sanno che un santo per esser santo dev'esser morto, ma tenevano anche dei comportamenti che alla luce della definizione di santo, anche alla luce di una definizione laica di santo, sarebbero stati tutto fuorché dei comportamenti da santi, ma loro dicevano che anche quelle eran convenzioni da debellare, convenzioni che ormai nel tempo in cui vivevano lasciavano il tempo che trovavano: ormai, dicevano loro, una parola è una parola, e se noi la astraiamo, vediamo che la parola non è altro che un insieme di lettere, di fonemi dicevan loro, di fonemi che pronunciati insieme davano un suono più lungo e diverso; dicevano basta con la dittatura delle parole, basta con l'associazione automatica delle parole, dei significanti dicevan loro, basta con l'associazione automatica delle parole a dei significati, e dei significati a delle cose del mondo, designatum dicevan loro, e così facendo si sedevano su delle mele, bevevano delle persiane, mangiavano termosifoni, e via così, tutto in spregio alle convenzioni.


