Francesca Baraldi's Blog

October 25, 2020

A volte ritornano

La normalità.

Sono giorni che mi frulla in testa questa parola, normalità, e le diverse accezioni del termine.

A proposito della normalità, la Treccani mi dice questo:

carattere, condizione di ciò che è o si ritiene normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico, sia a situazioni (politiche, sociali, ecc.) più generali.

Quindi il punto immagino sia quello: ciò che è o si ritiene normale.

In giro vedo due posizioni: chi si abbarbica al suo personale concetto di normalità per biasimare chiunque non vi si conformi e chi si fa un vanto di non essere normale.

La prima posizione è quella di tanti integralisti di ogni tipo, che ogni giorno trovano una nuova categoria da attaccare: orientamenti sessuali, caratteristiche fisiche e mentali, scelte di vita. Spero siamo tutti d’accordo nel ritenere questi individui la feccia del genere umano e credo di aver già chiarito più volte la mia opinione a riguardo: non ce l’ho, un’opinione a riguardo, perché non devo averla. Perché ciò che ognuno fa col suo corpo, con la sua mente, con la sua vita non è affar mio, finché non fa del male ad altri.

La seconda posizione invece credo si basi più sulla specificazione non eccezionale che compare nella Treccani.

Lo sentiamo ripetere spesso, con quell’atteggiamento di finta umiltà che dovrebbe denotare accettazione di se stessi: so che non sono normale, so di essere strano/a, so, so, so…

Se lo dicono da soli, ma quel che stanno rifiutando è la definizione non eccezionale.

Perché essere normali, per chi abbraccia questa seconda posizione, è essere banali, e devo dire che mi pare di vedere la copia in negativo di chi sostiene la prima posizione: da una parte il desiderio di appiattire, omologare, dall’altra quello di distinguersi a ogni costo che però appiattisce e omologa gli altri.

Onestamente non credo che esista la normalità, e in fondo la Treccani mi dà ragione: ciò che è o si ritiene normale.

Lo sappiamo dai tempi dei sofisti che la verità cambia a seconda di chi la racconta, delle epoche, dei luoghi. Ciò che è normale oggi non lo era ieri e viceversa, altrimenti indosseremmo ancora stecche di balena e parrucche incipriate, faremmo il bagno una volta al mese e daremmo del voi ai nostri genitori. Domani sarà normale qualcosa di diverso ancora, dunque no, la normalità non esiste, esiste una consuetudine, molto fugace e non unanime, che si tenta di fare accettare forse per paura di perdere l’orientamento: se non so cos’è normale, se non impongo agli altri il mio concetto di normalità, come posso credermi normale io? E questo mi pare si leghi a un’altra parola della Treccani: patologico.

È la paura che il contrario della normalità sia la patologia, la malattia insomma, fisica o mentale.

Ripeto spesso quello che diceva Freud, che tra il malato e il sano c’è una differenza di quantità, non di qualità. Sono tenacemente convinta che avesse ragione e che siamo tutti un po’ malati, in lotta con quella malattia che si chiama vita e che ci porta lentamente alla morte giorno dopo giorno (allegria!). Poi c’è chi ha meno anticorpi, chi se li fa lungo il cammino, chi non se li fa mai, ma siamo tutti malati, e non lo dico per sminuire le sofferenze di chi è affetto da disturbi mentali gravissimi, lo dico per capire che le loro sofferenze sarebbero potute essere le nostre, se fossimo stati un po’ meno fortunati. Come è fortuna nascere nel mondo ricco invece che in quello povero e non dipende certo da noi e non ci rende normali, solo fortunati.

Quello che mi piacerebbe è che smettessimo di fare un uso improprio del termine normalità. Che ci ricordassimo, ogni volta che lo usiamo, che stiamo parlando di un concetto inesistente, una parola che contiene in sé la propria negazione, un’ammissione della nostra debolezza e paura. La normalità è ciò a cui tendiamo per sfuggire all’isolamento e all’insicurezza o ciò da cui scappiamo per sentirci speciali e non ammettere che siamo solo uno tra tantissimi e che la nostra presenza nel mondo non fa affatto la differenza.

Io sono normale? Non è una domanda che io mi ponga. Ce ne sono così tante, di domande importanti, e la risposta non è purtroppo sempre 42, perciò non voglio perdere tempo con domande inutili. So di essere un individuo unico, ma lo siamo tutti, quindi nessuno lo è davvero. Sono come tutti gli altri esseri umani al mondo, piccola, insignificante e tuttavia contenta di ciò che sono. Non sono eccezionale, ma non sono normale perché la normalità dipende da chi mi giudica. Mi interessa? Per nulla. A voi interessa? Perché?

In questo periodo non facciamo che chiedercelo: quando torneremo alla normalità?

E con questo intendiamo l’esistenza di prima, di cui però prima ci lamentavamo di continuo. Perché non sapevamo come potesse essere un’altra e ben peggiore normalità, quella fatta di distanziamento, mascherine, disinfettanti, crisi culturale ed economica.

Ieri mi sono resa conto di come ormai per me siano gesti normali, mettere la mascherina anche se vado a buttare l’immondizia, controllare di avere sempre in tasca il disinfettante, usarlo ogni dieci minuti, non toccare nessuno, non prendere niente da nessuno.

Ma è normale? No. Ma è normale? Sì.

Perché è quello che passa oggi il convento.

E allora quello che mi piacerebbe ancora di più è che smettessimo di essere ossessionati in un senso o nell’altro alla normalità e ci concentrassimo su ciò che possiamo fare con questa nostra vita breve, piccola e insignificante, per far sì che tutte insieme le nostre vite diventino meno brevi, meno piccole e meno insignificanti.

Io lo cerco, il significato, lo cerco da sempre, ma credo non sia possibile trovarlo da soli e credo che, per trovarlo insieme, dobbiamo proprio abbandonare l’idea di normalità. Questo, forse, ci renderebbe eccezionali.

 

 

 

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Published on October 25, 2020 04:00

June 5, 2020

La mia ginestra


Così abbiamo finito.Oggi, con l’ultima lezione su Montale, con quelle poesie che mi fanno piangere già da sole, figuriamoci con la consapevolezza che fosse l’ultima lezione di italiano che vi avrei fatto.Oh, sì, ci vedremo all’orale e finalmente in presenza, ma le spiegazioni sono finite, il mio tentativo di scolpire in voi le parole dei grandi poeti è concluso.E anche se sono riuscita a trattenermi in diretta, poi una lacrimuccia l’ho versata pure io, il cuore di pietra.Siete stati una classe terribile, i primi anni, lo sapete anche voi. Se c’era qualcosa che si poteva fare per farmi arrabbiare, voi l’avete fatta. Uscire da scuola di nascosto scavalcando cancelli? Fatto. Portare un coltello in viaggio d’istruzione e poi tirarlo fuori e ferire qualcuno per sbaglio? Fatto. Fare entrare un estraneo in classe nascondendolo in mezzo a voi? Fatto.E non oso neanche immaginare cos’altro abbiate fatto che noi non abbiamo mai saputo.Però c’è stato da sempre un feeling particolare, per me, con voi. Un docente non dovrebbe avere classi preferite, ma un docente è un essere umano, come tutti. Allora un docente non deve mostrare preferenze, ma che non le abbia è impossibile.Poi è cambiato qualcosa, mi piace pensare che sia un po’ anche merito della scuola, che vi ha condotti per mano. Che sia un po’ anche merito mio.È cambiato qualcosa e con i mesi è cambiato molto. Credo sia perché fin dall’inizio, quando facevate una cazzata, vi siete assunti le vostre responsabilità, e quelle cazzate e quelle responsabilità vi hanno fatto crescere e reso quelli che siete oggi.E, per Osiride e per Api, siete magnifici.Non è da tutti, sapete, anzi, non è quasi da nessuno. La gente quando sbaglia svicola, cerca giustificazioni, capri espiatori. Voi no, voi vi siete assunti le vostre responsabilità e non so quante volte vi ho dato degli ebeti e dei pirla e degli idioti e voi avete sempre candidamente concordato. E questo vi ha resi grandi, non come età, che quello è facile, dipende solo dal tempo che scorre, ma grandi dentro, e quello è difficilissimo.Quando entravo nella vostra classe, ogni volta, sapevo che avrei riso. Pure quando avevo delle brutte giornate che, sapete, abbiamo anche noi, con i nostri dolori e le nostre preoccupazioni. Voi mi facevate sempre ridere o almeno sorridere.Quando uscivo dalla vostra classe stavo meglio di prima, pure quando aveva una delle mie cefalee. Siete la miglior medicina del mondo.E quando spiegavo, e voi facevate domande, e mettevate in discussione gli autori, io mi dicevo: ecco perché gli autori scrivevano, ecco perché io insegno. Per persone così, che ci mettono in discussione.Ho avuto altre due classi speciali, per me. In diciassette anni di insegnamento, solo altre due, anche perché un minimo un docente deve schermarsi, dobbiamo proteggerci dall’affezionarci troppo, che poi voi ve ne andate e altri arrivano e non possiamo fermarci nella mancanza, dobbiamo proseguire tutti.Ma voi siete diventati in assoluto la mia classe preferita di sempre. Non montatevi la testa, magari prima o poi qualcuno vi ruberà lo scettro. Magari no.Vi ho rotto le scatole, in questi cinque anni. Vi ho sgridato un sacco. Vi ho costretti a commentare romanzi e poesie, vi ho interrogati su cose semplici come il senso della vita e vi ho costretti a dirmi cosa ne pensate voi. Vi ho presi in giro praticamente ogni giorno, vi ho oberati di compiti, vi ho coinvolti in tanti progetti che vi hanno fatti restare a scuola anche al pomeriggio, praticamente ho fagocitato il vostro tempo libero, da primadonna quale sono.Vi ricordate quella lezione, quest’anno, la prima e unica volta in cui vi ho raccontato la mia vita? Ecco, vi ho detto i motivi per cui insegno, ciò che spero di fare, di raggiungere. Voi siete quel motivo, perché con voi mi sembra che l’anno prossimo, a dispetto di quel che dice Leopardi, sarà migliore di quelli che sono stati.Perché l’anno prossimo voi andrete nel mondo e questo mi fa pensare che il mondo migliorerà di parecchio. Qualunque cosa facciate, il mondo migliorerà. Se fallirete, vi rimboccherete le maniche e ripartirete, perché siete forti e coraggiosi. Se trionferete, condividerete il vostro trionfo e ne vorrete altri, perché siete generosi e instancabili.Come Montale, non credo moltissimo nell’evoluzione della specie umana, altrimenti forse non mi rifugerei nei libri tutte le volte che posso. Ma credo in voi, e voi siete davvero un’evoluzione.Conoscervi è stato un piacere.Insegnarvi è stato un onore.Lasciarvi andare sarà un dolore e una gioia allo stesso tempo, perché sono fiera di voi.Sono così fiera di voi che sono un po’ fiera anche di me stessa.Vi ho sfidati ripetutamente a sbugiardare Leopardi. Vi ho spiegato come lo contrasto io, ma non ve l’ho spiegato del tutto.Avete presente la Ginestra? Ecco, siete voi.Sull’arida sponda di questa vita di lava e cenere, voi siete colorati e resilienti e pieni di vita che non si rassegna al dolore e che sboccia e abbellisce tutto.Non smettete di leggere, quello che vi pare ma leggete, sia i libri che le persone. Non smettete di litigare con gli autori e i filosofi. Non smettete di fare domande, anche sulla vista dei pesci, perché la curiositasè la virtù delle virtù.Non smettete di cercare l’anello che non tiene, il volto dietro la maschera, la luna sulla montagna.Scrivete la vostra storia nel mondo, e fate che sia un romanzo di formazione, pieno di colpi di scena, di amore, di cultura, di avventure. Non vedo l’ora di leggere quel libro.
Vi lascio con un’ultima poesia, che vi sia di guida e di augurio:
William Ernest Henley, Invictus
Out of the night that covers me,Black as the pit from pole to pole,I thank whatever gods may beFor my unconquerable soul.In the fell clutch of circumstanceI have not winced nor cried aloud.Under the bludgeonings of chanceMy head is bloody, but unbowed.Beyond this place of wrath and tearsLooms but the Horror of the shade,And yet the menace of the yearsFinds and shall find me unafraid.It matters not how strait the gate,How charged with punishments the scroll,I am the master of my fate:I am the captain of my soul.





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Published on June 05, 2020 03:28

May 24, 2020

This is me


È tutta colpa di mio marito, è tutto grazie a mio marito. Che poi è la sintesi del nostro matrimonio.L’idea è stata sua e, dopo averla masticata a lungo, ho capito quanto mi piace e spero piacerà anche a voi.L’idea è questa: sto ripubblicando tutti i miei romanzi, ma stavolta col mio vero nome, Francesca Baraldi. E d’ora in poi sarà il nome con cui pubblicherò sin dall’inizio.L’idea è più di un’idea: è un’altra tappa di un percorso che è cominciato su efpe che non so dove e quando finirà.Ho iniziato scrivendo fanfiction, pensando di fermarmi lì. Poi ho messo nelle fanfiction qualche personaggio originale. Poi ho scritto una storia solo mia, lasciandola comunque in quel sito a disposizione. Poi mi sono affacciata un po’ fuori, chiedendomi se quella storia potesse piacere ad altri e, sempre su suggerimento di mio marito, ho deciso di pubblicarla.E poi sono venute altre storie, e ora sono ancora qui a scrivere, e mio marito è ancora qui a spronarmi.Lui non è stato mai del tutto convinto che usassi uno pseudonimo, ma credo fosse il mio modo di non crederci troppo, a ciò che facevo, di sospettare che presto sarei tornata alle fanfiction o a non scrivere proprio, e anche di tenere separati i miei due mondi, quello di carta e quello di carne, come se in qualche modo non li sentissi in armonia. E l’armonia con se stessi, lo scrivo anche nella trilogia dei Wired, è qualcosa che non dovremmo mai smettere di cercare. Forse inconsciamente ho sempre pensato che ciò che scrivevo non si fondesse bene con ciò che ero: spiego grandi scrittori, a scuola, affronto grandi temi esistenziali; però io sono anche questa, quella che divora semplici storie d’amore, sia come lettrice che come scrittrice, e oggi sono giunta ad accettarmi così come sono e addirittura ad apprezzarmi proprio perché i miei gusti e tutta la mia esistenza spaziano dal lirico al profano, dalle stelle alle stalle, dall’erudito al trash. E secondo me questo mi dà pure una marcia in più come docente. Come autrice, se non altro non mi toglie nulla.Non è stato un cammino così semplice, ho fatto resistenza fino alla fine, ma mio marito mi ha convinto mostrandomi le nuove copertine, che non solo io trovo bellissime per come le ha realizzate, ma che mi hanno colpito proprio perché ci ho visto sopra il mio nome.Così, ecco: questa sono io, fusa con la mia Alter, una volta per tutte.
Mi resta da decidere cosa fare di questo blog, se tenerlo così, cambiarlo in qualche modo o spostarlo, ma ho tempo, ora che il grande passo è stato fatto, gli altri sono solo passettini.Intanto vi presento le nuove cover, che già da oggi trovate su Amazon, e spero che mi seguirete come Francesca Baraldi così come avete fatto sinora come Mirya.











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Published on May 24, 2020 02:46

May 11, 2020

La tua poesia (11/05/2020)


Non ho niente da dirti, per il tuo undicesimo compleanno.
Ti sembra impossibile, vero? Tua mamma ha sempre qualcosa da dirti, da scriverti, da insegnarti. Tua mamma sa sempre cosa è giusto fare, dire, baciare, lettera e testamento.Ebbene, è ora che lo ammetta: ho sempre finto.So di averti detto che non mento mai, ma ti ho anche detto che esistono bugie bianche e che quelle ogni tanto le racconto anche io. Come glielo dici a un bambino che nella vita non c’è alcuna certezza, che tutto ciò che possiamo fare è brancolare nell’incertezza nel modo più aggraziato possibile, magari cercando anche di divertirci un po’? Come glielo dici a un bambino che genitori non si nasce, si diventa un po’ ogni giorno, sempre brancolando, e spesso con pochissima grazia? Il divertimento, poi, diventa un concetto molto relativo, quando dipende tutto dal benessere di un altro.Qualche giorno fa ti ho guardato, ho guardato tuo padre e gli ho detto: non è più un bambino, è un ragazzino. È stato un fulmine, ti giuro: non sei più un bambino. Col senno di poi, mi chiedo se tu lo sia mai stato, con il bagaglio che ti porti appresso, roba da grandi, troppo grandi.Un paio di settimane fa stavo interrogando su Leopardi, in videolezione, e tu ti sei messo ad ascoltare in un angolino. Una mia alunna mi ha scritto nella chat preoccupata che uno della tua età ascoltasse il pensiero di Leopardi, la convinzione che la vita contenga tanta sofferenza. Ma tu lo pensi già, e invece ti ha fatto bene sapere che non sei il solo a pensarlo, a sentirlo. Ti fa bene quando ascolti una canzone, quando leggi un libro, quando guardi un film, quando mi chiedi: questo l’hai vissuto anche tu? Hai bisogno di sapere che non sei solo, a vedere dietro il velo, a sapere che non c’è giorno senza notte e che spesso la notte dura di più.Non sei solo, amore mio, ma alla tua età non siete in tanti. Perché alla tua età guardare dietro il velo significa bruciarsi gli occhi.Non ho niente da dirti, come mamma, perché brancolo oggi più che mai, allora mi resta solo quello che dico come prof ai miei alunni, perché è sempre più facile parlare ai figli degli altri. Quindi ecco la lezione di quest’anno.“Siamo nani arrampicati sulle spalle di giganti” significa che ereditiamo tutto il sapere delle epoche passate, ma anche tutto il dolore, nella mia personale interpretazione. In quel dolore puoi trovare anche il tuo e capirlo e superarlo. Studiare, leggere, guardare film e serie televisive, confrontarsi con altri modi di essere, di vivere, di pensare, accumulare storie, vere o immaginarie, ci porta non a brancolare di meno, ma a farlo con un sorriso in tasca. Non sei solo, no. Non lo sarai mai.“Mens sana in corpore sano” significa, sempre nella mia personale interpretazione, che più dai sfogo al tuo corpo e più sfogherai anche la mente, e questo ti permetterà di dormire, a volte, se sei fortunato, anche quando sei sveglio. Io come sai non dormo quasi mai e giorni fa mi hai chiesto perché. Perché non so spegnere il cervello, ti ho risposto. Io allora in questo ti supero, a volte ci riesco, hai replicato. E dentro di me ho detto: sì, magari, Dio, se esisti, ti prego, fa’ che non sia come me. Intanto sfrutta il tuo corpo, goditelo, non averne paura, ora che sta cambiando, impara ad amarlo nei suoi cambiamenti, e forse così ti sarà più facile amare la tua mente, che cambia anche più in fretta e in modo più spaventoso, ma tu non devi temerla, devi amarla. La casa deve essere una coccola, non un nascondiglio, il mondo fa paura ma può anche essere stupendo. È il concetto di ‘sublime’ del Romanticismo: siamo tutti viandanti in un mare di nebbia. Viaggia, come abbiamo fatto negli ultimi anni e come torneremo a fare quando finirà questa pandemia. Scopri il mondo, fatti scoprire dal mondo. E se non puoi viaggiare col corpo viaggia con la mente: fatti trasportare dal ciclone nel paese di Oz, tuffati nel buco di Alice, vola oltre la seconda stella a destra, veleggia verso l’isola misteriosa e soprattutto fuggi il Nulla. Trova la poesia nel mondo e, se non la trovi, sii la poesia del mondo.Il tuo giudice più severo sarai sempre tu, e sarai anche l’unico giudice di cui ti debba interessare il verdetto. Ogni sera mi chiedi: sono stato bravo, oggi? Ogni sera ti chiedo di rispondere da solo. Ma cosa significa essere bravo? Non devi compiacere me, devi compiacere te stesso. Devi guardarti ogni sera allo specchio e dire: mi piace quel che ho fatto oggi, mi piace quel che sono. A me piaci sempre, mi piaci più di ogni altra cosa al mondo, ma non sono io il tuo specchio, non posso esserlo. Sei stato bravo? Siamo chiusi in casa da quasi due mesi e non ti sei mai perso d’animo, forse sei stato il più forte tra noi. Sì, proprio tu, con tutti i mostri che devi affrontare ogni giorno, proprio tu sei stato il tuo e il nostro eroe. Sei stato bravo? Sei stato di più. Ma in fondo, amore, perché devi essere bravo, per chi devi esserlo? Puoi anche non esserlo, puoi piangere, sbagliare, lamentarti, fare i capricci, disobbedire. Puoi inciampare mille volte, mentre brancoli. Ogni volta ti sbuccerai un ginocchio o un gomito e poi ti rialzerai. E io sarò lì pronta a porgerti la mano, ma solo se ne avrai bisogno, e ogni giorno ne avrai meno bisogno. Sei un ragazzino.Gli amici sono quelli che ti fanno star bene. L’amicizia che ti sminuisce non è amicizia. Stare da soli è doloroso, ma è un dolore superficiale, che prima o poi guarisce, stare insieme alle persone sbagliate è un dolore profondo, che non guarisce mai, si insinua nel tuo essere e lo avvolge come un rovo pieno di spine che cresceranno nel corso della tua vita, conficcandosi nel tuo cuore, cambiandoti in un modo che non volevi, fino a renderti irriconoscibile ai tuoi stessi occhi.Leggi, vivi, gioca, stai all’aria aperta, cerca anime affini, ama, sii sempre fedele a te stesso.Guardavamo la serie Lost in space, sere fa, e ti sei scandalizzato quando hanno torturato il robot cattivo. Ma ha ucciso tante persone, ti ho fatto notare. E tu mi hai chiesto: torturarlo le riporterà in vita? Bene così, benissimo così, questo sei tu.Come vedi, sei tu che hai tanto da dire a me.E io sono in ascolto. Per tutta la vita, io sarò sempre in ascolto. Perché io l’ho già trovata la poesia nel mondo, e per me sei tu.




Forse non sai quel che darei
Perché tu sia felice
Piangi lacrime di aria
Lacrime invisibili
Che solamente gli angeli
San portar viaMa cambierà stagione
Ci saranno nuove roseE ci sarà
Dentro te e al di là
Dell'orizzonte
Una piccola poesiaCi sarà
E forse esiste già al di là
Dell'orizzonte
Una poesia anche per teVorrei rinascere per te
E ricominciare insieme come se
Non sentissi più doloreMa tu hai tessuto sogni di cristallo
Troppo coraggiosi e fragili
Per morire adesso
Solo per un rimpiantoCi sarà
Dentro e te e al di là
Dell'orizzonte
Una piccola poesiaCi sarà
Dentro e te e al di là
Dell'orizzonte
Una poesia anche per tePerdona e dimenticherai
Per quanto possa fare male in fondo sai
Che sei ancora qui
E dare tutto e dare tanto
Quanto il tempo in cui
Il tuo segno rimarràQuesto nodo lo sciolga il sole
Come sa fare con la neveCi sarà
Dentro te e al di là
Dell'orizzonte
Una piccola poesiaCi sarà
E forse esiste già al di là
Dell'orizzonte
Una poesia anche per te
Anche per te
Solo per te
Per tePer te
Per tePer te
Per te
Per, per te






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Published on May 11, 2020 05:59

April 11, 2020

Easter egg


   In questo difficile periodo, tanti si sono messi in gioco per aiutarci a restare in casa: artisti di ogni tipo ci hanno offerto intrattenimento, Bruno Barbieri ci ha regalato le sue ricette da provare, la televisione ci propone una didattica on-line per chi abbia figli, come il mio, lasciati a loro stessi.    E poi ci sono scrittori che si sono messi in gioco per offrire il loro lavoro, scrivendo qualcosa apposta per l’emergenza, come quelli che hanno realizzato il libro Andrà tutto bene , il cui ricavato sarà devoluto in beneficienza all’ospedale di Bergamo.    Io non ho scritto nulla, perché in realtà non sono una scrittrice: sono una docente e una mamma. Per cui, scusatemi, ma in questi giorni tutto il mio impegno è andato ai miei alunni e a mio figlio.   Con i primi ho mantenuto la didattica più intensa che mai, con le aule virtuali, Google Meet, classroom, WhatsApp, e-mail, videochiamate. Ci siamo sentiti secondo l’orario normale ma anche molto oltre, ho cercato di rispondere anche di sera a ogni loro dubbio, abbiamo fatto lezione e svolto verifiche e insomma, ho cercato di mantenere una sorta di normalità che desse loro una scansione delle giornate. In molti casi ho notato che, dopo le prime riunioni in cui si presentavano in pigiama e scarmigliati, hanno cominciato a curarsi un po’, sapendo che dovevano tenere la webcam accesa, e credo che anche questo sia d’aiuto per sentirsi un po’ meglio con se stessi.   E mi sono occupata di mio figlio, che per un mese è stato mollato con solo degli esercizi da svolgere, poi ha avuto il grande dono di due videolezioni di un’ora ciascuna alla settimana. Il resto del tempo è stato tutto mio e di mio marito, che gli abbiamo organizzato il lavoro, l’attività fisica e dato il gioco.    Quindi questo è quello che ho fatto, invece di scrivere, e non posso dire che mi dispiaccia perché, come sapete, credo sia in quello che sono brava, nell’insegnare – anche se non avrei mai voluto diventare la maestra di mio figlio, perché penso sia malsano, ma non c’erano alternative (e a proposito: no, non è vero che la didattica a distanza per le elementari non è possibile; è vero che ci sono scuole buone e scuole non buone, e docenti che lavorano bene e altri che non hanno voglia di fare nulla).    Poi ho cucinato tanto, ma quello lo facevo anche prima, ho piantato fiori in balcone e sto per finire un puzzle da 3000 pezzi, uno dei quali è stato mangiato dai gatti – la sentite, la mia imprecazione anche a distanza?   Ah, e ho festeggiato quindici anni di matrimonio, sul balcone, relegando per una sera soltanto il bambino in camera sua. Avevamo in mente ben altro, per questo anniversario, ma ohi, così è andata, l’importante è essere insieme.   L’unica cosa che posso fare, come scrittrice, è mettere i miei libri gratuiti, anche se credo cambi poco, dato che costano 0,99 e sono comunque già gratuiti su Kindle Unlimited.   Comincio da quello che mi pare più adatto al momento, l’unico mio romanzo, credo, che dia una visione positiva dell’umanità, di cui ora abbiamo tanto bisogno, e anche il romanzo in cui ho messo tutti i miei sentimenti migliori, a differenza degli altri, in cui in genere metto quelli peggiori.    Per cui da oggi, e per cinque giorni (la durata massima concessa da Amazon) Trentatré sarà gratis, poi a seguire lo saranno gli altri. Questa sarà la sorpresa nell’uovo di Pasqua che vi tendo, una sorpresina da poco, ma che magari può intrattenere qualcuno per qualche ora.   Vi ricordo il mio profilo di Facebook, se volete seguirmi, dove posto con continuità anche contenuti leggeri, e di iscrivervi via mail al blog se non volete perdere post, dato che ora sono presente solo in questi due luoghi.   Mi spiace moltissimo che il mio allontanamento dal web sia avvenuto poco prima di questa emergenza, ma non potevo prevederla e ho delle esigenze familiari importanti che richiedono tutta la mia attenzione. Data però la peculiarità della situazione, cercherò almeno di essere presente in questi due luoghi.   Ne approfitto per augurarvi buona Pasqua, naturalmente in casa. Io oggi dipingerò le uova di carta, proverò a realizzare il mio primo albero pasquale e anche a fare in casa il nostro primo uovo di cioccolata, partendo da un palloncino.   Prevedo disastri con la stessa infallibilità con cui Dante prevedeva il suo esilio nella Commedia, che scrisse quando era già in esilio.
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Published on April 11, 2020 01:11

March 18, 2020

Io sono una


Io sono una che fin dall’inizio ha detto: perdindirindina! No, non ho detto così, ho usato la variante fallica, ma non si sa mai che vi capiti alle spalle il bimbo mentre leggete, dato che ora i bimbi sono tutti sempre in casa.Insomma, io l’ho preso sul serio da subito, il coronavirus, senza correre a comprare scorte per un decennio, semplicemente con la consapevolezza che sarebbero venuti tempi duri. Perché sono pessimista? Perché ho doti profetiche? No, perché leggevo le notizie e sapevo ciò che era accaduto e accadeva in Cina. E non ci voleva molto a capire che sarebbe arrivato ovunque e avrebbe avuto quell’iter lì, con la differenza che noi un ospedale in dieci giorni non lo tiriamo su.Oddio, forse invece ci voleva molto a capirlo, perché anche dopo tanti Paesi non ci hanno creduto e si ritrovano impreparati pur avendo avuto il tempo di prepararsi. Comunque.Io sono anche una privilegiata, sono stata messa a casa subito, alla chiusura delle scuole, come mio figlio. E proprio perché ho dei privilegi ho cercato di meritarmeli e, dal secondo giorno, ho fatto lezione a distanza, secondo i miei orari e anche qualcosa di più: i miei alunni hanno tutti il mio numero e le mie e-mail, ci scriviamo tramite chat WA, ci parliamo al cellulare, preparo le lezioni, le registro, le carico su drive, preparo gli esercizi, le risposte, le invio, abbiamo le aule virtuali sul registro, le classroom su Google, insomma andiamo avanti come sempre, anche se no, non è la stessa cosa perché quando spieghi Pirandello li vorresti proprio vedere in faccia, mentre ci rimuginano su, e vorresti sentire quel che dice quell’alunno lì, quello che sai si arrabbierà, e quell’alunna lì, che annuirà e rincarerà la dose, e quell’altra ancora, che metterà un altro pezzo al suo puzzle di autori in cui si riconosce, e quello che non partecipa mai e che deve essere stimolato.Poi c’è mio figlio, le cui maestre hanno deciso che loro hanno chiuso insieme alla scuola, e gli mandano link su google con esercizi da stampare, ed è finita lì. Allora io guardo il suo orario, ogni giorno vedo che materie avrebbe avuto, e con un occhio preparo le lezioni per i miei alunni e rispondo alle loro domande, con l’altro spiego e interrogo mio figlio e gli organizzo le ore di studio.Compresa educazione fisica, anche perché a dieci anni, chiusi in casa, se non lo faccio sfogare mi diventa idrofobo. E lo stesso vale per me, che sto calcolando come fare i miei soliti chilometri giornalieri girando intorno al tavolo e dribblando i gatti.Io sono una che ama l’aria aperta, che ha venduto il tapis roulant proprio per non perdere la voglia di uscire sempre, ogni giorno, a correre e camminare, con la neve e con l’afa. Io sono una che non esce e basta, ora che non si può, ma soprattutto non si deve, e non mi appello al permesso di fare sport all’aperto perché quel permesso era pensato per chi aveva patologie che lo richiedessero, non per tutti gli sportivi dell’ultima ora che lo prendono come scusa per uscire, non per prendere una boccata d’aria o tenervi in forma, e invece escono queste persone qui, e chi dovrebbe farlo per motivi sanitari non lo fa, sennò saremmo tutti in strada.Io sono una che ha 43 anni, che tutto sommato è in forma, che probabilmente (ma non sicuramente) se si becca il virus non se la vede tanto male. Ma ho una suocera un po’ più grande e una mamma anziana e con le vie respiratorie compromesse, e poi ci sono le persone che non ho: persone che non conosco, vecchi e giovani con problemi vari, che rischiano tanto più di me, e che non posso danneggiare solo perché non li conosco, o che razza di persona sarei?Io sono una che è stata per tanto tempo anoressica, e che è guarita, anche da tempo, ma che proprio per questo sa bene i pericoli dello stare chiusi in casa, per le persone che soffrono di qualunque problema mentale. Io sono una che conosce chi ha figli autistici che chiusi in casa soffrono dieci volte tante, chi è vittima di abusi ed è chiuso in casa col suo carnefice, chi ha bisogno di cure psicologiche che ora non può ricevere, chi ha problemi di salute cronici che ora sono stati messi in pausa, negli ospedali, ma non nel corpo dei malati, e d’altronde non ci si può far nulla finché la situazione non si calma.Io sono una che cerca di restare umana, di non augurare il male a nessuno, neanche a quello che continua a parlare di complotto o a quello che si fa la foto bello tronfio per mostrare che lui è uscito comunque o a quelli che dicono che due passi non fanno male a nessuno, o a quelli che, quando forse ancora si poteva contenere, sono scappati dalle zone rosse e ci hanno fatti diventare rossi tutti.Io sono una che non conosce l’ansia, non è proprio parte di me, ma sono anche una che si prepara sempre al peggio, e al momento la previsione peggiore dà il coronavirus debellato per l’estate. Se restiamo a casa.Io sono una che resta a casa.Le prime ore dopo il decreto che ci ha chiesto di farlo le ho passate a chiedermi: questo si può fare? E questo? E questo?Poi ho capito che era proprio sbagliata la domanda. La questione non è cercare scappatoie per uscire, la questione è cercare scappatoie per NONuscire anche quando si avrebbe bisogno di farlo, e allora farsi bastare quel che c’è in casa da mangiare rinunciando alle voglie proprio di quella cosa lì, fare la spesa una volta ogni due settimane, andare in farmacia solo se proprio la medicina è indispensabile, magari prenderla doppia, così poi non ci si torna più, rimandare ogni visita non urgente, ogni impegno da cui non dipenda una vita.La domanda che mi devo fare è: questa cosa per cui vorrei uscire vale la vita di un altro? E non lo devo fare solo per poter rispondere alle autorità che me lo chiedono, ma per poter rispondere a me stessa allo specchio.Io sono una che non esce, come mio figlio, come mio marito.Ma io sono una.E dobbiamo essere tutti.Perché le cose non andranno bene, a dispetto di ciò che diciamo ai bambini. Moriranno persone, chiuderanno aziende, si perderanno posti di lavoro. Sì, sopravvivremo, ma per me ogni vita spezzata non è bene.Quindi cerchiamo di essere più di una, perché ve lo dico chiaramente: ogni volta che uscite di casa, anche per motivi validi, potreste causare la morte di qualcuno che non conoscete e di cui non saprete mai nulla, ma che ucciderete lo stesso. Se non di coronavirus, allora di depressione, di disturbo bipolare, di cancro, anche, perché pure i pazienti oncologici soffrono della carenza di posti e personale medico. Ogni volta che usciamo spostiamo in avanti la lancetta dell’orologio che segna la fine dell’emergenza, ogni ora in avanti è una persona che può morire anche di altro che non sia il coronavirus.E io ho fatto tante brutte cose, nella vita, e tante ne farò, ma l’omicidio vorrei non rientrasse tra quelle.


Per motivi personali ho chiuso la maggior parte dei miei account sui social, ma mi trovate qui, su Facebook, se volete seguirmi (ma vi prego, non chiedetemi l’amicizia, è solo per le persone che conosco dal vivo).

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Published on March 18, 2020 06:15

February 22, 2020

Due lezioni

C’è un libro che si intitola Un giorno questo dolore ti sarà utile.  C’è un film tratto da quel libro.C’è un modo di dire, ormai, che ripete questo assioma, e tutto un pensiero rimbalzato, svenduto, regalato, riciclato, ammuffito.Ho fatto due lezioni strane, quest’anno, in classe, a partire dalla discussione riguardo a un libro che ha smosso gli animi di tutti, di chi l’ha apprezzato e di chi non l’ha digerito. Le lezioni erano sul senso della vita, che in realtà è una cosa di cui parliamo sempre, qualunque autore trattiamo, ma questa volta ne abbiamo parlato in modo diverso, cercando di decidere cosa ognuno di noi avrebbe messo in una ipotetica catasta di simboli del senso della vita.Ne sono uscite cose straordinarie, scritte o a voce, alcune esposte in classe, alcune destinate solo ai miei occhi; ne sono usciti impianti filosofici che Leopardi se li sogna, racconti di vita vera, speranze, paure, sogni, dimostrazioni di raro equilibrio psicofisico, confessioni di doloroso squilibrio.Poi hanno chiesto a me: tu che ci hai fatto dire e fare questo, tu, prof, ora mettiti in gioco anche tu, dicci dove volevi arrivare, dicci cosa metti nella catasta.E io, che vivo di racconti, ho risposto con un racconto, il mio, quello di chi nel dolore di un’infanzia di violenze e malattie si è aggrappato all’intelligenza: intelligenza per capire, per studiare ciò che mi stava capitando, per comprendere chi e perché mi stava facendo quello, per decidere come uscirne. Intelligenza per trasformare tutto ciò in qualcosa di utile, non solo per me, ma per qualcun altro: la mia famiglia, i miei alunni, i miei lettori.Io nella catasta ci metterei il mio cervello, quello che mi ha reso possibile la trasformazione del buio nella luce, quello che mi ha fatto scegliere di diventare docente, di continuare a leggere e studiare libri e persone, di spezzare una catena di dolore, di sforzarmi affinché la mia presenza nel mondo potesse essere, se non utile, almeno non dannosa.È nel cervello, per me, che risiedono anche le emozioni e i sentimenti, anche quelli esito di una metamorfosi: tutta la violenza con cui mi colpite io la trasformo in forza per accarezzare.Dopo la prima lezione di questo genere sono tornata a casa stremata, perché dare così è faticoso, e ti porta subito a ricevere, e infatti ho ricevuto mail, messaggi, parole dai miei alunni che sono tornati a casa in lacrime, e me ne dispiace, e non mi dispiace affatto.Mi sono detta mai più, è troppo, anche se per loro è stata la lezione migliore di sempre mai più, ma oggi l’ho rifatto, perché me l’hanno chiesto in un’altra classe: dicci cosa pensi davvero, dicci cosa sei davvero, e in quella domanda io ne ho sentita un’altra: dicci cosa siamo noi alunni per te.Siete il mio senso nella vita, insieme a mio marito e mio figlio. Siete la ginestra di cui parla Leopardi, un fiore nato dalle ceneri in cui sono cresciuta. Siete semi nel mondo, che non vedrò sbocciare ma so che daranno piante rigogliose e bellissime. Siete il motivo del mio dolore.Il mio dolore, che non è stato utile (solo) a me, ma a voi, che anche oggi avete pianto, che vi siete confidati, che avete pensato che dopotutto potete farcela.Un giorno questo dolore vi sarà utile, e sarà utile a chi vi sta intorno, e un giorno, se saremo tutti abbastanza utili, forse ci sarà meno dolore.   
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Published on February 22, 2020 06:33

December 31, 2019

Tiriamo le lettere


So che a fine anno si dovrebbero tirare le somme, ma io insegno Lettere, le somme le lascio ai matematici.Per cui tiro le lettere.

AL’Amore che è stato il mio spirito guida per tutto il 2019 e spero lo sarà anche per il 2020. Amore ricevuto, ma ancora più amore dato, che per me è fonte ancora maggiore di felicità. Amore per mio figlio e mio marito, la mia famiglia in generale, il mio lavoro, i libri, i gatti, la montagna, il mare e mille altre cose.
BBaciare, che a volte conte più di dire e fare ed è insieme lettera e testamento.
CLa Corsa in spiaggia alle sei di ogni mattina, nel mese di agosto, mentre i miei uomini dormivano. La meravigliosa solitudine del mare all’alba. Se Dio esiste, deve essere lì.
DIl Denaro, che abbiamo iniziato a controllare anziché farci controllare da lui. Limitare i bisogni per permetterci i sogni.
EEnego, che mi ha fatto scoprire il mio amore per la montagna, lo stesso di mio padre, che mi ha fatto riscoprire me stessa al punto che ora sto cercando di comprarci casa e magari non ci riuscirò, ma mi basta la ricerca, come ad Ariosto, per essere felice.
FLa Fiducia, che ancora non ho imparato ad avere. Un proposito per l’anno nuovo e per l’anno nuovo ancora e…
GGià. Capire che alla mia età tutto è già. Già visto, già fatto, già provato. Capire, subito dopo, che nulla è già. Dipende solo da che parte si guarda.
HHotel, quelli in cui siamo stati quest’anno, perché è da pochissimo che con Andrea abbiamo cominciato davvero a viaggiare e per lui ogni posto è una scoperta e una paura, ma anche la possibilità di vincere quella paura. E se ce la fa lui, posso farcela anche io.
IIdiota. Il modo in cui sgrido i miei alunni e la certezza che si può dare dell’idiota a qualcuno senza umiliarlo e si può umiliare qualcuno anche facendogli un complimento. Il giuramento, a me stessa e al mondo, che non umilierò mai nessuno.
JIl Jolly Joker di Cinque secondi, che resta il mio compagno di vita, che sono io. Sorridere sempre, anche quando dentro si muore un po’.
KK.O., il mio corpo che dice basta quando in realtà è la mente a non farcela più. Da qui la conclusione che il mio corpo è quello intelligente e che dovrei ascoltarlo di più.
LLibro, naturalmente, anzi libri, letti e scritti. Un libro in particolare, non per me, che l’avevo già letto, ma per i miei alunni, in cui ha scavato fino a portare a una delle più belle e profonde discussioni in classe a cui io abbia partecipato in tutta la mia vita: Niente, di Jane Teller.
MMr Patato, il primo e l’ultimo dei miei pensieri, ogni giorno. La voglia di conoscerlo sempre meglio, la consapevolezza che non lo conoscerò mai abbastanza.
NNo. I no che non so dire ma che devo imparare a dire, perché se lascio che tutti prendano poi finirò per non aver nulla da dare, e io voglio dare, quindi oggi no.
OL’Orgoglio, quello che per me deve essere una cosa diversa che per gli altri, perché a me dire che ho sbagliato e chiedere scusa non costa niente.
PLa Passione, che non si è mai troppo avanti con l’età per trovare. La certezza che non voglio che diventi mai una questione d’età.
QQuando. Quando avrò davvero smesso di starci male? Quando sentirò di aver recuperato ciò che ho perso? Quando sarò la persona che voglio essere?
RRisate, tante, tantissime, alcune spontanee, altre generate a forza e poi divenute spontanee. La promessa di ridere sempre, ridere ancora, ridere di più, per far ridere mio figlio.
SLa Scuola, inferno e paradiso. Tutto ciò che ci ho investito in fatto di tempo ed energie, il doppio che ne ho avuto in cambio, e una lezione, una lezione-conversazione-confidenza in cui per la prima volta ho davvero parlato di me portando a lacrime, lettere, messaggi.
TIl Troppo. Troppo lavoro, troppi impegni presi, la promessa di prenderne meno andata in fumo già a settembre, mio figlio che dice a tutti che la mamma lavora anche di domenica, anche di notte, e la presa di coscienza che questo è sbagliato. Definitivamente sbagliato.
UUnione, il lascito della Ginestra di Leopardi, ciò che cerco di insegnare a mio figlio e in classe. Unione, uniti, perché il mondo è brutto e fa paura già così, tra noi esseri umani almeno dovremmo essere solidali.
VVittoria e sconfitta, spesso di pari passo. Prese entrambe con un po’ troppa indifferenza. La sensazione che forse dovrebbe importarmi di più.
WWaffle waffle waffle, tutti gli esperimenti culinari di quest’anno e la bellezza di cucinare tutti e tre insieme, perché ogni cosa è famiglia e famiglia è ogni cosa.
XXenofobia, un triste ritorno dei fatti di cronaca. Il mio orrore del mondo. Il mio amore per il mondo, nonostante tutto.
YYoga, sempre rimandato come il mio tentativo di trovare la pace interiore perché forse sono troppo abituata a vivere in tempi di guerra.
ZZibaldone, i miei pensieri, la mia esistenza, i miei scritti. Mucchi incoerenti di riflessioni ed eventi a cui cerco di dare un ordine e un senso, ma ancora non ce l’ho fatta. Forse con l’anno nuovo.
Forse con l’anno nuovo, o forse no.Purché ci sia un altro anno ancora e la possibilità di migliorare.Buon anno a tutti.



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Published on December 31, 2019 05:16

December 18, 2019

Alla fine del libro


Sono molto felice di annunciare l’uscita del mio ultimo romanzo, Alla fine del libro. L’e-book è online da domenica notte e lo trovate qui. Il cartaceo è appena stato pubblicato e lo trovate qui, ma a breve le due pagine dovrebbero essere unite.La storia inizia poco più di due anni dopo le vicende di Di carne e di carta; i protagonisti questa volta sono Alessandra e Angelo: cosa sarà successo a queste due persone così diverse in due anni, cosa ancora deve succedere?Non mancano naturalmente Chiara e Leonardo, il mondo della scuola, vecchie e nuove conoscenze, la Filosofia e gli ABBA.
Buona lettura!


Sono passati più di due anni da quando Alessandra ha accettato di andare a vivere con Angelo, un giorno per volta. In questi due anni la loro storia è maturata, hanno imparato a conoscersi bene e ora è il momento di fare un passo avanti, e forse non da sola, perché anche Chiara e sua mamma sono agli inizi di un nuovo capitolo. Oppure no?Tra proposte di matrimonio che sembrano spuntare da ogni angolo, vecchie nemiche e nuovi amici, Alessandra è sempre più confusa, alla ricerca di una struttura narrativa che abbia un senso anche nella vita, e ha bisogno di rileggere gli inizi per capire cosa ci sia alla fine del suo libro.

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Published on December 18, 2019 00:45

October 12, 2019

Vincere senza vincere


Premessa: un mio alunno mi ha candidata al Global Teacher Prize, penso più per cortesia che per altro. Io ci sono comunque rimasta secca.
Non ho una minima possibilità di essere anche solo presa in considerazione, sia chiaro, perché quello è un premio per ben altri docenti, quelli che lavorano senza neanche un tetto sulla testa, in condizioni terribili e pericolose, insomma per veri eroi, e io non lo sono, io sono una privilegiata che fa un lavoro privilegiato. È anche quello che ho scritto subito nel modulo che il premio mi ha chiesto di compilare: non me lo merito, non è stato pensato per una come me, che lavora in un contesto così buono.
Ma oggi un gruppo di miei alunni mi ha inviato delle 'referenze' per questo concorso, e io sono ancora qui con le lacrime agli occhi. E ve le copio, non perché pensiate che valga qualcosa io, ma perché capiate quanto valgono loro, e quanto vale tutto ciò che si spende per loro. E quanto sia bello il mio lavoro. Se non riuscite a leggere in inglese, vi consiglio di usare almeno il traduttore di google, perché questo vi fa davvero capire che i giovani possono creare un futuro migliore del passato che abbiamo creato noi.Nella quinta sto spiegando Leopardi, e, come sempre, Leopardi fa terra bruciata. Oggi ci abbiamo passato due ore, a tentare di smontarlo, senza grande successo, come sempre, perché Leopardi non si smonta razionalmente. Si smonta solo con il cuore. Be’, nella mia risposta a chi mi ha inviato queste referenze ho scritto, cito testuale, “…fanculo a ciò che dice Leopardi. Forse avrebbe dovuto essere il vostro insegnante. Forse voi avreste dovuto essere il suo.”Ho vinto, ragazzi, con voi ho vinto tutto.(Anche se la cassa di Ceres...)Grazie, davvero, piccoli fetenti: mi avete fatta piangere.E, guarda caso, proprio ora che si avvicina il periodo delle verifiche, eh?


"We believe that if there were a method of judgment to "judge" a professor, Francesca Baraldi would surely be above every possible candidate, both from the point of view of teaching and from her naturalness in creating an extraordinary relationship with students. Her approach enchants and suggests you in a way that makes you want to read even if you have never liked reading, makes you want to listen to the lesson when you are not in the right frame of mind, makes you want to try even when you think you are not clever enough.What distinguishes her, makes her break the bold, is the way she makes you feel: in a society where schools have become intensive farming, she actually makes you realize that you do matter, that even if you are only one you are what is needed to make the difference. She seduces you to the point you want to go to school even just to see her in the hallway, even if you don't have a lesson of hers, because knowing that people like her, who put their heart and something more on their job, who help you without having to ask, who believe in you before you do it yourself, simply make your day brighter.Professor Baraldi is a complete lecturer from all points of view: during her lessons she manages to fascinate, interest and excite each of us, also through the addition of details that may seem useless from the cognitive point of view but that make her lessons more interesting and engaging. She has been able to make us develop a personal critical sense of literature. Besides, other her qualities are being very balanced and being an excellent interlocutor, thanks also to this, she has been a source of advice for anyone who needed help, thus becoming a reference point for everyone.Francesca Baraldi makes a commitment to what she does more than anyone else. She is interested in our points of view, dreams, and life. She involves us in extra-curricular activities and in a multitude of projects that every year involve not only her students but the whole school, with this she cares to spur our mental openness and our creativity. In this way, professor Baraldi has always given us the opportunity and chance to learn more important notions of what we read in school books. Unfortunately, no word, poetry, text, essay or story will ever describe her to the full of what she is and what she has given us. Francesca Baraldi not only taught us, but she also opened our eyes to the opportunities that this world gives us, she revealed to us the secrets of literature, she made us understand that reading is life and that culture is the treasure that each of us has.There are those with a smaller treasure chest and those with bigger ones, then there is professor Baraldi, who despite having multiple degrees, has her treasure chest always open, because she not only teaches, she is always ready to learn, even from her students. Each of her lessons is moral teaching and a life anecdote.Professor Baraldi is able to adapt teaching to each of her students, because as she first taught us, in this world we are all different and we have different stories, so she is keen to treat us like adults and not like identical and inert mannequins. She made us strong, in the truest sense of the word: in a reality in which young people are underrated, she gave us the weapons to break down every barrier, these weapons are the power of speech and knowledge. Very often it happens that professors feel superior and therefore humiliate the students. Really few of them trust and believe in their students, those who, for example, manage to make students memorize "The Fifth of May" by Manzoni and "La Pioggia nel Pineto" by D'Annunzio by simply saying “the human mind has infinite abilities and this also applies to all of you”. Another of the most important life lessons we will never forget was when she told us to look in the mirror and ask ourselves if we were happy with what we are and what we are doing. Professor Baraldi is one of the rarest professors who know the art of teaching, this is also due to her goal in wanting to change the world for the better, starting with the young, because we are the future and only education can improve what surrounds us.If we finish and leave high school more mature, aware of ourselves and of what led us to be the people we are, it will be thanks to her. In conclusion, Francesca Baraldi is not simply a professor of literature but she is a Life Professor, with the capital P."

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Published on October 12, 2019 13:23