Moony Witcher's Blog, page 33

December 14, 2012

LA CAPANNA SUL GRATTACIELO di Sonia Scalia – Secondo Livello Adulti. Corso di Scrittura Online

LA CAPANNA SUL GRATTACIELO

di Sonia Scalia

Corso Adulti – Secondo Livello

*1*


È maschio o femmina? Da giorni non pensavo ad altro. A cosa sarebbe capace di fare mio padre se nel grembo di Masuri crescesse una “lei”.

Sedetti, mi rialzai impaziente e mi rimisi seduto. E lo feci ancora, ancora, e ancora una volta. Accendendo un sigaro dopo l’altro per calmare i nervi.

La sala d’aspetto della clinica di Mongledoy pareva un formicaio umano. D’altronde si trattava dell’unica struttura ospedaliera nel giro di migliaia di kilometri, dotata di una sofisticata apparecchiatura ad ultrasuoni, in grado di determinare il sesso del nascituro fin dai primissimi mesi di gestazione.

Perciò mi trovavo qui con mia moglie.

Ci aveva obbligati mio padre, succube com’è delle leggi non scritte del nostro villaggio, che privilegiano l’eredità del figlio maschio.

Sottoponevano da quasi due ore Masuri ai test illegali. E a breve il medico, la cui complicità aveva richiesto il pagamento di ben 500 rupie, mi avrebbe convocato per darmi la notizia: un figlio maschio equivaleva alla buona sorte, a un bacio beneaugurante in fronte. Era una promessa di salute e abbondanza, la cosa migliore che potesse accadere a un padre. Al contrario, una femmina a Tabù Nari era una disgrazia per tutta la famiglia. Una radice marcia da estirpare.

Da debellare sul nascere.

Finalmente il medico chiamò il mio nome, mi fece accomodare nel suo studio e cauto s’accertò d’aver chiuso la porta alle mie spalle, in modo che nulla di quella conversazione potesse uscire. Raggiunsi Masuri, stava seduta al lato opposto di una massiccia scrivania. Aveva il capo abbassato, chiusa in un silenzio rammaricato. Non alzò lo sguardo nemmeno quando le presi le mani tra le mie e gliele tenni strette.

«Con me sei al sicuro», le sussurrai per rassicurarla, anche se in fondo al mio cuore si agitava una tempesta.

L’espressione dipinta sul volto di mia moglie la diceva lunga sull’esito degli esami… E se mi sbagliavo? Avevo bisogno di sapere.

Un’urgenza disperata di sapere.

Il medico ci scrutò ambedue per qualche istante.

«Femmina. Mi dispiace, signor Pradesh». A quelle parole rabbrividii. L’uomo abbottonò un paio di bottoni del camice che teneva aperto sul petto, fissandomi con curiosità. Dopodiché non si fece scappare l’occasione di farmi una proposta, come se non potessi far altro che accettarla.

«Voi venite da Tabù Nari… Vista la situazione… con l’aggiunta di trecento rupie le posso prenotare l’aborto per la prossima settimana».

Non gli risposi. In quel momento pensai a mia madre. Chissà quante volte aveva vissuto una circostanza simile e quante lacrime amare aveva versato. Giunsi le mani al petto e mi congedai al medico cercando di non far trapelare alcuna emozione. Presi Masuri sottobraccio e insieme ci avviammo alla porta.

Nel tragitto di ritorno verso il villaggio, Masuri non parlava. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e mordicchiava le sue labbra torturandole.

Allungai una mano e le passai le dita tra i capelli. A quel contatto le sue guance s’inondarono di lacrime. La strinsi forte a me.

Mai sarei venuto meno alle promesse che ci eravamo scambiati. Aspettavo solo di ascoltare cosa desiderasse il suo cuore. Sono un “uomo”, e forse era proprio questo il guaio, per ciò Masuri stentava a parlarmi. Eppure sapevo di essere diverso dagli altri uomini di Tabù Nari, mia madre me lo aveva fatto notare nel giorno del nostro ultimo saluto, e soprattutto ero diverso da mio padre. Non volevo più essere un vigliacco! Era ora di dimostrarlo.

Il tuk tuk su cui viaggiavamo traballava lungo le strade dissestate. Masuri tremava tra le mie braccia. Tremava, ma di paura.

D’un tratto il tremore del suo corpo si placò, prese la mano con cui la accarezzavo e se la poggiò sul ventre. Poi annuendo col viso rischiarato da una nuova luce, mi chiese un giuramento.

Le giurai di dare un futuro a nostra figlia. Un futuro migliore di quello toccato a mia madre, toccato a tutte le donne nate e mai nate nella mia terra. Glielo giurai.

A mio padre raccontammo la bugia che voleva sentirsi dire.

«È un maschio!»

Preso dall’entusiasmo il mio vecchio rispolverò un turbante arancio vivo e lo indossò per i festeggiamenti. Bevve una tazza di bevanda liquorosa e mi obbligò a fare lo stesso, ad andare di capanna in capanna per dare la bella notizia.

«Un nuovo Pradesh» urlava. Avrebbe lavorato in bottega e ricevuto alla nascita il cofanetto con gli attrezzi da falegname come ogni Pradesh prima di lui: uno scalpello, un punteruolo, un martello e una pialla. Un mestiere grazie al quale il nostro nome si sarebbe tramandato nei secoli.

Lo osservavo con il terrore nel cuore, temendo a ragion veduta per mia moglie e mia figlia. Quella bugia aveva il tempo contato. Presto Masuri avrebbe dato alla luce una bambina. Dovevamo scappare. Fuggire dal villaggio. Le mie donne meritavano un’occasione grazie a cui anche la morte di mamma Bontasa sarebbe stata riscattata. Dovevamo fuggire. Fuggire dove la vergogna di mio padre e del mio popolo non ci avrebbe trovato. Ma dove?


Il racconto prosegue, cliccate sulle pagine qui sotto…
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Published on December 14, 2012 03:25

IL GUERRIERO DELLA LUCE di Alessio Scalia – Secondo Livello Adulti. Corso di Scrittura Online


IL GUERRIERO DELLA LUCE
di Alessio Scalia
Corso Adulti- Secondo Livello

Chi sono? Beh, è complicato. Posso dirvi che non avrei mai immaginato che per colpa di un cellulare magico e maledetto, mi sarei ritrovato sul letto di morte con qualche misero giorno da vivere, in condizioni atroci, condizioni che non augurerei al peggiore dei miei nemici.

Come ogni buona storia, inizio con il raccontarvi qualcosa di me.

Ogni mattina, al mio risveglio, mi guardo allo specchio. Ormai è diventata un’ossessione. Mi scruto attentamente il torace e le braccia, verifico l’altezza, e infine, salto sulla bilancia per controllare il peso. E rimango deluso. Nonostante m’ingozzi quasi fino a vomitare, resto magro come il telaio di una bicicletta e alto quanto un cucciolo di pinguino. Ma perché? Mi chiedo esasperato.

E poi… inizia l’incubo!

Indosso le mie felpe armate di cappuccio, inforco la bicicletta, mi copro il capo per nascondere la mia identità e vado a scuola. Intendiamoci, non è la scuola il problema. Con i libri e i compiti me la cavo benissimo. Sono molto intelligente; il primo della classe. Ma ogni volta che metto piede all’Istituto Archimede, dove frequento la terza media, mi arriva puntuale il batticuore. E allora come un topo impaurito striscio tra gli altri alunni.

Faccio tutto questo per sfuggire agli occhi del mio nemico: Tony Menansio. Tony mi perseguita. Tutte le volte che mi vede, gli cola una bava schiumosa dalla bocca, vorrebbe pestarmi a sangue.

Il fatto è che ho paura di battermi, una paura indescrivibile. Forse è per via del fisico gracile o del carattere pacato e pacifico che possiedo. Alcune notti sogno di essere un guerriero, uno che uccide, che sa maneggiare armi e spade. E soprattutto, un guerriero che trabocca potere da ogni poro della pelle. Ma appena salto giù dal letto e sto per affrontare la giornata, deluso mi rendo conto di essere un comune mortale.

Comunque, l’unica spiegazione plausibile dell’astio che Tony prova nei miei confronti, è che a entrambi piace l’incantevole Tania, la ragazza più carina della scuola. È per questo che lui vuole eliminarmi, credo.

Il mio desiderio più grande è andare al ballo di fine anno insieme a Tania. Ma quando mi ritrovo a parlare con lei, sento un groppo in gola e comincio a tremare. Mi piacerebbe farla sorridere con qualche battuta o sorprenderla con un gesto romantico, tipo scriverle una lettera anonima o invitarla in una pizzeria che porta il suo nome; e invece resto muto come un pesce congelato. Sono timido, che posso farci!

Come avrete già capito non sono un macho. Porto gli occhiali e amo i computer e i videogame. Insomma, il tipo di persona che non piace alle femminucce e che non si mette in mostra facendo lo spavaldo. Da grande voglio diventare inventore di giochi o programmatore di computer.

Tuttavia quella ragazza mi piace davvero. Sono un illuso! Come posso pensare che lei, la più incantevole della scuola si interessi a un marmocchio come me? E poi c’è Tony. Se sapesse che ho invitato Tania al ballo, non ci penserebbe due secondi ad accartocciarmi come un foglio di carta da buttare via.

A scuola, Tony se ne va in giro dicendo a tutti le peggiori cose di me: “Matteo Fugiotti è un verme e io lo schiaccerò al pavimento”, oppure, “Matteo Fugiotti è un fifone, striscia come uno scarafaggio quando mi vede”.

Penso che l’unico modo per farla finita con quest’incubo sia quello di diventare grande e grosso. Come vi ho detto prima, però, la strategia di ingozzarmi di cibo fino a vomitare ha fallito miseramente.

Non posso continuare a scappare come un coniglio. Mi piacerebbe che una mattina mi svegliassi già un uomo adulto. Perché tutto questo agli adulti non succede, giusto? Prendiamo per esempio mio fratello maggiore Silvio. Lui non scappa mai da nessuno. Lo trova ridicolo. Difatti lui di mi prende in giro perché a me succede, di scappare.

Quando torno da scuola dopo avere scampato il pericolo Tony, Silvio si avvicina a me, si accorge che ansimo e che ho il viso pallido, e piuttosto che aiutarmi, mi deride. Incredibile! Avrei preferito un fratello più protettivo, pronto a difendermi, invece lui si diverte.

“Qualcuno ti ha tallonato e sei fuggito come un perdente, vero?” ipotizza, ghignando disgustato. “Quand’è che impari a combattere da vero uomo? Cacasotto!” conclude Silvio mostrandomi i muscoli possenti delle sue braccia, con una smorfia indignata stampata sul volto.

All’età di sei anni, assistetti a un litigio di Silvio. Si prendeva a mazzate con un ragazzo più massiccio di lui. Poi, a un tratto, il naso di mio fratello cominciò a sanguinare: l’altro gli aveva mollato una capocciata da brivido al setto nasale. Forse è proprio per colpa di questa cosa se tremo davanti alla violenza. Mi ha fatto rendere conto che fare a pugni è doloroso.

Quando Silvio fa un po’ troppo lo spaccone con me gli ricordo l’accaduto, per farlo tornare con i piedi per terra. Lui, offeso, solleva i pugni e si prepara a colpirmi. Finisce che gliele suono di santa ragione… al videogame, ovvio. Con i muscoli che ha Silvio non potrei mai sognarmi di sfiorarlo.

Io vorrei frequentare la palestra come fa lui. Mamma dice che a tredici anni sono troppo piccolo per sollevare pesi, potrei rimanere basso come sono e questo nemmeno a me sta bene.

Mamma ha rifiutato persino di iscrivermi a Karate o pugilato. Teme che mi faccia male. Secondo mamma sono un genio, e non devo sprecare il mio tempo in simili sciocchezze. Dice che da grande avrò successo perché riesco a fare cose straordinarie con cellulari e computer.

Adoro quando dice queste cose! Mi fa sentire davvero speciale!

Spesso, però, ho come la sensazione che sia rimasta male per non aver avuto una figlia femmina e cerchi di trattarmi come tale. È da quand’ero piccolo che mi ripete di essere un tipo sensibile, pacifico e gentile e fa di tutto per far si che mi comporti a quel modo. No che sia sbagliato, ma troppe volte mi ha negato regali come pistole, fionde o armi giocattolo. Per tutta la mia infanzia mi sono sentito soffocato. E adesso che sono un adolescente, lei insiste con quell’atteggiamento. Questo mi da fastidio. Perché continua a trattarmi così? Non sono una femminuccia!

Ultimamente abbiamo litigato tanto, troppo. Sembra che non ci sia più modo per andare d’accordo.

Alla fine, comunque la mamma ha deciso di iscrivermi in piscina. Speriamo che il nuoto mi faccia diventare alto e forte come papà. Mio padre è la copia esatta di Silvio, anzi, Silvio è la copia esatta di mio padre. Entrambi sono convinti che i veri uomini affrontano i problemi a muso duro. A ora di pranzo, per colpa loro, sono costretto a sorbirmi alla televisione ore e ore di spietato Wrestling, ed è in quel momento che inorridito immagino di finire sotto le mani del mio nemico. Vorrei essere come loro, ma non ci riesco.

Papà mi ha raccontato che una volta sono stato molto coraggioso. Io quel giorno lo ricordo solo a frammenti.

Ero al circo con i miei, avevo circa sette anni e tenevo in mano un laser rosso. Adoro le luci, e quel laser lo porto sempre con me da quando sono nato. Non so perché, ma non me ne distacco mai. La grande D dorata, stampata sull’impugnatura mi è sempre piaciuta un sacco.

Ma torniamo al racconto del circo. Sotto gli occhi vigili della mamma, scesi la gradinata e andai a comprare un batuffolo di zucchero filato. Di colpo, una tigre sfuggì al domatore e ringhiò in modo spaventoso davanti alla mia faccia. Tentò di azzannarmi. Un secondo dopo il felino crollò a terra con una ferita profonda inflitta da una lama affilatissima. Tra il pubblico c’era chi sosteneva che fossi stato io a compiere l’omicidio, con il laser, che si era trasformato improvvisamente in una spada luminosa.

Ma naturalmente nessuno crebbe a questa ipotesi assurda. La polizia non trovò nessun arma. Per giorni l’ispettore esaminò con estrema attenzione il mio oggettino preferito, senza riscontrare nulla di insolito. Io, come i miei genitori, sono convinto di essere stato salvato da qualcuno che poi ha avuto timore di rivelare la sua identità. Perché come vi ho detto, sono sempre stato un po’ codardo, e non credo affatto di aver trafitto una tigre.

In fondo è vero, sono più simile alla mamma. Tutti e due adoriamo pizza con funghi e patatine, ne ingeriamo tonnellate. A Meganvill, la grande città dove abito da quando sono nato, sfornano la migliore pizza del mondo. Le strade sono sempre affollate, negozi e locali gremiti di persone, anche di notte. Un bel luogo per un ragazzo della mia età.

Tuttavia sono giunto alla conclusione che è molto meglio essere adulti. Partiamo dal presupposto che un adulto non potrebbe mai aver paura di Tony. E non se la farebbe sotto a invitare una ragazza bellissima al ballo di fine anno.

Gli adulti si recano a lavoro con le auto, nessuno gli da ordini, possono rincasare tardi e, quando commettono degli errori, si assumono semplicemente la responsabilità e vanno avanti, senza che qualcuno li punisca o li obblighi a restare chiusi in camera.

Nessuno può comprendere cosa provo.

L’unico che sembra capirmi è Filo, il mio piccolo gatto. Mi osserva spesso con i suoi occhi penetranti ed è come se mi dicesse: “Ti prego, Matteo, restiamo in casa. Ho paura di tutti quei cagnacci che gironzolano la fuori”.

È un fifone come il padrone.

Eppure, stranezze della vita, nella mia famiglia qualcuno vorrebbe essere proprio come me e imitarmi in tutto. Parlo di Pierdavide, mio fratello minore. Ci divertiamo insieme e andiamo d’accordo. Però è troppo piccolo per aiutarmi ad affrontare i problemi che mi assillano e allora preferisco non confidarmi con lui. In realtà, quello di cui ho bisogno è un vero amico.

Ultimamente sono riuscito a fare amicizia con Lucas, un ragazzo più grande di me. Non so come l’ho convinto a frequentarmi, siamo così diversi! Il fatto è che mi piacerebbe essere deciso e fico come lui. Lo ammiro!

Chissà se Lucas darebbe una bella lezione a quel bullo di Tony, ponendo fine al mio incubo. Così finalmente andrei a scuola senza preoccupazioni e potrei avvicinarmi a Tania, indisturbato.

Tania. Quant’è carina! L’ho pensato dal primo momento che l’ho vista. È stato un incontro del tutto casuale e anche se sono trascorsi dieci mesi lo ricordo perfettamente…


Il racconto prosegue, cliccate sulle pagine qui sotto…
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Published on December 14, 2012 03:14

December 10, 2012

Miracolo in una notte d’inverno di Marko Leino

Miracolo in una notte d’inverno.

La storia del bambino che diventerà il leggendario «Uomo del Natale»

di Leino Marko

Editore Feltrinelli

pag 272

€ 14.00


Pochi giorni prima di Natale, Nikolas, cinque anni, perde i genitori e la sorellina Ada in un incidente in mare. La gente del vicino villaggio di pescatori vorrebbe aiutarlo, ma nessuna famiglia si può permettere di adottarlo, così si decide che Nikolas passerà un anno presso ciascuna casa del paese. Il bambino, inizialmente chiuso in un lutto apparentemente inconsolabile, si apre sempre più al calore e all’affetto delle persone che lo accolgono, con le quali nascono legami indissolubili. Nikolas ha perso la propria famiglia ma è diventato il figlio di una comunità intera, verso la quale sente un amore profondo. A tredici anni si trasferisce a vivere dal vecchio Isak, in quella che d’ora in poi sarà per sempre la sua casa: la capanna del falegname ospita un meraviglioso laboratorio dove il ragazzino può assecondare il proprio talento nell’intagliare il legno. I giocattoli di legno creati da Nikolas suscitano in chi li riceve una tale gioia che il ragazzo si ripromette di regalarli ai bambini del villaggio tutti gli anni, a Natale. Quando nel paesino nasce una nuova bambina, cui viene dato nome Ada, tra lei e Nikolas, ormai uomo, s’instaura un rapporto speciale: solo lei conosce la vera identità del leggendario “Uomo del Natale” che ogni anno distribuisce di nascosto regali a tutta la comunità, ed è grazie a lei che Nikolas abbandona il dolore al passato per dedicarsi alla gioia di tutti i bambini.


Età di lettura: da 9 anni.

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Published on December 10, 2012 04:12

December 5, 2012

Babbo Natale e il furto dei regali

Babbo Natale e il furto dei regali

Claudio Comini

Editore: Fanucci

Pag 120

€ 7.90


Babbo Natale è nei guai e rischia di non riuscire a consegnare i regali. È stato arrestato per eccesso di velocità mentre sorvolava i cieli del Messico

con la sua slitta. Lo aiutano a risolvere la faccenda degli amici improbabili e soprattutto un’amica-nemica molto particolare: la strega Orabella Fubrutta.

Il piano per salvare la consegna dei regali di Natale prevede il rischiosissimo coinvolgimento di un’altra vecchia conoscenza di Babbo Natale: il terribile Wolfango detto Babbo Mortale. È proprio di lui e della sua temibile armata Anti-Natale che Orabella cercherà di servirsi per portare a termine la consegna dei regali. Ma il suo piano andrà a buon fine? E Babbo Natale sarà liberato in tempo per consegnare tutti i regali?

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Published on December 05, 2012 02:55

Moony in TOUR: aggiornamenti



Alcuni aggiornamenti sugli ultimi due appuntamenti di Moony:


Giovedì 6 dicembre – ore 14,30 (non più alle 17.30) – Centro Commerciale Coop di San Donà di Piave

Incontro con i lettori



 


Mentre è cancellato l’appuntamento di Venerdì 7 dicembre – Ore 10 presso Libreria Feltrinelli di Mestre.


A presto con nuovi incontri!

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Published on December 05, 2012 02:49

November 22, 2012

La Vera Storia di Una Fairchild di Marissa Burt

La vera storia di Una Fairchild

Marissa Burt

Editrice Fanucci

Pagine 304

Prezzo € 14,50


Può un libro regalarti un viaggio nel mondo della fantasia, dove tu sei l’unica protagonista e puoi scriverne la storia?

Entra nel meraviglioso mondo di Una Fairchild tra mille pericoli e tante avventure… Nel paese di Story, i ragazzi vanno a scuola per imparare a diventare personaggi: l’Eroe perfetto, il fedele Aiutante, oppure il peggiore dei Cattivi. Fanno lezione su Ricerca Sperimentale all’Aperto, mentre gli adulti cercano lavori come personaggi in storie scritte proprio per loro. La dodicenne Una Fairchild si è sempre sentita invisibile. Ma tutto cambia quando incappa in un libro misterioso, seppellito nello scantinato della biblioteca scolastica, apre la copertina e improvvisamente si ritrova nella magica terra di Story. Ma la Storia non è una fiaba perfetta. Peter, il nuovo amico di Una, la mette in guardia contro il pericolo che potrebbe affrontare se qualcuno scoprisse la sua vera identità. L’ambiguo Custode delle Storie controlla ogni sua mossa. E si bisbiglia di un terribile segreto al quale forse lei appartiene…

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Published on November 22, 2012 03:51

November 19, 2012

LA CASA DEI MISTERI di Letizia Pagani – Primo Livello Bambini. Corso di Scrittura Online

LA CASA DEI MISTERI di Letizia Pagani

Primo Livello Bambini. Corso di Scrittura Online

Tutti sanno che in quella casa nulla è normale.

E’una casa di montagna.

Si trova in un prato, lontano qualche kilometro dal paesino lì accanto, a duemila metri di quota sul Monte Bianco.

La casa, più che una semplice baita, è una villa.

Disabitata da più di trent’anni.

Si dice che fosse abitata da una famiglia, i Cutloff, che aveva due figli, un maschio e una femmina, ma un giorno, si racconta, che essi scomparvero. C’è chi sostiene che in giardino ci siano i cani maledetti, cani con gli occhi rossi, guardiani della dimora che si cibano di carne umana.

Invece alcuni sostengono che dentro, non ci sono i fantasmi, ma gli zombie.

Nessuno sa com’è però all’interno.

Si dice in giro, che, una notte, il vecchio Smilt, passasse davanti alla villa.

Diceva di aver visto uno dei cani maledetti e sentito delle urla raccapriccianti provenire dall’abitazione.

Ma nessuno sa se è vero ciò che dice, visto che è sempre ubriaco fradicio.


Io e i miei migliori amici Sofia, Emily, Simone e Gaia, andiamo a scuola lì vicino.

Una mattina, Simone, ci raggiunge correndo nel cortile della scuola.

<< Letizia, Sofia, Emily, Gaia! Ho saputo che il signor Smilt, è scmoparso nella vecchia casa, sapete, la villa abbandonata! >> Dice emozionato e trafelato.

<< Vuol dire che ci è entrato. Quell’uomo non ci sta con la testa! >> Risponde Emily.

<< E perché non è tornato? >> Domanda Simone

<< Te l’ho già detto, non ci sta con la testa! Molto probabilmente è rimasto dentro perché non capisce più nulla, o magari dentro ci si perde all’iistante. E poi, secondo me dovrebbe farcela ad uscire. Se rimane tanto dentro e senza vino, dovrebbe diventare sobrio, no? >> Ribatte Emily.

<< Ma quella casa è infestata! Ovvio che non ne esce! Ci sono gli zombie e i cani e… >> Dice Gaia sistemandosi i capelli rossi.

<< Ma dai Gaia! Non dirmi che credi a queste feserie! >> Esclama Sofia.

<< Ma… >> Cerca di ribattere la mia amica dai rossi capelli, ma io la interrompo : << Io invece non ci credo, però mi piacerebbe vederla all’interno. Chissà com’è! >> Dico emozionata.

Simone, che ha una fissazione per le cimici dice una battuta che non ci stupisce afatto, ma che irrita Gaia.

<< Là dentro ci sarà pieno di cimici! >>

<< Basta Simone con queste cimici! Secondo me ci sono i ragni! Dai, basta davvero con le cimici! >>

Simone la prende in giro : << Servizio in abbonamento, per disinfestazione cimici, rivolgersi a Simone Pinasco! >>

<< Stupido! >> Dice Gaia e gli dà uno schiaffo sulla spalla.

Io, Emily e Sofia ci mettiamo a ridere, poi dico : << Allora, dopo la scuola, andiamo nella villa, ok? >>

<< No, andiamoci di sera, ci sarà più adrenalina! E… forse più cimici! O cavolo, di sera non ci sono cimici! >> Esclama Simone.

Però finiamo col metterci d’accordo per andare nella casa al buio.

Verso le otto, ci incontriamo dietro alla villa, non volgliamo che ci vedano.

<< Dai andiamo! >> Eclama Emily entusiasta.

Gaia la afferra per un braccio.

<< Io ho p-paura… >> Balbetta.

<< Gaia, tu hai paura anche se ti vengono i capelli ondulati! >> Esclama nuovamente Emily, liberandosi dalla sua stretta.

Ma lei non vuole muoversi così io e Simone siamo costretti a tirarla.

<< Soffi, che hai nello zaino? >> Domando a Sofia.

<< Cinque torce, qualche panino col salame e con il formggio, un coltello per scassare le serrature e… e basta >> Dice con un sorriso, o così mi sembra.

Etriamo nel giardino della villa.

E’ molto buio e non vediamo più nulla.

<< Che strano, da quando siamo entrati qui è tutto più buio… Soffi, le torce? >> Dico io.

Sofia porge una torcia a ciascuno e ci addentriamo in quella giungla di alberi non potati ed erbacce alte almeno un metro e mezzo .

<< D-dai r-raga torniamo i-indiet-tro… >> Balbetta Gaia illuminandosi di continuo dietro le spalle.

<< Basta Gaia! >> Esclamiamo .

All’improvviso, dietro di noi sentiamo un fruscio.

Ci voltiamo.

Nulla. Ma che dico nulla! Qualche secondo dopo che ci siamo voltati, le piante spinose iniziano a chiudersi, finchè non ci imprigionano in quella radura.

Come avremmo fatto a tornare intietro?

Indietreggiamo di qualche passo, ma andiamo a sbattere contro qualcosa di peloso e…

Emily urla << Un cane maledettoooo! Scappiamo, svelti svelti! >>

Non ce lo facciamo ripetere e scappiamo.

Urliamo terrorizzati e sentiamo che altri quattro cani ci rincorrono, o meglio, li vediamo.

<< Raga! Nascondiamoci! >> Strillò Simone.

<< Per di là, per di là! >> Urla Sofia e ci dirigiamo tutti e cinque verso una porta della casa e ci andiamo a sbattere.

<< E’ chiusa! >> Urla Gaia.

<< Sofia,il coltello, svelta! >> Dice Emily.

Soffi estrae il coltello, I cani sono a cinque metri da noi.

Quando stanno per addentarci, entriamo e ci chiudiamo la porta alle spalle.

I cani maledetti, ululano al di là della nostra protezione.

Siamo tutti sudati, asimiamo e ci guardiamo.

Gaia, che ha paura dei cani, è pietrificata dal terrore ed è anche pallidissima.

Non l’abbaimo mai vista così pallida.

Quando ci riprendiamo ci guardiamo intorno.

Siamo dentro la villa.

<< Wow… è enorme! >> Esclama Simone.

La sua voce rimbomba nella casa.

Il pavimento è polverosissimo e di cemento grigio scrostato.

Ci troviamo nell’ingresso.

C’è un vecchio tavolino, divorato dalle tarme e davanti a noi, un tappeto scolorito e umido.

Dal tetto scendono gocce d’acqua.

Ci alziamo.

<< Questa casa è stata costruita trent’anni fa, nel 1982 >> Dice Sofia guardandosi intorno.

Io e Emily ci avviciniamo alla parete e vediamo un quadro.

E’ una foto, non un dipinto.

<< Ehi, venite a vedere >>

Sofia ci raggiunge subito e poi arriva Simone che si trascina dietro la Gaia.

<< E’ una foto, cosa c’entra? >> Chiede Simo.

La foto ritraeva due bambini, un maschi e una femmina con i genitori, davanti alla villa, molto diversa da ora.

Il muro, non era scrostato e consumato, il giardino era ben tenuto e quel luogo sembrava pieno di felicità.

<< Questi dovrebbero essere i vecchi abitanti della villa… ehi guardate! 18 ottobre 1988. >> Dice Sofia.

<< Questa foto è stata scattata un giorno prima che la famiglia scomparisse… >>

<< Sono scomparsi il 19 ottobre 1988?! >> Esclama Gaia sbigottita,che a quanto pare , si sente meglio.

Nessuno di noi, a parte Sofia sapeva la data di sparizione della famiglia.

<< Come lo sapevi? >> Domando io.

<< Bhe, se vai in bilblioteca e cerchi nello scaffale “ storia”, dovresti trovare il libro “STORIA DELLA VILLA DEL PRATO”. >> Risponde.

<< Saliamo al piano di sopra? Voglio vedee la cucina, il salotto, le camere da letto e… la soffitta >> Dice Emily. Si è stufata di guardare la foto, anche se è interessante.

Camminiamo sul pavimento di legno macio che è davanti alle scale e scricchiola ad ogni nostro passo.

<< Se la ristrutturassero, sarebbe proprio una bella casa… >> Commenta Emily.

<< Sì, con i cani maledetti in giardino… >> Mormora Gaia dinuovo impallidendo…


Saliamo una scala con un pavimento di cemento e un tappeto umido e a brandelli.

Chissà perché era in quello stato? Dopotto, le cose, se sono ridotte così, vuol dire che è stato quallcuno. O qualcosa…

Arriviamo nella sala da pranzo.

C’è l’ennesimo tappeto scolorito, che ricopre il pavimento di tutta la stanza.

Ci sono delle enormi finestre.

Alcune con i vetri rotti, alcune, quasi integre, ma lerce.

<< Ma come mai quei vetri sono rotti in quel modo? >> Domando.

Gli altri alzano le spalle.

<< Magari una cimice super forzuta ha rotto i vetri per entrare a pulire quelle tende lerce, ma senza riuscire nel suo intento e così le ha brandellate! >> Scherza Simone. E’ strano. Grazie a lui, stiamo dimenticando lo spavento dei cani maledetti.

Una cosa però è certa. I cani maledetti esistono.

<< Basta Simone! Sono stufa delle tue cimici, delle tue battute, della tua voce, della tua faccia, non ti voglio più vedere! >> Urla Gaia co tutto il fiato che ha.

E’ irritata. Ma perché?

<< Io voglio andarmene! >> Strilla.

Ad un certo punto, la sua voce, rimbomba nella casa, ma con parole scombussolate : << Simone (one one ) non ti voglio più vedere!! (Ere ere) >>

Poi le nostre torce si spengono.

Mi stringo a Simone e le ragazze si stringono a me.

Dopo un po’, mi sento mancare l’appiglio.

Urlo << Simone! >> E le nostre torce si riaccendono.

Simone è scomparso.

Per me è un colpo allo stomaco.

Guardo Gaia con occhi di fuoco.

<< Dov’è?!?! Lui, dov’è?! >> Le urlo.

<< Non lo so! >> Mi dice lei.

<< Dai, cerchiamolo, questa casa la odio, me ne voglio andare! >> Mormora Gaia.

Entriamo in cucina.

C’è soltanto un vecchio lavello, ma davanti a quello, una sagoma…

<< Simone… sei tu? >> Chiede Emily timorosa.

In effetti sarebbe lui ma…

<< E’ diventato uno zombie! >> Urliamo insieme.

Infatti è così.

Guance scavate, orbite vuote, i suoi occhi marroni sono scomparsi!

Anche i suoi bei capelli biondi! E’ solo rimsto qualche pelucco.

Emana anche una puzza di cane bagnato e carne putrida.

I suoi vestiti sono a brandelli e ammuffiti.

Tende le braccia in avanti e inizia a camminare lentamete verso di noi.

Rimaniamo pietrificate.

<< Cosa… ho… fatto… >> Sussurra Gaia.

Io apro la bocca e urloo con tutto il fiato che ho in gola solo una vocale e una consonante << Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhh!>>

Poi indietreggio e scappo come furia.

Emily mi imita e anche Sofia.

Scappiamoo via e saliamo delle scale, ancora di cemento con un tappeto scolorito.

Saliamo, percorriamo un altro corridoio di legno marcio, apriamo una porta, ci scaraventiamo dentro e la teniamo chiusa con il nostro corpo, ma poi Sofia prende molte vecchie sedie e blocchiamomo la porta co quelle.

<< State tutte bene? >> Domanda Emily.

<< Sì >> Rispondiamo io e Sofia in coro.

Io infine esclamo << Un momento… dov’è Gaia?!?!?!? >>

E’rimasta con Simone zombie!

E noi siamo intrappolate in una stanza,

con il pavimento sempre di legno marcio, con le mura con carte da parati a brandelli e una specie di scrivania con sopra un tessuto vecchio, cucito all’uncinetto.

Puntiamo la torcia verso il letto, o meglio un materasso a buchi con una ringhiera di metallo arruginita.

Sentiamo dei passi in corridoio, passi frettolosi.

<< Ragazze! Sono Gaia aprite! >> Ma la sua voce è totalmente diversa e capiamo subito che non è Gaia.

Ci nascondiamo sotto la scrivania metre, chiunque fosse, sfascia la porta con… un osso appuntito.

Dentro la stanza entra un enorme scheletro.

<< E’ Gaia! >> Sussurra Sofia.

Siamo messi davvero male.

Simone è uno zombie e Gaia è uno scheletro ambulante.

Io e le mie amiche ci gurdiamo spaventate, mentre spegniamo le torce e ci accucciamo in un angolino buio della scrivania, ma lo scheletro avverte il nostro movimento.

<< Ciao,Sofia! >> Dice lo scheletro.

Lei urla e poi… scompare.

Anche io e Emily urliamo, e le orbite di quell’ammasso di ossa si girano verso di noi.

Gli tiriamo un calcio.

<< Scusami, Gaia >> Dico e poi scappiamo, lasciando la nostra vecchia amica con le ossa sparse per la stanza.

Io e la mia amica ci ritroviamo ancora a correre in quel corridoio.

Ad un certo punto, saliamo altre scale, solo che sono anche quelle di legno marcio, svoltiamo a destra, entriamo in una specie di sala delle feste.

Sembra la sala da pranzo di un castello medievale.

Le mura sono grigie, di mattoni e anche il paviento. Al centro della stanza c’è un enorme tavolone, con sopra un vecchio candelabro d’argento pieno di ragnatele.

L’ennesimo tappeto scolorito e bagnato, è al centro della stanza.

Appena io e Emily ci saliamo sopra, ne esce un liquido rosso.

<< E’… E’ sangue! >> Mormora Emily sobbalzando.

<< Ma… ma di chi? >> Domando.

<< Di tutti coloro che vivevano qui >> Dice una voce alle nostre spalle.

Ci voltiamo.

Dietro di noi ci sono quattro zombie!

<< AHH! >> Strillliamo.

<< No, non dovete avere paura. Noi siamo buoni. Siamo la famiglia scomparsa nel 19 ottobre 1988 >> Dice lo zombie che sembra un uomo.

<< Che?! >> Esclamiamo noi stupitissime, spaventate e confuse.

<< Bhe, scommetto che sapete che la casa è stata costruita nel ’92, ma non da noi. L’ha costruita il mio nonno, Jerry Cutlof. Solo che nel ’93 lui scomparve qui e noi venimmo qui a vivere. Una sera, trovammo mio nonno. Era uno zombie. E’ stato lui a tramutarci così. Questa casa è maledetta, tutti la chiamano “ La casa dei misteri” . Se uno viene ad abitare qui, non so come, diventa uno zombie o qualcos’altro. Per liberare noi e i vostri amici da questa maledizione, dovete trovare il mattone DELLA MORTE, che ha dato origine alla maledizione. Si trova o in soffitta o in cantina. Ma state attente, giorni fa, è entrato un signore anziano qui ed è uno scheletro pure lui, poi c’è lo zombie di mio nonno e del vostro amico. >> Dice lo zombie donna.

<< Il signore anziano è il vecchi Smit. E’ sempre ubriaco, non dev’essere molto pericoloso >> Dice Emily.

<< No! Invece è il più pericoloso! Gli altri ti tramutano in zombie o altro, ma lui potrebbe ucciderti! >> Dice lo zombie bambino.

<< Grazie, signori Cutlof. Potreste dirci dov’è la soffitta? >> Chiedo.

<< Dovete salie un altro piano di scale e per la cantina scenete all’ingresso e prendete il corridoio a snistra, quello tutto buio >> dice lo zombie bambina.


Noi ringraziamo e saliamo con cautela…

<> Chiedo.

<< No, ma se gli zombie dicono che c’è, vuol dire che è vero! Spero…>>

Arrivamo alla soffitta, una porticina nel muro di mattoni.

L’apriamo ed entriamo.

Dentro c’è un muccchio di roba ammassata da tutte le parti.

Il tetto è pieno zeppo di ragnatele, e anche gli angoli ne sono pieni.

La luce della luna penetra fiocamente da uan finestrella.

Tutto è di legno, apparte il muro che è di mattoni, ma al contrario di tutto il resto della casa, lì si muore di caldo.

La porta si sbarra alle nostre spalle.

<< E ora come usciamo? >> Domanda Emily.

<< Tranquilla, è solo una porta chiusa, anche se si muore di caldo >> Rispondo.

Ma all’improvviso, dietro una montagna di vecchi giochi, una sagoma.

La sagoma si muove furtivamente al buio.

Noi indietreggiamo.

La sagoma si piazza davanti alla luce della luna.

<< Signor Smit! >> Esclamiamo.

Lo scheletro del vecchio Smilt borbotta << Ah ah, ragazzine, ah ah, ora morite qui di caldo, ah ah! >> poi fa una lunga risata sonora che lascia intravedere una bocca sdentata.

Infine scompare.

La porta però quindi è davvero chiusa!

<< Leti! Stiamo per morire! >> Mormora Emily.

<< Cavolo! Se almeno avessimo lo zaino di Sofia! Dai, cerchiamo il mattone, almeno forse se lo troviamo riusciamo a non morire o a diventare qualcos’altro! >> Esclamo

<< E come troviamo quello giusto? Non siamo mica Indiana Jones noi! >>

<< Penso che se lo schiacci succeda qualcosa! >> Dico finendo il discorso e, affannate, agitate e molto accaltate, ci mettiamo a tastare il muro.

Ma dopo molto tempo, dico << Mi sa che qui non c’è >>.

<< E come ci andiamo in cantina? Qui il legno non è marcio come giù! >>

<< Vabbè! Gettiamoci contro la porta! Uno, due, tre! >> Urlo decisa e ci buttiamo addosso alla porta nella speranza che si apra, ma scricchiola solo.

Il caldo ci ha ormai stremate.

<< Aiutateci, signori Cutlof! >> Strilla Emily.

All’improvviso, il caldo cessa e la porta si apre.

<< Grazie… >> Mormoro.

Ci alziamo e il fresco del resto della casa ci arriva.

Sospiriamo ed usciamo dalla soffitta.

Scendiamo di nuovo, ma quando arriviamo dal piano della sla a pranzo, troviamo gli zombie Simone, l’ anzianissimo signor Cutlof e… Sofia.

E’ vero! Non ci abbiamo pensato! Anche Sofia!

<< Ora, diventerete come noi! >> Urlano gli zombie.

Io addocchio dietro di loro lo zaino di Sofia.

Era marcio, ma il coltello, anche se arruginito, poteva esserci utile.

<< Emily dobbiamo prendere lo zaino >> Le sussurro.

Lei annuisce.

Si sistema i capelli castani in una coda e urla << Ehi! Brutti zombie! Venite a prenderci! >>

Loro si dirigono verso di noi.

Lei tira pugni o caqlci, ma quando li tramortisce e sono stesi per terra e io corro a prendere il coltello, anche lei diventa uno zombie.

Mi giro.

<< No, Emily! Anche tu! >> Dico mordendomi il labbro.

Afferro il coltello e glielo affondo nel cranio.

<< Mi dispiace… >>

Lei urla e i suoi lamenti sono raccapriccianti.

Scendo di corsa all’ingresso.

Mi guardo in torno alla ricerca del corridoio.

Una corente fredda mi fa rabbrividire.

Il vento viene da destra.

Ecco il corridoio!

Punto la torcia davanti a me e mi addentro in quel luogo tenebroso…

Cammino per una buona mezzora, finchè non arrivo davanti alla porta della cantina.

<< Preparati Leti. Ti resta solo lo scheletro di Gaia. >> Mi sussurro.

Faccio un lugno respiro ed entro, stringendo così forte il coltello, da farmi male alla mano, ma mi trovo davanti a gaia, che cerca di toccarmi per farmi diventare com lei.

Urlo, ma la scanso e le do un colpo con il coltello alle ossa del braccio che vola nel corridoio.

Lo scheletro urla di dolore.

Mi guarda con le sue orbite vuote.

<< Gaia! E’ solo per il tuo bene…>> Dico, e le ficco il coltello dove avrebbe dovuto essere il cuore.

Cade a terra e rimane immobile, ma sento arrivare lo scheletro del signor Smilt.

E’ vero! Lui non era stato attaccato!

Ma mi mancano le forze.

Spengo la torcia e mi nascndo nel buio.

Tasto il muro di mattoni nell’ombra, stanto attenta allo scheletro che mi cerca.

Tremo.

Non so se per la paura, o per il fredo ce c’è lì.

All’improvviso, tocco un mattone bollente e mi scotto il dito.

<< Ahi! >> Esclamo ma mi tappo la bocca.

Smilt si gira verso di me e lo sento avanzare.

Non importa se brucia.

Spingo il mattone bollente con tutte le ie forze.

All’improvviso, le luci della asa si accendono e urla raccapriccianti invadono l’abitazione.

Gaia torna umana e anhe tutti iei amici che compaiono davanti a me.

Ci abbraccimo.

Poi i membri della famiglia Cutloff si trasformano in fantasmi e ci dicono << Grazie.. Ci avete salvati. >>

Il padre del signor Cutlof ci si avvicina << Scusate per ciò che vi ho fatto>>.

Noi sorridiamo e il signor Smilt, che non è tornato umano si scusa.

<< Ma perché tu non sei umano e tutti voi siete fantasmi? >> Domanda Gaia.

<< Perché, prima eravamo maledetti. Smilt è morto qui e quindi era così. Ora, grazie a voi, potremo passare oltre, nel paradiso >> Dice la signora Cutlof.

<< Guardate! >> Urla Sofia.

Una luce invade tutta la stanza e i fantasmi scompaiono e tutta la casa sussurra << Grazie a voi siamo liberi… >>.

La luce ci prende e noi ci solleviamo da terra.

Voliamo.

Usciamo e fuori è giorno.

I cani maledetti sono scomparsi e la casa torna magnifica

Sembra ristrutturata!

Chiudiamo gli occhi e Simone mi prende la mano.

Arrossisco.

Quando riapriamo gli occhi siamo sul prato.

<< Wow, non posso crederci! Noi abbiamo salvato… >> Dice Sofia.

<< Noi abbiamo salvato della gente morta! >> Esclama Emily.

<< Ma perché sono stato trasformato in uno zombie e non in una cimice?>>

<< Basta! >> Esclamiamo tutti.


Ridiamo.

Ma un pensiero ci attraversa la mente : cosa avremmo detto ai nostri genitori? …

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Published on November 19, 2012 10:28

Ossidea 2. La guerra dei giganti di Tim Bruno

La guerra dei giganti

Tim Bruno

www.ossidea.com


Ed. Salani

Pag. 288

€ 14.90


Sbalzato fuori dal suo letto e dal suo mondo, il giovane David Dream si ritrova in un regno sconosciuto con una missione disperata da portare a termine: raggiungere la Città del Cielo e salvare il regno degli elfi dal sanguinario esercitò di Kahòs. Il lungo viaggio ha inizio e David, dopo aver attraversato la selvaggia Terra di Arcon, abitata da popoli misteriosi, giunge finalmente a Etheria e scopre che le armate del Signore Oscuro minacciano il meraviglioso regno di Ossidea. Il ragazzo vola sul dorso del cigno Galanthòr alla volta di Gorbila, la città sul mare, per convincere re Nagòr a traghettare i soldati di Roc’Oore fino alle sponde occidentali; ma un’antica inimicizia tra giganti e gurblù rende incerto l’esito della missione. Riuscirà david Dream a condurre l’esercito degli uri alla Grande Radura e a spezzare l’assedio di Kahòs prima che Etheria cada?

Età di lettura: da 9 anni.

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Published on November 19, 2012 03:11

November 13, 2012

Intervista su Librillando: scintille di lettura



La Libreria del Centro, organizzatrice dell’incontro del’9 novembre presso l’istituto Berna di Mestre, intervista Moony  sul blog Librillando per parlare di scrittura, lettura e fantasia.


Gentilissima Roberta,

le scrivo per ringraziarla ancora per il bellissimo incontro che ci ha dato modo di organizzare presso la scuola Berna. E’ stato bello per i ragazzi ma anche per noi!

Approfitto della sua gentilezza per proporle un’intervista che poi noi pubblicheremo nel nostro blog librillando.


Rispondo con piacere e spero di rivedervi presto.

Moony


1.Ci racconti un po’ del suo approccio al mondo della scrittura, quando e perché ha iniziato a scrivere?

Ho iniziato a capire l’importanza della scrittura attraverso il dolore. Un dolore che ho sopportato durante l’infanzia e che mi ha fatto maturare percorrendo un sentiero tortuoso e buio. Se i colori che usavo per esprimer il disagio le parole scritte sono state illuminanti e liberatorie. Crescendo, maturando, studiando intensamente testi di filosofia ho capito che scrivere era vivere. Vivere i pensieri e portarli alla luce degli occhi degli altri. Ci sono voluti molti anni prima di veder in concreto la mia fantasia realizzarsi concretamente. Ho scritto il primo romanzo a superati i quarant’anni.


Il resto dell’intervista sul blog QUI

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Published on November 13, 2012 06:38

Intervista su Inchiostro Bianco: progetto Libri & Film

Sul blog Inchiostro Bianco, Moony viene intervistata sulle sue preferenze in fatto di film e libri. Leggete un pezzo dell’intervista qui di seguito e la restante sul blog stesso…


Qual è il film tratto da un libro che più ha odiato e quale quello che più ha apprezzato? In entrambi i casi, per quale motivo?

Il più amato è senza alcun dubbio La storia infinta il magico film del regista Wolgan Petersen ispirato al magnifico romanzo di Michael Ende. Prima di tutto il film non ha “tradito” o distorto la storia come spesso accade nelle trasposizioni cinematografiche. Anzi. Sceneggiatura, effetti speciali e recitazione danno il senso completo del senso della libertà e della fantasia. E senza fantasia non ci sarebbe neppure il mondo reale.

Riguardo al film che non ho apprezzato devo dire che non posso citare solo un titolo, diciamo che non amo per niente tutto il filone dei “cinepanettoni”. Li trovo stupidi, inutili e offensivi. Fare cinema è fare arte. E non trovo nulla di artistico i questo filone dove la trama è praticamente inesistente e la recitazione affoga nell’ignoranza.


Il resto dell’intervista QUI

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Published on November 13, 2012 06:26